Dissertations / Theses on the topic 'Diritti di proprietà intellettuale'

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1

Pauri, Elena. "Aiuti di Stato e diritti di proprietà intellettuale nel ciclo dell’innovazione." Doctoral thesis, Luiss Guido Carli, 2020. http://hdl.handle.net/11385/204244.

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Abstract:
Aiuti di stato e proprietà intellettuale nel settore della ricerca, dello sviluppo e dell’innovazione. Aiuti di Stato e proprietà intellettuale nel settore degli appalti pubblici. Aiuti di Stato e diritti di proprietà intellettuale nel settore fiscale: i tax rulings. Aiuti di Stato e diritti di proprietà intellettuale nel settore fiscale: i regimi Intellectual Property (IP) Box.
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2

Bandera, Manuela. "Abuso di posizione dominante e rifiuto di concedere in licenza diritti di proprietà intellettuale." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2009. http://hdl.handle.net/10077/3158.

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Abstract:
2006/2007
La tesi di dottorato ha ad oggetto l’analisi del trattamento in ambito comunitario del rifiuto abusivo di concedere in licenza diritti di proprietà intellettuale (i “diritti IP”) da parte di imprese in posizione dominante. Il tema ha acquistato notevole interesse a seguito di alcune sentenze della Corte di giustizia e del Tribunale di primo grado e di alcuni recenti interventi della Commissione diretti all’uniformazione dell’approccio nella valutazione degli abusi di esclusione. La definizione di un trattamento chiaro del rifiuto di licenza è di particolare importanza vista l’esigenza di un’interpretazione omogenea dei principi di diritto della concorrenza a livello decentralizzato, resa necessaria dalla modernizzazione della disciplina antitrust e dalla prevedibile futura diffusione delle azioni di risarcimento del danno concorrenziale. Partendo dall’apparente conflittualità tra diritti di proprietà intellettuale, che postulano un potere di monopolio sul bene protetto e l’esclusione dei concorrenti dal relativo godimento, e il diritto antitrust, che invece è volto ad evitare comportamenti abusivi e distorsivi della concorrenza, la tesi si propone di individuare i principi e il metodo più adatti a regolare tali condotte delle imprese dominanti. A tal fine, la tesi esamina con spirito critico le teorie ed i concetti sviluppati dalla prassi comunitaria e dalla recente Comunicazione relativa agli “Orientamenti sulle priorità della Commissione nell’applicazione dell’articolo 82 del trattato CE al comportamento abusivo delle imprese dominanti volto all’esclusione dei concorrenti”. Lo studio si compone di cinque capitoli. Dopo il primo capitolo introduttivo, i successivi due capitoli sono diretti all’analisi dei criteri utilizzati per l’esame dei casi di rifiuto di contrarre e delle fattispecie abusive che coinvolgono diritti IP: i criteri tratti dal diritto antitrust sono esaminati nel secondo capitolo e quelli derivanti da nozioni proprie della materia della proprietà intellettuale nel terzo. Il quarto e il quinto capitolo sono quindi dedicati allo studio critico della disciplina individuata per la valutazione dei dinieghi di licenza nelle pronunce della Commissione, del Tribunale e della Corte di giustizia nonché nella Comunicazione della Commissione e nel dibattito che ne ha preceduto l’adozione. Più in particolare, il primo capitolo definisce la nozione di abuso di posizione dominante ex art. 82 TCE e fornisce al lettore gli strumenti per l’analisi della fattispecie, approfondendo i più significativi per lo studio del diniego di licenza: dopo un esame del mercato rilevante, l’attenzione si concentra sul concetto di dominanza, sulla nozione di sfruttamento abusivo e le sue caratteristiche, il cui studio è effettuato con l’ausilio esemplificativo di alcune tipologie di abuso individuate dalla Commissione e dalle corti comunitarie. Il secondo capitolo analizza i criteri rilevanti per il trattamento del rifiuto abusivo di contrarre sviluppati alla luce dei principi di diritto antitrust. Nell’esame dei rifiuti rivolti a clienti nuovi, in particolare, è oggetto di approfondimento la prassi comunitaria elaborata con riferimento alla fornitura di beni e infrastrutture “essenziali” che viene analizzata anche alla luce della cd. “essential facilities doctrine” definita dalla giurisprudenza nordamericana. Il terzo capitolo è diretto invece a studiare il rapporto tra diritto della concorrenza e diritto della proprietà intellettuale. Esso esamina le nozioni di “esistenza/esercizio” del diritto IP, di “oggetto specifico” e di “funzione essenziale”, tratte dalla giurisprudenza in materia di privative intellettuali ed industriali e libera circolazione delle merci, analizzandone l’applicabilità alle fattispecie di abuso di posizione dominante e agli strumenti utili per la relativa analisi. Negli ultimi due capitoli, infine, si studia la disciplina elaborata per il trattamento delle ipotesi di rifiuto abusivo di licenza, evidenziando in particolare i criteri con cui si è cercato di coniugare le specificità dei diritti di proprietà intellettuale con i principi di diritto antitrust sviluppati per i casi di rifiuto di contrarre. Nei casi di diniego di licenza occorre infatti bilanciare l’esigenza di garantire la concorrenza e lo sviluppo dei mercati (da cui conseguirebbe la necessità di imporre l’accesso al bene protetto) con l’esigenza di tutelare gli sforzi e gli investimenti del titolare del diritto (il quale sarebbe privato dell’incentivo ad innovare nel caso si concedesse un accesso indiscriminato alle sue risorse). L’atteggiamento della Commissione e dei giudici comunitari si è evoluto nel tempo. Rispetto all’approccio utilizzato nei primi casi Volvo e Renault, dove la valutazione di abusività era effettuata in base ai concetti di “esistenza”, “esercizio” e “oggetto specifico” del diritto IP, la prassi ha modificato progressivamente la propria impostazione nei casi Magill, IMS e Microsoft nei quali ha sviluppato modelli di analisi tratti dalla disciplina dei rifiuti di contrarre e delle essential facilities, integrati, in ragione della specificità dell’oggetto del rifiuto, dal criterio dell’ostacolo alla comparsa del “prodotto nuovo”. Chiude la tesi l’analisi della Comunicazione della Commissione, ultimo intervento comunitario in materia, nella quale allo specifico test per i casi di rifiuto abusivo di licenza elaborato dalle corti comunitarie, si sostituisce un’unica disciplina che assimila il trattamento del rifiuto di licenze a quello previsto per il rifiuto di contrarre avente ad oggetto beni ed infrastrutture materiali. L’analisi delle interpretazioni succedutesi in materia, di cui si studiano aspetti positivi e criticità, dimostra la difficoltà di individuare il corretto trattamento del rifiuto di concedere in licenza diritti di proprietà intellettuale. Alla luce dei criteri progressivamente delineati in ambito comunitario con riferimento a tale fattispecie, sembra che la valutazione del rifiuto di licenza di diritti IP debba essere realizzata mediante l’applicazione dei principi di diritto antitrust, seppur adattati alla peculiare natura di tali privative. Occorrerebbe quindi in primo luogo riconoscere la necessità di un trattamento differenziato dei diritti IP rispetto ai diritti di proprietà sugli altri beni. La disciplina della proprietà intellettuale mediante l’attribuzione della privativa sul bene protetto solo per una durata limitata di tempo, infatti, effettua già il bilanciamento dell’esigenza di tutela del titolare con l’interesse dei concorrenti e della collettività alla condivisione dell’invenzione o della creazione. Di conseguenza, il trattamento delle fattispecie di rifiuto aventi ad oggetto diritti IP non può essere identico a quello riservato ai rifiuti di concedere l’accesso a risorse materiali, per cui manca tale bilanciamento di opposti interessi. Si dovrebbe riconoscere inoltre che non vi è contrasto ma, al contrario, complementarità tra le finalità e gli effetti del diritto antitrust e della proprietà intellettuale, essendo entrambi diretti a favorire un’efficienza e una concorrenza dinamica fondata sullo sviluppo di nuovi beni e processi, sulla sostituzione anziché sull’imitazione di prodotti. Tali constatazioni portano quindi a concludere a favore di un’interpretazione che preveda che il rifiuto di concedere in licenza un diritto di proprietà intellettuale debba essere ritenuto abusivo in forza della disciplina antitrust solo nei casi eccezionali in cui l’esercizio in concreto del diritto non risponda alla finalità astratta per cui esso è stato riconosciuto e cioè escluda la promozione dell’innovazione. L’individuazione dei criteri di valutazione dell’abusività del rifiuto del diritto IP può essere effettuata mediante un test fondato su condizioni precise, definite ex ante e specifiche per detta fattispecie, sul modello del test proposto dalla Corte di giustizia nella sentenza IMS, oppure sulla base di principi più generali, applicabili ad una pluralità di ipotesi, come previsto nella Comunicazione della Commissione. Il primo metodo sembra avere il vantaggio di essere certo e conoscibile, il secondo di essere adattabile alle esigenze del caso concreto, pur essendo suscettibile di applicazioni scarsamente prevedibili a priori. Dall’analisi si deriva in ogni caso che, per ridurre le ipotesi di intervento del diritto antitrust nell’esercizio delle prerogative attribuite al titolare del diritto IP, è necessario che all’interpretazione del trattamento del rifiuto di licenza sopra indicata si accompagni una disciplina del diritto della proprietà intellettuale che protegga tramite diritti di privativa industriale ed intellettuale solo beni effettivamente meritevoli di tutela mediante esclusiva. L’azione comunitaria intesa a realizzare questo obiettivo, già avviata mediante la parziale armonizzazione delle leggi nazionali in materia e l’individuazione di alcuni diritti IP aventi validità europea, sembra ora ulteriormente confermata dall’art. 118 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea previsto dal Trattato di Lisbona, diretto ad istituzionalizzare la creazione di diritti di proprietà intellettuale di portata comunitaria.
XX CICLO
1977
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3

