Dissertations / Theses on the topic 'Event related potentials (ERPs)'
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Henderson, Ross Munro. "Visual event-related potentials in normal and abnormal development." Thesis, Glasgow Caledonian University, 2000. http://ethos.bl.uk/OrderDetails.do?uin=uk.bl.ethos.311800.
Full textSchiano, Lomoriello Arianna. "Reading others' emotions: Evidence from event-related potentials." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3426338.
Full textQuesto elaborato ha l’obiettivo di indagare, tramite l’utilizzo della tecnica dei potenziali evento-relati (ERPs, Event-Related Potentials), alcuni aspetti che caratterizzano e guidano l’interazione sociale umana, come l’abilità di leggere e comprendere le emozioni altrui. Le neuroscienze sociali hanno studiato nel dettaglio volti ed espressioni facciali, in quanto stimoli che, oltre a fornire informazioni uniche circa l’identità, il genere, l’età, l’affidabilità, l’attrattività e la direzione dello sguardo, tramettono indicazioni circa gli stati emotivi dell’altro. Il Capitolo 1 fornisce una panoramica teorica, primum, rispetto al processamento dei volti e delle espressioni facciali, deinde, sull’empatia, in particolare al dolore, intesa come capacità umana di comprendere l’altrui stato affettivo. Nel Capitolo 2 è proposto un excursus teorico sul processamento dei volti e delle emozioni da essi veicolate, partendo dal modello cognitivo di Bruce e Young (1986) ai recenti modelli simulativi, fino a quello più attuale di Wood e colleghi (2016), che considera il ruolo della mimica facciale nella discriminazione di emozioni sottili. Nei Capitoli 3 e 4, sono presentati due studi strettamente interconnessi (rispettivamente, Esperimento 1 e 2). Entrambi hanno come obiettivo lo studio di un collegamento funzionale tra il sistema visivo e la mimica facciale/simulazione senso-motoria, nel processamento di emozioni tramite l’osservazione di espressioni facciali. Nei due studi è stata utilizzata la tecnica degli ERPs che, data la sua alta risoluzione temporale, ha permesso di tracciare una dinamica temporale chiarendo il ruolo della mimica/simulazione sugli stadi di analisi visiva coinvolti nell’elaborazione di espressioni facciali. L’obiettivo dell’Esperimento 1 era di indagare una possibile connessione tra la mimica facciale e uno dei primi stadi di costruzione del percetto visivo del volto; mentre l’Esperimento 2, indagava se e come la mimica facciale interagisse con uno stadio più tardivo legato alla costruzione di una rappresentazione in memoria di lavoro visiva e se questo processo dipendesse dal grado di empatia dell’osservatore. I risultati dei due Esperimenti suggeriscono come la mimica facciale influenzi sia gli stadi precoci che tardivi del processamento di emozioni tramite l’osservazione di espressioni facciali. Nella seconda parte della Tesi, viene affrontato il tema dell’empatia, con particolare riferimento alla sua natura sfaccettata e al come variabili diverse possano modulare la risposta empatica stessa, specialmente al dolore altrui (Capitolo 5). All’interno dei Capitoli 6 e 7 sono presentati due studi ERPs (Esperimento 3 e 4a) e un’indagine comportamentale (Esperimento 4b) con l’obiettivo di indagare la risposta empatica, elicitata nell’osservatore, quando si trova di fronte a qualcuno che sta provando dolore. L’esperimento 3 vuole studiare il ruolo della prosodia nel modulare la risposta neurale empatica nell’osservatore. I risultati dimostrano che l’informazione prosodica può aumentare la risposta empatica, agendo trasversalmente sulle due grandi componenti dell’empatia, experience sharing e mentalizing. Nell’Esperimento 4a, l’obiettivo era di comprendere se la distanza fisica tra l’osservatore e un individuo in una situazione dolorosa, potesse rappresentare un fattore importante nel modulare la grandezza della risposta empatica. Questo studio, attraverso la manipolazione della distanza fisica percepita di volti, ha mostrato una riduzione della risposta empatica rilevata nell’osservatore, in funzione della distanza fisica percepita. Il risultato dell’Esperimento 4b, invece, ha chiarito che il fattore critico nella generazione della risposta empatica (studio 4a) fosse la distanza fisica percepita e non quanto fossero discriminabili i volti tra loro. In conclusione, nel Capitolo 8, è fornita una discussione generale che integri i risultati più importanti ottenuti negli studi descritti, cercando di delineare risvolti e prospettive future.
Lalor, David Milo. "The recollection component of recognition memory as a function of response confidence: an event-related brain potential study." University of Southern Queensland, Faculty of Sciences, 2003. http://eprints.usq.edu.au/archive/00001454/.
Full textVega, Mendoza Mariana. "Studies of non-native language processing : behavioural and neurophysiological evidence, and the cognitive effects of non-balanced bilingualism." Thesis, University of Edinburgh, 2015. http://hdl.handle.net/1842/21681.
Full textSouth, Andrew. "Design and development of an event related potential measurement system." Thesis, Sheffield Hallam University, 1999. http://shura.shu.ac.uk/20387/.
Full textForbes, Kelly A. K. "Event-related brain potentials (ERPs) measure the influences of orthographic, phonological and semantic representations during silent reading." Thesis, National Library of Canada = Bibliothèque nationale du Canada, 1998. http://www.collectionscanada.ca/obj/s4/f2/dsk2/tape15/PQDD_0025/NQ36579.pdf.
Full textLi, Jiewei, and 李杰威. "Electroencephalograph feature extraction of somatosensory event related potential (ERP)." Thesis, The University of Hong Kong (Pokfulam, Hong Kong), 2014. http://hdl.handle.net/10722/206587.
Full textpublished_or_final_version
Orthopaedics and Traumatology
Master
Master of Medical Sciences
Hall, Mei-Hua. "A twin study using event related potentials (ERPs) to investigate the genetic relationships between schizophrenia and bipolar illness." Thesis, King's College London (University of London), 2006. http://ethos.bl.uk/OrderDetails.do?uin=uk.bl.ethos.439533.
Full textWang, Anli. "Functional significance of human sensory ERPs : insights from modulation by preceding events." Thesis, University of Oxford, 2010. http://ora.ox.ac.uk/objects/uuid:2dcd4959-8638-4ee1-b591-3eb28bdf3a1d.
Full textPooviboonsuk, Prakob. "An investigation of the relationship between event-related potentials (ERPs) and the amnesiac and sedative effects of psychotropic drugs." Thesis, King's College London (University of London), 1996. http://ethos.bl.uk/OrderDetails.do?uin=uk.bl.ethos.339129.
Full textBalderston, Catherine C. "Recognition Memory for Emotional Words: An Event Related Potential Study." [Tampa, Fla] : University of South Florida, 2008. http://purl.fcla.edu/usf/dc/et/SFE0002510.
Full textLopez, Zunini Rocio Adriana. "An ERP Investigation of Semantic Richness Dynamics: Multidimensionality vs. Task Demands." Thesis, Université d'Ottawa / University of Ottawa, 2016. http://hdl.handle.net/10393/34469.
Full textYang, Yu-Fang. "Contribution des caractéristiques diagnostiques dans la reconnaissance des expressions faciales émotionnelles : une approche neurocognitive alliant oculométrie et électroencéphalographie." Thesis, Université Paris-Saclay (ComUE), 2018. http://www.theses.fr/2018SACLS099/document.
