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Journal articles on the topic 'Esenzione'

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1

Sandrini, G. "Invalidità ed esenzione dai ticket. Ecco come fare." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 23, no. 2 (January 24, 2018): 92. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2011.1449.

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2

Sandrini, G. "Invalidità ed esenzione dai ticket. Ecco come fare." Giornale di Tecniche Nefrologiche e Dialitiche 23, no. 2 (April 2011): 92. http://dx.doi.org/10.1177/039493621102300223.

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3

Frascarelli, Laura. "Aiuti di Stato in esenzione: principali novitŕ del Regolamento generale della Commissione (CE) n. 800/2008." QT Quaderni di Tecnostruttura, no. 34 (December 2009): 28–40. http://dx.doi.org/10.3280/qt2009-034007.

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4

 . "La Voce Dei Pazienti Esenzione. Invalidità. Prevenzione. Che Fare?: Direttamente Dalla Pagina Facebook di Airp, Una Discussione Pubblica, Molto Partecipata." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 24, no. 2 (January 26, 2018): 98–99. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2012.1148.

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5

Anderson, G. M., D. T. Martin, and R. D. Tollison. "Do Loopholes Decrease or Increase Tax Revenue?*." Journal of Public Finance and Public Choice 5, no. 2 (October 1, 1987): 83–95. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907344280.

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Abstract:
Abstract Malgrado sia molto diffusa tra gli economisti l’opinione favorevole alla sostituzione dell’imposta progressiva sul reddito con un’imposta proporzionale senza esenzioni, sono poche le analisi sinora svolte circa gli effetti, in termini di gettito, del passaggio dall’una all’altra forma d’imposizione.A livello teorico, trova consensi la tesi secondo cui le deduzioni ed esenzioni (loopholes) tendono a far diminuire il gettito. Questo articolo esamina il problema dal punto di vista empirico, per accertare se esse influiscono in modo statisticamente significativo sul livello delle entrate. La variabile indipendente che viene presa in considerazione a questo fine è costituita dal livello delle esenzioni e deduzioni (di cui costituisce un’attendibile approssimazione l’ampiezza del codice tributario di ciascuno Stato). La variabile dipendente è costituita dal gettito dell’imposta sulle società e dell’imposta sul reddito nel corso del 1983.I risultati empirici così ottenuti fanno ritenere che il flusso di entrate tributarie aumenti con l’aumentare delle loopholes.
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6

Bruzzo, Aurelio. "Le misure di politica economica per le PMI nelle ZFU italiane: opportunitŕ e problematiche." ARGOMENTI, no. 28 (June 2010): 41–60. http://dx.doi.org/10.3280/arg2010-028003.

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Abstract:
Da qualche anno le Zone franche urbane sono oggetto del dibattito di politica economica. Il governo italiano, infatti, dopo aver siglato un contratto con le 22 Amministrazioni locali interessate all'introduzione di un regime di esenzioni nelle zone piů disagiate del loro territorio, alla fine dell'anno scorso ha stravolto - per decreto - l'originario provvedimento assunto in materia. Ma in cosa consiste la politica delle ZFU adottata in Italia e quali sono le specifiche misure da questa previste a favore delle PMI? E soprattutto com'č stata sviluppata tale politica in confronto all'analoga francese cui dichiaratamente essa s'ispira? Il presente articolo, cercando di ricostruire l'intera vicenda, intende fornire una risposta a queste domande, fino a giungere a una complessiva valutazione critica, ancor prima che la politica in questione inizi a essere applicata.
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Montanari, Francesco. "Imposte sui trasferimenti: esenzioni, agevolazioni e determinazione del valore dei beni (pagg. 36-37 della Circolare)." N° 1 (gennaio-febbraio), no. 1 (February 2, 2023): 162–65. http://dx.doi.org/10.35948/1590-5586/2023.251.

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 . "La Voce dei Pazienti Ginepraio “invalidità”. Ma delle strade ci sono…" Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 28, no. 2 (May 30, 2016): 140–42. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2016.772.

