Journal articles on the topic 'Demielinizzante'

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1

Gallucci, M., O. Migliori, B. Orlandi, A. Bozzao, F. Cardona, and M. Arachi. "Malattie dismielinizzanti." Rivista di Neuroradiologia 5, no. 1_suppl (April 1992): 19–24. http://dx.doi.org/10.1177/19714009920050s104.

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Abstract:
L'aspetto generale di una malattia dismielinizzante è quello di una alterazione diffusa e simmetrica della sostanza bianca. Quest'aspetto può essere considerato specifico e spesso differenziale nei confronti delle patologie della sostanza bianca su base demielinizzante o encefaloclastica. Altro aspetto peculiare è la tendenza alla diffusione dell'alterazione, che non resta confinata in aree focali, ma tende ad avere una distribuzione lobare, emisferica o panencefalica, con possibile coinvolgimento del distretto sottotentoriale. Per quanto concerne l'inquadramento delle singole patologie dismielinizzanti occorre tracciare alcune brevi note per quelle forme che assumono degli aspetti differenziali più tipici. È importante sottolineare che, in forme con aspetti meno caratteristici, la diagnosi deve essere concertata in associazione con gli esami strumentali e di laboratorio e con la valutazione clinica. In conclusione l'apporto che la neuroradiologia reca in termini di diagnosi differenziale tra patologie su base dismetabolico-degenerativo e patologie su base demielinizzante o encefaloclastica è sostanziale. La neuroradiologia, inoltre, può offrire un inquadramento di sottogruppo patologico. Quest'ultimo aspetto è, tuttavia, di minor rilievo visto il generale scarso giovamento terapeutico di queste patologie.
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2

Falini, A., G. Calabrese, P. Santino, S. Lipari, D. Origgi, F. Triulzi, and G. Scotti. "La spettroscopia RM ad idrogeno, in vivo." Rivista di Neuroradiologia 7, no. 6 (December 1994): 839–58. http://dx.doi.org/10.1177/197140099400700601.

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Abstract:
Lo scopo di questo lavoro è quello di valutare la spettroscopia, quale tecnica di indagine neuroradiologica, prendendone in esame i vari aspetti. Per fare ciò vengono illustrate dapprima le basi fisiche, quindi quelle tecniche per poi passare alle basi neurobiologiche. Nella seconda parte dell'articolo si esaminano le applicazioni cliniche facendo in particolare riferimento alla propria esperienza diretta. Le patologie considerate sono quella tumorale, la demielinizzante, l'epilessia e le malattie infettive. Dall'analisi di questi dati, congiuntamente alle esperienze riportate in letteratura si tenta di giungere alla definizione delle potenzialità e dell'effettivo ruolo di questa tecnica in ambito clinico.
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3

Donati, P. Tortori, M. P. Fondelli, A. Rossi, S. Rolando, L. Andreussi, and M. Brisigotti. "La neuromielite ottica." Rivista di Neuroradiologia 6, no. 1 (February 1993): 53–59. http://dx.doi.org/10.1177/197140099300600107.

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Abstract:
La Neuromielite Ottica (m. di Devic) è una malattia demielinizzante (verosimilmente una forma fulminante di SM) a decorso rapidamente progressivo, che interessa i nervi ottici ed il midollo spinale, ed in cui l'edema massivo associato alla demielinizzazione acuta può causare una necrosi midollare da insufficienza circolatoria secondaria. Gli autori descrivono un caso di neuromielite ottica caratterizzato da un'ampia necrosi cavitaria cervico-dorsale a tutti gli effetti indistinguibile, dal punto di vista strettamente neuroradiologico, da un astrocitoma midollare, sottolineando le evidenti difficoltà nella diagnostica differenziale tra le due entità patologiche e le altre forme di necrosi cavitaria del midollo. Ribadiscono inoltre la necessità, nei casi di necrosi midollare, di eseguire uno studio oftalmologico che comprenda anche i PEV (potenziali evocati somestesici) e, nel sospetto di m. di Devic, di assumere, dopo l'applicazione della terapia steroidea, un atteggiamento di stretta sorveglianza clinico-neuroradiologica, al fine di evitare al paziente interventi bioptici potenzialmente dannosi.
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4

Andreula, C., D. Milella, A. Nella, A. Recchia-Luciani, and A. Carella. "Studio RM dell'encefalomielite acuta disseminata." Rivista di Neuroradiologia 9, no. 3 (June 1996): 273–81. http://dx.doi.org/10.1177/197140099600900302.