Full textProficient recognition of facial expression is crucial for social interaction. Behaviour, event-related potentials (ERPs), and eye-tracking techniques can be used to investigate the underlying brain mechanisms supporting this seemingly effortless processing of facial expression. Facial expression recognition involves not only the extraction of expressive information from diagnostic facial features, known as part-based processing, but also the integration of featural information, known as configural processing. Despite the critical role of diagnostic features in emotion recognition and extensive research in this area, it is still not known how the brain decodes configural information in terms of emotion recognition. The complexity of facial information integration becomes evident when comparing performance between healthy subjects and individuals with schizophrenia because those patients tend to process featural information on emotional faces. The different ways in examining faces possibly impact on social-cognitive ability in recognizing emotions. Therefore, this thesis investigates the role of diagnostic features and face configuration in the recognition of facial expression. In addition to behavior, we examined both the spatiotemporal dynamics of fixations using eye-tracking, and early neurocognitive sensitivity to face as indexed by the P100 and N170 ERP components. In order to address the questions, we built a new set of sketch face stimuli by transforming photographed faces from the Radboud Faces Database through the removal of facial texture and retaining only the diagnostic features (e.g., eyes, nose, mouth) with neutral and four facial expressions - anger, sadness, fear, happiness. Sketch faces supposedly impair configural processing in comparison with photographed faces, resulting in increased sensitivity to diagnostic features through part-based processing. The direct comparison of neurocognitive measures between sketch and photographed faces expressing basic emotions has never been tested. In this thesis, we examined (i) eye fixations as a function of stimulus type, and (ii) neuroelectric response to experimental manipulations such face inversion and deconfiguration. The use of these methods aimed to reveal which face processing drives emotion recognition and to establish neurocognitive markers of emotional sketch and photographed faces processing. Overall, the behavioral results showed that sketch faces convey sufficient expressive information (content of diagnostic features) as in photographed faces for emotion recognition. There was a clear emotion recognition advantage for happy expressions as compared to other emotions. In contrast, recognizing sad and angry faces was more difficult. Concomitantly, results of eye-tracking showed that participants employed more part-based processing on sketch and photographed faces during second fixation. The extracting information from the eyes is needed when the expression conveys more complex emotional information and when stimuli are impoverished (e.g., sketch). Using electroencephalographic (EEG), the P100 and N170 components are used to study the effect of stimulus type (sketch, photographed), orientation (inverted, upright), and deconfiguration, and possible interactions. Results also suggest that sketch faces evoked more part-based processing. The cues conveyed by diagnostic features might have been subjected to early processing, likely driven by low-level information during P100 time window, followed by a later decoding of facial structure and its emotional content in the N170 time window. In sum, this thesis helped elucidate elements of the debate about configural and part-based face processing for emotion recognition, and extend our current understanding of the role of diagnostic features and configural information during neurocognitive processing of facial expressions of emotion
Vagnini, Victoria Louise. "APPLYING REACTION TIME (RT) AND EVENT-RELATED POTENTIAL (ERPS) MEASURES TO DETECT MALINGERED NEUROCOGNITIVE DEFICIT." UKnowledge, 2007. http://uknowledge.uky.edu/gradschool_diss/528.
Full textHeath, Jacob. "Biometric Classification of Human Subjects Using Electroencephalography Auditory Event-Related Potentials." University of Cincinnati / OhioLINK, 2015. http://rave.ohiolink.edu/etdc/view?acc_num=ucin1439300974.
Full textPrice, Gregory Walter. "Application of time series analysis techniques to the human electroencephalogram in real time, in order to synchronise event related potentials (ERPS) with background EEG." Thesis, Queensland University of Technology, 1995.
Find full textSarfarazi, Mehri. "Cognitive evoked potentials during word and picture recognition." Thesis, University of Southampton, 1996. http://ethos.bl.uk/OrderDetails.do?uin=uk.bl.ethos.390673.
Full textKönig, Stefanie [Verfasser], and Axel [Akademischer Betreuer] Mecklinger. "Emotion and Memory: The modulation of encoding, consolidation, and retrieval processes as revealed by event-related potentials (ERPs) / Stefanie König. Betreuer: Axel Mecklinger." Saarbrücken : Universitäts- und Landesbibliothek, 2008. http://d-nb.info/1037356829/34.
Full textFolstein, Jonathan Robert. "On the Category's Edge: Event-Related Potential Correlates of Novelty and Conflicting Information in Rule-Based Categorization." Diss., The University of Arizona, 2007. http://hdl.handle.net/10150/195807.
Full textPark, Joanne L. "Beyond dissociation : exploring interactions between implicit priming and explicit recognition." Thesis, University of Stirling, 2013. http://hdl.handle.net/1893/20048.
Full textNishida, Michelle Miller. "Event Related Potentials: A Study of the Processing of Gapping Structures in Adolescents." BYU ScholarsArchive, 2005. https://scholarsarchive.byu.edu/etd/679.
Full textBaker, Kristen. "Examining how attention and prediction modulate visual perception: A predictive coding view." Thesis, Queensland University of Technology, 2022. https://eprints.qut.edu.au/235895/1/Kristen%2BBaker%2BThesis%282%29.pdf.
Full textDeguchi, Chizuru. "Segmental and supra-segmental aspects of speech perception in familiar and unfamiliar languages: Influence of the listener's native language as revealed by Event-related potentials (ERPs)." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3421599.