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Abstract:
Chi l'ha avuta, chi no, chi solo in parte. Attraverso il rcconto e l'esperienza dei pazienti, si costruisce un percorso possibile per ottenere ciò che è dovuto ai malati di rene policistico. La malattia renale policistica non gode delle esenzioni di cui al decreto istitutivo dei cosiddetti L.E.A. (livelli essenziali di assistenza). Questo perché, inspiegabilmente, non è considerata una malattia cronica invalidante, se non quando evolve in insufficienza renale. Esiste, però, un iter per poter ottenere un'esenzione parziale per i medicinali e totale per analisi e indagini specialistiche e strumentali. Infatti, la tabella che stabilisce il grado di invalidità destinato alle varie patologie attribuisce alla malattia del “Rene Policistico Bilaterale” (al codice “6480”) il 70% di invalidità fisso: è, pertanto, possibile richiedere l'invalidità parziale che, in base alla normativa regionale, se superiore al 67%, dà diritto, appunto, all'esenzione succitata. Un tema al quale i pazienti di ADPKD sono molto sensibili, come dimostra l'ondata di interventi sulla pagina Facebook di AIRP, di cui proponiamo qui una sintesi.
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Lombardo, Simone. "I signori della collina. I Fieschi a Genova nel XIV secolo: strategie cittadine di una famiglia aristocratica." SOCIETÀ E STORIA, no. 177 (September 2022): 419–50. http://dx.doi.org/10.3280/ss2022-177001.

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Abstract:
I Fieschi erano una famiglia aristocratica di estrazione rurale, che traeva l'origine della propria potenza dai possedimenti nel contado e si era insediata a Genova seguendo strategie più o meno coscienti, analizzate nell'articolo per quanto riguarda il trecento. Ciò era avvenuto innanzitutto con l'avvio di un insediamento monumentale presso la collina di Carignano, al di fuori delle mura ma al contempo in stretto rapporto con il centro abitato che sovrastava, quasi come polo urbanistico alternativo. Durante il XIV secolo si può notare una progressiva differenziazione tra una dimensione armata della famiglia, guida della fazione guelfa, e una prettamente ecclesiastica, custode dei patrimoni dinastici cittadini. Partendo dalla constatazione di queste caratteristiche, il saggio tenta di rapportarle e metterle in relazione dialettica con gli altri alberghi cittadini, al fine di evidenziare un modello alternativo di gestione familiare attuato dai Fieschi. È indagata l'importanza della parentela, le modalità di ingresso nel gruppo, le esenzioni fiscali e le politiche matrimoniali, al fine di delineare la mentalità di una famiglia aristocratica signorile inserita in un centro a vocazione mercantile.
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Seche, Giuseppe. "Il commercio dei cavalli tra Sardegna e Corona d’Aragona alla fine del XV secolo. Prime considerazioni." Anales de la Universidad de Alicante. Historia Medieval, no. 23 (May 26, 2022): 105. http://dx.doi.org/10.14198/medieval.21403.

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Abstract:
Lo studio propone prime considerazioni sul commercio dei cavalli tra il Regno di Sardegna e i territori della Corona d’Aragona nella seconda metà del XV secolo. L’analisi si basa su 51 licenze di esportazione e consente di ricostruire le dinamiche di un traffico regolato dall’autorità pubblica, evidenziando gli ufficiali impegnati nel controllo e nel rilascio delle relative autorizzazioni. I profili dei soggetti coinvolti sono quelli dei mercanti di professione, cui si aggiungono i membri dell’alta società urbana, con ruoli nell’amministrazione della città o del regno, e coloro che trasportano equini in maniera occasionale. Infine, non mancano gli esponenti del mondo feudale, spesso in affari con i mercanti d’oltremare, i quali possono far valere franchigie, esenzioni fiscali e vantaggiosi legami con i funzionari del regno. Tra i luoghi di destinazione si segnalano le grandi piazze commerciali iberiche (Barcellona, Maiorca e Valenza) e alcune città italiane (Napoli, Piombino e Roma), dove i cavalli potevano essere acquistati da uomini di alto rango (si pensi al sacrestano maggiore Alonso Cortés) ed essere utilizzati anche per ragioni militari o per servizio di stato. Emerge un commercio rischioso ma con grandi margini di guadagno, portato avanti da soggetti specializzati che si avvalgono di navigli con particolari caratteristiche tecniche. Il proseguimento della ricerca consentirà di precisare le conoscenze sul trattamento fiscale riservato ai cavalli e pone già nuove domande sulle pratiche di allevamento, che dovevano rispondere alla continua e regolare richiesta di animali proveniente dal mondo iberico e da quello italiano.
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Esders, Stefan. "Die „Capitula de expeditione Corsicana“ Lothars I. vom Februar 825." Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 98, no. 1 (March 1, 2019): 91–144. http://dx.doi.org/10.1515/qufiab-2018-0008.

