Academic literature on the topic 'Diventare attivo'

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Journal articles on the topic "Diventare attivo"

1

D'ambrosio, Mariangela. "Educare alle emozioni: l'approccio pedagogico dell'agire emotivo." EDUCATION SCIENCES AND SOCIETY, no. 1 (June 2020): 504–19. http://dx.doi.org/10.3280/ess1-2020oa9292.

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Abstract:
Il benessere emotivo ed affettivo degli individui, soprattutto dei minori, diventa uno fra gli obiettivi primari, seppur sfidante, della comunità educativa adulta che ha il compito di ripensare il proprio ruolo in un'ottica sociologicamente e pedagogicamente orientata dove le emozioni rivendicano il proprio posto al centro della relazione. Utilizzare l'approccio pedagogico dell'agire emotivo consente ai docenti e agli educatori tutti, da un alto, di ri-leggere e ri-costruire nel discente gli stili e le diverse sue modalità di apprendimento, orientando il proprio lavoro in maniera più efficace ed efficiente; dall'altro, di collettivizzare il processo conoscitivo e di acquisizione di nuovi saperi, in un rispecchiamento dinamico. Per gli insegnanti e gli educatori, focalizzarsi sulla comprensione emotiva dei propri ragazzi attraverso modalità, strumenti e attività specifiche proposte, in coerenza con gli obiettivi prefissati, diventa strumento non solo di approfondimento di tematiche umane più ampie ma anche possibilità per intercettare e prevenire condotte devianti o a rischio, e stimolare il benessere complessivo. I minori, d'altra parte, focalizzandosi sulle emozioni, diventano protagonisti attivi della loro crescita e del loro divenire, nonché del processo formativo, motivando e orientando comportamenti. Ritornare all'agire umano come agire emotivo consapevole significa, dunque, educare le giovani generazioni alla complessità societaria sia come individui che come gruppo all'interno di una comunità sia reale che virtuale.
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2

Segoni, Dalila. "I servizi offerti da una digital library." DigItalia 16, no. 1 (June 2021): 38–62. http://dx.doi.org/10.36181/digitalia-00025.

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Abstract:
Le digital library tendono sempre più a connotarsi non solo come ricche e variegate collezioni di risorse culturali ma come sistemi organizzati di servizi orientati agli utenti finali, percepiti non solo come consumatori di contenuti digitali ma anche come produttori attivi di contenuti. Piattaforme come Facebook e YouTube dimostrano che, quando i sistemi sono semplici da utilizzare e con finalità di interesse, gli utenti li utilizzano anche per contribuire con propri contenuti, quindi il loro coinvolgimento aumenta e la loro interazione diventa più attiva. In questa prospettiva, l'analisi che segue intende dimostrare come, nonostante qualche positivo esperimento, la strada per l'evoluzione delle digital library è quasi del tutto da esplorare. Partendo da un’analisi della natura e delle definizioni dei “servizi digitali”, sono state esaminate alcune importanti biblioteche digitali internazionali – Europeana Collections e la Digital Public Library of America – descrivendo le funzionalità e gli strumenti che mettono a disposizione degli utenti, al fine di definire una proposta di catalogo dei servizi necessari per lo sviluppo delle biblioteche digitali dedicate al patrimonio culturale.
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Riccio, Maria. "L'opera di Milton Erickson in una visione integrata." IPNOSI, no. 1 (July 2010): 45–53. http://dx.doi.org/10.3280/ipn2010-001003.

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Abstract:
In quest'articolo viene messa in luce la radicale innovazione che Erickson portň all'ipnoterapia con l'introduzione dell'approccio naturalistico e del concetto d'utilizzazione e si pone l'accento sulle similitudini e sulle differenze che la terapia Ericksoniana presenta rispetto ad altri approcci. Per il ruolo attribuito al paziente, che da passivo ricevitore d'aiuto diventa protagonista attivo del proprio cambiamento, la psicoterapia Ericksoniana puň essere considerata la "teoria del paziente integrato ed integratore".
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4

Achille, Rosaria Anna. "SOFIJA GUBAJDULINA: L’ETICA NELLA MUSICA." Civitas et Lex 34, no. 2 (May 15, 2022): 65–85. http://dx.doi.org/10.31648/cetl.7576.

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Abstract:
Il saggio tratta la parabola umana e artistica della compositrice russa che non mise mai l’arte al servizio dello Stato. Un percorso ideologicamente coerente, in cui la musica diventa un mezzo di riconquista spirituale dell’unità nel molteplice: una coniunctio oppositorum di umano e divino, terreno e sacro, che rappresenta la cifra del suo stile internazionale e cosmopolita e della sua poetica, fortemente impregnata di simbologie ricorrenti. In Sofija Gubajdulina l’esperienza umana si fonde con l’espressione artistica e confluisce in un impegno attivo e costante nella difesa di quei valori universali che conferiscono una connotazione etica, oltre che educativa, a tutta la sua produzione musicale.
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5

Lingiardi, Vittorio, and Giuseppe Di Cicilia. "La relazione terapeutica: quando una relazione diventa veicolo di cambiamento?" QUADERNI DI PSICOTERAPIA COGNITIVA, no. 45 (January 2020): 101–18. http://dx.doi.org/10.3280/qpc45-2019oa8990.

