Academic literature on the topic 'Eccesso di potere'

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Journal articles on the topic "Eccesso di potere"

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Giannetti, Daniela. "IL NEO-ISTITUZIONALISMO IN SCIENZA POLITICA: IL CONTRIBUTO DELLA TEORIA DELLA SCELTA RAZIONALE." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 23, no. 1 (April 1993): 153–83. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200022073.

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Abstract:
IntroduzioneInsieme alla ripresa di interesse per il tema dello stato, lo studio delle istituzioni è tornato al centro dell'analisi politologica. È opinione condivisa che il rinnovato interesse per le istituzioni rappresenti una reazione alla rivoluzione comportamentista, la quale a sua volta - con l'enfasi sul comportamento osservabile e sui processi informali di potere e influenza - reagiva all'impostazione legalistica e formalistica degli esordi della disciplina. Ciò che, non senza qualche eccesso polemico, è stato definito uno «slittamento paradigmatico» ha coinvolto una varietà di approcci, accomunati dal riconoscimento dei limiti della behavioral persuasion, e in particolare dei due orientamenti teorici ad essa associati in scienza politica: il pluralismo, con l'accento posto sulla politica come processo e la conseguente messa in ombra degli elementi strutturali, e il funzionalismo, un approccio tendenzialmente più inclusivo ma che in scienza politica si è identificato sostanzialmente con la versione almondiana. Rispetto ai più ambiziosi tentativi teorici del funzionalismo sociologico, essa ha fornito soprattutto uno schema categoriale per l'analisi comparata dei sistemi politici, in cui è attribuito rilievo centrale alle funzioni di input o ai processi che vanno dalla società alla politica.
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Benegiamo, Marcello, and Paola Nardone. "Tecnocrazia e politica in Italia dalla crisi del 1907 al Primo Dopoguerra = Technocracy and political crisis in Italy from 1907 till the early after World War." Pecvnia : Revista de la Facultad de Ciencias Económicas y Empresariales, Universidad de León, no. 19 (February 2, 2016): 43. http://dx.doi.org/10.18002/pec.v0i19.3581.

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Abstract:
<p>Uscito a pezzi dalla pesante crisi finanziaria e industriale del 1907, che aveva messo a nudo i limiti della struttura economica del Paese, il capitalismo industriale italiano elaborò un programma, portato avanti fino al primo dopoguerra, che prevedeva l’instaurazione di un governo di tecnocrati. Questo avrebbe dovuto trainare il Paese fuori dalla crisi, pianificarne l’economia e trasformarlo in una grande potenza industriale, con forti connotazioni imperialistiche. Segnali in tale direzione si erano registrati anche nei decenni precedenti, tra fine Ottocento e inizi Novecento, quando ebbe inizio un processo di concentrazione nel settore siderurgico e meccanico. Un percorso peraltro stimolato dalle commesse statali sempre più consistenti (Galli Della Loggia, 1970; Battilossi, 1999; Amatori e Colli, 1999; Bolchini, 2002). La crisi industriale e finanziaria del 1907 e la recessione a livello mondiale che ne seguì, accelerarono la soluzione tecnocratica, che prevedeva un’alleanza, più o meno stretta, con una parte della classe politica e l’entrata in guerra. Negli anni immediatamente seguenti il conflitto, il potere dei tecnocrati sulla scena politica italiana sembrò accrescersi notevolmente, soprattutto quando il governo progettò un programma di espansione economica nelle regioni del Caucaso, nei Balcani e nel Levante ex ottomano, territori in grado di fornire materie prime e di assorbire la produzione italiana in eccesso rispetto alle richieste di un mercato interno asfittico. La collaborazione tra mondo imprenditoriale, bancario e politico non produsse il risultato sperato. La caduta del governo Nitti e il ruolo destabilizzante e filotedesco della Banca Commerciale Italiana nell’Est europeo e nel Caucaso furono tra le cause principali che impedirono il decollo del progetto tecnocratico,<strong> </strong>provocando una dura reazione da parte dei fratelli Perrone alla guida del gruppo Ansaldo.</p><p>Heavily Weakened by the financial and industrial crisis of 1907, which showed all the limits of the economic structure of Italy, the Italian industrial capitalism developed a program that continued until the early after World War, which was taking into account the establishment of a government of technocrats.</p><p>This should had to take the country out of crisis, establish an economical plan and turn it into a major industrial power, with strong imperialist characteristics. Signals in this direction were also recorded in the previous decades, from the late nineteenth and early twentieth century, when a process of concentration of the main groups of entrepreneurs and capitalists began in the steel and mechanical industry. A path anyway enhanced by more and more orders from the government (Galli Della Loggia, 1970; Battilossi, 1999; Amatori and Colli, 1999; Boldrini, 2002). The industrial and financial crisis of 1907 and the global recession that followed, accelerated the technocratic solution, which were looking for a more or less closer alliance, with a part of the political class and going into war. Soon after the war, the political power of the technocrats in Italy seemed to grow significantly, especially when the Government developed a program of economic expansion in the regions of the Caucasus, Balkans and on the countries of the ex East Ottoman, these territories could provide raw materials and, with respect of an internal market completely saturated, to absorb the exceeding Italian production. The collaboration within the world of business, banking and politics did not produce the desired result. The fall of the Nitti´s Government and the pro German and destabilizing role of the Italian Commercial Bank in Eastern Europe and on the Caucasus were the major drivers against the launch of the technocratic project, inducing a though reaction by the Perrone brothers leading the group Ansaldo.</p>
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Iermano, Toni. "Due inediti dell’illuminismo italiano: Scritti giovanili di Giuseppe Maria Galanti." Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 48, no. 3 (August 20, 2014): 594–605. http://dx.doi.org/10.1177/0014585814542773.

