Dissertations / Theses on the topic 'Diritti culturali'
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FERRI, Marcella. "La tutela dei diritti culturali nel diritto internazionale dei diritti umani." Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2013. http://hdl.handle.net/10446/28977.
Full textDELLI, QUADRI Alessandra. "La (po)etica del mais. Diritti culturali ed epistemologia della cosmovisione maya." Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2013. http://hdl.handle.net/10446/28974.
Full textFurlan, Clara <1995>. "Donne, diritti e violazioni. La questione femminile nella società Post-Jugoslava." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19695.
Full textPICCO, Valentina. "Schiavitù e identità culturale: possono i diritti culturali diventare strumento di riappropriazione della libertà da parte della popolazione mauritana?" Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2012. http://hdl.handle.net/10446/26724.
Full textMandrioli, Elisabetta. "La valutazione degli interventi per la promozione dei diritti e dei doveri sociali: il contributo del volontariato." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3421581.
Full textQuesta tesi di dottorato si propone di offrire un contributo conoscitivo rispetto a due aree di indagine, tra loro connesse: come il volontariato organizzato interpreta oggi il proprio ruolo di tutela dei bisogni delle persone più svantaggiate, di promozione e difesa dei loro diritti, e che supporto ne trae, o potrebbe trarne, dalla valutazione dei risultati degli interventi realizzati, soprattutto per quanto riguarda la loro efficacia e il loro impatto sociale. Inoltre, il lavoro intende portare un contributo alla riflessione sui metodi di valutazione in ambito sociale, attraverso due applicazioni degli “esperimenti di scelta”. L’obiettivo è duplice: da un lato, approfondirne le condizioni di utilizzo in campo sociale, esplorandone potenzialità e limiti; dall’altro, ottenere informazioni aggiuntive sui valori che orientano l’azione dei volontari e comprendere se simulazioni di scenario - intese come valutazione prospettica - possano favorire lo sviluppo di ipotesi da sottoporre a successiva verifica (contributo in termini di valutazione preventiva di impatto). I risultati provengono da tre studi, realizzati nel 2009-2010, che offrono una lettura dei temi oggetto di indagine da un triplice punto di osservazione: quello dei testimoni privilegiati del mondo del volontariato; quello dei volontari; quello dei Centri di servizio per il volontariato, che a loro volta hanno valutato l’impatto dei progetti finanziati attraverso la rilevazione e il confronto dei punti di vista di tre soggetti: le organizzazioni di volontariato beneficiarie dei finanziamenti, i destinatari dei servizi realizzati dalle organizzazioni, i rappresentanti del welfare locale. Per la rilevazione dei dati si è fatto uso di metodi e strumenti quantitativi e qualitativi e degli esperimenti di scelta. I risultati ottenuti suggeriscono che per riaffermare la centralità dell’interesse generale e del bene comune e riportare al centro dell’attenzione la dimensione dell’uguaglianza, della solidarietà e dei comuni diritti di cittadinanza, il volontariato deve interagire con le istituzioni, fungendo da stimolo e coscienza critica rispetto alle situazioni di emarginazione, partecipando attivamente alla programmazione dei servizi e agendo in rete per aumentare la propria forza operativa e strategica, sempre nel rispetto del proprio ruolo e della propria autonomia, evitando rischi di strumentalizzazione o di istituzionalizzazione. I risultati mostrano anche come nel volontariato non ci sia ancora una diffusa consapevolezza dell’importanza di valutare gli esiti del proprio operato, con metodi e strumenti idonei, sebbene l’esigenza cominci ad essere avvertita, soprattutto dalle punte più avanzate del volontariato, ma anche dai soggetti finanziatori. Fare valutazione delle attività realizzate in termini di efficacia e di impatto sociale qualifica l’azione delle associazioni sul piano dell’operatività, della trasparenza e della responsabilità, perché permette loro di identificare le priorità di intervento, programmare le risposte in base ai reali bisogni delle persone e delle comunità, rafforzare la propria credibilità, creare sistemi di fiducia con le istituzioni e gli altri attori del territorio, ampliare gli spazi di influenza sociale. Per quanto concerne la riflessione metodologica, il percorso avviato con il contributo degli esperimenti di scelta appare positivo sia dal punto di vista dei risultati ottenuti, per la loro portata informativa, sia per quanto riguarda la trasferibilità del metodo ad ambiti di applicazione non consolidati, sia per l’apporto in termini di valutazione preventiva di impatto. Permangono invece alcune riserve in relazione alla fruibilità dello strumento, che risulta complesso e di difficile comprensione per alcune categorie di persone. Anche per questo sono auspicabili ulteriori riflessioni e approfondimenti che proseguano la strada intrapresa.
Galbersanini, C. "TUTELA E VALORIZZAZIONE DELLA DIVERSITÀ CULTURALE NELLA COSTITUZIONE PLURALISTA." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2016. http://hdl.handle.net/2434/351090.
Full textSredanovic, Djordje. "Diventare cittadini, rimanere cittadini: Concezioni della cittadinanza e biografie di diritti di migranti e operai locali a Ferrara." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422542.