Trevisan, Arianna <1993&gt. "La violazione dei diritti di proprietà intellettuale: il caso dell'industria della moda in Europa." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15158.

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Abstract:
Il tema dei diritti di proprietà intellettuale rappresenta un tema di più sempre attualità e importanza nell'economia globalizzata in cui ci troviamo. L'industria della moda, che si basa in buona parte su assetti immateriali come la creatività e l'innovatività e che ricopre un ruolo sempre più importante nell'economia europea, costituisce una delle industrie che maggiormente dovrebbe fare uso di questa tipologia di diritti, anche alla luce del fatto che gli ultimi dati la ritraggono come una delle principali industrie afflitte dal problema della contraffazione e della pirateria. L'obiettivo di questo elaborato è quello di analizzare, tramite i più recenti studi e report rilasciati dai principali attori coinvolti nel rilascio di questi diritti e nella loro tutela e i più noti casi giudiziari, gli effetti che la violazione dei diritti di proprietà intellettuale provocano all'industria della moda e valutare se l'attuale normativa europea e i relativi strumenti implementati ben si adattano alle esigenze di protezione di cui essa necessita.
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4

Dal, Lago Eugenia <1992&gt. "La legittimità dell'azione inibitoria: tra diritto di proprietà intellettuale e tutela della concorrenza." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/10677.

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5

ANDREONI, MARTINO MARIO. "La tutela cautelare anticipatoria. Premesse per uno studio dei provvedimenti cautelari nel diritto della proprietà intellettuale." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2010. http://hdl.handle.net/10281/7773.

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Abstract:
Nell’elaborato si esamina la tutela cautelare anticipatoria quale forma di tutela minore rispetto a quella del processo ordinario, ma potenzialmente satisfattiva e autonoma e di frequente utilizzo in alcuni settori del diritto, quale, in particolare, il diritto della proprietà intellettuale e della concorrenza. Prendendo le mosse dalle nozioni di tutela anticipatoria elaborate dalla dottrina, si tenta di definire le caratteristiche di questa forma di tutela, così come è stata realizzata nel corso degli anni nell’ordinamento italiano, analizzando anche le esperienze, più risalenti e mature, dell’ordinamento francese, con la procédure en référé e dell’ordinamento tedesco, con le eistweilige Verfügungen. Si procede poi ad individuare le caratteristiche strutturali e funzionali dei provvedimenti cautelari anticipatori, e le loro differenze da quelli conservativi, alla luce delle norme sulla strumentalità attenuata introdotte, a partire dal 2003, nelle leggi speciali e nel codice di procedura civile, con particolare riguardo ai presupposti di concessione, all’autonomia, alla stabilità e all’efficacia, sul piano sostanziale e su quello processuale, di tali provvedimenti, e alle peculiarità dei giudizi di merito che eventualmente siano instaurati dopo il provvedimento cautelare anticipatorio. Si affronta, inoltre, il problema di quali siano gli effetti della sentenza anticipabili con il provvedimento cautelare, con riguardo alle pronunce di condanna, di mero accertamento e costitutive, e le forme di attuazione del provvedimento cautelare. Si procede, infine, con l’analisi dei provvedimenti cautelari anticipatori previsti dal codice della proprietà industriale e dalla legge sul diritto d’autore, ed in particolare dell’inibitoria e della sua attuazione, e si affronta il problema della stabilità di tali provvedimenti, alla luce delle norme nazionali e di quelle comunitarie ed internazionali.
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6

Leonardi, Amedeo <1990&gt. "Il diritto di proprietà intellettuale giapponese e le regolamentazioni internazionali. Il Partenariato Trans-Pacifico e le sue future implicazioni." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/7616.

