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Dissertations / Theses on the topic 'D-389'

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Donati, Marco <1978&gt. "3-D reconstruction of the human skeleton during motion." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/389/.

Full text
Abstract:
L’analisi del movimento umano ha come obiettivo la descrizione del movimento assoluto e relativo dei segmenti ossei del soggetto e, ove richiesto, dei relativi tessuti molli durante l’esecuzione di esercizi fisici. La bioingegneria mette a disposizione dell’analisi del movimento gli strumenti ed i metodi necessari per una valutazione quantitativa di efficacia, funzione e/o qualità del movimento umano, consentendo al clinico l’analisi di aspetti non individuabili con gli esami tradizionali. Tali valutazioni possono essere di ausilio all’analisi clinica di pazienti e, specialmente con riferimento a problemi ortopedici, richiedono una elevata accuratezza e precisione perché il loro uso sia valido. Il miglioramento della affidabilità dell’analisi del movimento ha quindi un impatto positivo sia sulla metodologia utilizzata, sia sulle ricadute cliniche della stessa. Per perseguire gli obiettivi scientifici descritti, è necessario effettuare una stima precisa ed accurata della posizione e orientamento nello spazio dei segmenti ossei in esame durante l’esecuzione di un qualsiasi atto motorio. Tale descrizione può essere ottenuta mediante la definizione di un modello della porzione del corpo sotto analisi e la misura di due tipi di informazione: una relativa al movimento ed una alla morfologia. L’obiettivo è quindi stimare il vettore posizione e la matrice di orientamento necessari a descrivere la collocazione nello spazio virtuale 3D di un osso utilizzando le posizioni di punti, definiti sulla superficie cutanea ottenute attraverso la stereofotogrammetria. Le traiettorie dei marker, così ottenute, vengono utilizzate per la ricostruzione della posizione e dell’orientamento istantaneo di un sistema di assi solidale con il segmento sotto esame (sistema tecnico) (Cappozzo et al. 2005). Tali traiettorie e conseguentemente i sistemi tecnici, sono affetti da due tipi di errore, uno associato allo strumento di misura e l’altro associato alla presenza di tessuti molli interposti tra osso e cute. La propagazione di quest’ultimo ai risultati finali è molto più distruttiva rispetto a quella dell’errore strumentale che è facilmente minimizzabile attraverso semplici tecniche di filtraggio (Chiari et al. 2005). In letteratura è stato evidenziato che l’errore dovuto alla deformabilità dei tessuti molli durante l’analisi del movimento umano provoca inaccuratezze tali da mettere a rischio l’utilizzabilità dei risultati. A tal proposito Andriacchi scrive: “attualmente, uno dei fattori critici che rallentano il progresso negli studi del movimento umano è la misura del movimento scheletrico partendo dai marcatori posti sulla cute” (Andriacchi et al. 2000). Relativamente alla morfologia, essa può essere acquisita, ad esempio, attraverso l’utilizzazione di tecniche per bioimmagini. Queste vengono fornite con riferimento a sistemi di assi locali in generale diversi dai sistemi tecnici. Per integrare i dati relativi al movimento con i dati morfologici occorre determinare l’operatore che consente la trasformazione tra questi due sistemi di assi (matrice di registrazione) e di conseguenza è fondamentale l’individuazione di particolari terne di riferimento, dette terne anatomiche. L’identificazione di queste terne richiede la localizzazione sul segmento osseo di particolari punti notevoli, detti repere anatomici, rispetto ad un sistema di riferimento solidale con l’osso sotto esame. Tale operazione prende il nome di calibrazione anatomica. Nella maggior parte dei laboratori di analisi del movimento viene implementata una calibrazione anatomica a “bassa risoluzione” che prevede la descrizione della morfologia dell’osso a partire