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Abstract:
L’economista, giurista, geografo e letterato Giuseppe Maria Galanti, allievo brillante della scuola di Antonio Genovesi, fu uno dei protagonisti della fertile stagione riformatrice che visse Napoli tra gli inizi del regno del piccolo Ferdinando IV e lo scoppio della Rivoluzione francese. Nei suoi viaggi nel Contado del Molise, in Calabria, nelle tante città e villaggi dello Stato borbonico l’illuminista esplorò e descrisse con metodo scientifico le ragioni del ritardo del Mezzogiorno rispetto all’Europa coeva; i suoi studi furono un fondato tentativo per trovare rimedio alle contraddizioni sociali, economiche e culturali di una capitale popolosa e disordinata e di province dilaniate tra gli eccessi del potere regio e gli abusi dei baroni. Il ritratto intellettuale del molisano Galanti viene a definirsi meglio grazie alla pubblicazione di due preziosi inediti giovanili ritenuti perduti, ritrovati nei sotterranei del palazzo di famiglia a Santa Croce del Sannio, e ora pubblicati in un volume arricchito da un cospicuo apparato filologico e un ampio saggio storico-critico.
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Costantino, Maria, Amelia Filippelli, Grazia Cioffi, Giuseppina Moccia, and Francesco De Caro. "Stewardship per l’utilizzo degli antibiotici." La Sanità Pubblica. Ricerca applicata 2 (July 25, 2021): 11–48. http://dx.doi.org/10.48268/antibioticoresistenza/2021/0001.1.

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Abstract:
Ridurre l’uso eccessivo, incontrollato o inappropriato degli antibiotici, è essenziale per garantire la sicurezza dei pazienti e la qualità dell’Assistenza Medica. Per prevenire e controllare le infezioni correlate all’assistenza (ICA) e lo sviluppo dell’antimicrobico-resistenza si possono utilizzare varie strategie: • adozione di programmi di sorveglianza e controllo condivisi a livello nazionale, comprendenti lo sviluppo di percorsi diagnostici e terapeutici comuni, • implementazione della stewardship antimicrobica e dei programmi di formazione rivolti al personale sanitario, finalizzati alla promozione di una maggiore osservanza delle Linee Guida, • incremento della sorveglianza, effettuando studi di prevalenza ripetuti nel tempo, per poter identificare precocemente eventuali criticità e valutare l’efficacia dei presidi messi in atto, • potenziamento delle strutture ospedaliere, aumento delle camere singole destinate all’isolamento di pazienti particolarmente a rischio, • miglioramento delle procedure di pulizia e sanificazione e dei percorsi dedicati all’igiene delle mani, • promozione di campagne di sensibilizzazione rivolte non solo al personale sanitario, ma anche ai cittadini, allo scopo di rendere i pazienti parte attiva del processo di lotta alle infezioni.
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Marossi, Walter. "Paolo Valera, il cantore dei bassifondi." Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 54, no. 1 (March 19, 2020): 256–76. http://dx.doi.org/10.1177/0014585820910086.

