Journal articles on the topic 'Democrazia del pubblico'

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1

Cirillo, Antonella. "L'amministrazione relazionale. Modelli comunicativi di Public Governance." RIVISTA TRIMESTRALE DI SCIENZA DELL'AMMINISTRAZIONE, no. 4 (November 2011): 59–78. http://dx.doi.org/10.3280/sa2011-004005.

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Abstract:
Il percorso di modernizzazione della Pubblica amministrazione italiana č analizzato alla luce della piů ampia transizione politico-istituzionale in corso nelle democrazie contemporanee dallo schema autoritativo diallo schema reticolare di. I mutamenti legislativi, organizzativi e culturali con cui a partire dagli anni '90 il sistema pubblico del nostro paese tenta di adeguarsi agli standard qualitativi e competitivi richiesti dalle imperanti logiche del mercato globale ruotano attorno ai principi fondativi della. In particolare, nell'articolo si intende porre in evidenza come l'attivazione e il presidio da parte delle amministrazioni pubbliche di flussi comunicativi interni ed esterni coordinati e continuativi costituisca, in termini e di strumento e di processo, il presupposto funzionale e strategico ineludibile per la realizzazione di pratiche di democrazia deliberativa e partecipativa.
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2

Ciaffi, Daniela, and Emanuela Saporito. "Il diritto alla cura dei beni comuni come palestra di democrazia." SOCIOLOGIA URBANA E RURALE, no. 127 (March 2022): 39–51. http://dx.doi.org/10.3280/sur2022-127004.

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Abstract:
L'incrocio tra il diritto e la sociologia urbana apre a scenari di sperimentazione di modelli democratici nuovi, permettendoci di ridefinire servizi pubblici, spazi urbani, territori come beni comuni. Secondo la prospettiva proposta, le pratiche sempre più diffuse di cittadinanza attiva, che si prende cura dei beni comuni, trasformano i cittadini/abitanti da utilizzatori/consumatori di servizi e spazi a prosumers, suggerendoci che siamo in una fase di cambio di paradigma nella rappresentazione e definizione delle istituzioni pubbliche. La scuola è proposta come campo concreto di riflessione, nel suo passaggio da servizio pubblico a bene comune, quando cioè si territorializza, diventando oggetto di cura di tutta la "comunità educante", per disegnarsi sui caratteri socio-spaziali del bisogno educativo.
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3

Elster, Jon. "La democrazia deliberativa." SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI (LA), no. 36 (January 2010): 33–50. http://dx.doi.org/10.3280/las2009-036004.

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Abstract:
- L'articolo esamina le qualitÀ della democrazia deliberativa a partire dal riferimento a espressioni storiche di questa: nelle istituzioni ateniesi del quinto-quarto secolo a. C., nella Convenzione Federale statunitense del 1788, negli Stati Generali della Rivoluzione francese, in varie esperienze locali odierne. Stabiliti tre modelli di democrazia (diretta, rappresentativa, del sorteggio) e tre criteri per la deliberazione (moralitÀ, causalitÀ, probabilitÀ), la questione da affrontare č se la forma deliberativa di democrazia sia un buon sistema politico. La risposta č sě, purché si verifichino tre condizioni: intensitÀ della motivazione nei partecipanti, orientamento al bene pubblico della motivazione stessa, corretta informazione dei partecipanti. Ma si tratta di una conclusione ipotetica, che tiene conto della complessitÀ e molteplicitÀ dei fattori in gioco, e dunque del fatto che nessuna proprietÀ dei processi decisionali collettivi č desiderabile incondizionatamente.
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4

Viñuela, Enrique García, and Pablo Vázquez Vega. "The Financing of Political Parties: a Public Choice Approach*." Journal of Public Finance and Public Choice 14, no. 1 (April 1, 1996): 41–55. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907540246.

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Abstract:
Abstract I numerosi e recenti casi di finanziamenti illegali ai partiti politici, malgrado la diffusa convinzione dell’importanza del finanziamento legale ai partiti come prerequisite di una efficiente democrazia rappresentativa, mettono in evidenza come il fenomeno del finanziamento illegale ai partiti sia un fenomeno alquanto diffuso. Ciò ha portato i Paesi più afflitti da questa pratica ad introdurre riforme nella legislazione che riguarda il finanziamento dei partiti politici.Gli AA. ricostruiscono in questo articolo i punti salienti dell’organizzazione dei partiti politici nei Paesi a più radicata democrazia, analizzando separatamente sia il finanziamento pubblico (suggerito qualora i cittadini fossero riluttanti alia contribuzione), sia il finanziamento privato (più adatto in una democrazia con partiti forti e liberi dal con- * trollo statale e dei gruppi di pressione).La loro pragmatica conclusione è nel senso che i partiti politici dovrebbero sfruttare l’occasione della riforma di questa normativa per riguadagnare consensi presso l’elettorato e che il sistema più efficace per controllare il fenomeno del finanziamento illegale dei partiti è quello di ridurre gli incentivi verso la ricerca di rendite parassitarie nel settore pubblico.
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Sola, Giorgio. "LA DEMOCRAZIA RIVISITATA DA SARTORI: UNA NOTA." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 19, no. 1 (April 1989): 113–36. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200017512.

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Abstract:
IntroduzioneL'uscita diThe Theory of Democracy Revisited(Chatham, N.J., Chatham House, 1987, 2 voll.) è un avvenimento di grande rilievo, non solo per la comunità politologica internazionale, ma anche per un pubblico colto ed informato. La ragione principale consiste nel fatto che questa opera di oltre cinquecento pagine rappresenta il punto di arrivo e la sintesi di trent'anni di studi e di ricerche condotte da Giovanni Sartori nel campo della politica, con particolare riguardo ai problemi del metodo, allo studio dei partiti e dei sistemi di partito, all'edificazione di una teoria della democrazia in cui trovino coerente collocazione sia gli aspetti descrittivi che quelli prescrittivi, sia le aspirazioni che le valutazioni che accompagnano questo termine fin dal suo apparire nel IV secolo a.C.
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6

Dovizio, Ciro. "Tra questione siciliana e questione mafiosa. Sul giornale "L'Ora" nella seconda metà degli anni Cinquanta." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 297 (January 2022): 36–66. http://dx.doi.org/10.3280/ic2021-297002.

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Abstract:
Negli anni Cinquanta il Partito comunista acquisì l'antica testata de "L'Ora" con l'obiettivo di allargare l'opinione di sinistra in Sicilia. Alla direzione fu chiamato il calabrese Vittorio Nisticò, già redattore del giornale filocomunista romano "Paese Sera", il quale seguì una linea fortemente regionalista, critica verso la gestione democristiana dell'autonomia, propugnando alleanze non necessariamente in sintonia col quadro nazionale. Opzione, questa, venuta alla ribalta nel 1958-60 con i governi regionali di Silvio Milazzo, appoggiati da dissidenti Dc, destre e, sia pure esternamente, dai social-comunisti. A tale prospettiva venne affiancandosene, a un certo punto, un'altra di pugnace contestazione della mafia e dei suoi rapporti con la Democrazia cristiana, divenuta presto la più autentica cifra del giornale. Logico che il discorso pubblico appiattisse la vicenda sull'immagine un po' unilaterale del ‘quotidiano antimafia'. L'articolo affronta la fase iniziale della direzione Nisticò, attingendo alla collezione del giornale e a documenti d'archivio, sottolineando come solo parzialmente la dimensione regionalista si sovrapponesse a quella antimafia, balzata all'attenzione dell'opinione pubblica dopo la grande inchiesta dell'autunno 1958. Senza pretese di completezza, l'intento è d'indagare un caso ancora inesplorato dalla storiografia.
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7

Pulignano, Valeria. "E-democrazia al lavoro: effetti e problematicità dell'era digitale." SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no. 160 (August 2021): 7–23. http://dx.doi.org/10.3280/sl2021-160001.

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Abstract:
Questo contributo mette in evidenza le problematicità derivanti dagli effetti della tecnologia digitale sulla democrazia. Tre sono i temi principali che vengo affrontati. Il primo è legato al controllo di sistemi tecnologici avanzati nelle mani di una élite che rischia di aumentare il suo potere e la sua influenza sulle masse di utenti e consumatori che utilizzano le nuove tecnologie. Il secondo tema, direttamente connesso al primo, riguarda la fiducia del pubblico verso le istituzioni democratiche a seguito dell'entrata in campo di sistemi di comunicazione digitale di massa, che spesso sono portatori di disinformazione e notizie false (‘fake news'). Il terzo tema, è quello del ‘capitalismo della sorveglianza', che si lega alle relazioni industriali e di lavoro, nel senso che esamina le implicazioni che questo comporta per la democrazia, intesa come partecipazione diretta e indiretta dei lavoratori sui luoghi di lavoro.
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8

Dondi, Mirco. "L'emittenza privata tra cambiamento sociale e assenza normativa (1976-1984)." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 298 (June 2022): 278–301. http://dx.doi.org/10.3280/ic298-oa1.

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Abstract:
Il saggio analizza la fase nascente delle televisioni private in Italia e l'autonoma evoluzione del sistema televisivo fino al consolidamento dei tre network nazionali Canale 5, Italia 1, Rete 4. I protagonisti di questa fase sono le piccole televisioni private, i grandi editori e i partiti. Le prime stazioni televisive sono spesso destinate a una breve vita, ma rappresentano un interessante fenomeno di costume che apre la strada ai grandi investitori. Sin dall'inizio degli anni Settanta i principali gruppi editoriali Rizzoli, Rusconi, Mondadori ai quali si aggiunge poi Silvio Berlusconi, entrano nell'emittenza televisiva con l'obiettivo di creare emittenti nazionali, un percorso che si compie attraverso strette relazioni con i partiti politici, soprattutto con la Democrazia cristiana e il Partito socialista. In una fase di piena trasformazione, l'assenza di una disciplina normativa, legata a un calcolo politico dei partiti, gioca a favore degli investitori più forti. La trasformazione dell'etere si accompagna a un processo di mutazione antropologica del pubblico, al quale concorre l'influsso della pubblicità. I mutati gusti del pubblico costituiranno un freno alla sistemazione del settore televisivo.
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Febbrajo, Alberto. "Per una sociologia del diritto tributario." SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no. 2 (December 2011): 27–31. http://dx.doi.org/10.3280/sd2011-002002.

