Academic literature on the topic 'Diritto internazionale derivato'

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Journal articles on the topic "Diritto internazionale derivato"

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Bissell, Richard E. "STRUCTURE AND OPERATION OF THE INDEPENDENT ACCOUNTABILITY MECHANISMS (IAMSs)." Il Politico 84, no. 1 (June 25, 2019): 83–93. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2019.54.

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Abstract:
L’inserimento, negli anni ’90, dei cosiddetti “meccanismi indipendenti di responsabilità” (IAMs) nelle organizzazioni internazionali ha diverse origini. Un lavoro seminale del 1991 della Banca Mondiale si concentrava sulla necessità di responsabilizzare i governi nei confronti dei cittadini come condizione di maggior successo dei progetti promossi dalla Banca stessa. Se la maggior parte dell’attività derivante da tali meccanismi consisteva nel rispondere a reclami concernenti servizi governativi, essa alimentava a sua volta le aspettative dei cittadini per quanto riguarda la reattività delle organizzazioni pubbliche. L’idea che un individuo che riteneva violati i propri diritti umani potesse ricorrere a un organismo internazionale costituiva una novità sostanziale. È inoltre rilevante il fatto che le istituzioni internazionali attribuiscano valore al fatto di “aprire” le proprie operazioni così da consentire che le denunce vengano effettuate e che a esse sia data risposta. La responsabilità internazionale, dopo 25 anni di esperienza, può infine trarre vantaggio dalla modernizzazione dei sistemi: le opportunità offerte dalle nuove tecnologie, ad esempio, stanno rapidamente annullando le distanze in gran parte del mondo.
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Bompiani, Adriano. "L’elaborazione di “regole” per le innovazioni biotecnologiche." Medicina e Morale 49, no. 4 (August 31, 2000): 713–50. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2000.765.

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Abstract:
Come è noto, l'unione Europea ha fra i suoi scopi quello di favorire lo sviluppo sociale ed economico dei Paesi aderenti, facilitando la ricerca scientifica, l’innovazione tecnologica, la produzione di beni e la circolazione degli stessi nell’ambito dell’Unione, eliminando per quanto è possibile differenze, normative e conflitti commerciali. Con questo spirito, dopo anni di difficile lavoro, è stata emanata la Direttiva 98/44/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio (6luglio 1998) che riguarda la protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, ne presupposto che si tratti di genoma – sia esso di origine vegetale, animale o umano – in quanto risultati da “invenzioni” suscettibili di applicazioni industriali e non dal mero isolamento (“scoperta”). L’Autore, che già ha esaminato in un precedente contributo gli aspetti etici dell’impiego delle biotecnologie nel campo vegetale e animale (v. Medicina e Morale 2000, 3: 449-504), si sofferma a descrivere quanto prevede la Direttiva 98/44/CE stessa, assieme ad altre norme internazionali precedentemente emanat, per la tutela dell’ambiente, degli animali e degli organismi umani. L’Autore riconosce che la direttiva vieta, nel dispositivo, lo sfruttamento commerciale che sia contrario all’ordine pubblico e al buon costume, fornendo gli esempi concreti dei divieti applicabili ai processi di clonazione umana a scopo riproduttivo, di modificazione dell’identità genetica germinale dell’essere umano; di modificazione degli embrioni umani a fini commerciali e industriali; di modificazione dell’identità genetica animale di natura tale da provocare sofferenza negli stessi, senza utilità sostanziale per l’uomo o per l’animale. Tuttavia la Direttiva – sotto l’aspetto giuridico – consente l’utilizzazione di embrioni umani (sia pure non direttamente ed espressamente prodotti a scopo di ricerca in base all’art. 18 della Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina) a scopo sperimentale e per applicazioni biotecnologiche riguardanti la produzione di cellule staminali od i medicamenti. L’Autore esamina anche il dibattito che è seguito alla emanazione della Direttiva soprattutto a livello di Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (Strasburgo) in merito alle preoccupazioni dell’opinione pubblica sui cosiddetti “cibi transgenici” (raccomandazione n. 1398 (1998) dal titolo “sicurezza del consumatore e qualità degli alimenti”), nella quale è stata espressa contrarietà alla brevettabilità degli organismi viventi, pur riconoscendo la necessità di assicurare un’adeguata protezione ai diritti dell’”invenzione” (proprietà intellettuale) [Raccomandazione 1417/1999]. Questi problemi sono stati affrontati ma non risolti nella conferenza internazionale di Oviedo (16-19 maggio 19999) organizzata dal Consiglio d’Europa. Il Comitato Direttivo di Bioetica del medesimo Consiglio d’Europa è stato indicato di esprimere “parere” sulla complessa materia; nel frattempo sono intervenute la conferenza di Seattle e Montreal, ove è stato firmato, nel gennaio 2000, un Protocollo sulla biosicurezza che regolamenta il commercio internazionale di sementi e sostanze geneticamente modificate ritenuti pericolosi per l’ambiente e la salute, escludendo però i prodotti finiti, e perciò il cibo transgenico. Nel momenti in cui – scadendo la moratoria –la Direttiva 98/44/CE entrerà in vigore (31 luglio 2000) essendo improbabile l’accettazione delle argomentazioni di invalidazione sollevate da Olanda e Italia, l’Autore insiste per l’adozione del “principio di precauzione”, esplicitamente incorporato nel diritto comunicato relativo alla protezione della salute, oltreché alla tutela dell’ambiente, che dovrà essere tuttavia meglio specificato nella sua estensione e nelle conseguenze attese. Un secondo principio, quello della “trasparenza”, richiede un’ulteriore affinamento delle informazioni rivolte al consumatore, tramite una più chiara etichettatura che consenta una scelta realmente libera e consapevole dei prodotti derivanti da organismi geneticamente modificati posti in commercio. Dovrà essere perseguita la ricerca, escludendo peraltro l’uso dell’embrione umano.
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Cuffaro, Nadia, and David Hallam. ""Land grabbing" nei Paesi in via di sviluppo: investitori esteri, regolamentazione e codici di condotta." QA Rivista dell'Associazione Rossi-Doria, no. 2 (June 2011): 131–49. http://dx.doi.org/10.3280/qu2011-002006.

