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Dissertations / Theses on the topic 'Effusum'

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Moreira, Paula Espindola Bulamarque. "Effusum et deiectum: o tratamento no Código Civil e sua origem no direito romano." Universidade de São Paulo, 2010. http://www.teses.usp.br/teses/disponiveis/2/2131/tde-18112011-142030/.

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Abstract:
Esse estudo tem por escopo a análise da responsabilidade pelas coisas caídas, estabelecida no artigo 938 do Código Civil, e sua comparação em relação ao quase-delito romano effusum et deiectum. Inicia-se tal estudo com a demonstração das categorias de quase-delitos em Roma, explicando-se cada uma delas e sua localização no Digesto. Nos capítulos seguintes faz-se uma análise da responsabilidade civil, mencionando-se sua evolução, conceito atual, bem como suas principais classificações em nosso atual ordenamento, enfatizando-se a responsabilidade pelas coisas caídas ou lançadas. Realiza-se, então, uma comparação entre esta última modalidade de responsabilidade, presente no artigo 938 do Código Civil, e o tratamento do quase-delito romano effusum et deiectum durante o período clássico. Ao final, conclui-se que o artigo do Código Civil retromencionado tem sua origem no citado quase-delito romano, em virtude da patente semelhança entre ambos, malgrado o grande lapso temporal que os separa.
The objective of this study is the analysis of the responsibility for the falling things, established in the article 938 of the Civil Code, and the comparison between this article and the roman quasi-delicti effusum et deiectum. This study begins with the demonstration of the categories of quasi-delicti in Roma, explaining each one of them and their localization in the Digesto. In the following chapters, there is an analysis of the civil responsibility, mentioning its evolution, actual concept, and the main classifications in our ordainment, emphasizing the responsibility for falling things. After that, a comparison was made between this last modality of responsibility, mentioned in the article 938 of the Civil Code, and the treatment of the roman quasi-delict in the classic period. At the end, we concluded that the origin of the article 938 of the Civil Code is the cited roman quasi-delicti, because of their likeness, despite the time gap between them.
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MELILLI, EMANUELE. "D.9.3. Tutela e sicurezza della circolazione urbana nel diritto romano." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2010. http://hdl.handle.net/10281/9449.

