Academic literature on the topic 'Epopea Napoleonica'

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Journal articles on the topic "Epopea Napoleonica"

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Szeremietiew, Oleg W. "Napoleońska epepeja polskich żołnierzy w twórczości Juliusza Kossaka." Saeculum Christianum 24 (September 10, 2018): 216–27. http://dx.doi.org/10.21697/sc.2017.24.20.

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Abstract:
In this article, the work of the outstanding Polish battle painter and the illustrator of 2-nd half XIX century J. Kossak (the founder of an art dynasty), devoted to Napoleonic Wars are considered. Many of pictures and water colors of the artist show the Polish soldiers – participants of the Epopee. In them were reflected not only the art work and research of themaster, his vision of the past, but also national – patriotic idea of revival of Poland.
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de Sio, Gian Filippo. "More nobilium. Le spese vistose straordinarie dei conti Andreani nel secondo Settecento: matrimoni, funerali, viaggi e monacazioni." STORIA IN LOMBARDIA, no. 2 (September 2020): 7–44. http://dx.doi.org/10.3280/sil2018-002002.

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Abstract:
L'autore, grazie al ricco fondo delle carte familiari, conservato all'Archivio di Stato di Milano, analizza le imponenti spese straordinarie dei conti Andreani a Milano nel periodo 1775-1785. Famiglia originaria di Corenno, sul lago di Como, giunta a Milano nella prima metà del Settecento, gli Andreani diventano nobili grazie al servizio svolto nei più alti gradi della burocrazia statale, arrivando a essere una delle più ricche famiglie del patriziato della loro epoca, secondo le rilevazioni fiscali francesi del successivo periodo napoleonico. Lo sfarzo del loro abituale stile di vita si riflette non solo nelle spese correnti, come cibo, salario e vestiario dei servi, carità, stalla e carrozze, ma anche in quelle vistose straordinarie, ossia matrimoni, funerali, viaggi e monacazioni, puntualmente messe in evidenza dai ragionieri nel libro di cassa dei conti, ammontando nel decennio considerato a oltre 2.500.000 lire milanesi in totale. Le uscite medie annuali raggiungono 228mila lire milanesi circa.
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Vegliante, Angela. "Una breve storia dell’adozione." Mnemosyne, no. 8 (October 15, 2018): 13. http://dx.doi.org/10.14428/mnemosyne.v0i8.13933.

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Abstract:
L’adozione, e cioè la pratica che consente di creare un legame giuridico tra soggetti che generalmente non sono legati da vincoli di sangue, è stata conosciuta fin dall’antichità. Molto diffusa in epoca romana, aveva lo scopo di assicurare la succession nel patrimonio e il culto dei Lari. Quasi dimenticata nel Medio Evo, divenne di nuovo popolare nel XVII secolo e fu infine disciplinata nel Codice Napoleonico, che ne influenzò la regolamentazione in diversi Paesi europei. L’adozione ‘moderna’ e cioè l’adozione di minori, ebbe inizio dal punto di vista giuridico molto più tardi, negli Stati Uniti e in Europa fu disciplinata verso la metà del secolo XX. La legislazione in questa materia è attualmente molto vasta e dettagliata, a livello sia nazionale che internazionale. Dal momento che le adozioni, e soprattutto le adozioni internazionali sono diventate sempre più diffuse, diverse convenzioni internazionali sono state adottate per garantire la protezione dei diritti dei minori e per promuovere la cooperazione e la facilitazione delle procedure a livello nazionale e internazionale.
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Dissertations / Theses on the topic "Epopea Napoleonica"

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Cioffi, Domitilla <1995&gt. "IL RUOLO DEI PORTI MEDITERRANEI IN EPOCA NAPOLEONICA . THE ROLE OF MEDITERRANEAN PORTS IN THE NAPOLEONIC ERA." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/18801.