Full textLa struttura fonologica varia tra le lingue. I sistemi neurali nel cervello umano che sottostanno la percezione del linguaggio parlato vengono strutturati mediante l’esposizione precoce e la lunga esperienza con la lingua nativa, in modo che la sensibilità a specifici segnali acustici che sono pertinenti in quella lingua si sviluppi in modo ottimale ed estremamente efficiente. Tale processo adattivo di plasticità cerebrale facilita il riconoscimento dei fonemi e l’acquisizione degli indizi prosodici nella lingua nativa. D’altro canto, lo stesso processo aumenta la difficoltà di percepire alcuni segnali linguistici in lingue straniere. La presente tesi presenta degli studi effettuati per indagare l’elaborazione corticale delle componenti segmentali e soprasegmentali del linguaggio parlato utilizzando le tecniche di potenziali evento-relati (ERP). Nello Studio I, sono stati condotti due esperimenti sulla percezione uditiva delle vocali che appartengono o non appartengono all'inventario fonemico della lingua nativa dei soggetti. La Mismatch Negativity (MMN) è una componente di ERP che riflette la rilevazione pre-attentiva della devianza acustica dello stimolo attuale rispetto alla rappresentazione integrata dello stimolo standard nella memoria sensoriale (Näätänen, 2007; Kujala et al., 2007) ed è stata utilizzata anche per sondare le rappresentazioni lingua-specifiche nella memoria a lungo termine (Näätänen, 1997; Cheour et al., 1998; Winkler et al., 1999a). Una sequenza uditiva è stata costruita con quattro vocali (una standard e tre devianti), ciascuna pronunciata da tre parlanti diverse, ed è stata presentata ai soggetti nelle condizioni di ascolto attivo e passivo. Quando tutte le vocali erano distintive nell'inventario della lingua nativa, la MMN è stata generata da ciascuna vocale deviante indipendentemente dalla variabilità delle parlanti, dimostrando la categorizzazione pre-attentiva basata sulle rappresentazioni nella memoria a lungo termine (Esperimento 1). Al contrario, quando una parte delle vocali non apparteneva all'inventario fonemico nativo, la MMN è stata generata da nessuna delle vocali devianti, che indica la mancanza di categorizzazione automatica (Esperimento 2). Inoltre, la variabilità dovuta alle parlanti ha interagito con la categoria vocale nella condizione di ascolto attivo, come risulta dai dati comportamentali e dalle componenti cognitive di ERP, quando il deviante per discriminare è fisicamente simile allo standard (Esperimento 1) oppure non è supportato dall'inventario nella lingua nativa (Esperimento 2), suggerendo che l’analisi acustica consapevole ed altre strategie cognitive sono impiegate per categorizzare i devianti acusticamente difficili o ambigui. Nello Studio II (Esperimento 3), è stata indagata la percezione dei cambiamenti piccoli e grandi di altezza tonale (pitch) immessi nelle frasi parlate nella lingua nativa degli ascoltatori, jabberwocky o in una lingua straniera. Sono state analizzate le prestazioni in un compito di rilevazione delle incongruenze prosodiche e gli ERP generati dai cambiamenti di altezza tonale (una componente negativa precoce e una positività più tardiva). I risultati hanno dimostrato che i soggetti sono più efficienti ad elaborare l’altezza tonale nel contesto frasale della loro lingua nativa che della lingua straniera, mentre i risultati per le frasi in jabberwocky erano intermedi, suggerendo che sia la prosodia familiare che il contesto naturale e semanticamente interpretabile della lingua nativa aiutano gli ascoltatori a rilevare i cambiamenti sottili di altezza tonale. I risultati globali di questi studi hanno confermato che la lunga esperienza con la lingua nativa ha un impatto sull’elaborazione uditiva nella corteccia fin dagli stadi precoci della percezione del linguaggio parlato, di conseguenza modulando la percezione cosciente degli stimoli parlati in lingue diverse.
Krupenia, Stas Simon. "An event related potential (ERP) study of symptomatic and asymptomatic adults with attention deficit hyperactivity disorder (ADHD)." University of Western Australia. School of Psychology, 2003. http://theses.library.uwa.edu.au/adt-WU2003.0035.
Full textZhou, Li. "Event-Related Potentials of Visual Working Memory: Exploring Capacity Limit’s Relation with Maintenance and Proactive Interference." Miami University / OhioLINK, 2015. http://rave.ohiolink.edu/etdc/view?acc_num=miami1429790082.
Full textJardin, Elliott C. "AGING AND ATTENTION TO THREAT; AN ELECTROPHYSIOLOGICAL INVESTIGATION." Cleveland State University / OhioLINK, 2015. http://rave.ohiolink.edu/etdc/view?acc_num=csu1447839343.
Full textCANTIANI, CHIARA. "The linguistic nature of developmental Dyslexia: an electrophysiological and behavioural investigation." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2011. http://hdl.handle.net/10281/19698.
Full textOttley, Mark Carlisle. "Posed and genuine smiles: an evoked response potentials study." Thesis, University of Canterbury. Psychology, 2009. http://hdl.handle.net/10092/3075.
Full textFörster, Jona. "ERP and MEG Correlates of Visual Consciousness : An Update." Thesis, Högskolan i Skövde, Institutionen för biovetenskap, 2019. http://urn.kb.se/resolve?urn=urn:nbn:se:his:diva-17375.
Full textPieszek, Marika, Erich Schröger, and Andreas Widmann. "Separate and concurrent symbolic predictions of sound features are processed differently." Universitätsbibliothek Leipzig, 2014. http://nbn-resolving.de/urn:nbn:de:bsz:15-qucosa-155242.
Full textRobinson, Jonathan Edward. "Expectancy violation in visual perception: Characterising the brain signals of prediction error." Thesis, Queensland University of Technology, 2018. https://eprints.qut.edu.au/123710/1/Jonathan_Robinson_Thesis.pdf.
Full textPROIETTI, VALENTINA MARIA. "How early and later-acquired experience affects the age bias in face recognition: an exploration of age-of-acquisition effects." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2015. http://hdl.handle.net/10281/75273.
Full textHaig, Albert Roland. "Missing Links the role of phase synchronous gamma oscillations in normal cognition and their dysfunction in schizophrenia." University of Sydney. Psychological Medicine, 2002. http://hdl.handle.net/2123/848.
Full textJaworska, Natalia. "Electrophysiological Indices in Major Depressive Disorder and their Utility in Predicting Response Outcome to Single and Dual Antidepressant Pharmacotherapies." Thèse, Université d'Ottawa / University of Ottawa, 2012. http://hdl.handle.net/10393/22873.
Full textHansen, Tara. "Auditory and Visual Correlates of the Processing of Gapping Structures in Adults." Diss., CLICK HERE for online access, 2005. http://contentdm.lib.byu.edu/ETD/image/etd847.pdf.
Full textCona, Giorgia. "Cognitive and electroencephalograohic markers of healthy and pathological aging." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422466.
