Academic literature on the topic 'Direttiva 2014/41/UE'

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Journal articles on the topic "Direttiva 2014/41/UE"

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Squeglia, Di Michele. "LA NUOVA DIRETTIVA EUROPEA SULL'ACQUISIZIONE E SALVAGUARDIA DEI DIRITTI PENSIONISTICI COMPLEMENTARI ALLA PROVA CON IL DIRITTO NAZIONALE ITALIANO." Revista Direito das Relações Sociais e Trabalhistas 4, no. 3 (October 11, 2019): 169–91. http://dx.doi.org/10.26843/mestradodireito.v4i3.167.

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Abstract:
1. Introduzione. – 2. La sfera di applicazione della direttiva 2014/50/UE: il “collegamento” dei regimi pensionistici complementari a un rapporto di lavoro. – 3. I “requisiti minimi” di acquisizione dei diritti pensionistici complementari. – 4. La tutela dei “diritti giacenti” nell'ambito del regime nel quale sono acquisiti. – 5. Il diritto di informazione sulle conseguenze della cessazione del rapporto di lavoro.
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MARANDOLA, ANTONELLA. "Congelamento e confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione europea: la “nuova” direttiva 2014/42/UE." Archivio penale, no. 1 (2016): 79–98. http://dx.doi.org/10.12871/97888674166086.

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Sangha, Rajbeer S., Richard Bernstein, David Cella, Carlos Corado, Yvonne Curran, Andrew Naidech, Ilana Ruff, and Shyam Prabhakaran. "Abstract TP332: Neuro-QOL Measures Have Improved Statistical Power versus the Dichotomized Modified Rankin Scale in Stroke Thrombolysis." Stroke 47, suppl_1 (February 2016). http://dx.doi.org/10.1161/str.47.suppl_1.tp332.

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Abstract:
Introduction: The modified Rankin scale (mRS) is a reliable objective measure of disability and is widely applied in clinical trials. Health-related quality of life (QOL) measurements using Neuro-QOL provide validated measures of patient-reported outcomes. In a matched case-control study, we hypothesized that differences in QOL in favor of tPA would be readily detectable compared to the dichotomous mRS outcome traditionally applied in acute stroke research. Methods: From a single-center prospective cohort study, we identified ischemic stroke patients who received intravenous tPA, admitted between August 1, 2012 and July 31, 2014, and who had 3-month QOL and mRS outcomes. Using a propensity score matching algorithm based on age and stroke severity, ischemic stroke patients who did not receive tPA were selected as controls. The mRS was assessed by structured telephone interviews and Neuro-QOL using short forms analyzing domains of upper extremity (UE), lower extremity (LE), executive function (EF), and general cognition (GC). T-scores for Neuro-QOL domains are referenced to the general population (mean 50, SD 10). We assessed differences in mRS (dichotomized 0-1 vs. 2-5) and QOL T-scores (continuous) in each domain using appropriate tests. Results: A total of 90 patients were analyzed (45 tPA and 45 controls; median NIHSS score 7). There was no statistical difference between the two groups by age (p=0.967) and NIHSS score (p=0.855). When comparing Neuro-QOL T-scores, higher scores were reported for domains of EF (tPA: 52 vs. controls: 46; p=0.032) and LE function (tPA: 46 vs. controls: 41; p=0.008) among tPA patients compared to controls. No differences were noted for UE or GC QOL T-scores. Using the mRS, the results were not statistically significant (dichotomous: 0-1, tPA: 75.6% vs. controls: 57.8%, p=0.117). Conclusion: Neuro-QOL offers a complementary tool for assessment of neurological function and may help identify finer grades of functional change and outcomes for stroke patients undergoing a specific therapy. The mRS requires a greater number of patients to show statistical significance while utilization of a continuous measurement of function from the patient perspective may improve statistical power in future clinical trials.
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Dissertations / Theses on the topic "Direttiva 2014/41/UE"

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LIBRICI, Pietro. "L’ILLECITO ANTITRUST DOPO LA DIRETTIVA 2014/104/UE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2020. http://hdl.handle.net/10447/400297.

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Abstract:
Tradizionalmente, tanto a livello nazionale quanto a livello comunitario, la tutela della concorrenza si è caratterizzata per l’impiego di strumenti di enforcement pubblicistico. Dopo un lungo iter, il 26 novembre 2014 è stata pubblicata la direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio UE 2014/104 relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell'Unione europea. In Italia il recepimento della Direttiva è avvenuto il 19 gennaio 2017 con il d.lgs. n. 3/2017. Sebbene la normativa in parola intervenga a colmare il vuoto creato dall’assenza, sia ambito nazionale che comunitario, di norme di diritto positivo dirette a prevedere esplicitamente la possibilità di promuovere un’azione per il risarcimento del danno sulla base di una violazione delle disposizioni antitrust, essa lascia irrisolte problematiche di notevole importanza. L'obiettivo che ci si propone di raggiungere, pertanto, è quello di verificare i tratti fondamentali della disciplina dell'azione di risarcimento del danno conseguente alla violazione di norme antitrust alla luce della stratificazione di dottrina, giurisprudenza e prassi createsi intorno alla private litigation antitrust in anni recenti. Ciò anche al fine di offrire un contributo utile a fornire le coordinate atte a propiziare un corretto approccio ai tanti risvolti problematici che la nuova disciplina lascia insoluti.
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Bugin, Dario <1991&gt. "La direttiva 2014/95/UE e la disclosure di carattere non finanziario." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13499.