dall’informazione relativa alla posizione di alcuni repere corrispondenti a prominenze ossee individuabili tramite palpazione. Attraverso la stereofotogrammetria è quindi possibile registrare la posizione di questi repere rispetto ad un sistema tecnico. Un diverso approccio di calibrazione anatomica può essere realizzato avvalendosi delle tecniche ad “alta risoluzione”, ovvero attraverso l’uso di bioimmagini. In questo caso è necessario disporre di una rappresentazione digitale dell’osso in un sistema di riferimento morfologico e localizzare i repere d’interesse attraverso palpazione in ambiente virtuale (Benedetti et al. 1994 ; Van Sint Jan et al. 2002; Van Sint Jan et al. 2003). Un simile approccio è difficilmente applicabile nella maggior parte dei laboratori di analisi del movimento, in quanto normalmente non si dispone della strumentazione necessaria per ottenere le bioimmagini; inoltre è noto che tale strumentazione in alcuni casi può essere invasiva. Per entrambe le calibrazioni anatomiche rimane da tenere in considerazione che, generalmente, i repere anatomici sono dei punti definiti arbitrariamente all’interno di un’area più vasta e irregolare che i manuali di anatomia definiscono essere il repere anatomico. L’identificazione dei repere attraverso una loro descrizione verbale è quindi povera in precisione e la difficoltà nella loro identificazione tramite palpazione manuale, a causa della presenza dei tessuti molli interposti, genera errori sia in precisione che in accuratezza. Tali errori si propagano alla stima della cinematica e della dinamica articolare (Ramakrishnan et al. 1991; Della Croce et al. 1999). Della Croce (Della Croce et al. 1999) ha inoltre evidenziato che gli errori che influenzano la collocazione nello spazio delle terne anatomiche non dipendono soltanto dalla precisione con cui vengono identificati i repere anatomici, ma anche dalle regole che si utilizzano per definire le terne. E’ infine necessario evidenziare che la palpazione manuale richiede tempo e può essere effettuata esclusivamente da personale altamente specializzato, risultando quindi molto onerosa (Simon 2004). La presente tesi prende lo spunto dai problemi sopra elencati e ha come obiettivo quello di migliorare la qualità delle informazioni necessarie alla ricostruzione della cinematica 3D dei segmenti ossei in esame affrontando i problemi posti dall’artefatto di tessuto molle e le limitazioni intrinseche nelle attuali procedure di calibrazione anatomica. I problemi sono stati affrontati sia mediante procedure di elaborazione dei dati, sia apportando modifiche ai protocolli sperimentali che consentano di conseguire tale obiettivo. Per quanto riguarda l’artefatto da tessuto molle, si è affrontato l’obiettivo di sviluppare un metodo di stima che fosse specifico per il soggetto e per l’atto motorio in esame e, conseguentemente, di elaborare un metodo che ne consentisse la minimizzazione. Il metodo di stima è non invasivo, non impone restrizione al movimento dei tessuti molli, utilizza la sola misura stereofotogrammetrica ed è basato sul principio della media correlata. Le prestazioni del metodo sono state valutate su dati ottenuti mediante una misura 3D stereofotogrammetrica e fluoroscopica sincrona (Stagni et al. 2005), (Stagni et al. 2005). La coerenza dei risultati raggiunti attraverso i due differenti metodi permette di considerare ragionevoli le stime dell’artefatto ottenute con il nuovo metodo. Tale metodo fornisce informazioni sull’artefatto di pelle in differenti porzioni della coscia del soggetto e durante diversi compiti motori, può quindi essere utilizzato come base per un piazzamento ottimo dei marcatori. Lo si è quindi utilizzato come punto di partenza per elaborare un metodo di compensazione dell’errore dovuto all’artefatto di pelle che lo modella come combinazione lineare degli angoli articolari di anca e ginocchio. Il metodo di compensazione è stato validato attraverso una procedura di simulazione