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Abstract:
La tesi di dottorato intende fornire una serie di spunti e riflessioni critiche a proposito della tutela della sicurezza viaria e urbana nel diritto romano. In particolare il tema centrale della tesi è costituito dallo studio delle peculiari forme di responsabilità in cui incorrevano i soggetti chiamati a rispondere del danno a cose o persone, della morte o del ferimento di persone libere, in seguito alla caduta di oggetti o allo spargimento di liquidi nei luoghi pubblici, effusum vel deiectum, e di quanti avessero tenuto posti degli oggetti in suggrunda protectove con il pericolo che potessero cadere, positum aut suspensum. Questa materia è pressoché interamente trattata nel titolo terzo del nono libro del Digesto, ‘de his, qui effuderint vel deiecerint’. La dissertazione scritta si apre con un breve capitolo introduttivo sullo stato dell’arte a proposito del suddetto argomento; per molto tempo, infatti, le due fattispecie dell’effusum vel deiectum e del positum aut suspensum sono state sempre analizzate all’interno del più generale tema dei quasi delitti vista e delle fonti di obbligazioni e ciò ha impedito, in alcuni casi, di coglierne le specifiche peculiarità e di affrancarle dalle tendenze sistematiche delle principali fasi ermeneutiche dello studio del diritto romano. Non potendo ovviamente rendere conto di tute le posizioni assunte in dottrina su questo tema generale, vengono selezionate le principali tesi di quegli autori che, in un modo o nell’altro si sono profusi nell’esegesi dei frammenti che compongono D.9.3. Sostanzialmente le varie posizioni propendono per la valorizzazione della natura pretoria di queste fattispecie illecite, oppure sulla rilevanza dell’elemento soggettivo della culpa, o ancora della natura oggettiva della responsabilità in senso stretto oppure nella sua variante di responsabilità per fatto altrui. Il primo capitolo della tesi è dedicato ad un preliminare approccio alla fattispecie edittale della ‘deiectio vel effusio’ ed alla fattispecie ad essa connessa del ‘positum aut suspensum’ contenuta nello stesso titolo del Digesto. L’intento del capitolo è quello di fornire una panoramica sulle problematiche giuridiche di cui sono foriere entrambe le suddette ipotesi quasi delittuali. In particolare ci si sofferma sul variegato regime dell’actio de effusis vel deiectis, sulla legittimazione passiva, sul tipo di responsabilità e sul rapporto con il danno aquiliano, per poi passare a tratteggiare i profili di omogeneità con il ‘positum aut suspensum’, le differenze, la diversa prospettiva rispetto all’evento danno, la questione sulla nossalità, o meno, delle due azioni. Nel corso delle riflessioni portate in questo primo capitolo emerge lo iato tra l’esigenza di contemperare l’interesse pubblico e la necessità di un’adeguata riparazione del danno subito dall’attore che agisce in giudizio e si fa, pertanto, pressante l’esigenza di delimitare con precisione il contesto storico giuridico ed economico in cui le due fattispecie furono emanate per focalizzare al meglio quali siano gli interessi espressamente tutelati dalle norme edittali. Nel secondo capitolo si analizza, attraverso l’ausilio delle fonti letterarie giuridiche il contesto storico e sociale che favorì l’introduzione delle due fattispecie. Le due fattispecie risultano da sempre connesse anche all’interno della stessa tradizione giurisprudenziale ma, attraverso l’analisi dei verba edicti e la struttura delle clausole, si tenta di sminuire il dato originario di questa connessione. Vi sono infatti alcuni elementi che possono indurre a riconsiderare il rapporto tra le due fattispecie e ad inserirlo in un contesto più variegato di provvedimenti ed istituti che probabilmente erano intesi alla salvaguardia di un interesse generale quale poteva essere quello della sicurezza viaria. Infatti il dato comune che si rileva, anche attraverso l’analisi dei verba edicti dell’editto edilizio ‘de feris’, è la protezione del medesimo bene giuridico individuato nelle viae, per quas vulgo iter fiet. In particolare anche la possibilità di stabilire la precisa successione cronologica degli editti non è compito da poco, soprattutto ove si ritenga di sussumere qualche indizio in D.9.3.5.12 dove nell’ipotesi di estensione dell’actio de posito ad opera di Servio per il caso dell’ampfhora ex reticulo suspensa si voglia rilevare dalla motivazione quia legitima et honaria actio deficit la possibilità che Servio non conoscesse ancora l’actio de effusis vel deiectis. A dire il vero non è neanche del tutto sicuro che l’ipotesi degli oggetti suspensi fosse originariamente regolata dall’editto ‘nequis in suggrunda’ facendo riferimento quest’ultimo al solo positum habere. In realtà non si esclude che fosse proprio in epoca serviana che s’iniziasse ad attrarre nell’orbita del positum anche la gemella fattispecie del suspensum. Svolte queste osservazioni, si continua ad analizzare attraverso alcune indicazioni contenute in particolare modo nei frammenti D.9.3.1.1, D.9.3.1.2 e D.9.3.6pr., l’orientarsi di questa tutela alla salvaguardia di interessi pubblici intesi non come interessi statali ma come forme in cui l’utilitas dei singoli cives corrisponde all’utilitas omnium. Un unico dubbio sull’intensità di questa forma di tutela viene dall’attestazione di una divergenza di pareri tra i giuristi Labeone e Paolo in tema di applicazione oraria dell’editto che secondo il primo doveva essere limitata alle sole ore del giorno mentre il secondo rileva svolgersi il traffico anche durante le ore notturne. Una volta analizzato quest’aspetto le tesi prosegue con due capitoli nei quali si esamina nel dettaglio il regime processuale delle azioni edittali, con un particolare occhio di riguardo all’equivalenza tra l’interesse specifico perseguito dall’attore e la forma giuridica predisposta dall’ordinamento. Il commento dei giuristi, come più volte si troverà precedentemente segnalato nel corso della tesi, è come solcato da una sorta di profilo border line, dove accanto ad affermazioni