Academic literature on the topic 'Edilizia abitativa pubblica'

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Journal articles on the topic "Edilizia abitativa pubblica"

1

Bronzini, Micol. "Immigrazione e condizione abitativa nei complessi di edilizia pubblica." ARCHIVIO DI STUDI URBANI E REGIONALI, no. 114 (October 2015): 27–47. http://dx.doi.org/10.3280/asur2015-114002.

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2

Esposito, Emiliano, and Francesco Chiodelli. "Le regole dell'informalità abitativa. Il caso del subentro illegale negli alloggi di edilizia pubblica a Napoli." ARCHIVIO DI STUDI URBANI E REGIONALI, no. 131 (August 2021): 113–36. http://dx.doi.org/10.3280/asur2021-131006.

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Abstract:
L'articolo presenta i risultati di una ricerca etnografica condotta nel complesso di case popolari del rione De Gasperi a Ponticelli, nell'area orientale di Napoli, dove la pratica di occupare informalmente un alloggio pubblico e fortemente radicata da decenni. Il saggio indaga una forma peculiare, il "subentro informale", di cui viene analizzato il funzionamento. L'obiettivo e mostrare l'informalita abitativa come risultato di un sistema di influenze reciproche tra sfera formale e sfera informale.
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3

M. Bello, Elisabetta, and Maria Teresa Gabardi. "Gli usi temporanei del patrimonio pubblico abitativo. Alcune sperimentazioni a Milano e Torino." CRIOS, no. 22 (March 2022): 44–55. http://dx.doi.org/10.3280/crios2021-022005.

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Abstract:
La crisi economica che ha investito l'Italia negli ultimi dodici anni ha avuto notevoli riflessi sia dal punto di vista sociale che urbanistico. Diversi quartieri di edilizia residenziale pubblica, ma non solo, hanno subito svuotamenti e risignificazioni nell'organizzazione e uso degli spazi, mettendo in luce una ricerca paziente di nuove forme di gestione e uso del patrimonio pubblico. Molte sono le sperimentazioni e i tentativi che si sono dati, anche con forme di cooperazione pubblico/privato. Alcune iniziative e politiche promosse dai Comuni e dagli enti gestori hanno predisposto per esempio l'assegnazione temporanea in locazione a particolari categorie di popolazione, per garantire un uso continuativo del patrimonio ed evitare forme di degrado spaziale e sociale. Scopo del presente contributo è quello di provare a esplorare e restituire alcune di queste esperienze in atto, attraverso dei casi studio a Milano e Torino, indagandone le politiche alla base, le modalità di assegnazione degli alloggi e l'efficacia di alcuni esiti.
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4

Coppetti, Barbara. "La dialettica tra residenza e spazio aperto nella cittŕ contemporanea: processi generativi e costitutivi." TERRITORIO, no. 59 (November 2011): 75–82. http://dx.doi.org/10.3280/tr2011-059013.

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Abstract:
La dissoluzione dell'isolato tradizionale inteso come unitŕ costitutiva del tessuto edilizio, determina una nuova organizzazione urbana che modifica radicalmente la dialettica fra residenza e spazio pubblico nella cittŕ. L'edificio diventa un volume reiterabile all'interno del quartiere e lo spazio libero si svuota dei suoi caratteri specifici. Da una logica in base alla quale ad ogni spazio viene assegnato un particolare carattere riconosciuto dalla pratica, si passa ad un principio insediativo le cui parole chiave sono ritmo, sequenza, intervalli, ripetibilitŕ. Il progetto architettonico e urbano intende rimarcare il senso celato degli odierni paesaggi della mediocritŕ e ricercare nuovi modi abitativi, usi e aggiornate tipologie che diano forma a relazioni aperte capaci di tracciare i processi trasformativi alla quota del suolo pubblico.
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5

Ballor, Federica, and Giulia Maria Cavaletto. "Abitare nei Villaggi Olimpici Torino 2006." SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no. 118 (July 2010): 196–207. http://dx.doi.org/10.3280/sl2010-118014.