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Abstract:
Questa presentazione tenta di sottolineare l'importanza di una sociologia del diritto tributario che, ingiustamente trascurata, costituisce un cruciale punto di congiunzione tra la sociologia del diritto e la sociologia dell'agire economico. Tale connessione, che risulta sempre piů visibile in un sistema complesso come il nostro, richiede l'utilizzazione sul piano teorico di strumenti di analisi inter-sistemica, sul piano empirico di strumenti di analisi delle opinioni del pubblico e, sul piano concettuale, di strumenti di comparazione tra sistemi giuridici diversi. Una sociologia del diritto tributario dovrŕ infatti tenere conto della graduale perdita di significato degli orizzonti nazionali delle politiche fiscali. Correlativamente, dovrŕ tenere conto del profondo influsso di organismi e relazioni sovranazionali nel quadro di una "democrazia finanziaria" che stabilisca sempre piů stretti contatti tra ruoli e istituzioni dei sistemi giuridici ed economici dei diversi Stati.
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Ciampi, Marina. "Per una fenomenologia della societŕ contemporanea. Accesso, approvvigionamento e democrazia dell'acqua." RIVISTA TRIMESTRALE DI SCIENZA DELL'AMMINISTRAZIONE, no. 3 (November 2010): 137–49. http://dx.doi.org/10.3280/sa2010-003013.

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Abstract:
Nella societŕ contemporanea, definita anche societŕ del rischio globale, la crisi idrica riveste un ruolo decisivo ma controverso rispetto ad altri rischi (sanitari, ambientali, finanziari, bellici). Essa infatti colpisce maggiormente le aree geografiche del sud del mondo, dove tale risorsa č sempre piů carente e di scarsa qualitŕ; al contrario i Paesi industriali avanzati hanno un approccio poco responsabile nei confronti di un bene cosě prezioso e di una fonte che č esauribile e limitata. I vantaggi dello sviluppo e della globalizzazione non sono infatti distribuiti equamente a livello geografico e il gap tra i "ricchi" e gli "ultimi della Terra" sta diventando sempre piů profondo. Eppure uno sviluppo che intenda essere davvero sostenibile deve affrontare globalmente il problema della disponibilitŕ dell'acqua potabile, della sua qualitŕ, del suo accesso pubblico, in un'ottica di gestione e condivisione democratica di tale risorsa. Accedere all'acqua č un diritto fondamentale, universale e inalienabile, ma se non si attuerŕ un'inversione di tendenza a livello sociale, economico e politico, tale bene continuerŕ ad essere sempre piů mercificato e privatizzato.
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Monti, Paolo. "Audi e Habermas. Forme del discorso fra religione e sfera pubblica." PARADIGMI, no. 2 (July 2009): 157–68. http://dx.doi.org/10.3280/para2009-002014.

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Abstract:
- R. Audi and J. Habermas share, despite their mutual differences, the goal of rethinking the relationship between public discourse and religious inspirations in a new way, with the aim of overcoming the inadequacy of traditional liberal schemes. Both focus on the issue at stake from the point of view of a possible ethics of citizenship and find a key point in the epistemological position of religious discourse inside the public sphere. Audi's proposal effectively offers normative boundaries to a public ethics of political arguments of religious nature, within a liberal but fairly inclusive perspective. Habermas' reflection looks more persuasive at the level of premises, as it radically questions the epistemological issue behind public discourse in liberal democracies.Keywords: Audi, Habermas, Religion, Democracy, Public discourse, Secularism.Parole chiave: Audi, Habermas, Religione, Democrazia, Discorso pubblico, Laicitŕ.
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Foro, Philippe. "Sguardi francesi sulla storia d'Italia: lineamenti di un bilancio storiografico." MONDO CONTEMPORANEO, no. 1 (July 2012): 119–32. http://dx.doi.org/10.3280/mon2012-001005.

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Abstract:
La storiografia francese sull'Italia contemporanea raccoglie una serie di storici la cui attivitŕ č rilevante giŕ da una trentina d'anni. Al seguito di Pierre Milza, che ha svolto un ruolo importante di stimolo, diversi studiosi francesi hanno dato il loro contributo alla comprensione dell'Italia del Risorgimento, del periodo fascista e della democrazia repubblicana. Sono stati affrontati diversi generi storiografici: la biografia (Mazzini, Cavour, Mussolini), le istituzioni (la classe politica fascista), il fenomeno totalitario fascista (la persecuzione antisemita, il controllo dello Stato e dell'economia), oltre che solide sintesi (l'Italia repubblicana). Di conseguenza, l'Italia č oggi uno dei grandi paesi europei che incontra un vivo interesse nella scuola storica francese e presso il pubblico francese. Questo articolo prova a proporne un panorama.
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Matteo Bianchini. "Esperienze di partecipazione attiva delle studentesse e degli studenti al processo di decision-making: l’emozione della democrazia a Scuola-Città Pestalozzi." IUL Research 3, no. 5 (June 20, 2022): 287–97. http://dx.doi.org/10.57568/iulres.v3i5.331.

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Abstract:
Scuola-Città Pestalozzi, fin dalla sua origine, ha organizzato la scuola in una comunità educante in cui la partecipazione attiva degli studenti al processo di decision-making è sempre stata al centro del piano dell’offerta formativa. La scuola all’inizio era organizzata come una vera e propria città in cui a rotazione ogni funzione, dal sindaco al pubblico ministero, dall’assessore al giardiniere, era coperta da studenti e studentesse. Oggi quell’organizzazione è cambiata, si è trasformata, sono rimasti però i paradigmi pedagogici di quell’esperienza. Il contributo che proponiamo è quello di raccontare le esperienze di oggi rispetto alla partecipazione attiva delle studentesse e degli studenti al processo di decision- making.
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Lingle, Christopher. "Rent-Seeking and the EC Social Charter." Journal of Public Finance and Public Choice 8, no. 1 (April 1, 1990): 23–33. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907344893.

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Abstract:
Abstract Le politiche sociali, così come sono state concepite nella Carta Sociale della Comunita Europea, impediranno lo sviluppo economico, la crescita e l’occupazione e promuoveranno la burocratizzazione e la centralizzazione dei poteri: questa la tesi sostenuta dall’Autore, che utilizza l’approccio metodologico della Public Choice per analizzare i contenuti della Carta Sociale europea. Frutto di rent-seeking da parte e a vantaggio di particolari gruppi di interesse, la Carta Sociale promuoverà rent-seeking ad altri livelli. La filosofia populista che ne ispira i contenuti, inoltre, favorirà una tendenza all’interventismo e alla concentrazione del potere politico della Comunita a discapito dei diritti degli Stati e in contrasto con il principio della sussidiarietà.Se, poi, argomenta l’A., questa stessa interpretazione populista della democrazia guiderà lo sviluppo futuro delle istituzioni comunitarie, non si verificherà nessun sostanziale cambiamento nella natura e nella fonte delle inefficienze del settore pubblico.Lo spreco associato al rent-seeking sarebbe invece notevolmente ridotto dalla attuazione di alcune misure alternative, coerenti con i principi della democrazia liberale: il mantenimento di strutture politiche decentralizzate (nazionali) che limitino lo sproporzionato accesso al potere dei gruppi di interesse; l’imposizione di limiti costituzionali a livello nazionale e sui processi fiscali e monetari della Comunità Europea, allo scopo di controllare deficits e inflazione; una riforma delle burocrazie nazionali e comunitaria per migliorare la produttività del settore pubblico.
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Saitto, Francesco. "RAGIONANDO SUL TRATTATO DI MAASTRICHT COME MOMENTO DI “FRATTURA”: PROCESSO DI INTEGRAZIONE EUROPEA E TRASFORMAZIONI DEL SISTEMA ECONOMICO." Il Politico 251, no. 2 (March 3, 2020): 138–57. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2019.241.

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Abstract:
L'articolo esamina il Trattato di Maastricht in una prospettiva storica e comparativa, concentrandosi sulle sue implicazioni economiche e costituzionali. Il Trattato di Maastricht viene quindi contestualizzato in un processo storico, evidenziando i tentativi dello Stato costituzionale europeo di affrontare la crisi del cosiddetto "liberalismo incorporato" dopo la caduta di Bretton Woods. Questo processo ha avuto significativi contraccolpi economici e politici in tutto il mondo. In Europa, gli anni Settanta sono stati caratterizzati da un'elevata instabilità economica, soprattutto in considerazione del sistema monetario e del crescente debito pubblico. Da allora è nata l'esigenza di una nuova forma di radicamento democratico del capitalismo, con l'obiettivo di creare un nuovo equilibrio tra capitalismo e democrazia. Sebbene pieno di contraddizioni, il Trattato di Maastricht rappresentava un tentativo di far fronte a questo mutevole ordine mondiale economico e politico. In quel periodo il sistema politico italiano si trovava a fronteggiare un'insopportabile instabilità economica e il Trattato di Maastricht rappresentava un'opportunità per favorire una riforma del sistema politico ed economico "dall'esterno" attraverso un "vincolo esterno", come lo definì Guido Carli. Non era la prima volta nella storia italiana. Un nuovo processo è iniziato e, pieno di contraddizioni e inadeguatezze, è ancora in corso.
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Barabaschi, Barbara. "La pubblica amministrazione come promotore di cittadinanza: la dimensione territoriale." SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no. 117 (May 2010): 166–78. http://dx.doi.org/10.3280/sl2010-117012.