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Abstract:
Cosa fa di una "relazione" una relazione che cura? La ricerca sul funzionamento e l'efficacia della psicoterapia, in termini sia clinici (effectiveness) sia statistici (efficacy), continua a rappresentare uno dei temi principali della letteratura scientifica. Inizialmente studiata solo in ambito psicoanalitico, negli ultimi anni la relazione terapeutica è stata approfondita anche da altre prospettive teoriche. Alleanza terapeutica, azione terapeutica, relazione reale, transfert, risposte emotive del terapeuta, caratteristiche del paziente, caratteristiche del terapeuta, attaccamento, sistemi motivazionali interpersonali: sono questi alcuni degli ingredienti attivi della situazione clinica. Oggi tutti concordano nell'affermare che la relazione terapeutica è il prodotto dell'incontro tra due soggettività, quella del paziente e quella del terapeuta. La diade terapeutica si ritrova costantemente a co-costruire lo spazio della cura in un'ottica bi-personale. In questo contributo verranno presentati e discussi gli aspetti principali che caratterizzano la relazione terapeutica in una prospettiva d'integrazione tra ricerca empirica e pratica clinica.
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6

Ferrari, Luca. "Il questioning mediato digitalmente come alleato del feedback." EDUCATION SCIENCES AND SOCIETY, no. 2 (December 2021): 327–43. http://dx.doi.org/10.3280/ess2-2021oa12480.

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Abstract:
La promozione di processi interattivi, mediati digitalmente, è diventato un elemento strategico in ambito universitario per promuovere didattiche attive. A partire da una breve analisi della letteratura, il contributo presenta una serie di indicazioni metodologiche e operative con l'intento di fare emergere la stretta relazione tra la capacità del docente di creare "buone domande" e l'implementazione di didattiche attive e inclusive mediate da student response systems. Le domande, infatti, rappresentano il mezzo chiave attraverso cui i docenti scoprono ciò che gli alunni già sanno, identificano le lacune e sostengono lo sviluppo dello studente colmando il divario tra le loro attuali conoscenze e gli obiettivi di apprendimento. La letteratura scientifica e i risultati di alcune sperimentazioni condotte in ambito nazionale mettono in luce che l'uso ricorsivo del feedback durante sessioni didattiche di questioning, mediate digitalmente, può favorire la transizione da un modello d'insegnamento centrato sui contenuti disciplinari, a strategie aperte alla collaborazione e all'apprendimento significativo.
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7

Pedrocco Biancardi, Maria Teresa. "Famiglie per l'accoglienza: storia e prospettive di una "buona pratica"." MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL'INFANZIA, no. 3 (December 2010): 15–37. http://dx.doi.org/10.3280/mal2010-003002.

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Abstract:
Il presente articolo riferisce sul percorso svolto da un numero esiguo di persone e coppie (N = 14) che hanno ragionato tra loro per tre anni, con il supporto di un conduttore, sull'esperienza di accoglienza che stanno vivendo. Una parte di loro aveva giŕ concluso un ciclo di genitorialitŕ attiva, aveva giŕ condotto i propri figli all'autonomia piena, alcuni erano nonni o lo sono diventati nel corso dei tre anni di frequenza al gruppo. Ma hanno scelto di rimettersi in gioco con un impegno genitoriale piů complesso e problematico del precedente, accogliendo bambini o ragazzi in difficoltŕ. L'ingresso nella loro famiglia di queste difficoltŕ e le complicazioni che ne conseguono, sfuggono spesso nella considerazione del servizio che gli affidatari prestano in appoggio ai centri istituzionalmente deputati a svolgere gli interventi di tutela. L'articolo cerca di evidenziarle.
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8

Pellegrino, Deborah. "“I buoni ammaestramenti che a ogni ora e sopra a ogni caso e’ riceverà da lui.” Un nuovo archetipo di padre mercante nei Ricordi di Giovanni di Pagolo Morelli." Quaderni d'italianistica 35, no. 1 (January 15, 2015): 27–40. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v35i1.22350.

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Abstract:
Questo saggio propone una nuova lettura dei Ricordi di Giovanni Morelli, un’opera composita e funzionale in cui l’autore intesse un ritratto estremamente potente di sé, che diventa tanto più deciso quanto più contrasta con quello del padre Pagolo, e che si concretizza chiaramente negli ammaestramenti rivolti ai figli. Per riuscire dove il proprio genitore ha fallito, nella parte centrale del testo, Giovanni si consacra alla loro educazione e alla salvaguardia del patrimonio familiare, offrendo consigli pratici che sono saldamente legati alla propria conoscenza, esperienza ed eredità mercantile. È esattamente qui che riesce a creare un’immagine esemplare di sé, sia come padre onniscente, sia come abile mercante e a superare quella del genitore e della sua gente Morella. Operando una riscrittura attiva del passato e del presente, ed insegnando a guardare al futuro, lo scrittore realizza un lavoro affascinante, la cui genesi va ricercata in un’inconfessata e sottile condanna delle cattive scelte del padre e in un reale intento pedagogico, morale e autocelebrativo.
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Bombara, Daniela. "Il topos della giustizia negata o deviata negli scenari siciliani di Nino Martoglio e Ugo Fleres." Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 53, no. 2 (March 4, 2019): 425–42. http://dx.doi.org/10.1177/0014585819831609.