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Abstract:
Il progetto di riconversione in edilizia sociale dei "Villaggi olimpici Torino 2006", destinati originariamente ad ospitare atleti e giornalisti, si propone come caso emblematico di politiche abitative di seconda generazione. A partire dall'analisi degli obiettivi di integrazione sociale e sviluppo locale, lo studio si configura come monitoraggio di una politica pubblica, i cui tratti innovativi non escludono la presenza di criticitŕ legate al sistema di governance ed alla risposta dei milieu. Utilizzando i concetti chiave di integrazione sociale, mixité e sviluppo locale, il programma insiste sull'insieme di opportunitŕ che possono (o meno) innescare azioni da parte dei soggetti coinvolti, in termini di irrobustimento delle capacitŕ di autonomia e integrazione sociale. Gli outcome dell'intervento, people e area based, sono stati analizzati con una survey rivolta agli assegnatari degli alloggi e ad un gruppo di controllo di soggetti residenti nelle stesse aree ma meno vulnerabili.
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6

Parisini, Roberto. "Luoghi del commercio, edilizia pubblica e organizzazione dello spazio urbano. Su Bologna e la Bolognina negli anni Trenta." Storia e Futuro Giugno 2022, no. 55 (September 20, 2022). http://dx.doi.org/10.30682/sef5522c.

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Abstract:
La Bolognina è storicamente ritenuto il più grande quartiere operaio bolognese. Negli anni Trenta la sua crescita è tale da rendere evidente la necessità, per le autorità fasciste, di una sua funzionale integrazione nella città organizzata. Le modalità privilegiate sono quelle di una nazionalizzazione piccolo-borghese fondata sull’intrusione senza precedenti del pubblico negli spazi anche privati della città, in termini di pratiche abitative, uso dello spazio urbano e logiche dei consumi. Tra questi specifici percorsi è in particolare l’ultimo quello su cui più mi concentro, quello che, finora, meno ha goduto dell’attenzione degli storici. Quello dove un ruolo significativo viene assunto dalle vie dei negozi e dagli spazi connessi al dettaglio commerciale, dai commercianti e dalle loro vetrine elevate ora a “nuovi e molto trasparenti confini tra pubblico e privato”. Bolognina is considered the largest historic working-class district in Bologna. Given its rapid growth during the 1930s, fascist authorities decided it was time to integrate it with the city at the functional level. Their preferred strategy was a petit-bourgeois nationalization based on an unprecedented intrusion of the public even into the city’s private spaces, by way of housing practices, use of urban space and consumption patterns. Among these issues, the latter is the one I will focus on the most since it is the one that has so far received the least attention from historians. Shopping streets, retail spaces, shopkeepers and their shop windows – which have now become “new and rather transparent borders between public and private” – play a crucial role dealing with this theme.
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Dissertations / Theses on the topic "Edilizia abitativa pubblica"

1

Guarino, Monica. "Verso una nuova qualità dell'abitare: la riqualificazione dell'edilizia residenziale pubblica." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2011. http://hdl.handle.net/10556/156.

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Abstract:
2009 - 2010
La casa concepita come un bene da riprodurre in serie è l’elemento che ha caratterizzato la forma dei nuovi quartieri di Edilizia Residenziale Pubblica costruiti in Italia e anche in Europa, a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, in risposta alla pressante domanda abitativa di quella che allora sembrava essere un’inarrestabile crescita industriale ed economica. La nuova forma dell’abitare che in quel periodo si andava delineando nella realtà italiana costituiva certamente una risposta, in termini quantitativi, corrispondente alla domanda; tuttavia, pur a fronte di significative eccezioni, rappresentate da alcuni interventi di rilevante qualità architettonica, la maggior parte degli insediamenti realizzati a partire da quel periodo ha mostrato progressivamente i limiti di un’impostazione progettuale eccessivamente centrata sull’abitazione, che ha spesso trascurato la presenza di quei servizi (scuole, trasporto pubblico adeguato, spazi pubblici aperti e attrezzature pubbliche) che insieme alla residenza restituiscono la qualità dell’abitare. Se a queste condizioni precarie sommiamo la mancanza di strategie e di risorse che hanno contribuito al lento ed inarrestabile degrado fisico e sociale dei quartieri ed il rapido mutamento della struttura sociale degli ultimi decenni che, ha profondamente messo in crisi gli assetti tipologici familiari tradizionali, otteniamo uno scenario in cui si rintracciano tutte le contraddizioni del disagio abitativo attuale. La ricerca intitolata “Verso una nuova qualità dell’abitare: la riqualificazione dell’Edilizia Residenziale Pubblica”, si interroga sulla possibilità intervenire in questi “luoghi” per poterli riequilibrare sollecitandone le corde della qualità urbana, architettonica, economica, sociale, energetica, ambientale, culturale e paesaggistica affinchè tutte queste componenti siano in grado di guidare la necessaria riforma, tipologica e costruttiva della residenza pubblica e dei suoi modelli insediativi. La ricerca si compone di tre sezioni: La prima finalizzata alla descrizione dell’attuale quadro normativo e programmatico generale che guida le politiche della Comunità europea, del governo nazionale e dei governo regionali, con particolare attenzione alla realtà campana. La seconda finalizzata alla produzione di repertori architettonici ed urbani, riferiti alle modalità di intervento adottate nel Regno Unito e in Spagna, per mezzo di uno studio sistematico dei più significativi progetti realizzati. Questo approfondimento è stato arricchito dall’esperienza diretta di studio e di ricerca condotta, nel 2009, presso il Cambridge City Council e il Greenwich City Council e nel 2010 presso la Escuela Tecnica de Arquitectura della città di Valladolid , in Spagna. La terza finalizzata alla definizione di modelli di indagine e ipotesi di progetto, sperimentati su quartieri di ERP gestiti dall’Istituto Autonomo Case Popolari della Provincia di Avellino (IACP-Av). [a cura dell'autore]
IX n.s.
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2