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Abstract:
Il lavoro di tesi proposto ha l'obiettivo di analizzare la situazione delle regolamentazioni dei diritti sulle proprietà intellettuali e industriali (P.I.) giapponesi sia nel suo aspetto di evoluzione storica, sia in quello contenutistico, ponendo particolare attenzione alle nuove condizioni di cooperazione internazionale dell'area pacifica. Il Capitolo I si concentra sui concetti e sui testi di legge oggi applicati, di istituti giuridici quali copyright, brevetti, modelli di utilità, design e trademark, e sul nuovo sistema nazionale promosso dal primo governo Koizumi, atto alla valorizzazione del ricco capitale intellettuale giapponese. Volgendo lo sguardo oltre i confini nazionali, il Capitolo II presenta una riflessione riguardo al ruolo del Giappone all'interno del percorso di globalizzazione delle norme sui diritti di P.I., attraverso uno studio del processo di armonizzazione internazionale. Il Capitolo III è una parentesi nello studio delle P.I. volta alla presentazione del secondo grande tema della tesi, il Partenariato Trans-Pacifico (TPP). Ne vengono illustrate le origini, i contenuti, lo sviluppo del dibattito sull'adesione interno al Giappone e le ripercussioni macroeconomiche sul Paese. L'ultimo capitolo, il IV, affronta le implicazioni delle nuove norme in materia di P.I. previste nel testo del TPP, pubblicato ufficialmente il 5 novembre 2015. Le ripercussioni riguarderanno il settore dell'editoria, dei contents e il sistema sanitario nazionale. Infine, le pagine dedicate alle Conclusioni tentano una valutazione complessiva del cammino del Giappone nel campo dei diritti di P.I.
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7

ALIPRANDI, SIMONE. "Il diritto d'autore nell'era digitale. Una ricerca empirica su comportamenti, percezione sociale e livello di consapevolezza tra gli utenti della rete." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2012. http://hdl.handle.net/10281/30053.

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Abstract:
Lo spirito di questo lavoro di ricerca è quello di proporre un modello per un'indagine empirica su come tutti questi temi oggetto di raffinate disquisizioni accademico-scientifiche vengano percepiti dalla gente comune. Tale sfida rientra nella mission classica di cui si fa carico la sociologia del diritto, ma nello stesso tempo si spinge in un terrenno davvero ancora troppo poco esplorato, dato che è solo da pochi anni che il problema "diritto d'autore" è uscito dalla nicchia degli addetti ai lavori. L'indagine, che si focalizza sui tre macro-temi "comportamenti degli utenti", "percezione sociale" e "livello di consapevolezza" in materia di diritto d'autore nell'era digitale, prevede una preliminare rassegna delle principali ricerche empiriche condotte negli ultimi anni su questi temi e si estrinsecherà nella descrizione metodologica della online survey condotta tra febbraio e giugno 2011 e nella presentazione dei relativi risultati.
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Lincesso, Irene. "1. Antitrust e proprietà intellettuale nell'era digitale: il caso Google Book search. 2. Luci ed ombre del principio di precauzione: il caso delle nano-tecnologie. 3. Come togliere dal giro i danni non patrimoniali: note in margine alla "teoria dell’assicurazione"." Doctoral thesis, Luiss Guido Carli, 2011. http://hdl.handle.net/11385/200874.

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Abstract:
1. I dettagli dell’accordo. Questo settlement non s’ha da fare. Il problema dei non-display uses. Effetti procompetitivi. Fattori che hanno contribuito al GBS. In arrivo tanti Google Books Search nazionali? Chi ha paura di Google? L’Europa cede a Google. 2. La cultura della precauzione. Le nano-tecnologie: tra opportunità e precauzioni. Verso la terza via. 3. Danni non patrimoniali: una caratterizzazione. Due teorie a confronto. Danni e compensazione. La disciplina dei danni non patrimoniali in diversi ordinamenti. Dibattito dottrinario. In conclusione: mancanza di domanda o di offerta?
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Terranova, G. "I NUOVI DIRITTI DI PROPRIETÀ: UN'ANALISI COMPARATA." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2016. http://hdl.handle.net/2434/361088.

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Abstract:
La ricerca analizza l'evoluzione del concetto di proprietà nel diritto italiano, quale conseguenza dell'evoluzione della realtà economica e degli scambi commerciali e, in particolare, si concentra sull'avvicinamento della concezione dominicale ad esso sottesa a quella propria degli ordinamenti di common law, in particolare quello inglese e quello statunitense. A tale scopo sono esaminati alcuni istituti giuridici in cui é evidente l'esigenza della prassi, da un lato, e la tendenza del legislatore, dall'altro, a servirsi di schemi di appartenenza distinti rispetto al modello tradizionale. L'analisi, infine, si interroga sulla capacità del diritto italiano a dar riconoscimento a nuove forme di appartenenza elaborate dall'autonomia privata, ancorché non ancora riconosciute a livello legislativo e fornisce, quindi, una possibile soluzione de iure condendo.
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10

Rocca, Samuela <1988&gt. "Le droit de suite nel sistema della proprietà intellettuale: efficacia e problemi di applicazione." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/8517.

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Abstract:
Il diritto d’autore rappresenta oggi un campo d’indagine dinamico caratterizzato dall'emergere di nuove fattispecie, le quali, scaturite parallelamente al processo tecnologico, richiedono una continua revisione delle disposizioni atte a disciplinarle. Dopo un primo capitolo esplicativo delle principali fonti universali, regionali e nazionali in materia di proprietà intellettuale, si procederà all'esame dei rapporti esistenti tra gli obblighi di matrice convenzionale e le disposizioni emanate in ambito comunitario. Verranno esaminati pertanto, problemi di ripartizione delle competenze nei casi di accordo misto e problemi di compatibilità nei casi di accordi stipulati dai Paesi prima di divenire membri della Comunità europea. Lo scopo dichiarato, in tale prima fase della ricerca, sarà cercare di capire il modo e l’efficacia con cui tali disposizioni siano state recepite dall'ordinamento italiano. Procedendo in tale direzione, si cercherà, attraverso le principali direttive comunitarie, di analizzare il diritto d’autore in Italia nei suoi numerosi aspetti, al fine di giungere alle questioni pertinenti il diritto di seguito. In tale ultimo capitolo, verrà analizzato approfonditamente la situazione precedente all'attuazione della direttiva 2001/84/CE, con sguardo particolare alle novità introdotte dalla medesima. Si cercherà in ultima istanza di comprendere la portata delle sue disposizioni, eventuali problematiche ancora da disciplinare, senza tralasciare il livello di armonizzazione raggiunto in tale settore.
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11

ARTARIA, RICCARDO. "La proprietà fra Costituzione e carte europee." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2012. http://hdl.handle.net/10281/45606.

