Academic literature on the topic 'Fatti de' Romani'

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Journal articles on the topic "Fatti de' Romani"

1

Alfie, Fabian. "David P. Bénéteau, ed., Li fatti de’ Romani: Edizione critica dei manoscritti Hamilton 67 e Riccardiano 2418. Alessandria: Edizioni dell’Orso, 2012. Pp. 636. €40. ISBN: 978-88-6274-381-5." Speculum 90, no. 2 (2015): 499–500. http://dx.doi.org/10.1017/s0038713415000056.

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2

Łapiński, Józef. "Zabiegi Stolicy Apostolskiej o utrzymanie Unii z 1596 r. na podstawie unickiej diecezji chełmskiej w XIX wieku." Prawo Kanoniczne 51, no. 3-4 (2008): 353–70. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2008.51.3-4.17.

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Abstract:
Dall’inizio delle persecuzioni, l’unica diocesi di Chelm aspettava della Santa Sede parole d’incoraggiamento ed un efficace sostegno al coraggio e alla perseveranza nella fede della Chiesa Cattolica. Scrutando la storia della diocesi uniate a Chelm nel XIX secolo, bisogna sottolineare con forza, che la Santa Sede usava tutti mezzi disponibili per salvare l’Unione messa in pericolo della parte dell’Impero Russo. Lo testimoniano innumerevoli affermazioni ed atti della Santa Sede. Bisogna affermare che sia gli interventi della Curia Romana sia dei singoli papi non sempre portavano a risultati positivi. Tutta la corrispondenza dell’Autorità della Chiesa locale e di quella di Roma e stata manovrata delle autorità statali: questo ne ha provocato il ritardo o la totale eliminazione. Bisogna aggiungere il fatto che la Santa Sede non aveva in questo periodo la propria nunziatura a Pietroburgo. Questa situazione ha provocato il fatto che Roma non poteva agire per normale via diplomatica. Roma protestava continuamente contro le minacce verso l’Unione, ma ha protestato con decisione, quando illegittimamente hanno chiamato don M. Popiel come amministratore della diocesi di Chelm. Pio IX nella sua enciclica „Levate” ha condannato questa nomina. In base a tutti questi fatti, non si possono accettare le opinioni di alcuni autori secondo i quali Roma non ha mostrato un sufficiente sostegno per salvare la diocesi di Chelm. Non si puo accettare nemmeno che la Curia Romana non abbia dato dimostrazioni che nel XIX secolo la questione polacca non fosse vicina agli interessi della Chiesa e ai propri interessi politici. La Santa Sede non aveva bisogno di mettere il problema della diocesi di Chelm al di sopra di altri fatti ecclesiali, pero non si può mettere in alcun modo in dubbio che abbia fatto tutto ciò che era possibile per difendere l’Unione.
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3

Parker, Hugh C. "Romani numen soli: Faunus in Ovid's Fasti." Transactions of the American Philological Association (1974-) 123 (1993): 199. http://dx.doi.org/10.2307/284329.

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4

Ward-Perkins, Bryan. "Continuitists, catastrophists, and the towns of post-Roman northern Italy." Papers of the British School at Rome 65 (November 1997): 157–76. http://dx.doi.org/10.1017/s006824620001062x.

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Abstract:
‘CONTINUISTI’, CATASTROFISTI E LA CITTÀ DELL'ITALIA SETTENTRIONALE POST-ROMANANegli ultimi quindici anni si è sviluppato un vivace dibattito sulla natura delle città nell'Italia settentrionale post-Romana. Tale discussione ha avuto luogo poichè resti di questo periodo rinvenuti in recenti scavi urbani si sono rivelati sistematicamente poco appariscenti. In questo articolo l'autore discute i principali articoli e libri — elencati e brevemente descritti in bibliografia — che hanno contribuito al dibattito. In particolare viene evidenziato che, sebbene gli studiosi tendono a giungere a conclusioni molto diverse su quanto ‘urbanizzate’ le città post-romane fossero, di fatto hanno molto in comune per quanto riguarda i dati specifici in discussione. L'autore ipotizza che la differenza nelle conclusioni raggiunte dagli studiosi è dovuta in gran parte alle diverse aspettative su cosa una ‘città’ dovrebbe essere. Tale divergenza è stata incoraggiata dalla natura molto diversa dell'evidenza materiale e dei testi scritti e dalle differenze in aspettativa tra romanisti e medievisti, tra autori italiani e britannici e tra storici ed archeologi. Le città dell'Italia post-romana si sono rivelate un vivace campo di battaglia nel più ampio dibattito sulla natura della ‘Dark Age’.
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5

Senegačnik, Brane. "La via romana e la possibilità di un‘ identità culturale aperta." Ars & Humanitas 16, no. 1 (2022): 113–29. http://dx.doi.org/10.4312/ars.16.1.113-129.

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Abstract:
Certamente non è facile distinguere l’eredità culturale latina dall’imperialismo romano, poiché in questo caso si tratta di una sorta di espansionismo culturale – nondimeno il filosofo francese Rémi Brague ha cercato, senza trascurare la realtà storica, di definire come suo tratto centrale l’eccentricità, cioè il fatto di trarre la propria identità da una fonte esterna. Partendo dal concetto che la cultura é un elemento acquisito, qualcosa di secondario, la cultura medesima in quest’accezione, che sorge dalla propria alterità rispetto all’altro, acquisisce un ruolo estremamente importante. Quest’atteggiamento viene definito come «via romana» e viene considerato dall’autore una formula specifica che definisce l’evoluzione di tutta la cultura europea. Le sue fonti esterne sono la grecità, che la cultura europea ha ereditato dal paganesimo romano, e la tradizione religiosa ebraica nella quale è radicato il cristianesimo. Sembra che questa formula si sia realizzata nel contesto reale in base a due presupposti: il primo è – aldilà delle inevitabili dinamiche trasformazioni – un minimo nucleo duraturo; il secondo una realtà antropologica che rappresenta un elemento di trascendenza rispetto alle singole realtà culturali, al quale tutte appartengono. Quest’ultimo concetto, che è stato alcuni decenni fa sottolineato da Leszek Kołakowski, pone un’interessante sfida ai paradigmi scientisti della sociologia attuale ed inaugura nuovi aspetti alla discussione riguardo all’imperialismo.
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Thomas, Edmund, and Christian Witschel. "Constructing reconstruction: claim and reality of Roman rebuilding inscriptions from the Latin west." Papers of the British School at Rome 60 (November 1992): 135–77. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200009818.