sviluppata ad-hoc. Relativamente alla calibrazione anatomica si è ritenuto prioritario affrontare il problema associato all’identificazione dei repere anatomici perseguendo i seguenti obiettivi: 1. migliorare la precisione nell’identificazione dei repere e, di conseguenza, la ripetibilità dell’identificazione delle terne anatomiche e della cinematica articolare, 2. diminuire il tempo richiesto, 3. permettere che la procedura di identificazione possa essere eseguita anche da personale non specializzato. Il perseguimento di tali obiettivi ha portato alla implementazione dei seguenti metodi: • Inizialmente è stata sviluppata una procedura di palpazione virtuale automatica. Dato un osso digitale, la procedura identifica automaticamente i punti di repere più significativi, nella maniera più precisa possibile e senza l'ausilio di un operatore esperto, sulla base delle informazioni ricavabili da un osso digitale di riferimento (template), preliminarmente palpato manualmente. • E’ stato poi condotto uno studio volto ad indagare i fattori metodologici che influenzano le prestazioni del metodo funzionale nell’individuazione del centro articolare d’anca, come prerequisito fondamentale per migliorare la procedura di calibrazione anatomica. A tale scopo sono stati confrontati diversi algoritmi, diversi cluster di marcatori ed è stata valutata la prestazione del metodo in presenza di compensazione dell’artefatto di pelle. • E’stato infine proposto un metodo alternativo di calibrazione anatomica basato sull’individuazione di un insieme di punti non etichettati, giacenti sulla superficie dell’osso e ricostruiti rispetto ad un TF (UP-CAST). A partire dalla posizione di questi punti, misurati su pelvi coscia e gamba, la morfologia del relativo segmento osseo è stata stimata senza identificare i repere, bensì effettuando un’operazione di matching dei punti misurati con un modello digitale dell’osso in esame. La procedura di individuazione dei punti è stata eseguita da personale non specializzato nell’individuazione dei repere anatomici. Ai soggetti in esame è stato richiesto di effettuare dei cicli di cammino in modo tale da poter indagare gli effetti della nuova procedura di calibrazione anatomica sulla determinazione della cinematica articolare. I risultati ottenuti hanno mostrato, per quel che riguarda la identificazione dei repere, che il metodo proposto migliora sia la precisione inter- che intraoperatore, rispetto alla palpazione convenzionale (Della Croce et al. 1999). E’ stato inoltre riscontrato un notevole miglioramento, rispetto ad altri protocolli (Charlton et al. 2004; Schwartz et al. 2004), nella ripetibilità della cinematica 3D di anca e ginocchio. Bisogna inoltre evidenziare che il protocollo è stato applicato da operatori non specializzati nell’identificazione dei repere anatomici. Grazie a questo miglioramento, la presenza di diversi operatori nel laboratorio non genera una riduzione di ripetibilità. Infine, il tempo richiesto per la procedura è drasticamente diminuito. Per una analisi che include la pelvi e i due arti inferiori, ad esempio, l’identificazione dei 16 repere caratteristici usando la calibrazione convenzionale richiede circa 15 minuti, mentre col nuovo metodo tra i 5 e i 10 minuti.
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Hahnemann, Samuel Jütte Robert Papsch Monika. "Krankenjournal D 38 (1833 - 1835) : Kommentarband /." Stuttgart : Haug, 2007. http://www.gbv.de/dms/bs/toc/527542849.pdf.

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McVicar, Duncan. "Openness to trade, research and development and growth." Thesis, University of Southampton, 1999. http://ethos.bl.uk/OrderDetails.do?uin=uk.bl.ethos.313119.

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Donati, Marco <1978&gt. "3-D reconstruction of the human skeleton during motion." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/389/1/Tesi_di_Dottorato_di_Donati_Marco-XIX_ciclo-Bioingegneria-Bo.pdf.