PERAINO, CRISTINA. "Riprendersi la città. Pratiche di autorecupero nella città storica di Venezia come risposta all'emergenza abitativa." Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/11573/1331672.

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Abstract:
La tesi è un contributo al dibattito sulla crisi delle politiche dell’abitare e propone una riflessione sulla possibilità di ripensare tali politiche guardando alle pratiche di welfare dal basso. La situazione abitativa attuale risente delle dinamiche riguardanti la recessione economica e i cambiamenti sociali ed è caratterizzata da esigenze abitative più complesse e articolate rispetto al passato. Il bisogno di casa è oggi espresso da categorie differenziate di popolazione (famiglie monoreddito, famiglie monoparentali, anziani, studenti, giovani precari) e a questa domanda di casa differenziata le politiche abitative rispondono con un’offerta molto rigida. Mentre in passato la decifrabilità del problema abitativo ha guidato le politiche per la casa verso soluzioni di tipo tecnico-quantitativo, l’attuale emergenza abitativa non è più ascrivibile alla carenza di abitazioni e non riguarda più soltanto le grandi metropoli del nostro paese. In particolare la tesi tratta della questione della casa a Venezia, dove a fronte della costante diminuzione della popolazione residente è presente un nuovo bisogno abitativo che interessa soprattutto le fasce di popolazione con reddito medio e medio basso e le componenti più giovani della popolazione. Negli ultimi decenni, l’assenza di efficaci politiche pubbliche per la casa, il sottoutilizzo dello stock abitativo pubblico e la consistente erosione del patrimonio abitativo da parte del mercato turistico hanno contribuito all’insorgere di una risposta dal basso al problema della residenzialità nella città storica. La tesi è centrata sulle pratiche di autorecupero del patrimonio di edilizia residenziale pubblica in disuso adottate dagli attivisti dell’Asc (Assemblea sociale per la casa) come risposta all’emergenza abitativa nella città di Venezia. Attraverso l’osservazione di tali pratiche ci s’interroga su come le capacità organizzative e gestionali nate dal basso risolvano situazioni di degrado e di esclusione abitativa e siano in grado di riattivare risorse sociali nei quartieri pubblici. Se da una parte le pratiche di autorecupero portano alla luce i limiti dell’intervento pubblico e la complessità della questione abitativa, dall’altra indicano nuovi possibili terreni di azione per le politiche abitative. Alla ricostruzione del processo storico attraverso cui si genera l’emergenza abitativa contemporanea, è dedicata la prima parte della tesi, in cui si esaminano le politiche pubbliche in tema casa adottate in Italia dal dopoguerra fino agli anni novanta in relazione alle azioni dei movimenti per il diritto alla casa. Attraverso una lettura incrociata tra le politiche abitative pubbliche e la conflittualità espressa dai movimenti per il diritto alla casa, s’intende valutare il contributo che le azioni dei movimenti hanno avuto nella produzione di politiche per la casa. La seconda parte della tesi descrive la questione dell’emergenza abitativa nella città storica di Venezia. Si esaminano gli effetti prodotti dalle politiche abitative comunali nel corso del Novecento e le responsabilità dell’intervento pubblico nel produrre fenomeni di espulsione dalla città storica. In particolare si restituisce una lettura critica delle politiche abitative comunali degli anni novanta che sono al centro di una nuova governance che vede nella riqualificazione urbana la possibilità di adottare strategie per contrastare il disagio abitativo soprattutto dei ceti medi. Si esaminano la pressione dell’industria del turismo e la tendenza del mercato immobiliare veneziano, orientato soprattutto alla compravendita di abitazioni come investimento o come seconda casa, come fenomeni responsabili in parte della contrazione degli alloggi in locazione ai residenti. Si riportano, inoltre, i recenti dati demografici, che evidenziano la grave compromissione delle capacità rigenerative della città e i dati del patrimonio abitativo, che restituiscono la consistente presenza di situazioni di sottoutilizzo del patrimonio abitativo sia pubblico sia privato. Nella terza e ultima parte della tesi si affrontano il ruolo e le attività dell’Asc, il più attivo tra i movimenti nella città storica in tema di diritto alla casa, autorecupero e autogestione. La tesi restituisce i risultati prodotti dalle pratiche dell’Asc attraverso i racconti dei protagonisti, dai quali emerge non solo la capacità di trovare soluzioni creative e sostenibili per il recupero degli alloggi pubblici in disuso, ma anche la capacità di sviluppare forme di socialità e coesione quotidiana tra gli abitanti. La presenza di una rete di alleanza e solidarietà tra occupanti e residenti rivela il carattere politico di tali pratiche, che si configurano come innesco di forme di apprendimento e responsabilizzazione degli abitanti rispetto alla propria condizione e al proprio territorio. Si è analizzata la costruzione di quello che si può definire un “welfare parallelo”: un modo per progettare e gestire risorse e servizi attraverso l’autorganizzazione. Se da una parte le pratiche di autorecupero evidenziano la debolezza delle politiche pubbliche per la casa, dall’altra rappresentano, invece, un’occasione per le istituzioni di imparare dal protagonismo sociale. Non solo perché consente all’urbanistica di produrre nuovi saperi, ma anche perché è solo attraverso un lavoro comune che è possibile immaginare e costruire una città più solidale e più equa.
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3

