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Journal articles on the topic 'Doveri informazione'

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1

Gainotti, Sabina, and Antonio G. Spagnolo. "Test genetici: a che punto siamo in Europa? A margine del Rapporto e delle Raccomandazioni della Commissione Europea sugli aspetti etici, giuridici e sociali dei test genetici." Medicina e Morale 53, no. 4 (August 31, 2004): 737–66. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2004.631.

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Abstract:
Il 6 e 7 maggio 2004 a Bruxelles ha avuto luogo un congresso organizzato dalla Commissione Europea per stimolare la riflessione sulle implicazioni etiche, sociali e giuridiche legate allo sviluppo e all’utilizzo dei test genetici. Gli Autori riferiscono sulle conclusioni di quelle due giornate, dedicate alla lettura ed alla discussione di 25 raccomandazioni proposte da un gruppo di lavoro multidisciplinare composto da politici, accademici, rappresentanti dell’industria e di organizzazioni volontarie di pazienti di vari paesi dell’Unione. La qualità dei test genetici disponibili, l’accuratezza dei loro risultati, le condizioni di accesso ai test e ai trattamenti (soprattutto per le persone con malattie rare), l’utilizzo appropriato dei campioni e dei dati, il consenso informato ed il rispetto della privacy, il counselling genetico pre e post test, il rischio di discriminazioni sulla base del genere e dell’etnia: questi sono solo alcuni dei problemi emersi in sede congressuale. Le 25 raccomandazioni della Commissione Europea si differenziano per certi versi da altri documenti e dichiarazioni internazionali, soprattutto per quanto riguarda lo “statuto” assegnato ai dati genetici (“eccezionalità” genetica); secondo il Gruppo di lavoro che ha scritto le raccomandazioni l’informazione genetica non è diversa dagli altri dati medici, e dunque dovrebbe essere trattata allo stesso modo. È pur vero però, che i test genetici offrono nuove informazioni e conoscenze che potranno complicare non solo il rapporto tra medico e paziente, ma anche quello tra paziente e familiari. Con l’aumento dei test genetici ci sarà bisogno di riferimenti chiari ed accettabili per tutte le parti coinvolte: medici, pazienti e familiari avranno bisogno di riferimenti per risolvere problemi pratici, per conciliare i vari diritti dei pazienti (ad es. i diritti di sapere o di non sapere, di condividere le informazioni o meno), e doveri dei medici (dovere di mantenere il segreto professionale e proteggere la privacy, ma talvolta anche il dovere di avvertire). Il consenso informato dovrà aiutare le persone a comprendere in modo adeguato tutte le implicazioni di un test, dalle sue possibili conseguenze a livello familiare e sociale, alla classificazione e all’uso dei suoi dati clinici e genetici per le ricerche future. Quando poi l’ “oggetto” di studio non è più il singolo individuo, ma gruppi ristretti di persone (ad es., negli screening genetici), sarà necessario un “consenso di gruppo”, mentre gli studi sulle popolazioni riguarderanno le società in senso lato. Infine rimane un interrogativo importante: tutti questi cambiamenti aumenteranno il livello di costo della sanità? Molti sono gli scenari e gli sviluppi possibili, ma questi non dipendono solo dai progressi della scienza. Per far si che i benefici di queste innovazioni superino i rischi corsi dagli individui e dalla società, sarà importante creare un quadro normativo responsabile, che sappia accompagnare e misurare le varie attività di implementazione dei test genetici, sia a livello dei singoli Stati, sia a livello dell’Unione Europea.
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Cozzoli, Mauro. "Il trapianto di organi nella prospettiva valoriale del dono." Medicina e Morale 46, no. 3 (June 30, 1997): 461–73. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1997.877.

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Abstract:
La chirurgia dei trapianti e la legge di una regolazione giuridica devono rispondere a una logica del dono. Questa pratica medica, infatti, si compie nel contesto di una relazione umana tra il soggetto dell'espianto e il soggetto dell'impianto. L'indole interpersonale dell'evento richiede che il rapporto sia da donatore a beneficiario, che sia cioè riconosciuta e tutelata la natura del dono dei tessuti e organi da trapianto. Si configura così un'etica del dono. Come esigenza etica la gratuità è sotto l'istanza del dovere e della responsabilità. Ovviamente nessuno può costringere a donare. Il dono non è coercibile: si annullerebbe come dono. Ma anche il dono esprime un dovere: non il dovere della legge ma dell'amore/carità, che ci lega al prossimo come nostro “fratello” nell'“economia” della paternità universale divina. Da qui l'invito che l'autore muove a tutti gli operatori sanitari ad annunciare e testimoniare questa etica del dono che ha nella medicina dei trapianti un campo inedito e singolare di promozione oggi di “qualità della vita”, della vita tout court. L'etica del dono non solo non contrasta ma appella essa stessa un ordine legale che la supporti e la favorisca. Una legalità che offra la possibilità effettiva a tutti, attraverso un'organica azione di informazione e formazione, di fare la propria scelta e di esprimerla, e che si faccia giuridicamente garante delle esigenze e della vita del donatore anche in merito al “consenso presunto”.
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3

Palazzani, Laura. "La prospettiva cristiano/cattolica su consenso informato e vaccinazione. Il caso dello Human Papilloma Virus / The Christian/Catholic perspective on informed consent and vaccination. The case of Human Papilloma Virus." Medicina e Morale 67, no. 6 (January 25, 2019): 677–91. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2018.562.

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Abstract:
L’articolo analizza il consenso informato nell’ambito della prospettiva cristiano/cattolica, evidenziando i principi etici di riferimento e le diverse interpretazioni e applicazioni pratiche, con riferimento ai documenti della Chiesa, in particolare la Nuova Carta degli Operatori Sanitari. In particolare l’attenzione è posta sul dialogo paziente/medico, sul dovere della informazione e il diritto/dovere all’informazione, in un contesto sociale multireligioso. L’autore analizza specificamente la questione delle vaccinazioni, con riferimento alle problematiche etiche sollevate dall’uso di cellule derivanti da feti abortiti. Una specifica analisi etica è dedicata al vaccino contro il papilloma virus e le implicazioni con particolare riferimento ai minori/adolescenti e alle donne. ---------- This article analyses informed consent from a Christian/Catholic perspective, placing emphasis on fundamental ethical principles and related interpretations and practical applications, with regard to documents of the Catholic Church, especially the New Charter for Health Care Workers. Significant attention is devoted to the patient/physician dialogue, the duty to inform and the right/duty of information, within a multi-religious society. The author specifically investigates the issue of vaccination, in relation to the ethical problems raised by the use of cell lines derived from aborted human foetuses. It includes an ethical analysis with a main focus on the case of human papilloma virus vaccine and its consequences, particularly for minors/adolescents and women.
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Bignamini, Angelo A. "Evidence-based medicine e linee guida di pratica clinica: soluzione o parte del problema?" Medicina e Morale 50, no. 2 (April 30, 2001): 225–49. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2001.719.

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Abstract:
La Evidence-based medicine (EBM) e le linee guida di pratica clinica sono oggi ampiamente utilizzate per prendere decisioni in campo sanitario. Sebbene abbiano il merito di sintetizzare efficacemente la vastissima massa di informazioni cliniche continuamente prodotte nel mondo moderno, e possano portare alla esclusione di procedure chiaramente inutili o dannose, non si possono trascurare i rischi di un loro impiego scorretto. Entrambe soffrono del difetto strutturale di essere limitate quanto a copertura, dato che oggetto di evidenza possono essere solo procedure in linea di principio non necessarie, e limitate in quanto ad applicabilità al caso individuale, dato che la previsione statistica su cui si fondano è applicabile a popolazioni e non a soggetti. Infine, la loro stessa origine può essere soggetta ad errori sistematici. EBM e linee guida possono essere un utile strumento di educazione di chi opera nella sanità e un efficace supporto alla programmazione dell’utilizzo delle risorse sanitarie disponibili. Non possono però prevaricare il diritto di ciascun malato alla migliore terapia disponibile, né il diritto-dovere di ciascun medico di applicare per ciascun paziente l’approccio terapeutico ritenuto più utile per il paziente stesso nelle sue specifiche condizioni. D’altra parte, l’aderenza del medico alle informazioni ricavate dalla EBM e alle raccomandazioni delle linee guida può al più costituire garanzia di evitare errori macroscopici, ma non di avere operato nel migliore interesse del paziente e in maniera appropriata sotto il profilo etico e deontologico.
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Bertin, Giovanni. "Complessitŕ e valutazione: l'impatto sulle pratiche dei servizi socio-sanitari." RIV Rassegna Italiana di Valutazione, no. 45 (October 2010): 47–72. http://dx.doi.org/10.3280/riv2009-045005.

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Abstract:
Il temine valutazione č entrato appieno nel dibattito sui servizi e sulle politiche sociosanitarie, ma le pratiche concrete sono ancora episodiche e non sempre hanno contribuito a migliorare i processi decisionali. I risultati positivi sono dovuti alla motivazione degli attori, al ruolo da loro giocato, ai processi e ai disegni di valutazione adottati. La valutazione deve farsi carico della complessitŕ sottesa agli interventi socio sanitari e deve costituire un occasione di apprendimento riflessivo per le organizzazioni. I disegni devono consentire di evitare l'autoreferenzialitŕ e attivare un confronto fra gli attori capace di creare senso, ma anche sviluppare uno scambio informativo basato sulle evidenze e farsi carico del rapporto fra informazioni prodotte e processo decisionale.
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Di Cosmo, Antonio Pio. "Le patologie di Giustiniano e le profilassi mediche in voga nella Proto Bisanzio. Gli Adynata come eccezionale cura." Asclepio 73, no. 1 (June 24, 2021): p336. http://dx.doi.org/10.3989/asclepio.2021.02.

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Abstract:
[it] Questa ricerca confronta i dati raccolti dai testi riguardanti l’imperatore Giustiniano con le informazioni concernenti la casistica delle malattie sessuali nel contesto della Proto Bisanzio. Un testo agiografico, la Vita di San Sansone, racconta: una grave malattia colpisce Giustiniano agli organi genitali e i medici non sono in grado di curarla. La patologia viene risolta da un miracolo di San Sansone. Questo adynaton pone l’imperatore in uno ‘spazio di copertura’. Dopo il 23° o 24° anno del suo regno, Giustiniano soffre disturbi ad una gamba, accompagnati da dolore durante la minzione. Körbler ipotizza che questi sintomi siano dovuti alla sifilide. Il disturbo alla gamba viene curato dall’intercessione dei santi Cosma e Damiano. La malattia dell’imperatore si rivela dunque come luogo della letteratura agiografica. L’adynaton poi conferma l’istituzione imperiale ed afferma l’adeguatezza del sovrano.
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Realini, Lucia. "Milano, fronte interno 1941-1943 Ebrei, antifascisti, clero e militari nelle segnalazioni dell'Uoc." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 258 (September 2010): 108–25. http://dx.doi.org/10.3280/ic2010-258007.