Full textLa presente tesi si compone di due parti principali. Nella prima parte è stato studiato l’effetto dell’età sulla performance e sui potenziali evento-relati (ERP) elicitati in differenti compiti cognitivi. Nella seconda parte sono stati esplorati i cambiamenti elettrofisiologici (i.e., alterazioni a livello di ERP) e cognitivi che caratterizzano l’encefalopatia epatica minima (MHE), una sindrome neuropsichiatrica conseguente a cirrosi epatica. 1° PARTE: ALTERAZIONI COGNITIVE ED ELETTROFISIOLOGICHE ASSOCIATE ALL’INVECCHIAMENTO SANO. All’avanzare dell’età, le persone mostrano difficoltà in diversi compiti cognitivi. Tali compiti comprendono ad esempio compiti di tempi di reazione (TR) semplice o di scelta, test di memoria episodica, compiti di working memory o che coinvolgono funzioni esecutive, abilità spaziali e di ragionamento, test di rotazione mentale (e.g., Kausler, 1991; Salthouse, 1991). Dato che tali deficit sono così diffusi tra i diversi domini cognitivi, è ragionevole assumere che essi dipendano da un’alterazione a carico di un ristretto numero di meccanismi. Diverse teorie si sono occupate di rispondere a tale questione. Alcune di queste hanno suggerito, ad esempio, che l’invecchiamento cognitivo sia associato ad una riduzione nella quantità di risorse attenzionali disponibili (Craik, 1986; Craik & Byrd, 1982), ad un rallentamento nella velocità di elaborazione (Salthouse, 1996), o ad un declino nel controllo inibitorio delle informazioni contenute nella working memory (Hasher & Zacks, 1988). Una spiegazione cha ha recentemente ricevuto largo consenso sostiene che alla base delle alterazioni cognitive legate all’età vi sia una disfunzione a livello di controllo esecutivo, probabilmente dovuta a cambiamenti a carico della corteccia prefrontale (“teoria del controllo cognitivo” conosciuta anche come “ipotesi del mantenimento degli obiettivi”; Braver & West, 2008; Raz, 2000; West, 1996). Per controllo esecutivo si intende la capacità di rappresentare, mantenere e aggiornare gli obiettivi in memoria al fine di esercitare un controllo sui pensieri e sul comportamento (Cohen et al., 1996). Sulla base del lavoro di Miyake e collaboratori (2000), il controllo non sembra essere una funzione unitaria, ma è composta da diversi sotto-processi cognitivi, quali lo shifting, l’aggiornamento nella working memory e l’inibizione. Per esaminare il ruolo che ha il controllo esecutivo nello spiegare il declino cognitivo legato dell’invecchiamento, è stato testato l’effetto dell’età in quei compiti che sono stati dimostrati richiere un alto coinvolgimento di controllo esecutivo. In particolare, il primo studio di questa tesi (Esperimento 1) ha esaminato i cambiamenti, legati all’età, in un compito di memoria prospettica (MP) basata sul tempo, focalizzandosi sull’analisi di quelle modulazioni ERP che rifletterebbero il declino della MP nell’invecchiamento. La memoria prospettica basata sul tempo si riferisce infatti all’abilità di ricordarsi di eseguire un’azione in un particolare momento nel futuro (ad esempio, ricordarsi di andare ad un appuntamento alle tre; Brandimonte et al., 1996; Einstein & McDaniel, 2000; Kliegel et al., 2009). Un processo che è fondamentale per eseguire appropriatamente i compiti prospettici è il mantenimento e l’aggiornamento delle intenzioni prospettiche in memoria (che rappresentano altresì gli obiettivi del compito prospettico). Tali processi di mantenimento, essendo alterati nell’invecchiamento secondo la teoria del controllo cognitivo, potrebbero essere quindi il fattore chiave nel determinare le alterazioni osservate nei compiti di MP. L’analisi degli ERP elicitati dal compito prospettico si è rivelata utile per testare tale ipotesi, e per chiarire quali siano i meccanismi responsabili del declino in questo tipo di compiti. Il secondo studio ha indagato la relazione tra controllo esecutivo e invecchiamento cognitivo confrontando la prestazione di individui giovani e quella di individui più anziani in un compito in cui veniva variato il carico di controllo esecutivo tra le condizioni. Il compito, chiamato Inhibitory Control Task (ICT) (Bajaj et al., 2008a) è, infatti, composto da tre differenti condizioni, che differiscono per le risorse esecutive necessarie. Se il controllo esecutivo è il fattore chiave nel determinare il deterioramento cognitivo osservato nei diversi compiti, allora l’effetto dell’età sulla performance all’ICT dovrebbe essere tanto maggiore quanto più elevato è il grado di controllo esecutivo richiesto. Inoltre, l’ICT ha permesso di studiare le alterazioni legate all’età negli ERP associati ai differenti meccanismi che compongono il controllo esecutivo, ovverosia l’aggiornamento nella working memory, l’updating e l’inibizione (Miyake et al., 2000). I due studi saranno qui sotto descritti in dettaglio: Esperimento 1: Meccanismi ERP sottostanti alle alterazioni, legate all’età, nella memoria prospettica basata sul tempo. Esiste un generale consenso, tra gli studi sulla MP, riguardo all’effetto deleterio che ha l’invecchiamento sulle prestazioni in compiti di MP basata sul tempo (Bastin & Meulemans, 2002; McDaniel & Einstein, 1992; Park et al., 1997; vedere anche Henry, MacLeod, Phillips, & Crawford, 2004, per una rassegna). Secondo la teoria di Craik (1986), poiché nei compiti di MP non ci sono espliciti suggerimenti dall’ambiente che aiutano il recupero dell’intenzione, gli individui necessiterebbero di un maggior reclutamento di processi attenzionali e auto-iniziati per recuperare le intenzioni. Dato che l’invecchiamento è associato ad una riduzione nella disponibilità di tali risorse attenzioni, ciò determinerebbe un’alterazione nella prestazione dei compiti di MP negli individui più anziani. Dall’altra parte, secondo la teoria del controllo cognitivo (o anche detta “ipotesi del mantenimento degli obiettivi”; Braver & West, 2008), gli anziani avrebbero delle difficoltà nella rappresentazione e nel mantenimento degli obiettivi nel corso del tempo. Nel caso della MP basata sul tempo, i deficit nel mantenere attivi gli obiettivi (cioè le intenzioni) porterebbe ad un fallimento nell’eseguire con successo l’azione intesa. Sebbene un elevato numero di studi abbia esaminato come la MP basata sul tempo declini con l’età, tuttavia nessuno studio si è mai occupato finora di indagare l’attività neurale alla base di tale declino. Per tale motivo, il presente studio ha avuto lo scopo di esplorare le alterazioni legate all’età dei meccanismi elettrofisiologici alla base della MP basata sul tempo. A tal fine, gli ERP associati ad un compito detto ongoing (i.e., un compito eseguito simultaneamente al compito prospettico) sono stati analizzati in 18 anziani e di 15 giovani e sono stati confrontati tra due diversi blocchi: il blocco di baseline e il blocco prospettico. Nel blocco di baseline veniva chiesto ai partecipanti di eseguire solamente il compito ongoing, mentre nel blocco prospettico si chiedeva di eseguire, assieme al compito ongoing, anche il compito di MP. Il compito ongoing consisteva nel valutare, all’interno di stringhe di cinque lettere, se le lettere in seconda e quarta posizione fossero uguali o diverse premendo con la mano destra uno di due possibili tasti. Nel compito di MP basata sul tempo, ai partecipanti era richiesto di premere un tasto ogni 5 minuti a partire dall’inizio del blocco prospettico. Per aiutarli nella stima del tempo, era stata data loro la possibilità di controllare l’orologio (che sarebbe comparso sullo schermo qualora avessero premuto un ulteriore tasto). Gli ERP analizzati erano elicitati dalla comparsa dello stimolo ongoing (i.e., la stringa di lettere). I TR, l’accuratezza e gli ERP nelle prove ongoing sono stati analizzati confrontando il blocco di baseline e quello prospettico, sia nei giovani che negli anziani. Inoltre sono stati analizzati sia la percentuale di accuratezza nel compito prospettico che il numero di controlli dell’orologio. Per quanto riguarda i risultati comportamentali, gli anziani mostravano una percentuale di accuratezza inferiore nel compito prospettico rispetto ai giovani. Inoltre gli anziani hanno mostrato un aumento dei TR al compito ongoing rispetto ai giovani, sia nella baseline che nel blocco prospettico. A livello di dati elettrofisiologici, i giovani hanno mostrato delle modulazioni positive e sostenute degli ERP elicitati dagli stimoli ongoing