Full textQuesta ricerca si focalizza sul concetto di cittadinanza, visto, nella sua dimensione interna, come un insieme di diritti, e, nella sua dimensione esterna, come uno status formale delimitato da leggi nazionali sulla cittadinanza e sulla naturalizzazione. È basata principalmente su 60 interviste in profondità raccolte nella provincia di Ferrara, di cui 25 con migranti di quattro paesi differenti (Marocco, Ucraina, Libano e Giordania-Palestina), 25 con operai o ex-operai locali di tre differenti siti produttivi (lo zuccherificio ed il petrolchimico di Ferrara e una fabbrica metalmeccanica della provincia), e 10 con attivisti di tre associazioni nel campo delle migrazioni, di cui 5 locali e 5 migranti. Le interviste hanno ricostruito biografie di diritti, chiedendo agli operai locali come i loro diritti sono cambiati da quando hanno cominciato a lavorare, e ai migranti come i loro diritti sono cambiati dall’arrivo in Italia. La seconda parte dell’intervista ho chiesto a tutti gli intervistati cosa pensassero dell’attuale legge italiana sulla naturalizzazione, e se e come avrebbero voluto che cambiasse. Più in generale, ho chiesto chi e come secondo la loro opinione avrebbe dovuto avere la possibilità di diventare cittadino italiano. Le biografie dei migranti hanno evidenziato una traiettoria collettiva dei diritti declinante, causata da una legislazione sull’immigrazione sempre più restrittiva, ma hanno evidenziato anche traiettorie individuali differenziate che possono essere influenzate da differenti tipi di progetto migratorio, differenti risorse a disposizione e da momenti biografici determinanti. Le biografie degli operai hanno a loro volta evidenziato come la legislazione sul diritto del lavoro abbia ridotto i diritti in maniera congruente con quanto postulato dalla teoria del post-fordismo, ma anche come diverse categorie di lavoratori hanno avuto traiettorie diverse, legate a differenti contratti di categoria, organizzazione della fabbrica e attività sindacale. Se la legge attuale richiede dieci anni di residenza, assenza di precedenti penali e un reddito sufficiente negli ultimi tre anni, la maggior parte degli operai intervistati si è focalizzato su aspetti economici, indicando requisiti come la disponibilità di lavoro e la casa, e dando meno importanza a requisiti culturali o di residenza. Tra i migranti, invece, alcuni pensavano che avrebbero dovuto essere introdotti dei test di lingua e cultura, mentre altri pensavano che requisiti ridotti di residenza e l’assenza di precedenti penali sarebbero stati sufficienti. La maggioranza degli intervistati riteneva che fosse necessaria la cittadinanza alla nascita (o quasi) per i bambini nati in Italia da non-cittadini. Tentando un’analisi sintetica ho identificato un modello di cittadinanza basato sul comportamento conforme alla legge, che era presente in quasi tutte le interviste, un modello culturale, presente soprattutto presso alcuni migranti, che vedeva la cittadinanza come basata su una competenza e identità culturale, e un modello economico di cittadinanza. Quest’ultimo ha due varianti: “lavoro come dovere”, il meno frequente, si basa sull’idea che ogni nuovo cittadino dovrebbe essere un lavoratore attivo e contribuire alla tassazione generale, mentre il modello “diritti basati sul lavoro” si basa sul principio che ogni lavoratore debba avere dei diritti garantiti a prescindere da altre considerazioni.
Mattioni, Matteo. "Diritto di famiglia e minoranze culturali." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3423970.
Full textIl presente lavoro mira a indagare il tema dell’efficacia nell’ordinamento italiano di istituti “alieni” in materia familiare e, in particolare, di quelli proprî delle minoranze culturali più rappresentate sul territorio nazionale, di cui la nostra giurisprudenza si è maggiormente occupata. Premessa una sintetica ricostruzione in chiave storica della tutela giuridica delle minoranze in ambito nazionale e sovranazionale, l’indagine si articola sul terreno del diritto privato. L’ambito della ricerca è suddiviso nei due settori corrispondenti alla tradizionale partizione del diritto di famiglia: quello dei rapporti tra coniugi e quello rapporti tra genitori e figli. Vengono quindi in considerazione, anzitutto, i rapporti tra gli individui costituenti il nucleo fondamentale della famiglia. In primo luogo, l’analisi è dedicata al problema della libertà matrimoniale, emergente dal contrasto tra il principio della libera volontà nuziale e la realtà delle unioni programmate o forzate. Si passa quindi all’esame del fenomeno delle unioni poligamiche, venuto all’attenzione della giurisprudenza soprattutto ai fini del ricongiungimento familiare. Infine, viene analizzato l’istituto del ripudio, suscettibile di dispiegare taluni limitati effetti nell’ordinamento italiano. La seconda parte della tesi è dedicata allo status dei minori appartenenti alle minoranze culturali. L’indagine è condotta, prima, con riferimento alle forme “extraconvenzionali” di adozione e affidamento: in particolare, viene presa in considerazione la giurisprudenza riguardante la kafalah di diritto islamico. In secondo luogo, sono analizzati i profili di disciplina in tema di istruzione ed educazione dei minori, specialmente a proposito del problema della libertà religiosa. Il lavoro pone in luce l’assoluta centralità del concetto di ordine pubblico, nel quale si identifica il vero fulcro del problema giuridico delle minoranze culturali: ogni possibile approccio politico alla questione si traduce, in definitiva, in differenti modulazioni di tale concetto, il quale rappresenta il limite opposto dall’ordinamento al dispiegamento al proprio interno di effetti giuridici da parte di fattispecie connotate da elementi di estraneità.
Granata, Gianluca <1992>. "IL DIRITTO INTERNAZIONALE APPLICATO ALLE INDUSTRIE CULTURALI." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17134.
Full textPaladino, Alessandra. "Identità culturale e diritto penale. Riflessioni sul reato culturalmente motivato." Doctoral thesis, Università di Catania, 2014. http://hdl.handle.net/10761/1621.
Full textGAY, Petra. "MOVIMENTI MIGRATORI E REATI CULTURALI IL DIRITTO PENALE NELL'EUROPA DEI MIGRANTI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2014. http://hdl.handle.net/10447/90872.