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Abstract:
L'articolo tratta gli sviluppi recenti degli investimenti esteri diretti in agricoltura nei paesi in via di sviluppo (Pvs). Tre sono agli argomenti analizzati. Il primo č l'evidenza empirica sulla recente crescita delle acquisizioni di terra per usi agricoli nei paesi in via di sviluppo da parte d'investitori esteri (land grabbing) e la questione collegata del ruolo del controllo sulla terra nel processo d'internazionalizzazione dell'agricoltura dei Pvs. Il secondo sono i possibili rischi di tali progetti, derivanti essenzialmente dal fatto che l'attuale ondata di investimenti riguarda contesti in cui molti soggetti dipendono da diritti di proprietŕ sulla terra poco certi e sono perciň esposti al rischio di gravi perdite. Infine, si discute il possibile ruolo della responsabilitŕ sociale delle imprese e di un codice di condotta promosso su base internazionale nel mitigare tali rischi.
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Agnello, Francesco. "Corte internazionale di giustizia e liquidazione del danno derivante da violazioni dei diritti dell'uomo: la terza sentenza sul caso Ahmadou Sadio Diallo." DIRITTI UMANI E DIRITTO INTERNAZIONALE, no. 3 (December 2012): 643–71. http://dx.doi.org/10.3280/dudi2012-003009.

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Benini, Caterina. "La localizzacione dell’illecito concorrenziale nel regime di Bruxelles: riflessioni alla luce della Sentenza FLYLAL II della Corte di Giustizia dell’Unione Europea = The localization of antitrust torts underthe Brussels regime: reflections in the light of the Judgment FLYLAL II of the Court of Justice of the European Union." CUADERNOS DE DERECHO TRANSNACIONAL 11, no. 1 (March 11, 2019): 693. http://dx.doi.org/10.20318/cdt.2019.4641.

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Abstract:
Riassunto: Nella sentenza flyLAL II la Corte di giustizia dell’Unione Europea ha affermato che un calo delle vendite provocato da un illecito concorrenziale costituisce il “danno” rilevante agli effetti della individuazione del giudice competente ai sensi dell’art. 5 n. 3 del regolamento (CE) n. 44/2001 (“Bruxelles I”) e ha ritenuto che tale danno vada localizzato nel paese in cui si trova il mercato inte­ressato dagli effetti dell’illecito. Lo scritto, prendendo spunto da questa sentenza, esamina criticamente la disciplina internazionalprivatistica europea degli illeciti concorrenziali, soffermandosi sulle ricadute negative della stessa in termini di private antitrust enforcement. Dinnanzi a questo stato delle cose, la soluzione della Corte appare perseguire l’obiettivo di garantire coerenza tra la disposizione oggetto di pronuncia e l’art. 6, par. 3, lett. a), del regolamento (CE) n. 864/2007 (“Roma II”) sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali derivanti da atti limitativi della concorrenza. Essa inoltre agevola il private enforcement del diritto della concorrenza, contribuendo al contempo alla funzione regolatoria del diritto internazionale privato nel contesto regionale dell’Unione Europea.Parole chiave: illeciti concorrenziali, foro speciale degli illeciti, localizzazione del danno, criterio del mercato, private antitrust enforcementAbstract: In the flyLAL II judgment, the Court of Justice of the European Union ruled that the loss of sales incurred as a result of antitrust tort can be regarded as “damage” for the purposes of iden­tifying the competent jurisdictional authority pursuant to Art. 5 n. 3 of the Regulation (EC) n. 44/2001 (“Brussels I”) and ruled that such damage is localized in the country whose market was affected by the anticompetitive conduct. Taking that judgment as point of departure, this article critically analyses the EU private international law regime of antitrust torts, focusing on its negative impact on private antitrust enforcement. Given this state of affairs, the solution adopted by the Court seems to pursue the goal of consistency between the provision under scrutiny and Art. 6, par. 3, lit. a), of the Regulation (CE) n. 864/2007 (“Rome II”) on the law applicable to non-contractual obligations arising from acts restricting free competition. It also promotes the private enforcement of antitrust rules, thereby enhancing the re­gulatory function of private international law in the internal market.Keywords: antitrust torts, special jurisdiction in matters relating to tort, localization of the loss, market criterion, private antitrust enforcement.
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Giambastiani, Valentina. "I vulnera del sistema punitivo delle persone giuridiche per reato di corruzione internazionale alla luce dei principi eurounitari." Rivista di Studi e Ricerche sulla criminalità organizzata 7, no. 2 (December 18, 2021). http://dx.doi.org/10.54103/cross-16850.

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Abstract:
L’articolo pone in luce, partendo da una sentenza di primo grado del Tribunale di Milano relativa ad una vicenda di corruzione internazionale, una disparità sanzionatoria in materia di responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato, di cui si analizza l’adeguatezza alla luce dei principi del diritto eurounitario.
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Semplici, Stefano. "La crisi di Ebola come emergenza bioetica. Una dichiarazione dei Comitati dell’UNESCO." Medicina e Morale 64, no. 2 (April 30, 2015). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2015.25.