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Abstract:
Il saggio esamina i documenti relativi a uno dei tre settori di attivitŕ, il P, dell'Ufficio organizzazione capillare (Uoc) di Milano, articolazione a livello provinciale dell'omonimo Servizio centrale istituito dal Direttorio del Pnf e in funzione dal 1941 al 1943, come strumento di controllo della popolazione. L'Uoc aveva lo scopo di raccogliere capillarmente informazioni sui comportamenti dei cittadini e lo spirito pubblico attraverso svariate organizzazioni radicate sul territorio, e di trasmetterle al prefetto che disponesse i necessari accertamenti e/o sollecitasse a chi di dovere gli opportuni provvedimenti. L'analisi dei documenti evidenzia come il settore P dell'Uoc, con le sue segnalazioni, volesse colpire a ogni costo le condizioni di vita e di lavoro degli ebrei, e come d'altra parte, dagli accertamenti disposti da prefetto, risultasse sempre che gli ebrei denunciati non avevano violato nessuna delle leggi razziali e nemmeno le norme antisemitiche introdotte successivamente. Prive di riscontri risultano essere anche le segnalazioni relative al clero, a cittadini cui si imputano "attivitŕ sovversive", ad alcuni militari. Va infine sottolineato che sia i carabinieri sia il questore, pur eseguendo le indagini di cui erano incaricati, tendevano nei loro rapporti a minimizzare i fatti segnalati.
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Grigio, Monica. "L'esperienza di psicologia clinica perinatale in una maternitŕ ospedaliera." INTERAZIONI, no. 1 (July 2012): 100–118. http://dx.doi.org/10.3280/int2012-001008.

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Abstract:
Verrŕ illustrata la casistica del lavoro clinico svolto dal Servizio di Psicologia Clinica dell'U.O. di Ostetricia e Ginecologia dell'Ospedale V. Buzzi'. L'attivitŕ del Servizio prevede interventi sia a livello preventivo che di presa in carico psicoterapeutica in caso di psicopatologia e si articola in diversi ambiti (conduzione dei Corsi di accompagnamento alla nascita e al puerperio, assistenza psicologica nei reparti, attivitŕ psicoterapeutica ambulatoriale, assistenza psicologica in Diagnosi Prenatale, formazione psicologica per gli operatori che operano in ambito perinatale, attivitŕ di ricerca, ecc). L'intervento terapeutico in ambito perinatale in ospedale richiede un contatto emotivo molto intenso e una tecnica che sia in grado di sostenere anche le situazioni piů acute o in emergenza. La psicologa perinatale deve saper modulare in maniera flessibile il classico setting terapeutico: alla consuetudine di uno studio chiuso deve saper contrapporre il colloquio al letto della donna o in piedi davanti all'incubatrice del bambino, deve poter favorire e accompagnare cambiamenti rapidi, alternare occasioni di sostegno psicologico ad interventi di clinica classica, prestarsi ad un ascolto analitico come anche a momenti di semplice informazione, confrontarsi da sola con la donna o con il futuro padre, o dover intervenire in una dinamica di coppia o, ancora, nella relazione della madre con il neonato che magari richiede di essere allattato o cambiato durante la seduta.
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Smelser, Neil J., and Traduzione di Ettore Recchi. "RIFLESSIONI SULLA METODOLOGIA DEGLI STUDI COMPARATI." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 26, no. 1 (April 1996): 3–19. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200024023.

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Abstract:
Sono passati vent'anni da quando pubblicai Comparative Methods in the Social Sciences (Smelser 1976). Il libro riscosse un certo interesse da parte della sociologia e della scienza politica. Tuttavia, dovrei mettere in chiaro che la sua pubblicazione fu in qualche modo singolare. Nella mia carriera non mi sono mai considerato un metodologo, malgrado in alcuni periodi abbia insegnato metodologia. E benché ritenga che il messaggio di quel volume sia congruente con gran parte della mia ricerca sostantiva, avevo scritto ben poco sui metodi di comparazione prima dell'uscita del libro, e niente ho scritto sul tema in seguito. L'invito a tenere una lezione presso l'Istituto Universitario Europeo mi ha offerto una gradita opportunità di passare in rassegna alcuni sviluppi occorsi dopo la seconda metà degli anni Settanta e di elaborare nuove riflessioni su alcune tematiche metodologiche nelle scienze sociali comparatistiche. Queste mie riflessioni si svilupperanno in quattro parti: a) alcune informazioni sui precedenti della stesura del libro e un'analisi retrospettiva dei suoi contenuti e dei suoi scopi intellettuali; b) una rassegna dei contributi alla letteratura sulla metodologia comparatista che sono apparsi in seguito; c) un tentativo di mettere ordine in questa letteratura confusa; d) una breve riconsiderazione finale di un paio di problemi centrali che verranno allo scoperto in questa presentazione.
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Curcuruto, Claudia. "„… la buona corrispondenza de gl’animi è quella che facilità tutti i negozii“." Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 98, no. 1 (March 1, 2019): 303–25. http://dx.doi.org/10.1515/qufiab-2018-0014.

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Abstract:
Riassunto Sullo sfondo della complessa trama politica europea del Seicento, il presente contributo si propone di analizzare la Nunziatura Apostolica come risorsa amministrativa e politica nei processi di produzione e circolazione del sapere nel complesso rapporto tra la Curia romana e, in particolare, la Sacra Congregatio Concilii, e le chiese locali. Allargando la prospettiva e consultando fonti che finora non state prese in considerazione, si possono rilevare alcuni elementi costitutivi. L’attenzione è focalizzata soprattutto sulla Nunziatura di Vienna nella seconda metà del XVII secolo, e lo studio si concentrerà in particolare su uno dei grandi diplomatici pontifici di questo periodo, Francesco Buonvisi (1626–1700) che, tra 1675–1689, ricoprì la carica di nunzio apostolico presso la corte dell’imperatore Leopoldo I. In questo contesto è possibile esplorare le rappresentazioni del papa come strumento indispensabile per ottenere e gestire le informazioni. Trattare il nunzio apostolico come attore offre la possibilità di comprendere meglio i diversi processi della „diplomazia“, i suoi doveri e le sue attività nella nunziatura apostolica dell’età moderna. Il ruolo del nunzio papale presso la corte imperiale si presenta come „connettore“ tra due realtà (divergenti), come partner indispensabile per la Congregazione del Concilio, la Curia romana e il papa nell’amministrare la giustizia, nonché come importante mediatore per la promozione e l’esecuzione dei decreti di riforma del Concilio di Trento a livello locale. I nunzi apostolici non sono solo „oggetti“ di comunicazione della Curia romana o del papa, ma partecipano attivamente e con grande efficacia al governo della Chiesa e alla comunicazione tra Roma, le rispettive corti, e le diocesi dell’orbis catholicus.
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Fassino, S., A. Ferrero, P. L. Marchesi, and M. Mazzone. "Volontariato e assistenza a pazienti affetti da AIDS. Annotazioni su un gruppo di formazione per volontari." Medicina e Morale 40, no. 2 (June 30, 1991): 283–92. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1991.1144.

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Abstract:
In relazione alle complesse dinamiche psico-sociali in cui i soggetti HIV positivi ed i pazienti di AIDS sono coinvolti, viene segnalata la necessità di un'adeguata preparazione specifica di tutto il personale d'assistenza: ci si sofferma nel caso particolare su quella degli operatori che presentano il loro servizio presso le associazioni del volontariato organizzato. Viene al proposito fatto riferimento ad un corso-pilota della durata di quattro mesi organizzato dalla Caritas di Torino in collaborazione con la II Cattedra di Clinica Psichiatrica dell'Università di Torino e la Società Adleriana Italiana Gruppi e Analisi. Il progetto formativo di questo corso si articola in due momenti distinti. Il primo è costituito dalla possibilità di fornire ai futuri operatori informazioni adeguate, mediante una serie di lezioni sui vari aspetti del problema AIDS. Il secondo momer to formativo si articola nei lavori susseguenti ad ogni lezione, attraverso incontri in piccoli gruppi (10-12 persone) eterocentrati sul compito, che consiste nel dover discutere sui vari aspetti della comunicazione col paziente, sotto la guida di due conduttori, e per la durata di circa un'ora. Si ritiene in sintesi che solo attraverso una partecipazione critica ed almeno sufficientemente consapevole i volontari possano svolgere il difficile compito di stare vicini ai malati di AIDS in una relazione di solidarietà autentica.
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Marucci, Angelo, Davide Marino, Margherita Palmieri, and Silvia Pili. "ruolo delle aree agroforestali nella fornitura potenziale di servizi ecosistemici: il caso della Regione Molise." L’Italia Forestale e Montana 77, no. 4 (October 14, 2022): 153–63. http://dx.doi.org/10.36253/ifm-1723.

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Abstract:
I cambiamenti nell’uso e copertura del suolo rappresentano la principale causa della perdita del capitale naturale e dell’offerta dei servizi ecosistemici. Analizzare le dinamiche e gli impatti di tali cambiamenti è importante anche rispetto all’attuazione del Nuovo Testo Unico Forestale, che riconosce i servizi ecosistemici generati dalle foreste ed individua, nei Pagamenti per i Servizi Ecosistemici, gli strumenti innovativi per la gestione forestale sostenibile. L’implementazione di tali strumenti richiedono informazioni inerenti alla mappatura, alla quantificazione ed alla valutazione economica dei servizi ecosistemici. Nel nostro studio abbiamo analizzato la variazione dell’offerta dei servizi ecosistemici in relazione alle dinamiche di uso e copertura del suolo avvenuti tra il 1960 ed il 2018 nella Regione Molise. Per fare questo tipo di analisi abbiamo impiegato una metodologia basata sull’analisi in ambiente GIS dei processi di trasformazione del paesaggio agro forestale e sulle matrici qualitative di fornitura potenziale dei servizi ecosistemici legati alla copertura del suolo. I risultati ottenuti potrebbero essere funzionali a prevedere scenari futuri ed identificare strategie di adattamento per la mitigazione degli impatti dovuti ai cambiamenti della copertura del suolo a scala regionale e nazionale.
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Keay, Simon, Martin Millett, and Kristian Strutt. "An archaeological survey of Capena (La Civitucola, provincia di Roma)." Papers of the British School at Rome 74 (November 2006): 73–118. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200003238.

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Abstract:
UNA RICOGNIZIONE ARCHEOLOGICA A CAPENA (LA CIVITUCOLA, PROVINCIA DI ROMA)Questo articolo presenta i risultati della ricognizione geofisica e topografica condotta a Capena, come parte del ‘Progetto città romane nella media e bassa valle del Tevere’. I risultati si basano su precedenti lavori e forniscono nuove informazioni sull'organizzazione e lo sviluppo del sito all'incirca dall'VIII secolo a.C. fino al periodo tardo-antico. L'indagine geofisica rivela che l'insediamento antico fu strutturato intorno ad una sistema stradale che seguiva la sommità della Civitucola, con strade che si diramavano da essa. Le evidenze emerse, inoltre, indicano che nel periodo arcaico, il sito occupava probabilmente 3 ha, espandendosi fino a circa 8, 7 ha nel periodo repubblicano perpoi contrarsi fino a circa 6 ha in quello imperiale. Strutture antiche appaiono sia verso l'estremità occidentale dell'insediamento, intorno alle strutture emergenti del cosiddetto Castellaccio, dove esse sono verosimilmente collegate al Foro della città, sia ad un più basso livello sull'estremità orientale della città. Complessivamente i risultati raggiunti suggeriscono che, sebbene Capena sia stata una citta relativamcnte piccola rispetto ad altri centri come Falerii Novi, essa doveva probabilmente essere abbastanza densamente occupata e giocava un importante ruolo amministrativo nel territorio.
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Di Pietro, Maria Luisa, and Roberta Minacori. "Qual è il rischio delle tecniche di fecondazione artificiale?" Medicina e Morale 47, no. 3 (June 30, 1998): 465–97. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1998.832.