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Abstract:
Verso il 1530 , l’ Impero Ottomano e l’ Impero spagnolo , che si condividevano la più grande parte dello spazio mediterraneo , erano delle superpotenze dalle ambizioni planetarie , e la Repubblica di Venezia , di cui il costante rinnovamento della ricchezza e del patrimonio artistico suscitavano un’ ammirazione generale , offriva ai suoi figli condizioni di vita di una qualità eccezionale per l’epoca. Nel 1815 , l’ Impero ottomano e la Spagna , nonostante il soprassalto nazionale del 1808 contro Napoleone, erano ormai stati decadenti. Mentre la Repubblica di Venezia non esisteva più. Il paradosso era che la potenza dominante nel Mediterraneo era una nazione straniera a questo mare : l’ Inghilterra.La sfida strategica che spingeva ancor più gli scontri violenti tra Ottomani e spagnoli era l’ avanzare di potenze dell’ Atlantico e del Nord Europa, come portoghesi ed olandesi , i quali dirottavano il commercio nel Mediterraneo di zucchero , caffè , tabacco e spezie , per favorire la navigazione atlantica.I porti più importanti non erano più Genova , Venezia o Istanbul , ed in seguito a quelli di Siviglia , Lisbona ed Anversa, il primato era passato a Londra ed Amsterdam. Apparvero nuove città , come Sarajevo ,e dei porti edificati di ogni parte , come Livorno , e più tardi Sète; altri conobbero , con la partecipazione dei commercianti dei paesi atlantici , una brillante crescita : Marsiglia , Smirne. La guerra di successione spagnola, infatti, aveva modificato profondamente l’organizzazione territoriale del Mediterraneo Occidentale , di cui la Spagna aveva perso la padronanza . I trattati di Utrecht e di Rastatt ( 1713-1714), sebbene fossero stati contestati rapidamente soprattutto dal ministro italiano di Filippo V ed Elisabetta Farnese, affermavano il rinnovamento militare della Spagna con la riconquista della Sardegna e della Sicilia , le quali erano state cedute in seguito ai predetti. Per quanto riguarda l’ EST, gli austriaci confermarono i vantaggi acquisiti grazie alla pace di Karlowitz. Il trattato di Passarowitz, 21 Luglio 1718, cedette all’Austria la maggior parte della Serbia , di cui Belgrado. L’ Austria mirava ormai ad accedere al Mediterraneo Orientale. In questo momento ormai delicato per gli equilibri nel Mediterraneo s’ inserisce una nuova istituzione, nuova misura in campo economico e commerciale : il porto franco.
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TOSCANO, VINCENZO. "LO STATO DELLA CHIESA TRA DIRITTO INTERNO E INTERNAZIONALE NELLA PRIMA METÀ DELL'OTTOCENTO. LA FIGURA E IL PENSIERO POLITICO DI PELLEGRINO ROSSI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2022. http://hdl.handle.net/2434/926213.

