Academic literature on the topic 'Diritto alla vita privata'

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Journal articles on the topic "Diritto alla vita privata"

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Grasso, Marco Ettore. "La dimensione ambientale della salute: tra sfera sociale e giuridica." SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no. 1 (July 2011): 57–82. http://dx.doi.org/10.3280/sd2011-001003.

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Abstract:
Questo studio presenta la descrizione della "dimensione ambientale della salute". Tale dimensione si colloca su un piano concettuale che si pone tra sfera sociale e giuridica. La "dimensione ambientale della salute" delineata nella sfera giuridica si compone di tre matrici che descrivono un quadro teorico innovativo nel quale il diritto alla salute si confronta con il campo ambientale e della sostenibilitŕ. La prima matrice concerne in modo particolare il diritto all'ambiente salubre, che talvolta č stato interpretato come mero prolungamento del diritto alla riservatezza della vita privata e familiare, altre volte come diritto che si coniuga all'integritŕ culturale e all'identitŕ di un popolo; la seconda matrice riguarda un diritto alla salute che si relaziona con aspetti ambientali ma che non rientra esattamente nel diritto all'ambiente salubre e che contempla tanto casi diquanto una nuova prospettiva sociologico- giuridica nello studio del diritto alla salute, che inerisce alla rivendicazione di tale diritto in quanto leso dai cambiamenti climatici (esemplificativi i casi riguardanti la petizione degli Inuit e Kivalina); la terza matrice invece č volta a costruire un "diritto sostenibile alla salute", che comprende tanto il diritto alla salute quanto quello in materia di sviluppo sostenibile.
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Severoni, Cecilia. "La sicurezza dell'aviazione civile e i limiti alla libertà di circolazione: riflessioni a seguito della pandemia da COVID-19." RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO DEL TURISMO, no. 30 (September 2020): 148–84. http://dx.doi.org/10.3280/dt2020-030011.

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Abstract:
Il quadro normativo attuale in tema di sicurezza dell'aviazione civile è stato modificato in modo sostanziale dopo l'attacco alle torri gemelle e dispone un insieme di norme puntuali e dettagliate. Occorre tuttavia trovare un compromesso ragionevole tra l'obiettivo indicato della prevenzione, indagine, accertamento e repressione degli atti di terrorismo ed altri reati gravi e quello della protezione della libertà di circolazione e dei dati personali nel rispetto della vita privata degli interessati. In questa ottica la compressione del diritto alla protezione dei dati personali deve rispondere a regole chiare e deve essere strettamente proporzionale all'obiettivo da conseguire. Analoghe riflessioni possono oggi essere ripetute in merito ad una più recente applicazione del principio contenuto nell'art. 16, primo comma, Cost. in tema di libertà di circolazione. Non sfugge, infatti, all'interprete l'analogia tra le restrizioni alla libertà di circolazione ed il diritto di muoversi liberamente derivante dalla normativa in materia di sicurezza dell'aviazione civile, e la più recente vicenda legata alla pandemia da Coronavirus che ha imposto una limitazione alla libertà di circolazione delle persone: si tratta nei due casi di un compromesso dettato da «motivi di sanità e sicurezza», circostanze accomunate dal legislatore costituzionale tra le ipotesi per le quali è possibile prevedere per legge una limitazione alla piena esplicazione dei diritti sopra ricordati.
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Colao, Floriana. "La proprietà fondiaria dalla bonifica integrale di Arrigo Serpieri alla riforma agraria di Antonio Segni. Diritto e politica nelle riflessioni di Mario Bracci tra proprietà privata e socializzazione della terra." Italian Review of Legal History, no. 7 (December 22, 2021): 323–76. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/16892.

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Abstract:
Nel Programma di Giangastone Bolla per la Rivista di diritto agrario (1922) la proprietà fondiaria era banco di prova delle «moderne trasformazioni del diritto di proprietà» – su cui Enrico Finzi – in primo luogo con la «funzione sociale». Nell’azienda agraria Bolla osservava inoltre lo spostamento dalla proprietà all’impresa; asseriva che il legame tra l’agricoltura e lo Stato imponeva allo studioso del diritto agrario l’impegno per la «ricostruzione sociale ed economica del paese». In vista della «funzione sociale» Arrigo Serpieri – dal 1923 sottosegretario di Stato all’Agricoltura – promuoveva diversi provvedimenti legislativi per la «bonifica integrale»; la politica per l’agricoltura si legava all’organizzazione dello Stato corporativo in fieri (Brugi, Arcangeli). Il Testo unico del 1933 mirava al risanamento della terra per aumentarne la produttività e migliorare le condizioni dei contadini con trasformazioni fondiarie di pubblico interesse, con possibili espropri di latifondi ed esecuzione coatta di lavori di bonifica su terre private; dal 1946 il Testo unico del 1933 sarà considerato una indicazione per la riforma agraria (Rossi Doria, Segni). Nel primo Congresso di diritto agrario, (Firenze 1935), Maroi, Pugliatti, Serpieri, D’Amelio, Bolla, Ascarelli, Calamandrei discutevano alcune questioni, in primo luogo il diritto agrario come esperienza fattuale, legato alla vita rurale, irriducibile ad un ordine giuridico uniforme; da qui la lunga durata della ‘fortuna’ dell Relazione Jacini sulle diverse Italie agrarie. In vista della codificazione civile, i giuristi rilevavano l’insufficienza dell’impianto individualistico; ponevano l’istanza di norme incentrate sul bene e non sui soggetti, fino al superamento della distinzione tra diritto pubblico e privato. I più illustri giuristi italiani scrivevano nel volume promosso dalla Confederazione dei lavoratori dell’agricoltura; La Concezione fascista della proprietà esprimeva il distacco dalla concezione liberale – con l’accento sulla proprietà della terra fondata sul lavoro (Ferrara, Panunzio) – e teneva ferma l’iniziativa privata (Filippo Vassalli). Bolla ribadiva la particolarità della proprietà fondiaria tra ordinamento corporativo e progetto del codice civile, «istituto a base privata, aiutato e disciplinato dallo Stato», con il titolare «moderator et arbiter» della propria iniziativa. Nel codice civile del 1942 la proprietà fondiaria aveva senso dell’aspetto dinamico dell’attività produttiva, senza contemplare la «funzione sociale» come «nuovo diritto di proprietà» (Pugliatti, Vassalli, D’Amelio).Dopo la caduta del regime fascista le lotte nelle campagne imponevano al ministro Gullo di progare i contratti agrari e regolare l’occupazione delle terre incolte, con concessioni pluriennali ai contadini occupanti; il lodo De Gasperi indennizzava i mezzadri. Le differenti economie delle ‘diverse Italie agrarie’ sconsigliavano una riforma uniforme (Rossi Doria, Serpieri); i riorganizzati partiti politici miravano alla ripartizione delle terre espropriate e ad indennizzi al proprietario privato, senza lesioni del diritto di proprietà. L’iniziale azione dello Stato ad erosione del latifondo, con appositi Enti di riforma, aveva per scopo la valorizzazione della piccola proprietà contadina (Segni, Bandini). Per coniugare proprietà privata ed interesse sociale nella Costituzione Mortati motivava la sua proposta di «statuizione costituzionale»; Fanfani chiedeva «un articolo che parli espressamente della terra». Il latifondo era la questione più urgente ma divisiva; Di Vittorio ne chiedeva l’«abolizione » ed Einaudi la «trasformazione», scelta che si imponeva in nome delle diverse ‘Italie rurali’; non si recepiva la proposta di una norma intesa ad ostacolare le grandi proprietà terriere. L’articolo 44 della Costituzione prevedeva una legge a imporre «obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata», al fine di «conseguire il razionale sfruttamento del suolo ed equi rapporti sociali». Bolla apprezzava la scelta di «trasformare la proprietà individuale in proprietà sociale»; Vassalli scriveva di un non originale «prontuario di risoluzione del problema agrario». Nel progetto del Ministro per l’agricoltura Segni – che riusciva a far varare una contrastata riforma agraria – l’art. 44 dettava compiti al «legislatore futuro»; la legge Sila 21 Maggio 1950, la legge stralcio del 21 Ottobre 1950 per le zone particolarmente depresse, i progetti di legge sui contratti agrari erano discussi nel Terzo congresso di diritto agrario e nel primo Convegno internazionale, promosso da Bolla, con interventi di Bassanelli, Segni, Capograssi, Pugliatti, Santoro Passarelli, Mortati, Esposito. Il lavoro era considerato l’architrave della proprietà della terra, «diritto continuamente cangiante, che deve modellarsi sui bisogni sociali» (Bolla). In questo quadro è interessante la riflessione teorico-pratica, giuridico-politica di Mario Bracci, docente di diritto amministrativo a Siena, rettore, incaricato anche dell’insegnamento di diritto agrario. Rappresentante del PdA alla Consulta nazionale nella Commissione agricoltura, Bracci si proponeva di scrivere un «libro sulla socializzazione della terra», mai pubblicato; l’Archivio personale offre una mole di appunti finora inediti sul tema. Bracci collocava nella storia la proprietà della terra, che aveva senso nel «lavoro»; la definiva architrave del diritto agrario e crocevia di diritto privato e pubblico, tra le leggi di bonifica, la codificazione civile, l’art. 44 della Costituzione, la riforma agraria, intesa come «problema di giustizia». Dal fascismo alla Repubblica Bracci coglieva continuità tecniche e discontinuità ideologiche nell’assetto dell’istituto di rilevanza costituzionale, «le condizioni della persona sono indissolubilmente legate a quelle della proprietà fondiaria». Da studioso e docente di diritto amministrativo e diritto agrario dal luglio 1944 Bracci intendeva rispondere al conflitto nelle campagne, mediando tra «fini pubblici della produzione agraria e le esigenze della giustizia sociale»; proponeva «forme giuridiche adeguate e che sono forme di diritto pubblico».
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Sironi, Alice. "La tutela della persona in conseguenza di danni all'ambiente nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani. Tra diritto al rispetto della vita privata e diritto alla vita." DIRITTI UMANI E DIRITTO INTERNAZIONALE, no. 1 (April 2011): 5–34. http://dx.doi.org/10.3280/dudi2011-001001.