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Abstract:
Personaggio a tutto tondo, giornalista, scrittore e sobillatore sociale, Valera esprime la sua vitalità umana e artistica tra la fine dell’Ottocento e il primo quarto del Novecento. Benché il suo protagonismo si esprima quasi esclusivamente all’interno della realtà milanese, per contenuti e diffusione, la sua opera letteraria può a ragione essere ritenuta di interesse nazionale. Ebbe la capacità di immergersi nelle immondizie e contraddizioni umane del suo tempo, in particolare quelle di alcune città europee, tra le quali Milano, senza restarne contaminato. La sua dirittura morale, nonostante l’inesauribile serie di querele, confini, arresti ai quali fu sottoposto dal potere costituito e dai borghesi del tempo, non fu infatti mai messa in questione da nessuno. Di interesse storico il sodalizio con Mussolini, prima che questi saltasse definitivamente il fosso della reazione e delle politiche contrarie agli interessi del mondo del lavoro. Benedetto Croce non volle considerare la sua vasta opera “letteratura”; ebbe probabilmente ragione se per letteratura si intendono testi codificati sulla base di canoni fissati dalla “norma” del tempo nel quale si scrive. Tuttavia, Valera, come è ampiamente documentato nella parte finale di questo saggio, registra da mezzo secolo nuova vita, fatta di ristampe, riletture, dibattiti, saggi critici. Il suo stile infiammato ed eccessivo, i contenuti dei suoi lavori, tornano probabilmente di attualità nel nostro tempo.
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van Meerhaeghe, Marcel A. G. "Protection of Competition in Belgium*." Journal of Public Finance and Public Choice 8, no. 2 (October 1, 1990): 93–101. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345036.

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Abstract:
Abstract Le recenti leggi sulla concorrenza introdotte in alcuni Paesi europei sono basate sulle norme comunitarie. È questo il caso della legge italiana del 10 ottobre 1990 e del progetto di legge belga del 10 settembre 1990.In Belgio è in vigore la legge 27 maggio 1960 contro l’abuso di posizione dominante, mentre non hanno concluso l’iter parlamentare altri progetti di legge sulla politica della concorrenza elaborati successivamente.Pertanto, il testo da esaminare (confrontandolo con la legge italiana e anche con quella comunitaria) è il progetto di legge del settembre 1990.Un primo problema è dato dal fatto che il Trattato di Roma non definisce il concetto di «concorrenza». Questa lacuna caratterizza anche molte leggi nazionali, inclusa quella belga del 1960, che contiene definizioni alquanto approssimative di «abuso» e di «posizione dominante». Il progetto di legge definisce solo tre concetti: «undertaking», «posizione dominante” e «ministro». Neppure la legge italiana fornisce definizioni.Il progetto di legge propone l’istituzione di un «Consiglio della concorrenza», con compiti sia di decisione circa attività anti-concorrenziali, sia di consultazione, di sua iniziativa o su richiesta del Ministro degli affari economici.Il consiglio è composto di dodici membri, di cui sei (compreso il presidente ed il vice-presidente) appartenenti alla magistratura ed altri sei designati sulla base della loro specifica competenza. Dodici membri supplenti sono designati sulla stessa base. Le nomine durano sei mesi e sono effettuate su deliberazione del Consiglio dei ministri. È facile immaginare che la Commissione sulla concorrenza sarà sottoposta a notevoli pressioni politiche. Inoltre, si prevede una commissione di consiglieri, rappresentanti le parti sociali, la cui consultazione ritarderà certamente le procedure.Il sistema previsto dalla legge italiana sembra preferibile, sia perché assicura una maggiore indipendenza dal potere politico, sia perché è più agile.Per quanto riguarda le operazioni di concentrazione, il progetto belga richiede una percentuale della quota di mercato (il 20%) che è inferiore a quella prevista dalla regolamentazione CEE (il 25%) ed inoltre il fatturato minimo richiesto, pari ad un miliardo di franchi belgi, appare eccessivamente basso, anche confrontato con quello della legge italiana, che è circa 15 volte più elevato e da commisurare ad un prodotto interno lordo cinque volte maggiore.Le procedure previste dal progetto belga (come, peraltro, anche quelle comunitarie) sembrano richiedere un eccessivo lavoro burocratico, anche a danno della riservatezza.Uno dei timori suscitati dalla regolamentazione comunitaria, attraverso le deroghe ai divieti di comportamento anticoncorrenziale, è quello di voler dar luogo a politiche industriali o sociali, piuttosto che ad una politica della concorrenza. In una parola, vi è il rischio che prevalga la «politica” vera e propria.Per quanto riguarda i rapporti tra normativa comunitaria e leggi nazionali, è possibile che ambedue siano applicate, purché non venga pregiudicata l’applicazione uniforme delle norme comunitarie.Le autorità nazionali possono vietare accordi rispetto ai quali la Commissione abbia dichiarato di non intervenire. Oltre a svolgere un ruolo di consulenza nei riguardi della Comunità, gli Stati possono inserirsi nel procedimento comunitario. Di fatto, per gli attori puo essere preferibile ricorrere alla magistratura, la quale può decidere il pagamento dei danni, anziché limitarsi ad imporre multe, come fa la Commissione.Con riferimento al sistema belga, si può dubitare che un Paese con un territorio così limitato possa regolamentare le concentrazioni, le quali sono già oggetto di normative comunitarie.Appare inoltre sorprendente, sia nel rapporto belga che nella legge italiana, l’assenza di norme che sopprimano il controllo dei prezzi.Poiché sia la legge italiana che il progetto belga si basano sulla normativa comunitaria, per fame una valutazione complessiva bisogna fare riferimento a quest’ultima, la quale si fonda sulla legislazione anti-trust statunitense che, tuttavia, negli ultimi anni e stata sottoposta a numerose critiche.Appare sempre piu di frequente che monopoli ed oligopoli non siano cosl preoccupanti come si pensava in passato. In particolare, un sistema oligopolistico può essere nella sua essenza concorrenziale.Non sembra quindi opportuno che, di fronte ad una revisione sostanziale di molte idee tradizionali in tema di funzionamento dei mercati, la Commissione e gli Stati membri accentuino il controllo delle concentrazioni.La politica comunitaria non sembra aver avuto un’evoluzione logica e coerente. In passato le concentrazioni mediante fusione venivano incoraggiate; dopo le si è considerate con diffidenza.Gli stessi concetti di «mercato rilevante», «pratiche concertate» e «posizione dominante” sono cambiati nel corso del tempo.Data l’ispirazione liberale del Trattato di Roma, la determinazione del «valore economico” dovrebbe essere lasciata al mercato, senza porsi il problema di identificare prezzi che siano «eccessivi». Anche per quanto riguarda gli accordi di distribuzione esclusiva, non sono chiari i danni che potrebbero conseguirne.In conclusione, le autorità nazionali farebbero meglio se cercassero d’influire sulla politica comunitaria della concorrenza piuttosto che adottarla senza i necessari approfondimenti.
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"Diritto italiano. Espulsioni." DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, no. 2 (September 2011): 164–75. http://dx.doi.org/10.3280/diri2011-002012.