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Abstract:
La seguente tesi di laurea magistrale si concentra inizialmente sull’analisi della direttiva 2014/95/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell'Unione Europea a riguardo della “comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e taluni gruppi di grandi dimensioni” e del correlato atto normativo (decreto legislativo 30 dicembre 2016 n. 254) emanato dal Governo italiano per il recepimento della stessa all'interno dell'ordinamento giuridico nazionale. Dopo aver introdotto tali atti normativi, l’attenzione si sposta sulla loro contestualizzazione nel contesto politico-economico odierno e nella letteratura esistente. La successiva parte dell’elaborato invece, dopo aver brevemente introdotto e cercato di far chiarezza su alcune definizioni e concetti rilevanti (fra i quali l’informazione non finanziaria, di sostenibilità e sulla responsabilità sociale d’impresa), tratta la materia della disclosure non finanziaria, dapprima, ricercando nella letteratura le ragioni che stanno alla base della questione e gli effetti/benefici che possono derivarne per l’azienda e i propri stakeholder e, successivamente, sulla base dei dati di una nota società di consulenza, presentando al lettore la situazione mondiale attuale, sia dal lato della domanda, con riferimento agli strumenti emanati da governi, mercati borsistici o altre organizzazioni che volontariamente o obbligatoriamente richiamano alla disclosure non finanziaria, sia dal lato dell’offerta, con riferimento al livello di informazione non finanziaria comunicato all’esterno da parte delle più grandi aziende di alcuni paesi del mondo. Infine, l’ultima parte dell’elaborato spiega, commenta e confronta due fra i più importanti standard esistenti a livello mondiale in materia di reportistica di carattere non finanziario, offerti rispettivamente dal Global Reporting Initiative (GRI) e dall’International Integrated Reporting Council (IIRC), tentando inoltre di collegare le linee guida insite in tali modelli con le disposizioni della direttiva 2014/95/UE, al fine di mettere in luce se e in quale modo possano considerarsi un’efficace risposta ad essa.
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Ferrarini, Paola <1992&gt. "Modellizzazione di scenari di stress nei Piani di Recovery ai sensi della Direttiva 2014/59/UE." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13657.

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Abstract:
La doppia recessione che ha colpito lo scenario economico internazionale nell’ultimo decennio ha messo in luce le fragilità dell’impianto istituzionale di vigilanza e dell’assetto normativo bancario in vigore, del tutto inadeguati a fronteggiare esternalità negative di tale portata. In particolare, l’assenza di una disciplina ben delineata ed armonizzata di gestione delle crisi ha amplificato gli effetti, già di per sé disastrosi, causati dal default di banche ed enti creditizi sul sistema finanziario e sul tessuto sociale. Una volta inquadrato il contesto economico-finanziario di riferimento, all’analisi delle criticità, sia congiunturali esterne che strutturali interne alle banche, che hanno innescato la crisi economica più grave della storia, è seguita la trattazione di tutte le misure che l’Unione Europea ha implementato in risposta. Nel dettaglio, ci si è focalizzati sul ruolo giocato della BRRD che, insieme all’SRM, oggi costituisce il quadro normativo di riferimento per la prevenzione, gestione e risoluzione delle crisi bancarie in Europa. Tale direttiva, di cui a partire dal 2019 sarà emanata la versione aggiornata, BRRD II, ha denotato un distacco netto di prospettiva rispetto al passato, introducendo principi e strumenti del tutto nuovi quali il bail-in e le misure di prevenzione delle crisi, come i Recovery Plan. L’ultimo capitolo di questo elaborato è dedicato allo sviluppo di modelli di scenario di stress da utilizzare per la predisposizione del Piano di Recovery.
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Carraro, Elena <1990&gt. "Le società di gestione collettiva nel disegno europeo di diritto d'autore armonizzato. La Direttiva 2014/26/UE." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/8755.

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Abstract:
Nell'ambito del diritto d’autore e dei diritti ad esso connessi, l’attuale contesto economico e sociale è scenario di un inevitabile scontro tra territorialità del diritto e ubiquità degli interessi. Il diritto d’autore è tradizionalmente territoriale, ma oggi più che mai i confini nazionali stanno stretti alle opere dell’ingegno, grazie anche ai nuovi strumenti offerti dallo sviluppo tecnologico che ne favoriscono la diffusione in uno spazio internazionale. In un tale contesto si rende necessaria un’armonizzazione dei diversi ordinamenti giuridici: è questa la strada intrapresa dall'Unione Europea che, con una serie di interventi puntuali, ha regolato diversi aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi, con il fine di creare regole il più possibile uniformi e garantire una tutela minima non limitata nello spazio. Il progetto di armonizzazione ha necessariamente investito il tema della gestione dei diritti, e dunque tali interventi si sono occupati anche delle società di gestione collettiva, in particolare con la recente Direttiva 2014/26/UE in tema di gestione collettiva e di licenze multiterritoriali per opere musicali online. Questa tesi di laurea si propone di analizzare come le istituzioni comunitarie hanno trattato il tema delle collecting societies, focalizzandosi soprattutto sulla direttiva appena citata; ciò dopo aver fornito un inquadramento dell’istituto del diritto d’autore e dei diritti connessi e dopo una generale analisi delle società di gestione collettiva, operata anche attraverso un confronto tra il modello italiano e quello inglese.
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Di, Mezza Grazia. "Obblighi informativi e tutela del consumatore nel D.Lgs. n. 72/2016 attuativo della direttiva n. 2014/17/Ue." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2019. http://hdl.handle.net/11577/3422220.