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Abstract:
É noto come la letteratura siciliana postunitaria esprima una relazione conflittuale con le istituzioni statali che appaiono sovraimposte e distanti dalla realtà locale; ne deriva una risentita diffidenza verso apparati giudiziari spesso inadatti a gestire la diversità dell’universo isolano, con sue proprie regole e codici comportamentali. L'applicazione di norme giuridiche continentali individua negativamente tale diversitá, in accordo ad un processo di orientalizzazione della realtá siciliana che segue alla fase unitaria. La tematica, centrale in Verga, si trasforma con le opere di Pirandello in antitesi fra la Legge e i suoi apparati, intesi come forme statiche e rigide, e la fluidità e mutevolezza dell’esistenza, che il diritto pretende di irreggimentare; la coscienza individuale non è invece mai riconducibile ad una norma uguale per tutti. Un motivo sviluppato ampiamente dalla novella pirandelliana Il dovere del medico del 1902, ma già trattato nel racconto di Ugo Fleres (1857–1939) Peccato veniale del 1891, che il presente articolo si propone di analizzare. Ancora legato ad un “discorso di classe”, ma al tempo stesso in qualche modo antesignano del relativismo pirandelliano, appare il lavoro giovanile di Nino Martoglio (1870–1921), I civitoti in pretura del 1893. Il dibattito processuale, bloccato da fraintendimenti linguistici fra parlanti in dialetto e in lingua, individua come difficoltà primaria nell’esercizio della legge l’incomunicabilità a livello di codice comunicativo fra i popolani catanesi e i magistrati che provengono da ‘nfora regnu. Si consideri inoltre che il pubblico del processo, attivo con commenti e risa, “si supponi ‘ntra la platea”; la rottura dell’illusione scenica rende i fruitori dello spettacolo parte attiva di un procedimento giudiziario comico, quindi per esigenze di copione dileggiato e sconfessato. Si intende infine prendere in analisi il romanzo fleresiano “Giustizia” (1909), ambientato nel paese siciliano di Riva: il titolo risulta antifrastico, considerando che l’opera racconta tortuose vicende di errori giudiziari intorno all’omicidio di una baronessa, per il quale magistrati inetti trovano diversi capri espiatori; il vero colpevole rivela invece il suo delitto solo in confessione, facendo collidere giustizia umana e divina. Il processo continuamente riformulato non si vede mai in scena, ma il romanzo è punteggiato da dibattiti informali di ambito giuridico, agiti in luoghi atipici, quali la farmacia o i salotti del paese; il lontano evento processuale, deviato dalle sue autentiche funzioni, diventa occasione di sfoggio e promozione sociale dei Rivesi. L’unico personaggio realmente giudicato proprio chi non può difendersi: la defunta baronessa, la cui reputazione viene distrutta nel corso dell’inchiesta. L’immagine letteraria primonovecentesca di una giustizia caotica, inefficace, inesistente, che “resta confinata in un oltre” (Borsellino, 1997), riflette la visione problematica di un’esistenza priva di valori di riferimento, ma agisce anche come efficace strumento ermeneutico per evidenziare l’interno dinamismo di una realtà prismatica, che si ricrea incessantemente dall’incrocio e dallo scontro delle opposte verità.
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Alonzo, Giulia, and Oliviero Ponte di Pino. "L'evento culturale come momento di creazione di welfare di comunità: la risposta di Suq Genova." WELFARE E ERGONOMIA, no. 2 (February 2022): 147–56. http://dx.doi.org/10.3280/we2021-002011.

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Abstract:
Il Suq di Genova è un grande teatro dove ogni visitatore è spettatore di una crea-zione collettiva, corale, e al tempo stesso autore e protagonista della propria per-formance. Allestito come un bazar ospita le botteghe e i ristoranti etnici, cinquan-tatré nell'ultima edizione "in presenza", gestiti da commercianti con background migratorio attivi in città. La piazza centrale e alcuni spazi circostanti ospitano spettacoli, concerti, dibattiti, lezioni, in parte curati da associazioni di migranti, in parte selezionati dalla direzione artistica. Così il festival diventa per il visita-tore un viaggio verso il proprio riconoscimento identitario attraverso il confron-to con l'altro. Il soggetto, da entità singola, si trova partecipe e costruttore di una comunità aggregante che si costituisce nell'apertura e nel riconoscimento del nuovo: il senso di appartenenza dura il tempo del festival, che purtroppo non ha mai trovato appoggi per una organica crescita organizzativa, fisica ed eco-nomica. Nonostante questo limite, il Suq è stato riconosciuto tra le "Best Practi-ces" europee dal 2014 e continua a essere un riuscito esperimento di creazione di welfare di comunità.
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Dissertations / Theses on the topic "Diventare attivo"

1

DELATIN, RODRIGUES DANIEL. "“How to become active?” Experiences and response on climate change in Milan, Italy." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2022. http://hdl.handle.net/10281/378154.