di entusiasmo nei confronti dell’utilità pubblica e la spiccata marca social-preventiva della disciplina penale edittale, si accostano momenti in cui sembra preponderante e prevalente l’interesse del privato: esigenze che non costituiscono necessariamente un’antinomia giuridica, ma che di certo possono essere il portato di una stratificazione del pensare giuridico a proposito di queste fattispecie avvenuta nello scorrere delle varie epoche del diritto romano. Nel terzo capitolo si cerca di individuare, attraverso l’analisi delle singole variabili dell’actio de effusis vel deiectis, il modo in cui veniva ricomposta la dialettica tra l’interesse del privato e l’interesse collettivo alla sicurezza della circolazione. Il caso più complesso è sicuramente quello della prima azione de effusis per il danno alle cose, modellata esattamente sul tenore dell’azione di danno aquiliano. In effetti se è vero che questa prima azione è sicuramente modellata sullo schema aquiliano, non bisogna sottovalutare i vantaggi che l’actio de effusis aveva rispetto alla prima la quale, oltre a richiedere il requisito del damnum corpore corpori, che poteva essere aggirato per il tramite di un’estensione in via utile essere adattato anche alla deiectio, comportava l’individuazione della persona del deiector, mentre, di contro, l’actio de effusis chiamava automaticamente a rispondere l’habitator. La responsabilità oggettiva dell’habitator, se anche costituiva un assoluto vantaggio per il danneggiato non poteva non costituire anche un incentivo per gli habitatores ad attuare una più stretta e rigorosa sorveglianza di ciò che avveniva all’interno dei vari locali contribuendo indirettamente ad attuare una forma di prevenzione al fine di evitare una sicura e vittoriosa chiamata in giudizio da parte dei soggetti danneggiati. Per quanto riguarda il regime delle azioni per la morte e il ferimento dell’uomo libero, si deve rilevare come il dettato di D.9.3.5.5, che spesso presenta uno stile narrativo piuttosto involuto, nella scelta della preferenza a favore degli eredi del soggetto deceduto, non costituisce necessariamente una forzatura al regime delle azioni popolari che non erano trasmissibili attivamente, ma solo un’applicazione concreta del criterio dell’idoneiorem. Nel caso infatti in cui fosse un parente del soggetto deceduto a voler esercitare l’azione, questo veniva preferito come attore popolare, non in relazione al suo personale interesse, ma in funzione del fatto che in esso poteva realizzarsi con più forza la tutela dell’interesse generale. La terza azione per il ferimento rappresenta una difficoltà maggiore in quanto vi si trova affermata la coesistenza di una legittimazione perpetua all’esercizio dell’azione del ferito con la legittimazione popolare del terzo. Riesce difficile comprendere come si potessero conciliare queste due legittimazioni visto che l’azione popolare annuale frustrava la perpetuità dell’azione del ferito. In realtà le due potevano benissimo coesistere se si pensa al fatto che l’azione penale in quanto tale mirava a ripristinare mediante l’irrogazione della poena l’equilibrio sociale destabilizzato dall’illecito. L’azione del terzo forse poteva servire da pungolo al ferito ad esercitare prima possibile la sua azione e non a comprometterla. Infatti, non v’è dubbio che se il ferito avesse esercitato l’azione la sua legittimazione sarebbe stata preferita a quella del terzo in quanto il primo era idoneior rispetto al terzo. Nel caso in cui il terzo non esperisse l’azione entro l’anno il ferito poteva esercitarla quando lo ritenesse più opportuno, e questo sempre a salvaguardia della riparazione del torto che sicuramente in questo caso, procrastinandosi oltre l’anno faceva sfumare l’aspetto repressivo – preventivo generale, per privilegiare quello personale. Negli ultimi due paragrafi viene dato conto del regime della legittimazione passiva nel caso in cui vi fossero più soggetti ad abitare il medesimo cenaculo dal quale si era verificata l’effusio vel deiectio. La scelta è in favore di un regime si solidarietà elettiva in luogo di quella cumulativa tipica delle azioni penali, ma questo ben si spiega in ragione della peculiarità della tutela che mirava a risarcire del danno l’attore senza che questo dovesse riscuotere per intero la somma da ciascuno dei plures. In D.9.3.5.4 sempre in tema di legittimazione viene affrontato un caso particolare ove ad un soggetto condannato ex lege Aquilia per ciò che altri ha gettato o versato di sotto viene concessa un’azione in factum in funzione di rivalsa. L’interpretazione del frammento è, da sempre, molto controversa e la ricostruzione accettata in dottrina è nel senso di configurare un soggetto che, condannato de effusis per ciò che un deiector, astrattamente individuabile e tenuto ex lege Aquilia, ha compiuto, avrebbe un azione di regresso contro quest’ultimo e si ritiene che l’azione in factum possa essere quella aquiliana. In realtà però dall’andamento della narrazione ulpianea non si capisce perché se fino ad un certo punto Ulpiano ha parlato di estensioni della de effusis, ritenga proprio all’ultimo di deviare per un’actio in factum lege aquilia, per cui sembrerebbe più logico che si possa trattare di un’actio de effusis in forma di rivalsa. Inoltre si specifica come sia impossibile, se non legando al precedente D.9.3.5.3 difficile capire come l’habitator potesse essere condannato ex lege Aquilia per un’azione compiuta da un altro. Il quarto capitolo è dedicato allo studio dell’actio de posito ed al suo regime. In particolare l’attenzione si pone principalmente sull’esegesi di un frammento molto controverso in dottrina D.9.3.5.12 in cui nell’ipotesi di caduta di un oggetto positum che ha provocato dei danni viene concessa un’estensione dell’actio de posito. Il frammento pone dei complessi problemi esegetici perché poco prima, in un altro passo, Ulpiano ha affermato che, nel caso di caduta di un oggetto suspensum, doveva applicarsi l’actio de effusis. In effetti, l’interprete si chiede perché mai nell’ipotesi di caduta di un oggetto si deva dare