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Abstract:
L'encefalomielite acuta disseminata è una patologia infiammatoria demielinizzante a carattere diffuso o multifocale, che colpisce la sostanza bianca dell'encefalo e/o del midollo spinale. Insorge a distanza di tempo variabile (2 settimane-5 mesi) da eventi infettivi ad eziologia virale, oppure da pratiche vacciniche. Il decorso, acuto e monofasico, ha una durata di 1–3 settimane. Tale malattia, che ha un'incidenza sicuramente superiore rispetto a quanto riportato nelle statistiche, colpisce prevalentemente l'infanzia e l'adolescenza. Dal punto di vista istopatologico, la malattia è caratterizzata dalla presenza di infiltrati infiammatori perivascolari, soprattutto perivenulari, di cellule mononucleate, associati a zone di demielinizzazione che seguono il decorso delle venule. La gliosi astrocitaria è il risultato riparativo. La somiglianza clinica fra encefalite acuta disseminata e sclerosi multipla, e quindi l'encefalite allergica sperimentale, ha fatto prospettare nella sua patogenesi l'intervento di meccanismi autoimmunitari. Dal punto di vista neuroradiologico, le lesioni ascrivibili ad encefalite acuta disseminata non presentano un'espressività unitaria, anche se è possibile individuare alcuni caratteri relativamente costanti. Tale stato di cose, innanzitutto mette in dubbio la possibilità di una diagnosi solamente neuroradiologica di encefalite acuta disseminata, che invece per essere posta necessita di un accurato controllo clinico-neuroradiologico, ed in seconda istanza alimenta la domanda «ci troviamo di fronte ad un'entità nosografica ben distinta oppure ad uno spettro di malattie?».
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Schiffer, D., and M. C. Vigliani. "Malattie demielinizzanti." Rivista di Neuroradiologia 6, no. 1_suppl (April 1993): 31–33. http://dx.doi.org/10.1177/19714009930060s106.

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6

Prencipe, M., F. D'Andrea, and A. Mancini. "Le malattie demielinizzanti." Rivista di Neuroradiologia 6, no. 1_suppl (April 1993): 21–24. http://dx.doi.org/10.1177/19714009930060s104.

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7

Gallucci, M., O. Gagliardo, A. Splendiani, and C. Micheli. "Malattie demielinizzanti infantili." Rivista di Neuroradiologia 12, no. 1 (February 1999): 97–102. http://dx.doi.org/10.1177/197140099901200120.

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8

Lozeron, P. "Polineuropatie infiammatorie demielinizzanti croniche." EMC - Neurologia 22, no. 1 (February 2022): 1–8. http://dx.doi.org/10.1016/s1634-7072(21)46001-0.

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9

Cerone, G., A. Marrelli, C. Porto, R. Tomei, and P. Aloisi. "Indagini neurofisiologiche nelle malattie demielinizzanti." Rivista di Neuroradiologia 6, no. 1_suppl (April 1993): 25–30. http://dx.doi.org/10.1177/19714009930060s105.

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10

Andreula, C. F., A. N. M. Recchia-Luciani, and A. Carella. "Attività di placca e dose ottimale di Gd-DTPA in RM per la diagnosi di sclerosi multipla." Rivista di Neuroradiologia 7, no. 6 (December 1994): 859–73. http://dx.doi.org/10.1177/197140099400700602.