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Abstract:
L'obiettivo di questa tesi è seguire le esperienze di vita al tempo dell'emergenza climatica e come, nelle situazioni particolari della città di Milano, si cerca di rispondere ad essa. Per seguire queste risposte in termini empirici abbiamo dato priorità a diversi spazi - tra il 2018 e il 2021 - in cui si sono sperimentate nuove socialità aperte a un'agenzia più che umana: la foresta urbana, l'attivismo climatico e le pratiche di rigenerazione sono state considerate come risposte particolari alle sfide climatiche attuali. La nostra tesi mostra che è necessario osservare le particolarità di queste risposte, senza assumere che ci sia un consenso su come il cambiamento climatico possa essere generato come un problema comune. Le diverse modalità di risposta evidenziano l'esistenza di situazioni problematiche in cui molteplici aspetti della vita collettiva urbana sono messi in discussione e criticati. I conflitti che emergono non possono essere considerati esclusivamente in termini di eccezionalismo umano, in quanto mostrano che esistono modi divergenti di generare questa agenzia più che umana nei progetti e nelle pratiche politiche.
The aim of this thesis is to follow the experiences of living at the time of climate emergence and how, in the particular situations of the city of Milan, one seeks to respond to it. To follow these responses in empirical terms we prioritized different spaces - between 2018 and 2021 - where new socialites were experienced that were open to a more-than-human agency: the urban forest, climate activism and regeneration practices were considered as particular responses to current climate challenges . Our thesis shows that it is necessary to observe the particularities of these responses, without assuming that there is a consensus about how climate change can be generated as a common problem. The different modalities of response highlight the existence of problematic situations where multiple aspects of collective urban life are questioned and criticized. The conflicts that emerge cannot be considered exclusively in terms of human exceptionalism as they show that there exists divergent ways of generating this more-than-human agency in political projects and practices.
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2

Gatti, Michela <1986&gt. "Diventare cittadine​: le donne tunisine e la partecipazione attiva alla sfera pubblica." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/6473.

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Abstract:
Attraverso un approccio multidisciplinare, la ricerca intende offrire una panoramica sull’evoluzione dei femminismi in Tunisia affrontando la complessa questione del femminismo istituzionale, dalla definizione di Sophie Bessis, fino ai giorni nostri, per comprendere come le politiche di genere siano state incorporate nel discorso istituzionale fino agli anni del regime e come abbiano influenzato l’agire della società civile e il concetto di cittadinanza nel paese. Grazie alle riflessioni su genere e cittadinanza dell’antropologa Suad Joseph e di sociologhe come Mounira Charrad, si esaminerà in primo luogo l'immagine della donna nella costruzione di un concetto di cittadinanza analizzando come questa influenzi, e possa limitare, i suoi diritti individuali. In tal senso, lo studio dell’articolato sistema di leggi che regolano la cittadinanza sarà utile per comprendere le complesse relazioni tra individui, collettività e Stato. Si analizzeranno le riforme legislative che hanno impostato il femminismo di Stato e l’appropriazione della questione femminile da parte degli attori politici e come i diritti di cittadinanza della donna tunisina siano stati condizionati da forme patriarcali basate sul lignaggio e dagli interessi politici dei governanti. Vedremo infine come le associazioni femminili tunisine più importanti, a partire dagli anni ’80, siano riuscite a rompere il monopolio statale sulla questione femminile cercando di comprendere come il discorso politico legato ai diritti della donna sia cambiato con la caduta del regime.
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3

RECCHI, Simonetta. "THE ROLE OF HUMAN DIGNITY AS A VALUE TO PROMOTE ACTIVE AGEING IN THE ENTERPRISES." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251122.