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Abstract:
La Dichiarazione congiunta sull’epidemia del virus Ebola, adottata il 10 settembre 2014 dal Comitato internazionale di bioetica e dal Comitato intergovernativo di bioetica dell’UNESCO, offre un significativo esempio della strategia articolata che è necessaria per combattere efficacemente contro la crisi di Ebola nell’Africa Occidentale e per prevenire lo scoppio di simili flagelli in futuro. La comunità internazionale e gli Stati sono sollecitati non solo a incoraggiare gli sforzi dei ricercatori per garantire lo sviluppo e la disponibilità di trattamenti efficaci, ma anche a definire e potenziare programmi che coinvolgano le popolazioni locali, prendendo in considerazione il contesto sociale e culturale dei paesi colpiti, così come a rafforzare i loro sistemi sanitari. Richiamando l’importanza dei principi racchiusi nella Dichiarazione universale sulla bioetica e i diritti dell’uomo del 2005, insieme al ruolo guida della Organizzazione Mondiale della Sanità, la Dichiarazione congiunta offre allo stesso tempo una prospettiva privilegiata sui contenuti della bioetica globale. La crisi di Ebola è una emergenza sanitaria di portata internazionale. Questa, tuttavia, non è una responsabilità ristretta a scienziati e personale sanitario. E questo è il punto in cui gli sforzi contro l’epidemia incontrano il concetto di bioetica che viene sviluppato nella Dichiarazione universale del 2005 attraverso due passaggi decisivi. Il primo è l’inclusione del diritto di ogni essere umano a godere del più alto livello ottenibile di salute. Il secondo passo è fatto con la focalizzazione sui fattori sociali determinanti per la salute e sulle profonde disuguaglianze che ne derivano. La scienza è ovviamente fondamentale. Ma l’etica e la politica sono altrettanto importanti, anche in vista di un nuovo concetto della condivisione dei benefici del progresso scientifico. ---------- The Joint statement on the Ebola virus epidemic, made by the International Bioethics Committee and the Intergovernmental Bioethics Committee of UNESCO on September 10th, 2014 provides an illustrative example of the broad strategy that is required, in order to fight successfully against the Ebola crisis in West Africa and prevent the outbreak of similar scourges in the future. The international community and States are called upon not only to encourage the efforts carried out by researchers, with a view to the development and availability of effective treatments, but also to define and implement programmes that involve local populations, taking into account the social and cultural context of the countries affected, as well as to reinforce their health care systems. Recalling the importance of the principles enshrined in the Universal declaration on bioethics and human rights of 2005, together with the leading role of the World Health Organization, the Joint statement offers at the same time a privileged perspective on what global bioethics is about. The Ebola crisis is a public health emergency of international concern. However, this is not a responsibility restricted to scientists and health professionals. This is where the efforts against the epidemic overlap the concept of bioethics worked out in the Universal declaration of 2005 through two decisive steps. The first one is the inclusion of the right of every human being to enjoy the highest attainable standard of health. The second step is made by focusing on the social determinants of health, together with the deep inequalities that stem thereof. Science is obviously key. Ethics and politics are as important, also in view of a new idea of sharing of benefits of scientific progress.
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Casini, Carlo. "IV Rapporto del Movimento per la Vita Italiano sulla attuazione della Legge n. 40 del 19 febbraio 2004 per l’anno 2010 Esame e commento della relazione del Ministro della Salute presentato al Parlamento italiano il 28 giugno 2012." Medicina e Morale 61, no. 4 (April 4, 2016). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2012.126.

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Abstract:
Il contributo è dato dall’esame e dal commento della Relazione del Ministro della Salute sull’attuazione della Legge 40 del 19 febbraio 2004 “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”, presentata, al Parlamento ai sensi dell’art. 15, comma 2 della legge stessa. Il Movimento per la Vita Italiano (MpVI) per valutare i dati di volta in volta riportati nei documenti ministeriali ha finora presentato quattro Rapporti al Parlamento: il primo nel 2007, il secondo nell'aprile 2009, il terzo a luglio 2011 e il quarto – oggetto del presente articolo – nell’agosto 2012. L’attenzione della Relazione ministeriale è rivolta soprattutto alla realizzazione del desiderio degli adulti di avere un figlio, in base allo scopo dichiarato dalla legge di “favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana”. Perciò la descrizione del percorso seguito dalle varie tecniche e gli incroci tra i vari dati a disposizione fanno riferimento prevalente alla coppia adulta. Tuttavia, si sottolinea nella Rapporto del “MpVI” non si deve sottovalutare l’art. 1 della legge indica l’altro fondamentale obiettivo della legge e cioè quello di: “assicurare i diritti di tutti i soggetti coinvolti compreso il concepito”. I soggetti di cui è doveroso tener conto non sono solo gli adulti desiderosi di avere un figlio, ma anche i figli fin dal primo momento della loro esistenza (proprio l’evento che le nuove tecniche intendono determinare), cioè fin dal momento del concepimento. L’articolato, documentato e ricco Rapporto del MpVI richiama sinteticamente l’impianto della normativa – seriamente alterato dalla sentenza costituzionale 151/2009 – e gli interventi giudiziari che lo riguardano; rimarca con forza la grande differenza – in ordine alla protezione del diritto alla vita – tra la morte dell’embrione dopo il trasferimento nelle vie genitali della donna e la sua soppressione deliberata, diretta, concordata, che avviene quando l’embrione, non trasferito nelle vie genitali della donna viene selezionato, reso oggetto di sperimentazione, distrutto, congelato; contesta la teoria del c.d. “diritto affievolito” con riferimento al diritto alla vita del concepito; si sofferma sulla necessità di rimuovere le cause impeditive della procreazione alternative alla procreazione artificiale (a questo proposito viene segnalata la significativa esperienza dell’Istituto Scientifico Internazionale Paolo VI di ricerca sulla fertilità e infertilità umana operante presso il Policlinico “A. Gemelli” di Roma dal 2003). Infine, il rapporto si conclude con alcune domande e proposte di lavoro rivolte al Ministro della Salute. Non vi è dubbio, comunque, che quella dello statuto giuridico dell’embrione umano non deve essere emarginata nella relazione annuale del Ministro: “se nell’attuazione della L. 40/04 vogliamo raggiungere un adeguato bilanciamento tra l’obiettivo di superare la sterilità e l’infertilità da un lato e il rispetto della vita dall’altro, occorre assolutamente valorizzare il principio dell’art. 1 che qualifica soggetto titolare di diritti il concepito, al pari degli altri soggetti coinvolti nella vicenda procreativa”. ---------- This article is the review and comment of the Report of the Italian Minister of Health on the implementation of Law 40, February 19, 2004 on medically assisted procreation, submitted to the Parliament under article 15 paragraph 2. The Italian Pro-Life Movement (MpVI) to evaluate the data from time to time within ministerial documents has up to now submitted four reports to Parliament: the first in 2007, the second in 2009, the third in July 2011 and the fourth – subject of this article – in August 2012. The Ministerial Report focuses mainly on the realization of the desire of adults to have a child, according to the stated purpose of the law of “helping to resolve problems arising from human sterility or infertility”. Therefore the description of the path followed by various techniques and the connections between the various available data refer mainly to the adult couple. However, it is observed in the Report of the (MpVI), we shouldn’t neglect the article 1 of the Law indicating another key objective of the same Law which is: “to ensure the rights of all subjects involved including the human embryo”. So, the subjects we must take into account are not only the adults longing to have a child, but also the children from the first moment of their existence (just the event that the new techniques intend to be determined), that is, from the moment of conception. The articulated, documented and rich Report MpVI recalls briefly the system of Law – seriously altered by constitutional judgment 151/2009 – and the judicial interventions concerning it; it strongly emphasizes the great difference – as for the protection of the right to life of human embryo – between the death of the embryo after transfer into the genital tracts of women and his deliberate killing, direct, agreed that occurs when the embryo is not transferred to the genital tract of women is selected, but he is destroyed, made the object of experimentation, frozen, selected; it desputes the theory of the so-called “Weakened Law” dealing with the right to life of the unborn child; it focuses on the need to remove the causes hindering human procreation alternative to artificial procreation (in this regard is reported significant experience of the International Scientific Institute Paul VI on research on fertility and infertility human, working at the Policlinico Gemelli in Rome since 2003). Finally, the Report of MpVI concludes with some questions and work proposals addressed to the Minister of Health. There is no doubt, however, that the legal status of the human embryo should not be neglected in the annual Report of the Minister: “if about the implementation of the L. 40/2004 we want to achieve an appropriate balance between the objective of overcoming infertility and infertility on the one hand and respect for life on the other, it is essential to enhance the principle of article 1 that qualifies human embryo subject holder of human rights, like the other subjects involved in the medically assisted procreation”.
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Šuleková, Mária. "Le biobanche di ricerca Problematiche etico-sociali tra diritti dell’individuo e prospettiva comunitaria." Medicina e Morale 62, no. 3 (June 30, 2013). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2013.96.