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Chiappetta, Giovanna. "Cittadinanza europea: opportunità e abusi nel diritto internazionale privato della famiglia." CITTADINANZA EUROPEA (LA), no. 2 (January 2021): 105–34. http://dx.doi.org/10.3280/ceu2020-002005.

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Abstract:
Il saggio si incentra sulla funzione dell'autonomia negoziale nella regolamentazione degli status e dei rapporti familiari tra componenti il nucleo familiare tipico o atipico. Ciò in quanto il ruolo dell'autonomia negoziale è stato ampliato anche dalla cittadinanza europea intesa dalla Corte di giustizia europea come fonte autonoma di diritti. Tale cittadinanza, che si aggiunge a quella nazionale, ha consentito alla coppia ‘statica', pur in assenza del carattere transnazionale della situazione familiare, di scegliere la legge e gli strumenti di ordinamenti stranieri da applicare ai rapporti patrimoniali ed esistenziali della comunità di vita. Il saggio si propone di dimostrare come i Regolamenti UE in materia familiare possano applicarsi anche ai cittadini europei ‘statici', consentendo la scelta di leggi straniere con soluzioni estranee all'ordinamento nazionale, nel rispetto del limite dell'ordine pubblico costituzionale di ciascun Paese membro.
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Marongiu Buonaiuti, Fabrizio. "Recognition in Italy of filiation established abroad by surrogate motherhood, between transnational continuity of personal status and public policy = Il riconoscimento in Italia del rapporto di filiazione costituito all’estero tramite maternita’ surrogata, tra continuita’ dello status e ordine pubblico." CUADERNOS DE DERECHO TRANSNACIONAL 11, no. 2 (October 1, 2019): 294. http://dx.doi.org/10.20318/cdt.2019.4959.

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Abstract:
Abstract: A recent judgment by the Sezioni Unite of the Italian Corte di cassazione has ruled on a highly sensible and controversial issue, concerning the compatibility with the Italian public policy of a foreign court order, establishing a bond of filiation between a child born by surrogacy and the intended father, materially the same sex spouse of the biological father, despite the absence of any genetical link. The Sezioni Unite declared that such a court order could not be recognized, as incompatible with the Italian public policy. In so deciding, they appeared to have taken a step back as compared to an earlier judgment delivered by the first civil chamber of the same Corte di cassazione in 2016, where a more favourable attitude had prevailed. As compared to the said earlier judgment, the Sezioni Unite, besides distinguishing the circumstances occurring in the two cases, provided a more flexible reading of the public policy exception in private international law, partly overruling the narrower reading provided in the earlier judgment, which had limited its scope to those principles concerning the protection of fundamental rights enshrined in international and European instruments, as well as in the Italian Constitution. In the conclusions it reaches, the judgment by the Sezioni Unite reveals a substantial alignment with the solution envisaged by the European Court of Human Rights in its Advisory Opinion of 10 April 2019, contemplating adoption by the intended, non-biological parent, as the avenue by which the right of the child to his private life with that parent might be enforced.Keywords: Status filiationis, surrogate motherhood, public policy, recognition of personal and family status, Art. 8 ECHR.Riassunto: Una recente sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione ha affrontato una questione molto delicata e controversa, costituita dalla riconoscibilità in Italia di un provvedimento giurisdizionale straniero costitutivo di un rapporto di filiazione tra un minore e il padre di intenzione – materialmente il coniuge dello stesso sesso del padre biologico – in assenza di alcun legame genetico. Nell’affermare che un tale provvedimento non può essere riconosciuto in quanto in contrasto con l’ordine pubblico, le Sezioni Unite sono parse compiere un passo indietro rispetto a una precedente pronuncia della I sezione civile della stessa Cassazione del 2016, nella quale aveva prevalso un approccio di maggiore apertura. Rispetto a tale precedente pronuncia, le Sezioni Unite, oltre a sottolineare le differenze tra le fattispecie che si presentavano nei due casi, hanno adottato una definizione maggiormente flessibile del limite dell’ordine pubblico nel diritto internazionale privato, del quale la precedente decisione della sezione semplice aveva dato una lettura eccessivamente restrittiva, limitandone la portata a quei soli principi internazionalmente condivisi in materia di tutela dei diritti fondamentali e a quegli ulteriori principi che trovano affermazione nella Costituzione italiana. Nelle conclusioni raggiunte, la pronuncia delle Sezioni Unite rivela un sostanziale allineamento con la posizione assunta dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel suo parere consultivo del 10 aprile 2019, facendo riferimento all’adozione del minore da parte del genitore d’intenzione privo di legami biologici, come la via attraverso la quale il diritto del minore alla sua vita privata con tale genitore può ricevere tutela.Parole chiave: rapporto di filiazione, maternità surrogata, ordine pubblico, riconoscimento degli status personali e familiari, Art. 8 CEDU.
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Gałkowski, Tomasz. "Prawo kanoniczne a środowisko naturalne i środowisko ludzkie." Prawo Kanoniczne 41, no. 1-2 (June 15, 1998): 201–21. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1998.41.1-2.08.