luogo all’actio de posito invece dell’actio de effusis. Inoltre è la motivazione che Ulpiano fornisce per giustificare l’estensione che sembra lasciare intendere un’automatica legittimazione passiva all’actio de posito dell’habitator e del dominus; questa legittimazione, secondo la dottrina maggioritaria, sarebbe inconciliabile con la configurazione della responsabilità nell’actio de posito in cui il legittimato passivo sembrerebbe essere convenuto per un fatto a cui è legato da un preciso nesso causale. Bisogna quindi risolvere preventivamente il problema della forma di responsabilità ed è per questo che, prima di procedere all’esegesi di D.9.3.5.12 viene analizzato bisogna un altro frammento del commento ulpianeo, D.9.3.5.10, che di questo problema si occupa nello specifico. Attraverso l’esegesi di questo frammento si dimostra come la condotta del positum habere possa essere attribuita al soggetto convenuto non solo per averla quest'ultimo tenuta materialmente, ma anche per il fatto che il convenuto abbia tollerato che altri l’abbia fatto senza provvedere a rimuovere l’oggetto malamente collocato. Anche questa ipotesi, infatti, integra una forma di contrarietà alla clausola e quindi permette un’attribuzione del fatto in capo al convenuto come oggettivamente compiuto da lui stesso. A questo punto una volta precisata l’entità della forma di responsabilità, il contenuto D.9.3.5.12 appare meno criptico in quanto la legittimazione che spetta al qui posuit è esattamente identica a quella del is qui positum habeat . Non si dà l’azione de effusis in quanto l’actio de posito è sufficiente coprire tutte queste ipotesi di danno, per il fatto che non si cerca l’autore materiale della condotta; il legittimato passivo de posito potrà ovviamente coincidere con la legittimazione de effusis solo quando questo sia anche habitator. Anche le estensioni serviane, in effetti dimostrano che l’actio de posito non era necessariamente intesa a ricercare il vero colpevole e che il meccanismo in fondo è esattamente identico a quello previsto dall’azione de effusis, con la differenza che nell’actio de posito possono essere convenuti anche soggetti che non sono habitatores. Nonostante i tratti comuni Ulpiano mostra di tenere in distinta considerazione le due azioni dove la prima, la de effusis, è strettamente legata alla produzione di un evento dannoso, mentre la seconda, quella de posito, ha ad oggetto la sanzione del pericolo che, qualora si traduca in un danno cionondimeno non fa mutare la natura dell’illecito che resta sempre un illecito di pericolo con caratteristiche e responsabilità peculiari. In questo senso va letta anche l’affermazione di Ulpiano in D.9.3.5.11. ove si riferisce che si punisce l’is, qui positum habuit sive nocuit sive non nocuit evidenziando che l’editto ‘ne qui in suggrunda’ aveva luogo ove anche l’oggetto caduto fosse caduto senza arrecare alcun danno. Il capitolo dedicato alla questione della nossalità delle azioni de effusis e de posito costituisce un punto a sé rispetto a tutto l’impianto della tesi ma, altresì, copioso di spunti critici e di riflessioni in ordine alla possibile sovrapposizione di più livelli di pensiero giuridico sulle nostre fattispecie. È superfluo ricordare, infatti, che alcuni soggetti non godessero della capacità di stare in giudizio ed è altrettanto noto che nel corso delle differenti epoche della storia giuridica romana si assiste ad un progressivo deterioramento di questo principio. Alcuni brani che si ritrovano in D.9.3 appunto fotografano stadi diversi di questa evoluzione nella condizione dei servi e dei filii familias e denunciano evidenti spunti di cambiamenti sociali e giuridici nel procedere dei secoli che potrebbero essere indirettamente influenzati dalla natura particolarissima delle fattispecie in esame. In particolare il problema che si pone rispetto alla nossalità nelle actiones de effusis e de posito riguarda proprio la forma di responsabilità, che prescinde da un’effettiva colpevolezza del soggetto chiamato a rispondere e che si oppone al sistema della nossalità che si basa sulle ipotesi in cui il dominus venga chiamato a rispondere per un fatto delittuoso del sottoposto. Per il filius il problema non si poneva concretamente essendo probabile che proprio l’actio de effusis potesse essere uno di quei casi in cui per la prima volta la giurisprudenza concesse la legittimazione diretta del filius come testimonierebbe anche l’esegesi di D.44.7.5.5 ove si fa riferimento ad un parere di Giuliano in proposito. Attraverso l’analisi della clausola nossale si constata come l’inconciliabilità sia solo apparente in quanto nell’ipotesi normale al dominus non era impossibile provvedere alla noxae deditio del servus deiector proprio perché l’intentio formulare dell’actio de effusis era costruita in forma impersonale e non era, pertanto, del tutto chiusa ad un’ipotesi di deditio. Più complesso il caso in cui habitator fosse il servo perché era oggettivamente colpevole ma non materialmente. Ora su questo caso non si hanno certezze circa l’opzione preferita dalla giurisprudenza perche D.9.3.1.8, che se ne occupa, risulta con tutta probabilità manipolato, però si può supporre dall’andamento del passo che fosse, con ogni probabilità possibile per il dominus far valere in qualche modo anche la responsabilità oggettiva del servus habitator e liberarsi mediante l’abbandono nossale. Presa posizione rispetto al tema della nossalità la tesi giunge al suo capitolo finale dedicato alla formulazione delle principali conclusioni in ordine ai risultati raggiunti nel corso della trattazione dei vari capitoli. In sintesi si dà conto delle riflessioni generali svolte durante il corso della ricerca e delle possibili direzioni e termini di approfondimento che lo studio di queste fattispecie potrebbe ulteriormente toccare. Emanuele Melilli
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Brown, Kwesi Ewusi. "SOCIAL CONFLICTS IN CONTEMPORARY EFFUTU FESTIVALS." Bowling Green State University / OhioLINK, 2005. http://rave.ohiolink.edu/etdc/view?acc_num=bgsu1124803078.