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Abstract:
Negli ultimi dieci anni si è avuto un aumento delle attività legate alle biobanche, ossia alle collezioni di campioni biologici e dei dati associati, sia a livello nazionale sia internazionale. La metafora della banca è stata messa in discussione, dal momento che porta con sé uno scopo di lucro e rischia di ridurre un nuovo campo della biomedicina – che ha la potenzialità di sviluppare nuove modalità per la promozione della salute – a prospettiva di profitto individuale. Perciò sono state proposte altre analogie tra le quali le collezioni d’arte, le organizzazioni di volontariato, le biblioteche o depositi (“teca”) per sottolineare il primato dell’avanzamento della ricerca nell’interesse della società. Se da un lato si ipotizzano innovative strategie di diagnosi, prevenzione e terapia per varie malattie derivate dai progetti che mettono a confronto i fattori di rischio genetici e ambientali nella loro insorgenza, dall’altro le attività legate alla ricerca che utilizzano le biobanche comportano rilevanti rischi etici e sono un motivo di preoccupazione sociale. Il presente contributo si concentra sulle questioni specifiche di carattere etico ed etico-sociale nel campo del biobanking. Ciò include problematiche come la fiducia pubblica, il consenso informato, la privacy, il ritorno dei risultati, il rischio di discriminazione genetica e stigmatizzazione sociale, la commercializzazione, l’appartenenza dei campioni e la condivisione dei benefici. Inoltre, le problematiche sono state messe a contronto con due approcci teorici fondamentali nell’etica del biobanking: la prospettiva basata sulla protezione dei diritti dell’individuo e la prospettiva comunitaria. La preoccupazione al centro di questo dibattito è quello di risolvere il problema di come le biobanche devono essere organizzate e gestite tra garanzie di interessi e diritti individuali (come il consenso informato e la privacy) da un lato e la realizzazione del bene comune (in termini di progresso della ricerca e di benefici per la salute pubblica) dall’altro. Mentre l’approccio tradizionale può rivelarsi, infine, una impostazione solo procedurale o legalistica, i nuovi approcci, d’altra parte, rischiano di prendere una svolta di mera retorica o di adottare un’ottica utilitarista o contrattualista. Infine, si conclude con un dibattito aperto, considerando i punti critici di entrambi i framework, riportando alcune proposte di intersezione tra i punti di vista eccessivi e sottolineando in conclusione la rilevanza di alcune sfide socio-politiche attuali della ricerca basata sulle biobanche. ---------- In the last decade, the establishment of organized biobanks (collections of biological samples and associated data) has grown at both the national and international level. The metaphor of the bank was questioned, as it recalls a lucrative scope and reduces a new field of biomedicine that could develop innovative methods for promotion of human health to the perspective of individual profit. Other analogies such as art collections, voluntary organizations, libraries or repositories (“teca”) were proposed as the primary function of these collections is an advance of research for public interest. New strategies of diagnosis, prevention and therapy for various illnesses are expected to be derived from studies that focus on the understanding of the contributions of genes, lifestyle and environment, to the development of complex diseases. However, at the same time, activities related to research biobanking carry significant ethical risks and arise for social concern. This paper after such a general examination focuses on the specific ethical and socio- ethical issues in this field. This involved topics such as public trust, informed consent, privacy, return of results, risk of genetic discrimination and social stigmatization, commercialization, property and benefit sharing. Furthermore, while analysing these topics, two fundamental theoretical approaches in the ethics of biobanking were addressed: the protection of individual’s rights perspective and the communitarian perspective. The central concern in pointing out this debate is to solve the problem of how biobanks should be organized and managed between guarantees of individual interests and rights (like informed consent and privacy) on one hand and the realization of the common good (in terms of research progress and benefits for public health) on other. Whilst one perspective risks being excessively paternalistic and procedural, the other can tend to be rhetoric, purely utilitarian or contractual. Finally, the article ends with an open-ended discussion by considering critical points of both frameworks, by referring to some particular “bridging concepts” aimed at balancing the excessive views, and by emphasizing the relevance of some socio-political challenges of current biobank research policy.
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Dissertations / Theses on the topic "Diritto internazionale derivato"

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ANDRETTO, Luca. "Obblighi internazionali e vincoli comunitari. L'art. 117, I della Costituzione alla luce del principio di supremazia del Parlamento." Doctoral thesis, Università degli Studi di Verona, 2010. http://hdl.handle.net/11562/343538.