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Abstract:
Nei giorni 4-5 dicembre è stato celebrato a Varsavia il Simposio Internazionale intitolato: Emergenza Ambiente — Emergenza Vita. Diritto all'ambiente e diritto alla vita. L'autore della relazione soprappresentata si è soffermato sul tema dell'apporto del diritto canonico alla odierna discussione sulla tutela giuridica dell'ambiente naturale e della vita. Egli procede nella relazione esponendo e unificando il diritto all'ambiente e alla vita sotto lo stesso titolo del diritto considerato in un modo più ampio, ma fondamentale, come diritto all'ambiente umano. Il diritto alla vita riguarda la vita nel suo valore che è proprio la vita e concerne tutto ciò che è ad essa legato e la condiziona. Esponendo le cause della situazione odierna si sofferma su quelle indirette legate alla consapevolezza dell'uomo, della sua responsabilità per l'ambiente in cui vive. Procede nell'ambito metagiuridico postulando che il problema della discussione intorno al diritto deve precedere le formulazioni positive del diritto e le diverse prove della soluzione. In seguito presenta il diritto canonico come diritto che offre agli ordinamenti moderni un esempio della tutela dell'uomo stesso mostrando il senso del diritto che deriva dalla sua realtà.
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Calabrò, Gian Pietro. "Diritto alla vita, principi costituzionali ed interpretazione per valori." Medicina e Morale 46, no. 4 (August 31, 1997): 727–37. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1997.872.

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Abstract:
L’Articolo intende mostrare il ruolo che il diritto alla vita, nella sua prospettiva assiologica, può svolgere all’interno dell’ordinamento giuridico delle democrazie costituzionali. Rilevato il nesso strettissimo tra diritto alla vita e nozione di persona, quest’ultima collocata al centro del sistema costituzionale, l’Autore, nello sviluppare alcune considerazioni di Antonio Baldassarre sulla necessità che il valore vita possa essere bilanciato da un eguale valore, sostiene la possibilità di istituire all’interno della c.d. interpretazione per valori, una gerarchia che abbia al vertice il diritto alla vita quale precondizione di ogni altro diritto. In questa prospettiva il diritto alla vita incide profondamente sullo stesso destino delle democrazie pluralistiche e ne diventa il principio della loro legittimazione. In altri termini, conclude l’Autore, il diritto alla vita può essere inteso come la Grundnorm senza, però, essere assunta in modo ipotetico e convenzionale secondo lo schema kelseniano, qualificando sul piano giuridico ed etico l’intero ordinamento.
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Herranz, Julián. "Il rapporto tra Etica e Diritto nella Enciclica Evangelium vitae." Medicina e Morale 48, no. 3 (June 30, 1999): 445–67. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1999.798.

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Abstract:
In questo articolo l’Autore ha voluto sottolineare l’importanza dell’Enciclica Evangelium Vitae nel risvegliare le coscienze contro uno dei più gravi capovolgimenti etici e giuridici della storia umana. L’intento è quello di esaminare tre questioni: 1) risalire alle basi sulle quali si fondava e si fonda il postulato giuridico e morale dell’inalienabilità del diritto alla vita dell’uomo innocente e, soprattutto, del concepito; 2) stabilire le cause che hanno portato ad una legislazione permissiva dell’aborto ed ad altri attentati contro la dignità dell’uomo e della vita umana (eutanasia, manipolazioni di geni ed embrioni…); 3) valutare quali siano i motivi filosofici e biologici la cui presa di coscienza sembri più necessaria per la tutela del diritto alla vita. Intento dell’Autore è, per ciò che riguarda il diritto alla vita, sottolineare l’importanza che il principio di non discriminazione, basato su quello dell’uguaglianza, venga applicato all’“essere umano”, all’“individuo umano” e non soltanto alla “persona giuridicamente riconosciuta”. L’articolo si sofferma, inoltre, ad illustrare la grande tradizione del diritto alla vita, il preoccupante regresso della civiltà giuridica, la necessità di un più stretto rapporto tra Diritto e Morale e Biologia e Morale (come campi di ricerca e di impegno intellettuale a difesa della vita).
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Calabrò, Gian Pietro. "L’eutanasia nella prospettiva dello stato costituzionale tra principi e valori." Medicina e Morale 48, no. 5 (October 31, 1999): 885–902. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1999.793.

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Abstract:
In questo articolo l’Autore ha voluto sottolineare la strettissima connessione tra la tutela del diritto alla vita e la natura dello Stato di diritto costituzionale. Due sono gli ambiti entro cui questo legame sembra entrare in fibrillazione: l’inizio e la fine della vita. L’Autore contesta infatti la possibilità di una configurazione giuridica dell’eutanasia, quale diritto di morire. Dopo aver analizzato la situazione legislativa de iure condito e de iure condendo, esamina la nozione di indisponibilità del bene vita entro la prospettiva dei principi e dei valori costituzionali. In quest’ultima prospettiva emerge infatti come la “natura” dello Stato costituzionale sia ancorato alla nozione di persona umana e ai suoi diritti inviolabili, di cui il diritto alla vita rappresenta quel diritto previo, pre-condizione di ogni altro diritto. In questo senso esso allora è principium essendi dello stesso ordinamento giuridico, che trova in esso la sua ragion d’essere e il suo criterio di legittimazione
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Dissertations / Theses on the topic "Diritto alla vita privata"

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Leoni, Alice <1996&gt. "Karōshi e karōjisatsu: quando il lavoro nega il diritto alla vita." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/18197.