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Boughton, Elizabeth Hermanson. "Understanding plant community composition in agricultural wetlands context dependent effects and plant interactions /." Orlando, Fla. : University of Central Florida, 2009. http://purl.fcla.edu/fcla/etd/CFE0002678.

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Greuel, Dirk [Verfasser]. "Untersuchungen zum Impuls- und Stofftransport in effusiv gekühlten faserkeramischen Raketenbrennkammerwänden / Dirk Greuel." Aachen : Hochschulbibliothek der Rheinisch-Westfälischen Technischen Hochschule Aachen, 2013. http://d-nb.info/1033078352/34.

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Born, Jennifer [Verfasser]. "Evolutionary potential in functional traits of a wetland macrophyte (Juncus effusus) relevant for natural degradation of contaminants / Jennifer Born." Halle, 2019. http://d-nb.info/1179184394/34.

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Samper, Agnès. "Etude géochronologique, aspects géomorphologiques et géochimiques du volcanisme de l’île de Basse Terre (Guadeloupe), et datation des structures d’effondrement de flanc majeures de l’arc des Petites Antilles." Paris 11, 2007. https://tel.archives-ouvertes.fr/tel-00398601.

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Abstract:
La technique K-Ar Cassignol-Gillot nous a permis de définir les limites temporelles du volcanisme effusif sub-aérien de l’île de Basse Terre, Guadeloupe, et de préciser les périodes d’activité des quatre massifs de l’île. Le Complexe Basal [2,79±0,04 - 2,68±0,04 Ma], la Chaîne Septentrionale [1,81±0,03 - 1,15±0,02 Ma], la Chaîne Axiale [1023±25 - 435±8 ka], le complexe de Grande-Découverte (GD) [205±28 - actuel] illustrent la migration du volcanisme à Basse Terre depuis 3 Ma suivant une direction principale N-S et une vitesse de 20 km/Ma. L’extraction des magmas serait contrôlée par les systèmes de graben E-W et failles normales en échelon NW-SE affectant la Guadeloupe. Les taux d’extrusion calculés sur la base d’observations et modélisations morphologiques vont de 1,4 10-5 à 4,5 10-4 km3/yr. Au sud du volcan de GD, les diverses phases d'activité effusive du complexe de Trois-Rivières-Madeleine montrent une contemporanéité avec celles du volcan de GD. Les coulées de Trois-Rivières (87±5 ka) puis l’alignement E-W Madeleine-Le Palmiste (70 à 45 ka) datent une phase de propagation du rift de Marie-Galante. Des coulées <15 ka dans l'environnement du dôme de la Madeleine permettent d’étendre à l’extrême sud de l’île la zone d’activité volcanique Holocène. L’aléa volcanique n’est plus restreint au Massif de Soufrière-GD mais doit être étendu en son sud au massif de Madeleine-Trois-Rivières. Des effondrements de flanc majeurs ont été datés sur les îles de Basse Terre (640 ka, 550 ka), Dominique (100 ka), Martinique (330 ka) et Sainte-Lucie (100 ka). Une relation causale entre la récurrence de ces phénomènes catastrophiques et les changements climatiques globaux est proposée
The K-Ar Cassignol-Gillot technique enabled us to define the temporal bounds of sub-aerial effusive volcanism in Basse Terre, Guadeloupe, and to constrain the periods of volcanic activity of the four massifs of the island. The Basal Complex [2. 79±0. 04 – 2. 68±0. 04 Ma], the Septentrional Chain [1. 81±0. 03 – 1. 15±0. 02 Ma], the Axial Chain [1023±25 - 435±8 ka] and the most recent volcanic complex of Grande-Découverte (GD) [205±28-present] illustrate the southwards migration of volcanism through time in Basse-Terre since 3 Ma, along a N-S main direction, at a rate of 20 km/Ma. We propose magma extraction to be linked to the E-W striking graben and N-S en-échelon normal fault systems affecting Guadeloupe. Extrusion rates, defined from morphological observations and modeling spread from 1. 4x10-5 to 4. 5x10-4 km3/yr. South of GD volcano, the several volcanic phases of the Trois Rivières–Madeleine Complex show to be contemporaneous with the GD volcano ones. The Trois-Rivières lava flows (87±5 ka) and subsequent emplacement of E-W alignment Madeleine-Le Palmiste (70 to 45 ka) constrain the age of a Marie-Galante rift propagation phase. Dating of lava flows <15 ka in the surroundings of the Madeleine dome lead to extend the Holocene volcanic zone up to the extreme south of the island, hence to consider volcanic hazards in a larger zone spreading from La Soufrière area up to the Madeleine -Trois Rivières volcanic complex. Finally, dating of major flank-collapse events in Basse Terre (640 and 550 ka), Dominica (100 ka), Martinique (330 ka) and St. Lucia (100 ka) have been realized; we propose a causal link between the recurrence of such catastrophic events and global climate changes
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Ghartey-Tagoe, David Bright. "The church's understanding of death and the dead : with reference to traditional Effutu beliefs and practices." Thesis, University of St Andrews, 1987. http://hdl.handle.net/10023/13553.

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Abstract:
To be or not to be that is the question. The Church's Understanding of Death and the Dead with reference to the traditional Effutu people's beliefs and practices is an attempt to do theology in an African way as well as to understand the Christian Faith in terms of death and the dead. In the pervasive influence and challenge of the Christian message to Africans, Effutus not excepted, and demand upon their individual lives and their relationships with one another; in countless personal and group decisions made, and lives actually lived very differently from what they would otherwise have been, in the new high hopes and aspirations for individual and social destiny which it has awakened; in the sheer excellence of human performance in devotion and courageous, self-sacrificing service to others, and yet in other ways, Christianity still plays a role and exerts a force in the Effutu Traditional Area in particular and Ghanaians' way of life in general. This is none the less real and significant because Christianity eludes full and conclusive analysis. For instance, questions relating to the understanding of death; funeral rites; the relationship between the living and the dead - all have been issues of tension between African and the west. As a result there is widespread readiness today to repudiate the missionary past by the Africans who for more than a century now, have been doing theology regarding death and the dead in a strange language, in strange thought forms, in a strange ideology. African theology and especially that of death and the dead is at the crossroad. In some sense it finds some 'natural' affinities with Liberation Theology and historically, as far as Christ's death is concerned, could be connected with western theology. Yet, while it may and should attempt to draw from the richness of both theologies, African theology of the dead should guard against capitulating to either of those forms. It must be dynamic, ready to change and address itself to all situations in time and space. It should be liberating, freeing mankind from all chains, including social, racial, economic, cultural, and even confessional domination. In short, the primary concern of African theology and especially that of death and the dead must be the proclamation and 'incarnation' of the message that "Now we no longer believe because of what you told us; we have heard him ourselves and we know that he really is the Saviour of the world" (John 4/42), through his suffering and death, wrath 'and judgement - all working on behalf of man and his reconciliation.
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Culbertson, Thimothy W. "Effects of typical concentrations of nitrogen and phosphorus in agricultural treatment wetlands on polycultures of (Typha latifolia) L. and (Juncus effusus) L. and a test of the N:P ratio as a predictive tool." College Park, Md. : University of Maryland, 2005. http://hdl.handle.net/1903/2822.