Full textThe research focuses on culturally motivated crimes related to migratory flows in the European area. A cultural offence is defined as an act by a member of a minority culture, which is considered an offence by the legal system of the dominant culture; that same act is nevertheless, within the cultural group of the offender, condoned, accepted as normal behaviour and approved or even endorsed and promoted in the given situation. The specific focus on immigration means that the research does not analyse crimes committed by native minorities. Moreover, crimes related to illegal immigration and transnational terrorism are not part of the dissertation. Thus, the specific type of cultural offences analysed in the research can be defined as the immigrant’s behaviours that is normal, approved or promoted in his/her culture, but is considered offences in the State where he/she lives. The first chapter of the thesis is devoted to defining the notion of cultural crimes and cultural defence, and to outline the research analysis. This chapter acknowledges the difficulties encountered in defining the concepts of culture and cultural custom. The purpose of the research is to evaluate to what extent the fact that the defendant based his/her actions on a cultural norm can be taken into account in determining his/her responsibility within the criminal legal system of the country where the action takes place. Many different behaviours can be linked to cultural crimes and in all these circumstances there is the need to find a balance between fundamental rights protected by the domestic legal system and the specificity rights of minority groups. Consider the case of female genital mutilations, rape before wedding, or polygamy. These acts – even if they are (still) permitted in the country of the immigrant – may be considered offences in the country where the immigrant lives. Due to the immigration phenomenon related to the process of European and international integration, people coming from really different cultural backgrounds live together and nowadays the cultural crime rate has become one of the most problematic and debated legal issues. Furthermore with the gradual European enlargement more and more countries have had to face with problems related to multiculturalism. Immigration and multicultural society are often considered as a challenge for the criminal law, which is one of the more resistant areas of the whole legal system and opposes the process of European and international integration. This happens because the criminal law mirrors the essential nature of a country through the choice of the acts that are considered offences in the national territory. This choice is deeply influenced by the cultural background of the country and the criminal law is part of the cultural baggage of the immigrant. When people immigrate they bring with themselves the awareness that a behaviour is considered an offence in their country and they may not know or understand what is considered an offence in the country where they decide to live. Culturally motivated crimes stem from a conflict between the immigrant and the legal system of the country where he/she decides to live, between a cultural norm and a legal standard. With this regard, Van Broeck noted that the cultural offence has to be caused directly by the fact that the minority group the offender is a member of uses a different set of moral norms when dealing with the situation in which the offender was placed when he committed the offence: the conflict of divergent legal cultures has to be the direct cause of the offence. The research analyses how legislator and judges deal with cultural offences in Italy (Chapter II) and in the United Kingdom (Chapter III). For a long time Italy has been the starting point for immigrants and only in the last thirty years it has become their destination. For this reason the problem of determining the relevance of the cultural factor on the structure of an offence is more recent in Italy than in the United Kingdom, where the multicultural society is the result of the long story of the colonialism and the Commonwealth of Nations. Furthermore, the Italian system of handling cultural diversity is basically considered an example of assimilationism while the English one is considered an example of multiculturalism. This means that in the United Kingdom, more than in Italy, the legislation aims at preserving minority customs. In addition to the analysis of the Italian and the English systems, also the experience of France, of the United States and of Canada has been essential for the research. In the European context the French system is considered the best example of assimilationism. The law banning the wearing of a niqab or full-face veil in public is the clearest instance of this approach to different cultures which is usually regarded as gallicization of immigrants. The United States, often considered the multicultural society par excellence, are the birthplace of the debate about the cultural defence. In the international context Canada is considered an example of a multicultural system: multiculturalism is mentioned in the Canadian Charter of Rights and Freedoms of 1982 and since the 90’s the circle sentencing can be used to solve disputes in the Inuit group with the participation of members of the community in addition to the judges. Furthermore, in the same period the Canadian court formalized for the first time the distinctive cultural test. The comparison between the Italian and the English systems in handling cultural differences deriving from immigration and all the references to the American, Canadian and French systems allow the research to adopt a more general point of view in analysing cultural crimes. Trials concerning culturally motivated crimes often give evidence of a difficulty in immigrants’ integration; an issue that is not only a cultural problem, but primarily a social dilemma. From this point of view what happens in courtrooms becomes a device to evaluate a state immigration policy. The purpose of the research is to identify useful tools to manage cultural offences, finding a balance between victims’ fundamental rights and the cultural specificity of a minority group. The first conclusion reached in the dissertation regards the impossibility to provide a general relevance to the cultural factor in the criminal system, so that it is not possible to introduce a cultural defence. Many different behaviours can be considered cultural offences and it is not possible to treat as homogeneous a broad range of acts. At the same time, also the introduction of type of offences to criminalize a specific cultural practice is not the right way to solve the problem of the cultural factor in the structure of the offence. First of all there would be many problems in identifying a cultural practice, because it is really hard to recognize which behaviour can be related to the cultural background of the minority group of the defendant. Moreover, as can be noticed when problems concerning the criminalization of the female genital mutilation in Italy and the United Kingdom are analysed, this way seems almost useless. A good option is to adopt methods which do not impose a penalty to the defendant, taking into account his/her cultural background in certain circumstances. This can be done using the absolute discharge of the English legal system or the category of the cause di non punibilità of the Italian one. In this case the chance not to impose a penalty to an immigrant defendant can be achieved without any consequence on the nature of offence of the behaviour in the legal system of the country where he/she decides to live. In a similar way in the Italian system it could be difficult to find the parliamentary majority to approve a legislation introducing the specific causa di non punibilità. Thus, the more practicable solution concerns the judges’ activity. In this case, there is the need to avoid that the cultural factor is used contra reum worsening, for instance, the penalty. This modus operandi would not be fair because in the case of actions determined by a cultural norm commonly accepted by a minority group, the degree of reproach of these behaviours should be alleviated. In order to avoid that the cultural factor could be taken into account contra reum the first thing to do is to sensitize judges to the problems of the criminal law in a multicultural society. With this regard, the research analyses some tools used in the analised systems: in particular, the English Equal Treatment Bench Book, the Canadian system of the circle sentencing and the possibility, as in the French legislation, to integrate the judging body with lay judges in trials concerning cultural offences. The most workable solution is the Equal Treatment Bench Book, a guide for judges, magistrates, and all other judicial office-holders to handle cultural differences in trials. This English vademecum is not immediately importable in other European countries. In fact, it is not enough to translate it to solve the problem of sensitizing judges in so different legal systems. Thus, it is necessary to adopt a document like the English Bench Book in every country where immigration puts cultural offences on the agenda. From this point of view the research gives some hints about the drawing up of this vademecum. In conclusion it is possible to affirm that the correct way to approach cultural offences committed by immigrants is to understand that prevention is better than cure. Surely, it is important to pay attention to the role of judges and to the tools they can use in handling criminal offences. It is even truer that all the policies for the integration of the multicultural society are the most important instrument to determine the balance between fundamental rights and specificity rights of minority groups, that is also the key to handle cultural crimes.