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Abstract:
L’articolo mette a fuoco i rischi che, o per l’imperizia dell’operatore, o per le procedure previste dalla tecnica di fecondazione, sono responsabili della morbilità e mortalità della donna e/o del nascituro. Uno dei rischi per la donna è legato alla stimolazione ovarica che si attua con una induzione farmacologica e che provoca la cosiddetta “iperstimolazione ovarica” e tumori della mammella e dell’ovaio. Altri rischi sono legati alle complicanze delle procedure di fecondazione artificiale e che riguardano soprattutto la fase di recupero delle ovocellule, la coltura in vitro, il trasferimento dei gameti e degli embrioni nelle vie genitali della donna. Il prelievo degli ovociti viene eseguito sotto controllo ecografico con rischio di dolori pelvici o addominali, infezioni ed emorragie, mentre il trasferimento dei gameti si esegue con la laparoscopia con complicanze legate all’anestesia. Il primo rischio per l’embrione è che non arrivi a vita autonoma per mancato trasferimento nelle vie genitali della donna, il mancato attecchimento nell’utero, l’aborto spontaneo o provocato, la maggiore incidenza di morbilità o di mortalità perinatale. Altri fattori negativi sono dovuti alla micromanipolazione dei gameti. Inoltre, dall’analisi della letteratura si evince che i nati da fecondazione artificiale presentano maggiori malformazioni congenite e una più elevata incidenza di prematurità. A tutti questi problemi si aggiunge l’inadeguata informazione fornita alle coppie che ricorrono alla fecondazione artificiale sui rischi, sugli effetti collaterali, sulle percentuali di successo.
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Presutti, Michelle, Giorgio Soro, Giulia Cnapich, and Sara Giordano. "SENSEMAKING E CURA DEL DIABETE: MAPPE COGNITIVE DI MEDICI E PAZIENTI A CONFRONTO." International Journal of Developmental and Educational Psychology. Revista INFAD de Psicología. 2, no. 1 (June 25, 2016): 323. http://dx.doi.org/10.17060/ijodaep.2015.n1.v2.262.

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Abstract:
Karl Weick, esponente del cognitivismo costruttivista, considera il sensemaking come un insieme di processi cognitivi in continua costruzione, a posteriori, di significati e di senso della realtà in cui viviamo.Il sensemaking è un processo continuo di creazione di senso quotidiano: le persone percepiscono selettivamente le informazioni su sé stessi e sull’ambiente in cui vivono, tali informazioni vengono elaborate cognitivamente attraverso un processo di selezione e ritenzione in memoria delle mappe cognitive costruite.Pertanto il sensemaking costituisce un’appropriata chiave di lettura dei fenomeni comportamentali in cui sono in gioco le rappresentazioni di un problema, soprattutto quando è di estrema necessità trovare punti di contatto in merito ai rapporti causali tra gli elementi che costituiscono le diverse mappe cognitive degli individui che ne prendono parte. L’analisi delle mappe cognitive può essere utile soprattutto al fine di individuare e condividere con maggiore chiarezza quali potrebbero essere le strade per un corretto ed efficace intervento risolutivo o di trattamento del problema.Dare senso alla malattia significa, sia per il medico che per il paziente, organizzare una mappa cognitiva (connessioni causali di elementi di significato) della realtà (della malattia) in un processo continuo di esperienza.Un flusso continuo che a partire da una percezione soggettivamente selettiva degli elementi disponibili (conoscenze, esperienze, eventi,etc.), organizza tali elementi in una mappa e li traduce in uno schema operativo di comportamento. Secondo Weick la realtà individuale si costruisce, mentre l’ambiente, il contesto, sono costruiti a priori.Le mappe cognitive che gli individui costruiscono influenzeranno le successive esperienze che si troveranno a dover fronteggiare nell’ambito dello stesso problema, in questo caso inerenti alla malattia diabetica.L’utilizzo del sensemaking applicato all’analisi dei processi di cura, pertanto, può diventare utile in particolare nei contesti di trattamento in cui la compliance e l’aderenza alle cure costituisce un fattore determinante nella gestione della patologia cronica, che prevede un modello di rapporto medico- paziente protratto nel tempo e centrato sulla possibilità di confronto rispetto alle modalità di cura e riuscita della stessa.La ricerca si è proposta pertanto di indagare attarverso la somminisrazione di interviste a medici e pazienti e attarverso al successiva analisi del testo e delle ricorrenze lingusitiche elaborate attraverso appositi software di ricostruire e mettere a confronto le rispettive mappe cognitive che stanno alla base delle rappresentazioni della malattia e della sua gestione e quindi dei comportamenti conseguenti di chi cura e di chi è curato.
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Serra, Angelo, and Grazia Bellanova. "Accertamento prenatale di rischio di patologia cromosomica fetale." Medicina e Morale 46, no. 1 (February 28, 1997): 15–35. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1997.886.

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Abstract:
Da circa trenta anni la diagnosi prenatale di sindromi causate da alterazioni dell’informazione genetica è entrata nella prassi dell’assistenza medica. Criteri deontologici e considerazioni etiche circa il rispetto delle giuste esigenze e diritti della coppia parentale, da una parte, e dell’incolumità del concepito, dall’altra, avevano portato a stabilire alcune precise indicazioni per l’esecuzione della diagnosi prenatale: l’età della madre non doveva essere superiore ai 35-38 anni. Nella prospettiva eugenistica che sta prevalendo nella società, appoggiata anche da provvedimenti legislativi, tale criterio venne considerato insufficiente perchè sarebbero rimasti a farne parte ancora troppi soggetti “indesiderati”, affetti da serie e gravi malformazioni. Furono, perciò, intraprese indagini al fine di trovare altri parametri atti a rivelare abbastanza presto durante la gravidanza un aumentato rischio di patologia cromosomica per un embrione o un feto, quali il test delle alfa-feto-proteine, e il triplo-test. Dal punto di vista etico, è buona e lecita la ricerca di un corretto ed efficiente metodo predittivo di rischio di feto affetto da patologia cromosomica e la sua applicazione qualora il fine per cui il metodo venga applicato sia buono, ossia non abbia scopi eugenetici, e non rechi danno alla donna, al bambino o alla società. Dal punto di vista deontologico, supposta la bontà etica gli autori sottolineano soprattutto l’obbligo del consenso informato all’esame, ossia una completa e rigorosa informazione e un severo controllo di qualità; in altri termini, un accertamento esatto dell’età gestazionale del feto e una corretta definizione del rischio.
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Sette, Raffaella, and Simone Tuzza. "Abuso su minori in contesti istituzionali a carattere religioso: la parola agli operatori." SICUREZZA E SCIENZE SOCIALI, no. 2 (August 2021): 15–31. http://dx.doi.org/10.3280/siss2021-002002.

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Abstract:
I criminologi si trovano sempre più spesso ad affrontare la problematica relati-va al verificarsi di abusi e maltrattamenti su minori. Tale questione, però, risulta difficilmente indagabile per via della natura fragile delle vittime e per i contesti in cui solitamente si verificano questi eventi e cioè gli ambienti familiari o quelli a ca-rattere istituzionale (come scuole, centri ricreativi e sportivi, strutture ecclesiastiche). Negli ultimi anni alcuni scandali relativi ad abusi perpetrati nei confronti dei minori all'interno di organizzazioni religiose e/o di ispirazione religiosa hanno de-stato l'interesse dell'opinione pubblica angloamericana, ma non solo. Questo particolare tipo di contesto in cui vengono perpetrati tali abusi su minori conduce a dover affrontare la questione sotto molteplici aspetti. Difatti, in deter-minati ambienti, molti fattori concorrono a rendere difficoltosa l'individuazione dell'abuso che risulta, per questo motivo, estremamente sottostimato. Il presente articolo, grazie alle informazioni ricavate da interviste semi-strutturate e focus group effettuati con criminologi, operatori del controllo sociale, educatori ed assistenti sociali nell'ambito della ricerca europea "SAFE - Suppor-ting Action to Foster Embedding of child safeguarding policies in Italian faith led organizations and sports club for children" (grant agreement n° 856807), si concentrerà sulla problematica degli abusi sui minori in organizzazioni religiose e/o di ispirazione religiosa con il fine di raccogliere nuovi elementi sul fenomeno, carat-terizzato da un elevato numero oscuro, e di proporre strategie d'intervento per la prevenzione della vittimizzazione. La partecipazione allo studio di testimoni signi-ficativi impreziosisce la pertinenza dell'approccio qualitativo proposto ed è utile per mettere in evidenza una questione scarsamente trattata dalla ricerca socio-criminologica italiana.
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Sebastiani, Giuseppe, and Annalisa Falcone. "Cultura e pratica psichiatrica nella medicina di base. Una indagine sui medici di Bari." Epidemiologia e Psichiatria Sociale 2, no. 3 (December 1993): 205–10. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x0000703x.

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Abstract:
RiassuntoScopo - Fornire informazioni sui rapporti tra medicina generale e psichiatria nelFItalia meridionale, facendo luce su attitudini, opinioni e comportamenti dei medici di base inerenti a problemi e situazioni di carattere psichiatrico o, in generale, emotivo. Disegno - Invio di un questionario contenente domande sulla gestione dei pazienti portatori di problemi psicologico/psichiatrici in relazione alle variabili demografiche e di formazione professionale dei medici stessi. Setting - Medicina di base di Bari. Principali misure utilizzate - Confronto fra le caratteristiche dei medici che hanno risposto al questionario e quelle della popolazione totale mediante il test del chi-quadrato nonché percentuali di risposte alle varie domande. Risultati - Ha restituito il questionario circa il 20% dei medici, fra i quali il numero di soggetti in possesso di specializzazione(-i) è significativamente maggiore che nella popolazione totale. Le attività formative in campo psichiatrico, ritenute necessarie dal 94% dei partecipanti, sono peraltro piu regolarmente praticate da non oltre il 13% degli stessi. Il 56% dei medici stima la morbilità psichiatrica nel 10-30% delle visite. Soltanto il 19% dei partecipanti è d'accordo nel considerare la legge 180 «un salto di qualita nell'assistenza del paziente psichiatrico». Il 53% dei medici inviano i pazienti allo psichiatra in meno del 10% dei casi (il 60% delle volte per problemi di tipo ansioso-depressivo). Nel 25% circa dei disturbi psicosomatici vengono prescritti antispastici, mentre «cerebroattivi» e «ricostituenti» sono utilizzati rispettivamente nel 75 e 23% delle condizioni di astenia psichica e scadimento della performance intellettuale. Conclusioni - La bassa percentuale di medici che hanno risposto al questionario limita la generalizzabilità dei dati ottenuti. In base al campione raccolto sembrano comunque doversi sottolineare la percezione della difficoltà di gestire il disagio emotivo (peraltro di comune riscontro nella pratica quotidiana), l'esigenza di disporre di piu ampie opportunita di formazione specifica e di coUaborazione con gli psichiatri (a fronte della scarsa integrazione attuale) e la necessità di una maggiore razionalizzazione dei trattamenti farmacologici.
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Bernardi, B., and A. Zimmerman. "Valutazione RM delle malformazioni midollari dell'infanzia (0–2 anni)." Rivista di Neuroradiologia 5, no. 1_suppl (April 1992): 57–64. http://dx.doi.org/10.1177/19714009920050s111.