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Abstract:
Thesis (M.S.) -- University of Maryland, College Park, 2005.
Thesis research directed by: Marine, Estuarine, Environmental Sciences Graduate Program. Title from t.p. of PDF. Includes bibliographical references. Published by UMI Dissertation Services, Ann Arbor, Mich. Also available in paper.
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Martel, Caroline. "Mémoire présenté en vue de l'obtention de l'Habilitation à Diriger des Recherches." Habilitation à diriger des recherches, Université d'Orléans, 2009. http://tel.archives-ouvertes.fr/tel-00403123.

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Abstract:
Le volcanisme des zones de subduction est caractérisé par une grande variété de styles éruptifs, allant de croissances effusives de dômes à des éruptions hautement explosives telles que les nuées ardentes ou les panaches Pliniens. L'impact de ces éruptions en
termes de risque volcanique pour les populations est très différent. Cependant, à l'heure actuelle, on ne peut prévoir ni la date d'une éruption, ni son style éruptif. Cette incapacité de prévision réside fondamentalement dans le manque de compréhension des processus physicochimiques à l'origine du développement d'une éruption effusive ou explosive. Les travaux
présentés visent à apporter des informations sur les conditions de stockage et les processus
éruptifs tels que le dégazage, la cristallisation et la fragmentation de ces magmas riches en
silice, par une approche naturaliste des tephra naturels couplée à de l'expérimentation en conditions magmatiques
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Yelkpieri, Daniel. "Socio-economic status (SES) of parents and its effects on students' achievements in the Awutu Senya and Effutu Educational Directorates in the Central Region of Ghana." Thesis, University of Leicester, 2016. http://hdl.handle.net/2381/37970.

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Abstract:
This study investigated how much influence the SES of parents has on students’ achievements in the Awutu-Senya and Effutu Educational Directorates of the Central Region of Ghana. The study focused on parents’ financial status, educational qualifications, jobs, enabling learning environment provided by parents and the type of school attended and how these affected students’ achievements. The study adopted a cross sectional and a multi-site case study designs. The population consisted of school officials, teachers, students of SHS and parents in the Awutu Senya and Effutu Educational Districts in the Central Region of Ghana. A sample size of 531 respondents was chosen for the study. The instruments used in the data collection were questionnaires, semi-structured interviews, focus group discussions, direct observation and secondary data. A range of sampling techniques from simple random, purposive, census, to cluster sampling techniques was adopted in selecting the participants. The researcher used descriptive and inferential statistics in presenting the data. Respondents agreed that parents’ financial circumstances affected students’ academic achievements in the study area. Respondents were of the opinion that learning environment provided by parents at home determined the academic achievements of students. The study found that students from high socio-economic homes were provided with most of the materials they needed to succeed in their education than their counterparts. Respondents agreed to some extent with the assumption that educational qualifications of parents influenced students’ academic success. They argued that parents’ educational attainments enhanced home environment for students’ learning. The study made original contributions by highlighting parents’ financial difficulties they faced in promoting their children’s education, isolating some of the influences of SES of parents on students’ learning and providing policy implications. The study recommends that Government of Ghana should expand its youth training programme on skills acquisition to cover all categories of people who desire skills.
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Kidd, Sarah Ann. "Ecosystem Recovery in Estuarine Wetlands of the Columbia River Estuary." PDXScholar, 2017. https://pdxscholar.library.pdx.edu/open_access_etds/3637.

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Abstract:
In the restoration of tidal wetland ecosystems, potential drivers of plant community development range from biotic controls (e.g. plant competition, seed dispersal) to abiotic controls (e.g. tidal flooding, salinity levels). How these controls influence the success of tidal wetland restoration are only partly understood, but have important implications for wetland habitat recovery. Specifically, the extent to which the existing native and non-native seed banks in tidally reconnected wetlands interact with these controls is not clear, yet the potential success of passive restoration methods depends upon this understanding. For a 54-year chronosequence of eleven tidal wetland restoration sites in the Lower Columbia River of western Oregon, USA, it was hypothesized that native plant species and soil properties would show trends approaching reference levels within 3 to 20 years post-restoration and that lower elevation wetland areas within restored sites would exhibit a greater native species abundance and similarity to reference sites, compared with restored high elevation wetland areas. Results indicated that plant species richness, soil organic matter, bulk density, pH, and salinity conditions among the restoration sites reached reference wetland ranges within 3-6 years post-tidal reconnection. The mid-low marsh elevation zones (<2.5 m) recovered native plant cover within 3-6 years post-tidal reconnection, while high marsh elevation zones (>2.5 m) remained dominated by nonnative species Phalaris arundinacea and Juncus effusus subsp. effusus. To investigate the mechanisms driving these non-native plant invasions, it was ii hypothesized that native and non-native wetland plant community distributions would be reflective both of their abundance in the seed bank and of their germination tolerance to wetland tidal flooding and salinity conditions. Using a factorial study design of three tidal conditions by three salinity levels, these hypotheses were tested in the greenhouse. Overall, non-native seeds were found to significantly outnumber native seeds in both seed banks. In the greenhouse, P. arundinacea and J. effusus were found to germinate more readily out of the seed bank under freshwater high-marsh flooding (1 hour a day) treatments as compared to oligohaline (3 ppt) mid-low marsh flooding (3-6 hours twice a day) treatments and to brackish salinity (10 ppt) treatments. Dominant native wetland species, Carex lyngbyei and Schoenoplectus lacustris, germination were not found to vary significantly among the treatments (p > 0.10). These results indicate that the salinity and flooding gradients within these restored marshes suppress germination of the non-native species in the low-mid marsh but not in the high marsh, where they are likely able to outcompete the native species due to their dominance in the seed bank. The implications of these results for passive tidal wetland restoration efforts are that both seed bank composition and species-specific tolerances to restored tidal flooding and salinity gradients are key mechanisms driving native and nonnative plant community development and resilience.
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Winter, Susanne. "Ermittlung von Struktur-Indikatoren zur Abschätzung des Einflusses forstlicher Bewirtschaftung auf die Biozönosen von Tiefland-Buchenwäldern." Doctoral thesis, Saechsische Landesbibliothek- Staats- und Universitaetsbibliothek Dresden, 2005. http://nbn-resolving.de/urn:nbn:de:swb:14-1129722204456-76128.