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Abstract:
La tesi, che ha ad oggetto l'art. 117, I Cost., si distingue per il particolare approccio ermeneutico, fondato sul principio di supremazia del Parlamento. L'analisi ha una doppia finalità: individuare possibili incoerenze o aporie nelle proposte interpretative del disposto costituzionale sino ad oggi avanzate; selezionare, tra quelle residue, le più rispondenti all'obiettivo di salvaguardare il principio di supremazia parlamentare. In questo modo, si vuole ottenere una lettura coerente e non frammentata della disposizione, teleologicamente orientata alla salvaguardia del pluralismo politico e alla continuità del processo democratrico rappresentativo. L'analisi si serve, tra l'altro, del metodo comparato di analisi giuridica.
The thesis, which concerns art. 117, I, of Italian Constitution, stands out for the particular hermeneutic approach, based on the principle of supremacy of Parliament. The analysis has a twofold purpose: to identify possible inconsistencies or fallacies in the interpretations of the constitutional provision so far proposed; to select, among the remaining interpretations, the most respondent to the aim of safeguarding the principle of parliamentary supremacy. In this way, the purpose is to get a consistent and not fragmented reading of the provision , ideologically oriented to the safeguard of political pluralism and the continuity of democratic representation. The analysis, moreover, uses the comparative method of legal analysis.
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BUSCEMI, MARTINA. "La riparazione per violazioni di diritti umani derivanti da attività delle Nazioni Unite." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2017. http://hdl.handle.net/2434/490851.

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Abstract:
Many International Organizations (hereinafter IOs) have grown to be powerful entities whose acts and activities are capable of impinging – and often do so – on individuals. This holds true with respect to unlawful actions committed by UN peacekeepers, as well as to targeted sanctions imposed by UN Sanctions Committees. These violations – which are steadily increasing – raise several questions under international public law. The present research investigates the mise en œuvre of the several international legal regimes of responsibility triggered by the unlawful acts and assesses the reparation provided thereby. To that end, the study follows two main directions: the first part provides the applicable legal framework, while the second one is fully dedicated to the relevant practice. The First Chapter underlines the content and scope of the secondary rules on IOs’ responsibility, as dealt with in the Draft Articles adopted by the International Law Commission in 2011 (Chapter 1, section I), to then focus on the norm related to reparation and its strong interconnection with the primary norm recognizing the right of access to justice and the right to an effective remedy (Chapter 1, section II). The Second Chapter deals with the disputes between States and IOs and the reparation achievable thereby. The attempt here is to identify some actions taken by States, on the behalf of individuals, aimed at implementing the responsibility of United Nations (Chapter 2, section I). It follows a critical analysis of the relevant practice with a view of underlining a new trend that has been emerging in the field of diplomatic protection (Chapter 2, section II). The Third and last Chapter explores the reparation awarded to victims who file a claim against States for conducts connected with acts of IOs before the treaty-based human rights mechanisms, such as the European Court of Human Rights (ECtHR). The analysis begins with a fully comprehensive systematization of the large number of decisions where the ECtHR has dealt with the responsibility of contracting States in connection with acts of IOs (Chapter 3, section I). The last part of the Chapter endeavours to find solutions de iure condendo for the limits of the extant situation. Accordingly, new hypothesis of State responsibility are tentatively outlined (Chapter 3, section II).
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Allevi, Laura Josefina. "L’imposizione del reddito derivante dallo sfruttamento dei beni intangibili in ambito internazionale e dell’Unione europea." Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2016. http://hdl.handle.net/10446/71648.

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Abstract:
This doctoral thesis, entitled “The taxation of income from intangibles in a European Union and international perspective”, presents an examination of the tax profiles of the intangibles, capable of influencing businesses and governments. European and international tax law still have to adapt to new challenges imposed by progress. This dissertation aims to understand the legal classification of intangibles, the type of income from their exploitation, and the distribution of taxing powers among the different tax jurisdictions involved, throughout their life cycle (from concept of the idea to its economic implementation). The structure of the work consists of four main chapters. The first deals with the meaning of intangible and the definition offered by art. 12 of the OECD Model Convention. The second relates to the qualification of the income from the exploitation of intangible assets and the dualism between royalties and business profits, while the third to the distribution of taxing powers among residence-State and source-State. Lastly, the fourth chapter looks at tax incentives on intangibles, such as R&D incentives and the so-called IP boxes regimes, through the study of their advantages, their comparability and their impact on unfair tax competition and European State aids. After an analysis of these issues, the thesis tries to explain the identification of the place where the intangible is attributable and the concept of creation of added value. Actually, this characteristic is an effective, economic and fiscal policy instrument, which has prompted many governments to create incentives in the field of intangible assets, in order to support certain areas of the economy and to attract domestic and foreign investments.
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LUNETTI, CHIARA TERESA MARIA. "ACTIONS DERIVING DIRECTLY FROM INSOLVENCY PROCEEDINGS AND CLOSELY LINKED WITH THEM UNDER REGULATION EU 848/2015 ON INSOLVENCY PROCEEDINGS." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2020. http://hdl.handle.net/2434/710018.