SGARAMELLA, TERESA MARIA. "I SERVIZI PUBBLICI NEL WELFARE CULTURALE: INTEGRAZIONE FRA CULTURA E SALUTE." Doctoral thesis, Università degli studi della Basilicata, 2022. https://hdl.handle.net/11563/162666.
Full textBELOTTI, Francesca. "Il diritto al patrimonio culturale. Il caso di Sétif (Algeria)." Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2014. http://hdl.handle.net/10446/30375.
Full textVARESANO, BRIGIDA. "I CRIMINI CONTRO IL PATRIMONIO CULTURALE: NUOVE PROSPETTIVE DI TUTELA DEI DIRITTI UMANI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2020. http://hdl.handle.net/2434/791194.
Full textThe principle of individual criminal responsibility plays a crucial role among all the different strategies to face the manifold criminal phenomena which currently undermine cultural heritage. Against the recent historical background, where the cultural heritage has been intentionally injured because of iconoclastic waves, the present research pursues a main objective, which can be summarized into the following query: is it possible to affirm the consolidation of the principle of the individual criminal responsibility vis-à-vis the intentional destruction of cultural property committed during peace time? In order to solve this question, the research follows the reasoning adopted by international criminal courts in order to affirm the principle of individual criminal responsibility for violations of international law. In particular the present work, which consists of two parts, aims to ascertain the fulfillment of the three criteria enunciated by the international criminal courts: (a) the existence of rules of international law laying down a specific obligation to protect cultural property; (b) the production of serious consequences in case of violation of such rules; (c) the generalized criminalization, into national legal systems, of a such offence. Consequently, the first part of the work – of an introductive character – is addressed to a systematic overview of the relevant legal framework, whose evolution highlights how the international tools have been characterized by either a progressive extension of cultural good notion, or an evolution of the pursued ratio legis. Therefore, the analysis takes moves from the ius in bello norms which have granted an immunity to cultural property, based on its civilian character and aiming to prevent those damages which are typically caused by armed conflicts. Finally, and especially, it considers those norms of a wider scope which – embracing the broader notion of cultural heritage – have interpreted the cultural property protection as a constituent part of the human rights protection system. Thus, addressing the attention on the most recent achievements of this evolutional process, the research turns to those legal instruments – such as Article 27 of the Universal Declaration of Human Rights (1948) and Article 15 of the International Covenant on Economic, Social and Cultural Rights (1966) – whereby the international obligations related to cultural property could be interpreted as tools to defend a humankind interest, namely the peaceful enjoyment of the cultural rights: i.e. the right to take part to cultural life, as well as the right to have a cultural identity. However, the pivot of the present research is its second part, which is focused on the consequences deriving from the violations of the relevant international rules protecting cultural property and, consequently, from the cultural rights infringements. Indeed, the second part intends to establish whether the Rome Statute provisions has been overtaken by new rules of customary international law, according to which the intentional destruction of cultural heritage constitutes, besides a war crime, even a crime against humanity. To this scope, the analysis deals with the reactions that international actors have implemented for facing the iconoclasm plague. In order to ascertain the criminalization degree, the work firstly focuses on the pertinent case-law of the international criminal tribunals: indeed it is known that the International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia before, and the Extraordinary Chambers in the Courts of Cambodia then, have already condemned the intentional attacks directed against cultural sites as crimes against humanity sub specie of persecution. Ultimately, the object of the last part is represented by the national legal systems, whereby it is given to retrace the criminal relevance degree which is recognized to the destruction of cultural heritage.
Fosco, Martina <1994>. "La fiscalità dei beni culturali." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/14009.
Full textBedin, Barbara <1979>. "Beni culturali e catastrofi naturali." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/16231.
Full textFERLA, LARA. "I percorsi delle cultural defenses tra garanzie di legalità e richieste di riconoscimento delle identità culturali." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2010. http://hdl.handle.net/10281/9456.
Full textBischi, Barbara. "La buona fede del diritto privato e del diritto pubblico: dalla ragione dell'origine alla cultura della dicotomia." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3421746.