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Abstract:
L'introduzione del mezzo di contrasto in risonanza magnetica nello studio della Sclerosi Multipla (SM) ha accresciuto la sensibilità e la specificità della tecnica, individuando l'attività infiammatoria di quelle placche che evidenziano assunzione di contrasto paramagnetico (Gadopentato Dimeglumina, Gd-DTPA), con il relativo accorciamento dei tempi di rilassamento e l'aumento del segnale in T1. Tale caratteristica propone la possibilità di una verifica della disseminazione nel tempo delle lesioni, disseminazione che, combinata con la disseminazione spaziale (individuata già dall'esame di base anche in virtù della multiplanarietà) permette fin dal primo esame di definire la diagnosi di SM. L'aumento della intensità di segnale di una lesione avviene in proporzione all'incremento della dose di mdc paramagnetico utilizzata, fino a 0,3 mmol/Kg di peso corporeo. Scopo del nostro lavoro è individuare la dose ottimale di mdc paramagnetico in RM nel sospetto diagnostico di SM, per eliminare il sospetto di falsi negativi ingenerato nella pratica quotidiana a fronte di un quadro clinico e di un quadro RM fortemente suggestivi. Sono stati eseguiti esami pre- e post-contrasto in 150 pazienti con Sclerosi Multipla sospetta o definita. Dopo la prima dose di Gd-DTPA introdotta endovena, con tecnica a bolo, alla posologia di 0,2 ml/Kg di peso corporeo, sono state effettuate scansioni T1, immediatamente dopo la somministrazione. Quindi, è stata somministrata una seconda dose di Gd-DTPA endovena, sempre alla posologia di 0,2 ml/Kg di peso corporeo con tecnica a bolo, dopo la quale sono state ripetute le medesime scansioni T1, a distanza di 3–5 minuti dalla somministrazione della prima dose. Nel gruppo totale di pazienti che hanno mostrato impregnazione di placca (71 = 47,33%), il rapporto tra i casi con impregnazione dopo dose singola (6 casi = 4%), e quelli con impregnazione dopo doppia dose (65 casi = 63,33%) è stato dell '11,825 (incremento proporzionale 1082,5%). Nel corso del nostro lavoro, abbiamo distinto le placche in cinque «tipi», in base al differente segnale RM e al comportamento dopo somministrazione di mdc. L'aumento della dose permetterebbe un miglior rapporto contrasto/rumore, con il rilievo di lesioni di dimensioni al limite della rilevabilità, nonchè una maggiore «confidence» di rilevamento per una migliore delineazione delle lesioni, e dunque della diagnosi per immagini. Obiettivo finale del lavoro è una possibile revisione del protocollo diagnostico della SM, con l'introduzione della RM con doppia dose di Gd-DTPA in tutti i casi di sospetto clinico di patologia demielinizzante, nella speranza di una possibile drastica riduzione del tempo necessario per giungere alla definizione diagnostica.
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Tortorella, Carlo, Vita Direnzo, Pietro Iaffaldano, Elena Luciannatelli, and Maria Trojano. "Aferesi terapeutica nelle malattie del Sistema Nervoso Centrale." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, no. 4_suppl (July 23, 2013): S13—S16. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1082.

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Abstract:
L'aferesi terapeutica (AT) è stata utilizzata con successo nel trattamento delle ricadute non rispondenti alla terapia steroidea in corso di malattie demielinizzanti. Tuttavia, tali evidenze necessitano tuttora di essere confermate secondo quanto espresso dalle Linee Guida dell'American Academy of Neurology. I dati più sostanziali riguardano le ricadute in corso di Sclerosi Multipla e Neuromielite Ottica. L'AT si è mostrata inefficace nel trattamento della Sclerosi Multipla a decorso progressivo.
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Savoiardo, M., M. Sberna, and M. Grisoli. "RM nelle malattie degenerative e infiammatorie." Rivista di Neuroradiologia 1, no. 1_suppl (April 1988): 67–74. http://dx.doi.org/10.1177/19714009880010s108.

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Abstract:
In alcune malattie degenerative la RM dimostra la distribuzione dell'atrofia meglio della TC senza ulteriori vantaggi. In alcuni gruppi di malattie dei nuclei della base, la RM ad alta intensità di campo dimostra in modo peculiare accumuli o distribuzioni abnormi di ferro. Malattie della sostanza bianca, come le leucodistrofie e particolarmente le malattie demielinizzanti, hanno trovato nella RM il miglior mezzo diagnostico. La RM è s̀olitamente superiore alla TC anche nella dimostrazione di piccole lesioni infiammatorie.
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Micheli, C., M. Gallucci, O. Gagliardo, G. Cardone, G. B. Minio Paluello, and M. Castrucci. "Utilità della risonanza magnetica perfusionale nella diagnosi differenziale tra lesioni demielinizzanti e patologia multinfartuale." Rivista di Neuroradiologia 10, no. 2_suppl (October 1997): 35–36. http://dx.doi.org/10.1177/19714009970100s212.