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Abstract:
La questione delle azioni individuali che derivano direttamente dal fallimento e ad esso ineriscono (nel seguito, c.d. “azioni ancillari”) nel contesto europeo è stata storicamente affrontata con riferimento all’ambito di applicazione della Convenzione di Bruxelles del 1968 sulla competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (la “Convenzione di Bruxelles”). In mancanza (all’epoca) di una disciplina comunitaria sull’insolvenza transfrontaliera, con la nota sentenza Gourdain, la CGE ha interpretato la nozione di azione ancillare sotto il prisma dell’esclusione relativa a “i fallimenti, i concordati e le procedure affini”, prevista dall’articolo 1(2)(2) della Convenzione di Bruxelles. È stato in quell’occasione che la Corte ha ritenuto che le azioni in qualche modo riferibili al fallimento sono escluse dal campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles (oggi Regolamento Bruxelles Ibis) a condizione che esse derivino direttamente dal fallimento e si inseriscano stretta¬mente nell'ambito del procedimento concorsuale (così coniando quella che, negli anni, è stata definita la “Formula Gourdain”). Le incertezze interpretative derivanti da una formulazione così ambigua, allora riferita al solo ambito di applicazione della Convenzione di Bruxelles, non venivano rimosse (e, anzi, forse erano acuite) dall’introduzione di una specifica disciplina relativa alle procedure di insolvenza. Ed infatti, il successivo Regolamento (CE) 1346/2000 (il “Regolamento Insolvenza”), da un lato conteneva una grave lacuna normativa, poiché nulla diceva in tema di giurisdizione sulle azioni ancillari e, dall’altro lato, anche laddove le menzionava (per fini diversi dalla giurisdizione), si limitava a riprodurre la Formula Gourdain. Il nebuloso quadro normativo appena descritto è stato in parte chiarito dal Regolamento (UE) 2015/848 (il “Regolamento Recast”), che ha provveduto a rimediare alla predetta omissione, prevedendo espressamente la vis attractiva (dimezzata) europea, ai sensi della quale la competenza giurisdizionale sulle azioni ancillari spetta ai giudici dello Stato membro in cui è aperta la procedura. Se è stato così chiarito l’aspetto “dinamico”, relativo alla giurisdizione, resta, invece, parzialmente immutato il problema di una definizione autonoma di azione ancillare, i cui confini, anche nel Regolamento Recast, continuano ad essere delineati dalla Formula Gourdain. Indicazioni solo parziali possono trarsi dal Considerando 35 Regolamento Recast e, soprattutto, dalle pronunce della CGE, che pur consentendo, in parte, di avanzare una più definita sistematizzazione della nozione di azioni ancillari, rivelano sostanzialmente un orientamento ondivago, che non consente di rintracciare (ancora) un criterio generale, certo e condiviso sul punto. Si può allora ipotizzare che, ai fini della normativa europea, ancillari siano quelle azioni che sottendono una pretesa che sorge ex novo dal fallimento, il cui DNA, potremmo dire, è ontologicamente legato all’insolvenza. Si tratta di un numero assai ridotto di azioni quali (prevedibilmente) la revocatoria; le azioni di responsabilità nei confronti di organi della procedura, e le azioni che derivano dallo scioglimento dei contratti esercitato dal curatore per un’espressa previsione della legge concorsuale. Per contro, non sarebbero ancillari tutte le altre azioni rispetto a cui il fallimento si pone quale evento neutro (es. quelle che presentano con il fallimento un legame solo occasionale e quelle che preesistevano nel patrimonio del fallito). Permangono, tuttavia, notevoli dubbi rispetto a quelle azioni, collocabili in un’incerta twilght-zone, al confine tra il diritto civile, commerciale e il diritto fallimentare che, preesistenti al fallimento, sono in qualche misura influenzate dall’apertura di una procedura concorsuale. Nel solco di queste preliminari osservazioni, la tesi si ripropone di analizzare specificatamente il tema delle azioni ancillari nella disciplina europea, non solo indagandone gli aspetti processuali (in particolare, della giurisdizione), ma valutando anche una possibile individuazione di una nozione autonoma di azione ancillare e l’elaborazione di un catalogo di azioni che, pur nelle differenze proprie di ogni ordinamento nazionale, rivelino uno jus commune europaeum che consenta di inquadrarle nell’ambito di applicazione del Regolamento Recast.
Historically, the topic of individual actions directly deriving from and closely linked with insolvency proceedings (hereinafter referred to as “Annex Actions”) has been addressed in the European scenario with reference to the scope ratione materiae of the Brussels Convention dated 1968 on the jurisdiction, recognition and enforcement of judgments in civil and commercial matters (the “Brussels Convention”). In the absence (at that time) of Community rules on cross-border insolvencies, in the Gourdain judgment the ECJ interpreted the notion of Annex Actions under the prism of the exception relating to “bankruptcy, proceedings relating to the winding-up of insolvent companies or other legal persons, judicial arrangements, compositions and analogous proceedings”, set forth by Article 1(2)(2) Brussels Convention. It was on that occasion that the Court held that actions which are related to insolvency proceedings are excluded from the scope of the Brussels Convention (now the Brussels 1a Regulation), with the proviso that they derive directly from insolvency proceedings and are closely linked with them (thus coining what has been called, over the years, the “Gourdain Formula”). The interpretative uncertainties arising from such an ambiguous wording - at the time referring only to the scope of application of the Brussels Convention - were not removed (and possibly were even exacerbated) by