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Abstract:
Parallelamente ai contratti di credito al consumo, la Commissione europea ha monitorato nel corso degli anni i comportamenti degli operatori finanziari nella stipulazione di contratti di credito per l’acquisto di beni immobili residenziali. Al termine dei vari studi, il Parlamento europeo ed il Consiglio hanno emanato il 4 febbraio 2014, la nuova Direttiva 2014/17/UE592, volta sia a disciplinare contratti di credito ai consumatori stipulati per l’acquisto di beni immobili residenziali attraverso la predisposizione di rimedi volti ad evitare una concessione irresponsabile dei creditori per l’acquisto di tali beni (apportando anche alcune modifiche alla precedente direttiva n. 2008/48/CE, relativa ai contratti di credito ai consumatori).Attraverso la direttiva n.17/2014 il legislatore europeo abbiamo visto come abbia inteso armonizzare alcuni aspetti della disciplina dei contratti di credito al consumatore che siano assistiti da diritti di garanzia su beni immobili residenziali o finalizzati all’acquisto o al mantenimento del diritto di proprietà su beni immobili. L’intervento del legislatore comunitario si inserisce tra quelli di “armonizzazione minima”, nonostante contenga disposizioni che limitino gli Stati membri in ordine alla possibilità di introdurre o mantenere disposizioni divergenti: si pensi ad esempio alla disciplina relativa al calcolo del tasso annuo effettivo globale e a quella concernente le informazioni precontrattuali personalizzate da fornirsi mediante il prospetto informativo europeo standardizzato. La tipologia di beni oggetto della direttiva, sono generalmente acquistati all’interno delle famiglie, ma a differenza di quelli di consumo, hanno un valore economico di gran lunga superiore che quindi porta spesso i consumatori, non aventi disponibilità economiche così importanti, a stipulare presso gli appositi istituti di credito, contratti volti all’acquisto, e si è posto pertanto per questi contratti l’esigenza di garantire una erogazione di credito responsabile ed in favore di soggetti meritevoli. Si è evidenziato come la direttiva mutui abbia predisposto una disciplina più rigida, rispetto a quella presente nella direttiva sul credito ai consumatori n.48/2008/Ce per l’acquisto di beni di consumo, volta favorire da un lato il responsible borrowing, dall’altro il responsible lending. Per quanto riguarda la disciplina del responsible borrowing vi è, infatti, da un lato, in sede pubblicitaria un ampliamento delle informazioni volte a promuovere sia l’istituto di credito, che i prodotti finanziari disponibili sul mercato a chiunque abbia interesse a stipulare un contratto di credito; dall’altro, vi è in sede precontrattuale una migliore erogazione d’informazioni al consumatore-cliente, informazioni che vengono fornite attraverso un modulo informativo personalizzato alle preferenze e condizioni economiche del consumatore (Considerando 41).In merito alla disciplina del responsible lending sono state previste, invece, disposizioni più rigide e chiare per quanto riguarda la valutazione del merito creditizio e le sue ripercussioni sul rapporto obbligatorio. La disciplina del responsible borrowing, all’interno della c.d. “direttiva mutui”, si è evidenziato come si caratterizzi per una graduale erogazione d’informazioni che inizia da un ambito generale standardizzato, svincolato da una contrattazione vera e propria con un consumatore determinato (all’informazione pubblicitaria sono dedicati gli artt. 11 12 alle informazioni generali l’art. 13), fino ad una qualificata personalizzata serie d’informazioni dirette al consumatore specifico (all’informazione precontrattuale è dedicato l’art. 14), contrassegnate dalla bi-direzionalità circolarità delle notizie fornite da un lato, dal finanziatore, dall’altro dal consumatore. Queste informazioni, sono tutte fornite in modo che il consumatore possa giungere ad una decisione informata, attraverso sia il confronto tra le offerte di credito disponibili sul mercato, sia una valutazione delle diverse implicazioni che possono conseguire una volta stipulato il contratto. Abbiamo analizzato, la prima tranche d’informazioni: informazioni pubblicitarie e generali sono erogate a fini meramente conoscitivi e pubblicitari ad un numero indeterminato di soggetti. Dalla lettura del nuovo d.lsg. 72/2016 è emerso come molte questioni non siano in realtà state risolte, in particolare la scelta di riportarsi fedelmente al contenuto della direttiva, senza aggiungere nulla e senza integrare alcun passaggio, ha fatto si che non si affrontassero determinati temi quali il recesso, il collegamento contrattuale nell’ambito dei contratti di credito immobiliari, o soprattutto le conseguenze derivanti dalla mancata o inadeguata o errata valutazione del merito creditizio da parte del professionista. Proprio quest’ultimo passaggio relativo al non aver affrontato in termini di conseguenze i casi derivanti dalla mancata o inadeguata o errata valutazione del merito creditizio da parte del professionista ha portato a delle riflessioni. La direttiva non avendo individuato rimedi specifici nel caso di violazione degli obblighi di informazione, neppure in merito alle responsabilità del finanziatore o del consumatore, ha rimesso agli Stati membri il compito di definire in sede di recepimento “sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive”. Non sono quindi mancati autori che hanno elaborato delle ipotesi in riferimento alle conseguenze in caso di violazione degli obblighi di informazione; in relazione alla disciplina delle informazioni generali, quelle quindi rivolte ad un pubblico indeterminato e ancora estraneo ad una possibile contrattazione, laddove queste informazioni dovessero risultare lacunose o fuorvianti, si è ipotizzata l’applicabilità della disciplina delle pratiche commerciali scorrette di cui all’art.20 del codice del consumo e, quindi, della tutela amministrativa di cui agli artt. 21-23 -27 del Codice del Consumo. Qualora poi, tali informazioni siano falsate e determinino un comportamento del consumatore interessato che non si sarebbe verificato nel caso in cui tali informazioni fossero state veritiere, si potrebbe ipotizzare un vizio del consenso sanzionabile con l’annullamento del contratto stesso. Concretamente, tuttavia, non è sempre facile giungere ad una soluzione simile, laddove soprattutto la conclusione del contratto è sempre mediata dall’erogazione delle informazioni personalizzate secondo il disposto di cui all’art. 14 della direttiva, che riguardano sì i medesimi aspetti oggetto delle informazioni generali, ma che li espongono in modo molto più dettagliato e finalizzato. Ecco, quindi, che se l’informazione personalizzata è integra e completa e corrisponde poi all’operazione che effettivamente si conclude, sembra difficile o quanto meno forzato poter sostenere che il contratto concluso sia annullabile per via delle scorrette informazioni generali che si ritiene possano aver viziato il consenso del consumatore in fase anteriore a quella precontrattuale. Qualora le, invece, le informazioni scorrette siano fornite in sede precontrattuale attraverso il modulo personalizzato e creino uno sviamento del comportamento economico del consumatore, si ritiene che esse possano realmente allora aver inciso sulla volontà del contrante, viziandone il consenso. In ultima analisi, si dà il caso in cui si determini una discordanza tra i costi indicati in sede di informazioni generali e quelli rinvenuti nel Pies; in tal caso sarebbe applicabile nel nostro ordinamento la disciplina delle informazioni pubblicitarie di cui all’art. 116 e 117 del T.u.b., secondo cui il contenuto del contratto può si discostarsi ma solo in melius dal contenuto presente nelle informazioni pubblicitarie. In questi casi si avrà, quindi, la nullità delle clausole contrattuali che prevedevano condizioni economiche meno favorevoli in sede pubblicitaria e la sostituzione automatica con le clausole più favorevoli, che quindi vadano a ripristinare lo squilibrio che si è determinato. Qualora poi l’inesattezza delle informazioni generali abbia determinato la mancata conclusione del contratto, il consumatore si ritiene che possa appellarsi alla violazione dell’art.1337 c.c., ovvero alla configurabilità di una responsabilità precontrattuale del professionista, lamentando un danno nell’aver fatto affidamento nelle condizioni economiche esposte all’interno delle informazioni generali riguardati quei determinati prodotti, informazioni che poi si sono rivelate fuorvianti in sede di informazioni personalizzate. Nel caso in cui, invece, il contratto sia concluso in assenza di consegna del Pies o con l’erogazione di un Pies mancante delle parti che riguardano la spiegazione di alcuni contenuti economici essenziali del contratto, in entrambi i casi si ritiene che si possa ipotizzare la violazione degli obblighi informativi personalizzati che comporta un’estensione del termine di recesso ci cui all’art. 125-bis e ter del cod.cons. Si è palesa dunque, la cautela del legislatore europeo e di quello italiano nel pronunciarsi in merito alla responsabilità del consumatore che del professionista e nel prevedere sanzioni in merito a tali comportamenti. La scelta prudente è sicuramente dettata anche dalla delicatezza della materia che si affronta. Se infatti si caricasse di eccessivi oneri in termini di informazione, la figura del finanziatore, si potrebbe avere come effetto quello di un comportamento difensivo e soprattutto di diffidenza dello stesso qualora voglia concedere il credito, con inevitabile danneggiamento per il consumatore che non sarebbe incoraggiato alla stipulazione responsabile di tali contratti e, quindi, un danneggiamento per il mercato in generale. Se, d’altra parte si caricasse di eccessivi oneri il consumatore, questo comporterebbe una disciplina oltremodo severa per lo stesso, dimenticando che è invece il soggetto debole che deve essere tutelato, dove invece il professionista sarebbe esageratamente tutelato, potendo erogare finanziamenti senza considerare la figura e gli interessi del consumatore. Si può comunque evidenziare che, nonostante le difficoltà del legislatore europeo e nazionale, gli strumenti interpretativi presenti nel nostro ordinamento se coordinati con le norme di derivazione europea, possono prospettare dei margini di tutela ulteriore per il consumatore, avendo come guida il principio di buona fede nella fase delle trattative e nella conclusione del contratto. L’assenza nel nostro ordinamento di un apposito sistema rimediale, che faccia discendere dalle ipotesi di violazione di un obbligo informativo una sanzione tipica, fa si che la ricerca della soluzione è inevitabilmente lasciata all’interprete. Orbene, in un contesto del genere, la dottrina (ma anche, come visto in precedenza, la giurisprudenza) si è sbizzarrita dando vita ad un ventaglio di ipotesi, da taluno definito come l’“ambaradan dei rimedi contrattuali”. Ecco dunque che si è dedicato ampio spazio a quello che è il dibattito nazionale tra regole di validità e regole di correttezza, fino alla pronuncia delle SS.UU del 2007, e i risvolti in termini degli effetti che la violazione delle regole di comportamento possono provocare su un contratto valido ma tuttavia sconveniente. Da questo spunto, e per approcciarsi ad una soluzione di quella che è la violazione degli obblighi precontrattuali in senso stretto, in omessa valutazione del merito creditizio, o nelle patologie del Pies, si è analizzata la disciplina interne e si è ipotizzata l’applicabilità della teoria dei vizi incompleti. Funzione della teoria dei c.d. vizi incompleti potrebbe perciò rinvenirsi nell’esigenza di evitare che la disciplina dell’invalidità negoziale possa venire facilmente elusa da soggetti che, furbamente, utilizzino tali limiti per concludere contratti con assetti di interessi fortemente squilibrati e pur tuttavia validi; e per fungere da guida per gli operatori del diritto al fine di cristallizzare la nuova fattispecie della responsabilità precontrattuale in caso di contratto valido, ma sconveniente. Inoltre, gran parte della dottrina propende a escludere il ricorso al rimedio invalidante sulla scorta di un’importante pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione risalente al 2007, concernente i contratti di investimento e la violazione degli obblighi informativi. Al di là dell’oggetto specifico della controversia, queste sentenze sono particolarmente importanti per l’innovazione che hanno apportato nell’ordinamento sul tema del rapporto fra regole di validità e di responsabilità in caso di violazione degli obblighi di buona fede nella fase delle trattative. L’elaborazione della teorica dei c.d. vizi incompleti ha svolto un’opera di “traino” ai fini dell’avvicinamento delle due discipline (quella precontrattuale e quella relativa al sistema delle invalidità negoziali), portando con sé notevoli conseguenze, anche sul piano giurisprudenziale, tralatiziamente ancorato ad interpretazioni riduttive della normativa precontrattuale. Per quanto attiene più nel dettagli alla violazione dell’obbligo di valutazione del merito creditizio, abbiamo avuto modo di constare che già la direttiva sul credito al consumo 2008/48/Ce aveva introdotto l’esecuzione della verifica della solvibilità del consumatore/ debitore non aveva regolato le conseguenze dell’eventuale inadempimento di questo obbligo, per cui all’art.23 della direttiva in linea con quanto previsto dal considerando n.47, si limitava a rimettere agli Stati membri la definizione di sanzioni che fossero “efficaci, proporzionate e dissuasive” per punire la violazione delle disposizioni nazionali in materia di credito al consumo. Tuttavia la discrezionalità lasciata al legislatore nazione difficilmente si coordinava con l’obiettivo di armonizzazione massima a livello europeo. Lo stesso legislatore italiano non aveva ritenuto di intervenire per determinare le conseguenze sanzionatorie dell’omessa valutazione del merito creditizio da parte del finanziatore che, quindi dipenderanno dalla normativa da parte dei giudici nazionali, attraverso il ricorso ai rimedi civilistici esistenti. Corre l’obbligo precisare che se è vero che il nostro sistema civilistico non preveda il divieto di erogare il finanziamento qualora la capacità restitutoria del consumatore risultasse negativa, essendo pacificamente ammessi sia da parte di dottrina che di giurisprudenza la piena validità dei contratti stipulati in tale contesto, tuttavia, l’importanza della valutazione si ravvisa laddove la sua violazione comporti un effetto negativo sul consumatore sicuramente importante; lo stesso infatti dopo la concessione del credito confidando sulla propria capacità di sostenere il piano di rimborso, affidandosi alla valutazione che il finanziatore avrebbe dovuto eseguire prima dell’erogazione, si ritrova in realtà in uno stato di futura insolvenza. Un comportamento scorretto del finanziatore sia che non effettui la preventiva verifica del merito creditizio, sia che conceda il finanziamento in presenza di una valutazione dall’esito negativo, avrà come conseguenza l’erogazione al consumatore di un credito eccessivo rispetto alla sua capacità restitutoria e, a ragione di ciò, potrebbe non riuscire a rispettare gli impegni assunti. Nonostante la mancanza di una specifica disposizione sul punto, la dottrina ha ritenuto opportuno tutelare il consumatore prevedendo che il mancato rispetto da parte del finanziatore di un obbligo di condotta determini la possibilità di poter agire per ottenere un risarcimento danni, in quanto non ha ricevuto tutte le informazioni necessarie per potere giungere ad una decisione ponderata e ciò l’ha portato a contrarre un debito non sostenibile. Può quindi concludersi considerando che seppure la direttiva mutui si sia inserita in un contesto tentando di colmarne lacune, alla luce soprattutto di un’armonizzazione massina in aspetti che se lasciati ai singoli Stati, avrebbero comportato un eccessivo divario di tutela, è proprio in quell’ambito dove avrebbe dovuto spingersi oltre che in realtà si arresta. La tutela del contraente debole, soprattutto nella fase precontrattuale, in termini di “rimedi” per violazioni da parte dell’operatore del credito, sembra essere ancora ancorata alle soluzioni domestiche dei singoli Stati che si trovano quindi a far fronte a recepimenti di direttive che seppure, come è, sono finalizzate alla massima tutela del consumatore, tralasciano poi quello che è l’aspetto dove concretamente si dovrebbe attuare questa tutela, ovvero la fase esecutiva.
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BANDIERA, EDOARDO. "I terzi nel procedimento di prevenzione patrimoniale finalizzato alla confisca. Diritti, poteri e tutela dei soggetti coinvolti nel procedimento alla luce della direttiva 2014/42/UE e del regolamento 2018/1805/UE." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2020. http://hdl.handle.net/11392/2488047.