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Abstract:
COSTRUENDO RICOSTRUZIONI: RIVENDICAZIONI E REALTÀ DELLE ISCRIZIONI DA RIEDIFICAZIONI ROMANE PROVENIENTI DALLATINUMOCCIDENTALEIn quest'articolo gli Autori analizzano l'atteggiamento che in epoca romana veniva riservato alia riedificazione e al restauro di edifici, utilizzando in particolare le iscrizioni di riedificazione rinvenute nella parte occidentale dell'Impero (Roma esclusa); inoltre, dove possibile, le iscrizioni sono confrontate con le evidenze archeologiche. Viene dimostrato qui che non sempre tali iscrizioni descrivono in maniera accurata i danni precedenti alla ricostruzione o il tipo di lavori eseguiti. Il loro linguaggio è spesso metaforico e vengono stabilite nozioni di distruzione e ricostruzione che non necessariamente hanno una diretta relazione con il reale stato dell'edificio o con i lavori di restauro eseguiti. La parola ‘ricostruzione’ era in generale considerata sotto un punto di vista idealistico espresso in modi diversi, colleganti fatti architettonici locali, spesso complessi, ad un'idea simbolica di rinnovamento. Quindi, a meno che una singola causa reale non sia menzionata, le iscrizioni di riedificazione non riportano nessun dato definitivo circa le circostanze reali della distruzione o della ricostruzione di un edificio. Queste devono essere studiate individualmente e non devono influenzare l'analisi indipendente dei resti archeologici.
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7

Bongiorno, Frank. "Romain Fathi explores Our Corner of the Somme." History Australia 17, no. 2 (2020): 398–99. http://dx.doi.org/10.1080/14490854.2020.1758581.

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8

Salway, Benet. "What's in a Name? A Survey of Roman Onomastic Practice from c. 700 B.C. to A.D. 700." Journal of Roman Studies 84 (November 1994): 124–45. http://dx.doi.org/10.2307/300873.

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Abstract:
Perusal of over a thousand years of the fasti of the Romans' eponymous magistracy is sufficient to demonstrate that Roman onomastic practice did not stand still. Why, then, is there a tendency to see the system of three names (tria nomina, i.e. praenomen, nomen gentilicium, and cognomen) as the perfection and culmination of the Roman naming system rather than as a transitory stage in an evolutionary process? The simple answer is probably that usage of the tria nomina happens to be typical of the best documented class in one of the best documented, and certainly most studied, eras of Roman history — the late Republic and early Empire. This perspective tends to pervade discussion of post-classical developments, the basic outline of which is clear from a glancing comparison of the Prosopographia Imperii Romani, which catalogues eminent persons of the first to third centuries A.D., with the Prosopography of the Later Roman Empire, covering the fourth to seventh. The difference in their very organizational structure betrays the change since, while the entries in PIR are classified alphabetically by nomen, those of PLRE are arranged by last name, usually cognomen. The major problem requiring explanation is why the nomen gentilicium, the central element of the classical tria nomina, should have been displaced by the cognomen as the one most consistently attested element.
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9

Negoita, Mioara, Adriana Laura Mihai, Enuta Iorga, and Nastasia Belc. "Fatty Acids and Trans Fatty Acids Profile of Potato Chips and French Fries Marketed in Romania." Revista de Chimie 71, no. 1 (2020): 456–65. http://dx.doi.org/10.37358/rc.20.1.7875.

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Abstract:
The aim of the study was to evaluate the composition in fatty acids (FAi) and trans fatty acids (t-FAi) from potato chips and French fries using gas chromatography coupled with mass spectrometry (GC-MS). The fat sample was extracted with petroleum ether, using the Buchi B-811 automatic extraction unit, the Soxhlet Standard procedure. The extracted fat was saponified with sodium methoxide solution and the fatty acids derivatized into fatty acid methyl esters (FAME) with BF3 methanolic solution. Six potato chips samples and six French fries samples, coming from 3, respectively 5 brands, were purchased from supermarkets and fast foods in Bucharest, Romania. In potato chips, saturated (SFA), cis-monounsaturated (MUFA) and polyunsaturated fatty acids (PUFA) were present between 6.410 - 48.862%, 41.786 - 84.570%, respectively 5.567 - 28.274%, and in French fries ranged between 7.001 - 57.277%, 35.281 � 57.894%, respectively 7.442 � 49.392%. The tested samples showed that the level of total trans fatty acids (TFA) was less than 0.2% (undetectable - 0.124%). It can be concluded that potato chips and French fries marketed in Bucharest, Romania are safe for consumers in terms of TFA content.
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10

Plesea-Condratovici, Catalin, Alina Plesea-Condratovici, and Corneliu Neamtu. "P0249 PREVALENCE OF NONALCOHOLIC FATTY LIVER DISEASE IN GALATI, ROMANIA." European Journal of Internal Medicine 20 (May 2009): S88. http://dx.doi.org/10.1016/s0953-6205(09)60269-7.

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