Full text“La buona fede del diritto privato e del diritto pubblico: dalla ragione dell’origine alla cultura della dicotomia”, è un contributo che ha interessato la ricerca in varie discipline giuridiche; il diritto romano, quello canonico, la storia del diritto italiano e straniero, anche in chiave comparativa, la buona fede del diritto civile e la buona fede del diritto amministrativo. Il motivo delle tematiche affrontate nel testo è fondato sul tentativo di ricomporre, dove possibile, l’aspetto aporetico che connota, nell’ordinamento giuridico contemporaneo, la clausola della buona fede, la quale si propone in modo antitetico come buona fede del diritto privato e buona fede del diritto pubblico, seppure entrambe siano riconducibili sotto lo stesso nomem iuris. Quest’unità ‘formale’, tuttavia, presuppone l’unità ontologica della clausola generale, che viene ricostruita nella prima parte del lavoro e la circostanza dimostra come le attuali interpretazioni, così distanti tra loro, siano il prodotto di ragioni diverse e contrapposte, maturate in una certa parte della storia del diritto, ovvero con la nascita dello Stato moderno. E’ con questa consapevolezza che sono stati assegnati i nomi dei primi due capitoli che compongono il lavoro, quindi, buona fede ‘la ragione dell’origine’ e ‘la cultura della dicotomia: storia e dibattiti’, nel tentativo di mettere a confronto due diverse letture della clausola generale. La prima, che evidenzia come la buona fede sia espressione della dimensione etica della natura umana, funzionale al buon esito di ogni relazione intrapresa e naturalmente destinata a regolamentarne gli effetti, prima e oltre il testo normativo; la seconda fondata sulla intervenuta frattura tra la dimensione umana e il diritto statale, dove la buona fede spesso si contrappone alla forza autoritativa della norma giuridica con esiti problematici e contraddittori, che il contributo si propone di analizzare e, se possibile, di ricomporre. La parte iniziale del lavoro tiene in particolare considerazione il contributo, dato all’argomento, da L. Lombardi Vallauri, grazie al quale si evidenzia come ogni possibile predicato riferito al sostantivo fides, nel corso dell’evoluzione della civiltà romana, si giustifichi e possa essere ricondotto all’eticità che governa la relazione umana, sia tra pari, sia tra impari. La fides dell’origine, legata ai concetti di lealtà, credenza, fiducia reciproca, è regola dei rapporti poiché espressione della stessa virtù dell’uomo, tanto che la sua eventuale violazione è motivo di biasimo da parte della collettività, in ragione del rispetto portato ai valori cui il sostantivo rimanda non anche, o non prevalentemente, poiché la loro violazione possa essere perseguita legalmente o nel processo. Da qui la congenita forza integrativa della fides che si sviluppa in bona fides, obbligando le parti ad agire conformemente a ciò che hanno veramente voluto oltre la lettera dell’accordo formalmente concluso tra loro; d’altro canto la fides, definita publica, vincola l’azione del potente alla temperanza nella sua esecuzione, in un contesto in cui nemmeno il sottoposto al potere altrui (nexus, cliens, pupillus) può essere violato sol perché in posizione di disuguaglianza rispetto al superiore. La fides, matrice unitaria delle diverse connotazioni assunte dal sostantivo e delle quali il testo dà conto, si rispecchia nei tria precepta iuris di Ulpiano, nel pensiero di Platone, Aristotele, Agostino e Tommaso, dove l’uomo era naturalmente teso alla socialità e al bene comune, oltre i limiti della natura o del peccato, tanto che il lavoro dimostra come, nella civiltà giuridica romana (ci si riferisce alla monarchia e alla repubblica) e medievale, la clausola sia regola di convivenza civile alla quale l’ordinamento attinge perché a essa è destinato e a essa appartiene. La nascita dello Stato moderno, al contrario, affievolisce la ragione dell’uomo ‘virtuoso’ e la stessa capacità di trarvi parametri cogenti di condotta: prevale la figura del ‘suddito’ o del ‘cittadino’, asservita alla potenza invasiva del diritto statale, che sussume in esso ogni condotta umana per regolarla in via eteronoma e autoritativa. Il lavoro, a tal proposito, dimostra come la dicotomia che coinvolge la buona fede del privato e del pubblico sia fondata sul segnalato cambiamento di rotta, teso a circoscriverne la relazione e gli effetti entro l’ipotesi di ordinate fattispecie astratte generalmente applicabili anche tramite la sanzione. Dare conto della cultura della dicotomia, com’è chiamata nel testo, ha condotto la ricerca verso i pensieri di Hobbes, Locke, Rousseau, ma per la verità anche a quelli di Kant, di Kelsen, di Ross: l’ipotesi dello stato di natura, si sostiene, fonda il sapere scientifico moderno, il quale sta alla base della denunciata ‘virtualità’ del diritto che, per quanto emergerà nel seguito, giustifica la deriva scientifica sulla quale si stanziano le due categorie della buona fede a discapito della ragione unitaria che l’ha vista nascere. Neppure l’introduzione della Carta Costituzionale italiana, contribuisce a ricomporre il valore unitario assegnato alla fides dell’origine; le parti del lavoro dedicate al diritto civile e al diritto amministrativo rilevano la difficoltà che la dottrina incontra nell’interpretare la clausola in senso unitario, laddove, al contrario, la buona fede è assorbita da precetti costituzionali di diverso segno e diversa finalità. Se la buona fede del diritto privato è ricondotta, dalla dottrina, al dovere di solidarietà di cui all’art. 2 della Costituzione, viceversa, sul fronte del diritto amministrativo, essa è collocata nell’ambito dell’art. 97 e diventa strumento di attuazione della legittimità, del buon andamento e della imparzialità amministrativa ai quali l’esercizio del potere è vincolato. Sul fronte della giurisprudenza, tuttavia, la divisione rappresentata si presenta non priva di fratture: il giudice, tramite la clausola della buona fede, può accedere a un’idea di giustizia dove il divieto evangelico e agostiniano, che impone di non fare agli altri ciò che non si vorrebbe ricevere, continua a mantenere unito il piano umano delle relazioni con quello dell’ordinamento giuridico, seppure la circostanza sia più facilmente giustificata alla luce della forza integrativa di mutevoli valori sociali e della storia, piuttosto che sulla base del riconoscimento di un’innata ragione umana nell’ambito della quale si collocano principi di giustizia imperituri e naturale virtù. Il testo evidenzia, tuttavia, la vitalità del diritto naturale che spesso integra e reinterpreta la legge statale: gli esempi forniti, a questo proposito, si riferiscono all’abuso del diritto o, dal punto di vista della più giovane dottrina del diritto amministrativo, alle nuove interpretazioni che hanno ad oggetto l’eccesso di potere, il quale si presenta come violazione di una legalità non formale e spesso riconducibile alla clausola della buona fede. Sono molti gli esempi forniti dal contributo per evidenziare il limite del diritto positivo rispetto alla forza giuridica dei valori praeter legem ai quali la buona fede rimanda: si farà riferimento, ad esempio, alla particolare interpretazione assegnata al comando di cui all’art. 