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Abstract:
Riassunto Il presente contributo analizza il capitolare emesso dall’imperatore Lotario I nella sua seconda visita in Italia, in occasione della quale procedette al reclutamento dell’esercito per una spedizione militare in Corsica. Dopo le analisi circa la tradizione del testo e la sua datazione (febbraio 825), viene indagata l’importanza della Corsica quale oggetto di ripetuti attacchi da parte dei Saraceni di Spagna e Nord Africa per ottenerne bottino, schiavi, nonché come base per incursioni sulla terraferma. L’emanazione del capitolare deve essere inserito all’interno di una serie di contemporanee relazioni diplomatiche intessute tra Costantinopoli, Bagdad, Roma e Aquisgrana in quel torno di anni. Il capitolare si rivolge in particolare ai conti di Toscana subordinati a Bonifacio II, conte di Lucca, il quale era stato incaricato come „praefectus Corsicae“ di proteggere l’isola e le coste della „Tuscia“. La parte centrale del contributo riguarda la ricostruzione del testo, che si presenta corrotto, e il commento delle decisioni emanate, con particolare attenzione al reclutamento dell’esercito da parte di vassalli regi e non e da parte degli uomini liberi. Lotario poté allora contare su uomini di grande esperienza come Wala; nelle sue disposizioni, egli adattò modelli longobardi e franchi che basavano il reclutamento sulla ricchezza e sulla proprietà (benefici, aggregazioni consortili di „liberi homines“), mentre concesse esenzioni, privilegiando alcuni amministratori di beni fiscali („gastaldi“) al servizio della corte, insieme ai loro vassalli. Sulla base delle misure adottate da Lotario poco dopo l’emanazione di questo capitolare per impedire il sottrarsi al reclutamento nell’esercito, viene infine esaminata l’efficacia di questo capitolare.
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Chartier, Roger. "Lodovica Braida, Stampa e cultura tra XV e XVI secolo, Rome-Bari, Laterza, «Biblioteca Esenziale Laterza», 2000, 162 p." Annales. Histoire, Sciences Sociales 56, no. 4-5 (October 2001): 1004–5. http://dx.doi.org/10.1017/s0395264900033369.

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Lacey, Eric F. "The Italian Competition Law Compared with Other OECD Countries’ Competition Laws." Journal of Public Finance and Public Choice 8, no. 2 (October 1, 1990): 147–51. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345090.