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Abstract:
Il saggio suggerisce alcune riflessioni sul ruolo che la pubblica amministrazione italiana puň svolgere nella promozione di processi e strumenti di partecipazione democratica, assunti quale fondamento del pieno esprimersi del diritto di cittadinanza. Un diritto sancito costituzionalmente e ricco di implicazioni in termini di inclusione, coesione sociale, legittimitŕ e fiducia nelle istituzioni. Proprio per questo, puň risultare interessante, per i sociologi, analizzare la categoria la cittadinanza (definita attiva) dalla prospettiva dell'attore pubblico. Si indica inoltre la dimensione territoriale quale fattore rilevante ai fini di un'efficace azione pubblica volta a garantire l'effettivo concretizzarsi del diritto di cittadinanza. Sarebbe cioč importante che gli interventi a favore della partecipazione venissero promossi dal livello istituzionale piů prossimo ai cittadini e ai loro bisogni.
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Di Viggiano, Pasquale Luigi. "DEMOCRAZIA DIGITALE COME DIFFERENZA:." Revista da Faculdade Mineira de Direito 24, no. 48 (March 18, 2022): 64–78. http://dx.doi.org/10.5752/p.2318-7999.2021v24n48p64-78.

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Abstract:
La partecipazione sociale e politica digitale contemporanea (e-Democracy) è un prodotto della digitalizzazione dello Stato e dei suoi apparati, caratterizzata dalla produzione di nuovi diritti resi possibili dalle tecnologie della comunicazione. La digitalizzazione degli apparati dello Stato attraverso le nuove tecnologie basate su algoritmi intelligenti e le norme sulla società dell’informazione e della comunicazione hanno innescato la produzione di cosiddetti “nuovi diritti” la cui esigibilità amplia il concetto di democrazia stabilendo una differenza tra il tradizionale governo della cosa pubblica e le crescenti pretese delle comunità sempre più legate al sistema della comunicazione digitale. I diritti di accedere a Internet e alla rete, all’e-voting, a comunicare con la PA attraverso le nuove tecnologie, a ricevere servizi pubblici digitali sono paralleli a doveri dello Stato caratterizzati dalla soddisfazione dei nuovi diritti. Contemporaneamente cresce il rischio che forme di partecipazione digitale producano livelli di esclusioni intollerabili che intaccano la democrazia. Osservare e descrivere, con gli strumenti concettuali del Centro di Studi sul Rischio, come il sistema del diritto, della politica e della società evolvono attraverso il rapporto con l’ecosistema digitale trainato dall’arcipelago delle intelligenze artificiali rappresenta l’obiettivo e la sfida sempre incerta negli esiti, sempre nuova nelle acquisizioni ma sempre stimolante e proficua sotto il profilo della ricerca sociale, politica e giuridica.
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Gambino, Silvio. "Democrazia rappresentativa e populismo: riflessioni sull'esperienza italiana nell'ottica comparatistica. Una "democrazia assediata" che muove verso la ‘democrazia illiberale'?" CITTADINANZA EUROPEA (LA), no. 2 (January 2021): 5–32. http://dx.doi.org/10.3280/ceu2020-002001.

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Abstract:
"Rappresentanza politica" e "sovranità popolare" si offrono al costi-tuzionalista come le due principali tematiche teoriche che aiutano a qualificare le manifestazioni istituzionali/costituzionali ormai bisecola-ri della democrazia liberaldemocratica moderna, che ritrova le pro-prie origini storiche negli eventi rivoluzionari francesi di discontinuità con lo Stato assoluto e il proprio sviluppo nelle forme della democra-zia sociale e partecipativa del costituzionalismo del secondo dopo-guerra. La riflessione proposta al lettore muove dal modello costitu-zionale italiano - che si propone come fortemente innovativo in ragio-ne della valorizzazione della sovranità popolare e delle forme politiche del suo esercizio (incentrate sul ruolo centrale svolto dal concorso partecipativo dei partiti politici alla determinazione della politica na-zionale) - per coglierne, nel seguito, l'evoluzione osservabile nell'ambito della vita democratica interna agli stessi e con riguardo al condizionamento concreto delle istituzioni pubbliche da essi svolto. È in tale prospettiva che il contributo si ripropone due interrogativi, chiedendosi, dapprima, se sia possibile - nel quadro della trasforma-zione e della crisi dei partiti - una ‘democrazia senza partiti', e per in-terrogarsi successivamente - in una prospettiva di analisi di tipo com-paratistico aperta ai Paesi di democrazia pluralista al di qua e al di là dell'Oceano - se gli interventi sugli istituti della democrazia costitu-zionale (anche di tipo manipolativo) non dischiudano scenari preoc-cupanti di una ‘democrazia assediata' che si conforma viepiù nel tem-po alle esperienze di ‘democrazia illiberale' (nella esperienza italiana, allo stato, solo statu nascenti).
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Melis, Guido. "LA CONTINUITÀ NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE." Il Politico 251, no. 2 (March 3, 2020): 308–30. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2019.250.

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Abstract:
"Continuità" e "pausa", sono le parole chiave dell'amministrazione italiana, la prima generalmente prevalente sulla seconda. Ma in più di 150 anni, nonostante la continuità, ci sono state numerose interruzioni. Il modello della Legge Cavour (1853) è stato subito frammentato dalla creazione di uffici speciali, nuove funzioni e servizi collaterali. Il ridotto numero di dipendenti crebbe notevolmente nel tempo. La conoscenza tecnica a volte accompagnava la cultura burocratica dominante. Nacquero le amministrazioni "di guerra"; poi, con il fascismo, il parastato, le corporazioni, la burocrazia del Partito crebbe. Le principali caratteristiche della pubblica amministrazione furono le seguenti: la continuità degli uomini nel passaggio dal regime alla democrazia, ma anche le rotture, come quelle della Cassa per il Mezzogiorno e dell'Ente nazionale idrocarburi (ENI); le innovazioni del centro-sinistra (rottura) contro la tradizione (continuità); i successivi tentativi di riforma contro la resistenza dell'apparato. La continuità vince? Tuttavia, l'Europa, la digitalizzazione e le trasformazioni strutturali degli Stati agiscono come nuove fratture.
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Sofia, Francesca. "Le età delle rivoluzioni nell'Europa del sud." SOCIETÀ E STORIA, no. 175 (April 2022): 133–38. http://dx.doi.org/10.3280/ss2022-175007.

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Abstract:
A partire dal volume Re-imagining democracy in the Mediterranean 1780-1860 - che ha la pretesa di liberare quest'area geopolitica dallo stigma della subalternità - il saggio intende dimostrare la piena partecipazione dell'Europa mediterranea ai dibattiti pubblici coevi e la sua partecipazione originale al sorgere della democrazia.
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Ceci, Giovanni Mario. ""Sicurezza pubblica: problema primario". La democrazia cristiana e il movimento del '77." MONDO CONTEMPORANEO, no. 1 (July 2014): 113–30. http://dx.doi.org/10.3280/mon2014-001008.

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Bottaro, Giuseppe. "IL MOVIMENTO PROGRESSISTA IN AMERICA TRA RIFORME SOCIALI E MUTAMENTI COSTITUZIONALI." Il Politico 254, no. 1 (June 7, 2021): 47–61. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2021.560.

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Abstract:
All’inizio del ventesimo secolo, il movimento progressista ebbe il merito di riuscire ad ampliare la base sociale della democrazia americana, consolidando i meccanismi istituzionali di partecipazione e accrescendo il ruolo dell’opinione pubblica nel sostegno alle riforme economiche e sociali.
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Baviello, Davide. "Democrazia e modernizzazione. Ambizioni americane e modelli europei nella distribuzione italiana 1947-1978." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 259 (November 2010): 284–301. http://dx.doi.org/10.3280/ic2010-259005.

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Abstract:
Con il piano Marshall e l'avvio dell'integrazione europea, gli Stati Uniti lanciarono un ambizioso progetto egemonico. Fondato sulla modernizzazione economica come strumento per consolidare la democrazia, esso venne tuttavia ostacolato da gran parte degli imprenditori italiani, anche se l'aumento della produttivitŕ e la diffusione del benessere avrebbero non solo rafforzato il libero mercato, ma anche eroso le basi sociali del consenso al Partito comunista italiano e al Partito socialista italiano. Questi partiti, che si proponevano di ammodernare la distribuzione commerciale secondo modelli diversi dal supermercato introdotto dagli americani nel 1957, furono accusati di volere la scomparsa del commercio privato, come era giŕ avvenuto in Europa orientale. I comunisti s'impegnarono nello sviluppo delle cooperative e i socialisti, nel primo governo Moro, proposero invano la creazione di una rete di supermercati a gestione pubblica. A conferma della mancata attuazione del progetto di consolidamento democratico attraverso la modernizzazione, dopo il boom economico la democrazia italiana fu sottoposta a serie minacce eversive, mentre la riforma commerciale del 1971, invece d'ispirarsi ai principi liberisti della Comunitŕ europea, continuň a ostacolare la distribuzione moderna.
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Guarnieri, Carlo. "BUROCRAZIE PUBBLICHE E CONSOLIDAMENTO DEMOCRATICO: IL CASO ITALIANO." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 18, no. 1 (April 1988): 73–103. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200017275.