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Abstract:
Ogni azienda che si riconosca socialmente responsabile deve occuparsi dello sviluppo delle carriere dei propri dipendenti da due punti di vista: quello individuale e personale e quello professionale. La carriera all’interno di un’azienda coinvolge, infatti, la persona in quanto individuo con un proprio carattere e una precisa identità e la persona in quanto lavoratore con un bagaglio specifico di conoscenze e competenze. L’azienda ha, quindi, il compito di promuovere carriere professionalmente stimolanti che si sviluppino in linea con i suoi stessi valori, la sua visione e la sua missione. Nel panorama moderno, aziende che sviluppano la propria idea di business nel rispetto dei lavoratori proponendo loro un percorso di crescita, si mostrano senza dubbio lungimiranti. Un tale approccio, però, non basta a far sì che vengano definite socialmente responsabili. I fattori della Responsabilità Sociale d’Impresa sono infatti numerosi e, ad oggi, uno dei problemi principali da affrontare è quello del progressivo invecchiamento della popolazione. Dal momento che la forza lavoro mondiale sta invecchiando e che si sta rispondendo al problema spostando la linea del pensionamento, tutte le aziende sono obbligate a mantenere le persone il più a lungo possibile attive e motivate a lavoro. L’età è spesso visto come un fattore di diversità e di discriminazione, ma nello sviluppare la mia argomentazione, cercherò di dimostrare che una politica del lavoro che supporti l’idea dell’invecchiamento attivo può trasformare questo fattore da limite in opportunità. Il rispetto degli esseri umani, a prescindere dalle differenze legate all’età, dovrebbe essere uno dei valori fondanti di ogni impresa. Nel primo capitolo della tesi, svilupperò il tema della dignità umana così come è stato concepito a partire dalla filosofia greca fino alla modernità. La dignità intesa come valore ontologico, legato all’essenza dell’uomo, diventerà con Kant il fattore di uguaglianza tra tutti gli esseri viventi, la giustificazione del rispetto reciproco. Il concetto di dignità verrà, poi, definito nel secondo capitolo come il principale valore che deve ispirare l’azione sociale delle imprese, come l’elemento che garantisce il rispetto di ogni dipendente che prima ancora di essere un lavoratore è un essere umano. La dignità è ciò che rende l’essere umano degno di essere considerato un fine in se stesso piuttosto che un mezzo per il raggiungimento di un fine esterno. Nell’era della globalizzazione, dove il denaro è il valore principale, gli esseri umani rischiano di diventare un mezzo al servizio dell’economia. A questo punto, il rispetto della dignità deve divenire il fondamento di un ambiente di lavoro che promuove la crescita e la fioritura dell’essere umano. Nel secondo capitolo cercherò quindi di dimostrare come l’idea di dignità possa promuovere un management “umanistico” centrato sul rispetto dell’essere umano. Un’impresa socialmente responsabile può promuovere il rispetto di ogni lavoratore se fa propri i valori di dignità e uguaglianza. Attraverso la teoria dello Humanistic Management che veicola tali valori, il lavoro diventa un luogo in cui l’uomo può esprimere se stesso, la sua identità, le sue conoscenze e competenze. Inoltre, dal momento che la popolazione sta invecchiando, le aziende devono farsi carico della forza lavoro più anziana, come è emerso sopra. A questo punto, nel terzo capitolo, il concetto della Responsabilità Sociale d’Impresa sarà analizzato nel suo legame con i temi dell’invecchiamento attivo e della diversità sul posto di lavoro. Conosciamo diverse ragioni di differenza a lavoro: genere, cultura, etnia, competenze, ma qui ci concentreremo sul fattore età. È naturale che i lavoratori anziani abbiano un’idea di lavoro diversa da quella dei giovani e che le loro abilità siano differenti. Ma questa diversità non deve essere valutata come migliore o peggiore: essa dipende da fattori che analizzeremo e che l’impresa socialmente responsabile conosce e valorizza per creare un ambiente di lavoro stimolante e collaborativo, eliminando possibili conflitti intergenerazionali. Alcune delle teorie che permettono di raggiungere tali obiettivi sono il Diversity Management e l’Age Management: ogni impresa può promuovere pratiche per valorizzare gli anziani, permettendo loro di rimanere più a lungo attivi e proattivi a lavoro e di condividere le proprie conoscenze e competenze. L’ultimo capitolo della tesi si concentrerà su un caso di azienda italiana che ha sviluppato uno strumento di valorizzazione di collaboratori over 65. Sto parlando della Loccioni, presso cui ho svolto la ricerca applicata e che promuove il progetto Silverzone, un network di persone in pensione che hanno conosciuto l’azienda nel corso della loro carriera e che continuano a collaborare con essa ancora dopo il pensionamento. Per capire l’impatto qualitativo e quantitativo che il progetto ha sull’azienda, ho portato avanti un’analisi qualitativa dei dati ottenuti grazie a due tipi di questionari. Il primo ha visto il coinvolgimento dei 16 managers della Loccioni a cui sono state sottoposte le seguenti domande: 1. Chi sono i silver nella tua area di business? Quali i progetti in cui essi sono coinvolti? 2. Qual è il valore del loro supporto per l’azienda? E, allo stesso tempo, quali sono le difficoltà che possono incontrarsi durante queste collaborazioni? 3. Qual è la frequenza degli incontri con i silver? 4. Perché l’azienda ha bisogno di questo network? Successivamente, ho sottoposto un altro questionario agli 81 silver della rete. Di seguito i dettagli: 1. Qual è il tuo nome? 2. Dove sei nato? 3. Dove vivi? 4. Qual è stato il tuo percorso formativo? 5. Qual è stata la tua carriera professionale? 6. Come e con chi è avvenuto il primo contatto Loccioni? 7. Come sei venuto a conoscenza del progetto Silverzone? 8. Con quali dei collaboratori Loccioni stai lavorando? 9. In quali progetti sei coinvolto? 10. Potresti descrivere il progetto in tre parole? 11. Che significato ha per te fare parte di questa rete? 12. Nella tua opinione, come deve essere il Silver? 13. Che tipo di relazioni hai con i collaboratori Loccioni? 14. Quali dimensioni umane (dono, relazione, comunità, rispetto) e professionali (innovazione, tecnologia, rete) emergono lavorando in questo progetto? Il progetto Silverzone è sicuramente una buona pratica di Age Management per mantenere più a lungo attivi i lavoratori over 65. I progetti in cui i Silver sono coinvolti hanno un importante impatto economico sull’impresa, in termini di investimento ma anche di guadagno. Ad ogni modo, qui la necessità di fare profitto, stando a quanto è emerso dai risultati delle interviste, è subordinata al più alto valore del rispetto dei bisogni umani che diventa garante di un posto di lavoro comfortable, dove si riesce a stringere relazioni piacevoli, collaborative e produttive.
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FORMICONI, Cristina. "LÈD: Il Lavoro È un Diritto. Nuove soluzioni all’auto-orientamento al lavoro e per il recruiting online delle persone con disabilità." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251119.