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Abstract:
Abstract L’ltalia è il penultimo Paese membro dell’OCSE che abbia adottato una legge sulla protezione della concorrenza (adesso solo la Turchia non ha alcuna legge al riguardo).Peraltro, la legislazione vigente nei Paesi OCSE non è del tutto identica. Vi è, per esempio, una notevole differenza tra la legislazione anti-trust degli Stati Uniti, con proibizione (rafforzata da sanzioni penali) della fissazione di prezzi e di ripartizione dei mercati, ed il progetto di legge belga contro l’abuso di potere economico, che da luogo ad un tipo di controllo molto tenue.Per quanto riguarda, in particolare, le norme attinenti alle concentrazioni, l’ltalia è il quindicesimo Paese OCSE ad avere una normativa. Questo significa non soltanto che nove Paesi OCSE devono ancora convincersi dell’utilità del controllo delle concentrazioni, ma che, date le divergenze tra le diverse normative in vigore, sono anche diversi i criteri e le procedure mediante cui possono essere valutate fusioni ed acquisizioni.Si può affermare che l’impostazione della legge italiana, di carattere dichiaratamente proibitivo, quanto ad accordi restrittivi ed abuso di posizione dominante segue l’attuale tendenza dei Paesi OCSE a favore di questo metodo di controllo piuttosto che del metodo del caso per caso, che e ancora vigente nei Paesi nordici, in Irlanda e nel Regno Unito.Per quanto attiene, invece, alle concentrazioni, l’impostazione di carattere proibitivo non si estende normalmente al loro controllo. Molti ordinamenti preferiscono il sistema del «caso per caso» e così fa anche la legge italiana, anche se questa procedura richiede un giusto equilibrio tra l’esigenza di completare in tempi stretti l’indagine, per non danneggiare le imprese interessate, e l’altrettanto legittima esigenza di avere tempo sufficiente per un esame accurato. Su questo ultimo aspetto, i tempi previsti dalla legge italiana sembrano più brevi della media dei Paesi OCSE. In particolare, il periodo di tempo previsto dalla legge italiana perché l’Autorità effettui l’indagine è di quarantacinque giorni, mentre il tempo mediamente previsto nei Paesi OCSE è di tre mesi.Un elemento molto positivo della legge italiana è quello di sottoporre le concentrazioni ad una valutazione di natura strettamente concorrenziale, senza introdurre dementi di natura politica o sociale. Inoltre, in molti Paesi il Governo ha il potere di dire l’ultima parola sull’autorizzazione o meno delle concentrazioni.Bisogna anche notare che, mentre molti Paesi hanno costruito poco per volta la loro legislazione concorrenziale, partendo dagli accordi orizzontali per poi estendere il controllo all’abuso del potere di mercato e giungendo quindi al controllo delle concentrazioni, la legge italiana include tutti e tre questi tipi di restrizioni della concorrenza. Essa riguarda, inoltre, sia il mercato dei beni che quello dei servizi.La legge italiana si applicherà sia alle imprese private che a quelle pubbliche, con l’eccezione dei monopoli pubblici. Per quanto riguarda le banche e le assicurazioni, la legge italiana riserva ad essi un trattamento analogo a quello di altre leggi della concorrenza, anche se adesso sembra emergere la tendenza a restringere le esenzioni dalle leggi sulla concorrenza di cui godono questi settori.L’Autorità italiana per l’applicazione della legislazione concorrenziale ha ampi poteri di investigazione, di decisione e anche di sanzione, attraverso la comminazione di multe, nonche importanti funzioni consultive. In altri ordinamenti vi è una distinzione tra gli organi che nelle diverse fasi applicano la legislazione della concorrenza. La legge italiana, dato che l’Autorità è responsabile delle varie fasi, potrà essere applicata più facilmente, anche se si potrebbe rilevare che la distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisionali dà maggiori garanzie (in ogni caso, le parti hanno comunque diritto di ricorrere contro le decisioni dell’Autorità).L’applicazione di sanzioni, che è un aspetto essenziale del sistema di controllo, è modellata nella legge italiana sulla base della normativa CEE e sembra adeguata.Per quanto riguarda il particolare trattamento riservato alle istituzioni finanziarie, sebbene in diversi Paesi vi siano norme speciali nei riguardi delle concentrazioni bancarie (con approvazione da parte delle autorità bancarie, in sostituzione delle autorità che si occupano della concorrenza o in aggiunta all’approvazione di queste ultime), non si riscontra in altri ordinamenti una norma come quella secondo cui anche l’acquisizione di una quota del cinque per cento del capitale debba essere sottoposta ad autorizzazione. Soltanto l’Olanda, forse, ha una regola analoga, mentre l’Australia ha una regola che stabilisce un limite generale del quindici per cento per un solo investitore.Nel complesso, la legge italiana per la concorrenza sembra fornire una buona base per una efficiente politica della concorrenza. Evidentemente, tutto dipenderà dal modo in cui l’Autorità assicurerà che le norme siano effettivamente applicate, soprattutto per quanto riguarda l’art. 4 (che prevede deroghe per le intese) e l’art. 8, paragrafo 2, sulle deroghe per le imprese che forniscono servizi d’interesse economico generale. Sarebbe molto spiacevole se questa norma fosse utilizzata per non applicare la legge allo stesso modo, sia alle imprese private che a quelle pubbliche.
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Ruppelt, Hans-Jürgen. "Competition Law and its Application in Germany." Journal of Public Finance and Public Choice 8, no. 2 (October 1, 1990): 117–24. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345054.