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Abstract:
La proprietà, al pari degli altri diritti costituzionalmente tutelati, si apre oggi ad una tutela articolata su molteplici livelli: in particolare, l’elaborato approfondisce lo studio della Costituzione italiana, della Cedu e del diritto comunitario (nel quale ha di recente assunto forza normativa la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione). Queste Carte compongono un sistema complesso di tutela della proprietà che, se contribuisce a incrementare le garanzie di effettività per il singolo, impone nuove riflessioni: può infatti creare problemi con riguardo tanto alla composizione delle varie fonti concorrenti quanto ai rapporti fra le relative giurisdizioni esclusive di legittimità e più in generale, impegna a ripensare al ruolo della dimensione sociale della proprietà. Lo studio è infatti stato condotto secondo la logica del rapporto fra prospettiva individuale e sociale nella configurazione della proprietà, al fine di verificare come il sapiente bilanciamento fra queste due dimensioni cristallizzatosi nella disciplina costituzionale si sia aperto alla europeizzazione dei diritti vivendo una profonda trasformazione. Partendo dallo studio dell’evoluzione storico-politica delle concezioni relative alla proprietà, l’elaborato si sofferma sull’analisi dell’art. 42 Cost. evidenziando come l’imprescindibile rapporto fra proprietà e comunità politica sia svolto dallo Stato sociale disegnato in Costituzione secondo un disegno singolare, che determina la perdita di centralità della proprietà in favore del valore della persona umana sintetizzato nel principio personalista e in quello solidarista, cristallizzato nella formula della “funzione sociale”: la Costituzione supera così la naturale tensione fra il principio di eguaglianza e il riconoscimento del diritto di proprietà, prescrivendo che l’integrazione sociale sia costruita anche attraverso una disciplina della proprietà capace di armonizzare l’interesse individuale con quello della comunità, secondo la prospettiva tipica dello Stato sociale. Per questo, su un diverso piano, si è considerato che in virtù della “funzione sociale” nemmeno può dirsi che l’art. 42, comma 2, Cost. intenda costituzionalizzare un diritto fondamentale dell’individuo. A chi scrive è quindi sembrato difficile accedere all’idea, che anima il diritto di matrice europea ed ora anche la nostra giurisprudenza costituzionale, della massimizzazione della tutela della proprietà, proprio in ragione della finalità redistributiva della ricchezza che è imprescindibile per lo Stato sociale In tale ottica, si è approfondito lo studio della tutela della proprietà disegnata dalla Cedu e dal diritto dell’Unione europea; per conseguenza, si è delineata la dimensione della distanza fra il modello sociale della nostra Costituzione e il modello liberale del diritto europeo, orientato verso la maggior soddisfazione delle ragioni della proprietà. Si è quindi affrontato il problematico nodo della composizione dei diversi livelli normativi alla luce dell’art. 117, comma 1, Cost. e della relativa giurisprudenza costituzionale, rilevando che la tutela multilivello della proprietà sembra ruotare in particolare attorno alla garanzia scolpita nell’art. 1 del Prot. n. 1 alla Cedu e nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Tuttavia, se la prospettiva che si adotta nel pensare alla tutela dei diritti è quella dell’ampliamento della tutela stessa, come vorrebbe la Corte costituzionale, l’elemento della «funzione sociale» che innerva lo statuto costituzionale della proprietà non può che trovarsi corrispondentemente dimidiato. A dimostrazione di ciò si è approfondita la rilevante influenza del diritto sovranazionale con riguardo a taluni temi specifici: la determinazione dell’indennizzo per l’espropriazione; l’espropriazione indiretta; il bilanciamento fra diritto all’abitazione e proprietà espresso dalla disciplina in materia di sfratti. In conclusione, si è rilevato che la recente giurisprudenza costituzionale sembra trascurare il necessario bilanciamento fra interessi costituzionalmente protetti: ad avviso di chi scrive, infatti, la prevalenza della norma internazionale, sul piano interpretativo o applicativo, non è assoluta, ma trova un limite nel bilanciamento fra il principio internazionalista e gli altri princìpi supremi dell’ordinamento costituzionale, fra i quali la funzione sociale della proprietà.
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Viverit, Guido. "Problemi di attribuzione conflittuale nella musica strumentale veneta del Settecento." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3423996.

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Abstract:
This thesis takes into consideration conflicting attributions, an issue occurring when a composition is ascribed to different authors in different sources. The aim of the research has been to investigate in depth this phenomenon in order to highlight its causes, considering in particular case studies from the repertory of instrumental music of Eighteenth century Veneto, analysed both from the historical-musicological and conceptual standpoint. Three cases of study were carefully selected as representative of the wider repertory: the Concert for oboe in D minor attributed to Alessandro and Benedetto Marcello, Antonio Vivaldi and Johann Sebastian Bach; the collection of trio sonatas attributed to Domenico Gallo and Giovanni Battista Pergolesi; the collection of Concerti a cinque op.1 libro terzo, attributed to Giuseppe Tartini and Gasparo Visconti. The investigation has in the first place allowed locating new sources and fresh information relative to the persons involved in the attributions. The detailed reconstruction of the history of the attributions and the examination of sources made it possible to advance different hypotheses on the originating factors of the conflicting attributions. More generally, the thesis attempts to investigate in depth all the aspects related to the context in which a work was produced and transmitted, the economic interests involved in the circulation of a musical work, the mode of production of mss. and printed sources, the practical and legal tools adopted by composers in order to protect their work and the own authorial condition and, in conclusion the concepts of author and intellectual property in the instrumental music of the mid-eighteenth century are questioned.
La tesi affronta il fenomeno delle attribuzioni conflittuali, un problema che si verifica quando una composizione è attribuita a differenti autori nelle fonti in qui essa appare. Lo scopo della ricerca è stato quello di approfondire il fenomeno per comprenderne le cause, considerando come ambito di indagine la musica strumentale veneta del Settecento e ponendo particolare attenzione sia all’aspetto storico-musicologico che a quello concettuale. Per indagare più a fondo il fenomeno sono stati presi in esame tre casi di studio attentamente selezionati in quanto rappresentativi dell’ampia casistica che il repertorio presenta: il Concerto per oboe in Re minore attribuito ad Alessandro e Benedetto Marcello, Antonio Vivaldi e Johann Sebastian Bach; la raccolta di Sonate a tre attribuite a Domenico Gallo e Giovanni Battista Pergolesi; la raccolta di Concerti a cinque op. 1 libro terzo attribuita a Giuseppe Tartini e a Gasparo Visconti. L’indagine riguardante i singoli casi di studio ha condotto all’individuazione di nuovi testimoni e di nuove informazioni relative ai soggetti coinvolti nelle attribuzioni. La ricostruzione dettagliata della storia attributiva e l’esame delle fonti ha reso possibile avanzare alcune ipotesi in merito all’origine delle varie attribuzioni considerate. Più in generale la tesi tenta di indagare in profondità tutti gli aspetti relativi al contesto in cui un’opera nacque e fu trasmessa; agli interessi economici che gravitarono attorno alla diffusione di un’opera; alle modalità di produzione delle fonti musicali; agli strumenti di cui il compositore disponeva per tutelare la propria opera e la propria condizione autoriale; in definitiva, si interroga sul concetto di autore e di proprietà intellettuale nell’ambito della musica strumentale medio-settecentesca.
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Pisani, Federico. "Knowledge workers management. Concorrenza e invenzioni nel rapporto di lavoro subordinato: il modello statunitense." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2019. http://hdl.handle.net/11577/3425914.