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Abstract:
Le malformazioni vertebro-midollari possono essere classificate in diversi gruppi, le forme phù comuni sono comprese in due grandi categorie: 1- disrafismi spinali (spina bifida aperta, disrafismo spinale occulto), 2- altre anomalie spinocaudali. La conoscenza sia dell'embriologia normale che degli aspetti anatomici delle lesioni congenite porta alla comprensione del momento e della fase di sviluppo in cui la normale sequenza era stata interrotta e permette la classificazione delle malformazioni midollari. La risonanza magnetica fornisce la migliore descrizione delle relazioni anatomiche nelle lesioni congenite e quindi rappresenta il modo migliore per pianificare ii trattamento. Alcune anomalie congenite, sebbene presenti alla nascita, non giungono all'attenzione clinica fino all'età adulta. Altre lesioni sono tipicamente evidenti alla nascita o nei primi anni di vita. Il diffuso uso della RM riduce la diagnosi tardiva delle malformazioni occulte e fornisce le informazioni richieste per la pianificazione chirurgica. La proposta di questo lavoro è di utilizzare l'esperienza acquisita dalla revisione della casistica del Children's Hospital di Philadelphia per evidenziare il ruolo della RM nella scoperta e nella valutazione delle malformazioni midollari nei primi due anni di vita. I problemi diagnostici per la giovane eta dei pazienti (0–2 anni), particolarmente importanti nello studio del neonato sono dovuti a considerazioni anatomiche sulla colonna in sviluppo ed alla necessità di ottenere immagini in tempi brevi per avere un controllo del movimento senza anestesia. Sono stati valutati retrospettivamente 64 esami RM di 52 pazienti con evidente o sospetto disrafismo spinale. Sedici presentavano alla nascita una massa dorsale coperta o non coperta da cute. Trentasei erano disrafismi spinali sospetti senza massa dorsale associata (disrafismi spinali occulti) di cui nove presentavano una RM negativa. La RM è attualmente una procedura diagnostica sicura, sensibile e di facile esecuzione e pertanto va utilizzata non appena se ne renda evidente la necessità.
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Ciccotti, Anna. "I "bisogni speciali" dei siblings: il vissuto psicologico dei fratelli di ragazzi autistici nel contesto familiare." RIVISTA DI PSICOTERAPIA RELAZIONALE, no. 53 (June 2021): 48–74. http://dx.doi.org/10.3280/pr2021-053004.

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Abstract:
La nascita di un figlio è il momento in cui si concretizza il più straordinario progetto d'amore e si sperimenta una condivisione di vi-ta, un'apertura al mondo. È altresì un evento "critico" perché porta la coppia ad affrontare una serie di situazioni nuove, alcune delle quali richiedono una ri-strutturazione del rapporto di coppia, delle consuete routines familiari: il piccolo sistema familiare da diadico diventa triadico (Larcan, 2016). Ma cosa succede quando alla criticità insita nella nascita di un figlio si aggiungono altri e ben più critici elementi, come una disabilità? Si susseguono nei genitori tante forti emozioni come tristezza e dolore, senso di colpa, ansia e paura, rabbia e invidia, che inizialmente sembrano sopraffare i genitori e viene richiesta loro un'enorme quan-tità di risorse per fronteggiare la situazione. Il momento dell'impatto con la diagnosi viene attraversato e percepito da ogni famiglia in maniera diversa in base alle esperienze personali di ognuno, ai valori sociali, al background culturale, ma anche in base alle modalità con cui la diagnosi viene formulata, alla disponibi-lità di adeguati supporti familiari e alle informazioni di cui si dispone. Un peso rilevante è dato infine dalla possibilità di usufruire di un adeguato sostegno sociale in termini di servizi di supporto sanitario e psicologico al bambino e alla famiglia (Cuzzocrea, Larcan, 2011). Non da molto tempo la letteratura ha iniziato a indagare su una tematica molto interessante e complessa che riguarda i fratelli "sani" di ragazzi affetti da problematiche fisiche o mentali: questo filone di ricerca si è dedicato allo studio dei cosiddetti siblings, termine che nel mondo anglosassone indica semplicemente un legame di fraternità, mentre nel panorama italiano, fa riferimento nello specifico a fratelli e sorelle di bambini con disabilità. Se per i genitori l'accudimento verso i figli è un processo naturale, che può diventare più difficoltoso per il disturbo di cui è affetto il figlio, per un fratello non è così scontato pensare di doversi fare carico della patologia e della vita del proprio caro, una volta che i genitori non ci saranno più. I fratelli degli autistici spesso si somigliano: sono silenziosi, pro-fondi, sognatori e diffidenti; per loro è difficile adeguarsi al modo di vivere, di scherzare, di comportarsi dei coetanei. Questo lavoro prende in considerazione il mondo emotivo, spesso ancora poco esplorato di chi vive come "fratello di" - per tutta la vita, analizzando le conseguenze della presenza del bambino con autismo sulla vita del fratello con sviluppo tipico.
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Harhoff, Frederik. "Securing criminal evidence in armed conflicts abroad." Military Law and the Law of War Review 58, no. 1 (November 25, 2020): 2–30. http://dx.doi.org/10.4337/mllwr.2020.01.01.

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Abstract:
This article concerns an issue that has become increasingly relevant for international coalition forces participating in joint military operations abroad, viz. the duty to collect, document, record and secure evidence of serious violations of international humanitarian law (IHL) and international human rights committed in armed conflicts. The point, simple as it seems, is that respect for justice and international humanitarian law requires that perpetrators of war crimes etc. be brought to justice. Yet prosecution and trial of these crimes cannot succeed without material proof and information that meet the standards for admission into evidence in criminal trials. However, judicial experience from international criminal trials suggests that much of the evidence produced in Court fails to meet this standard – and is therefore dismissed. The article highlights the need to secure evidence of these crimes and proposes five simple basic recommendations for military personnel who come across evidence of serious violations of international humanitarian law in armed conflicts: (1) be familiar with the elements of genocide, crimes against humanity, war crimes and aggression; (2) know the rules of the game regarding collection of evidence, including the duty to respect local norms and authorities and to follow any international rules or agreements, and the duty to comply with obligations to seek authorization for investigation from domestic authorities; (3) be careful in your registration and handling of evidence material; (4) be careful not to hurt yourself or others when you search for evidence; and (5) stay critical and impartial to all material and information you receive from others. Cet article aborde un problème que les forces armées des coalitions internationales rencontrent de plus en plus souvent lorsqu’elles participent à des opérations militaires conjointes à l’étranger: l’obligation de rassembler, de documenter, d’enregistrer et de garantir des preuves de violations graves du droit international humanitaire et des droits de l’homme lors de conflits armés. Aussi simple qu’il paraisse, le principe est le suivant: le respect de la justice et du droit international humanitaire implique que les auteurs de crimes de guerre et autres soient traduits en justice. Toutefois, les poursuites judiciaires et le procès qui s’ensuit ne peuvent aboutir sans preuves matérielles et informations qui répondent aux normes d’admission de la preuve dans les procès au pénal. L’expérience judiciaire de ces procès internationaux suggère néanmoins que bon nombre des preuves présentées au tribunal ne répondent pas à ces normes et sont dès lors rejetées. L’auteur insiste sur le besoin de fournir des preuves de ces crimes et propose cinq recommandations de base pour le personnel militaire qui aurait des preuves de violations graves du droit international humanitaire dans les conflits armés: (1) informez-vous sur les différents éléments qui composent le génocide, les crimes contre l’humanité, les crimes de guerre et les agressions; (2) connaissez les règles relatives au rassemblement de preuves, y compris le devoir de respecter les normes et autorités locales, de suivre les règles et accords internationaux, et de se conformer à l’obligation d’obtenir une autoris­ation des autorités nationales pour mener une enquête; (3) soyez prudents lorsque vous enregistrez et utilisez des éléments de preuve; (4) veillez à ne pas causer de tort aux autres ni à vous-même lorsque vous cherchez des preuves; et (5) restez critique et impartial lorsque vous recevez des informations d’autres personnes. Dit artikel bespreekt een kwestie die van toenemend belang is voor internationale coalitietroepen die deelnemen aan gezamenlijke militaire operaties in het buitenland, nl. de plicht om bewijs van ernstige schendingen van het internationaal humanitair recht (IHR) en van de mensenrechten in gewapende conflicten te verzamelen, te staven, vast te leggen en veilig te stellen. Het punt, hoe eenvoudig ook, is dat het respect voor de rechtspleging en het internationaal humanitair recht vereist dat de daders van oorlogsmisdaden enz. voor het gerecht worden gebracht. Toch kunnen deze misdaden niet succesvol vervolgd en berecht worden zonder materieel bewijs en informatie die voldoen aan de normen om als bewijs in strafprocessen te worden toegelaten. De ervaring uit internationale strafprocessen leert echter dat veel van het bewijsmateriaal dat in de rechtbank wordt aangedragen, niet aan deze norm voldoet – en daarom wordt verworpen. Het artikel benadrukt de noodzaak om het bewijs van deze misdaden veilig te stellen en stelt vijf eenvoudige basisaanbevelingen voor aan militairen die in gewapende conflicten bewijzen van ernstige schendingen van het internationaal humanitair recht aantreffen: (1) wees op de hoogte van de elementen van genocide, misdaden tegen de menselijkheid, oorlogsmisdaden en agressie; (2) ken de regels van het spel met betrekking tot het verzamelen van bewijs, met inbegrip van de plicht om de lokale normen en autoriteiten te respecteren en om alle internationale regels of overeenkomsten te volgen, evenals de plicht om te voldoen aan de verplichting dat aan binnenlandse autoriteiten toestemming moet worden gevraagd om een onderzoek in te stellen; (3) let op bij het registreren en behandelen van bewijsmateriaal; (4) zorg ervoor dat je jezelf of anderen geen schade berokkent wanneer je naar bewijs zoekt; en (5) blijf kritisch en onpartijdig ten opzichte van al het materiaal en de informatie die je van anderen ontvangt. El artículo aborda un problema que con el tiempo ha adquirido una importancia relevante para las fuerzas en coalición que participan en operaciones conjuntas en el exterior, tal cual es el deber de recoger, documentar, registrar y asegurar las pruebas de crímenes graves contra el Derecho Internacional Humanitario (DIH) y contra los derechos humanos cometidos en los conflictos armados. El asunto, tan simple como parece, es que el respeto por la justicia y el Derecho Internacional Humanitario exige que en definitiva los perpetradores de crímenes de guerra sean llevados ante la justicia. Sin embargo, la acusación y el enjuiciamiento de estos crímenes no pueden prosperar sin una prueba material e información que reúna los requisitos necesarios para ser admitida como prueba de cargo en juicios penales. Al hilo de esto, la experiencia judicial en procedimientos penales internacionales demuestra que muchas de estas pruebas presentadas ante un tribunal no cumplen con estos estándares y, por consiguiente, son rechazadas. El artículo resalta la necesidad de asegurar la prueba de estos crímenes y propone cinco recomendaciones básicas para el personal militar que deba requisar estas pruebas relativas a crímenes graves contra el Derecho Internacional Humanitario en conflictos armados: (1) Familiarizarse con los elementos constitutivos del crimen de genocidio, crímenes contra la humanidad, crímenes de guerra y crimen de agresión; (2) Conocer las reglas del juego relativas a la recogida de pruebas, incluido el deber de respetar las normas y a las autoridades locales y cualquier otra regla o acuerdo internacional, y el deber de cumplir con la obligación de solicitar autorización a las autoridades locales para llevar a cabo investigaciones; (3) Ser diligente en el registro y manejo de las pruebas materiales; (4) Tener cuidado de no dañarse o dañar a otros en la búsqueda de las pruebas; y (5) tener una actitud crítica e imparcial ante las pruebas e información que se reciba de otros. Questo articolo tratta di una questione che è diventata sempre più rilevante per le forze di coalizione internazionali che partecipano ad operazioni militari congiunte all’estero, vale a dire il dovere di raccogliere, documentare, registrare e mettere al sicuro le prove di gravi violazioni al diritto internazionale umanitario (IHL) e dei diritti umani commesse nei conflitti armati. Il punto, semplice come appare, è che il rispetto della giustizia e del diritto internazionale umanitario richiedono che gli autori di crimini di guerra etc. siano assicurati alla giustizia. Però l’azione penale e il processo per tali crimini non possono avere successo senza prove materiali e informazioni che soddisfino gli standard per l’ammissione come prova nei processi penali. Tuttavia, l’esperienza giudiziaria dei tribunali penali internazionali suggerisce che molte delle prove prodotte nei tribunali non soddisfano questi standard e perciò vengono respinte. Questo articolo evidenzia la necessità di garantire prove di questi crimini e propone cinque semplice raccomandazioni di base per il personale militare che si imbatte in prove di serie violazioni al diritto internazionale umanitario nei conflitti armati: (1) Conoscere gli elementi del genocidio, dei crimini contro l’umanità, dei crimini di guerra e dell’aggressione; (2) Conoscere le regole del gioco riguardo la raccolta delle prove, compreso il dovere di rispettare le norme e autorità locali e di seguire qualsiasi regola o accordo internazionale, e il dovere di rispettare gli obblighi di chiedere l’autorizzazione alle indagini alle autorità nazionali; (3) Fare attenzione nella registrazione e gestione del materiale probatorio; (4) Fare attenzione a non fare del male a se stessi od altri nella ricerca delle prove; e (5) Rimanere critici ed imparziali nei confronti di tutto il materiale e delle informazioni ricevute da altri. Dieser Artikel behandelt eine Angelegenheit, die für die Streitkräfte internationaler Koalitionen, die sich an gemeinsamen Militäreinsätzen im Ausland beteiligen, an Relevanz gewinnt, nämlich die Pflicht, Beweismittel schwerer Verletzungen des internationalen humanitären Rechts und internationaler Menschenrechte in bewaffneten Konflikten zu sammeln, zu dokumentieren, aufzuzeichnen und sicherzustellen. Der Kernpunkt, so einfach dieser scheinen mag, besteht darin, dass Respekt vor der Justiz und dem internationalen humanitären Recht erfordert, dass Täter von Kriegsverbrechen, usw. vor Gericht gebracht werden sollen. Dennoch können die Verfolgung und Ahndung dieser Verbrechen ohne materiellen Beweis und Informationen, die den Standards zur Zulassung als Beweismittel in Strafprozessen gerecht werden, nicht gelingen. Die gerichtliche Erfahrung internationaler Strafprozesse weist allerdings darauf hin, dass manche der dem Gericht unter­breiteten Beweise diesen Standards nicht gerecht werden, und somit abgewiesen werden. Der Autor unterstreicht, dass es notwendig ist, Beweise für diese Verbrechen sicher­zustellen, und schlägt fünf einfache Grundempfehlungen für Militärangehörige vor, die auf Beweise schwerer Verletzungen des internationalen humanitären Rechts in bewaffneten Konflikten stoßen: (1) Sorgen Sie dafür, dass Sie die Elemente des Genozids, der Verbrechen gegen die Menschlichkeit, Kriegsverbrechen und Aggressionen kennen; (2) seien Sie mit den Spielregeln hinsichtlich der Sammlung von Beweisen vertraut, und dies einschließlich der Pflicht, örtliche Normen und Autoritäten zu respektieren, irgendwelche internationale Regeln oder Abkommen zu befolgen und die Verpflichtungen zu erfüllen, um die Genehmigung zur Durchführung von Ermittlungen von den Behörden des betreffenden Landes einzuholen; (3) seien Sie vorsichtig bei Ihrer Erfassung von bzw. Ihrem Umgang mit Beweismaterial; (4) sorgen Sie dafür, dass Sie sich selbst oder anderen keinen Schaden zufügen, wenn Sie nach Beweisen suchen; und (5) bleiben Sie kritisch und unvoreingenommen in Bezug auf all das Material und alle Informationen, die Sie von anderen erhalten.
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Menis, Claudio. "Les rapports entre le droit communautaire et la nouvelle loi italienne relative à la protection de la concurrence." Journal of Public Finance and Public Choice 8, no. 2 (October 1, 1990): 79–92. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907344974.