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Abstract:
I lavoratori giapponesi sono nell’immaginario collettivo dei “super lavoratori”, in grado di lavorare in modo efficiente e proficuo per lunghe ore. Questi aspetti assai elogiati dal mondo Occidentale celano un grave problema della società giapponese. Il karōshi e il karōjisatsu, rispettivamente morte e suicidio per il troppo lavoro o per lo stress causato dal lavoro, sono la causa di migliaia di morti ogni anno. I primi casi vengono registrati negli anni Sessanta, ma con la Bolla Economica degli anni Ottanta il numero dei casi aumenta sensibilmente. È sempre negli anni Ottanta che la popolazione giapponese inizia a interessarsi al fenomeno ed è grazie ai mass media che il termine karōshi diventa di uso comune. Lo stato, dapprima refrattario a riconoscere nel karōshi un problema reale, ha rilasciato negli anni diverse linee guida per il riconoscimento dei casi di morte per il troppo lavoro. Prima vittoria per le famiglie delle vittime di karōshi è stata quella della signora Hiraoka che ottiene un risarcimento per la morte del marito, provocata da un infarto causato da una forte stanchezza fisica e mentale derivata dal lavoro eccessivo. Questa vittoria ha permesso un maggior riconoscimento dei casi legati a questo fenomeno, con un aumento dei risarcimenti. Con il nuovo millennio, sono partite molte campagne contro il karōshi e si spera che queste possano portare, insieme ad una maggiore attenzione da parte delle aziende, ad una diminuzione del numero dei morti.
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FORMICI, GIULIA. "BIG DATA TRA ESIGENZE SECURITARIE E DIRITTI ALLA RISERVATEZZA E ALLA PROTEZIONE DEI DATI: QUESTIONI NORMATIVE E GIURISPRUDENZIALI IN MATERIA DI DATA RETENTION." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2021. http://hdl.handle.net/2434/831332.

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Abstract:
L’affermarsi del terrorismo internazionale e l’inasprirsi della gravità di fenomeni criminosi ha drammaticamente riportato al centro del dibattito politico e legislativo la necessità di adottare misure efficaci al fine di garantire un elevato livello di sicurezza. Il progresso tecnologico, la disponibilità di una enorme mole di dati (c.d. Big Data), derivanti in particolare dai mezzi di telecomunicazione, nonché lo sviluppo di sofisticati sistemi di Intelligenza Artificiale rappresentano strumenti importanti dalle innumerevoli potenzialità anche nell’ambito della lotta alla criminalità grave. Non possono tuttavia essere ignorati i rischi e pericoli per i diritti fondamentali che tali sistemi comportano, in particolare per i diritti alla riservatezza e protezione dei dati, la cui compressione rischia di incidere fortemente anche sul godimento di altre libertà fondamentali nonché sulla stessa democraticità delle nostre società. In tale contesto, nel quale dunque si afferma il complesso trinomio ‘Big Data-sicurezza-riservatezza/protezione dei dati’, emergono significative sfide per il mondo del diritto, chiamato a determinare un punto di equilibrio tra esigenze securitarie e garanzia dei diritti fondamentali. Il presente lavoro si propone di riflettere sul difficile e articolato rapporto tra gli elementi del citato trinomio mediante l’analisi di uno specifico caso-studio, individuato nello strumento della data retention ovvero nella conservazione e successivo eventuale accesso a dati e metadati. Restringendo lo studio all’ambito dell’Unione europea, vengono esaminate l’evoluzione legislativa e le vicende giurisprudenziali nonché le criticità incontrate nella determinazione di una disciplina armonizzata della data retention. La disamina prende abbrivio da una ricostruzione della Direttiva 2002/58 che forniva agli Stati la facoltà di adottare normative in materia di conservazione dei dati per finalità di garanzia della sicurezza, nonché della specifica Direttiva 2006/24 (c.d. Data Retention Directive) che imponeva invece agli Stati membri di prevedere in capo ai fornitori di servizi di telecomunicazione l’obbligo di conservazione generalizzata ed indiscriminata dei metadati di tutti i propri utenti. Il dibattito e le preoccupazioni che hanno caratterizzato l’approvazione di tali normative e le difficoltà riscontrate dagli Stati membri nella trasposizione sul piano interno del diritto dell’UE, sono sfociate in numerosi rinvii pregiudiziali alla CGUE che hanno affrontato molteplici aspetti controversi della disciplina della data retention, dalla base giuridica al riparto di competenze tra Stati membri e Unione, alla proporzionalità e necessità di tali misure. Ne sono derivate storiche sentenze dei giudici di Lussemburgo che pure hanno lasciato, come emerge dai molti casi ancora ad oggi pendenti, svariate zone grigie e problematiche ancora in attesa di chiara definizione. Il presente lavoro si propone inoltre di analizzare, sotto il profilo del diritto pubblico comparato, le ricadute della giurisprudenza europea nel contesto di alcuni Stati membri selezionati – Regno Unito, Belgio e Italia – studiandone le reazioni, gli approcci e le soluzioni normative nonché gli interventi giurisprudenziali nei quali legislatori e giudici si sono interrogati sul corretto equilibrio e sulla proporzionalità di una compressione della sfera privata e della data protection per scopi di tutela della sicurezza. La tesi dunque offre spunti di riflessione sulla peculiare posizione che le Istituzioni europee hanno assunto dinnanzi alla sfida della data retention, proponendo una lettura del tema attenta a tutte le criticità ancora irrisolte, ai possibili sviluppi futuri, alle conseguenze della giurisprudenza della CGUE sia nella dimensione interna all’UE, sia in quella esterna sotto il profilo del trasferimento e conservazione dei dati in Stati terzi per scopi securitari. Particolare rilievo è inoltre attribuito ai alle implicazioni della analizzata dimensione europea rispetto agli Stati membri: le scelte e differenti approcci di questi ultimi risultano fortemente intrecciati con il livello europeo e risentono sia dell’attivismo della CGUE, sia dell’assordante silenzio del legislatore dell’UE, nel peculiare contesto di un continuo dialogo e rapporto multilivello nel quale emerge peraltro tutta la difficoltà e delicatezza della chiara determinazione dei confini dell’ambito di applicazione del diritto dell’UE in una materia tanto complessa.
International terrorism, together with serious and transnational crimes has dramatically influenced the political and legislative debate, underling the necessity to adopt efficient instruments able to ensure a high level of security. At the same time, technological progress and technical innovations, based on the enormous amount of data (so-called Big Data) daily produced particularly through the use of telecommunications, as well as on sophisticated Artificial Intelligence systems, have created important instruments in the hands of public authorities, also for security purposes. Notwithstanding the great potentialities, it is important to detect and consider the serious risks and dangers these instruments could cause on the effective protection of fundamental rights, with particular regard to the right to privacy and data protection: a substantive violation of these rights, by consequently jeopardizing the guarantee and enjoyment of other fundamental rights such as freedom of expression or freedom of association, could ultimately endanger the very democratic nature of our societies. The affirmation of the complex and debated trio, to be identified in the strict connection between Big Data, security and privacy, represent one of the most significant and relevant challenges Legislators and Courts are asked to face, in the effort of balancing security needs in times of stress and fundamental rights’ protection. The present work aims at critically analyzing the complex relationship between the different elements composing the above-mentioned trio through the exam of a specific case study: the data retention regime, consisting of the retention and the subsequent possible access to retained data and metadata by law enforcement or intelligence agencies for security purposes. By restricting the analysis only to the European Union context, the present thesis will examine the legislative evolution as well as the most relevant European Court of Justice (ECJ) case law, by paying particular attention to the difficulties in approving a harmonized legislation on data retention at the EU level. The study will start, first of all, with the analysis of the so called e-Privacy Directive (Directive 2002/58/EC), giving the Member States the possibility to adopt national legislation establishing a data retention regime; secondly, the controversial Data Retention Directive will be examined: this legislation imposed Member States to oblige service providers to retain, in bulk, all metadata deriving from all telecommunications, related to the totality of users. The complex debate and the profound doubts and concerns expressed at the EU level by various authorities in the legislative process concerning the adoption of the DRD, together with the difficulties Member States faced in the implementation of the EU legislation, ultimately led to numerous references for preliminary rulings to the ECJ. In their decisions, the EU Judges dealt with many controversial and difficult aspects connected to the data retention regime and its limits, from the legal basis to the correct application of the principle of conferral, to the proportionality and necessity of the measures and obligations imposed. The famous landmark cases pronounced by the ECJ didn’t solve or clarify all the difficult and problematic issues linked to the data retention discipline as well as to the access regulation, as testified by a wide range of preliminary rulings still pending before the ECJ. The present work also aims at analyzing this complex topic through the public comparative law lenses, by studying the differences or similarities in the approaches and legislative choices made by three specific and selected Member States: Belgium, United Kingdom (also considering the Brexit process) and Italy. The comparative analysis will offer the opportunity to deepen the knowledge on the peculiar national approaches and on the most relevant case law of national Courts dealing with data retention regulation and determining different interpretations and applications of the criteria established at the EU level. The present work represents an opportunity to profoundly study the challenges and issues the EU Institutions as well as the Member States confronted with, in the difficult effort to find a proper balance between security needs and fundamental rights’ protection, by paying attention to the possible future developments and to the consequences related the ECJ case law both in the EU internal dimension and in the external one, looking at the complex regulation of the data transfer outside EU borders. The present research will also focus on the rather unexplored aspect of the impacts of the EU legislation and ECJ decisions affecting the EU Member States: their choices and solutions, representing different approaches to the analyzed challenges, are strictly interrelated to the EU developments, essentially based on the ECJ activism in the privacy and data protection field and, at the same time, on the inaction and lack of decisions taken by the EU legislator. The multilevel dialogue and the difficulties both the EU and the Member States addressed are a clear manifestation of the complexity and delicacy of the research topic, in which a precise recognition of the EU law scope of application demonstrated to be even more complicated and challenging.
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Rossi, Nicole <1994&gt. "Orario di lavoro e vita privata: le esigenze di conciliazione." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/16339.