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Abstract:
IntroduzioneIl ruolo svolto dalle burocrazie pubbliche nei processi di consolidamento democratico è stato anche di recente ricordato sottolineando l'importanza di disporre, in questo contesto, di strutture amministrative politicamente leali, cioè ricettive (responsive) nei confronti della nuova leadership democratica, e operativamente efficaci, in grado quindi di raggiungere gli obiettivi da questa stessa leadership posti. Infatti, si può ritenere che strutture amministrative «serventi», migliorando il rendimento complessivo del regime, ne facilitino così la legittimazione e, in ultima analisi, il consolidamento. Prendendo in esame il caso di un consolidamento democratico relativamente riuscito, approfondiremo questa ipotesi cercando di valutare il grado di lealtà democratica ed efficacia operativa mostrato dalle strutture amministrative italiane nel corso della transizione dal regime autoritario fascista a quello democratico repubblicano. In realtà, l'ambito temporale dell'analisi sarà necessariamente piò ampio: come vedremo, per mettere a fuoco il funzionamento di certi meccanismi organizzativi sarà necessario, per un verso, risalire fino all'instaurazione del regime fascista e, per un altro, spingerci a considerare almeno i primi dieci anni di vita del nuovo regime democratico.
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Maltoni, Maria. "Democrazia e partecipazione al femminile: il bilancio di genere." RIVISTA TRIMESTRALE DI SCIENZA DELL'AMMINISTRAZIONE, no. 1 (April 2011): 53–63. http://dx.doi.org/10.3280/sa2011-001005.

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Abstract:
Misurare un'azione di governo locale o nazionale, in rapporto agli effetti che si producono sulla vita delle donne, č un elemento di valutazione che si attua "pesando" la quantitŕ di risorse dedicate nei bilanci pubblici attraverso il metodo del. Il bilancio di genere č ormai una prassi adottata in vari paesi. In Italia le prime esperienze disono partite dalle amministrazioni locali: nel 2001 č stato realizzato dalla Regione Emilia-Romagna, poi in altri Comuni e Province, ma spesso sono rimaste esperienze sporadiche. Il Comune di Forlě, dopo una sperimentazione nella precedente legislatura, nel 2010 ha inserito l'attivitŕ sul bilancio di genere tra quelle "standard" dell'ente, sulla scorta di una forte presenza femminile nell'amministrazione ed una giunta composta in modo paritario tra uomini e donne, elemento che l'ha fatta classificare dal Forum della P.A., quale "cittŕ piů rosa d'Italia". Il contributo mostra come il bilancio di genere rappresenti uno strumento importante di democrazia partecipata al femminile.
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Lijphart, Arend. "PRESIDENZIALISMO E DEMOCRAZIA MAGGIORITARIA." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 19, no. 3 (December 1989): 367–84. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200008637.

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Abstract:
IntroduzioneNel suo noto saggio su Democracy, Presidential or Parliamentary: Does it Make a Difference? — ampiamente diffuso e da considerarsi ormai una sorta di classico non pubblicato — Juan Linz (1987, 2) osserva correttamente che gli scienziati della politica hanno trascurato le importanti differenze istituzionali e comportamentali tra regimi parlamentari, presidenziali e semipresidenziali e che, in particolare, queste differenze «ricevono solo scarsa attenzione nei due più recenti lavori di comparazione delle democrazie contemporanee», cioè Comparative Democracies di G. Bingham Powell (1982) e il mio Democracies (Ljiphart 1984). Una ragione per cui il presidenzialismo risulta relativamente trascurato nel mio libro è che nell'universo di 21 democrazie ivi considerato — definito da quei paesi che hanno avuto una ininterrotta esperienza di governo democratico approssimativamente dalla fine della seconda guerra mondiale — compare un solo chiaro caso di governo presidenziale (gli Stati Uniti) e due casi più ambigui (la V Repubblica francese e la Finlandia). Retrospettivamente ritengo di aver applicato i miei criteri in modo troppo stretto e che avrei dovuto includere anche l'India e il Costa Rica tra le mie democrazie «prolungate». Quest'ultimo avrebbe costituito un quarto caso di presidenzialismo. Powell fa ricorso ad una definizione meno esigente di democrazia (un minimo di 5 anni di democrazia nel periodo dal 1958 al 1976), il che gli mette a disposizione altri 4 casi di presidenzialismo: Venezuela, Cile, Uruguay e Filippine.Vorrei essere ancor più esplicitamente critico sul mio libro del 1984: la debolezza principale non è tanto lo scarso spazio dedicato al contrasto tra presidenzialismo e parlamentarismo (circa 12 pagine su 222, cioè un po’ più del 5% del libro) ma piuttosto il fatto che la discussione non è sufficientemente integrata con la comparazione della democrazia maggioritaria e consensuale, che costituisce il tema principale del lavoro. In particolare, ho definito presidenzialismo e parlamentarismo in riferimento a due caratteristiche contrastanti, ignorando una terza cruciale distinzione, ed ho poi legato il contrasto presidenziale/parlamentare ad una sola delle differenze tra democrazia consensuale e maggioritaria, ignorando il suo impatto su numerose altre distinzioni. L'obiettivo di questo articolo è correggere queste lacune e stabilire la connessione generale tra il contrasto presidenziale/parlamentare e quello maggioritario/consensuale.Come Linz, il mio atteggiamento sarà critico verso il presidenzialismo, ma tale critica si baserà su argomenti in parte diversi. L'argomento principale di Linz (1987, 11) riguarda «la rigidità che il presidenzialismo introduce nel processo politico e la flessibilità di gran lunga maggiore di questo processo nei sistemi parlamentari». Concordo pienamente con Linz e, in aggiunta, sono d'accordo che rigidità e immobilismo costituiscono i più seri punti deboli del presidenzialismo. In questo articolo la mia critica si concentrerà su una ulteriore debolezza della forma presidenziale di governo: la sua potente inclinazione verso la democrazia maggioritaria e il fatto che, nel gran numero di paesi in cui un naturale consenso di fondo è assente, appare necessaria una forma di democrazia consensuale invece che maggioritaria. Questi paesi comprendono non solo quelli caratterizzati da profonde fratture etniche, razziali e religiose, ma anche quelli con intense divisioni politiche che originano da una storia recente di guerra civile o dittatura militare, enormi diseguaglianze socio-economiche e così via. Inoltre, nei paesi in via di democratizzazione o di ri-democratizzazione le forze non-democratiche devono essere rassicurate e riconciliate ed è necessario fargli accettare l'idea non solo di abbandonare il potere, ma anche di non insistere nel pretendere il mantenimento di «domini riservati» di potere non-democratico all'interno del nuovo, e per gli altri versi democratico, regime. La democrazia consensuale, che è caratterizzata dalla condivisione, dalla limitazione e dalla dispersione del potere, ha molte più probabilità di raggiungere questo obiettivo che non il diretto dominio maggioritario. Come Philippe C. Schmitter ha suggerito, democrazia consensuale significa democrazia «difensiva», che per le minoranze etno-culturali e politiche risulta meno minacciosa dell' «aggres-sivo» governo maggioritario.Tratterò questo tema in tre fasi. In primo luogo definirò il presidenzialismo in riferimento a tre essenziali caratteristiche. In secondo luogo mostrerò che, specialmente come risultato della sua terza caratteristica, il presidenzialismo ha una forte tendenza a rendere la democrazia più maggioritaria. Infine, esaminerò le varie caratteristiche non-essenziali del presidenzialismo — caratteristiche che, benché presenti di frequente, non sono elementi distintivi della forma di governo presidenziale — ed il loro impatto sul grado di consensualità o maggioritarietà della democrazia.
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Bechara Sanchez, Fabio José. "Autogestione e economia solidale in Brasile. Un nuovo ciclo di partecipazione dei lavoratori all'organizzazione del lavoro." SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no. 123 (September 2011): 136–49. http://dx.doi.org/10.3280/sl2011-123008.

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Abstract:
Le esperienze di autogestione o, in altre parole, la gestione democratica e la partecipazione autonoma dei lavoratori nell'organizzazione del lavoro e della produzione, hanno una storia antica in Brasile. Tuttavia, quelle esperienze rimasero marginali nello sviluppo sociale brasiliano e nel movimento operaio durante il ventesimo secolo. Esse sono (ri)apparse negli ultimi decenni nel contesto di profondi cambiamenti della societŕ brasiliana, concernenti specialmente la struttura del lavoro e il modello di sviluppo economico e produttivo, cosě come la societŕ civile brasiliana, marcata da un consolidamento dei movimenti sociali dall'emergere di nuovi attori nell'arena pubblica. Questo articolo intende analizzare le condizioni che hanno permesso la ricomparsa di esperienze di autogestione, introducendo la storia recente di esse e la loro rilevanza per il modo del lavoro brasiliano.
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Ciammaruconi, Clemente. "Memoria democratica e retorica pubblica della "redenzione" pontina. Il caso di Latina, una volta Littoria." SOCIETÀ E STORIA, no. 126 (March 2010): 634–68. http://dx.doi.org/10.3280/ss2009-126003.

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Abstract:
Fin dalla loro fondazione, le «cittÀ nuove» sorte nell'Agro Pontino bonificato dal regime fascista negli anni trenta costituirono lo scenario ideale di molteplici liturgie politiche attraverso cui celebrare il «culto del littorio». L'autore si propone d'indicare secondo quali processi, nel corso del secondo dopoguerra, a Latina (giÀ Littoria) si sia cercato di costruire una memoria condivisa ed un senso di appartenenza comunitaria capaci di ricomporre in chiave democratica l'ereditÀ di quella «impresa» indelebilmente connessa al fascismo, nonché alla figura stessa di Mussolini. In tale prospettiva cerimonie, monumenti, anniversari, hanno rappresentato i cardini dell'opera di rielaborazione di un passato ancora recente che amministrazioni, prima democristiane e poi di destra, hanno condotto spesso non senza ambiguitÀ: lo studio ne ricostruisce le diverse fasi, sia esaminando i nessi e le reciproche influenze tra memoria e retorica pubblica, sia indagando i criteri informatori che hanno orientato questa faticosa e tutt'altro che compiuta ricerca identitaria.
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Antonini, Erica. "Percorsi di riforma nella Pubblica Amministrazione: un'analisi comparata." RIVISTA TRIMESTRALE DI SCIENZA DELL'AMMINISTRAZIONE, no. 3 (November 2010): 73–99. http://dx.doi.org/10.3280/sa2010-003010.