ALLEGRINI, RITA. "Le nuove politiche per l’abitare e il ruolo del piano urbanistico. Il caso di Roma." Doctoral thesis, 2012. http://hdl.handle.net/2158/787011.

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Abstract:
La ricerca si interroga sul ruolo del piano urbanistico comunale nella definizione ed implementazione delle politiche per l’abitare, facendo riferimento all’attuale contesto socio-economico e alla nuova definizione che tali politiche hanno assunto sia in ambito disciplinare sia nel quadro più generale delle policy pubbliche. L’interesse per questo tema scaturisce da due ordini di considerazioni: - In primo luogo la centralità del tema (disagio abitativo; definizione delle politiche per l’abitare) sia in ambito disciplinare, sia all’interno del quadro più generale delle politiche socio-economiche. La “casa” rappresenta tradizionalmente uno dei grandi temi del piano. A prescindere dal giudizio sugli esiti degli interventi passati, è innegabile che il disegno attuale delle città e di alcune grandi periferie urbane sia dipeso in misura non trascurabile dalle politiche che il piano ha - direttamente o indirettamente - posto in essere. La nuova emergenza abitativa pone il tema della casa anche al centro della riflessione sul piano: due questioni, in particolare, sembrano assumere un ruolo determinante. In primo luogo, la necessità di migliorare alcuni risultati delle esperienze passate (interventi di recupero e riqualificazione dell’esistente; formulazione di nuovi modelli di riferimento per gli interventi di edilizia residenziale pubblica e sociale, in grado di evitare gli effetti di segregazione e di garantire una buona accessibilità ai servizi); in secondo luogo, valutare l’efficacia del piano e dei nuovi strumenti attuativi. La riforma del piano è infatti un processo iniziato nel corso degli anni ’90, dopo un dibattito quasi ventennale sul tema della sua efficacia, che ha portato alla ridefinizione complessiva dello strumento urbanistico comunale: forma piano, procedure di formazione e di attuazione, strumenti attuativi. Tale riforma si pone come ulteriore elemento di “novità” nel quadro complessivo dell’attuale definizione delle politiche abitative, che presentano anche per questa ragione elementi di sostanziale differenza rispetto al passato. - Le politiche pubbliche per l’abitare si inseriscono in un contesto di generale contrazione delle risorse per il welfare. Questa situazione di perdurante scarsità di fondi pubblici si proietta in un orizzonte di medio-lungo periodo, per cui è necessario ripensare interamente le modalità di intervento pubblico. E’ opinione largamente condivisa che le politiche per la casa, nella maniera tradizionale in cui sono state concepite, non siano più ipotizzabili, venendo meno la capacità, da parte dell’operatore pubblico, di provvedere in modo diretto alla produzione e gestione degli alloggi sociali. Il quadro delle politiche pubbliche in materia di abitazioni è comunque complesso e non comprende la sola produzione e gestione del bene casa. Le politiche pubbliche sono di vario tipo e impegnano il soggetto pubblico in modi molto diversi: si possono distinguere misure regolative (regolamentazione dei contratti, dei