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Abstract:
Buchenwälder sind die großflächigste potenziell natürliche Vegetationsform Deutschlands und ein nach EU-FFH-Richtlinie besonders zu schützender Biotoptyp. Eine hohe Naturnähe ist auch in Wirtschaftswäldern (WiWald) notwendig, um die typischen Lebensgemeinschaften naturnaher Wälder langfristig zu erhalten, doch mangelt es an praktikablen/verifizierten Indikatoren, wie die nutzungsbedingte Abweichung vom Naturzustand ermittelt werden kann. In &gt;100 Jahre alten und ~40 ha großen Tiefland-Buchenwäldern (Mecklenburg-Vorpommern/Brandenburg) wurde anhand von 13 WiWäldern, vier seit &lt;20 Jahren (k20) und drei seit &gt;50 Jahren (r50) unbewirtschafteten Beständen den folgenden Fragen nachgegangen: Wie groß sind die strukturellen, vegetationskundlichen und carabidologischen Unterschiede zwischen bewirtschafteten, kurz- und langfristig unbewirtschafteten Buchenwäldern? Gibt es strukturelle Indikatoren und quantitative Größen zur Abschätzung des Einflusses forstlicher Bewirtschaftung auf die Biozönosen von Tiefland-Buchenwäldern? In Probekreisen (Pk) von 500 m² an Rasterpunkten (100 m x 100 m) wurden strukturelle und in Pk von 314 m² vegetationskundliche Daten erhoben. In fünf Pk/Bestand wurde jeweils eine Barberfalle über die Vegetationsperiode installiert. Ganzflächig wurden die Verteilung der Waldentwicklungsphasen (WEP)und zusätzlich zu den Pk-Aufnahmen hektarweise Sonderstrukturen aufgenommen. U. a. wurden folgende Sonderstrukturen aufgenommen: Zunderschwamm, Kronen- und Zwieselbrüche, Ersatzkronen, Blitzrinnen, Risse/Spalten, Höhlen, Mulmkörper/-taschen. Diese naturschutzfachlich wichtigen Sonderstrukturen wurden aus den Habitatansprüchen der typischen Buchenwaldfauna abgeleitet.Es konnten große Unterschiede zwischen WiWald und r50-Flächen (v. a. &gt;100 Jahre unbewirtschafteten Flächen) aufgezeigt werden. Die k20-Flächen unterscheiden sich nicht wesentlich vom WiWald. Die Anzahl verschiedener WEP/ha und WEP-Patches/ha liegt in den r50-Flächen signifikant höher als im WiWald. Der Holzvorrat der r50-Flächen liegt mit ~600 m³/ha (Terminal- ~800 m³/ha, Zerfallsphase 450 m³/ha) deutlich höher als im WiWald. Charakteristisch für die r50-Flächen ist das Vorkommen von in ihrer Vitalität eingeschränkten Bäume ab 80 cm BHD und ein inhomogeneres Lichtmosaik im Bestand. Die Stammqualitäten (u. a. Astigkeit) in r50-Flächen unterscheiden sich kaum von denen in WiWald. In den r50-Flächen kommt bedeutend mehr Totholz (&gt;142 m³/ha) als im WiWald (max. 34 m³/ha) vor. Im WiWald können Stubben dominieren. Verschiedene Totholzqualitäten sind im WiWald nur unvollständig vorhanden. Etwa 40 % des Totholzes besitzt keine Totholznachbarn (r50-Flächen: &lt;2 %) und die Lichtverhältnisse am Totholz sind nicht so vielfältig (wenig sonnenexponiert und wenig gering besonnt). In den &gt;100 Jahre unbewirtschafteten Flächen kommen ~12 Sonderstrukturtypen mit &gt;200 Sonderstrukturen/ha vor. 19 von 20 Sonderstrukturen sind im WiWald signifikant seltener und 11 Sonderstrukturen sind als Naturnähe-Indikatoren geeignet.Vegetation: In der Krautschicht sind höhere Deckungsgrade, mehr (lichtanzeigende) Arten, weniger Waldarten und eine höhere Diversität zu verzeichnen. Im WiWald wird u. a. das Vorkommen von Calamagrostis epigeios, Impatiens parviflora und Rubus idaeus gefördert. Stark gefährdete Moosarten sind im WiWald seltener als in den Referenzwäldern, da sie vor allem auf liegendem Totholz und auf den Stammanläufen vorkommen. Carabiden: Im WiWald gibt es weniger Individuen und Biomasse von mesophilen Waldarten und eine geringere Anzahl von flugunfähigen Individuen. Als Indikatoren für naturnahe Tiefland-Buchenwälder können die drei Arten Carabus glabratus, C. hortensis und Cychrus caraboides bezeichnet werden. Indikatoren: Es wurden Zielgrößen für 29 Struktur-Indikatoren für naturnahe Wälder vorgeschlagen. Für WiWälder wurden gesonderte Zielgrößen festgelegt, die die nutzungsbedingte, nicht zu vermeidende Abweichung vom Naturzustand berücksichtigen