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Abstract:
L’analisi del movimento umano ha come obiettivo la descrizione del movimento assoluto e relativo dei segmenti ossei del soggetto e, ove richiesto, dei relativi tessuti molli durante l’esecuzione di esercizi fisici. La bioingegneria mette a disposizione dell’analisi del movimento gli strumenti ed i metodi necessari per una valutazione quantitativa di efficacia, funzione e/o qualità del movimento umano, consentendo al clinico l’analisi di aspetti non individuabili con gli esami tradizionali. Tali valutazioni possono essere di ausilio all’analisi clinica di pazienti e, specialmente con riferimento a problemi ortopedici, richiedono una elevata accuratezza e precisione perché il loro uso sia valido. Il miglioramento della affidabilità dell’analisi del movimento ha quindi un impatto positivo sia sulla metodologia utilizzata, sia sulle ricadute cliniche della stessa. Per perseguire gli obiettivi scientifici descritti, è necessario effettuare una stima precisa ed accurata della posizione e orientamento nello spazio dei segmenti ossei in esame durante l’esecuzione di un qualsiasi atto motorio. Tale descrizione può essere ottenuta mediante la definizione di un modello della porzione del corpo sotto analisi e la misura di due tipi di informazione: una relativa al movimento ed una alla morfologia. L’obiettivo è quindi stimare il vettore posizione e la matrice di orientamento necessari a descrivere la collocazione nello spazio virtuale 3D di un osso utilizzando le posizioni di punti, definiti sulla superficie cutanea ottenute attraverso la stereofotogrammetria. Le traiettorie dei marker, così ottenute, vengono utilizzate per la ricostruzione della posizione e dell’orientamento istantaneo di un sistema di assi solidale con il segmento sotto esame (sistema tecnico) (Cappozzo et al. 2005). Tali traiettorie e conseguentemente i sistemi tecnici, sono affetti da due tipi di errore, uno associato allo strumento di misura e l’altro associato alla presenza di tessuti molli interposti tra osso e cute. La propagazione di quest’ultimo ai risultati finali è molto più distruttiva rispetto a quella dell’errore strumentale che è facilmente minimizzabile attraverso semplici tecniche di filtraggio (Chiari et al. 2005). In letteratura è stato evidenziato che l’errore dovuto alla deformabilità dei tessuti molli durante l’analisi del movimento umano provoca inaccuratezze tali da mettere a rischio l’utilizzabilità dei risultati. A tal proposito Andriacchi scrive: “attualmente, uno dei fattori critici che rallentano il progresso negli studi del movimento umano è la misura del movimento scheletrico partendo dai marcatori posti sulla cute” (Andriacchi et al. 2000). Relativamente alla morfologia, essa può essere acquisita, ad esempio, attraverso l’utilizzazione di tecniche per bioimmagini. Queste vengono fornite con riferimento a sistemi di assi locali in generale diversi dai sistemi tecnici. Per integrare i dati relativi al movimento con i dati morfologici occorre determinare l’operatore che consente la trasformazione tra questi due sistemi di assi (matrice di registrazione) e di conseguenza è fondamentale l’individuazione di particolari terne di riferimento, dette terne anatomiche. L’identificazione di queste terne richiede la localizzazione sul segmento osseo di particolari punti notevoli, detti repere anatomici, rispetto ad un sistema di riferimento solidale con l’osso sotto esame. Tale operazione prende il nome di calibrazione anatomica. Nella maggior parte dei laboratori di analisi del movimento viene implementata una calibrazione anatomica a “bassa risoluzione” che prevede la descrizione della morfologia dell’osso a partire dall’informazione relativa alla posizione di alcuni repere corrispondenti a prominenze ossee individuabili tramite palpazione. Attraverso la stereofotogrammetria è quindi possibile registrare la posizione di questi repere rispetto ad un sistema tecnico. Un diverso approccio di calibrazione anatomica può essere realizzato avvalendosi delle tecniche ad “alta risoluzione”, ovvero attraverso l’uso di bioimmagini. In questo caso è necessario disporre di una rappresentazione digitale dell’osso in un sistema di riferimento morfologico e localizzare i repere d’interesse attraverso palpazione in ambiente virtuale (Benedetti et al. 1994 ; Van Sint Jan et al. 2002; Van Sint Jan et al. 2003). Un simile approccio è difficilmente applicabile nella maggior parte dei laboratori di analisi del movimento, in quanto normalmente non si dispone della strumentazione necessaria per ottenere le bioimmagini; inoltre è noto che tale strumentazione in alcuni casi può essere invasiva. Per entrambe le calibrazioni anatomiche rimane da tenere in considerazione che, generalmente, i repere anatomici sono dei punti definiti arbitrariamente all’interno di un’area più vasta e irregolare che i manuali di anatomia definiscono essere il repere anatomico. L’identificazione dei repere attraverso una loro descrizione verbale è