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Abstract:
Abstract La nuova legge italiana sulla concorrenza s’inserisce in un contesto economico e giuridico caratterizzato dall’esistenza del diritto comunitario della concorrenza, che è applicable a tutti i comportamenti delle imprese che producono effetti nella Comunità economica europea.Il diritto comunitario non esclude che gli Stati membri introducano leggi nazionali per la protezione della concorrenza, che anzi possono coesistere legittimamente con il diritto comunitario e anche svolgere un ruolo importante in seno alla Comunità.Pertanto, è utile esaminare quale sia l’incidenza del diritto comunitario della concorrenza sulla legge italiana e, inoltre, quale sia il ruolo che la legge italiana può svolgere per contribuire ad assicurare il buon funzionamento del mercato comune.In primo luogo, è necessario esaminare i rapporti tra gli articoli 85 e 86 del Trattato CEE e i diritti nazionali della concorrenza.Tali articoli si applicano esclusivamente ai comportamenti delle imprese che sono suscettibili d’influenzare gli scambi commerciali tra Stati membri. Essi non hanno quindi il compito di sostituirsi ai diversi diritti nazionali della concorrenza ma, al contrario, lasciano aperta agli Stati membri la possibilità di emanare norme specifiche per il controllo delle imprese i cui comportamenti hanno effetto nei rispettivi territori nazionali.Peraltro, secondo quanto ha stabilito nel 1969 la Corte di Giustizia delle Comunità europee, l’applicazione parallela del diritto comunitario e del diritto nazionale non può essere ammessa che nella misura in cui non pregiudichi l’applicazione uniforme, in tutto il mercato comune, delle norme comunitarie.Tra i diversi casi possibili, quelli in cui le autorità nazionali possono agire sono sia il caso in cui la Commissione abbia ritenuto di vietare gli accordi o le pratiche in discussione, ed in cui un divieto a livello nazionale potrebbe contribuire ad elevare le sanzioni nei riguardi dell’impresa incriminata (pur tenendosi conto del fatto che per motivi di equità le sanzioni cumulate non possono superare un certo livello), sia il caso in cui la Commissione abbia dichiarato che un accordo o una pratica non rientrano nel campo d’applicazione degli articoli 85 o 86; in quest’ultimo caso, secondo la dottrina prevalente, un’attestazione negativa non priverebbe le autorità nazionali del diritto di applicare la loro legislazione sulla concorrenza. Un caso analogo è quello in cui la Corte, con una speciale lettera amministrativa (lettre de classement), abbia espresso l’opinione di non dover intervenire in applicazione dell’art. 85, e nel quale le autorità nazionali possono applicare le loro norme più ristrette.Per quanto riguarda, poi, il regolamento comunitario attinente alle concentrazioni nei suoi rapporti con i diritti nazionali di concorrenza, esso non determina il suo campo di applicazione sulla base dell’influenza esercitata sugli scambi tra Stati membri, ma in funzione del criterio della dimensione comunitaria dell’operazione di concentrazione. In questo caso, contrariamente a quanto accade per l’applicazione degli articoli 85 ed 86 del Trattato CEE, viene escluso qualsiasi intervento dei sistemi nazionali nei riguardi delle concentrazioni di dimensione comunitaria (con due eccezioni: quando la concentrazione rischia di determinare una «posizione dominante” all’interno di uno Stato membro e quando uno Stato membro intenda assicurare la protezione di interessi legittimi che non sono tutelati dal regolamento comunitario).Gli Stati membri possono, invece, applicare la loro legislazione alle concentrazioni che non abbiano dimensione comunitaria.Tutto quanto precede riguarda i rapporti tra normative CEE e diritti nazionali degli Stati membri. Vediamo adesso la posizione della legge italiana con riguardo al diritto comunitario della concorrenza.A questo riguardo, vi sono alcune difficoltà interpretative. Infatti, secondo il primo comma dell’art. l della legge, quest’ultima si applicherebbe alle intese, agli abusi di posizione dominante ed alle concentrazioni d’imprese che non ricadono nell’ambito di applicazione delle norme comunitarie. Pertanto, l’Autorità italiana, dopo aver constatato che un caso sottopostole non rientra nell’ambito di applicazione della legge, ne informa la Commissione delle Comunità europee, trasmettendole tutte le informazioni in suo possesso.Se ci si attenesse, quindi, ai due primi’ paragrafi, si potrebbe ritenere che la legge italiana non possa mai essere applicata a casi che rientrano nella competenza del diritto comunitario della concorrenza; tale limitazione del diritto italiano della concorrenza, come si è visto, non è richiesta dal diritto comunitario (salvo per le concentrazioni di dimensione comunitaria).Il terzo paragrafo dell’art. 1, tuttavia, sembra introdurre un’eccezione a questa limitazione, affermando che, per quanto riguarda i casi per i quali la Commissione delle Comunità europee ha gia iniziato una procedura, l’Autorità italiana deve sospendere l’istruttoria, «salvo per gli eventuali aspetti di esclusiva rilevanza nazionale».Due interpretazioni sono possibili: che gli «aspetti di esclusiva rilevanza nazionale” si riferiscano soltanto a comportamenti che non sono suscettibili d’influenzare gli scambi tra Stati, oppure che si riferiscano anche a comportamenti che possono influenzare tali scambi e, di conseguenza, la legge italiana potrebbe applicarsi anche a comportamenti che rientrano nel diritto comunitario della concorrenza. In quest’ultimo caso potrebbe esservi un’applicazione parallela dei due ordinamenti della concorrenza, sempre con il rispetto del primato del diritto comunitario (salvo che per le concentrazioni di dimensione nazionale).Sara compito dell’Autorità scegliere tra queste due possibili interpretazioni.
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Helzlsouer, Kathy J., Kelly Phair, Shannon Manocheh, and Stephen Holmes. "Feasibility Study of a Music Therapy Intervention for Patients Breast Cancer Survivors with Cognitive Dysfunction: The MusIC Study." Music and Medicine 8, no. 3 (July 31, 2016): 84. http://dx.doi.org/10.47513/mmd.v8i3.418.