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Abstract:
INTRODUZIONE: Il presente progetto di ricerca nasce all’interno di un Dottorato Eureka, sviluppato grazie al contributo della Regione Marche, dell’Università di Macerata e dell’azienda Jobmetoo by Jobdisabili srl, agenzia per il lavoro esclusivamente focalizzata sui lavoratori con disabilità o appartenenti alle categorie protette. Se trovare lavoro è già difficile per molti, per chi ha una disabilità diventa un percorso pieno di ostacoli. Nonostante, infatti, la legge 68/99 abbia una visione tra le più avanzate in Europa, l’Italia è stata ripresa dalla Corte Europea per non rispettare i propri doveri relativamente al collocamento mirato delle persone con disabilità. Tra chi ha una disabilità, la disoccupazione è fra il 50% e il 70% in Europa, con punte dell’80% in Italia. L’attuale strategia europea sulla disabilità 2010-2020 pone come obiettivi fondamentali la lotta alla discriminazione, le pari opportunità e l’inclusione attiva. Per la realizzazione di tali obiettivi assume un’importanza centrale l’orientamento permanente: esso si esercita in forme e modalità diverse a seconda dei bisogni, dei contesti e delle situazioni. La centralità di tutti gli interventi orientativi è il riconoscimento della capacità di autodeterminazione dell’essere umano, che va supportato nel trovare la massima possibilità di manifestarsi e realizzarsi. Ciò vale ancora di più per le persone con disabilità, in quanto risultano fondamentali tutte quelle azioni che consentono loro di raggiungere una consapevolezza delle proprie capacità/abilità accanto al riconoscimento delle caratteristiche della propria disabilità. L’orientamento assume così un valore permanente nella vita di ogni persona, garantendone lo sviluppo e il sostegno nei processi di scelta e di decisione con l’obiettivo di promuovere l’occupazione attiva, la crescita economica e l’inclusione sociale. Oggi giorno il frame work di riferimento concettuale nel campo della disabilità è l’International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF), il quale ha portato a un vero e proprio rovesciamento del termine disabilità dal negativo al positivo: non si parla più di impedimenti, disabilità, handicap, ma di funzioni, strutture e attività. In quest’ottica, la disabilità non appare più come mera conseguenza delle condizioni fisiche dell’individuo, ma scaturisce dalla relazione fra l’individuo e le condizioni del mondo esterno. In termini di progetto di vita la sfida della persona con disabilità è quella di poter essere messa nelle condizioni di sperimentarsi come attore della propria esistenza, con il diritto di poter decidere e, quindi, di agire di conseguenza in funzione del proprio benessere e della qualità della propria vita, un una logica di autodeterminazione. OBIETTIVO: Sulla base del background e delle teorie di riferimento analizzate e delle necessità aziendali è stata elaborata la seguente domanda di ricerca: è possibile aumentare la consapevolezza negli/nelle studenti/esse e laureati/e con disabilità che si approcciano al mondo del lavoro, rispetto alle proprie abilità, competenze, risorse, oltre che alle limitazioni imposte dalla propria disabilità? L’obiettivo è quello di sostenere i processi di auto-riflessione sulla propria identità e di valorizzare il ruolo attivo della persona stessa nella sua autodeterminazione, con la finalità ultima di aumentare e migliorare il match tra le persone con disabilità e le imprese. L’auto-riflessione permetterà di facilitare il successivo contatto dialogico con esperti di orientamento e costituirà una competenza che il soggetto porterà comunque come valore aggiunto nel mondo del lavoro. METODI E ATTIVITÀ: Il paradigma teorico-metodologico adottato è un approccio costruttivista: peculiarità di questo metodo è che ciascuna componente della ricerca può essere riconsiderata o modificata nel corso della sua conduzione o come conseguenza di cambiamenti introdotti in qualche