finanziamenti e dell’accesso al credito, leva fiscale ed urbanistica), e distributive (sussidi, produzione e assegnazione diretta degli alloggi). La possibilità del soggetto pubblico si è molto ridotta specie in tema di politiche distributive e in particolare riguardo la produzione di alloggi, mentre continua ad avere un ruolo centrale in tema di politiche regolative. In questo quadro di mutate condizioni generali, il piano urbanistico e la dimensione “locale” (per la precisione, comunale) delle politiche pubbliche assumono una rilevanza inedita rispetto al passato, tanto che anche le policy promosse a livello nazionale (piano casa, interventi del sistema integrato nazionale di fondi promosso da Cassa Depositi e Prestiti) poggiano in modo sostanzioso sulla “qualità” e sugli strumenti del piano urbanistico (centralità della cosiddetta “leva” urbanistica ). Infatti il piano può attivare diverse risorse (dalla risorsa “suolo”, alle agevolazioni fiscali e procedurali) che diventano, nel quadro attuale di ridotta capacità di spesa dello stato e delle regioni, l’unica possibile modalità di contributo pubblico al finanziamento delle iniziative di edilizia sociale. Tali considerazioni si inseriscono inoltre in un quadro istituzionale di progressivo decentramento delle competenze in materia di politiche per la casa, con il disimpegno (a partire dalla fine degli anni ‘90) da parte dello Stato centrale in favore delle Regioni. Pertanto, anche in ambito istituzionale si segnala una nuova centralità assunta dal livello “locale” e, all’interno di esso, (implicitamente) dello strumento urbanistico. La scelta del caso monografico di Roma, come campo preferenziale di indagine, ha consentito di calare le riflessioni generali sul piano in un contesto specifico, in cui la rilevanza del tema abitativo rappresenta un elemento di ulteriore interesse. Roma, infatti, offre una visione “radicale” del problema: radicale sia per i livelli raggiunti dal disagio e dalla tensione abitativa; sia per la natura del piano, che è un ibrido tra vecchio Prg e nuove forme della pianificazione. Facendo riferimento al piano del 2008, si deve segnalare la centralità assunta degli strumenti operativi di nuova generazione (perequazione urbanistica e altri istituti ad essa legati), pur all’interno di una forma piano tradizionale. Ad essi è affidata, per esplicita dichiarazione del Prg, la parte preponderante delle nuove trasformazioni di interesse pubblico e di più rilevanti dimensioni (attuabili con intervento indiretto). Parallelamente a ciò, il comune di Roma ha dato l’avvio a molte iniziative già a partire dal 2006-2008, confluite nella recente approvazione del “piano casa”; a quest’ultimo aspetto è stata dedicata una particolare attenzione perché offre l’occasione di valutare il ruolo e l’efficacia dello strumento urbanistico in un quadro di riferimento di iniziative locali più ampio.
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Books on the topic "Edilizia abitativa pubblica"

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Parole di pietra: Palazzi, monumenti, opere pubbliche ed edilizia abitativa del III Reich. Genova: Effepi, 2013.

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