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Abstract:
Il cambiamento della società avvenuto negli ultimi anni in conseguenza al progresso tecnologico, alle sfide demografiche e alla crisi dei valori ha avuto conseguenze anche nel mondo del lavoro. L’organizzazione non è più stabile e standardizzata e i lavoratori si sono fatti portatori di necessità che hanno a che fare con la vita privata. Più di Vent’anni fa il Consiglio europeo adottò la direttiva n. 104 relativa all’organizzazione dell’orario di lavoro. Le disposizioni emanate hanno introdotto il concetto di flessibilità: una possibilità vantaggiosa per le aziende di dilatare l’orario di lavoro in base alle necessità di produzione però meno favorevole al lavoratore in quanto la durata della sua prestazione lavorativa aumenta incidendo pesantemente sulla sua salute psicofisica e sulla vita privata. Nonostante la direttiva sia stata modificata e codificata nel 2003 e si sia sottolineata la volontà di adeguare il lavoro all’essere umano, non è ancora rilevabile un diritto individuale alla conciliazione del tempo del lavoro con i tempi del vivere. Da ciò è possibile sostenere che la legislazione europea ponga al centro esclusivamente l’organizzazione produttiva non riservando attenzione alle esigenze del lavoratore. Da parte dell’Unione europea viene chiarito l’impegno di tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori, ma, attraverso un sistema di deroghe, viene lasciata agli Stati membri la gestione degli orari di lavoro. Da questa circostanza viene assegnato alla contrattazione collettiva il compito di perseguire altre finalità, quali la redistribuzione dell’occupazione e l’aumento del tempo libero lasciato al lavoratore. L’ordinamento italiano ha adottato la direttiva tardivamente, senza rispettare i termini stabiliti. Nel 2003 venne emanato il Decreto legislativo n.66 il quale finalmente stabilì un limite all’orario che prima trovava base giuridica in una legge emanata durante la Seconda guerra mondiale. Gli interventi in merito alla limitazione dell’orario di lavoro avevano lo scopo di aumentare l’occupazione, non si era considerato il fatto che si potesse anche migliorare la qualità della vita sociale. Quando si parla di diritto alla conciliazione dei tempi di lavoro con i tempi di vita si fa riferimento non solo alle necessità di cura dei famigliari ma anche ad altre necessità legate al tempo libero: esempi emblematici sono i congedi parentali e i permessi studio. Bisogna ammettere che il legislatore italiano è intervenuto con alcune leggi ad hoc che tutelano e garantiscono questo diritto. A questo proposito sono state prese in considerazione due realtà in contrasto tra loro: la liberalizzazione dell’orario di apertura delle attività commerciali e i benefit aziendali; ovvero da una parte l’aspetto economico che prevale sul lato umano, mentre dall’altra, l’organizzazione politico aziendale che si armonizza con la persona e le sue necessità.
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Mozzelin, Elisa <1992&gt. "Henri Lefebvre: la produzione dello spazio, la critica alla vita quotidiana e il diritto alla città." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15114.

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Abstract:
Il presente lavoro intende indagare il concetto di "produzione di spazio" a partire dal suo autore, Henri Lefebvre. Che cosa significa affermare che lo spazio (sociale) è un prodotto (sociale)? L'autore indaga, attraverso la lente di un marxismo eterodosso, le condizioni della vita quotidiana e le forme della sua cristallizzazione storica, mettendone in luce la reciprocità e l'interdipendenza. Se lo spazio è un prodotto sociale è necessario anche prenderne in considerazione i risvolti politici (gr. politikos): il diritto allo spazio e il diritto alla città.
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Galletti, Matteo <1976&gt. "Intendere la morte, alleviare il dolore. Dilemmi etici alla fine della vita." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/51/1/TESI_GALLETTI.pdf.

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Galletti, Matteo <1976&gt. "Intendere la morte, alleviare il dolore. Dilemmi etici alla fine della vita." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/51/.

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Caeran, Mirco <1991&gt. "Autonomia privata e crisi coniugale : un’indagine alla luce della teoria dei contratti relazionali e dell’analisi economica del diritto." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/19516.

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Abstract:
Il lavoro tratta degli accordi che i coniugi stipulano nel corso della crisi sia in vista di essa. Nella prima parte viene dato atto del fenomeno della cosiddetta “privatizzazione del diritto di famiglia” illustrando le principali tappe raggiunte dall’autonomia privata nei rapporti tra marito e moglie. Successivamente viene delineato l’oggetto del lavoro, ossia l’ammissibilità e l’ambito di operatività degli accordi di natura patrimoniale in fase fisiologica e patologica, sia in costanza di crisi che in vista di una crisi meramente eventuale. Il metodo prescelto è quello dell’analisi economica del diritto e degli insegnamenti tratti dalla Teoria dei Contratti Relazionali. L’analisi, poi, si concentra in chiave critica sulle ricostruzioni dottrinali e giurisprudenziali di questa tipologia di accordi. Emerge, così, la definizione di contratti (pre)matrimoniali nella loro unitarietà di genere. Nell’ultimo capitolo, infine, dopo averne dimostrata la validità e l’efficienza, i contratti (pre)matrimoniali vengono fatti dialogare con i Principi Costituzionali e dell’Unione Europea, nonché con il diritto comparato e internazionale privato, in un tentativo di armonizzazione con l’intero Ordinamento Giuridico.
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Maggiolo, Elettra. "Il diritto alla partecipazione di bambini e adolescenti nella quotidianità di vita. Un contributo pedagogico." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422147.