1175 del c.c. e, d’altra parte, alle recenti modificazioni che hanno coinvolto la legge sul procedimento amministrativo. In entrambi i casi l’obbligo di correttezza nelle relazioni tra pari e tra impari può considerarsi preesistente all’ordine normativo del privato e del pubblico, giacché strettamente legato al dovere di solidarietà reciproca al quale ogni tipo di relazione deve ispirarsi: di tal guisa, ad esso può essere riconosciuta forza precettiva, propulsiva, integrativa e correttiva delle distinte discipline giuridiche, nella speranza che al fenomeno segnalato segua un’interpretazione giuridica senza contraddizioni. Da questa prospettiva, de iure condendo, la divisione tra il piano umano delle relazioni e quello dei rapporti giuridici, la conseguente distinzione tra fatti umani e fattispecie normativa, sembra superabile, al fine di realizzare quell’idea di giustizia in concreto, che l’esistenza della legge statale, alla quale riferire il caso controverso, da sola non può garantire. Difatti, nel diritto civile, non senza difficoltà e defezioni, la validità della regola di condotta, ancorché extragiuridica, è ammessa con minor sforzo (si citeranno i pensieri di Betti, Messineo, Natoli, Levi, Rodotà, Castronovo ecc.) e la circostanza valorizza la tendenza verso quell’uniformità d’interpretazione dei fenomeni a valenza giuridica ai quali, per dirla con F. Gentile o con E. Opocher, la filosofia non può rimanere estranea. Il lavoro denuncia, tuttavia, la preclusione ideologica che spesso è opposta al ragionamento prospettato, che non trova immuni nemmeno le teoriche più all’avanguardia in argomento: il rischio che viene evidenziato è, nella migliore delle ipotesi, quello di circoscrivere la buona fede nelle dinamiche dell’evoluzione della società e dei costumi, laddove spesso il valore della giustizia coincide con il quantum di giustizia possibile, mentre la buona fede, per sua natura, sovverte il peso della convenzione in favore del particolare, sovverte l’assetto di un ordinamento iniquo in favore di ogni essere umano di fatto violato. Le conclusioni del lavoro, ripercorrono i temi in breve anticipati e, molto semplicemente, legano il superamento della dicotomia che coinvolge la regola della buona fede a un profondo ripensamento dell’idea del diritto, laddove il piano giuridico delle relazioni dovrà essere ricondotto alla realtà dell’incontro, fondato sulla fiducia nella virtù dell’uomo.
Bencini, Riccardo <1995>. "La lotta al traffico illecito di beni culturali." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/18110.
Full textCappelletti, R. "ANTROPOLOGIE DEI DIRITTI UMANI. PERCORSI AFRICANI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2011. http://hdl.handle.net/2434/150178.
Full textZoni, Achille <1985>. "L'arte di strada come patrimonio culturale?" Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/2596.
Full textCiviero, Ilaria <1987>. "La distruzione intenzionale del patrimonio culturale." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4347.
Full textStifanic, Tea <1985>. "La politica culturale dell'Unione Europea." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/2855.
Full textPedio, Silvia <1996>. "Il delitto d’onore fra tradizionalismo culturale e diritto penale: Il caso della Giordania." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/18224.
Full textIuffrida, Marco <1982>. "Il cane e l'uomo nella cultura e nel diritto dell'alto medioevo." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/5011/1/Iuffrida_Marco_Tesi.pdf.
Full textThis thesis analyzes the relationship between man and dog through a novel interpretative grid informed by the cultural approach adopted by a complex assemblage of barbarians (Visigoths, Franks, Lombards, Frisians, etc.). Solidarity or otherness? Examination of the early medieval Leges of the barbarians and the capitularia has facilitated a pragmatic and fact-based assessment of humanity’s fraught and somewhat haphazard attempts at understanding and defining its relations with domestic animals such as dogs. This analysis also allows us to bring to light the new roles that increased the significance of the dog in daily life (different types of dogs listed, i.e. barmbraccus, petrunculus, canis acceptoricius, triphunt, hovawart, etc.). The intrinsic peculiarity of the Laws of the barbarians means we can now underscore the substantial difference between classical civilization and the barbarian world in the context of which the dog took on a specific role that was complementary to man’s activities, above all hunting.
Iuffrida, Marco <1982>. "Il cane e l'uomo nella cultura e nel diritto dell'alto medioevo." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/5011/.
Full textThis thesis analyzes the relationship between man and dog through a novel interpretative grid informed by the cultural approach adopted by a complex assemblage of barbarians (Visigoths, Franks, Lombards, Frisians, etc.). Solidarity or otherness? Examination of the early medieval Leges of the barbarians and the capitularia has facilitated a pragmatic and fact-based assessment of humanity’s fraught and somewhat haphazard attempts at understanding and defining its relations with domestic animals such as dogs. This analysis also allows us to bring to light the new roles that increased the significance of the dog in daily life (different types of dogs listed, i.e. barmbraccus, petrunculus, canis acceptoricius, triphunt, hovawart, etc.). The intrinsic peculiarity of the Laws of the barbarians means we can now underscore the substantial difference between classical civilization and the barbarian world in the context of which the dog took on a specific role that was complementary to man’s activities, above all hunting.
Andreotti, Elisa <1993>. "La gestione dei beni culturali e del turismo nei centri storici." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/22064.
Full textCallegari, Valentina <1988>. "La circolazione illecita dei beni culturali a livello internazionale. Il caso Cina." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4562.
Full textGobich, Virginia <1992>. "Beni culturali e agevolazioni fiscali: una necessaria sinergia fra pubblico e privato." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/12739.
Full textPoggese, Elisa <1981>. "Il traffico illecito di beni culturali provenienti da zone di conflitto armato." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14612.
Full textPelusi, Francesco. "La procreazione nell’epoca della sua riproducibilità tecnica: l’omogenitorialità in Italia tra diritto e pratiche." Doctoral thesis, Urbino, 2022. http://hdl.handle.net/11576/2700729.
Full textTacchella, Anna <1993>. "Appropriazione e circolazione illecita dei beni culturali. Il caso del Museo di Castelvecchio." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/16736.
Full textMunari, Bruno <1992>. "Individuazione e circolazione di beni culturali mobili in ambito nazionale, europeo e internazionale." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/22060.
Full textORRU', MARTINA. "Analisi comparata dei delitti sessuali con particolare riferimento agli elementi normativi culturali." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2017. http://hdl.handle.net/11584/249628.