altra componente e pertanto il processo è caratterizzato da circolarità; la metodologia e gli strumenti non sono dunque assoggettati alla ricerca ma sono al servizio degli obiettivi di questa. Il primo passo del progetto di ricerca è stato quello di ricostruzione dello stato dell’arte, raccogliendo dati, attraverso la ricerca bibliografica e sitografica su: l’orientamento, la normativa vigente in tema di disabilità, i dati di occupazione/disoccupazione delle persone con disabilità e gli strumenti di accompagnamento al lavoro. A fronte di dati mancanti sul territorio italiano relativi alla carriera e ai fabbisogni lavorativi degli/delle studenti/esse e laureati/e con disabilità, nella prima fase del progetto di ricerca è stata avviata una raccolta dati su scala nazionale, relativa al monitoraggio di carriera degli studenti/laureati con disabilità e all’individuazione dei bisogni connessi al mondo del lavoro. Per la raccolta dati è stato sviluppato un questionario ed è stata richiesta la collaborazione a tutte le Università italiane. Sulla base dei dati ricavati dal questionario, della letteratura e delle indagini esistenti sulle professioni, nella fase successiva della ricerca si è proceduto alla strutturazione di un percorso di auto-orientamento, volto ad aumentare la consapevolezza nelle persone con disabilità delle proprie abilità e risorse, accanto a quella dei propri limiti. In particolare, il punto di partenza per la costruzione del percorso è stata l’Indagine Istat- Isfol sulle professioni (2012) e la teoria delle Intelligenze Multiple di H. Gardner (1983). Si è arrivati così alla strutturazione del percorso di auto-orientamento, composto da una serie di questionari attraverso i quali il candidato è chiamato ad auto-valutare le proprie conoscenze, le competenze, le condizioni di lavoro che gli richiedono più o meno sforzo e le intelligenze che lo caratterizzano, aggiungendo a questi anche una parte più narrativa dove il soggetto è invitato a raccontare i propri punti di forza, debolezza e le proprie aspirazioni in ambito professionale. Per sperimentare il percorso di auto-orientamento creato, nell’ultima fase della ricerca è stato predisposto uno studio pilota per la raccolta di alcuni primi dati qualitativi con target differenti, studenti/esse universitari/e e insegnanti di scuola superiore impegnati nel tema del sostegno e dell’orientamento, e utilizzando diversi strumenti (autopresentazioni, test multidimensionale autostima, focus group). CONCLUSIONI: I dati ottenuti dallo studio pilota, seppur non generalizzabili, in quanto provenienti da un campione esiguo, hanno evidenziato come il percorso di auto-orientamento attivi una riflessione sulla visione di sé nei diversi contesti e un cambiamento, in positivo o in negativo, nell’autostima e nella valutazione di sé in diverse aree, ad esempio nell’area delle relazioni interpersonali, del vissuto corporeo, dell’emotività ecc. Tali dati ci hanno permesso soprattutto di evidenziare punti di forza e debolezza del percorso creato e di apportare modifiche per una maggiore comprensione e adattabilità del prodotto stesso. Il valore del percorso orientativo è connesso al ruolo attivo di auto-valutatore giocato dal candidato con disabilità, affiancando a questa prima fase di autovalutazione un successivo confronto dialogico con un esperto, tale da permettere un ancoraggio alla realtà esterna, al contesto in cui il soggetto si trova a vivere. In questo senso, l’orientamento assume il valore di un processo continuo e articolato, che ha come scopo principale quello di sostenere la consapevolezza di sé e delle proprie potenzialità, agendo all’interno dell’area dello sviluppo prossimale della persona verso la realizzazione della propria identità personale, sociale e professionale.
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SBRANA, ALESSANDRO. "Faculty Development Centri di Professionalità Accademica (CPA)." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251175.