Full text
Abstract:
L’indagine ha ad oggetto la tutela procedimentale che l’ordinamento riconosce ai terzi coinvolti in un procedimento finalizzato all’adozione di un provvedimento di confisca di prevenzione; dunque, si concentra sui diritti ed i poteri che questi soggetti possono esercitare nel corso del procedimento. L’assunto da cui prende abbrivio la ricerca è quello per cui negli ultimi anni l’attenzione del legislatore, in materia penale, è stata catalizzata sempre più dai patrimoni e dalle ricchezze illecitamente accumulate dalle organizzazioni criminali, che sono così divenute il bersaglio privilegiato dell’intervento punitivo. Accanto a un diritto penale patrimoniale si è, così, edificato un “processo al patrimonio” che ha visto nelle forme di incapacitazione patrimoniali, recte nella confisca, la forma privilegiata di risposta coercitiva statale. In particolare, il modello italiano si è connotato per un ricorso parossistico all’utilizzo della confisca misura di prevenzione, una sanzione dalla natura non penale. La considerazione per cui i provvedimenti ablatori, siano essi cautelari, oppure definitivi, rischiano di coinvolgere beni formalmente nella proprietà o nella disponibilità di soggetti terzi ha mosso il legislatore, nazionale . È questo il motivo per cui la più recente normativa europea (la direttiva 2014/42/UE relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione europea) chiede agli Stati membri di garantire uno statuto minimo di tutela dei diritti dei terzi in sede di trasposizione (artt. 6 e 7). Peraltro, in sede di recepimento della direttiva (d.lgs. 29 ottobre 2016, n. 202) il legislatore domestico non ha apportato alcuna modifica al nostro ordinamento in merito alle garanzie che devono essere riconosciute ai soggetti terzi coinvolti in un procedimento penale all’esito del quale sarà comminata la sanzione della confisca. Dal punto di vista della teoria generale del processo, infatti, il terzo non essendo una parte del processo penale, ma un estraneo, non può proporre alcuna impugnazione avverso la sentenza di primo grado che prevede la confisca di beni su cui vanti, a qualsiasi titolo, una pretesa. La tutela dei soggetti terzi, invece, è da tempo “croce e delizia” del procedimento di prevenzione patrimoniale. Si sono così esaminate le differenti posizioni e gli strumenti di tutela corrispondenti a ciascuna di esse, che le diverse tipologie di terzi possono azionare, pur nell’unicità del procedimento.
The investigation has as its object the procedural protection that the system recognizes to third parties involved in a procedure aimed at the adoption of a measure of confiscation of prevention; therefore, the analysis focuses on the rights and powers that these subjects can exercise during the procedure. The assumption from which the research is taken into consideration is that, in recent years, the attention of the Legislator, in the criminal matter, has been catalyzed more and more by the patrimonies and riches illegally accumulated by the criminal organizations, which have become the privileged target of the punitive intervention. Alongside a criminal patrimonial law, a "trial of the patrimony" has been built up, which has seen in the forms of patrimonial incapacitation, recte in the confiscation, the privileged form of coercive state response. In particular, the Italian model has been characterized by a paroxysmal recourse to the use of the confiscation measure of prevention, a sanction of a non-criminal nature. The consideration for which the dispositions of attorney, whether precautionary or definitive, risk involving property formally in the ownership or availability of third parties, has moved the legislator, national and European, to prepare a minimum statute of guarantee in respect of these subjects. This is why the most recent European legislation (Directive 2014/42/EU on the freezing and confiscation of instrumental property and the proceeds from crime in the European Union) calls on the Member States to guarantee a minimum statute for the protection of the rights of third parties when transposing it (Articles 6 and 7). From the point of view of the general theory of the trial, in fact, the third party, not being a part of the criminal trial, but a stranger, cannot propose any appeal against the sentence of first instance which provides for the confiscation of goods and properties on which, for whatever reason, a claim is made. The protection of third parties, on the other hand, has long been a "cross and delight" of the procedure of patrimonial prevention. The research has been characterized by two poles: on the one hand, the process of patrimonial prevention; on the other, the participation of the third party in the same. In conclusion, particular attention was paid to the issue of evidence, differentiating with regard to the object of evidence that each category of third party is required to demonstrate.
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DE, LUCA CARLOTTA. "L'ORDINE EUROPEO D'INDAGINE PENALE: DISCIPLINA NORMATIVA E PRIME ESPERIENZE APPLICATIVE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2022. http://hdl.handle.net/2434/919437.