dovute all’aggiunta del compito prospettico, che erano espresse maggiormente sopra le regioni frontali e prefrontali. Tali modulazioni riflettevano il carico nel mantenere le intenzioni attive in memoria, come recentemente suggerito (Cona et al., in press; West et al., 2011). Dall’altra parte, negli anziani, tali modulazioni erano maggiormente espresse sopra le regioni posteriori. È infatti interessante notare che i giovani, ma non gli anziani, mostravano una maggiore positività degli ERP nel blocco prospettico rispetto alla baseline a livello di siti frontopolari. Ad un primo sguardo, l’assenza della modulazione prefrontale negli anziani sembra riflettere la loro difficoltà nel mantenere in memoria le intenzioni prospettiche, in accordo con la teoria del controllo cognitivo (Braver & West, 2008). Tuttavia, l’analisi delle differenze ERP tra i due gruppi (già nella baseline) ha permesso di comprendere meglio quale fosse il meccanismo responsabile di questo peggioramento nella performance prospettica. Infatti nel blocco di baseline, se confrontati con i giovani, gli anziani mostravano una P300 meno ampia sopra le regioni parietali, e più ampia sopra le regioni prefrontali. L’anteriorizzazione della P300 negli anziani è un fenomeno già ben documentato in letteratura (Daffner et al., 2006; 2011) e sembra indicare il reclutamento di un maggior numero di risorse per compensare le difficoltà nell’eseguire il compito ongoing. In generale, tali risultati suggeriscono che gli anziani hanno difficoltà già nel blocco di baseline, e che affrontano tali difficoltà reclutando risorse frontali addizionali (come indicato dall’anteriorizzazione della P300). Se troppe risorse sono reclutate per eseguire il compito ongoing, allora ne rimarrebbero meno per mantenere adeguatamente le intenzioni in memoria e ciò determinerebbe una performance peggiore al compito prospettico. Sembra quindi più ragionevole assumere che il declino nel controllo esecutivo, richiesto per mantenere le intenzioni in memoria, non sia la causa primaria dei cambiamenti nei compiti prospettici, ma piuttosto sia a sua volta la conseguenza di una minor disponibilità di risorse cognitive, come postulato nella teoria di Craik (1986). Esperimento 2: Influenza dell’invecchiamento sugli ERP associati ai processi legati al controllo esecutivo. Secondo la teoria del controllo cognitivo (Braver & West, 2008), un declino del controllo esecutivo dovuto all’età produrrebbe deficit in quei compiti cognitivi che coinvolgono in misura maggiore proprio quella funzione. Al fine di studiare tale ipotesi, abbiamo utilizzato l’Inhibitory Control Task (ICT; Bajaj et al., 2008a). Durante l’ICT, una serie di lettere viene presentata, molto velocemente, una dopo l’altra. Nella prima parte del compito è richiesto di premere un tasto quando compare o la lettera X o la Y. Le prove in cui compaiono tali lettere vengono definite prove Detect. Nella seconda parte del compito è richiesto di premere il tasto solo quando la X e la Y si alternano (prove Go), ad esempio quando la X è preceduta da una Y, o vice versa, indipendentemente dalle lettere che vengono presentate tra le due lettere target. Quando le lettere X e Y si ripetono (ad esempio, una X è preceduta da un’altra X), allora è necessario inibire la risposta (prove Nogo). In tal modo, l’ICT include prove che richiedono un differente grado di controllo esecutivo per essere eseguite. Infatti, le prove Detect richiedono semplicemente di prestare attenzione selettiva e di rispondere a specifici stimoli, e coinvolgono per questo un basso grado di controllo esecutivo. Le prove Go implicano anche un processo di aggiornamento nella working memory. Infine, le prove Nogo richiedono il maggior carico di controllo esecutivo, coinvolgendo non solo un processo di aggiornamento ma anche l’inibizione di risposta. Sulla base della teoria del controllo cognitivo, le differenze tra giovani e anziani nella prestazione all’ICT dovrebbero essere minori nelle prove detect, intermedie nelle prove go e massime nelle prove nogo. In aggiunta, questo studio aveva lo scopo di studiare l’effetto dell’età sui singoli processi che compongono il controllo esecutivo (Miyake et al., 2000). Per tale motivo, è stato studiato l’effetto dell’età sull’ampiezza e la latenza della P3b, della P3-nogo e della RON (reorienting negativity) che riflettono rispettivamente i processi di aggiornamento, inibizione e shifting. Al fine di dissociare meglio quali fossero le componenti ERP legate ai differenti processi studiati, è stata condotta la partial least square (PLS) analisi. Diciassette giovani e sedici anziani hanno partecipato all’esperimento ed eseguito l’ICT. Contro le predizioni formulate, i dati comportamentali hanno rivelato come gli anziani avessero una performance peggiore rispetto ai giovani in tutti i tipi di prove, quindi dalle prove detect alle prove nogo. È importante notare che l’effetto dell’età non interagiva con il tipo di prova, ed era quindi indipendente dal grado di controllo esecutivo necessario per eseguire quella data prova. Ciò indica che il controllo esecutivo, quando inteso come costrutto unitario, non sembra essere il fattore elettivo responsabile dei deficit mostrati dagli anziani nell’ICT. In linea con i risultati comportamentali, gli anziani hanno mostrato un ritardo in tutte le componenti ERP indagate (P3b, N2, RON, P3-nogo), indipendentemente dal tipo di prova esaminata. Questo ritardo nella latenza degli ERP legato all’età sembra riflettere un generale rallentamento dei processi cognitivi. Tale idea offre supporto alla teoria di Salthouse (1996), la quale assume che il declino cognitivo legato all’età sia dovuto ad una generale riduzione nella velocità di elaborazione. Un altro risultato rilevante consiste nel fatto che le componenti RON sono risultate particolarmente sensibili all’invecchiamento. Tali componenti, che riflettono lo shifting attenzionale (Berti et al., 2008), erano ritardate e meno ampie negli anziani rispetto ai giovani. Solamente uno studio finora ha indagato le alterazioni, legate all’età, a carico delle componenti RON, ma utilizzando un paradigma uditivo di distrazione (Horváth et al., 2009). In questo senso il presente studio ha esteso i risultati ottenuti nello studio di Horváth, suggerendo che un declino nello shift attenzionale non avviene solo dopo stimoli distraenti (come evidenziato da Horváth) ma anche dopo stimoli rilevanti per il compito. Sembra, infatti, che negli anziani il meccanismo di shifting dell’attenzione sia più lento e dispendioso, probabilmente a causa del fatto che essi sono ancora occupati ad elaborare lo stimolo precedente. Riassumendo, i dati elettrofisiologici e comportamentali convergono nel rivelare che il peggioramento nei compiti cognitivi associato all’invecchiamento potrebbe essere, almeno parzialmente, spiegabile da un rallentamento generale di elaborazione delle informazioni. Infatti, coerentemente con le conclusioni formulate nella rassegna di Verheagen (2011), una riduzione nella velocità dei processi sembra spiegare meglio i deficit cognitivi dell’anziano, rispetto ad un possibile deterioramento nel controllo esecutivo (quando inteso come processo unitario). Dall’altra parte, un sottoprocesso del controllo esecutivo, lo shifting attenzionale, sembra essere particolarmente sensibile all’età, e potrebbe quindi rappresentare un possibile candidato per spiegare la molteplicità di deficit nell’anziano. 