Beech forests are the most important natural vegetation type of Germany,and they are included in annex II of the EU-FFH-Directive,which requests nature conservation for the listed habitat types.High naturalness is necessary in managed forests (w-sites) to maintain the typical biocoenosis of forests near nature. But there is a lack of practicable/verified indicators to determine the degree of alteration managed forests have compared to natural forests. In &gt;100 year old and ~40 ha big lowland beech forests in Mecklenburg-Vorpommern and Brandenburg, 13 w-sites, 4 study sites which are unmanaged since &lt;20 years (k-sites) and 3 sites which are unmanaged since &gt;50 years (r50-sites) were investigated to answer these questions: What the differences are between w-, k- and r-sites according to forest structure, vegetation and carabids? Are there valid structural indicators with thresholds to assess the impact of forestry use on the biocoenosis of lowland beech forests? At grid points(distance 100 mx 100 m),on circular sample plots (SP) of 500 m² the structural data and on SP of 314 m² the vegetation was investigated. At five SP/study site a pitfall trap was installed during the entire vegetation period. On the whole study site the distribution of forest development phases (FDP) was mapped, and on full one ha plots the special structures were investigated. The following special structures were mapped e.g. Fomes fomentarius trees, crown and crotch breakage, substitute crowns, lightning shakes,gutters/rifts, cavities, mould and bark bag. These special structures have been derived from the habitat needs of the typical beech forest fauna.The results revealed tremendous differences between w- and r50-sites. The k-sites show no clear differences to the managed sites.In the r50-sites, the number of different FDP/ha and FDP units/ ha is significant higher than in w-sites. The timber stock of the r50-sites is ~600 m³/ha (terminal phase ~800 m³/ha, decay phase ~450³/ha). A characteristic feature of the r50-sites is the occurrence of trees with 80 cm bhd or more with reduced vitality. The timber trunk) qualities of r-sites differ only slightly from managed stands. In the r50-sites the dead wood volume (&gt;142 m³/ha) is much higher than in the w-sites (max. 34 m³/ha). Many different features of dead wood occur only fragmentary within w-sites. About 40 % of the dead wood objects have no &quot;dead wood neighbour&quot; (r50-sites: &lt;2 %), and the light distribution is much less diverse. In &gt;100 years unmanaged r-sites ~12 different types of special structures and 200 single special structures occur per ha. 19 out of 20 special structures are significantly less frequent in w-sites; 11 special structures are specifically valuable to be used as naturalness indicators.Vegetation: In the herb layer occur higher coverage values, more (light-indicating) species, but only few species indicating ancient forests and a higher diversity index value. In w-sites, the occurrence of e. g. Calamagrostis epigeios, Impatiens parviflora and Rubus idaeus is supported. reduced. Threatened moss species are rare in w-sites compared to r-sites, since they mainly grow on laying dead wood, which is rare in forests in use, and on inclined/rough-barked stem bases. Ground beetles: The forestry use of lowland beech forests leads to less individuals and lower biomass of so-called mesophilous forest species. Furthermore, the number of flightless individuals is lower. As proper indicators for near-natural lowland beech forests, the three species Carabus glabratus, C. hortensis und Cychrus caraboides could be identified. Indicators: 29 structural indicators were identified and thresholds were given. But even in lowland beech forests managed in a conservation-friendly way, these target values for near-natural and natural forests are unlikely to be reached. Therefore, for w-sites special threshold values have been defined, which consider the inevitable difference between managed and natural forests
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Seyran, Murat. "Development of rapid in vitro assays and current status of fungicide sensitivity in the pecan scab pathogen Fusicladium effusum." 2008. http://purl.galileo.usg.edu/uga%5Fetd/seyran%5Fmurat%5F200812%5Fms.

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Liang, Kuang-yu, and 梁光宇. "Study on Bleaching Treatment and Dyeing Properties of Da-jia Juncus Effusus Braid." Thesis, 2010. http://ndltd.ncl.edu.tw/handle/60687046343870102325.

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Hsiao, Hui-Yun, and 蕭惠勻. "Chemical constituents from the fermented broths of Nalanthamala psidii YMJ400, Trichobotrys effusa YMJ1179 and Alveophoma caballeroi YMJ309 isolated in Taiwan." Thesis, 2012. http://ndltd.ncl.edu.tw/handle/47255624824288032230.

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