Full textpiovene, porto godi alessandra. "Vite e vino tra i fattori di mercato e patrimonio culturale: profili giuridici europei ed internazionali." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422514.
Full textRIASSUNTO Questo lavoro ha inteso analizzare la possibilità di considerare il vino non soltanto quale prodotto agricolo e commerciale ma anche come prodotto culturale e rappresentativo di una determinata civiltà e delle sue caratteristiche. A tal fine il lavoro è stato suddiviso in due parti. La prima parte ha esaminato la regolamentazione dedicata ai prodotti vitivinicoli tanto nel contesto dell’Unione Europea quanto nel contesto internazionale. L’analisi della disciplina predisposta a livello europeo ha preso le mosse dall’esame delle fonti del diritto agrario e dell’evoluzione della politica agricola comune dal Trattato di Roma al Trattato di Lisbona. Il secondo capitolo è stato dedicato all’esame dello sviluppo della normativa e della giurisprudenza dedicate al vino e ai prodotti vitivinicoli nel diritto dell’Unione Europea, ponendo particolare attenzione alle riforme più recenti e alle importanti modifiche da esse introdotte, mentre il terzo capitolo si è concentrato sull’esame delle interazioni con altre iniziative ed obiettivi fondamentali dell’azione dell’Unione, quali le iniziative intraprese nel settore della protezione della salute umana, della tutela dell’ambiente naturale e del turismo. L’analisi degli interventi dedicati al settore vitivinicolo in ambito europeo è stata seguita, nel quarto capitolo, da quella della disciplina stabilita dai principali accordi internazionali conclusi sia a livello multilaterale che a livello bilaterale con i principali Stati terzi produttori. L’esame così condotto ha dimostrato come la produzione di vino sia stata sempre considerata una delle produzioni agricole maggiormente importanti dell’agricoltura di diversi Stati europei, in grado di coniugare le esigenze relative al mercato con le politiche, collegate alla produzione vitivinicola, di tutela della salute umana, dell’ambiente naturale e dello sviluppo delle regioni più svantaggiate. L’attenzione dedicata alla promozione e valorizzazione della qualità dei vini prodotti, da sempre presente negli interventi dedicati al settore, contribuisce alla possibilità di ipotizzare la protezione del vino e delle sue tecniche di produzione come valori tradizionali suscettibili di tutela anche dal punto di vista culturale. Su questa base, la seconda parte del lavoro ha ripreso, nel capitolo quinto, l’analisi di alcune discipline già stabilite in ambito europeo, come quella relativa alle indicazioni geografiche e alle denominazioni di origine o quella relativa alle specificità tradizionali garantite, al fine di verificare se esse vengano in rilevo non soltanto come strumenti di carattere economico, in grado di tutelare gli interessi dei produttori e dei consumatori, ma anche come strumenti idonei alla preservazione e alla salvaguardia delle tecniche di produzione e delle tradizioni vitivinicole tipiche delle singole regioni. Il sesto capitolo è stato dedicato all’esame dei principali strumenti adottati sul piano internazionale per la protezione del patrimonio culturale, al fine di verificare l’esistenza di elementi indicativi di una possibilità di estensione di tale protezione anche alla produzione vitivinicola, in quanto significativa di tradizioni, cultura locale e dei valori ad essa associati. La rilettura in chiave culturale degli strumenti riguardanti la tutela delle produzioni di qualità ha dimostrato come tali normative possano essere richiamate, pur con qualche perplessità, anche per la protezione e tutela delle tradizionali caratteristiche di produzione delle regioni. La tutela di questi elementi rimane comunque circoscritta alle dinamiche di mercato, essendo limitata alla protezione dei prodotti che presentano caratteristiche particolari, dovute vuoi alla loro origine geografica vuoi alle specifiche materie prime o tecniche di produzione impiegate dai produttori. Tale delimitazione ha suggerito un’indagine sull’esistenza di ulteriori ambiti di tutela alla luce delle specifiche caratteristiche del vino e della sua coltivazione, fondata su tradizioni secolari, su tecniche tramandate di generazione in generazione e sul valore simbolico assunto dal prodotto sia in ambito sociale che in molti credi religiosi. Partendo dalla considerazione che anche i paesaggi vitivinicoli sono stati inclusi nella Lista del patrimonio mondiale istituita dalla Convenzione UNESCO del 1972 sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale, si è ipotizzata l’inclusione dei particolari metodi invalsi nelle diverse regioni del mondo per la produzione del vino e dei significati simbolici attribuiti al suo consumo nella Lista rappresentativa del patrimonio culturale intangibile, istituita dalla Convenzione UNESCO del 2003 sulla salvaguardia del patrimonio culturale intangibile. La protezione già approntata ai paesaggi vitivinicoli come paesaggi culturali (cultural vineyard landscapes) nell’ambito della Convenzione del 1972 sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale ha permesso di enfatizzare l’importanza della produzione di vino non soltanto sotto il profilo economico ma più in generale sotto il profilo ambientale, sociale e culturale. La protezione si rivolge, infatti, non al prodotto ma alla capacità della coltivazione vitivinicola di incidere in misura determinante sull’ambiente circostante e sulle sue caratteristiche, evidenziando i legami con la tradizione anche culturale. Per verificare poi la possibile riconducibilità del vino nell’ambito di protezione della Convenzione del 2003 sulla salvaguardia del patrimonio culturale intangibile, è stato analizzato, in primo luogo, il percorso che ha portato all’adozione dello strumento e il sistema da esso predisposto per garantire la salvaguardia degli elementi del patrimonio culturale intangibile a livello nazionale ed internazionale. In secondo luogo è stata analizzata la prassi relativa all’accordo e sono state esaminate alcune delle domande di candidatura e le relative decisioni di inclusione di elementi idonei a coinvolgere il vino, le sue tecniche di produzione e i valori simbolici ad esso associati, quali la cucina messicana, il pranzo gastronomico dei francesi o la dieta mediterranea. Sulla base degli spunti offerti dalla prassi sono state, infine, analizzate le ragioni che potrebbero giustificare una ipotetica riconducibilità anche del vino alla nozione di patrimonio culturale intangibile, al fine di configurare una protezione ulteriore, che si affianchi a quella già predisposta sulla base delle normative sui vini di qualità e che comprenda tutti gli aspetti collegati alla valenza culturale del vino e delle sue tecniche di produzione.