1° Parte: Conclusioni Sebbene i presenti studi abbiano utilizzato differenti paradigmi e compiti, tuttavia convergono nel mostrare come il controllo esecutivo non giochi un ruolo cruciale nel determinare i deficit cognitivi evidenziati in questi compiti. Piuttosto, un declino nei processi più di base sembra essere il fattore chiave per spiegare la molteplicità dei deficit cognitivi nell’invecchiamento. In particolare, l’analisi degli ERP ha permesso di evidenziare che i cambiamenti legati all’età sono più probabilmente dovuti ad una riduzione: 1) nella disponibilità delle risorse cognitive, 2) nella velocità di elaborazione. Le alterazioni elettrofisiologiche legate all’età sembrano interessare in misura maggiore le modulazioni ERP osservate a livello di siti prefrontali, ed sono particolarmente espresse in termini di ritardo delle latenze. È interessante notare la presenza di meccanismi compensatori negli anziani, riflessi in un aumento nell’ampiezza di diverse componenti (rispetto ai giovani). Ciò suggerisce che l’invecchiamento non solo implica un declino cognitivo e neurale, ma coinvolge anche risposte cognitive e neurali adattive. 2° PARTE: ALTERAZIONI COGNITIVE AND ELETTROFISIOLOGICHE ASSOCIATE ALL’ENCEFALOPATIA EPATICA MINIMA. L’encefalopatia epatica è una sindrome neuropsichiatrica che può presentarsi in pazienti con cirrosi epatica. Il rilevamento dei primi, seppur lievi, segni dell’encefalopatia epatica è estremamente importante. Questa iniziale e subclinica condizione, chiamata encefalopatia epatica minima (MHE; Ferenci et al., 1998) ha infatti un impatto sulla qualità della vita (Groeneweg et al., 1998; Zhou et al. 2009) e sull’abilità di guida (Wein et al., 2004). Inoltre, ha un valore prognostico negativo in relazione alla probabilità di sviluppare episodi di encefalopatia conclamata, nonché di morte (Amodio et al., 1999; Romero-Gomez et al., 2007). Il profilo della MHE è caratterizzato da alterazioni cognitive che coinvolgono processi quali l’attenzione selettiva, le funzioni esecutive, l’abilità visuo-motoria, la velocità di elaborazione, l’inibizione e la selezione di risposta (Amodio et al., 2005). La MHE causa anche una disfunzione cerebrale comunemente rilevabile sia dal rallentamento dell’elettroencefalogramma (EEG) sia dal ritardo osservato nelle latenze degli ERP, tra cui la P300 (Amodio et al., 2005; Weissenborn et al., 2005). Quindi, quando possibile, la diagnosi di MHE dovrebbe essere preferibilmente basata su una combinazione di indici neuropsicologici/neurofisiologici. L’Inhibitory Control Task (ICT) è stato recentemente proposto come un semplice strumento diagnostico per la MHE (Bajaj et al. 2007; 2008a). Tuttavia, la sua applicabilità a differenti popolazioni di pazienti con cirrosi, così come la sua relazione con altre misure di MHE necessitano di essere confermate. Per tali motivi, è stato condotto un esperimento (Esperimento 3) che aveva lo scopo di valutare la specificità e la sensibilità dell’ICT per la diagnosi della MHE. L’Esperimento 4 si è invece focalizzato di indagare l’effetto della MHE sugli ERP elicitati dall’ICT, in modo tale da ottenere informazioni sulle alterazioni cognitive ed elettrofisiologiche caratteristiche della MHE. A proposito delle alterazioni elettrofisiologiche legate alla MHE, un ulteriore esperimento (Esperimento 5) ha indagato la variabilità intra-individuale dei parametri della P300 (latenza e ampiezza) nei pazienti cirrotici con MHE. C’è un crescente interesse riguardo alla variabilità nella prestazione cognitiva (e.g., nei TR) nel campo delle neuroscienze cognitive (MacDonald et al., 2006) poiché la VII è stata largamente considerata un possibile indice comportamentale di meccanismi neurali compromessi (e.g., Hultsch et al., 2000). Tuttavia gli studi che hanno stabilito un legame tra la VII delle risposte comportamentali e quella delle risposte neurali sono ancora pochi. La MHE sembra un valido modello di patologia per studiare questa relazione poiché i pazienti con MHE mostrano un aumento nella variabilità dei TR (Elsass et al., 1985; Schiff et al., 2006). Per tale motivo, nell’Esperimento 5, i parametri delle P300 misurati per ogni singola epoca, attraverso la tecnica di stima Bayesiana (D’Avanzo et al., 2011), sono stati esaminati per studiare il correlato elettrofisiologico della VII nella velocità di risposta. Inoltre sono stati esplorati i possibili cambiamenti nella relazione tra i parametri della P300 e dei TR che avvengono in pazienti con MHE. Esperimenti 3 e 4: L’ICT come strumento adatto per rilevare le alterazioni cognitive ed elettrofisiologiche in pazienti con cirrosi epatica. Nell’Esperimento 3, 75 pazienti con cirrosi e 55 controlli sani hanno eseguito l’ICT presso due centri di riferimento per lo studio dell’encefalopatia epatica. I pazienti venivano valutati per la MHE attraverso il Psychometric Hepatic Encephalopathy Score (PHES) e le analisi spettrali dell’EEG. La performance alle prove go e nogo è stata comparata tra i due gruppi. I pazienti con cirrosi presentavano un maggior numero di errori (i.e., lures) nelle prove nogo, e mostravano un’accuratezza peggiore anche nelle prove go, rispetto ai controlli. Tuttavia, il numero di lures era comparabile tra pazienti con e pazienti senza MHE. È importante notare come ci fosse una relazione inversa tra accuratezza nelle prove go e numero di errori, quando l’accuratezza nelle prove go era particolarmente bassa. Questo non è sorprendente: una bassa accuratezza alle prove go indica che molte di queste prove avevano una risposta mancante (infatti nelle prove go un errore consiste in una risposta mancante); tuttavia se un individuo commette tante risposte mancanti, allora è più probabile che “esegua” correttamente le prove nogo (le quali infatti prevedono una mancanza di risposta come ‘risposta’ corretta). In questo senso il numero basso di errori alle prove nogo è un fenomeno spurio. È stata quindi codificata una nuova variabile (weighted lures, o “lures pesati”), in cui il numero di lure veniva aggiustato per la percentuale di accuratezza nelle prove go. Tale variabile si è mostrata in grado di differenziare i pazienti con e i pazienti senza MHE. L’accuratezza nelle prove go si è rivelata comunque essere una valida misura anche quando veniva considerata da sola. Quindi, per rilevare segni di MHE, testare l’inibizione (lures) non sembra essere superiore rispetto al testare l’attenzione e l’aggiornamento nella working memory (accuratezza nelle prove go). L’Esperimento 4 ha permesso di studiare le alterazioni elettrofisiologiche legate alla cirrosi epatica ed evidenziate nelle prove che compongono l’ICT. In tale studio, sono stati analizzati gli ERP confrontando pazienti cirrotici con MHE (N=13), senza MHE (N=18) e individui di controllo (N=17). In particolare sono stati esaminati gli ERP elicitati dalle prove detect, go e nogo, in quanto possono essere un indice dei processi di attenzione selettiva, working memory e inibizione, rispettivamente. I dati sono stati inoltre analizzati attraverso l’analisi PLS, la cui efficacia nell’identificare variabili latenti è particolarmente adatta per dissociare i correlati ERP dei diversi processi. I risultati ottenuti dall’ANOVA e dall’analisi PLS hanno mostrato alterazioni associate alla MHE che interessavano selettivamente gli ERP nelle prove detect. Specificatamente, queste erano rappresentate da una riduzione della P3a a livello di siti frontocentrali e da un ritardo della P3b. Poiché le prove detect coinvolgono principalmente processi attenzionali, le alterazioni evidenziate in tali prove potrebbero indicare un deterioramento delle abilità cognitive più di base, quali l’attenzione. Questo risultato corrobora la conclusione ottenuta nell’esperimento 3, che concerne l’appropriatezza di testare abilità più di base (come l’attenzione) prima, o