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Abstract:
La prima parte dell’Ottocento ha rappresentato un momento cruciale per il contesto europeo, costretto in un primo momento a fare i conti con le ultime conseguenze della grande ventata rivoluzionaria, e poi – direttamente – con il figlio più spregiudicato di quest’ultima; quel petit diable arrivato dalla Corsica e divenuto imperatore. Anni in cui lo Stato della Chiesa vive alcuni dei momenti più delicati della sua esistenza (basti pensare all’annessione diretta all’impero francese o alla deportazione di Pio VII), senza avere la forza materiale per opporsi a tali vicissitudini. Il lavoro compiuto dai rappresentanti europei a Vienna, durante l’omonimo Congresso, tenta di attuare un “forzato” e precario ritorno al passato, che si rivelerà incapace di resistere allo spirito dei nuovi tempi. Lo Stato pontificio – questa la nuova denominazione adottata dopo la grande adunanza del 1814-1815 (quasi a voler eliminare quell’aura di sacralità destinata a diventare sempre più scomoda nei decenni successivi) – si trova dinanzi all’impellente bisogno di riorganizzare il proprio apparato istituzionale, consapevole di non poter cancellare definitivamente la parentesi degli anni appena trascorsi. In un secolo che vedrà la definitiva scomparsa del dominio temporale dei papi, quanto appena detto è soltanto una delle sfide con cui lo Stato dell’Italia centrale è chiamato a confrontarsi. Tali eventi infatti, si susseguono in uno scenario internazionale in continua evoluzione, dove anche le grandi potenze sono spesso chiamate a confrontarsi con eventi inattesi, ma sempre attente alle dinamiche dell’equilibrio e al bilanciamento degli interessi in gioco. Per una realtà che non è semplicemente un’entità statale, ma anche centro dell’orbe cattolico e sede del successore di Pietro, accettare di stravolgere la propria “natura” non è affatto semplice. Consentire l’accesso dei laici ai vertici della burocrazia, istituire organismi “realmente” rappresentativi, o pensare di promulgare una Carta fondamentale, continua ad essere per anni un ricorrente miraggio. Anche se da più fronti riecheggia la necessità di portare un ammodernamento all’amministrazione interna dello Stato, sul versante amministrativo, economico, e soprattutto giudiziario, sembra trionfare – quasi sempre – la linea dell’intransigenza e dell’immobilità. A volte si interviene, è vero, ma più per compiacenza che per reale convinzione, dovendo tener conto di pressioni interne ed esterne. Spinte talvolta provenienti dal malcontento sempre più diffuso, talvolta dall'ingerenza dei grandi Stati europei. Il presente lavoro di ricerca, si è posto dunque l’obiettivo di analizzare le principali vicende (specialmente giuridiche) – interne ed esterne – che hanno coinvolto lo Stato della Chiesa nella prima metà dell’Ottocento. Un percorso sviluppato lungo molteplici direttrici, partito dallo sfondo dei grandi eventi storici di questi anni, e intrecciatosi con le vicende di alcuni grandi protagonisti: pontefici, segretari di Stato, capi di governo, monarchi. Uno sguardo gettato non solo sul fronte interno, ma anche su quello internazionale. Capire come Roma provi a gestire le proprie relazioni estere in un contesto sovranazionale che in questi decenni vede sorgere nuovi Stati (si prenda l’esempio rappresentato dal Belgio), assiste a mutamenti rilevanti (si pensi alla Francia del 1830, con l’inizio della monarchia orleanista, o all’indipendenza raggiunta dai Paesi del sud America), o a forti dispute dinastiche (come avviene nella Penisola iberica), è importante per capire come essa debba confrontarsi anche con governi che, a seconda dei casi, assumono caratteri marcatamente conservatori o con forti tendenze liberali. E per quanto sia naturale l’inclinazione, o se vogliamo la “vicinanza” della Curia romana verso posizioni reazionarie, ciò non significa che i rapporti con potenze come Russia o Austria, rimangono sempre idilliaci. Tuttavia, quella appena descritta, non è stata l’unica linea seguita nello sviluppo della presente ricerca. Quasi a voler procedere su due binari paralleli, ci si è soffermati anche sulla figura e sul pensiero politico di uno dei giuristi più rilevanti della prima metà del secolo: Pellegrino Rossi. Giurista certo, anche se tale espressione non basta per racchiudere la grandezza di un “figlio italiano”, nato e vissuto quando l’Italia unita ancora non esisteva. Molto è stato già detto, o meglio scritto, su questo poliedrico personaggio, e sulla sua vita spesa tra l’Italia, la Svizzera, la Francia e poi nuovamente nella Penisola, impegnato presso la corte romana come rappresentante francese, e poi come ministro di sua santità. Eppure, proprio tali aspetti sono stati utili per lo svolgimento del presente lavoro, guardando a sfumature meno indagate, ma di assoluto rilievo. Tali sono stati ad esempio i momenti più rilevanti trascorsi dal Rossi in terra elvetica (in quanto membro del Consiglio rappresentativo di Ginevra e inviato alla Dieta di Lucerna del 1832), o i maggiori interventi tenuti presso la camera dei Pari a Parigi, tra il 1840 e il 1844. Lo stesso dicasi per le delicate vicende che coinvolsero il giurista durante il suo incarico presso la corte papale, o la particolare congiuntura storica in cui assunse l’incarico di ministro dell’interno di Pio IX. Proprio qui, prima nei panni di ambasciatore, e poi come perno del nuovo governo nato nel settembre 1848, il poliedrico italiano avrebbe cercato di scuotere lo Stato romano dal suo torpore, per trainarlo verso un assetto più moderno e realmente costituzionale.