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Abstract:
Il presente studio affronta gli argomenti della concorrenza e delle invenzioni nel rapporto di lavoro subordinato statunitense. L’attività di ricerca è stata svolta in parte presso la School of Law della Boston University, USA, sotto la supervisione di Micheal C. Harper, professore di diritto del lavoro. L’argomento presenta una crescente rilevanza, considerato che nella nuova organizzazione produttiva, fondata in gran parte sulla conoscenza globalizzata, al lavoro dipendente si chiede ormai sempre maggiore professionalità, innovazione e creatività. La scelta di esaminare questa tematica dalla prospettiva del “laboratorio USA”, è dovuta al primato di cui tale nazione gode a livello internazionale sul piano economico, scientifico e dell’innovazione dei processi lavorativi, che fanno emergere criticità in altri Paesi probabilmente ancora non avvertite. Al fine di inquadrare gli istituti giudici menzionati nel modello statunitense, si è reso opportuno dare conto del sistema delle fonti normative negli USA, con particolare focus sul Restatement of Employment Law, cioè la raccolta di principi fondamentali elaborati negli anni dal common law in materia di rapporto di lavoro. All'esame delle fonti segue la definizione del concetto di lavoratore subordinato (employee) e lavoratore autonomo (independent contractor), necessario per l’inquadramento del campo di applicazione degli obblighi scaturenti dal rapporto di lavoro subordinato, tra cui il duty of loyalty, implicato nel rapporto fiduciario. In tale ambito, si è osservata l’evoluzione giurisprudenziale che ha condotto all'adozione dei criteri relativi alla distinzione in esame, prevalentemente concernenti il giudizio sulla rilevanza degli elementi fattuali determinanti per l’accertamento della subordinazione. Delineati i contorni della fattispecie di lavoro subordinato, il presente studio affronta la tematica della tipica forma del contratto di lavoro statunitense, il c.d. employment-at-will, cioè il rapporto a libera recedibilità. Tale peculiarità scaturisce dal principio fondamentale per cui le parti non sono vincolate ad alcun obbligo di fornire la motivazione per il licenziamento. La terza parte del lavoro ha ad oggetto la disciplina della concorrenza del lavoratore effettuata sulla base delle conoscenze acquisite, legalmente o illegalmente, durante il rapporto e le relative tecniche di tutela del datore di lavoro, a fronte della violazione del duty of loyalty, quale obbligo del lavoratore subordinato di esecuzione della prestazione lavorativa nell'interesse esclusivo dell’imprenditore e, conseguentemente, di astensione dal porre in essere condotte pregiudizievoli nei confronti di quest’ultimo. Quanto alle tecniche di tutela esperibili in caso di violazione degli obblighi esaminati, vengono illustrati i rimedi legali e equitativi che il diritto statunitense offre al datore di lavoro. La parte finale del presente studio si occupa della disciplina relativa alla titolarità dei diritti scaturenti dalle invenzioni sviluppate dai dipendenti nel corso del rapporto di lavoro. In questo senso si sono esaminate le definizioni di “invenzione” e “brevetto” ed il loro rapporto nel contesto della regolamentazione giuslavoristica; si è posta in rilievo la differenza tra invenzione come opera di ingegno e proprietà intellettuale tutelata dal diritto d’autore. Inoltre, si sono osservati i meccanismi sottesi alle norme fondamentali che regolano la materia e la loro convivenza con la libertà contrattuale delle parti e il loro potere di disporre dei suddetti diritti.
This work addresses the issues of competition and inventions in the U.S. employment relationships. The research was carried out in part at the Boston University School of Law of, under the supervision of Micheal C. Harper, professor of Labour Law. The selection of the topic is justified in the light of its importance, given that in the new production organization, based largely on globalized knowledge, employees are now increasingly being asked for professionalism, innovation and creativity. The decision to examine this issue from the perspective of the "U.S. laboratory" is due to the primacy that this nation holds at international level on the economic, scientific and innovation of work processes, which bring out critical issues that in other Countries probably have not yet been raised. In order to frame the above-mentioned topics, it has become appropriate to give an account of the system of regulatory sources in the USA, with particular focus on the Restatement of Employment Law, i.e. the collection of fundamental principles developed over the years by common law in the field of employment relationships. The examination of the sources is followed by the definition of the concept of employee and self-employed worker (independent contractor), necessary for the assessment of the application of the obligations arising from the employment relationships, including the duty of loyalty, involved in the fiduciary law. In this context, the evolution of the case law has been observed, as well as the examination of the criteria relating to the distinction between employees and independent contractors, mainly concerning the judgement on the relevance of the factual elements determining the assessment of the existence of an employment relationship. Subsequently, this study addresses the issue of the typical form of the U.S. employment contract, the so-called employment-at-will. This peculiarity is originated from the principle that the parties are not bound by any obligation to provide reasons for termination. The third part of the work has as its object the discipline of competition of the worker carried out on the basis of the knowledge acquired, legally or illegally, during the relationship and the relative legal remedies for the employer, against the violation of the duty of loyalty, intended as an obligation of the employee to perform the work in the exclusive interest of the entrepreneur and, consequently, to refrain from engaging in prejudicial conduct against the company. About the remedies available in the event of breach of the obligations examined, the legal and equitable remedies that U.S. law offers the employer have been explained. The final part of this study deals with the rules governing the ownership of rights arising from inventions developed by employees in the course of their employment. The definitions of "invention" and "patent" and their relationship in the context of employment law has been examined and the difference between invention as a work of genius and intellectual property protected by copyright has been highlighted. In addition, the mechanisms underlying the basic rules governing the subject matter and their coexistence with the contractual freedom of the parties and their power to dispose of these rights have been observed.
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14

GABUSI, GIUSEPPE. "L'importazione del capitalismo." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/121.

Full text
Abstract:
Il successo delle riforme economiche cinesi negli anni '80 e negli anni '90 ha posto in discussione le politiche ufficiali di sviluppo (note come Washington consensus ) delle istituzioni multilaterali. Il consenso, ammettendo che le istituzioni sono importanti per la crescita, prescrive che i Paesi in via di sviluppo dovrebbero adottare governi che da un lato disciplinino un sistema di diritti di proprietà stabili e chiaramente definiti, e che dall'altro creino istituzioni che rafforzino i mercati: la buona governance in termini di liberalizzazione, privatizzazione delle proprietà statali e assenza di corruzione dovrebbe portare allo sviluppo economico. Nessuna di queste condizioni era presente in Cina: i diritti di proprietà apparivano essere né stabili né chiari, la corruzione era diffusa, e il governo era coinvolto in tutti i settori dell'economia. Questa ricerca utilizza i risultati della scuola della political economy per mettere in dubbio la validità dell'incompleta analisi del consenso e per dimostrare come le istituzioni cinesi abbiano appreso la lezione storica del capitalismo: i diritti di proprietà erano instabili, orizzontalmente indefiniti ma verticalmente definiti, e lo stato poté guidare la transizione capitalistica perché il sistema clientelare con il Partito attivo in qualità di political economy residual claimant era compatibile con i costi e i benefici connessi alla diffusione delle attività di mercato.
The success of China's economic reforms in the 1980s and in the 1990s has challenged the official development prescriptions known as Washington Consensus of multilateral institutions. By admitting that institutions matter for growth, the consensus suggests that developing countries should install a government which presides over a system of clear and stable property rights, and which does not interfere with markets but creates institutions that strengthen markets: good governance in terms of liberalisation, privatisation of State-owned assets and absence of corruption should result in economic development. None of these conditions were present in China: property rights appeared to be neither stable nor clear, corruption was widespread, and the government was involved in all sectors of the economy. This research draws on the findings of the political economy school to question the validity of the incomplete analysis of the consensus and to show how China's institutions learned the historical lesson of capitalism: property rights were unstable and horizontally unclear but vertically clear, and the state could guide the capitalist transition because the patron-client framework with the Party as the political economy residual claimant was compatible with the costs and benefits related to the rise of market activities.
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GABUSI, GIUSEPPE. "L'importazione del capitalismo." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/121.