assieme, alla valutazione delle abilità più di alto livello (i.e., l’inibizione). Il secondo principale, e inaspettato, risultato consiste nell’aumento (invece di una diminuzione) dell’ampiezza di diverse componenti (cioè la N2, la P3-nogo) in pazienti cirrotici senza MHE. Questi cambiamenti elettrofisiologici potrebbero essere un meccanismo compensatorio e riflettere l’allocazione di risorse esecutive addizionali per far fronte alle difficoltà nell’eseguire il compito (anche i pazienti senza MHE mostrano infatti una riduzione nella P3a, indice di deficit attenzionali). Esperimento 5: La VII della P300 come indice per rilevare disfunzioni neurali in pazienti con cirrosi epatica. In pazienti con cirrosi, un’aumentata VII dei TR è già stata descritta, ed è stata considerata un possibile indice precoce di disfunzione cerebrale (Schiff et al., 2006). Sfortunatamente, la controparte neurale di questo fenomeno non è stata ancora dimostrata. Tuttavia, siccome una riduzione dell’ampiezza della P300 è stata osservata in questa popolazione di pazienti, allora è possibile ipotizzare che tale riduzione dipenda, almeno in parte, da un’aumentata variabilità delle latenze della P300 tra le singole epoche (come evidenziato per altre patologie, e.g., Hultsch et al., 2000). Per tali motivi, l’aumentata variabilità della P300, se evidenziata, potrebbe essere anch’essa un valido indice di disfunzione neurale. Inoltre, l’analisi della P300 per ogni singola epoca ha permesso di indagare la relazione tra i TR e i parametri (i.e., ampiezza e latenza) della P300, e comprendere come tale relazione cambi nel caso di patologie quali MHE. L’EEG è stato misurato durante l’esecuzione di un compito di reazione di scelta (compito Simon) in 14 pazienti con MHE (diagnosticata sulla base di test e alterazioni all’EEG), 15 pazienti senza MHE e 14 individui sani di controlli. L’ampiezza e la latenza della P300, assieme alla loro rispettiva deviazione standard, sono state ottenute attraverso un metodo non parametrico di stima bayesiana. La P300 è stata anche misurata con il classico metodo dell’averaging. Infine sono state analizzate la distribuzione dei TR e la sua relazione con i parametri della P300. Nei pazienti con cirrosi, i TR erano più lenti e più variabili rispetto ai controlli. Un aumento nella variabilità della latenza della P300 è stato anche mostrato in tali pazienti. La regressione lineare multipla ha evidenziato come l’ampiezza della P300 – misurata con il metodo dell’averaging – era predetta sia dalla deviazione standard della latenza della P300, che dalla sua ampiezza (entrambe misurate con il metodo bayesiano). Ciò indica che una ridotta P300 nei pazienti con MHE potrebbe anche dipendere da un’aumentata variabilità nella latenza della stessa. Inoltre, è stato mostrato come la latenza della P300 aumentava e l’ampiezza diminuiva all’aumentare dei TR nei controlli, ma non nei pazienti con MHE. Un altro segno di alterazione sembra quindi essere la più debole relazione tra parametri comportamentali e la P300, come osservato nei pazienti con MHE. Riassumendo, il presente studio ha suggerito come in condizioni normali vi sia una stretta relazione tra TR e P300, e la P300 sia stabile tra le diverse prove. In contrasto, quando vi è una disfunzione cerebrale, come nel caso della MHE, la relazione tra i diversi parametri è meno forte, e le risposte neurali diventano più variabili. 2° Parte: Conclusioni L’utilizzo dell’ICT ha fornito diverse evidenze riguardo ai marker cognitivi e neurali della MHE. Specificatamente, i pazienti con MHE hanno mostrato un rallentamento e un’attenuazione delle componenti della P300 nelle prove detect. Ciò sembra indicare deficit a carico dell’attenzione selettiva e sostenuta. Dall’altra parte, i pazienti senza MHE hanno evidenziato un aumento nelle ampiezze di alcune componenti (N2 e P3-nogo), che potrebbe riflettere un meccanismo neurale compensatorio. Infine l’esperimento 5 ha evidenziato il profilo della P300 nei pazienti con cirrosi. Infatti, tali pazienti, e specialmente coloro che presentavano MHE, hanno mostrato un aumento nella variabilità della latenza della P300, che può aver contribuito alla riduzione della sua ampiezza. CONCLUSIONI GENERALI La tecnica dell’analisi ERP si è rivelata uno strumento utile per esplorare le alterazioni cognitive e neurali sottostanti sia all’invecchiamento sano sia a una condizione patologica, quale la MHE. Sono stati osservati alcuni pattern di alterazioni elettrofisiologiche comuni tra le persone anziane e pazienti con cirrosi epatica (e.g., rallentamento delle componenti ERP, aumento di alcune componenti, quali la N2). Tali alterazioni hanno evidenziato come 1) i deficit legati all’invecchiamento o alla MHE evidenziati in compiti cognitivi complessi sembrano dipendere da alterazioni a carico di meccanismi più di base (come deficit attentivi, o rallentamento nell’elaborazione degli stimoli); 2) l’attività neurale sia di individui anziani sia di pazienti senza MHE è similmente caratterizzata da meccanismi compensatori, reclutati per affrontare le difficoltà nell’eseguire i compiti
Aparicio, Xavier. "Mécanismes cognitifs du changement de langue chez les multilingues : études comportementales et électrophysiologiques." Thesis, Montpellier 3, 2010. http://www.theses.fr/2010MON30078/document.
Full textThe present work focuses on language switching mechanisms during visual word recognition in French / English / Spanish trilinguals. First, we examined access to processing for each language, independently from the presentation of other languages. Then, our concern was to determine the different relations between languages and the underlying lexical organization inside the multilingual memory, as well as the activation of cognitive mechanisms allowing language switching. With this goal in mind, we performed three series of experiments to examine the influences between the languages, and the cognitive cost subsequent to a language switching during visual word recognition. We compare the processing of non-cognate words belonging to the three languages, manipulating the language switching situations and recording behavioral and electrophysiological data during lexical decision, semantic categorization and semantic translation priming. Results of these experiments highlight a general slowdown of processing consecutive to a language switch for all languages. Moreover, we observed a cognitive cost related to language switching for all the three languages, but bilaterally larger when it concerns the two non-dominant languages (L2 to L3 and L3 to L2). The recording data confirms the hypothesis of lexical representations integrated into a shared lexicon of multilingual memory. The results are interpreted in the light of the main models accounting for bilingual memory
Skavhaug, Ida-Maria. "Metamemory or just memory? : searching for the neural correlates of judgments of learning." Thesis, University of Stirling, 2010. http://hdl.handle.net/1893/2410.
Full textBaker, Katherine Louise. "Cognitive Evoked Auditory Potentials and Neuropsychological Measures Following Concussion in College Athletes." Miami University / OhioLINK, 2008. http://rave.ohiolink.edu/etdc/view?acc_num=miami1209744334.
Full textDambacher, Michael, and Reinhold Kliegl. "Synchronizing timelines: Relations between fixation durations and N400 amplitudes during sentence reading." Universität Potsdam, 2007. http://opus.kobv.de/ubp/volltexte/2011/5721/.
Full textHitziger, Sebastian. "Modélisation de la variabilité de l'activité électrique dans le cerveau." Thesis, Nice, 2015. http://www.theses.fr/2015NICE4015/document.