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Abstract:
Cognitive impairment following treatment is a common complaint among breast cancer patients. Commonly affected cognitive domains include executive level functioning, working and verbal memory, concentration and information processing. A feasibility study was conducted to evaluate the ability to recruit for a choral-based music therapy intervention study and to refine the design of the intervention. The intervention was conducted over a 2-month period and included group music therapy sessions and choral participation. Participants were given a DVD and CD with music-based exercises with the suggestion to do ten minutes of exercises daily. Nine patients were enrolled and six completed the intervention. The most common reason for not enrolling was perceived lack of singing ability. Conflict with work schedule was the main factor associated with study drop out. The group music therapy sessions were highly valued by the participants, None adhered to the daily exercises. The participants were very positive about their experience. A choral-based music therapy intervention for the treatment of chemotherapy-related cognitive impairment is feasible and should be further evaluated in a randomized clinical trial. Including a non-singing component of the intervention, such as bell ringing or other instrument, may improve recruitmentSpanishEstudio de Viabilidad sobre Intervenciones de Musicoterapia en pacientes con Deterioro Cognitivo relacionado a Quimioterapia (Chemobrain)Resumen:El deterioro cognitivo relacionado a Quimioterapia (Chemobrain) es un efecto adverso del tratamiento contra el cáncer, con prevalencia reportada estimada en más de un 78%. Comúnmente afecta los dominios cognitivos que incluyen las funciones ejecutivas, memoria de trabajo y verbal, concentración y procesamiento de la información. El estudio de viabilidad se llevó a cabo para evaluar la capacidad de reclutamiento para el estudio de intervención musicoterapéutica basado en actividad coral y para refinar el diseño de dicha intervención. La intervención fue realizada durante un período de dos meses e incluyo sesiones de musicoterapia grupal y participación coral. Se les entrego a los participantes un DVD and CD con ejercicios musicales y se les sugirió que los realizaran durante 10 minutos todos los días . Nueve pacientes se inscribieron y seis completaron la intervención. La razón más común para no inscribirse fue la percepción de falta de habilidad para cantar. El principal factor asociado a dejar el estudio fueron las dificultades con la agenda laboral. Las sesiones de musicoterapia grupal fueron valoradas altamente por los participantes. Ninguno realizó los ejercicios diarios. Los participantes fueron muy positivos acerca de su experiencia. La intervención musicoterapéutica basada en actividad coral para el tratamiento del deterioro cognitivo relacionado a quimioterapia es viable y necesita ser evaluada más profundamente en un ensayo clínico aleatorio. Incluir algún componente sin canto a la intervención, como utilización de campanas u otro instrumento, puede mejorar el reclutamiento de participantes.GermanStudie über die Durchführbarkeit musiktherapeutischer Interventionen bei Patienten mit kognitiven Einschränkungen durch Chemotherapie (Chemobrain) –die MusIC Study Abstract: Eine nachteilige Auswirkung der Krebsbehandlung ist die kognitive Beeinträchtigungen aufgrund von Chemotherapie (Chemobrain), mit berichteter Prävalenz von bis zu 78 %. Gewöhnlich sind hiervon kognitive Bereiche betroffen wie exekutive Funktionen, Arbeits- und Spracherinnerung, Konzentration- und Informationsverarbeitung. Hier wird eine Durchführbarkeitsstudie, die Auswirkungen einer auf Chorgesang basierenden musiktherapeutischen Interventionsstudie zu evaluieren und das Design für die Intervention zu verbessern. Die Intervention wurde über einen Zeitraum von 2 Monaten durchgeführt und beinhaltete Gruppenmusiktherapiesitzungenund die Teilnahme am Chorgesang. Die Teilnehmer bekamen eine DVD und eine CD mit musikbasierten Übungen mit der Anweisung, 10 Minuten täglich damit zu arbeiten. Einbezogen waren 9 Patienten, 6 davon beendeten die Intervention.Der am meisten geäußerte Grund, nicht teilzunehmen, war das Gefühl, nicht singen zu können. Der Hauptgrund für den drop-out war eine Konflikt mit dem zeitlichen Arbeitsablauf. Die Teilnehmer, die sich nicht an die täglichen Übungen halten mussten, schätzten besonders die Gruppenmusiktherapie. Die Teilnehmer äußerten sich positiv über ihre Erfahrungen. Eine auf Chorgesang basierte musiktherapeutische Intervention für die Behandlung von Patienten mit kognitiven Einschränkungen, die auf Chemotherapie beruhen, ist durchführbar und sollte in einer randmosierten klinischen Studie weiter evaluiert werden. Ebenso könnten gesanglicher Kompenten in der Intervention wie Glockenläuten oder andere Instrumente die Erholung verbessern.ItalianSTUDIO SULLA FATTIBILITA` DI UN INTERVENTO DI MUSICOTERAPIA PER PAZIENTI CON DEFICIT COGNITIVI DERIVANTI DALLA CHEMIOTERAPIA Il deficit cognitivo derivante dalla chemioterapia (“Chemobrain”) è un effetto avverso del trattamento del cancro, con stime di prevalenza riportate fino al 78%. Comunemente I domini cognitivi colpiti includono funzioni esecutive, di lavoro, di memoria verbale, della concentrazione e dell’elaborazione delle informazioni. Uno studio sulla fattibilità è stato condotto per valutare la capacità di reclutare per uno studio di intervento di musicoterapia corale e per affinare la progettazione dell’intervento. L’intervento è stato condotto per un periodo di 2 mesi e comprendeva sessioni di musicoterapia di gruppo e una partecipazione corale. I partecipanti hanno ricevuto un DVD e un CD con esercizi basati sulla musica, con il suggerimento di fare dieci minuti di esercizi al giorno. Nove pazienti erano iscritti e sei di loro hanno completato l’intervento. La ragione piu` commune per non iscriversi era la mancata capacità di cantare. Inoltre il conflitto con gli orari lavoro è stato il fattore principale associato all’abbandono degli studi. Le sessioni di musicoterapia di gruppo sono state molto apprezzate dai partecipanti. Nessuno ha aderito agli esercizi quotidiani. I partecipanti sono stati molto positivi riguardo la loro esperienza. Di conseguenza un intervento di musicoterapia corale per il trattamento di pazienti con impedimenti cognitivi dovuti alla soministrazione di chemioterapici è fattibile e deve essere ulteriormente valutato in uno studio clinico randomizzato. Includendo una componente di interventi non cantati, come ad esempio con l’uso del campanaccio o di qualsiasi altro strumento. Questo potrebbe giovare sul reclutamento dei pazienti.Japanese化学療法と関連した認知機能障害(ケモブレイン)患者への音楽療法介入の実行可能性調査:MusIC Study 要旨化学療法関連の認知機能障害(“ケモブレイン”)はがん治療の疎ましい影響であり、推定で最大78%の患者に及ぶと報告されている。一般的には、実行機能レベル、ワーキングメモリー、言語性記憶、集中力、情報処理などの認知領域に影響する。合唱をベースとした音楽療法介入研究の参加を促す適格性を評価するため、そして介入デザインをより精密にするために実行可能性調査が実地された。集団音楽療法セッションと合唱参加を含んだ 2ヶ月あまりの期間の介入が行われた。参加者は音楽ベースの運動DVDとCDを与えられ、毎日10分間行うことを推奨された。9人の患者が登録し、6人が介入を完了した。登録しなかった理由で最も一般的だったのは、歌唱能力欠如の自己認識であった。仕事のスケジュールとの衝突が中途脱落に関連した主な理由であった。集団音楽療法セッションは参加者達に大変高く評価された。運動日課に忠実に守った者はいなかった。参加者達はこの経験を大変肯定的に受けとめた。化学療法関連の認知機能障害の治療のための合唱ベース音楽療法介入は適したものであり、ランダム化臨床試験内でさらなる評価がなされるべきである。非歌唱要素を含めた介入、ベルを鳴らすもしくは他の楽器の利用することなどが参加者増加につながるかもしれない。
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Farí, Margherita, Maurizio Mercuri, and Alessandro Scalise. "La continuità assistenziale nella gestione delle lesioni da pressione: un opuscolo informativo per la collaborazione ospedale-territorio." Italian Journal of Wound Care 5, no. 1 (March 17, 2021). http://dx.doi.org/10.4081/ijwc.2021.65.

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Abstract:
Il progetto consiste nella creazione di un opuscolo informativo, all’interno del quale sono spiegate le principali informazioni relative la gestione del paziente portatore di Lesioni da Pressione. Le nozioni espresse sono alla base del percorso terapeutico, in quando sono indirizzate a lettori non esperti nel campo delle medicazioni difficili. Viste le esigenze del pubblico di assistere a questa tipologia di pazienti, in molti casi in maniera autonoma per quanto riguarda la medicazione vera e proprio, si è ritenuto necessario fornire del materiale per aumentare le conoscenze dei caregiver informali. Lo scopo ultimo è proprio quello di fornire un metodo semplice e sicuro di apprendimento per i cittadini che si occupano della gestione del paziente e delle relative medicazioni; considerando sempre un affiancamento da parte di professionisti. Gli obiettivi che ci si pone con il progetto sono: valutare e visualizzare quelli che sono gli aspetti importanti per i soggetti aventi Lesioni da Pressione, questo comprende la definizione, prevenzione, classificazione e trattamento; l’importanza della continuità assistenziale per questa tipologia di paziente; informare il cittadino su cosa sono le lesioni da pressione (quali sono le accortezze quotidiane da dover attuare per evitare il peggioramento o lo stallo della condizione) ed infine il trattamento vero e proprio tramite l’insegnamento delle medicazioni difficili e della loro applicazione in base ai diversi casi (essendo un argomento vasto e materia di specializzazione in ambito infermieristico si tratterà in maniera semplificata in modo da dare informazioni basilari ma utili). Per la creazione dell’opuscolo è stata effettuata una revisione della letteratura che vede la consultazione di due linee guida, undici articoli e due testi.
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Oliveira, Vanessa Cristina de Castro Aragão, Amanda Faria Rangel, and Estéfane Costa Silva Lobo. "Mortalità dovuta a malattie croniche non trasmissibili: Scenario di Parnaíba – Piauí." Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, December 1, 2020, 56–66. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/salute/scenario-di-parnaiba.

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Abstract:
Introduzione: Le malattie croniche non trasmissibili (MCNT) rappresentano un enorme ostacolo alla salute globale. Oltre a causare un impatto economico sulle famiglie e sulle comunità, causano anche molti decessi prematuri, causano grandi restrizioni e perdita di qualità della vita. Obiettivo: Ritrarre il profilo di mortalità dovuto a malattie croniche non trasmissibili nella città di Parnaíba (PI) dal 2016 al 2019. Metodi: Si tratta di una progettazione ecologica delle serie temporali, con i dati raccolti dal Sistema informativo sulla mortalità (SIM) del Ministero della Salute, tra agosto e gennaio 2020. Sono stati esclusi i dati che presentavano informazioni provenienti da altri comuni. Per la raccolta dei dati è stata utilizzata la versione 3.6b di TABWIN, un programma fornito da DATASUS. L’analisi dei dati è stata effettuata attraverso l’uso di analisi statistiche descrittive, tra cui l’intero numero e la percentuale di malattie croniche non trasmissibili. Risultati e Discussione: I tassi di mortalità, nel periodo dal 2016 al 2019, dovuti ai MCNT presentano un’alta percentuale di decessi per malattie cardiovascolari (CVD), per un totale del 52,51%, seguiti da neoplasie (25,31%), diabete mellito (12,75%) malattie respiratorie, responsabili del 9,43% dei decessi. Conclusione: Lo studio ha permesso l’identificazione di una conformità dei tassi di mortalità tra femmine e maschi, essendo più alto negli uomini in generale, nel periodo studiato, e che i decessi per malattie cardiovascolari totalizzano più della metà dei decessi per MCNT nel comune di Parnaíba.
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Occhipinti, Egidia. "Teopompo e la Sicilia." Klio 95, no. 1 (January 1, 2013). http://dx.doi.org/10.1524/klio.2013.95.1.84.