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Abstract:
Il successo delle riforme economiche cinesi negli anni '80 e negli anni '90 ha posto in discussione le politiche ufficiali di sviluppo (note come Washington consensus ) delle istituzioni multilaterali. Il consenso, ammettendo che le istituzioni sono importanti per la crescita, prescrive che i Paesi in via di sviluppo dovrebbero adottare governi che da un lato disciplinino un sistema di diritti di proprietà stabili e chiaramente definiti, e che dall'altro creino istituzioni che rafforzino i mercati: la buona governance in termini di liberalizzazione, privatizzazione delle proprietà statali e assenza di corruzione dovrebbe portare allo sviluppo economico. Nessuna di queste condizioni era presente in Cina: i diritti di proprietà apparivano essere né stabili né chiari, la corruzione era diffusa, e il governo era coinvolto in tutti i settori dell'economia. Questa ricerca utilizza i risultati della scuola della political economy per mettere in dubbio la validità dell'incompleta analisi del consenso e per dimostrare come le istituzioni cinesi abbiano appreso la lezione storica del capitalismo: i diritti di proprietà erano instabili, orizzontalmente indefiniti ma verticalmente definiti, e lo stato poté guidare la transizione capitalistica perché il sistema clientelare con il Partito attivo in qualità di political economy residual claimant era compatibile con i costi e i benefici connessi alla diffusione delle attività di mercato.
The success of China's economic reforms in the 1980s and in the 1990s has challenged the official development prescriptions known as Washington Consensus of multilateral institutions. By admitting that institutions matter for growth, the consensus suggests that developing countries should install a government which presides over a system of clear and stable property rights, and which does not interfere with markets but creates institutions that strengthen markets: good governance in terms of liberalisation, privatisation of State-owned assets and absence of corruption should result in economic development. None of these conditions were present in China: property rights appeared to be neither stable nor clear, corruption was widespread, and the government was involved in all sectors of the economy. This research draws on the findings of the political economy school to question the validity of the incomplete analysis of the consensus and to show how China's institutions learned the historical lesson of capitalism: property rights were unstable and horizontally unclear but vertically clear, and the state could guide the capitalist transition because the patron-client framework with the Party as the political economy residual claimant was compatible with the costs and benefits related to the rise of market activities.
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ROSSIGNOLI, DOMENICO. "DEMOCRACY, INSTITUTIONS AND GROWTH: EXPLORING THE BLACK BOX." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2013. http://hdl.handle.net/10280/1870.

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Abstract:
La letteratura economica e politologica evidenzia un ampio consenso sull’esistenza di un effetto positivo sulla crescita di lungo periodo da parte di diritti di proprietà, stato di diritto e, in generale, istituzioni economiche. Contestualmente, il rapporto tra democrazia e crescita rimane teoricamente poco chiaro mentre l'evidenza empirica è in gran parte inconcludente. Questo studio cerca di riconciliare i fatti stilizzati su crescita e democrazia qui evidenziati, che dimostrano l'esistenza di un "successo sinergico" negli ultimi trent'anni, con la teoria esistente e l’evidenza empirica. Dopo aver dettagliatamente scandagliato la letteratura esistente, questo studio suggerisce che l’effetto della democrazia sulla crescita di lungo periodo sia indiretto, mediato dalle istituzioni. Per testare questa ipotesi si propone un modello di analisi originale, applicato ad un panel di 194 paesi osservati nel periodo 1961-2010, utilizzando lo stimatore System-GMM e una vasta gamma di controlli. I risultati dell’analisi suggeriscono che la democrazia è positivamente correlata a istituzioni “più favorevoli” alla crescita economica, in particolare diritti di proprietà e stato di diritto. Inoltre, l’evidenza empirica supporta la tesi di un effetto indiretto complessivamente positivo della democrazia sulla crescita. Infine, si propone uno sviluppo ulteriore dell’analisi, concentrato sulle determinanti della democrazia, ricercando possibili concause nell’interazione con i processi economici.
Economic and political science literature show a wide consensus about the positive effect of property rights, contract enforcing arrangements and, more generally, economic institutions to long-run growth. Conversely, the linkage between democracy and growth remains unclear and not conclusively supported by empirical research. This work is an attempt to reconcile the stylized facts about democracy and growth –evidencing a long-run “synergic success” between the two terms – with theoretical and empirical literature. After thoroughly surveying the relevant literature on the topic, this study claims that the effect of democracy on long-run growth is indirect, channeled by the means of institutions. To test this hypothesis, the thesis provides an original analytical framework which is applied to a panel of 194 countries over the period 1961-2010, adopting a System-GMM estimation technique and a wide range of robustness controls. The results suggest that democracy is positively related to “better” (namely more growth-enhancing) institutions, especially with respect to economic institutions and rule of law. Hence, the findings suggest that the overall effect on growth is positive, indirect and channeled by institutions. However, since the results are not completely conclusive, a further investigation is suggested, on further determinants of democracy, potentially affecting its pro-growth effect.
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ROSSIGNOLI, DOMENICO. "DEMOCRACY, INSTITUTIONS AND GROWTH: EXPLORING THE BLACK BOX." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2013. http://hdl.handle.net/10280/1870.

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Abstract:
La letteratura economica e politologica evidenzia un ampio consenso sull’esistenza di un effetto positivo sulla crescita di lungo periodo da parte di diritti di proprietà, stato di diritto e, in generale, istituzioni economiche. Contestualmente, il rapporto tra democrazia e crescita rimane teoricamente poco chiaro mentre l'evidenza empirica è in gran parte inconcludente. Questo studio cerca di riconciliare i fatti stilizzati su crescita e democrazia qui evidenziati, che dimostrano l'esistenza di un "successo sinergico" negli ultimi trent'anni, con la teoria esistente e l’evidenza empirica. Dopo aver dettagliatamente scandagliato la letteratura esistente, questo studio suggerisce che l’effetto della democrazia sulla crescita di lungo periodo sia indiretto, mediato dalle istituzioni. Per testare questa ipotesi si propone un modello di analisi originale, applicato ad un panel di 194 paesi osservati nel periodo 1961-2010, utilizzando lo stimatore System-GMM e una vasta gamma di controlli. I risultati dell’analisi suggeriscono che la democrazia è positivamente correlata a istituzioni “più favorevoli” alla crescita economica, in particolare diritti di proprietà e stato di diritto. Inoltre, l’evidenza empirica supporta la tesi di un effetto indiretto complessivamente positivo della democrazia sulla crescita. Infine, si propone uno sviluppo ulteriore dell’analisi, concentrato sulle determinanti della democrazia, ricercando possibili concause nell’interazione con i processi economici.
Economic and political science literature show a wide consensus about the positive effect of property rights, contract enforcing arrangements and, more generally, economic institutions to long-run growth. Conversely, the linkage between democracy and growth remains unclear and not conclusively supported by empirical research. This work is an attempt to reconcile the stylized facts about democracy and growth –evidencing a long-run “synergic success” between the two terms – with theoretical and empirical literature. After thoroughly surveying the relevant literature on the topic, this study claims that the effect of democracy on long-run growth is indirect, channeled by the means of institutions. To test this hypothesis, the thesis provides an original analytical framework which is applied to a panel of 194 countries over the period 1961-2010, adopting a System-GMM estimation technique and a wide range of robustness controls. The results suggest that democracy is positively related to “better” (namely more growth-enhancing) institutions, especially with respect to economic institutions and rule of law. Hence, the findings suggest that the overall effect on growth is positive, indirect and channeled by institutions. However, since the results are not completely conclusive, a further investigation is suggested, on further determinants of democracy, potentially affecting its pro-growth effect.
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D'ADDAZIO, ALESSIA. "I diritti di proprietà intellettuale alla prova del tempo. Caratteri e struttura della tutela cautelare." Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/11573/1636631.