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Abstract:
L’ordine europeo di indagine penale, introdotto dalla direttiva 2014/41/UE, è uno strumento di cooperazione giudiziaria nel settore delle prove divenuto imprescindibile a fronte della crescente dimensione transnazionale assunta dalla criminalità, quale conseguenza dell’evaporazione dei confini geografici nello Spazio di libertà, sicurezza e giustizia dell’Unione europea. La direttiva sovranazionale, recepita nell’ordinamento italiano attraverso il d.lgs. n. 108 del 2017, ha dato vita a un istituto avente natura ibrida, animato dal principio del reciproco riconoscimento, che conserva, al contempo, alcuni tratti tipici della mutua assistenza giudiziaria tradizionale, nel tentativo di coniugare l’efficienza investigativa e la tutela delle garanzie fondamentali. Sullo sfondo di un contesto caratterizzato dall’assenza di armonizzazione tra le regole processuali e probatorie nazionali, il meccanismo di acquisizione della prova all’estero ruota attorno al principio di proporzionalità, che prende forma nel giudizio di bilanciamento, da condursi in concreto tenendo conto delle peculiarità del caso, tra le esigenze connesse all’accertamento del reato e il sacrificio imposto ai diritti delle persone a vario titolo coinvolte nelle procedure di emissione ed esecuzione dell’ordine. La presente tesi di dottorato intende fornire un’analisi a trecentosessanta gradi dell’ordine europeo d’indagine, prendendo le mosse dalla disciplina normativa, con l’obiettivo di mettere in luce le principali problematiche emerse nelle sue prime esperienze applicative e individuare soluzioni in grado di accorciare le distanze che separano teoria e prassi. A tal fine, ampio spazio è dedicato alla ricostruzione delle prime pronunce giurisprudenziali rese sul tema dalla Corte di giustizia e dalla Corte di cassazione, che rivelano complessivamente la tendenza a prediligere le istanze di efficienza investigativa a scapito dei diritti della difesa, per poi esporre, in chiave critica, alcuni casi pratici selezionati presso le Procura della Repubblica di Milano e di Monza
The European criminal investigation order, introduced by Directive 2014/41/EU, is an instrument of judicial cooperation in the field of evidence, which has become necessary, given the growing transnational dimension of crime as a result of the sublimation of geographical boundaries in the European Union's Area of Freedom, Security and Justice. The supranational directive, implemented by Italian Legislative Decree no. 108 of 2017, has given rise to a construct of hybrid nature, inspired by the principle of mutual recognition, which maintains, at the same time, certain features typical of traditional mutual legal assistance, in an attempt to combine investigative efficiency and protection of fundamental guarantees. In an underlying backdrop still characterized by the absence of harmonization of national procedural and evidentiary rules, the mechanism for adducing evidence in a foreign country revolves around the principle of proportionality, which in turn takes shape in the context of a balancing judgement - to be conducted in the actual case and taking into consideration the specificities of such case - between the needs related to the detection of crime and the sacrifices imposed on the rights of the persons involved, for various reasons, in the procedures aimed at issuing and executing the relevant order. This doctoral thesis intends to provide a comprehensive analysis of the European Investigation Order, beginning with its legal framework, for the purposes of highlighting the main problems that have emerged in its early-stage enforcement and of identifying solutions capable of shorten the gap between theory and practice. To this end, a large space is firstly dedicated to the analysis of the early case-law rendered by the Court of Justice and by the Italian Court of Cassation on this theme, which reveals the overall tendency to prefer purposes of investigatory efficiency to the detriment of defense rights; secondly, this thesis critically evaluates some practical cases selected at the Public Prosecutor's Office of Milan and Monza.
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REMOTTI, GIORGIO. "I RAPPORTI TRA AUTORI, ARTISTI E COLLECTING L'apparente antitesi tra efficienza e solidarietà nel quadro italiano di recepimento della direttiva UE n. 26 del 2014." Doctoral thesis, Università degli studi di Pavia, 2018. http://hdl.handle.net/11571/1214792.