the introduction of the European regime on insolvency proceedings. Indeed, the Regulation (EC) 1346/2000 (the “Insolvency Regulation”), on the one hand, revealed a serious regulatory gap, since it did not provide for a rule on the jurisdiction of Annex Actions and, on the other hand, even where it mentioned them (for purposes other than jurisdiction), it laconically restated the Gourdain Formula, with no further clarifications. The nebulous legislative framework described above has been partly clarified by Regulation (EU) 2015/848 (the “Recast Regulation”), which has remedied the aforementioned omission, expressly providing for the (halved) European vis attractiva concursus. According to that principle, the courts of the Member State in the territory of which insolvency proceedings are opened, are vested with the jurisdiction to hear and determine Annex Actions. The impact of the reform over the “dynamic” profile of the vis attractiva concursus must be positively assessed since it has dispelled many of the doubts concerning the allocation of jurisdiction on Annex Actions. Yet, the problem of the autonomous definition of Annex Actions remains partially unsolved, because also under the Recast Regulation, the contours of that concept continue to be defined by the vague Gourdain Formula. Only partial indications can be drawn from Recital 35 Recast Regulation and, above all, from the extensive case-law of the ECJ. The latter, however, allows only to some extent to draw a systematic notion of Annex Actions, as it substantially reveals a wavering orientation, which does not permit to trace (yet) a general criterion, certain and shared on this point. It is suggested that, for the purposes of the European legislation, Annex Actions are those actions underpinning a right or obligation which stems from the opening of insolvency proceedings, whose DNA, we might say, is ontologically linked to insolvency proceedings. They would count a very small number of actions such as (predictably) avoidance actions, liability actions against the trustee and other bodies of the procedure, and actions arising from the termination of contracts exercised by the trustee by virtue of the express powers conferred upon him by insolvency law. On the contrary, all other actions in respect of which the procedure is a neutral (legal) event should not be characterised as Annex Actions (e.g. actions that have only an occasional link with insolvency proceedings and those that existed in the legal sphere of the insolvent debtor prior to the opening of the procedure). However, considerable doubts remain with respect to the characterisation of some actions, which can be placed in an uncertain twilight-zone at the crossline between civil, commercial law and bankruptcy law. Although the legal foundation of those action exists even before insolvency proceedings, they prove to be affected by the opening of the procedure to such an extent that they may be considered as different actions. In the wake of these preliminary observations, the thesis aims to specifically analyse the topic of Annex Actions under the European regime of cross-border insolvencies. Not only it investigates the procedural aspects of the issue (in particular, the jurisdiction), but it also assesses whether it is possible to draw an autonomous notion of Annex Action and elaborate a catalogue of actions, which, despite the differences inherent in each national system, reveal a jus commune europaeum that allows to trace them back under the umbrella of the Recast Regulation.
La thèse intitulé « les actions qui découlent directement de la procédure d’insolvabilité et qui y sont étroitement liées dans le cadre du Règlement UE 2015/848 sur les procédures d'insolvabilité » se concentre sur les critères de détermination des juridictions compétentes en matière de litiges découlant de la procédure d’insolvabilité dans le contexte de procédures transfrontalières. Selon son Article 1(1)(b), les procédures d’insolvabilité sont exclues du Règlement (UE) n° 1215/2012 concernant la compétence judiciaire, la reconnaissance et l’exécution des décisions en matière civile et commerciale (« Règlement Bruxelles ») et devraient relever du champ d’application du Règlement (UE) n° 848/2015 relatif aux procédures d’insolvabilité (« Règlement Refondu »). Pour cette raison, en principe, l’interprétation de deux susmentionnés Règlements devrait, autant que possible, combler les lacunes entre les deux instruments. Le texte du nouvel article 6 du Règlement Refondu prévoit désormais que les juridictions compétentes en vertu de son article 3 soient compétentes également pour toutes les actions qui découlent directement de la procédure d’insolvabilité et y sont étroitement liées. Toutefois, ce principe (appelé la vis attractiva concursus européenne), malgré quelques clarifications ont été fournies par la Cour de Justice, ne résoudre pas la question et l’interprétation du champ d’application du Règlement Refondu par rapport au Règlement Bruxelles est encore douteuse, car il y a encore beaucoup de zones grises dans l’interprétation de cette règle. L'objectif de la thèse est d'analyser quel type d'actions doit être considéré comme « découlant directement » et « étroitement lié » aux procédures d'insolvabilité, et d'analyser les cas où il est controversé de savoir si l'action doit entrer dans le champ d'application du Règlement Refondu plutôt que dans celui du Règlement Bruxelles.
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Pirolozzi, Fabio. "La valenza fiscale dei principi contabili internazionali nella determinazione del reddito d'impresa con particolare attenzione alle implicazioni derivanti dall'applicazione dello IAS/IFRS n. 39 relativo agli strumenti finanziari." Doctoral thesis, Luiss Guido Carli, 2011. http://hdl.handle.net/11385/200883.