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Abstract:
l presente lavoro si propone di indagare gli aspetti peculiari della tutela cautelare nel settore del diritto della proprietà intellettuale, nel quale sono state previste molteplici regole specifiche e configurate misure tipiche che definiscono un quadro di ius speciale, pur sempre variamente inserito nella cornice delle norme processuali comuni. In particolare, alcuni istituti che generano dubbi di inquadramento sistematico o di compatibilità con la disciplina comunitaria e internazionale vengono analizzati più da vicino per individuarne la portata e la tenuta. Al pari, si presta attenzione alla fisionomia e al contenuto degli strumenti di tutela cautelare chiamati a proteggere i diritti violati nello spazio telematico; lo sviluppo tecnologico che interessa la presente era digitale richiede, infatti, un ripensamento degli istituti, affinché siano in grado di fronteggiare la simultanea e “invisibile” trasmissione di contenuti, merci e servizi, che supera gli schemi classici della circolazione. Il fattore tempo diventa la chiave per garantire effettività alla tutela, che, per alcune situazioni, ancorché intrinsecamente instabile, potrebbe in sede cautelare già soddisfare pienamente le esigenze e la richiesta del titolare del diritto. Lo studio si conclude con l’esposizione di una casistica inerente ad alcuni temi di spicco, frutto di una ricerca condotta presso la sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale di Roma.
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ROMANO, RAMON. "Abuso del diritto ed innovazione. Un percorso ermeneutico intorno alla proprietà intellettuale." Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/2158/1077818.

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PAOLETTI, ARIANNA. "La tutela della concorrenza e la tutela brevettuale nel settore farmaceutico tra esigenze di contemperamento e prospettive future." Doctoral thesis, 2023. https://hdl.handle.net/11573/1668399.

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Abstract:
Il presente lavoro si concentra sull’analisi della tutela della concorrenza e della tutela brevettuale nel settore farmaceutico, cercando di analizzare i tentativi posti in essere dai Legislatori nazionale ed eurounitario, nonché dalla giurisprudenza interna e sovranazionale, di contemperare questi due “poli”, che appaiono così distanti tra loro ma che devono necessariamente trovare il modo di convivere nell’ambito dell’assistenza farmaceutica.
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MARINI, MARCO. "Diritti di proprietà e mercato del prodotto: l'interazione strategica." Doctoral thesis, 1994. http://hdl.handle.net/11576/2511012.

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MARINI, MARCO. "Diritti di proprietà e mercato del prodotto: l'interazione strategica Tesi di Dottorato in Economia Politica V CICLO, Università di Roma La Sapienza." Doctoral thesis, 1993. http://hdl.handle.net/11573/473163.

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NIOLA, FRANCESCA. "AMBIENTE, VALORE COSTITUZIONALE - CRISI DEL SISTEMA E PROSPETTIVE DI TUTELA." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11573/1070763.