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Abstract:
A partire dagli anni '80 del XX secolo le burocrazie delle democrazie occidentali sono state oggetto di profondi mutamenti, con la sostituzione, in primo luogo, dei principi della gerarchia e dell'accentramento con quelli della delega e del trasferimento di competenze, anche se in misura variabile nei diversi contesti. Tra le innovazioni piů rilevanti figurano: l'istituzione delle agenzie esecutive, come unitŕ funzionalmente autonome e separate rispetto ai Ministeri, che ha permesso di ridisegnare gli organismi ministeriali secondo criteri di tipo reticolare; il considerevole incremento dell'autonomia organizzativa e finanziaria dei dirigenti; l'estensione, in materia di gestione del personale, dei margini di applicazione della contrattazione collettiva e l'introduzione di numerose deroghe al principio della stabilitŕ del posto di lavoro; il potenziamento degli strumenti per il controllo dell'efficacia e dell'economicitŕ della prestazione amministrativa, per la valutazione dei risultati e per il miglioramento della qualitŕ dei servizi erogati. Dall'analisi di queste ed altre innovazioni emerge il tentativo di ridurre le distanze fra settore pubblico e settore privato, sulla base della convinzione secondo cui da quest'ultimo si possano trarre insegnamenti validi per incrementare l'efficienza del primo. In ogni caso, seppur in presenza di obiettivi e finalitŕ convergenti, il processo di modernizzazione č stato declinato nei vari paesi in forme differenziate, che dipendono in larga misura dai contesti politico-istituzionali nazionali e dalle caratteristiche organizzative consolidatesi nel corso del tempo. In queste note verranno messe a confronto le esperienze di riforma di quattro paesi dell'Europa Occidentale (Francia, Spagna, Germania e Regno Unito) e degli Stati Uniti, avviatesi a partire dalla prima metŕ degli anni '80. Per ciascuno dei paesi considerati si analizzeranno modelli di organizzazione, politiche del personale, processi di riforma, avviati e tuttora in corso. Alcune osservazioni conclusive tenteranno di evidenziare linee di continuitŕ e di differenziazione tra le diverse esperienze.
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Sobbrio, Paola. "Diritto all'informazione, partecipazione democratica del consumatore e Ogm." AGRICOLTURA ISTITUZIONI MERCATI, no. 3 (March 2010): 79–126. http://dx.doi.org/10.3280/aim2008-003005.

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Abstract:
Il consumatore di alimenti prodotti con l'utilizzo di Ogm o che li contengono, ha diritto ad essere informato sia della loro immissione in commercio quanto dell'emissione deliberata nell'ambiente di questi organismi. Il diritto all'informazione non si limita ai soli strumenti dell'etichettatura e della tracciabilità ma si estende alla possibilità , prevista da diverse normative, per il cittadino/consumatore di rivolgersi alle Autorità competenti per richiedere tutte quelle informazioni da cui egli può trarre conoscenze sullo stato tanto dell'emissione nell'ambiente quanto dell'immissione in commercio degli Ogm. Le Autorità , inoltre, devono effettuare consultazioni pubbliche in merito alle decisioni da prendere in entrambe queste fasi. Tali consultazioni, per come vengono effettuate, non conferiscono effettività a tale diritto minando così il rapporto di fiducia tra Istituzioni e cittadini e facendo venire meno la possibilità che il diritto all'informazione si traduca in uno strumento di partecipazione democratica che crei le condizioni per una "co-produzione di conoscenza". Questo comporta una violazione del diritto all'informazione fonte di risarcimento del danno ex art. 2043 c.c.
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Borsa, Davide, and Giovanna D'Amia. "Il Fiordo di Oslo. Un laboratorio europeo di trasformazione urbana." TERRITORIO, no. 56 (March 2011): 138–40. http://dx.doi.org/10.3280/tr2011-056021.

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Abstract:
Il processo di trasformazione che ha investito la capitale norvegese e il ruolo del fiordo nei processi di urbanizzazione sono stati oggetto di un seminario internazionale che si č svolto presso la facoltŕ di Architettura e Societŕ del Politecnico di Milano il 26 maggio 2010, le cui tematiche sono qui riassunte negli interventi di Dag Tvilde e di Marius Grřnning. Musei, infrastrutture, housing e terziario avanzato irrompono nello scenario post-industriale del waterfront: č il nuovo mix funzionale disegnato e scelto dai norvegesi per il rilancio della loro capitale che si vuole candidare a nuova tappa del grand tour europeo. Le ambiziose promesse programmatiche saranno mantenute? Č ancora possibile conciliare sviluppo, qualitŕ urbana, conquiste sociali, attraverso procedure di progettazione e programmazione democratica che mantengono una centralitŕ dell'attore pubblico come protagonista?
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Backhaus, Jürgen G. "The State as a Club: A Perspective for Public Finance in a Prosperous Democracy (*)." Journal of Public Finance and Public Choice 10, no. 1 (April 1, 1992): 3–16. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907539356.

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Abstract:
Abstract Scopo del presente lavoro è quello di discutere il principio dello scambio volontario nell’economia pubblica, alia luce delle istituzioni politiche contemporanee, ed in particolare di definire le condizioni che una comunità democratica ed economicamente prospera deve soddisfare perché possa essere raggiunto il consenso politico. I tradizionali contributi di Pareto, Wicksell e Buchanan relativi a questa problematica costituiscono il punto di partenza dell’analisi, che viene condotta sia sul piano normativo, che su quello positive. Viene infatti presentata una serie di suggerimenti relativi all’attuazione pratica del principio wickselliano.
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Asti, Lorenzo, and Giovanni Carosotti. "Reclutamento docenti, pluralismo educativo e ruolo dei dottori di ricerca nella scuola secondaria." Sinappsi 12, no. 2 (2022): 106–27. http://dx.doi.org/10.53223/sinappsi_2022-02-8.

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Abstract:
L'articolo propone un’analisi della recente ristrutturazione del sistema di reclutamento dei docenti di scuola secondaria. Della riforma si rilevano le criticità legate alla sottovalutazione delle conoscenze disciplinari negli insegnanti e, più in generale, nell’istruzione pubblica. Si delineano i principi di riferimento per un sistema di reclutamento e di aggiornamento coerente con una visione democratica della scuola e viene suggerita la valorizzazione dei dottori di ricerca nell’istruzione secondaria, come riferimento di sapere disciplinare aggiornato e collegamento tra scuola e università.
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Rubino, Francesco. "Marxismo, ecologia e costituzione." DESC - Direito, Economia e Sociedade Contemporânea 2, no. 2 (February 21, 2020): 146–68. http://dx.doi.org/10.33389/desc.v2n2.2019.p146-168.

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Abstract:
Questo saggio analizza le origini del consolidamento progressivo della sensibilità ecologica negli ultimi cento anni, le rapporti tra l’ecologia e la costituzione e l’ampiezza teorica dei concetti di diritti fondamentali, diritti umani, democrazia, socialismo per evitare la catastrofe, non dimenticando che il discorso ecologico è nato nelle tradizione socialisti sovietici. Analizza anche dalla guerra come fonte di diritto e la legittima difesa ambientale nel diritto internazionale al ‘ambiguo’ ma necessario corollario del principio internazionale di solidarietà come uscita possibile alla crisi. La costruzione di altre nozioni come “beni pubblici globali” sembra, da molti, un’altra conseguenza di questa opposizione tra la protezione ambientale e gli interventi umanitari, entrambi su scala globale e planetaria. Salvare l’ambiente e salvare l’economia è il secondo grande problema: che cos’è la produzione ambientale e come funziona al di là delle tante assunzioni di responsabilità e dei tanti committments che non hanno séguito? Esiste un “capitale naturale del mondo”? è l’ultima questione del saggio, come da una decina d’anni si è legittimato un modo di vedere che punta alla valorizzazione del “capitale naturale del mondo”. Dinanzi una somma di argomenti critici e historici a tutti questi concetti, l’articolo tende a concludere che l’atteggiamento politico è proprio invece quello di un “evasionismo” dal Pianeta, di un abbandono cioè nei confronti di un pianeta ormai in crisi irreversibile.
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Conte, Paolo. "Michele De Tommaso: tra Costituzione montagnarda e sistema napoleonico (1792-1804)." IL RISORGIMENTO, no. 1 (June 2016): 21–54. http://dx.doi.org/10.3280/riso2016-001002.

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Abstract:
Per i patrioti italiani che avevano sostenuto la causa della Rivoluzione francese, il passaggio all'"ordine napoleonico" seguito alla vittoria repubblicana di Marengo non comporto la fine della loro attivita politica. Ne e un esempio il percorso biografico di Michele De Tommaso, prete napoletano attivo nell'organizzazione dei club patriottici partenopei ancor prima del 1796 e poi distintosi fra il Ponente ligure e Napoli nell'intensa fase del Triennio giacobino. Dopo il crollo delle Repubbliche sorelle, terminato un breve periodo di esilio in Francia, fece ritorno a Porto Maurizio, dove durante la "seconda" Repubblica ligure si distinse sia per la sua attivita intellettuale e pedagogica, sia per il suo attivismo filofrancese. Da un lato fondo e diresse una scuola pubblica di filosofia e scrisse opere di logica e metafisica, dall'altro svolse il ruolo di cancelliere del Viceconsolato transalpino e fu arrestato due volte per la partecipazione a rivolte cittadine: modalita diverse, ma complementari, per portar avanti la battaglia politica per la democrazia in Italia.
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Manzi, Alessandra. "Cosmopolitismo e piccola patria. La scrittura politica di Alvise Zenobio, nobile veneziano (1757-1817)." IL RISORGIMENTO, no. 1 (June 2016): 117–45. http://dx.doi.org/10.3280/riso2016-001005.