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Abstract:
This research paper focuses on the participation rights of children and teenagers, one of the innovative elements introduced by the 1989 Convention on the Rights of the Child, a document that gives underage children the rights of protection-safeguard and promotion-participation. In recent decades, much has been said on different levels about the opportunity to view childhood and adolescence as phases of life during which subjects develop their own culture and actively contribute to the shaping of the surrounding environment. The right to participation, strictly linked to the right to be listened to, is considered one of the four pillars of the Convention, and consequently one of its core values and at the same time one of its main challenges, in every field of life and in every relationship, included the education. Participation is, indeed, one of the fundamental dimensions of the pedagogical know-how: there’s no education without participation, because every person, since childhood, knows how to be a main character of his/her own story and of the story of his/her community and every person knows how to be an interlocutor, in a constructive dialogue and with shared projects. The participation of children and teenagers, which is put in the foreground by this new cultural background, is generally divided in two macro-categories, which are mutually reinforcing: social participation, both institutional and representative, in which when we talk about “social” we mean public situations of participation in social processes; participation in everyday life, widespread and continued, used in contexts of life from all subjects which enable these processes, a participation which cares about the fundamental role played by the dialogue between young and adult generations, among peers and among micro-generations. With this paper, I want to focus on the participation of children and teenagers in everyday life; this field being the less explored both theoretically and practically. Moreover, we must not forget that the right to participation in Italy, as shown by recent legislative tools and national and international reports, is lagging behind despite the undoubted progress we have made. So, this research paper will focus on, with an argumentative-critical approach, the basis of the analysis of scientific reference literature, of the main legislative documents (both international and local) and good practices implemented in various contexts and also on the basis of a well-structured field analysis. In detail, this research can be broken down into two phases, called the “explorative-cognitive phase” and the “planning-operating phase”. The first phase implied collecting information and representations within the semantic field of listening and participation, of educational figures and teenagers and children in some areas of the Veneto region with, respectively, interviews and focus groups. The second phase implied planning and implementation in School, University and Territory, of a participative project on the key topics of research and involvement of micro-generations. In detail, a group of 2nd degree Secondary School students, accompanied by adults acting as facilitators, had the chance to shape an educational proposal to the human rights of participation and listening for and with a group of Primary School Children. This research does not allow to draw wide-scale conclusions, nevertheless we think this can be an important contribution, as it offers usable guidelines - both in terms of contents and methods - as an important and illustrative basis in order to plan tailored educational interventions. Briefly, the aim of this paper is to: outline and understand, from the pedagogical perspective, the concept of children and teenager participation in their own socio-cultural context; contribute to the implementation of the right to participation in everyday life; identify conceptual blocks and methodological guidelines to create “potential” educational paths to human rights, based on genuine listening and real participation which allow people to live, from childhood to adolescence, experiences of proactive self-promotion and intergenerational solidarity
Il lavoro di ricerca si focalizza sul diritto alla partecipazione di bambini e adolescenti, uno degli elementi innovativi della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989, documento che riconosce ai minori d’età diritti sia di protezione-tutela, sia di promozione-partecipazione. È in particolare negli ultimi decenni che, a diversi livelli, si discute in modo ampio sull’opportunità di considerare l’infanzia e l’adolescenza come fasi del corso di vita durante le quali i soggetti elaborano una propria cultura e contribuiscono in modo attivo a costruire l’ambiente circostante. Il diritto di partecipazione, intimamente correlato al diritto di ascolto, viene considerato uno dei quattro principi generali della Convenzione, quindi uno dei suoi fondamentali valori e al tempo stesso una delle sue principali sfide, in ogni ambito di vita e in ogni relazione, compresa quella educativa. La partecipazione è, infatti, una dimensione-cardine del sapere-agire pedagogico: non si dà educazione se non in chiave partecipativa, in quanto ogni persona sa essere protagonista della propria storia e di quella della comunità, e interlocutore capace, fin dall’infanzia, in un dialogo costruttivo e in una progettualità condivisa. La partecipazione di bambini e adolescenti, che questo mutato sfondo culturale pone in primo piano, viene generalmente suddivisa in due macro-categorie, che si rafforzano reciprocamente: la partecipazione sociale, istituzionale e rappresentativa, dove per “sociale” si intendono le situazioni pubbliche di partecipazione in processi a valenza societaria; la partecipazione alla vita quotidiana, diffusa e continuativa, esercitata nei contesti di vita da tutti i soggetti che li abitano, attenta al ruolo cruciale svolto dal dialogo tra generazioni giovani e adulte, tra pari e tra micro-generazioni. L’ambito che, nel presente lavoro, si intende maggiormente approfondire è quello relativo alla partecipazione di bambini e ragazzi alla vita quotidiana, di fatto il meno esplorato a livello di approfondimento teorico e di pratica educativa. Occorre, inoltre, considerare che, sul diritto di partecipazione, in Italia si registra, come rilevano recenti strumenti normativi e Rapporti nazionali e internazionali, ancora una carenza rispetto ad altri Paesi, nonostante gli indubbi traguardi raggiunti. La ricerca intende allora affrontare il tema, sia attraverso uno studio di carattere argomentativo-critico, sulla base dell’analisi della letteratura scientifica di riferimento, dei principali documenti legislativi (da quelli internazionali a quelli locali) e di buone esperienze attuate in diversi contesti, sia attraverso un’articolata indagine sul campo. Nello specifico, il lavoro di indagine si è strutturato in due fasi, definite “esplorativo-conoscitiva” e “progettuale-operativa”. La prima fase è consistita nella raccolta di conoscenze e rappresentazioni, sul campo semantico dell’ascolto e della partecipazione, di figure educative e di adolescenti e bambini di alcune zone del Veneto, con gli strumenti, rispettivamente, dell’intervista e del focus group. La seconda fase è consistita nella programmazione e attuazione, tra Scuola, Università e Territorio, di un progetto partecipativo, sempre sui temi-chiave della ricerca, di coinvolgimento di micro-generazioni. In particolare un gruppo di adolescenti di Scuola Secondaria di II grado, accompagnati da adulti nel ruolo di facilitatori, hanno avuto la possibilità di realizzare una proposta di educazione ai diritti umani di partecipazione e ascolto per e con un gruppo di bambini di Scuola Primaria. L’indagine realizzata non permette di trarre conclusioni dal valore esteso, ma si ritiene possa portare un contributo riflessivo interessante, offrendo linee contenutistiche e metodologiche praticabili, come base significativa ed esemplificativa per la progettazione di mirati interventi educativi. In sintesi, il presente lavoro si propone di: delineare e comprendere, dal punto di vista pedagogico, il concetto della partecipazione di bambini e adolescenti nel proprio contesto socio-culturale; contribuire all’attuazione del loro diritto di partecipazione nella quotidianità di vita; individuare nuclei concettuali e indicazioni metodologiche per realizzare percorsi “possibili” di educazione ai diritti umani, basati sull’ascolto autentico e sulla reale partecipazione, che consentano di vivere, dall’infanzia all’adolescenza, esperienze di propositivo protagonismo e solidarietà intergenerazionale
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Cusi, Chiara. "Vie privée et publique des animaux. Uno sguardo critico alla società francese della Monarchia di luglio attraverso l’arte di Grandville e la penna di Balzac. Analisi dell’opera collettiva e proposta di traduzione di un racconto." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021.