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Abstract:
RiassuntoL’analisi dei dati in nostro possesso ha permesso di ricostruire le caratteristiche della syngraphe teopompea, sul piano del contenuto, del metodo compositivo adottato dallo storico nei Philippika, con particolare riguardo al debito nei confronti della storiografia erodotea. All’interno di una cornice cronologica di riferimento, che va dall’ascesa di Filippo II al 337 a. C., Teopompo inserisce, infatti, di continuo, excursus dentro altri excursus, attraverso i quali dà spazio alle vicende delle popolazioni greche e non greche, che abitavano anche aree remote del mondo fino ad allora conosciuto.D’altro canto, il fallimento della grecità poleica e la comparsa di Filippo comportò una nuova visione dell’oikoumene e conseguemente un nuovo modo di fare storia: l’attenzione della storiografia teopompea non si concentrerà esclusivamente sulla Grecia, come era accaduto precedentemente con gli Hellenika, ma si rivolgerà a nuove realtà, fino a quel tempo percepite come ‚periferiche‘, quali la Persia e l’Occidente. Proprio nel quadro dell’azione politica di Filippo in Adriatico si inseriva un ampio logos di storia occidentale (FF 184-205, ll. dal 39° al 43°), contenente al suo interno un’ampia digressione sulla Sicilia che, in quattro libri (FF 184-198, ll. dal 39° al 42°), trattava il periodo dal 406 al 343 a. C., cioè dalla tirannide di Dionisio I all’esilio di Dionisio il Giovane a Corinto. Ancora all’azione ‚occidentale‘ del Macedone si collega un excursus adriatico (FF 128-134), nel quale verosimilmente erano contenute res siculae. Il significato di tale spostamento di prospettiva da parte dello storico si può rintacciare nei grandi cambiamenti in atto in Occidente, dovuti all’avanzata dei Celti nella penisola italica e alla crisi della tirannide siracusana; si tratta di eventi che ebbero grande risonanza in Grecia e che accesero il dibattito sulla possibilità di un’espansione occidentale di Filippo.I frammneti teopompei sulla geografia dell’Adriatico conservano tracce della propaganda siracusana, elaborata da Filisto, relativamente a quell’area; di Dionisio, come di Filippo Teopompo darebbe un’immagine ambivalente nelle due sfere, pubblica e privata: il Macedone, in tutto simile al tiranno siciliano, agli occhi dello storico appare come il diretto erede della politica dionisiana in Grecia e in Occidente.Nell’antichità il debito nei confronti dell’opera di Teopompo da parte di Diodoro, Trogo e dei biografi fu di proporzioni considerevoli.Teopompo potrebbe avere costituito la ‚fonte guida‘ per il sedicesimo libro diodoreo; verosimilmente Diodoro nel corso della sua narrazione potrebbe avere utilizzato il Chiota a più riprese e non di continuo; potrebbe, cioè, essersi servito anche degli storici della guerra sacra, quali Demofilo, che scrisse fino al 341 a. C., e Diillo, che scrisse fino alla morte di Filippo. Inoltre, il racconto di storia siciliana che il Chiota inserì nei Philippika (Diod. XVI 71, 3) potrebbe essere stato utilizzato dall’Agirinense oltre che nel sedicesimo libro, per le vicende di Dione e di Timoleonte, anche nei libri precedenti, per le vicende relative a Dionisio I (XIII-XV).Trogo potrebbe avere utilizzato i Pilippika come modello, canovaccio di riferimento, non solo dal punto di vista delle informazioni storiche ma anche sul piano della struttura dell’opera e della tipologia degli excursus in essa contenuti. Le informazioni presenti nell’excursus sui popoli occidentali del ventesimo libro trogiano sembrano riflettere da vicino il contenuto della digressione adriatica di Teopompo; è, inoltre, possibile che Trogo, relativamente al racconto su Dionisio I (libri XIX-XX)432 e a quello sulle origines Venetorum et Graecorum et Gallorum (XX 1, 6-4. 5, 7-9), avesse utilizzato, fondendoli insieme, l’excursus adriatico (XXI) e quello siciliano (libri XXXIX-XLII) dei Philippika.L’atteggiamento filodioneo di Nepote, Plutarco e Diodoro e la posizione critica nei confronti dei costumi dissoluti del giovane Dionisio e dei Siracusani (Plutarco, Diodoro e Trogo), sembrano di matrice teopompea. Infine, la presenza del Chiota all’interno del racconto del bios timoleonteo di Plutarco, Diodoro e Nepote potrebbe essere di vasta portata in riferimento all’antefatto della vicenda timoleontea fino alla partenza del Corinzio alla volta della Sicilia.
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Marra, Luisa. "The testimony of a minor: when does a procedural truth correspond to a historical truth? / La testimonianza del minore: quando una verità processuale corrisponde ad una verità storica? / El testimonio del menor: ¿cuándo una verdad procesal corresponde a una verdad histórica?" Rivista di Psicopatologia Forense, Medicina Legale, Criminologia, October 8, 2019. http://dx.doi.org/10.4081/psyco.2019.63.

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Abstract:
The child abuse in its various forms, physical, sexual and psychological violence, is a complex phenomenon, potentially able to alter not only the natural development of the subject abused, but also his ability to relate to others. This paper aims to point out the way that the child has to take from the moment he decided to take over being a victim of abuse at the time when it is called to testify about the abuse right away, with all the difficulties that this witness implies, not only for the child himself, but also for those who are called upon to decide and rule on the quality of that testimony. The art. 196 of the current Code of Criminal Procedure recognizes everyone the ability to testify, then, including minors. Nothing therefore prevents the operators from taking information from a child in criminal trials. Moreover, investigators have wide discretion not only "if" hearing the minor, but also on the methods to do it. This entails serious risks on the authenticity of the evidential result: mnestic lability, suggestibility, tendency to pander to the interlocutor's expectations, all of which are typical factors of the minor that can compromise the correct reconstruction of the facts. RiassuntoL’abuso dell’infanzia, nelle sue diverse forme, fisica, sessuale e psicologica, è un fenomeno complesso, potenzialmente in grado di alterare non solo il naturale sviluppo del soggetto abusato, ma anche la sua capacità di rapportarsi agli altri. Il presente lavoro mira a sottolineare il cammino che il minore si trova a dover compiere dal momento in cui decide di rilevare il suo essere vittima di abuso al momento in cui è chiamato a testimoniare circa l’abuso subito, con tutte le difficoltà che tale testimonianza implica, non solo per il minore stesso, ma anche per coloro che sono chiamati a decidere e pronunciarsi sulla qualità di tale testimonianza. Il vigente codice di procedura penale all’art. 196 riconosce a chiunque la capacità di testimoniare, inclusi dunque i minori. Nulla vieta perciò, agli operatori, di assumere informazioni dal minore nell’ambito del procedimento penale. Per di più gli investigatori godono di ampia discrezionalità non solo sul “se” sentire il minore, ma anche sulle modalità di questa audizione. Ciò comporta seri rischi sulla genuinità del risultato probatorio: labilità mnestica, suggestionabilità, tendenza ad assecondare le aspettative dell’interlocutore, che sono tutti fattori tipici del soggetto minorenne che possono compromettere la corretta ricostruzione dei fatti. ResumenEl maltrato infantil, en sus diversas formas, física, sexual y psicológica, es un fenómeno complejo, potencialmente capaz de alterar no sólo el desarrollo natural del sujeto maltratado, sino también su capacidad de relacionarse con los demás. El presente trabajo pretende subrayar el camino que el niño debe recorrer desde el momento en que decide detectar su condición de víctima de abuso hasta el momento en que es llamado a testificar sobre el abuso sufrido, con todas las dificultades que este testimonio implica, no sólo para el propio niño, sino también para aquellos que están llamados a decidir y pronunciarse sobre la calidad de este testimonio. El actual Código de Procedimiento Penal, en su artículo 196, reconoce la capacidad de toda persona para testificar, incluidos los menores de edad. Por lo tanto, no hay nada que impida a los operadores obtener información del menor en el contexto del proceso penal. Además, los investigadores gozan de un amplio margen de discrecionalidad no sólo en cuanto al "si" de la audiencia del menor, sino también en cuanto a las modalidades de la misma. Esto conlleva graves riesgos sobre la autenticidad del resultado probatorio: discapacidad mnésica, sugestión, tendencia a cumplir con las expectativas del interlocutor, todos ellos factores propios del sujeto menor que pueden comprometer la correcta reconstrucción de los hechos.
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Zuliani, Federico. "En samling politiske håndskrifter fra slutningen af det 16. århundrede : Giacomo Castelvetro og Christian Barnekows bibliotek." Fund og Forskning i Det Kongelige Biblioteks Samlinger 50 (April 29, 2015). http://dx.doi.org/10.7146/fof.v50i0.41248.