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Abstract:
1. Giudice di pace di Cremona 5.4.2011 - espulsione - presupposto rifiuto rilascio permesso soggiorno - direttiva cd. rimpatri - rischio di fuga - motivazione proposta di espulsione del questore - contraddizione con altri atti adottati dalla PA - erronea motivazione su circostanze indicative del rischio assunto - eccesso di potere - illegittimitŕ derivata - annullamento 2. Giudice di pace di Milano 26.4.2011 - espulsione - direttiva cd. Rimpatri - rischio di fuga - motivazione - eccesso di potere - annullamento 3. Giudice di pace di Alessandria 10.5.2011 - espulsione - direttiva cd rimpatri - immediata applicabilitŕ - rischio di fuga - indici presuntivi - carenza disciplina di legge nazionale - annullamento 4. Giudice di pace di Palazzo San Gervasio 9.6.2011 - trattenimento in CIE - proroga - provvedimento collettivo.NOTA di Guido Savio, La proroga del trattenimento dei "57 tunisini" a Palazzo San GervasioRASSEGNA DI GIURISPRUDENZA5. Giudice di pace di Belluno 10.12.2010 - espulsione - pratica rinnovo del permesso oltre il termine di scadenza - motivazione provvedimento basata sul mero ritardo - illegittimitŕ 6. Giudice di pace di Firenze 11.2.2011 - espulsione - sottoscrizione - vice prefetto non vicario - delega - necessitŕ - assenza - annullamento
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Antonioni, Manuela, and Massimiliano Cesare Fornari. "Evolution of the concept of abuse of means of correction and discipline - L’evoluzione della nozione di abuso dei mezzi di correzione o disciplina - Evolución del concepto de abuso de los medios de corrección y disciplina." Rivista di Psicopatologia Forense, Medicina Legale, Criminologia, February 23, 2020. http://dx.doi.org/10.4081/psyco.2019.231.