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Abstract:
La tesi si occupa dei rapporti tra i titolari dei diritti d’autore e le società di gestione collettiva. Il tema è oggi in una fase di riforma a causa dell’introduzione della direttiva UE n. 26 del 2014. L’intervento del legislatore europeo incide fortemente sull’assetto attuale del modello di gestione collettiva presente in molti ordinamenti europei e quindi sul sistema di diritto d’autore. In particolare il modello proposto dalla direttiva abbandona la logica corporativa e associativa con funzioni solidaristiche, che aveva connotato le prime esperienze di gestione collettiva per abbracciare un sistema dedicato ed efficientista atto a perseguire finalità economiche. Il principale indizio di questo cambiamento si rinviene nell’art. 3 della direttiva, in cui si prevede l’introduzione della possibilità di perseguire finalità lucrative per gli organismi di gestione collettiva e che addirittura per le entità di gestione indipendente costituisce un requisito essenziale. Il mutamento del sistema di gestione collettiva incide sulle funzioni a cui è preordinato. Nel sistema tradizionale di gestione collettiva emergeva una funzione di particolare rilevanza nel sistema di diritto d’autore, vale a dire quella di assicurare una remunerazione sufficiente ad autori e artisti, non strettamente determinata dalle sole regole di mercato ma secondo criteri di giustizia distributiva informati da una dimensione solidaristica. Nel nuovo sistema, invece, perdono rilievo proprio le funzioni solidaristiche volte – anche – ad assicurare una remunerazione equa ad autori e artisti. Il rischio che ne discende è quello di pregiudicare le funzioni stesse che sottendono alle regole attributive dei diritti d’autore. E in particolare di intaccare quel meccanismo incentivante alla produzione e divulgazione delle opere culturali che vede nell’equa remunerazione il giusto premio che l’ordinamento riserva a ciascun autore o artista che abbia concretamente contribuito al progresso e allo sviluppo culturale e sociale. Si presenta allora l’esigenza di assicurare anche nel nuovo sistema di gestione collettiva, la funzione in parola. Nell’ordinamento italiano tale funzione trova un addentellato nell’art. 36 Cost. Ciò consente di interpretare l’accordo negoziale intercorrente tra titolare dei diritti e collecting sulla base di un principio di giustizia distributiva. E tale previsione può costituire il fondamento sistematico per giustificare l’estensione di alcuni rimedi previsti dall’ordinamento ai rapporti in esame, come ad esempio, quelli previsti nelle ipotesi di abuso di dipendenza economica.
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Sbordoni, Anna <1995&gt. "Il diritto d'autore dalle origini ad oggi. Confronto fra SIAE e Soundreef alla luce della direttiva 2014/26/UE e un'introduzione al diritto d'autore in architettura." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15508.