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Abstract:
20 pts affected by chronic cerebrovascular disease (10) and demyelinating disease (10) were studied by means of conventional MRI and T2*-w dynamic scans (6 slices acquired in 2“, 60 dynamic scans obtained for each slice, total acquisition time ?120”) with the aim of evaluating wether different patterns could be defined between infarctions and demyelinations. 5 subjects were excluded for different reasons. Signal intensity (SI) and transit time (BPAT = Bolus Peak Arrival Time) values were calculated from ROIs positioned on affected and contralateral non affected areas in each pt. In the group affected by demyelinating diseases, data from pathological ROIs were not significantly different from the contralateral, although the basal value of the lesions started from more elevated levels. On the contrary, pts affected by vascular lesions showed significantly different values of SI between pathological ROIs and apparently normal contralateral brain (χ2 test, p<0.001). In two cases, asymmetry of the BPAT due to extracranial carotid stenosis were recorded. In conclusion, our experience encourages the use of perfusional studies with the aim of characterizing pathological processes. The difference recorded between the two groups could suggest wider use of the technique when differential diagnosis between the two pathological entities is not simply obtainable by standard MRI (i.e.: Multiple Sclerosis vs. autoimmune vasculitides). The limited number of patients enrolled in this study makes our results to be considered non definitive, although encouraging.
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Ukmar, M., S. Magnaldi, C. Dapas, A. Bosco, R. Longo, and R. S. Pozzi-Mucelli. "Confronto di sensibilità tra diverse sequenze nel riconoscimento di placche nella sclerosi multipla." Rivista di Neuroradiologia 9, no. 5 (October 1996): 521–28. http://dx.doi.org/10.1177/197140099600900503.

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Abstract:
La risonanza magnetica è la tecnica fondamentale nello studio della sclerosi multipla. Lo scopo di questo lavoro è stato il confronto, in termini di sensibilità, tra alcune sequenze di RM attualmente disponibili con l'intento di individuare quella che consente la migliore dimostrazione delle lesioni tipiche della sclerosi multipla. Sono stati studiati 71 pazienti affetti da sclerosi multipla, inclusi nello studio in base ai criteri di Poser. Tutti sono stati sottoposti ad un esame di RM comprendente una sequenza SE pesata in densità protonica (DP) e T2, una sequenza TSE pesata in T2 e una sequenza IR. Il giudizio sulla visibilità delle lesioni demielinizzanti è stato espresso sia in termini soggettivi che in modo oggettivo. Dalla valutazione soggettiva è emerso che, in generale, la visibilità delle placche è risultata soddisfacente nella maggior parte dei casi, con punteggi particolarmente elevati a livello della sostanza bianca periventricolare, mentre punteggi più bassi sono stati attribuiti alle lesioni del cervelletto e del tronco encefalico. Prendendo in considerazione i punteggi attribuiti alle diverse lesioni in relazione al tipo di sequenza impiegata, nel complesso quella migliore è risultata la SE pesata in T2. Dalla valutazione oggettiva invece la sequenza con maggiore contrasto intrinseco è risultata essere la TSE pesata in T2 con una eccezione per quanto concerne il contrasto tra placca e liquor dove la sequenza più affidabile è risultata essere la DP. Dalla valutazione oggettiva emerge dunque un risultato in apparente contraddizione con quello della valutazione soggettiva. Per conciliare risultati così diversi bisogna ipotizzare che il contrasto intrinseco delle immagini non sia il fattore principale che determina l'adeguata visibilità delle lesioni demielinizzanti. Ad esempio, nelle sequenze TSE pesate in T2 alcuni fattori riducono la visibilità delle stesse. In conclusione, dalla nostra esperienza emerge che la sequenza che consente la migliore dimostrazione delle lesioni della sclerosi multipla è la SE pesata in DP e T2, che permette la valutazione di più parametri tissutali in un'unica acquisizione oltre ad essere dotata di un contrasto intrinseco soddisfacente.
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D'Aprile, P., G. R. Grande, and A. Carella. "Utilità delle sequenze gradient - Eco T2 pesate nello studio RM della sclerosi multipla." Rivista di Neuroradiologia 5, no. 4 (November 1992): 433–40. http://dx.doi.org/10.1177/197140099200500403.

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Abstract:
Gli autori prendono in considerazione la possibilità di introdurre nell'attuale protocollo di studio RM della sclerosi multipla, l'uso di sequenze gradient-eco (GRE) T2 pesate sul piano sagittale al fine di poter valutare le eventuali lesioni demielinizzanti presenti a livello del corpo calloso, dimostratesi specifiche per la diagnosi di tale malattia. Queste sequenze, in base ai risultati ottenuti si sono dimostrate abbastanza sensibili nel rilevare tali lesioni e quindi l'incidenza globale (80%) e la distribuzione nell'ambito del corpo calloso. Nel contempo, lo studio sul piano sagittale rende possibile anche un'accurata valutazione morfologica delle strutture della linea mediana al fine di identificare anche la eventuale presenza di atrofia a carico del corpo calloso permettendo, fra l'altro, una localizzazione più accurata di eventuali ulteriori lesioni presenti a livello del tronco encefalico e del cervelletto.
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Lombardi, A., R. Anghinetti, C. Capone, E. Sani, and P. Piazza. "Intossicazione da monossido di carbonio: Coinvolgimento cerebellare." Rivista di Neuroradiologia 9, no. 6 (December 1996): 675–78. http://dx.doi.org/10.1177/197140099600900608.