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Abstract:
The crime of abuse of means of correction and discipline connotes punishment pipeline generally lawful, such as those relating to the use of the means of correction and discipline against a subject about which you have any disciplinary power, but that present an excess sufficient to overcome the rehabilitative purpose inherent in the aforementioned means alone which involves the legality of their forecast without falling in the application of an offense under Article. 571 penal code, modified never in literal text. Historically the interpretation of the scope of such incriminating case was not easy, as it has suffered more than other rules of the evolution of social customs, family and more generally cultural, which definitely has inevitably impacted on the scale of the notion abuse. The jurisprudence of the Supreme Court, such as about who has promptly implemented the guidelines, has greatly expanded the area of the illegality of the means of correction and discipline, reaching now to encompass any form of violence also moral or psychological, which It is therefore totally banned from the range of application of the provision and the use of means not only illegal but also whether former lawful when modified the underlying disciplinary order, which so discriminate more behaviors that the active subject holds despite a rehabilitative purpose actually, as it was considered by the jurisprudence dating. RiassuntoIl reato di abuso dei mezzi di correzione e disciplina connota la punizione di condotte in generale lecite, quali quelle relative all’utilizzo dei mezzi di correzione e disciplina nei confronti di un soggetto riguardo al quale si disponga di un potere disciplinare qualsiasi, ma che presentino un eccesso tale da superare la finalità rieducativa insita nei predetti mezzi la sola quale comporta la liceità della loro previsione senza scadere nell’applicazione della figura di reato prevista dall’art. 571 codice penale, mai novellata nel testo letterale. Storicamente l’interpretazione della portata di tale fattispecie incriminatrice non è stata agevole, in quanto ha risentito più di altre norme dell’evoluzione del costume sociale, familiare e più in generale culturale, la quale ha senz’altro inciso inevitabilmente sull’ampiezza della nozione di abuso. La giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, come quella di merito che ne ha prontamente recepito gli orientamenti, ha allargato notevolmente l’area della illiceità dei mezzi di correzione e disciplina, pervenendo ormai a ricomprendervi qualsiasi forma di violenza anche morale o psicologica, la quale risulta pertanto bandita totalmente dal novero dell’applicazione della disposizione in esame, nonché l’utilizzo di mezzi non solo illeciti ex se ma anche leciti allorquando trasmodino il fine disciplinare sotteso, che quindi non scrimina più quei comportamenti che il soggetto attivo tiene pur in presenza di uno scopo effettivamente rieducativo, così come si riteneva da parte della giurisprudenza più risalente. Resumen El delito de abuso de los medios de corrección y disciplina connota una línea de castigo generalmente legal, como los relacionados con el uso de los medios de corrección y disciplina contra un sujeto sobre el cual tiene algún poder disciplinario, pero que presentan un exceso suficiente para superar el propósito de rehabilitación inherente a los medios mencionados anteriormente implica la legalidad de su pronóstico sin caer en la aplicación de un delito en virtud del artículo. 571 código penal, modificado nunca en texto literal. Históricamente, la interpretación del alcance de este caso incriminatorio no fue fácil, ya que ha sufrido más que otras reglas de la evolución de las costumbres sociales, familiares y, en general, culturales, lo que definitivamente ha impactado inevitablemente en la escala del abuso de la noción. La jurisprudencia de la Corte Suprema, como sobre quién ha implementado las pautas rápidamente, ha expandido en gran medida el área de la ilegalidad de los medios de corrección y disciplina, llegando ahora a abarcar cualquier forma de violencia también moral o psicológica, que es por lo tanto totalmente prohibido del rango de aplicación de la disposición y el uso de medios no solo ilegales, sino también si eran legales cuando se modificaba la orden disciplinaria subyacente, lo que discrimina más comportamientos que el sujeto activo tiene a pesar de un propósito de rehabilitación en realidad, ya que se consideró por la datación jurisprudencial.
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Dissertations / Theses on the topic "Eccesso di potere"

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BRIAMONTE, ANNAMARIA. "L'eccesso di potere del giudice amministrativo." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2021. http://hdl.handle.net/10281/329940.