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Abstract:
Il saggio ricostruisce l'avventurosa vita politica del nobile veneziano Alvise Zenobio, un repubblicano anglofilo che tra il 1789 e il 1815 si divise tra Londra e Parigi e intervenne a piu riprese sul significato degli anni rivoluzionari e napoleonici. Dapprima favorevole ai rivolgimenti francesi - tanto da tradurre in inglese un testo di Sieyes - guardo poi con preoccupazione alla nascita di una repubblica democratica per tornare in seguito a entusiasmarsi ai successi di Bonaparte in Italia. Nel 1797 plaudi al crollo della Serenissima e nel 1802 pubblico a Milano uno scritto di Hume, che gli sembrava dovesse ispirare la costituzione della Repubblica italiana. Presto deluso da Napoleone, tento, al momento del crollo dell'Impero francese, di perorare il ritorno all'indipendenza della Serenissima. Il saggio analizza i suoi molti scritti politici - spesso attribuendogliene alcuni pubblicati anonimi - e illustra un curioso percorso politico che esaurisce il cosmopolitismo dei Lumi nell'accettazione di una piccola patria ritrovata.
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Mori, Simona. "Polizia e società italiana fra Otto e Novecento: spunti da alcuni studi recenti." SOCIETÀ E STORIA, no. 173 (November 2021): 575–89. http://dx.doi.org/10.3280/ss2021-173011.

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Abstract:
I sette contributi che compongono il dossier sono l'esito di un seminario tenutosi presso l'Università degli studi di Milano nell'ambito delle attività del Cepoc (Centro per lo studio delle polizie e del controllo del territorio). In quella occasione si sono discussi quattro volumi di recente pubblicazione (editi tra 2018 e 2019) aventi per oggetto diversi aspetti di storia delle polizie in Italia in età contemporanea, con la partecipazione sia degli autori e curatori dei volumi, sia di studiosi della materia. Ne esce un quadro articolato e problematizzato degli indirizzi secondo i quali in Italia si va consolidando una storiografia dedicata a questi temi, sin qui relativamente trascurati con riferimento all'età contemporanea. Nello stesso tempo si offrono numerosi gli spunti, anche in chiave utili a stimolare nuove linee di ricerca. In questo contributo l'autrice discute i volumi di Michele Di Giorgio, Per una polizia nuova. Il movimento per la riforma della Pubblica Sicurezza (1969-1981), e di Laura Di Fabio, Due democrazie, una sorveglianza comune. Italia e Repubblica Federale Tedesca nella lotta al terrorismo interno e internazionale (1967-1986), nonché Salvatore Ottolenghi, Una cultura professionale per la polizia dell'Italia liberale e fascista. Antologia degli scritti (1883-1934), a cura di Nicola Labanca e Michele Di Giorgio, e Dura lex sed lex. Storia e rappresentazione della Polizia di Stato dal 1852 alla Riforma del 1981, a cura di Raffaele Camposano e Fabio Santilli.
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Cornelli, Roberto. "Spunti dalla storia per una teoria della polizia." SOCIETÀ E STORIA, no. 173 (November 2021): 565–74. http://dx.doi.org/10.3280/ss2021-173010.

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Abstract:
I sette contributi che compongono il dossier sono l'esito di un seminario tenutosi presso l'Università degli studi di Milano nell'ambito delle attività del Cepoc (Centro per lo studio delle polizie e del controllo del territorio). In quella occasione si sono discussi quattro volumi di recente pubblicazione (editi tra il 2018 e il 2019) aventi per oggetto diversi aspetti di storia delle polizie in Italia in età contemporanea, con la partecipazione sia degli autori e curatori dei volumi, sia di studiosi della materia. Ne esce un quadro articolato e problematizzato degli indirizzi secondo i quali in Italia si va consolidando una storiografia dedicata a questi temi, sin qui relativamente trascurati con riferimento all'età contemporanea. Nello stesso tempo si offrono numerosi gli spunti, anche in chiave interdisciplinare, utili a stimolare nuove linee di ricerca. In questo contributo l'autore discute i volumi di Michele Di Giorgio, Per una polizia nuova. Il movimento per la riforma della Pubblica Sicurezza (1969-1981), e di Laura Di Fabio, Due democrazie, una sorveglianza comune. Italia e Repubblica Federale Tedesca nella lotta al terrorismo interno e internazionale (1967-1986), nonché Salvatore Ottolenghi, Una cultura professionale per la polizia dell'Italia liberale e fascista. Antologia degli scritti (1883-1934), a cura di Nicola Labanca e Michele Di Giorgio, e Dura lex sed lex. Storia e rappresentazione della Polizia di Stato dal 1852 alla Riforma del 1981, a cura di Raffaele Camposano e Fabio Santilli.
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Fleming, John I. "I cattolici messi di fronte alle strategie pro-eutanasia e pro-aborto." Medicina e Morale 45, no. 1 (February 28, 1996): 101–20. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1996.922.

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Abstract:
I cattolici spesso si trovano esclusi ed emarginati dai dibattiti politici pubblici sull’aborto e l’eutanasia. Questo perché i sostenitori dell’aborto e dell’eutanasia legalizzati nelle attuali democrazie secolari e pluraliste hanno con successo definito l’opposizione cattolica come “fondata sulla religione, e quindi base rischiosa per la politica”. I cattolici, so sostiene, non dovrebbero cercare di imporre le loro opinioni sugli altri, ma dovrebbero rispettare l’autonomia degli individui a scegliere come reputano meglio per se stessi . In realtà sono i sostenitori dell’aborto e dell’eutanasia che cercano di attaccare i valori comunemente condivisi grazie ai quali le persone nelle società civili sono capaci di vivere insieme in pace e giustizia. la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e gli altri strumenti per i diritti umani testimoniano per gli inalienabili ed inviolabili diritti alla libertà e alla vita del nascituro. Questi stessi documenti vietano la legalizzazione della eutanasia volontaria in quanto qualsiasi concessione ad uccidere un innocente e la tratta degli schiavi (anche quando accettati volontariamente dagli individui) rappresentano una minaccia alla vita ed alla libertà di cittadini innocenti. I Cattolici possono entrare nei dibattiti politici pubblici sulle questioni della vita sulla base dei valori internazionalmente accettati, i quali sono in armonia con la tradizione morale cattolica.
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Inglehart, Ronald. "LA NUOVA PARTECIPAZIONE NELLE SOCIETà POST-INDUSTRIALI." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 18, no. 3 (December 1988): 403–45. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200012600.

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Abstract:
IntroduzioneLo sviluppo economico dovrebbe condurre a crescenti livelli di partecipazione politica di massa per almeno tre buoni motivi teorici: 1) i cittadini delle società industriali avanzate hanno visto migliorare le loro capacità di partecipare: durante l'ultimo mezzo secolo i loro livelli di istruzione si sono accresciuti in modo impressionante e la formazione politica si è fatta più facilmente accessibile; 2) le norme sociali si sono fatte più permissive verso la partecipazione politica della metà femminile della popolazione. Una o due generazioni fa le donne non avevano neanche il diritto di voto. Oggi, non solo lo hanno acquisito in tutte le democrazie occidentali, ma vi è anche una crescente accettazione informale del fatto che esse debbano giocare un ruolo politico uguale a quello degli uomini e si sono diffusi i modelli di ruolo politico femminile. Infine, 3) vi sono segnali che le priorità valoriali del pubblico occidentale siano venute gradualmente passando da valori materialisti a valori postmaterialisti. Questo trend dovrebbe contribuire ad una crescita del tasso di partecipazione politica: liberatisi dalla necessità di concentrare le loro energie in via prioritaria nella lotta per la sicurezza economica e fisica, i cittadini dovrebbero essere in grado di dedicare più attenzione a preoccupazioni postmaterialistiche come la politica.
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Radaelli, Claudio M. "IDEE E CONOSCENZA NELLE POLITICHE PUBBLICHE EUROPEE: TECNOCRAZIA O POLITICIZZAZIONE?" Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 29, no. 3 (December 1999): 517–46. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200028938.

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Abstract:
IntroduzioneLa conoscenza nelle politiche pubbliche dell'Unione europea: un vantaggio a metà?Come spesso accade, l'interesse attuale per la dimensione cognitiva della politica rappresenta più una riscoperta che una novità assoluta. In senso lato, essa comprende filoni ben noti, addirittura classici, degli studi politici. Lo dimostra la ricca letteratura su temi diversi quali l'incrementalismo (Lindblom 1959), la razionalità limitata (Simon 1957), le mappe cognitive delle élites politiche (Axelrod 1976), la concezione dei meccanismi di governo come apprendimento (Deutsch 1966, 80; Heclo 1972), il cosiddetto «complesso militare-industriale» (Rosen 1973), e la tecnocrazia (Fisichella 1997). Perché dunque «riscoprire» il ruolo politico della conoscenza? O meglio, qual è il potenziale di studi i quali, sia nell'ambito dell'analisi sulle politiche pubbliche (Capano 1995; Radaelli 1997) sia nelle relazioni internazionali (Jacobsen 1995), reclamano una maggiore considerazione per i fattori cognitivi nelle scelte di policy? Quanto sono efficaci nella spiegazione del cambiamento {policy change)? E, da ultimo, come possono essere valutati da un punto di vista normativo? Una delle idee cardine della prospettiva cognitiva è che la politica vada oltre la semplice risoluzione dei conflitti. L'apprendimento, la propensione alla soluzione dei problemi, i fora di discussione e il policy enlightenment - si sostiene - possono contare più della politica basata su stili conflittuali. La politica sta forse superando il modello della democrazia competiti- va-awersariale?
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Rowley, Charles K., and Michelle A. Vachris. "Why Democracy does not Necessarily Produce Efficient Results*." Journal of Public Finance and Public Choice 12, no. 2 (October 1, 1994): 95–111. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907539905.