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Abstract:
Abstract L’economia tedesca è sempre stata caratterizzata da una struttura molto concentrata, in cui le imprese facevano frequente ricorso ai cartelli. Alia fine dell’ultima guerra, gli alleati (ed in particolare gli Stati Uniti) hanno insistito perché la concentrazione fosse ridotta ed i cartelli fossero eliminati, introducendo cosi la libera concorrenza nell’economia.La legge ha introdotto un generale divieto di cartellizzazione, con alcune esenzioni legali che consentono specifiche intese.L’applicazione della legge attraverso un organismo indipendente, l’Ufficio Federale dei Cartelli, si è basata esclusivamente sugli aspetti concorrenziali, con esclusione quindi degli aspetti di «interesse pubblico». L’unica eccezione è costituita dal potere di autorizzazione di cartelli e concentrazioni da parte del Ministro, che tuttavia vi ha fatto ricorso molto raramente.Nell’ambito di applicazione della legge sono rientrate non soltanto le attività dirette a limitare la concorrenza da parte dei privati, ma anche le distorsioni del mercato prodotte da interventi pubblici, come regolamentazione, sussidi e protezionismo. Negli anni più recenti, in particolare, la politica della concorrenza si è ispirata all’idea di modificare l’equilibrio tra settore privato e settore pubblico, riducendo quest’ultimo mediante deregolamentazione e privatizzazione.La legge tedesca riguarda essenzialmente quattro gruppi di limitazioni della concorrenza: accordi orizzontali, restrizioni verticali, abuso del potere di mercato e concentrazioni.Gli accordi orizzontali sono proibiti e, di conseguenza, nulli. Coloro che vi abbiano preso parte sono passibili di una multa che può giungere fino ad un ammontare pari a tre volte il valore degli utili così conseguiti. Si tratta, peraltro, di un criterio di difficile applicazione, essendo molto ardua la determinazione dell’incremento di utili ottenuto con un accordo.Una lacuna del sistema era costituita dal fatto di escludere alcune forme di collusione che a stretto rigore non rientravano nella categoria degli «accordi». È stato necessario emendare la legge, includendovi esplicitamente le «azioni concertate».Un secondo problema riguarda l’inclusione o meno nel concetto di «restrizione della concorrenza” dell’obbligo per le parti dell’accordo di mettere in atto comportamenti contrari alla concorrenza. Secondo l’interpretazione degli organi giudiziari tale obbligo si deve presumere.Per quanto riguarda le deroghe, l’Ufficio Federale dei Cartelli tende ad essere alquanto rigido.Per gli «accordi verticali», la legge tedesca, in contrasto con l’art. 85 del Trattato CEE e con la legge italiana, introduce specifiche regole. Essi sono, in genere, legali, con la sola eccezione degli accordi per la determinazione del prezzo, che sono proibiti di per sé, a meno che non riguardino il settore dell’editoria.Gli interventi per accordi verticali sono stati poco frequenti e, a quanto sembra, nella maggior parte dei casi tali accordi non dovrebbero essere stati influenzati dalla legislazione sulla concorrenza.Per quanto riguarda l’abuso di potere di mercato, il vecchio adagio statunitense vale anche per la Germania: le dimensioni non danno luogo, di per sé, ad un pericolo. Analogamente, una posizione dominante, come tale, non può essere ritenuta dannosa, anche se è ampiamente diffusa l’opinione secondo cui non debba essere consentito l’abuso di posizione dominante.Sotto il profilo applicativo, peraltro, bisogna identificare due fondamentali presupposti: una «posizione dominante” e un «comportamento abusivo».Il controllo del comportamento abusivo persegue, sia in Germania che in Italia, due obiettivi: impedire alle imprese dominanti di stabilire prezzi troppo elevati, realizzando profitti monopolistici (abuso di prezzi), e proteggere la libertà di competere delle altre imprese (pratiche restrittive).Per quanto riguarda l’abuso di prezzi, l’esperienza tedesca non è stata molto incoraggiante, soprattutto per la ben nota difficoltà nella definizione del «giusto prezzo».Hanno avuto maggiore successo, invece, i procedimenti nei riguardi di pratiche restrittive. Anche in questo caso non e facile applicare la normativa concorrenziale, specie per quanto riguarda i casi «marginali», come i casi di collegamenti tra imprese che non sembrano evidenziare comportamenti anti-competitivi.L’introduzione della regolamentazione delle concentrazioni è avvenuta in Germania soprattutto per le difficoltà nel perseguire gli abusi di posizione dominante. Diversamente dalla legge italiana, il sistema tedesco non prevede un minimo fatturato nazionale, ma fa riferimento al valore del fatturato nel suo complesso, dovunque sia stato conseguito.Notevoli difficoltà potranno derivare dalla definizione del concetto di «controllo». Dal punto di vista pratico sembra conveniente combinare le caratteristiche di flessibilità e certezza giuridica con una definizione generale che specifichi il maggior numero possibile di fattispecie.Le caratteristiche più significative dell’attività di controllo delle concentrazioni svolta in Germania sono l’effetto sospensivo della notificazione che precede la concentrazione e un criterio strettamente concorrenziale. L’esperienza dimostra che è molto difficile far venir meno una concentrazione, una volta che sia stata effettuata. Per questo motivo si richiede che le concentrazioni che eccedono una determinata soglia siano comunicate in anticipo.Sebbene l’Ufficio Federale dei Cartelli abbia a disposizione quattro mesi per completare la sua investigazione, circa i tre quarti delle procedure sono completate entro quattro settimane.Vi è una netta distinzione di compiti tra l’Ufficio Federale dei Cartelli e il Ministro dell’Economia. Il primo si occupa degli aspetti strettamente inerenti alla concorrenza, senza tener conto degli altri benefici che possono derivare dalla concentrazione. Il Ministro, invece, per considerazioni d’interesse pubblico, può autorizzare una concentrazione che l’Ufficio Federale dei Cartelli aveva bloccato. Sino ad ora (dal 1973) soltanto sei autorizzazioni sono state concesse dal Ministro e non sembra che esse abbiano dato luogo ai risultati positivi che erano attesi.
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Pilia, Carlo. "LA MEDIAZIONE AL TEMPO DEL COVID-19." Revista Eletrônica de Direito Processual 22, no. 1 (January 18, 2021). http://dx.doi.org/10.12957/redp.2021.56698.