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Abstract:
Sono ampiamente riportate in letteratura lesioni ipossico-ischemiche da intossicazione da CO. Esse si presentano di norma con lesioni necrotiche a livello dei nuclei della base, soprattutto dei nuclei pallidi, e con demielinizzazione della sostanza bianca cerebrale; meno frequentemente sono state riportate lesioni demielinizzanti e necrotiche cerebellari. Più raramente sono stati segnalati in letteratura casi di calcificazione cerebrale da intossicazione da CO. I reperti di più frequente riscontro dopo intossicazione da CO sono costituiti da modificazioni della densità / intensità di segnale a livello dei nuclei della base e della sostanza bianca e dall'ampliamento degli spazi liquorali, secondario ad atrofia cerebrale. Meno frequenti sono le modificazioni della densità / intensità cerebellare. Il reperto da noi osservato è per certi versi simile a quello descritto da Pasquier11, dal quale tuttavia si differenzia per la presenza di calcificazioni cerebellari. L'esclusione delle possibili cause di calcificazioni cerebellari ci fa pensare che siano conseguenti all'intossicazione da CO.
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Ferrari, G., G. Giovannini, and A. Prinster. "Le sequenze Fast Fluid Attenuated Inversion Recovery (FFLAIR)." Rivista di Neuroradiologia 11, no. 2 (April 1998): 187–92. http://dx.doi.org/10.1177/197140099801100206.

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Abstract:
Lo sviluppo della sequenza FLAIR è nato dalla necessità di produrre immagini che mettessero bene in evidenza le lesioni situate nelle regioni periventricolari e subcorticali dell'encefalo. Tale sequenza, derivata dall'inversion-recovery, è caratterizzata da un lungo tempo d'inversione utile ad annullare il segnale del liquor e da un TE e un TR utili per produrre a livello del parenchima un segnale dipendente dal T2. Il lungo tempo d'acquisizione della FLAIR è stato sensibilmente ridotto con l'uso della tecnica utilizzata con le sequenze fast spin-eco. La selezione e l'accoppiamento dei parametri di sequenza è oggetto di analisi e i vari produttori hanno scelto differenti ed interessanti soluzioni, privilegiando a volte un ridotto tempo d'acquisizione, altre una ponderazione T2 più marcata, con un annullamento assoluto del segnale del liquor. L'uso di questa recente sequenza è presto divenuto d'elezione per il monitoraggio delle patologie demielinizzanti multifocali. Altri impieghi, in altre patologie, sono al vaglio di molti centri e l'ampliamento delle casistiche permetterà di comprendere quali sono le opportunità e l'efficacia offerte dall'utilizzo della sequenza Fast FLAIR.
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Sparacia, G., T. Angileri, M. Accardi, S. Pappalardo, C. Sarno, and M. De Maria. "Valutazione comparativa delle sequenze fast Spin-echo e Spin-echo T2-dipendenti nella dimostrazione delle lesioni demielinizzanti encefaliche in corso di sclerosi multipla." Rivista di Neuroradiologia 10, no. 2_suppl (October 1997): 233–35. http://dx.doi.org/10.1177/19714009970100s2106.

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Abstract:
We compared T2-weighted fast spin-echo (FSE) magnetic resonance (MR) imaging and conventional spin-echo (CSE) T2-weighted imaging in the detection of brain lesions of multiple sclerosis (MS). 20 patients with clinically definite MS underwent brain imaging with both FSE and CSE T2-weighted imaging. There was no significant difference in total number of lesions detected on FSE vs CSE (1354 vs 1378). Slightly more periventricular and subcortical lesions were detected using CSE than FSE, whereas more posterior cranial fossa lesions were detected by FSE. There was no statistically significant difference in the signal intensity (SI) ratio of MS lesions to that of surrounding normal white matter on FSE vs CSE, however the SI ratio of MS lesions was lower on FSE T2-weighted images (FSE ? 1.87 ± 0.39 vs CSE = 2.09 ± 0.36). Considerable time savings can accrue when substituting FSE for CSE sequences in T2-weighted imaging, and this is a compelling reason to employ such sequence in clinical practice. Our results suggest that although CSE sequences are required to confirm the diagnosis of brain involvement of MS lesions, T2-weighted FSE sequences can replace CSE sequences in long term monitoring especially when patient's movements preclude useful investigation and when optional scanning planes are required.
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