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Abstract:
Federico Zuliani: Una raccolta di scritture politiche della fine del sedicesimo secolo. Giacomo Castelvetro e la biblioteca di Christian Barnekow. Alla pagina 68 recto del manoscritto Vault Case Ms. 5086, 73/2, Newberry Library, Chicago, ha inizio il “Registro di tutte le scritture politiche del S[igno]r Christiano Bernicò”. Il testo è preceduto da un altro elenco simile, sebbene più breve, che va sotto il titolo di “Memoriale D’alcune scritture politiche, che furon donate alla Reina Maria Stuarda Prigioniera in Inghilterra l’anno di salute m.d.lxxxiii. Dal S[igno]re di Cherelles”. Il manoscritto 5086, 73/2 fa parte di una collezione di dieci volumi (originariamente undici) appartenuti a Giacomo Castelvetro e oggi conservati negli Stati Uniti. I codici, le cui vicende di trasmissione sono, in parte, ancora poco chiare, furono sicuramente compilati da Castelvetro durante il periodo che passò in Danimarca, tra l’estate del 1594 e l’autunno del 1595. Il soggiorno danese di Castelvetro ha ricevuto attenzioni decisamente minori di quelle che invece meriterebbe. Alla permanenza in Danimarca è riconducibile infatti l’opera più ambiziosa dell’intera carriera del letterato italiano: vi vennero assemblati, con l’idea di darli poi alle stampe, proprio i volumi oggi negli Stati Uniti. La provenienza è provata tanto dall’indicazione, nei frontespizi, di Copenaghen come luogo di composizione, quanto dalle annotazioni autografe apportate da Castelvetro, a conclusione dei testi, a ricordare quando e dove fossero stati trascritti; oltre a Copenaghen vi si citano altre due località, Birkholm e Tølløse, entrambe sull’isola danese di Sjællad, ed entrambe amministrate da membri dell’influente famiglia Barnekow. E’ a Giuseppe Migliorato che va il merito di aver identificato per primo in Christian Barnekow il “Christiano Bernicò” della lista oggi alla Newberry Library. Christian Barnekow, nobile danese dalla straordinaria cultura (acquisita in uno studierejse durato ben diciassette anni), a partire dal 1591 fu al servizio personale di Cristiano IV di Danimarca. Barnekow e Castelvetro si dovettero incontrare a Edimburgo, dove il primo era giunto quale ambasciatore del monarca danese e dove il secondo si trovava già dal 1592, come maestro di italiano di Giacomo Stuart e di Anna di Danimarca, sorella di Cristiano IV. Sebbene non si possa escludere un ruolo di Anna nell’introdurli, è più probabile che sia stata la comune amicizia con Johann Jacob Grynaeus a propiziarne la conoscenza. Il dotto svizzero aveva infatti dato ospitalità a Barnekow, quando questi era studente presso l’università di Basilea, ne era divenuto amico e aveva mantenuto i rapporti nel momento in cui il giovane aveva lasciato la città elvetica. Grynaeus era però anche il cognato di Castelvetro il quale aveva sposato Isotta de’ Canonici, vedova di Thomas Liebler, e sorella di Lavinia, moglie di Grynaeus sin dal 1569. Isotta era morta però nel marzo del 1594, in Scozia, ed è facile immaginare come Barnekow abbia desiderato esprimere le proprie condoglianze al marito, cognato di un suo caro amico, e vedovo di una persona che doveva aver conosciuto bene quando aveva alloggiato presso la casa della sorella. Castelvetro, inoltre, potrebbe essere risultato noto a Barnekow anche a causa di due edizioni di opere del primo marito della moglie curate postume dal letterato italiano, tra il 1589 e il 1590. Thomas Liebler, più famoso con il nome latinizzato di Erasto, era stato infatti uno dei più acerrimi oppositori di Pietro Severino, il celebre paracelsiano danese; Giacomo Castelvetro non doveva essere quindi completamente ignoto nei circoli dotti della Danimarca. La vasta cultura di Christian Barnekow ci è nota attraverso l’apprezzamento di diversi suoi contemporanei, quali Grynaeus, Jon Venusinus e, soprattutto, Hans Poulsen Resen, futuro vescovo di Sjælland e amico personale di Barnekow a cui dobbiamo molte delle informazioni in nostro possesso circa la vita del nobile danese, grazie all’orazione funebre che questi tenne nel 1612 e che venne data alle stampe l’anno successivo, a Copenaghen. Qui, ricordandone lo studierejse, il vescovo raccontò come Barnekow fosse ritornato in Danimarca “pieno di conoscenza e di storie” oltre che di “relazioni e discorsi” in diverse lingue. Con questi due termini l’ecclesiastico danese alludeva, con tutta probabilità, a quei documenti diplomatici, relazioni e discorsi di ambasciatori, per l’appunto, che rientravano tra le letture preferite degli studenti universitari padovani. La lista compilata da Castelvetro, dove figurano lettere e istrutioni ma, soprattutto, relationi e discorsi, era un catalogo di quella collezione di manoscritti, portata dall’Italia, a cui fece riferimento l’ecclesiastico danese commemorando Christian Barnekow. Tutti coloro i quali si sono occupati dei volumi oggi negli Stati Uniti si sono trovati concordi nel ritenerli pronti per la pubblicazione: oltre alle abbondanti correzioni (tra cui numerose alle spaziature e ai rientri) i volumi presentano infatti frontespizi provvisori, ma completi (con data di stampa, luogo, impaginazione dei titoli – a loro volta occasionalmente corretti – motto etc.), indici del contenuto e titolature laterali per agevolare lettura e consultazione. Anche Jakob Ulfeldt, amico e compagno di viaggi e di studi di Barnekow, riportò a casa una collezione di documenti (GKS 500–505 fol.) per molti aspetti analoga a quella di Barnekow e che si dimostra di grande importanza per comprendere peculiarità e specificità di quella di quest’ultimo. I testi di Ulfeldt risultano assemblati senza alcuna coerenza, si rivelano ricchi di errori di trascrizione e di grammatica, e non offrono alcuna divisione interna, rendendone l’impiego particolarmente arduo. Le annotazioni di un copista italiano suggeriscono inoltre come, già a Padova, potesse essere stato difficoltoso sapere con certezza quali documenti fossero effettivamente presenti nella collezione e quali si fossero smarriti (prestati, perduti, pagati ma mai ricevuti…). La raccolta di Barnekow, che aveva le stesse fonti semi-clandestine di quella dell’amico, doveva trovarsi in condizioni per molti versi simili e solo la mano di un esperto avrebbe potuto portarvi ordine. Giacomo Castelvetro – nipote di Ludovico Castelvetro, uno dei filologi più celebri della propria generazione, e un filologo egli stesso, fluente in italiano, latino e francese, oltre che collaboratore di lunga data di John Wolfe, editore londinese specializzato nella pubblicazione di opere italiane – possedeva esattamente quelle competenze di cui Barnekow aveva bisogno e ben si intuisce come mai quest’ultimo lo convinse a seguirlo in Danimarca. I compiti di Castelvetro presso Barnekow furono quelli di passarne in rassegna la collezione, accertarsi dell’effettivo contenuto, leggerne i testi, raggrupparli per tematica e area geografica, sceglierne i più significativi, emendarli, e prepararne quindi un’edizione. Sapendo che Castelvetro poté occuparsi della prima parte del compito nei, frenetici, mesi danesi, diviene pure comprensibile come mai egli portò con sé i volumi oggi negli Stati Uniti quando si diresse in Svezia: mancava ancora la parte forse più delicata del lavoro, un’ultima revisione dei testi prima che questi fossero passati a un tipografo perché li desse alle stampe. La ragione principale che sottostò all’idea di pubblicare un’edizione di “scritture politiche” italiane in Danimarca fu la presenza, in tutta l’Europa centro settentrionale del tempo, di una vera e propria moda italiana che i contatti tra corti, oltre che i viaggi d’istruzione della nobiltà, dovettero diffondere anche in Danimarca. Nel tardo Cinquecento gli autori italiani cominciarono ad essere sempre più abituali nelle biblioteche private danesi e la conoscenza dell’italiano, sebbene non completamente assente anche in altri settori della popolazione, divenne una parte fondamentale dell’educazione della futura classe dirigente del paese nordico, come prova l’istituzione di una cattedra di italiano presso l’appena fondata Accademia di Sorø, nel 1623. Anche in Danimarca, inoltre, si tentò di attrarre esperti e artisti italiani; tra questi, l’architetto Domenico Badiaz, Giovannimaria Borcht, che fu segretario personale di Frederik Leye, borgomastro di Helsingør, il maestro di scherma Salvator Fabris, l’organista Vincenzo Bertolusi, il violinista Giovanni Giacomo Merlis o, ancora, lo scultore Pietro Crevelli. A differenza dell’Inghilterra non si ebbero in Danimarca edizioni critiche di testi italiani; videro però la luce alcune traduzioni, anche se spesso dal tedesco, di autori italiani, quali Boccaccio e Petrarca, e, soprattutto, si arrivò a pubblicare anche in italiano, come dimostrano i due volumi di madrigali del Giardino Novo e il trattato De lo schermo overo scienza d’arme di Salvator Fabris, usciti tutti a Copenaghen tra il 1605 e il 1606. Un’ulteriore ragione che motivò la scelta di stampare una raccolta come quella curata da Castelvetro è da ricercarsi poi nello straordinario successo che la letteratura di “maneggio di stato” (relazioni diplomatiche, compendi di storia, analisi dell’erario) godette all’epoca, anche, se non specialmente, presso i giovani aristocratici centro e nord europei che studiavano in Italia. Non a caso, presso Det Kongelige Bibliotek, si trovano diverse collezioni di questo genere di testi (GKS 511–512 fol.; GKS 525 fol.; GKS 500–505 fol.; GKS 2164–2167 4º; GKS 523 fol.; GKS 598 fol.; GKS 507–510 fol.; Thott 576 fol.; Kall 333 4º e NKS 244 fol.). Tali scritti, considerati come particolarmente adatti per la formazione di coloro che si fossero voluti dedicare all’attività politica in senso lato, supplivano a una mancanza propria dei curricula universitari dell’epoca: quella della totale assenza di qualsivoglia materia che si occupasse di “attualità”. Le relazioni diplomatiche risultavano infatti utilissime agli studenti, futuri servitori dello Stato, per aggiornarsi circa i più recenti avvenimenti politici e religiosi europei oltre che per ottenere informazioni attorno a paesi lontani o da poco scoperti. Sebbene sia impossibile stabilire con assoluta certezza quali e quante delle collezioni di documenti oggi conservate presso Det Kongelige Bibliotek siano state riportate in Danimarca da studenti danesi, pare legittimo immaginare che almeno una buona parte di esse lo sia stata. L’interesse doveva essere alto e un’edizione avrebbe avuto mercato, con tutta probabilità, anche fuori dalla Danimarca: una pubblicazione curata filologicamente avrebbe offerto infatti testi di gran lunga superiori a quelli normalmente acquistati da giovani dalle possibilità economiche limitate e spesso sprovvisti di una padronanza adeguata delle lingue romanze. Non a caso, nei medesimi anni, si ebbero edizioni per molti versi equivalenti a quella pensata da Barnekow e da Castelvetro. Nel 1589, a Colonia, venne pubblicato il Tesoro politico, una scelta di materiale diplomatico italiano (ristampato anche nel 1592 e nel 1598), mentre tra il 1610 e il 1612, un altro testo di questo genere, la Praxis prudentiae politicae, vide la luce a Francoforte. La raccolta manoscritta di Barnekow ebbe però anche caratteristiche a sé stanti rispetto a quelle degli altri giovani danesi a lui contemporanei. Barnekow, anzitutto, continuò ad arricchire la propria collezione anche dopo il rientro in patria come dimostra, per esempio, una relazione d’area fiamminga datata 1594. La biblioteca manoscritta di Barnekow si distingue inoltre per l’ampiezza. Se conosciamo per Ulfeldt trentadue testi che questi portò con sé dall’Italia (uno dei suoi volumi è comunque andato perduto) la lista di “scritture politiche” di Barnekow ne conta ben duecentoottantaquattro. Un’altra peculiarità è quella di essere composta inoltre di testi sciolti, cioè a dirsi non ancora copiati o rilegati in volume. Presso Det Kongelige Bibliotek è possibile ritrovare infatti diversi degli scritti registrati nella lista stilata da Castelvetro: dodici riconducibili con sicurezza e sette per cui la provenienza parrebbe per lo meno probabile. A lungo il problema di chi sia stato Michele – una persona vicina a Barnekow a cui Castelvetro afferma di aver pagato parte degli originali dei manoscritti oggi in America – è parso, di fatto, irrisolvibile. Come ipotesi di lavoro, e basandosi sulle annotazioni apposte ai colophon, si è proposto che Michele potesse essere il proprietario di quei, pochi, testi che compaiono nei volumi oggi a Chicago e New York ma che non possono essere ricondotti all’elenco redatto da Castelvetro. Michele sarebbe stato quindi un privato, legato a Barnekow e a lui prossimo, da lui magari addirittura protetto, ma del quale non era al servizio, e che doveva avere presso di sé una biblioteca di cui Castelvetro provò ad avere visione al fine di integrare le scritture del nobile danese in vista della sua progettata edizione. Il fatto che nel 1596 Michele fosse in Italia spiegherebbe poi come potesse avere accesso a questo genere di opere. Che le possedesse per proprio diletto oppure che, magari, le commerciasse addirittura, non è invece dato dire. L’analisi del materiale oggi negli Stati Uniti si rivela ricca di spunti. Per quanto riguarda Castelvetro pare delinearsi, sempre di più, un ruolo di primo piano nella diffusione della cultura italiana nell’Europa del secondo Cinquecento, mentre Barnekow emerge come una figura veramente centrale nella vita intellettuale della Danimarca a cavallo tra Cinque e Seicento. Sempre Barnekow si dimostra poi di grandissima utilità per iniziare a studiare un tema che sino ad oggi ha ricevuto, probabilmente, troppa poca attenzione: quello dell’importazione in Danimarca di modelli culturali italiani grazie all’azione di quei giovani aristocratici che si erano formati presso le università della penisola. A tale proposito l’influenza esercitata dalla letteratura italiana di “maneggio di stato” sul pensiero politico danese tra sedicesimo e diciassettesimo secolo è tra gli aspetti che meriterebbero studi più approfonditi. Tra i risultati meno esaurienti si collocano invece quelli legati all’indagine e alla ricostruzione della biblioteca di Barnekow e, in particolare, di quanto ne sia sopravvissuto. Solo un esame sistematico, non solo dei fondi manoscritti di Det Kongelige Bibliotek, ma, più in generale, di tutte le altre biblioteche e collezioni scandinave, potrebbe dare in futuro esiti soddisfacenti.
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