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Abstract:
La pandemia Covid-19 sta avendo un impatto devastante sulle società e gli ordinamenti giuridici sia interni che internazionali. La normativa straordinaria ha dovuto considerare, tra gli altri aspetti, l’impossibilità e, comunque, l’estrema difficoltà di fare fronte ai pregressi impegni giuridici. Si è perciò resa necessaria l’introduzione di meccanismi di sospensione e differimento delle scadenze, oltre che di esenzione o almeno limitazione della responsabilità. Nello scenario emergenziale, pertanto, la questione dell’obbligatorietà della mediazione ai tempi del Covid è di grande interesse sistematico e forte impatto pratico.
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"Documento 1 - Osservazioni al Progetto di Regolamento generale di esenzione per categoria del 24 aprile 2007." QT Quaderni di Tecnostruttura, no. 34 (December 2009): 41–44. http://dx.doi.org/10.3280/qt2009-034008.

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"Documento 3 - Osservazioni al progetto di Regolamento generale di esenzione per categoria pubblicato il 28 febbraio 2008." QT Quaderni di Tecnostruttura, no. 34 (December 2009): 50–55. http://dx.doi.org/10.3280/qt2009-034010.

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"Documento 2 - Osservazioni al progetto di Regolamento generale di esenzione per categoria pubblicato l'8 settembre 2007." QT Quaderni di Tecnostruttura, no. 34 (December 2009): 45–49. http://dx.doi.org/10.3280/qt2009-034009.

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"La Voce Dei Pazienti Esenzione. Invalidità. Prevenzione. Che Fare?: Direttamente Dalla Pagina Facebook di Airp, Una Discussione Pubblica, Molto Partecipata." Giornale di Tecniche Nefrologiche e Dialitiche 24, no. 2 (April 2012): 98–99. http://dx.doi.org/10.1177/039493621202400222.

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