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Abstract:
Questo elaborato si propone di fornire un inquadramento storico e normativo del diritto d’autore, mostrandone l’evoluzione dalle origini alla recente liberizzazione che ha portato, in Italia, alla comparsa di alternative alla SIAE, in primis Soundreef. Analizzando la storia del diritto d’autore europeo, ci si sofferma in particolare sulle vicende inglesi e francesi del Settecento, che, sommate ad una percezione romantica, hanno creato le basi del diritto d’autore moderno. A fronte di differenze nazionali più o meno accentuate, si riscontra una matrice comune che, a partire dalla fine del XIX sec, numerosi stati hanno sentito l’esigenza di definire a livello internazionale, nell’ottica di una progressiva armonizzazione delle normative domestiche. Alle convezioni internazionali in materia è seguito un tentativo di armonizzazione, tuttora in atto, a livello dell’UE, con l’obiettivo di uniformare i trattamenti riservati agli aventi diritto nei diversi stati dello spazio comune europeo. Significativo è stato l’apporto della Dir. 2014/26/UE, che ha aperto nuove possibilità alle collecting societies europee ed agli aventi diritto che ad esse si affidano. Nello specifico, si analizzano le due società SIAE e Soundreef e si cerca un contributo da parte di professionisti del settore che permetta di capire, a livello pratico, l’impatto di quanto descritto. Infine, si analizza il caso particolare del diritto d’autore in architettura, cui spesso non viene dedicata particolare attenzione.
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Pavani, Michela <1993&gt. "L'informativa non finanziaria aziendale nella Direttiva 2014/95/UE Analisi delle imprese europee nell'anno fiscale 2016: uno sguardo su Belgio, Cipro, Croazia, Finlandia, Germania, Portogallo, Romania, Regno Unito." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/12675.