The first part of the nineteenth century was a crucial moment for the European context, which was first forced to reckon with the last consequences of the great revolutionary wave, and then - directly - with France's most unscrupulous son; that petit diable arrived from Corsica and become emperor. In these years the Papal States experienced some of the most delicate moments of their existence (suffice it to think of the direct annexation to the French Empire or the deportation of Pius VII), without having the material strength to oppose such vicissitudes. The work carried out by the European representatives in Vienna, during the famous Congress, attempts to implement a “forced” and precarious return to the past, which will prove to be incapable of withstanding the spirit of the new times. The Papal State - this was the new denomination adopted after the great meeting of 1814-1815 (as if to eliminate the aura of sacredness destined to become increasingly uncomfortable in the following decades) - was faced with the urgent need to reorganise its institutional apparatus, aware that it could not definitively cancel the parenthesis of the years that had just passed. In a century that will see the disappearance of the temporal dominion of the popes, it was only one of the challenges with which the State of central Italy was called to confront. In fact, these events took place in a constantly evolving international scenario, where even the great powers were often called upon to deal with unexpected events, but were always attentive to the dynamics of balance and the balancing of interests at stake. For a reality that is not only a state entity, but also the centre of the Catholic world and the seat of the successor of Peter, accepting to change its “nature” is not easy. Allowing lay people access to the upper echelons of the bureaucracy, setting up “truly” representative bodies, or thinking of promulgating a fundamental charter, has been a recurring mirage for years. Although the need to modernise the internal administration of the State is echoed on many fronts, on the administrative, economic and, above all, judicial fronts, the line of intransigence and immobility seems to triumph almost always. It is true that action is sometimes taken, but more out of complacency than real conviction, having to take account of internal and external pressures. Pressure that sometimes comes from increasingly widespread discontent, sometimes from the interference of the large European states. The aim of this research work was therefore to analyse the main (especially legal) events - internal and external - that involved the Church State in the first half of the nineteenth century. A path developed along multiple lines, starting from the background of the great historical events of recent years, and intertwined with the vicissitudes of some great protagonists: popes, secretaries of state, heads of government, monarchs. A look not only at the domestic front, but also at the international one. Understanding how Rome tries to manage its foreign relations in a supranational context that in recent decades has seen the emergence of new states (e.g. Belgium), significant changes (e.g. France in 1830, with the beginning of the Orleanist monarchy, or the independence achieved by the countries of South America), or strong dynastic disputes (e.g. the Iberian Peninsula), is important to understand how it must also deal with governments that, depending on the case, take on markedly conservative characteristics or with strong liberal tendencies. Despite the Roman Curia's natural inclination, “closeness” to reactionary positions, relations with powers such as Russia or Austria don’t remain idyllic. However, the line just described was not the only one followed in the development of this research. As if wishing to proceed on two parallel tracks, we have also focused on the figure and political thought of one of the most important jurists of the first half of the century: Pellegrino Rossi. A jurist of course, although this expression is not enough to encapsulate the greatness of an “Italian son”, born and raised when united Italy did not yet exist. Much has already been said, or rather written, about this multifaceted character, and about his life spent between Italy, Switzerland, France and then back on the peninsula, working at the Roman court as a French representative, and then as a minister of His Holiness. And yet these aspects have been precisely useful in this work, looking at lesser-known but absolutely important aspects. These were, for example, the most important moments Rossi spent in Switzerland (as a member of the Geneva Representative Council and as an envoy to the Diet of Lucerne in 1832), or the major speeches he made at the Chamber of Peers in Paris between 1840 and 1844. The same can be said about the delicate events that involved the jurist during his tenure at the papal court. It was here, first as ambassador, and then as the pivot of the new government formed in September 1848, that the multifaceted Italian tried to shake the Roman State out of its torpor and pull it towards a more modern and truly constitutional order.
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Getka-Kenig, Mikołaj. "Pomniki w Księstwie Warszawskim, Królestwie Polskim oraz Wolnym Mieście Krakowie w latach 1807-1830: komemoracja wizualno-przestrzenna a problem zasługi we "wskrzeszonej" wspólnocie narodowej." Doctoral thesis, 2015.