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Abstract:
La tutela ambientale è un valore costituzionale. Se tale concetto oggi risulta acclarato e generalmente riconosciuto nell’ ordinamento giuridico, ci si rende conto di quanto tale materia sia continuamente in evoluzione e offra all'interprete sempre numerose e progressive occasioni di dibattito ed approfondimento. Il dato che emerge in modo lampante dalla realtà fattuale e dalla ricostruzione giuridica mostra come la materia ambientale sia poliedrica e spendibile in diversi settori dell'ordinamento coinvolgendo di volta in volta posizioni giuridiche ed interessi meritevoli di tutela seppur di varia e non omogenea natura. Ne consegue che, sebbene la tutela dell’ambiente sia spesso oggetto di interventi dal legislatore, risulta frammentaria e iperspecializzata. La ragione di detta tendenza è riscontrabile nella continua evoluzione che il concetto di ambiente ha subito nel corso dei decenni. L’oggetto del presente lavoro è individuare, attraverso un’analisi multi-direzionale, i confini costituzionali della tutela ambientale, in particolare in rapporto alla crescita ed allo sviluppo dell’individuo Analizzare la materia ambientale sotto il profilo costituzionale comporta innanzitutto inquadrarla tra i Principi fondamentali, dando conto della interpretazione evolutiva dell’articolo 9 della Costituzione. Vuol dire altresì descriverla non in termini assoluti e statici, ma sottolinerarne essenzialmente gli opposti caratteri dinamici i quali consentono alla materia in esame di intersecarsi e combinarsi con numerosi diritti e libertà. Ciò, se da un lato fonda il suo carattere composito e complesso, dall’altro pone un problema di tutela generale, talchè risulta arduo riscontrare nel nostro ordinamento, nonostante l’intervento allocativo del Codice dell’Ambiente, l’esistenza di una tutela prodromica dell'ambiente, considerato in assoluto, che abbia carattere di sistematicità ed astrattezza. Ragionare, in chiave costituzionale, di ambiente significa innanzitutto approfondire e bilanciare il problema delle competenze e delle attribuzioni nei diversi livelli di governo con la necessità di chiarire la natura stessa dell'ambiente all'interno dell'ordinamento costituzionale. Ciò stimola la ricerca in due direzioni opposte: verso il passato, attraverso l'analisi delle fonti costituzionali al fine di trovare un concetto unitario di ambiente e verso il futuro, ipotizzando nuovi e conseguenti scenari di tutela. Sotto il primo aspetto la ricerca si è in via prioritaria concentrata sulla ricerca e l'analisi del concetto di ambiente all'interno del testo costituzionale; in particolare ci si è chiesto quale fosse la ragione del mancato inserimento dello stesso termine <> nelle disposizioni della Costituzione. Per rispondere a tale interrogativo è stata adottata una metodologia tradizionale di analisi sistematica delle fonti giuridiche a disposizione: attraverso la ricostruzione dettagliata dei lavori preparatori e delle discussioni in Assemblea costituente intorno all'art 9 Cost. è stato possibile definire l'humus entro il quale si sono sviluppati i cardini costituzionali della tutela ambientale. Ne è criticamente emerso come la nozione di <> abbia per lungo tempo descritto gli argini della materia in parola: da un lato la necessità di sottolineare l'importanza di tutelare le <> dimostrata dalla collocazione della disposizione tra i principi fondamentali fortemente discussa in Assemblea costituente; dall'altro la caratterizzazione di detta tutela solo in termini estetico-formalistici. Se infatti si sposta per un attimo l'attenzione alla norma contenuta nell’art 44 Cost. , la quale fonda il principio del razionale sfruttamento del suolo, ci si rende conto di come la sensibilità giuridica dei Costituenti fosse tesa a distinguere aprioristicamente i concetti di paesaggio, inteso come insieme delle bellezze naturali identificative della Nazione e di suolo, inteso invece in senso produttivo come spazio aggredibile dalla proprietà privata per lo sfruttamento delle risorse. Tale concezione emerge soprattutto nella produzione dottrinale che fino agli anni Settanta circa si occupa di individuare i confini della tutela galvanizzandone specificamente gli aspetti estetico-formalistici ed le competenze statali in materia protezione delle bellezze naturali. L'analisi storica che ne consegue è pertanto tesa ad approfondire le fasi dell'evoluzione del concetto di ambiente da bene costituzionalmente protetto a valore costituzionale; ne è emerso come la tutela profferta dall'ordinamento italiano risulti problematicamente peculiare nel panorama delle esperienze costituzionali analizzate, le quali predispongono, in modo piuttosto omogeneo e costante, la definizione aprioristica della tutela ambientale o attraverso l’inserimento esplicito nel disposto costituzionale o attraverso un intervento di legislazione ordinaria. È opportuno precisare che la disciplina costituzionale italiana ha subito un'importante evoluzione con la riforma del Titolo V, occasione che ha visto l'inserimento espresso della tutela ambientale nel testo della Costituzione. Ciò ha sicuramente contribuito a superare la primordiale contrapposizione tra posizioni centraliste e regionaliste emerse agli albori della discussione tra i costituenti: elemento cardine della nuova impostazione della tutela ambientale è la sua trasversalità. Essa di qualifica in senso formale, quale criterio a governo delle competenze ex art 117 Cost, ma anche in senso sostanziale, quale sostrato dinamico dell’intersecarsi di molteplici materie ed interessi. Se infatti questi trovano negli equilibri del cd. Stato apparato, i fondamenti positivi della corrispondente tutela, la costituzionalizzazione della materia ambientale pone la necessità di uno sforzo ulteriore: l’inquadramento all’interno dei meccanismi dello Stato – comunità. In tale prospettiva affiora il collegamento tra l’individuo e l’ambiente. I costanti dibattiti tra le tesi antropo-centriste e quelle eco-centriste circa l’ individuazione dell’interesse tutelabile e le critiche recenti sulla frammentazione della tutela ambientale in piccoli interessi meritevoli di tutela ( quali il diritto all’informazione ambientale, il diritto ad un ambiente salubre) ruotano in effetti intorno al carattere inafferrabile dell’ambiente. La ricerca si pone quindi l’obiettivo di superare tale difficoltà innanzitutto ricercando nel panorama costituzionale, compulsato da un’ondivaga produzione dottrinale e di una costante ricostruzione giurisprudenziale, quelle occasioni di trasposizione sistematica e concreta della tutela ambientale. In particolare rifuggendo dalla pretesa di <> il concetto di ambiente da valore costituzionale a mero oggetto di diritto o bene materiale si cerca di ipotizzare l’esistenza di una posizione giuridica soggettiva in grado di tradurre la simbiosi uomo – natura che costituisce il fermo fondamento ontologico dell’articolo 9 (e delle relative combinazioni con altre norme di rango costituzionale). Si pone quindi come ipotesi che l’unico elemento in grado di descrivere a tinte forti l’evanescenza del concetto di ambiente è il territorio. Esso costituisce la forma dell’ambiente sulla quale agisce l’intervento umano e lo spazio della cittadinanza, talchè il governo del territorio diventa il governo dell’ambiente. Ciò consente di verificare l’esistenza di posizioni giuridiche immediatamente incidenti o derivanti dalle azioni amministrative su di esso eseguite e degli interventi legislativi che ne sono alla base al fine di (di)mostrare quanto la materia ambientale sia in grado di coinvolgere numerosi settori giuridici (si pensi ai diritti di partecipazione o di informazione ambientale o all’urbanistica). In particolare si sposa la tesi per cui il territorio, quale forma dell’ambiente, sia un bene collettivo: in tale chiave si analizza il dibattito, di recente riaperto da nuovi stimoli, tra beni comuni e la proprietà collettiva. L’idea primigenia è che la tutela dell’ambiente-territorio fonda una pretesa di giustizia dell’individuo, non assoluto, ma all’interno della comunità nella quale si sviluppa. La crisi massima del sistema sin ora descritto è rappresentata dalle emergenze ambientali, o, più correttamente, dalla tecnica legislativa di tutela dell’ambiente in situazioni di emergenza, quali in particolare, il caso Rifiuti in Campania o l’Ilva a Taranto. Il continuo ricorso alla norma straordinaria ha creato e cristallizzato un sistema alternativo di tutela dell’ambiente fondato solo su ragioni di necessità ed urgenza e, di fatto, l’avocazione del governo del territorio al livello centrale, quale criterio solutore dell’emergenza, ha interrotto la relazione simbiotica tra ambiente – territorio – cittadinanza che fonda la natura costituzionale del <> ambiente. Se, infine, la ricerca analizza le crisi dell’attuale sistema di tutela ambientale, dall’altro lato prova a immaginare nuove forme di garanzia: attraverso il ribaltamento della tradizionale concezione dell’ambiente come valore astratto, l’ esame volge a tendenze prospettiche de iure condendo ipotizzando la traduzione della detta relazione triadica in un diritto dell’individuo allo sviluppo sostenibile.
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IAMMARINO, Debora. "Danno ambientale e responsabilità nella gestione dei rifiuti." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251115.

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Abstract:
La disciplina del danno ambientale è stata oggetto di diverse e numerose modifiche nel corso degli anni, sia a livello nazionale che europeo. Regolata in Italia, per la prima volta, dalla L. 349/1986 che, all’art. 18, prevedeva la risarcibilità del danno ambientale indipendentemente dalla violazione di altri diritti individuali come la proprietà privata o la salute. In ambito Europeo il primo intervento si è avuto con l’adozione della Direttiva 2004/35/CE sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale. La Direttiva è stata poi recepita in Italia con il D.Lgs. n. 152/2006, che nella Parte Sesta si occupa puntualmente di responsabilità per inquinamento ambientale. Tuttavia, le principali novità della normativa comunitaria con riferimento al regime di responsabilità per attività inquinanti nei confronti dei beni ambientali, non sono state immediatamente riprese in modo adeguato dalla normativa italiana, motivo per cui sono state emanate due procedure di infrazione nei confronti del Governo italiano che, per correre ai ripari, in un primo momento, ha approvato il D.l. 135/2009 introduttivo di nuovi criteri per il ripristino del danno ambientale e successivamente il legislatore è intervenuto con la Legge n. 97/2013 in materia di misure di risarcimento del danno e in materia di criteri di imputazione delle responsabilità. Tuttavia, l’assetto dei criteri di imputazione delle responsabilità è stato più volte oggetto degli interventi interpretativi della giurisprudenza che hanno delineato un quadro molto più rispondente alle istanze di origine comunitaria e ai principi del diritto europeo. All’interno di questo quadro più ampio si inserisce la questione della Gestione dei rifiuti, anch’essa oggetto di svariate modifiche normative volte sempre di più ad una tutela ambientale maggiore e prioritaria, attraverso metodi e tecniche in grado di ridurre la produzione dei rifiuti, l’introduzione del concetto di riduzione, prevenzione e recupero, riciclo e solo in ultimo lo smaltimento. Ruolo centrale assume in questo ambito l’attribuzione delle relative responsabilità in capo ai vari soggetti che si occupano della gestione dei rifiuti, pertanto nell’ultimo capitolo, si analizzeranno le diverse forme di responsabilità degli stessi e si darà conto dei principali interventi giurisprudenziali e della diverse interpretazioni dottrinali che hanno interessato la materia negli ultimi anni.
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