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PETRINI, Maria Celeste. "IL MARKETING INTERNAZIONALE DI UN ACCESSORIO-MODA IN MATERIALE PLASTICO ECO-COMPATIBILE: ASPETTI ECONOMICI E PROFILI GIURIDICI. UN PROGETTO PER LUCIANI LAB." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251084.

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Abstract:
Con l’espressione “marketing internazionale” ci si riferisce a quell’insieme di attività adottate dall’impresa al fine di sviluppare o perfezionare la propria presenza sul mercato estero. Oggetto della presente ricerca è l’analisi degli aspetti problematici che tali attività sollevano sul piano giuridico: attraverso un approccio basato sull’integrazione della cultura economica del marketing d’impresa con quella più propriamente giuridica, l’indagine mira ad individuare le fattispecie di marketing rilevanti sotto il profilo giuridico e giuspubblicistico, ad analizzarne i profili che risultano più critici per l’impresa e proporre soluzioni concrete. La ricerca è stata condotta in collaborazione all’azienda Gruppo Meccaniche Luciani, che oltre ad essere un affermato fornitore di stampi per calzature, progetta design innovativi attraverso una sua articolazione organizzativa creativa, denominata Luciani LAB. L’impresa investe molto nell’innovazione, ed in questo senso, particolarmente significativo è stato l’acquisto di una potente stampante 3D, tecnologicamente all’avanguardia, che ha consentito all’azienda di progettare diversi prodotti, tra cui una borsa, realizzarli in prototipazione rapida, e successivamente renderli oggetto di specifiche campagne promozionali, illustrate nel presente lavoro. Viene evidenziato come queste rispecchino la peculiarità dell’approccio al marketing da parte della piccola/media impresa, descritto dalla dottrina maggioritaria come intuitivo ed empirico, distante da quello teorico e strategico del marketing management. La collaborazione con l’impresa partner del progetto ha costituito il riferimento principale per l’elaborazione del metodo con cui condurre la ricerca: l’azienda ha promosso i propri prodotti mediante diverse strumenti di marketing, come inserti pubblicitari su riviste, campagne di e-mail marketing e fiere di settore. Queste attività si distinguono tra esse non solo rispetto alle funzioni, alle differenti modalità con cui vengono impiegate e al pubblico cui si rivolgono, ma anche e soprattutto rispetto alla disciplina giuridica di riferimento: ognuna di esse infatti è regolata da un determinato complesso di regole e solleva questioni che si inseriscono in una specifica cornice giuridica. Al fine di giungere ad una sistematica trattazione dei profili giuridici connessi, si è scelto di classificare le diverse azioni di marketing in tre gruppi: quelle riferite alla comunicazione, quelle inerenti l’aspetto del prodotto e quelle che si riferiscono al cliente Per ognuna di queste aree si individua una precisa questione critica per l’impresa, e se ne trattano i profili problematici dal punto di vista giuridico. In relazione al primo gruppo, ovvero la comunicazione pubblicitaria d’impresa, si evidenziano le criticità connesse alla possibilità di tutelare giuridicamente l’idea creativa alla base del messaggio pubblicitario: si mette in discussione l’efficacia degli strumenti giuridici invocabili a sua tutela, in particolare della disciplina del diritto d’autore, della concorrenza sleale e dell’autodisciplina. Si prende come riferimento principale il contesto italiano, considerando la pluralità degli interessi pubblici, collettivi ed individuali coinvolti. Il secondo profilo d’indagine riguarda la disciplina giuridica riconducibile all’e-mail marketing, uno degli strumenti più diffusi di comunicazione digitale. L’invasività di questo sistema nella sfera personale dei destinatari impone l’adozione di adeguati rimedi da parte delle imprese per evitare di incorrere nella violazione delle disposizioni a tutela della privacy. Si trattano le diverse implicazioni derivanti dall’uso di tale strumento, in particolare quelle riferite al trattamento dei dati personali alla luce della normativa vigente in Italia e nell’Unione Europea, e connesse alle modalità di raccolta degli indirizzi e-mail dei destinatari potenzialmente interessati. Infine, la costante partecipazione alle fiere di settore da parte dell’azienda dimostra quanto l’esteriorità del prodotto costituisca uno strumento di marketing decisivo per la competitività aziendale, dunque grande è l’interesse dell’impresa a che il suo aspetto esteriore venga protetto dall’imitazione dei concorrenti. Il tema giuridico più significativo che lega il processo di marketing al prodotto dell’azienda è proprio la protezione legale del suo aspetto, ovvero la tutela del diritto esclusivo di utilizzarlo, e vietarne l’uso a terzi. L’aspetto di un prodotto può essere oggetto di protezione sulla base di diverse discipline che concorrono tra loro, sia a livello nazionale che sovranazionale, dei disegni e modelli, del marchio di forma, del diritto d’autore e della concorrenza sleale. Si è scelto di concentrare il lavoro, in particolare, sulla prima: si ricostruisce il quadro normativo e l’assetto degli interessi implicati dalla fattispecie, per arrivare ad evidenziare le principali criticità nell’interpretazione delle norme, sia a livello nazionale, che nell’Unione Europea. Si approfondiscono gli orientamenti di dottrina e giurisprudenza di alcune disposizioni chiave per l’applicazione della disciplina, quali gli artt. 6 e 7 del Regolamento CE, n. 6/2002, concernenti rispettivamente il «carattere individuale» e la «divulgazione», i due requisiti fondamentali per ottenere la registrazione e conseguente protezione giuridica del disegno. Tali nozioni sono soggette ad interpretazioni parzialmente difformi da parte dei giudici dei diversi Stati membri, e ciò contribuisce a minare l’applicazione omogenea della disciplina in tutto il territorio UE. In questo senso, viene messo in evidenza il ruolo chiave dell’orientamento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nell’interpretazione di tali concetti, avente l’effetto di uniformare l’approccio degli Stati. La Direttiva 98/71/CE ha introdotto la possibilità di cumulare la protezione conferita all’aspetto del prodotto dalla disciplina dei disegni e modelli con quella riconosciuta dalle altre normative. Tale previsione solleva questioni di rilievo sistematico e concorrenziale: ci si interroga su quali problemi di tipo sistematico e di concorrenza vengano sollevati dal riconoscimento su uno stesso prodotto della protezione sia come disegno che come marchio di forma, e sia come disegno che come opera dell’ingegno. In particolare nell’ambito del diritto dei marchi d’impresa e del diritto d’autore, le tutele hanno durata potenzialmente perpetua, diversamente dalla registrazione come disegno o modello, che garantisce la titolarità del diritto di utilizzare il proprio disegno in via esclusiva per un periodo limitato di massimo 25 anni. Questa differenza temporale rende il cumulo problematico sia a livello di coordinamento, che di concorrenza, poiché incentiva il sorgere di “monopoli creativi” sulle forme del prodotto. Il presente lavoro ha come obiettivo l’ampliamento della conoscenza sul tema del marketing con particolare riferimento ai profili giuridici che si pongono, con riguardo alla promozione del prodotto nell’ambito dell’Unione Europea. Si ritiene che il valore aggiunto e l’aspetto più originale della ricerca consista nella sua forte aderenza alla realtà della piccola/media impresa: tramite l’integrazione della ricerca giuridica e dello studio dei fenomeni di marketing si delineano i problemi pratici che questa si trova a dover affrontare nell’implementazione delle attività quotidiane di marketing. Tale indagine vuole essere utile a tutte le piccole/medie imprese che si trovano impreparate nell’affrontare le sfide poste dal marketing e nel conoscere le implicazioni giuridiche che da questo derivano.
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