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Abstract:
Lo scopo di questo elaborato è di studiare la conformità dell’informativa non finanziaria delle imprese europee in relazione a quanto disposto dalla Direttiva 2014/95/UE sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità, prima dell’entrata in vigore della stessa. Attraverso un campione randomizzato di 100 aziende appartenenti a Belgio, Cipro, Croazia, Finlandia, Germania, Portogallo, Romania e Regno Unito, si vuole analizzare la divulgazione di suddetta informativa nei report dell’anno fiscale 2016, andando a verificare eventuali relazioni tra il grado di comunicazione dell’impresa e l’appartenenza ad un determinato paese o settore. Dopo una breve introduzione, il primo capitolo della tesi racchiude l’evoluzione della non-financial disclosure: dalla definizione di framework, standard e linee guida su base volontaria da parte di varie organizzazioni alla nascita del Sustainability Reporting arrivando, al giorno d’oggi, alla diffusione dell’Integrated Reporting. Il secondo capitolo si concentra sulla fase di stesura della Direttiva in esame e sul suo contenuto normativo, con uno sguardo all’approccio adottato dai singoli stati membri sui temi che riguardano la responsabilità sociale d’impresa. Infine, il terzo capitolo contiene le evidenze relative all’analisi empirica condotta: in particolare vengono riportate alcune ipotesi sviluppate al fine di spiegare le differenze nel livello di comunicazione non finanziaria delle aziende, la metodologia di analisi adottata e una discussione riguardante i risultati ottenuti a seguito dell’elaborazione dei dati. In conclusione, vengono evidenziati gli eventuali limiti dello studio e i possibili sviluppi futuri.
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Book chapters on the topic "Direttiva 2014/41/UE"

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Barata, Mário Simões. "Decisão Europeia de Investigação e o Direito à Ação Consagrado no Artigo 47º da Carta dos Direitos Fundamentais da União Europeia." In Direitos Humanos e Justiça em Perspectiva, 123–35. JUS.XXI, 2022. http://dx.doi.org/10.51389/bzwd7378.

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Abstract:
Em 2019, o Tribunal de Justiça da União Europeia (TJUE) proferiu a sua primeira decisão referente à Decisão Europeia de Investigação (DEI), adotada pela Diretiva 2014/41/UE, no Processo C-324/17, Gavanozov, de 24 de outubro. Na sequência de um pedido de decisão prejudicial, o TJUE declarou que “o artigo 5.o, no 1, da Diretiva 2014/41/UE do Parlamento Europeu e do Conselho, de 3 de abril de 2014, relativo à Decisão Europeia de Investigação em matéria penal, lido em conjugação com a secção J do formulário constante do anexo A desta diretiva, deve ser interpretado no sentido de que a autoridade judiciária de um Estado-Membro não tem, no momento da emissão de uma decisão europeia de investigação, de incluir nesta secção uma descrição das vias de recurso eventualmente previstas no seu Estado-Membro, contra a emissão dessa decisão”. No entanto, o Advogado-Geral da União, Yves Bot, considerou que a autoridade judiciária búlgara não podia ter emitido a DEI, em virtude de a legislação nacional não prever qualquer remédio contra as medidas de investigação solicitadas, o que é contrário ao estabelecido no artigo 47º da Carta dos Direitos Fundamentais da União Europeia (CDFUE). Face às leituras opostas deste instrumento de cooperação judiciária em matéria penal, esta apresentação visa analisar a decisão do TJUE e as conclusões do AG, de modo a tomar uma posição acerca da eventual necessidade do legislador da União alterar a Diretiva DEI em conformidade com as exigências de respeito pelos direitos fundamentais.
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Conference papers on the topic "Direttiva 2014/41/UE"

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Bemer, Fabrizia. "The Directive 2014/41/UE - The European Investigation Order." In 2019 European Intelligence and Security Informatics Conference (EISIC). IEEE, 2019. http://dx.doi.org/10.1109/eisic49498.2019.9108881.

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