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Abstract:
mondo universitario ha subito un’ondata di cambiamenti che si possono ricondurre alla ricerca dell’eccellenza, declinata secondo le due dimensioni della valutazione e della rendicontazione. Tre sono quelli più evidenti: il primo, il passaggio da una ricerca curiosity driven a una ricerca funzionale al raggiungimento di risultati valutabili in tempi brevi; dalla ricerca pura a quella applicata, da un approccio problem-making a uno problem-solving, da una conoscenza come processo a una conoscenza come prodotto, da un modello disinteressato a uno utilitaristico (Barnett, 1994); il secondo, riguardante l’offerta formativa: dal momento che si è modificato il modo di concepire l’apprendimento; i curricula tendono a essere definiti in termini di risultati di apprendimento predefiniti (Blackmore, 2016); il terzo, peculiare della struttura amministrativa: dal momento in cui sono divenute essenziali una serie di nuove sovrastrutture (programmazione, valutazione, controlli, comunicazione) rispetto al mandato originario della struttura universitaria si registra un aumento consistente del personale delle strutture amministrative. Questi cambiamenti devono fare i conti con la perdita di prestigio della vita accademica, il cambiamento del ruolo dello studente, che è diventato sempre più importante e l’aumento delle procedure burocratiche che rischiano di ingessare un sistema un tempo caratterizzato da un’elevata autonomia. Per consentire alle strutture universitarie di affrontare le sfide culturali a partire dagli anni Settanta nelle università nord-americane si sono strutturate iniziative finalizzate allo sviluppo e alla promozione di una migliore offerta formativa. Tali iniziative vengono definite con l’espressione Faculty Development (FD), una policy accademica finalizzata a creare le condizioni per un miglioramento delle competenze di tutti coloro che sono coinvolti nelle attività svolte in un ateneo. Nella realtà italiana emerge la mancanza di una vera politica di formazione al teaching per i ricercatori e i docenti universitari, per non parlare dell’esigenza di superare il pregiudizio, di gentiliana memoria, secondo il quale non è necessario apprendere a insegnare, ma sia sufficiente avere successo nella ricerca, cui si aggiunge nell’ultimo decennio una continua e affannata richiesta al personale accademico di azioni organizzative, valutative e documentali, che assorbono tempo e energie senza il supporto di adeguati apparati gestionali e senza predisporre indagini valutative capaci di misurare l’effettivo esito di tutte queste azioni. L’effetto finale è un evidente declino (Capano et al., 2017) dell’istituzione universitaria. Si può ipotizzare che la cultura del organizzazione propria del Faculty Development possa contribuire nel contesto italiano a fornire azioni a supporto del cambiamento: è quanto mai essenziale dotare gli atenei di risorse funzionali a riqualificare la vita accademica, fornendo al personale accademico gli strumenti necessari per performare una buona scholarship, realizzare un’efficace offerta formativa e attuare adeguate forme di terza missione, capaci di incrementare la vita culturale della comunità. Il presente studio si propone come un’analisi sistematica della letteratura sul tema del Faculty Development, che persegue l’obiettivo di sviluppare una disamina estesa dell’oggetto, in modo che l’esplicitazione della datità raccolta fornisca un’analisi del fenomeno che possa essere di supporto a un’avveduta educational policy nel campo della formazione universitaria. Nel contesto italiano ad oggi non esiste una cultura di attenzione ai contesti di apprendimento universitario. L’offerta formativa è concepita come offerta di pacchetti curriculari e la predisposizione delle condizioni di apprendimento per il conseguimento del titolo universitario si risolve nella organizzazione di una serie di lezioni, frontali o laboratoriali, senza che tutto questo sia innervato da una specifica intenzionalità didattica. Questa immagine poco confortante non intende affatto trascurare tutti i casi di buone prassi sviluppati nei vari corsi di studio, ma il buono che emerge è demandato all’impegno del singolo, senza che l’istituzione universitaria si interroghi sul come predisporre le condizioni per il potenziamento della qualità dei processi di apprendimento. A fronte di questa situazione la necessità di migliorare la qualità dell’insegnamento non è mai stata così stringente e sfidante come lo è oggi, in un clima di continuo cambiamento della formazione superiore. Nuove tendenze definiscono la formazione superiore, attraversando confini istituzionali e nazionali. Essi influiscono sul modo in cui un insegnamento efficace viene concettualizzato, condotto e supportato, valutato, valorizzato e riconosciuto. È necessario affrontare temi quali l’inadeguata preparazione per il lavoro accademico nei corsi di studio magistrali, l’incapacità dei docenti a trasferire competenze, la crescente complessità degli ambienti accademici, le attese e le responsabilità istituzionali, la necessità di preparare meglio gli studenti con bisogni diversi, e la necessità di stare al passo con i balzi della conoscenza e i cambiamenti nelle professioni. Migliorare la qualità della didattica è inoltre essenziale perché consente di ridurre il numero degli abbandoni. È venuto il momento di transitare da un’offerta formativa di tipo episodico a una prospettiva di esperienze di apprendimento in continuità nel tempo, per accompagnare la formazione dei docenti in un modo strutturalmente organizzato (Webster-Wright, 2009). Sulla base della rilevazione fenomenica, sono emerse le seguenti domande di ricerca: che cosa è il FD? Cosa consente di fare? Come si mette in pratica? Quali sono le potenzialità? Quali sono i limiti? Il FD ha il compito di incentivare i docenti ad interessarsi ai processi di insegnamento e apprendimento e a procurare un ambiente sicuro e positivo nel quale fare ricerca, sperimentare, valutare e adottare nuovi metodi (Lancaster et al. 2014). È finalizzato a promuovere cambiamento sia a livello individuale sia a livello organizzativo. Occupa un posto centrale il miglioramento delle competenze di teaching (Steinert, 2014). Due importanti obiettivi sono rappresentati dalla promozione delle capacità di leadership e di gestione dei contesti (Steiner et al., 2012). Una volta definite le metodologie del teaching, che possono essere oggetto di apprendimento da parte del personale accademico, è risultato necessario identificare le principali modalità formative che un centro di Faculty Development (FDc) dovrebbe mettere in atto per favorire l’apprendimento delle competenze didattiche. Per comprenderne la funzione reale è stato utile prendere in esame le attività proposte dai più importanti centri del panorama accademico nordamericano, analizzandone la struttura organizzativa, le risorse disponibili ed identificandone le due figure principali: il responsabile dell’organizzazione dei processi formativi e il responsabile della struttura. L’analisi dei casi ha consentito di evidenziare i molteplici servizi che possono essere forniti da un FDc. Questa analisi di realtà è risultata molto utile poiché ha offerto indicazioni pragmatiche ai fini di una politica accademica innovativa anche in ambito italiano. Alla luce degli argomenti sviluppati è stato possibile ipotizzare anche per gli atenei italiani l’istituzione di “Centri per la professionalità accademica”, indicando possibili iniziative da essi realizzabili, che potrebbero trovare spazio nella realtà del nostro paese.
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