Full text
Abstract:
L’indagine verte intorno alla figura dell’eccesso di potere del giudice amministrativo, che rappresenta uno dei motivi di giurisdizione sindacabili dinanzi alla Corte di Cassazione ai sensi dell’art. 111, comma 8, Cost. Ne viene scandagliata la matrice storica, che rinviene il suo fondamento nella legge sui conflitti del 1877, l’evoluzione normativa, l’elaborazione dogmatica nell’ambito del dibattito scientifico e della prassi giurisprudenziale sino ai più recenti sviluppi applicativi. Il fulcro dell’istituto, che si sostanzia nella fattispecie dello sconfinamento, da parte del giudice amministrativo, nelle prerogative attribuite al legislatore o all’amministrazione, viene esplorato nella sua essenza contenutistica: con riguardo al quadro dei rapporti tra giurisdizione e amministrazione, la disamina corre lungo i sentieri ermeneutici in cui si innestano i concetti di discrezionalità (anche tecnica), merito, sindacato di legittimità, sindacato di merito; rispetto all’ipotesi dell’invasione del potere legislativo - la cui analisi viene inserita in una sezione ad hoc, in considerazione delle peculiarità della figura - la riflessione ruota sostanzialmente intorno alla constatazione di un suo rilievo pressoché solamente teorico, in considerazione della ampia portata e della valenza sistemica riconosciuta (e da riconoscersi) all’interpretazione giudiziale, l’attività di creazione sic et simpliciter della norma costituendo una evenienza di difficile (se non rara) verificazione in concreto. L’invasione da parte del giudice amministrativo delle facoltà riconosciute all’amministrazione - che costituisce il campo di elezione del lavoro - viene indagata, oltre che da un punto di vista dogmatico, nella prospettiva del sindacato della Corte regolatrice della giurisdizione nelle varie declinazioni in cui la stessa è suscettibile di tradursi, nella cornice della giurisdizione generale di legittimità, di merito (con specifico riguardo al giudizio di ottemperanza) ed esclusiva del giudice amministrativo. Punto cruciale della trattazione è il tentativo di individuare una netta linea di confine tra l’eccesso di potere giurisdizionale e l’omonimo vizio inficiante l’atto amministrativo, pur nella consapevolezza di una loro matrice dogmatica comune. Una tale direzione di ricerca si rivela proficua in vista della maturazione dei risultati di un’indagine volta essenzialmente ad enucleare e valorizzare la funzione dell’eccesso di potere del giudice amministrativo nel contesto ordinamentale di riferimento, e, per tale via, il ruolo (di garanzia) della Corte di Cassazione nelle sue vesti di giudice dei conflitti.
The research is focused on the excess of power of the administrative judge, one of the reasons of jurisdiction that can be reviewed before the Court of Cassation according to Article 111, paragraph 8, of the Italian Constitution. The historical matrix, which finds its basis in the law on conflicts of 1877, its evolution across the legislation, its dogmatic elaboration within the scientific debate and its development by case law are explored, coming up to its most recent applications. The core of the figure, which corresponds to the trespassing by the court on the prerogatives belonging to the legislator or the administration, is explored in its essence. On the one hand, about the relationships between jurisdiction and administration, the analysis is structured around concepts such as discretion (also technical), merit, legitimacy review and merit review. On the other hand, with respect to the hypothesis of the encroaching on legislative power - whose analysis is included in an ad hoc section, considering the peculiarities of the hypothesis - the reflection essentially revolves around the acknowledgment of its almost purely theoretical importance, due to the broad meaning granted to the judicial interpretation of the norms which precludes the qualification of the activity of the judge as an exercise of normative creation. The trespassing by the administrative judge on the powers belonging to the administration - which constitutes the chosen field of the work - is investigated not only from a dogmatic point of view but also from the perspective of its concrete review by the Court of Cassation, in relation to all forms of the jurisdiction of the administrative judge: from the general jurisdiction of legitimacy to the merit jurisdiction (with specific regard to the judgment of compliance) and to the exclusive jurisdiction. The crucial point of the discussion is the attempt to identify a clear boundary between the excess of jurisdictional power and the homonymous flaw affecting the administrative act, being aware of their common dogmatic foundation. Such an interpretative key appears especially useful in relation to the objectives of a survey essentially aimed at identifying and enhancing the function of the excess of power of the administrative judge in the context of the Italian judicial system, and, in this way, the (guarantor) role of the Court of Cassation as judge of conflicts.
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Books on the topic "Eccesso di potere"

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Santosuosso, Daniele U. Il principio di libera trasferibilità delle azioni: Eccesso di potere nelle modifiche della circolazione. Milano: A. Giuffrè, 1993.

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