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Abstract:
L’opera collettiva Vie privée et publique des animaux è una raccolta di racconti satirici, pubblicata nel 1842. I racconti sono stati scritti da numerosi autori: alcuni poco conosciuti, come P.J. Stahl e Gustave Droz, altri più celebri, come Honoré de Balzac. Tuttavia, la nascita del volume non sarebbe mai stata possibile senza il contributo del suo illustratore: J.J. Grandville. Il contenuto dei racconti, infatti, si ispirò proprio dalle sue litografie. Malgrado i riferimenti ai personaggi e agli eventi storici del tempo, i racconti riusciranno a scampare alla censura politica per via dei protagonisti a cui sarà data la parola: gli animali. Attraverso il mio lavoro di tesi ho cercato di riportare alla luce un’opera che di certo non è entrata nel canone letterario francese, ma che merita di essere riscoperta. Nel primo capitolo ho parlato della carriera artistica di Grandville, spiegando quanto il suo incontro con Balzac sia stato fondamentale per la futura collaborazione all’opera. Nel secondo capitolo ho descritto il contenuto di Vie privée et publique des animaux. L’opera è stata immaginata come un insieme di racconti scritti in prima persona dagli animali stessi, ormai stanchi di essere sfruttati dall’umanità. Verrà data a ogni animale la possibilità di scrivere un manoscritto, dando vita ad un’originale rivoluzione intellettuale. Nel terzo capitolo mi sono soffermata sull’interpretazione dei riferimenti storici e politici presenti nel testo. Nel quarto capitolo ho inserito la mia proposta di traduzione di un racconto di Balzac che non è stato tradotto nell’edizione italiana dell’opera: Guide-âne à l’usage des animaux qui veulent parvenir aux honneurs. Infine, nel commento finale, ho analizzato i problemi traduttivi che ho riscontrato seguendo le quattro categorie individuate dalla studiosa Christiane Nord. La documentazione sul contesto storico in cui Grandville e Balzac hanno vissuto è stata fondamentale per scrivere una traduzione fedele al testo di partenza.
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10

PEZZIMENTI, CARMELA. "L'incidenza della CEDU sulla tutela penale della vita." Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11570/3105320.

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Abstract:
Oltre a ribadire l’incostituzionalità, anche “convenzionale”, della pena di morte, il lavoro si pone come scopo ricostruire un itinerario, multilivello, teso ad individuare una rete di obblighi positivi di protezione a tutela della vita, soprattutto da quelle offese provenienti dalla pubblica autorità. L’analisi dei principi costituzionali e della evoluzione della giurisprudenza di Strasburgo costituisce il prisma che consente di osservare da vicino la refrazione multilivello del piano delle tutele che è possibile imporre a presidio dei diritti umani. Nella prima parte del lavoro, dopo la ricostruzione dell’evoluzione del sistema di tutela dei diritti umani della CEDU e il ruolo della CEDU nel sistema delle fonti, l’attenzione si concentra sui rapporti tra diritto penale e diritti umani: emerge come il diritto penale possa essere considerato come strumento di attuazione dei diritti fondamentali non solo del reo, ma anche della vittima del reato. Attraverso l’analisi di una serie di casi paradigmatici - Giuliani, Alikaj, Cestaro- si riflette sulla assoluta necessità del ricorso alla forza statuale, per compiti di tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza collettiva e sui limiti che discendono dai principi posti dalla Corte Edu. L’esame mostra i limiti di un sistema punitivo che, da un lato è chiamato a valutare con attenzione gli spazi di giustificazione delle condotte, dall’altro lato sconta a priori una sovraesposizione della risposta, dovuta all’assenza di fattispecie ad hoc (tortura) e dal necessitato ricorso all’applicazione di disposizioni generali a tutela della vita e incolumità personale. Nell’ambito del lavoro si riflette anche sugli obblighi di protezione che discendono in capo allo Stato dall’art 2 e che assumono una rilevanza particolare soprattutto nei casi in cui i soggetti siano affidati alla “cura” dello Stato perché, ad esempio, in stato di detenzione. L’ultima parte del lavoro ruota intorno all’istituto della prescrizione che viene valutata criticamente alla luce dei diritti fondamentali, fra cui quello alla vita e incolumità delle tante vittime silenziose delle prevaricazioni e abusi dell’autorità legale.
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Books on the topic "Diritto alla vita privata"

1

Defilippi, Claudio. Il diritto di proprietà ed alla vita privata e familiare nella giurisprudenza della Corte europea. Torino: G. Giappichelli, 2003.

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2

Baccari, Maria Pia. Diritto alla vita tra ius e biotechnologie. Torino: G. Giappichelli, 2006.

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3

Biopolitica: L'ora è venuta : politica e diritto alla vita. Siena: Cantagalli, 2007.

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4

Perchinunno, Francesco. Interruzione della gravidanza e diritto alla vita: Profili costituzionali. Bari: Cacucci, 2000.

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5

Petrella, Riccardo. Il manifesto dell'acqua: Il diritto alla vita per tutti. Torino: EGA, 2001.

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6

Paciello, Giancarlo. La nuova intifada: Per il diritto alla vita del popolo palestinese. Pistoia: CRT, 2001.

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7

Balestrero, Ettore. Il diritto alla vita prenatale nell'ordinamento internazionale: L'apporto della Santa Sede. Bologna: Studio domenicano, 1997.

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8

Paciello, Giancarlo. La nuova intifada: Per il diritto alla vita del popolo palestinese. Pistoia: CRT, 2001.

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9

Stradella, Elettra. Diritto alla salute e alla "vita buona" nel confine tra il vivere e il morire: Riflessioni interdisciplinari. Pisa: PLUS-Pisa University Press, 2011.

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10

Fameli, Mario. Diritto alla vita e interruzione volontaria della gravidanza: Una bibliografia specialistica, analitica e ragionata. Napoli: Edizioni scientifiche italiane, 1996.

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Book chapters on the topic "Diritto alla vita privata"

1

Perathoner, Christoph. "Il trasporto multimodale nel diritto dell’Unione Europea: un fenomeno trasportistico emergente privo di un’adeguata regolamentazione." In Bibliothek des Wirtschaftsrechts, 59–83. Berlin, Heidelberg: Springer Berlin Heidelberg, 2021. http://dx.doi.org/10.1007/978-3-662-63635-0_3.