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Abstract Questo scritto presenta alcune obiezioni alla tesi ottimistica, esposta da Donald Wittman, secondo cui la democrazia produrrebbe risultati efficienti.Secondo Wittman, sia il mercato politico che quello economico operano in modo efficiente. A suo avviso, molte delle argomentazioni in sostegno dell’efficienza dei mercati economici si applicano egualmente ai mercati politici democratici.Conseguenza di quest’analisi dovrebbe essere che i governi democratici affideranno ai mercati economici quei compiti in cui essi riescono meglio.Nella sua analisi, tuttavia, Wittman ignora i risultati teorici conseguiti dalla scuola di Virginia circa il fallimento dello Stato. Un primo aspetto riguarda il meccanismo concorrenziale politico che può avere caratteristiche di concorrenza imperfetta, se non di monopolio. Un secondo aspetto è il fatto che il teorema dell’elettore mediano, che era stato proposto a dimostrazione dell’efficienza del sistema democratico, si è rivelato privo di realismo.Anche i gruppi d’interesse possono distorcere i risultati di un sistema democratico in misura maggiore o minore, a seconda delle caratteristiche istituzionali dei particolari mercati politici. La teoria della burocrazia di Niskanen, inoltre, dimostra come gli stessi politici non controllino pienamente la spesa pubblica, ma dipendano dai burocrati, il cui obiettivo è l’espansione del loro bilancio.
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Lewanski, Rodolfo. "Istituzionalizzare la partecipazione deliberativa: la politica della Regione Toscana." RIVISTA TRIMESTRALE DI SCIENZA DELL'AMMINISTRAZIONE, no. 1 (April 2011): 11–31. http://dx.doi.org/10.3280/sa2011-001002.

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Abstract:
Una delle risposte alla crisi delle istituzioni rappresentative che attraversa molti paesi democratici viene ricercata nella riscoperta del "potere del popolo", ovvero in un maggior coinvolgimento dei cittadini nelle scelte e nelle politiche pubbliche. In particolare la partecipazione viene declinata secondo la specifica accezione della teoria dialogicodeliberativa, i cui tratti salienti sono: interazione discorsiva dialogica, basata sull'ascolto attivo; deliberazione, ovvero ponderazione attenta delle diverse opzioni e delle loro implicazioni; informazione adeguata e bilanciata; inclusione, ovvero consentire a tutte le "voci" di farsi sentire; partecipazione di campioni casuali stratificati di cittadini rappresentativi sotto il profilo socio-demografico. La democrazia deliberativa ha espresso numerose "promesse": decisioni migliori in quanto capaci di incorporare informazioni, conoscenze tecnico-scientifiche e preferenze, scelte condivise e percepite come legittime, maggiore legittimazione del sistema politico in generale, crescita del capitale sociale, solo per citarne alcune. Tale promesse vanno peraltro empiricamente verificate. La teoria deliberativa č stata applicata in numerose esperienze in numerosi paesi. Forse oggi uno dei "laboratori" piů interessanti in questo campo č oggi rappresentato dalla Toscana, dove é stata approvata alla fine del 2007 la l.r. 69, verosimilmente la prima normativa al mondo che mira a promuovere pro-attivamente la partecipazione alle decisioni locali e regionali ispirandosi almeno sotto alcuni aspetti alla teoria deliberativa.
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Coco, Vittorio. "La polizia in Italia. Una storia complessa." SOCIETÀ E STORIA, no. 173 (November 2021): 556–64. http://dx.doi.org/10.3280/ss2021-173009.

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Abstract:
I sette contributi che compongono il dossier sono l'esito di un seminario tenutosi presso l'Università degli studi di Milano nell'ambito delle attività del Cepoc (Centro per lo studio delle polizie e del controllo del territorio). In quella occasione si sono discussi quattro volumi di recente pubblicazione (editi tra 2018 e 2019) aventi per oggetto diversi aspetti di storia delle polizie in Italia in età contemporanea, con la partecipazione sia degli autori e curatori dei volumi, sia di studiosi della materia. Ne esce un quadro articolato e problematizzato degli indirizzi secondo i quali in Italia si va consolidando una storiografia dedicata a questi temi, sin qui relativamente trascurati con riferimento all'età contemporanea. Nello stesso tempo si offrono numerosi gli spunti, anche in chiave utili a stimolare nuove linee di ricerca. In questo contributo l'autore discute in particolare i volumi di Michele Di Giorgio, Per una polizia nuova. Il movimento per la riforma della Pubblica Sicurezza (1969-1981), e di Laura Di Fabio, Due democrazie, una sorveglianza comune. Italia e Repubblica Federale Tedesca nella lotta al terrorismo interno e internazionale (1967-1986), nonché Salvatore Ottolenghi, Una cultura professionale per la polizia dell'Italia liberale e fascista. Antologia degli scritti (1883-1934), a cura di Nicola Labanca e Michele Di Giorgio.
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Polese Remaggi, Luca. "Pechino 1955. Intellettuali e politici europei alla scoperta della Cina di Mao." MONDO CONTEMPORANEO, no. 3 (April 2011): 55–89. http://dx.doi.org/10.3280/mon2010-003003.

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Questo saggio studia i viaggi che gruppi di intellettuali e politici europei (soprattutto italiani e francesi) intrapresero alla volta di Pechino nel 1955. L'attrazione intellettuale verso il regime di Mao si concretizzň in seguito all'invito che il primo ministro Zhou Enlai rivolse all'opinione pubblica mondiale nel corso della conferenza di Bandung. Il suo messaggio («venite a vedere») fu raccolto entusiasticamente da quegli intellettuali che faticavano a trovare una collocazione nel contesto della politica della guerra fredda in Europa. L'autore mostra che la formazione del nuovo regime comunista stimolň nel discorso politico l'immagine di una terza via rivoluzionaria e democratica. Nel corso delle visite degli intellettuali occidentali, le autoritŕ cinesi impiegarono i metodi che Mao aveva collaudato giŕ durante la Lunga Marcia: «sicurezza, segretezza, cordialitŕ e guide rosse». La volontŕ di credere dei visitatori rese il lavoro delle autoritŕ piů semplice. I viaggiatori infatti riportarono a casa l'immagine positiva di uno Stato-partito impegnato nello sforzo di sradicare la miseria e l'arretratezza. L'autore discute infine le ragioni per cui soltanto una parte dei viaggiatori si preoccupň della violazione dei diritti civili e delle libertŕ.
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Beckwith, Karen. "CANDIDATURE FEMMINILI E SISTEMI ELETTORALI." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 20, no. 1 (April 1990): 73–103. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200008959.

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IntroduzioneLa debole presenza delle donne nelle assemblee legislative nazionali costituisce un aspetto sorprendente quanto permanente della vita politica delle democrazie occidentali. La presenza femminile in tali istituzioni non si avvicina nemmeno lontanamente alla proporzione delle donne nella popolazione e, inoltre, la percentuale di donne elette é inferiore nettamente a quella delle candidate all'elezione (Rule 1981; Norris 1985; Bagdanor 1984). Nella maggior parte delle assemblee legislative dei paesi occidentali meno del 10% dei membri della prima camera sono donne. Del sorprendente isomorfismo della sotto-rappresentazione delle donne (Darcy, Welch e Clark 1987, cap. 1) nei parlamenti nazionali sono state avanzate diverse spiegazioni: 1) che le donne sono socializzate in modo poco funzionale al tipo di competizione politica richiesto per accedere alle posizioni elettive a livello nazionale; 2) che gli elettori preferiscono le candidature maschili a quelle femminili per tali posizioni; 3) che i leaders partitici sono restii a candidare delle donne in quei seggi o circoscrizioni in cui il partito si aspetta di vincere; 4) che le donne non hanno sufficiente ambizione politica e non si fanno avanti per la candidatura; 5) che le donne non hanno adeguata esperienza politica per questo tipo di cariche; 6) che le donne sono prive di una rilevante esperienza occupazionale per accedere alle cariche pubbliche. Queste spiegazioni fanno riferimento principalmente a comportamenti ed attributi delle donne in quanto candidati potenziali ed a quelli della leadership partitica e degli elettori come elementi potenzialmente discriminatori verso la candidatura delle donne. Un altro gruppo di potenziali elementi esplicativi si concentra invece sul contesto elettorale e la sua capacitá di modellare i comportamenti politici e di creare o meno opportunitá politiche per l'accesso delle donne alle cariche pubbliche elettive. Questi comprendono: 1) la cultura politica rilevante per le opportunitá politiche delle donne, come, per esempio, quanto é recente il suffragio femminile; 2) il tipo di partiti nel sistema partitico; 3) il tipo di sistema partitico; 4) gli equilibri elettorali, reali o presunti tra i partiti politici; 5) il contributo, reale o presunto, dell'elettorato femminile al mantenimento o alla destabilizzazione degli equilibri elettorali; e 6) il tipo di sistema elettorale. Questi fattori condizionano le opinioni degli attori politici (leaders partitici, candidati potenziali e elettori) e pongono dei vincoli alle loro scelte politiche.
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T. Perlman, Fredric. "Cronache psicoanalitiche: il dibattito critico sull'analisi didattica all'interno dell'American Psychoanalytic Association." PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE, no. 3 (August 2021): 363–424. http://dx.doi.org/10.3280/pu2021-003001.