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Abstract:
Niniejsza rozprawa dotyczy publicznych przedsięwzięć pomnikowych w Księstwie Warszawskim, Królestwie Polskim oraz Wolnym Mieście Krakowie w latach 1807-1830, a więc w tych politycznych bytach, które powszechnie uznawano wówczas za "wskrzeszoną" Polskę (po rozbiorach Rzeczypospolitej Obojga Narodów pod koniec XVIII wieku). Jest to interdyscyplinarne studium łączące metodologię historii kultury z metodami historycystycznego podejścia do sztuki i architektury, skupiające się na problemie ideologicznego i politycznego ugruntowania pomnikowych przedsięwzięć komemoracyjnych dotyczących wybitnych jednostek. Jestem przede wszystkim zainteresowany szeroko rozumianym społeczno-kulturowym kontekstem takich inicjatyw, których celem było promowanie w przestrzeni publicznej określonych wartości (uosabianych przez tych, których upamiętniano), na których ich inicjatorzy chcieli opierać "wskrzeszoną" wspólnotę narodową. Badania nad pomnikami są przeze mnie traktowane jako "case study" pozwalające na pogłębioną analizę tak kluczowych dla tej epoki problemów jak relacja pomiędzy państwem a społeczeństwem (opinią publiczną) w przestrzeni publicznej, hierarchia publicznego prestiżu obywatelskich zasług, prestiż władzy monarszej jak również współczesne polityki historyczne (praktyki odwoływania się do przeszłości jako narzędzia ideologicznego). Kluczowym elementem mojej rozprawy jest analiza artystycznej formy interesujących mnie obiektów pod kątem jej znaczenia dla ideologicznego komunikatu. W omawianym okresie podstawowym punktem odniesienia była pod tym względem tradycja grecko-rzymskiego antyku, łącząca wyobrażenie o ideale artystycznym z ideałem moralnym.
The dissertation deals with public memorial enterprises in the Duchy of Warsaw, Kingdom of Poland and Free City of Cracow (1807-1830), thus those early nineteenth-century political entities that aspired to the status of ‘resurrected’ Poland (after the collapse of the Polish-Lithuanian Commonwealth at the end of the previous century). It is an interdisciplinary study that links the methodology of cultural historiography with the methods of the historicist approach towards art and architecture and is focused on the problem of ideological and political framework of the cultural practice of monumental public commemoration of distinguished individuals. I am especially interested in the broadly understood socio-cultural context of such initiatives, which were intended to impose on the public (or more precisely, the politically conscious minority/elite) a given vision of the values (impersonated by those chosen to be monumentally commemorated) on which the initiators wanted to found the ‘resurrected’ national community. I am approaching the subject of monuments as a case study that enables me to tackle such crucial socio-cultural problems of the epoch in question as the character and ideological grounding of the relationship between the state and society (the public) in the public sphere, the hierarchy of public prestige of civic merits and virtues, the prestige of monarchical power as well as the contemporary historical policies (the practice of making use of history and historical imagination in current political activity). The crucial aspect of my study of monuments is the analysis of the artistic form and the investigation of its role as an agent of ideological meaning – I am interested in the relationship between what and how a given ideological message was expected to be conveyed. In the period in question it was the classical tradition of the Greco-Roman antiquity that served as the basic font of inspiration due to the fact that it presented the contemporary Polish culture with accepted paradigms of both artistic and heroic (moral) perfection – classicism was thus the normative idiom of monumental enterprises.
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Books on the topic "Epopea Napoleonica"

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Vseukraïnsʹka, studentsʹka naukova konferent︠s︡ii︠a︡ prysvi︠a︡chena 200-richchi︠u︡ pokhodu Bonaparta na Rosii︠u︡ (2nd 2012 Chernivt︠s︡i Ukraine). Epokha Napoleona u svitoviĭ istoriï: Polityka, postati, voi︠e︡nne mystet︠s︡tvo : materialy Druhoï Vseukraïnsʹkoï studentsʹkoï naukovoï konferent︠s︡iï, prysvi︠a︡chenoï 200-richchi︠u︡ pokhodu Bonaparta na Rosii︠u︡, Chernivt︠s︡i, 23-24 berezni︠a︡ 2012 r. Chernivt︠s︡i: "Cheremosh", 2012.

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