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Abstract:
ZusammenfassungA settant’anni dalla lungimirante dichiarazione dell’allora Ministro degli Esteri francese Robert Schuman (1886–1963) il 9 maggio 1950 a Parigi, è possibile constatare come il lungo e sempre fragile processo di integrazione europea, finalizzato a realizzare “un’unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa”, abbia permesso il raggiungimento di obiettivi che hanno fondamentalmente migliorato la convivenza e la cooperazione sul nostro continente. In tal senso, un traguardo essenziale per gli Stati membri dell’UE è rappresentato dalla creazione di un mercato interno che assicura “la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali”. Invero, l’istaurazione del mercato interno – al pari dell’integrazione europea – è un processo in continua evoluzione. La ratio istitutiva di un mercato unico sul continente europeo è quella di creare i presupposti per una crescita economica equilibrata, per ottenere la stabilità dei prezzi, per poter costruire un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che miri alla piena occupazione e al progresso sociale, e tutto questo con l’impegno di raggiungere un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente e della vita delle persone.
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Conference papers on the topic "Diritto alla vita privata"

1

Buda, Chiara. "Cittadinanze sospese e diritto alla cittá: suspended citizenship and the right to the city." In International Conference Virtual City and Territory. Roma: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7905.

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Abstract:
La città globale ha generato una forte ipermobilità delle merci e degli uomini. Cambiano cioè gli attori e i gruppi sociali della scena urbana. Rilevante è la presenza degli immigrati che forniscono manodopera in numerosi ambiti. Le società ospitanti riconoscono, infatti, il ruolo determinante degli stranieri in quanto lavoratori, ma pongono forti resistenze nel riconoscerli in quanto cittadini. In altre parole, restano cittadini sospesi tra il paese d’origine e quello d’arrivo, perché godono di una cittadinanza con revoca. Gli immigrati possono al massimo godere di una cittadinanza sostanziale, nel senso che esiste un insieme di pratiche di cittadinanza, che fanno percepire lo straniero come se fosse a casa propria pur non essendolo. Si tratta delle c.d. pratiche di home making, cioè di addomesticamento dello spazio circostante. Tale riappropriazione del contesto urbano, esprime in realtà la rivendicazione dello straniero al diritto alla centralità e il desiderio di non essere periferizzati. Si tratta del diritto alla città elaborato da Henri Lefebvre nel 1978, inteso come diritto alla vita urbana. Non tutti però godono allo stesso modo di tale diritto: i soggetti più deboli e vulnerabili non hanno voce nei processi decisionali. Ma la vera essenza della cittadinanza contemporanea consiste nel prender parte ad una vita pienamente urbana, per tale motivo i migranti, in quanto attori urbani e portatori di una particolare domanda di città, dovrebbero essere ascoltati dagli amministratori locali. The central topic of this paper is the complex relationship between migrants and the global city, which has created a strong hypermobility of goods and people. There are new actors in the urbane scene: immigrants provide labor in many areas, but they are particularly invisible at the main decision-making levels, especially in those concerning the city design. They are subjected to discrimination: first of all as city users and also as proponents of urban and architectural projects. Our cities are not able to answer the "supply of city" of those who live in, that means they do not fully answer to the people needs and desires. Consequently, the weakest and most vulnerable citizens don’t fully enjoy their right to the city. This right has been presented by Henri Lefebvre around the 70s. According to the French sociologist everyone should enjoy the "right to urban life", that is the possibility to satisfy their aspirations in terms of political, social and environmental impacts in the city.
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2

Cedroni, Anna Rita. "Roadmap per una citta sostenibile: Vienna." In International Conference Virtual City and Territory. Roma: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7915.

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Abstract:
Al di là di più di duemila anni di tradizione storica, l’Austria, ha mostrato con coraggio, fin dall’entrata nella Comunità Europea, il suo sviluppo economico così come la sua modernità e la sua apertura verso l’esterno. La dinamicità culturale e tecnologica della sua capitale, l’ha resa uno degli esempi più apprezzati da tutta l’Europa fin dall’inizio di questo secolo. In poco più 15 anni, Vienna è diventata di fatto la città europea con la migliore qualità della vita. Il merito di tale successo è dato sicuramente da due componenti fondamentali: la stabilità politica del Paese e il metodo di gestione dei processi di pianificazione territoriale e urbana. L’attuale sviluppo del territorio mostra come alla base di tale qualità i fattori prevalenti siano l’architettura, ma anche le politiche urbanistiche territoriali. Sta di fatto, spiega un recente rapporto del comune di Vienna sul tema risparmio energetico e sostenibilità, che per garantire e mantenere una tale qualità della vita, occorre tener conto di tre costanti essenziali nelle dinamiche dei processi di sviluppo urbano: il rinnovamento, la ristrutturazione e l’espansione. Tali elementi consentono poi il confronto con modelli europei culturalmente più avanzati. La tutela dell’ambiente e del patrimonio ambientale si inseriscono in questo processo come una delle sfide più importanti che scaturiscono da tale confronto. Questo paper si prefigge di trattare l’esperienza viennese, ripercorrendo il lungo, ma rapido processo di cambiamento cominciato all’inizio degli anni Ottanta. Strumento generale di pianificazione urbanistica, il Piano di Sviluppo della Città (Stadtentwicklungsplan), ha costituito e costituisce tuttora lo strumento decennale di previsione e di programmazione energetica a livello urbano e territoriale, stabilendo le direttrici strategiche di espansione, di ristrutturazione e di rinnovamento della Città e del suo hinterland. Ma l’esclusività di tale strumento, è da vedere nell’anticipazione di temi come il consumo energetico, la sostenibilità e nell’individuazione della tutela ambientale, come questione prioritaria da includere nei programmi d’intervento da attuare a breve termine. Infatti, con la formulazione del primo Programma KliP (Klimaschutzprogramm) (1999–2009) e, successivamente, del secondo Programma KliP (2010-2020), vengono elaborati dei “pacchetti” di provvedimenti con obiettivi ben definiti, come per esempio la riduzione del 21%, a persona, dei gas di emissione e di gas propellenti rispetto ai valori rilevati nel 1990. Gli strumenti con i quali raggiungere tali obiettivi sono: la riduzione del fabbisogno energetico, l’introduzione di fonti di energia ecosostenibile, l’uso di materiali biologici nell’edilizia pubblica e privata a grande e piccola scala, ma soprattutto, gli interventi sulla mobilità, sulla gestione dei rifiuti e sulla protezione del paesaggio. Accanto ai Piani di Sviluppo, Il Programma SEP (Städtische Energieeffizienz-Programm), definisce le linee generali da seguire nella gestione della politica dei consumi energetici a lungo termine, ovvero fino alla fine del 2015. I risultati portano già nel 2011 ad un aumento della quota di energia rinnovabile del 10% del volume totale del consumo di energia. Tra gli incentivi ci sono quelli rivolti alla realizzazione di centrali elettriche, inceneritori per il riciclo di materie dalle quali ricavare energia, mentre un ruolo sempre più importante è dato dall’uso della geotermia, e dell’energia solare. La continuità programmatica culmina nella formulazione di un progetto unitario, SMART CITY WIEN, che riunisce ben dieci gruppi differenti di interessi, istituzioni pubbliche, enti privati, centri universitari di ricerca, ecc., attorno ad una visione a lunga scadenza: Smart Energy vision 2050. Al centro della tavola rotonda le tematiche: lo sviluppo della popolazione, l’ambiente, i metodi di gestione, l’economia, l’energia e la mobilità. Accanto a queste, sostenibilità, partecipazione, diversità, efficienza di risorse, sviluppo regionale integrato come pure sviluppo economico equilibrato sono gli elementi fondamentali per la preparazione delle decisioni future.
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