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Abstract:
Dopo una nota redazionale, viene tracciato un panorama sulle controversie attorno all'analisi di-dattica nell'American Psychoanalytic Association (APsaA), con una revisione della letteratura critica. Vengono poi descritti i recenti tentativi per riformare il sistema dell'analisi didattica. Tra le altre cose, si accenna ai problemi della certificazione da parte del Board of Professional Standards (BoPS), ai conflitti tra il BoPS e il Board of Directors dell'APsaA che poi sfociarono in una cau-sa legale, e a tre proposte di riforma dell'analisi didattica, delle quali viene anche pubblicato il te-sto: la cosiddetta "proposta PPP" (un acronimo che si riferisce alle iniziali dei tre firmatari, Fredric Perlman, Warren Procci e Robert Pyles), la proposta di Mark Poster e Michael Robbins, e quella di Luba Kessler, Kerry Kelly Novick e Lance Dodes. Viene anche sottolineato il bisogno di una governance democratica dell'APsaA. Nell'ultima parte vengono pubblicati gli interventi di alcuni di coloro che hanno contribuito al dibattito critico sull'analisi didattica: Richard Almond, Emanuel Berman, Lance Dodes, Ralph Fishkin, Henry Friedman, Robert M. Galatzer-Levy, Jane Hall, Otto Kernberg, Luba Kessler, Douglas Kirsner, Henry Zvi Lothane, Paul Mosher, Kerry Kelly Novick, Frederic Perlman, Mark Poster, Warren Procci, Bob Pyles, Arnold Richards, Michael Robbins, Mitchell Wilson.
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Bunn, Daniela, and Mariele Lúcia Tortelli. "A participação da língua italiana no Projeto Multidisciplinar PIBID/UFSC Línguas Estrangeiras/Adicionais: interação, cooperação e formação docente." Revista Italiano UERJ 13, no. 1 (October 17, 2022): 18. http://dx.doi.org/10.12957/italianouerj.2022.70752.

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Abstract:
RESUMO: Políticas públicas de formação de professores e incentivo à docência como o Programa Institucional de Bolsas de Iniciação à Docência (PIBID/MEC), que tem como objetivo antecipar o vínculo entre os futuros professores e a sala de aula, fazendo uma articulação entre a educação superior e as escolas estaduais e municipais, não contemplam línguas adicionais como o italiano, o francês e o alemão. Tendo em vista essa lacuna, num esforço de resistência e união, professores do Departamento de Metodologia do Ensino e do Departamento de Língua e Literatura Estrangeira, da Universidade Federal de Santa Catarina, refletiram sobre a possibilidade de um subprojeto multidisciplinar que apoiasse essas línguas não contempladas no programa. O objetivo principal deste relato é expor como a experiência da interação entre professores universitários dos cursos de italiano, espanhol, inglês e francês; professores de espanhol e inglês da rede pública de educação de Santa Catarina e graduandos dos cursos de italiano, espanhol, inglês e francês têm criado um espaço de res(ex)istência nas discussões sobre o fazer docente e o ensino de língua-cultura na escola (MENDES, 2004; 2008; 2010; 2015). Como essa equipe e essa experiência multidisciplinar podem contribuir no processo de formação de professores em contexto remoto de ensino e como podemos fomentar o diálogo entre as línguas estrangeiras em nossas universidades são algumas questões norteadoras. É objetivo ainda apresentar o desenvolvimento do projeto durante a pandemia e sua contribuição para a formação dos alunos do curso de licenciatura, especialmente do curso de Italiano. Pela análise de material empírico e teórico estudado ao longo do projeto, procurou-se levantar algumas perspectivas tendo em vista que, de pequenas iniciativas como essas, como a proposta multidisciplinar, o empenho coletivo de professores de LE, a procura por uma bolsa alternativa à da Capes e o interesse e empenho da aluna bolsista, a área do italiano pôde acessar espaços mais democráticos dentro da Universidade e da escola.Palavras-chave: Ensino. Aprendizagem. Língua. Italiano. Pibid Multidisciplinar. ABSTRACT: Politiche pubbliche per la formazione degli insegnanti e incentivi come il Programma Istituzionale per le Borse di Iniziazione all'Insegnamento (PIBID/MEC), che mirano ad anticipare il legame tra i futuri insegnanti e l'aula, creare un collegamento tra l'istruzione superiore e le scuole statali e comunali, non include lingue aggiuntive come l'italiano, il francese e il tedesco. In considerazione di questa lacuna, in uno sforzo di resistenza e di unione, professori del Dipartimento di Metodologia Didattica e il Dipartimento di Lingua Straniera e Letteratura dell'Università Federal de Santa Catarina hanno riflettuto sulla possibilità di un sottoprogetto multidisciplinare che supportasse queste lingue non incluse nel Programma. L'obiettivo principale di questa presentazione è quello di esporre come l'esperienza dell'interazione tra docenti universitari di corsi di italiano, spagnolo, inglese e francese; insegnanti di spagnolo e inglese della rete di istruzione pubblica e laureandi di corsi di italiano, spagnolo e inglese hanno creato uno spazio di resistenza nelle discussioni sulla didattica e l'insegnamento della lingua-cultura a scuola (MENDES, 2004; 2008; 2010; 2015). Come questo team e questa esperienza multidisciplinare possono contribuire al processo di formazione degli insegnanti in un contesto di insegnamento remoto e come possiamo promuovere il dialogo tra le lingue straniere nelle nostre università sono alcune questioni guida. Si propone anche di presentare lo sviluppo del progetto durante la pandemia e il suo contributo alla formazione degli studenti del corso di laurea, in particolare il corso di italiano. L'analisi del materiale empirico e teorico ci ha aitutato ad elevare alcune prospettive in vista di piccole iniziative come la proposta multidisciplinare, l'impegno collettivo degli insegnanti di LE, la ricerca di una borsa di studio alternativa e l'impegno della studente, così l'italiano ha potuto accedere a spazi più democratici all'interno dell'Università e della scuola.Parole chiave: Insegnamento. Apprendimento. Lingua. Italiano. Pibid Multidisciplinare. ABSTRACT: Public policies for teacher training and incentive to teaching such as the Institutional Program for Teaching Initiation Scholarships (PIBID/MEC), which aims to anticipate the link between future teachers and the classroom, making a link between higher education and state and municipal schools, does not include additional languages such as Italian, French and German. In view of this gap, in an effort of resistance and union, professors from the Department of Teaching Methodology and the Department of Foreign Language and Literature of the Universidade Federal de Santa Catarina reflected on the possibility of a multidisciplinary subproject that would support these languages not included in the program. The main objective of this presentation is to expose how the experience of the interaction between university professors of Italian, Spanish, English and French courses; teachers of Spanish and English of the public education and undergraduates of Italian courses, Spanish and English have created a space of res(ex)istência in the discussions on the teaching and language-culture teaching at school (MENDES, 2004; 2008; 2010; 2015). How this team and this multidisciplinary experience can contribute to the teacher training process in a remote teaching context and how we can foster dialogue between foreign languages in our universities are some guiding issues. It also aims to present the development of the project during the pandemic and its contribution to the training of students of the undergraduate course, especially the Italian course. The analysis of empirical and theoretical material, also in view of the formal documents of Santa Catarina, sought to raise some perspectives with a view to small initiatives such as the multidisciplinary proposal, the collective commitment of LE teachers, the search for an alternative scholarship t and the interest and commitment of the scholarship student, the Italian area was able to access more democratic spaces within the University and the school.Keywords: Teaching. Learning. Language. Italian. Multidisciplinary Pibid.
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"La violenza democratica. Le relazioni tra i sessi e l'eccedenza della politica." SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI (LA), no. 36 (January 2010): 83–98. http://dx.doi.org/10.3280/las2009-036007.

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Abstract:
- Due studiose italiane riflettono sul rimosso, sul rovescio, della democrazia, ovvero su quella violenza democratica che riproduce continuamente forme di esclusione delle alteritÀ. Si tratta di una violenza anzitutto simbolica e discorsiva che si fonda sulla neutralizzazione delle differenze, sulla cancellazione dei corpi, dei soggetti sessuati, e si traduce anche in una violenza materiale e fisica. Elemento cruciale di questa violenza č la cancellazione del rapporto madrefigli o del rapporto tra sorelle, ai quali non č riconosciuta una valenza politica. In questo modo la politica si inceppa ogni volta che le donne irrompono nello spazio pubblico con il loro senso delle relazioni, riproponendo una sessuazione della sfera politica. In un momento in cui č evidente una crisi dell'autoritÀ maschile le due studiose mostrano come la libertÀ femminile pensata come libertÀ nella relazione ecceda lo stesso statuto democratico, cosicché ridurre la politica alla democrazia non significa fare un buon servizio alla politica ma nemmeno alla democrazia, che ha bisogno piuttosto di mantenere uno spazio sempre aperto verso l'impensato e l'imprevisto.
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Pastore, Sara. "Performare lo squat. I luoghi culturali occupati come esercizio di liveness e democrazia." Connessioni remote. Artivismo_Teatro_Tecnologia 3, no. 3 (December 28, 2021). http://dx.doi.org/10.54103/connessioni/16826.

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Abstract:
Assumendo l’intrinseca democraticità della svolta performativa delle arti – la quale eccede il principio della proprietà privata sia per l’artista che per il fruitore – il presente contributo intende esplorare le esperienze in cui la creazione dell’artista si realizza nella sua abilitazione alla creazione collettiva, mobilitando il concetto di liveness come presenza e partecipazione. Il contributo, a seguito di una tipizzazione delle varie possibili declinazioni della pratica di squatting, intende restringere il focus sulla sua versione culturale, in quanto metodo performativo teso ad obiettivi estetici, comunicativi e politici. Attraverso l’interpretazione ermeneutica dei presupposti e del funzionamento di tali esperienze, nonchè il riferimento – seppur sintetico, per motivi di economicità della ricerca – a casi di cultural squatting sul territorio italiano, sarà restituita una lettura di questi che li propone come momenti di attivazione e spazi d’intersezione dei diversi livelli di liveness, messi a disposizione nell’abilitazione dell’agency culturale e politica del pubblico in quanto collettività.
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