Pantano, Maria Maddalena <1987>. "La Convenzione UNESCO sulla protezione e promozione della diversità delle espressioni culturali: gli ultimi sviluppi." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3247.
Full textTrusinova, Lucia <1990>. "La protezione dei beni culturali nei conflitti armati: Il caso del Museo Nazionale di Beirut." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14391.
Full textFidelbo, Costanza <1993>. "“Unite for Heritage: la protezione del patrimonio culturale nelle aree di crisi”." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13155.
Full textBortoluz, Sara <1990>. "Cultural genocide: an unpunished crime? Rethinking the value of culture." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5534.
Full textBalistreri, Luana Francesca <1983>. "Il traffico illecito transnazionale dei beni culturali. Il contenzioso sulla restituzione all'Italia della "Venere" di Morgantina." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/2453.
Full textLia, Giulia <1989>. "LA CONVENZIONE UNIDROIT: BENI CULTURALI RUBATI O ILLECITAMENTE ESPORTATI. LE PROBLEMATICHE NEI PAESI DELL'AREA MEDITERRANEA." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/2070.
Full textLot, Enrica <1986>. "Il contenzioso sulla restituzione dei beni culturali sottratti durante la dominazione coloniale : un conflitto destinato a riesplodere?" Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/1613.
Full textLucchese, Anna <1989>. "La circolazione transnazionale dei beni culturali a scopo non lucrativo : il prestito delle opere d'arte per mostre." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4150.
Full textLarena, Fulvia <1995>. "La nuova Convenzione del Consiglio d'Europa sulle offese relative ai beni culturali. Un efficace strumento di tutela?" Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/16988.
Full textTasso, Marta <1986>. "Dolomiti Patrimonio dell'Umanità. Bene naturale o bene (anche) culturale? Primi spunti di riflessione." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5130.
Full textGoor, Marie-Claire <1995>. "La difficile protezione del patrimonio culturale iracheno. Tra innovazione giuridica e sensibilità artistica." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19081.
Full textPardini, Diletta <1991>. "Il caso Kimura: un'analisi dal punto di vista giuridico e socio-culturale." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/12134.
Full textBONFANTI, VERONICA. "Sponsorizzazioni e realizzazione di opere pubbliche a carico di soggetti privati. L'esperienza relativa ai beni culturali." Doctoral thesis, Università degli Studi dell'Aquila, 2020. http://hdl.handle.net/11697/144546.
Full textDe, Pol Francesca <1993>. "Unioni Territoriali e risvolto culturale: il caso dell’UTI delle Valli e delle Dolomiti Friulane." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15137.
Full textGarcia, Lozano Luis Miguel <1985>. "Administración y Bienes Culturales. Una comparación entre Italia y España." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6793/1/Garc%C3%ADa_Lozano_Luis_Miguel_Tesi.pdf.
Full textIn this study we analyzed the Public Administration in its function of protection and enhancement of Cultural Heritage, in a comparative perspective between the two countries. The research was divided into two parts. A first in which analyzes the legal solutions prepared by the various regimes during the centuries. In fact, it is only seeking the answers proposed legal historically the social problem that we can understand the policies that the Administration would have to introduce the subject. This historic journey will end with the legislation in force, and with the analysis of the previous legislation, which has represented the conditions of the current structure of the Public Administration, which will exercise the powers relating to the Protection of Cultural Heritage. The study continues with a second part in which, with two chapters, we proceed to examine the legislation regulating the organization of the Public Administration of both states. In each of the countries we analyze all territorial levels, as well as the bodies or autonomous institutions created within the Public Bodies of each State. The third chapter supposes comparison and criticism of both organizations. Both structures have arisen from a common point, even if they have had a different development linked to the specificity of the country. Moreover, both countries have seen recently damaged by the policies related to the cuts in public spending, which led to the reduction of the government, though not satisfactory, as we expected. The study ends with the conclusions drawn at the end the search.
In questo studio si è analizzata l’Amministrazione Pubblica nella sua funzione di tutela e valorizzazione dei Beni Culturali, in un’ottica comparata tra i due Paesi. La ricerca è stata suddivisa in due parti. Una prima in cui vengono analizzate le soluzioni giuridiche approntate dai vari regimi durante il trascorrere dei secoli. Infatti, è solo cercando le risposte giuridiche proposte storicamente alla problematica sociale che possiamo comprendere le politiche che l’Amministrazione avrebbe dovuto introdurre in materia. Questo percorso storico si esaurisce nella normativa in vigore, e con l’analisi dei precedenti normativi che hanno rappresentato i presupposti dell’attuale struttura della Pubblica Amministrazione, che dovrà esercitare le competenze relative alla Tutela del Patrimonio Culturale. Lo studio prosegue con una seconda Parte nella quale, con due capitoli, si procede ad esaminare la normativa regolamentare dell’organizzazione della Pubblica Amministrazione di entrambi gli Stati. In ciascuna delle Nazioni si analizzano tutti i livelli territoriali, così come anche gli organismi o le istituzioni autonome create all’interno degli Organi Pubblici di ogni Stato. Il terzo capitolo suppone la comparazione e la critica di entrambe le organizzazioni. Entrambe le strutture sono nate da un punto comune, anche se hanno avuto uno sviluppo diverso legato alla specificità del paese. Inoltre, entrambi i paesi si sono visti recentemente danneggiati dalle politiche relative ai tagli della spesa pubblica, che hanno portato alla riduzione delle amministrazioni, anche se non in modo soddisfacente, come si ci aspettava. Lo studio termina con le conclusioni tratte al finire la ricerca.