Full textThis thesis investigates the analysis of brain electrical activity. An important challenge is the presence of large variability in neuroelectrical recordings, both across different subjects and within a single subject, for example, across experimental trials. We propose a new method called adaptive waveform learning (AWL). It is general enough to include all types of relevant variability empirically found in neuroelectric recordings, but can be specialized for different concrete settings to prevent from overfitting irrelevant structures in the data. The first part of this work gives an introduction into the electrophysiology of the brain, presents frequently used recording modalities, and describes state-of-the-art methods for neuroelectrical signal processing. The main contribution of this thesis consists in three chapters introducing and evaluating the AWL method. We first provide a general signal decomposition model that explicitly includes different forms of variability across signal components. This model is then specialized for two concrete applications: processing a set of segmented experimental trials and learning repeating structures across a single recorded signal. Two algorithms are developed to solve these models. Their efficient implementation based on alternate minimization and sparse coding techniques allows the processing of large datasets. The proposed algorithms are evaluated on both synthetic data and real data containing epileptiform spikes. Their performances are compared to those of PCA, ICA, and template matching for spike detection
Weißbecker-Klaus, Xenija. "Kognitive Reserve im Erwerbsalter." Doctoral thesis, Humboldt-Universität zu Berlin, 2019. http://dx.doi.org/10.18452/19732.
Full textThe increasing retirement date accompanied by an age-associated decline of cognitive functions poses growing challenges to employers and employees. The cognitive reserve (CR) promises a resilience to brain damage-associated cognitive deficits through intellectually stimulating lifestyle activities. The present study examines the role of CR relating to cognitive performance and neuronal information processing of healthy adults in working age. Using an electroencephalogram, subjects of middle and high working age (34-45 years and 46-62 years of age, respectively) completed tasks on three domains of executive functions: working memory, cognitive flexibility and inhibition control. Follow-up assessments were conducted after two years. High-CR subjects performed better across tasks than Low-CR subjects, with faster reaction times and lower error rates. Reduced performance in the Low-CR group tended to be more common among older participants and during the more challenging task conditions. In addition, after two years, Low-CR older workers showed a decreased working memory capacity while older High-CR individuals improved their higher performance. The P3 amplitude of the event-related brain potential varied systematically as a function of CR and age. High-CR younger individuals revealed higher P3 amplitudes compared to Low-CR younger individuals, while High-CR older individuals generated smaller P3 amplitudes than Low-CR older individuals. The shorter P3 peak-latencies of the High-CR group suggested moreover a difference in neural processing speed. When testing cognitive flexibility an anterior shift of the P3 was observed in older Low-CR subjects. The results were almost completely replicated after two years. Age-related performance variables and neuronal information processes revealed to be sensitive to CR already at working age. These findings recommend more research on early adulthood in the development and evaluation of CR-based programs to prevent cognitive deficits.
Moldovan, Cornelia Didina. "Lexical and semantic processing during the translation process in highly proficient bilinguals: Behavioral and electrophysiological measures." Doctoral thesis, Universitat Rovira i Virgili, 2014. http://hdl.handle.net/10803/283266.
Full textLa tesis trata los procesos de activación léxica y semántica durante el reconocimiento de traducciones en bilingües muy competentes y balanceados de catalán y castellano, inmersos en un contexto en el que las dos lenguas se usan de forma regular. La tesis consta de cuatro estudios. Uno de ellos, es una base de datos de pares de palabras relacionadas semánticamente, y sin relación asociativa. En los otros tres estudios se ha evaluado a los participantes en una tarea de reconocimiento de traducciones en cual se les presentaban pares de palabras y ellos deberían decidir si la segunda palabra del par era la traducción correcta de la primera (p.ej., ruc-burro). Además de las traducciones correctas se utilizaron pares críticos: a) relaciones formales (p.ej., vecinos léxicos: ruc-ruso y vecinos de traducción: ruc-berro) y b) relaciones semánticas (p.ej., mas semejante: ruc-caballo y menos semejante en el significado: ruc-oso). Las medidas fueron conductuales (tiempos de respuesta y errores) y registrado de potenciales evocados cerebrales (ERPs). Los resultados muestran que los procesos de activación léxica y semántica pueden ser modulados por las características de las palabras (como la semejanza entre lenguas) y de los bilingües (como el uso y exposición a las dos lenguas). Estos resultados se discuten en relación con los modelos más influyentes de la memoria bilingüe, como son el RHM (Kroll & Stewart, 1994), el BIA (Dijkstra & Van Heuven, 1998) o el DRM (De Groot, 1992).
The present thesis approach the lexical and semantic processing during translation recognition in highly proficient and balanced Catalan-Spanish bilinguals who use both languages on a regular basis. The thesis includes four studies. One study provides normative ratings for a set of semantically (and non-associatively) related pairs. In the other three studies, the performance of Catalan-Spanish bilinguals was assessed in a translation recognition task. In this task, the participants were presented with pairs of words and they had to decide where the second word of the pair was the correct translation of the first one (e.g., ruc-burro [donkey]). Additionally, there were critical pairs: a) form relatedness (e.g., lexical neighbors: ruc-ruso [Russian] and translation neighbors: ruc-berro [watercress] as well semantically related words (e.g., highly similar: ruc-caballo [horse] and less similar in meaning: ruc-oso [bear]). Behavioral measures (response times and percentage of errors) and event related potentials (ERPs) were recorded. The results show that lexical and semantic activation can be modulated by words’ characteristics (i.e., semantic similarity) as well as by bilinguals’ characteristics (such as languages use). These results are discussed within the framework of the most influential models of bilingual memory, such as the RHM (Kroll & Stewart, 1994), the BIA model (Dijkstra & Van Heuven, 1998) or the DRM (De Groot, 1992).
Simpson, Johanna. "The genetics of affective cognition : electrophysiological evidence for individual differences in affective picture processing, attention and memory." Thesis, University of Stirling, 2016. http://hdl.handle.net/1893/25203.
Full textSutherland, David M. "The cognitive psychophysiology of emotion : ERP studies of emotional information processing using stimuli from the International Affective Picture System." Thesis, University of Dundee, 1998. http://ethos.bl.uk/OrderDetails.do?uin=uk.bl.ethos.324611.
Full textAhmadi, Maryam. "Single-trials analysis of event-related potentials." Thesis, University of Leicester, 2013. http://hdl.handle.net/2381/28224.
Full textMark, Ruth Elaine. "Worry, information processing and event-related potentials." Thesis, Queen's University Belfast, 1992. http://ethos.bl.uk/OrderDetails.do?uin=uk.bl.ethos.333845.
Full textEbmeier, Klaus Peter. "Auditory event related potentials in schizophrenic patients." Thesis, University of Aberdeen, 1991. http://ethos.bl.uk/OrderDetails.do?uin=uk.bl.ethos.317385.
Full textMitchell, D. A. "Schizophrenia, electrodermal activity and event related potentials." Thesis, University of York, 1988. http://ethos.bl.uk/OrderDetails.do?uin=uk.bl.ethos.381318.
Full textRogers, Dave Edward. "Event-related potentials in obsessive-compulsive disorder." Thesis, Queen's University Belfast, 2015. http://ethos.bl.uk/OrderDetails.do?uin=uk.bl.ethos.696168.
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