quindi povera in precisione e la difficoltà nella loro identificazione tramite palpazione manuale, a causa della presenza dei tessuti molli interposti, genera errori sia in precisione che in accuratezza. Tali errori si propagano alla stima della cinematica e della dinamica articolare (Ramakrishnan et al. 1991; Della Croce et al. 1999). Della Croce (Della Croce et al. 1999) ha inoltre evidenziato che gli errori che influenzano la collocazione nello spazio delle terne anatomiche non dipendono soltanto dalla precisione con cui vengono identificati i repere anatomici, ma anche dalle regole che si utilizzano per definire le terne. E’ infine necessario evidenziare che la palpazione manuale richiede tempo e può essere effettuata esclusivamente da personale altamente specializzato, risultando quindi molto onerosa (Simon 2004). La presente tesi prende lo spunto dai problemi sopra elencati e ha come obiettivo quello di migliorare la qualità delle informazioni necessarie alla ricostruzione della cinematica 3D dei segmenti ossei in esame affrontando i problemi posti dall’artefatto di tessuto molle e le limitazioni intrinseche nelle attuali procedure di calibrazione anatomica. I problemi sono stati affrontati sia mediante procedure di elaborazione dei dati, sia apportando modifiche ai protocolli sperimentali che consentano di conseguire tale obiettivo. Per quanto riguarda l’artefatto da tessuto molle, si è affrontato l’obiettivo di sviluppare un metodo di stima che fosse specifico per il soggetto e per l’atto motorio in esame e, conseguentemente, di elaborare un metodo che ne consentisse la minimizzazione. Il metodo di stima è non invasivo, non impone restrizione al movimento dei tessuti molli, utilizza la sola misura stereofotogrammetrica ed è basato sul principio della media correlata. Le prestazioni del metodo sono state valutate su dati ottenuti mediante una misura 3D stereofotogrammetrica e fluoroscopica sincrona (Stagni et al. 2005), (Stagni et al. 2005). La coerenza dei risultati raggiunti attraverso i due differenti metodi permette di considerare ragionevoli le stime dell’artefatto ottenute con il nuovo metodo. Tale metodo fornisce informazioni sull’artefatto di pelle in differenti porzioni della coscia del soggetto e durante diversi compiti motori, può quindi essere utilizzato come base per un piazzamento ottimo dei marcatori. Lo si è quindi utilizzato come punto di partenza per elaborare un metodo di compensazione dell’errore dovuto all’artefatto di pelle che lo modella come combinazione lineare degli angoli articolari di anca e ginocchio. Il metodo di compensazione è stato validato attraverso una procedura di simulazione sviluppata ad-hoc. Relativamente alla calibrazione anatomica si è ritenuto prioritario affrontare il problema associato all’identificazione dei repere anatomici perseguendo i seguenti obiettivi: 1. migliorare la precisione nell’identificazione dei repere e, di conseguenza, la ripetibilità dell’identificazione delle terne anatomiche e della cinematica articolare, 2. diminuire il tempo richiesto, 3. permettere che la procedura di identificazione possa essere eseguita anche da personale non specializzato. Il perseguimento di tali obiettivi ha portato alla implementazione dei seguenti metodi: • Inizialmente è stata sviluppata una procedura di palpazione virtuale automatica. Dato un osso digitale, la procedura identifica automaticamente i punti di repere più significativi, nella maniera più precisa possibile e senza l'ausilio di un operatore esperto, sulla base delle informazioni ricavabili da un osso digitale di riferimento (template), preliminarmente palpato manualmente. • E’ stato poi condotto uno studio volto ad indagare i fattori metodologici che influenzano le prestazioni del metodo funzionale nell’individuazione del centro articolare d’anca, come prerequisito fondamentale per migliorare la procedura di calibrazione anatomica. A tale scopo sono stati confrontati diversi algoritmi, diversi cluster di marcatori ed è stata valutata la prestazione del metodo in presenza di compensazione dell’artefatto di pelle. • E’stato infine proposto un metodo alternativo di calibrazione anatomica basato sull’individuazione di un insieme di punti non etichettati, giacenti sulla superficie dell’osso e ricostruiti rispetto ad un TF (UP-CAST). A partire dalla posizione di questi punti, misurati su pelvi coscia e gamba, la morfologia del relativo segmento osseo è stata stimata senza identificare i repere, bensì effettuando un’operazione di matching dei punti misurati con un modello digitale dell’osso in esame. La procedura di individuazione dei punti è stata eseguita da personale non specializzato nell’individuazione dei repere anatomici. Ai soggetti in esame è stato richiesto di effettuare dei cicli di cammino in modo tale da poter indagare gli effetti della nuova procedura di calibrazione anatomica sulla determinazione della cinematica articolare. I risultati ottenuti hanno mostrato, per quel che riguarda la identificazione dei repere, che il metodo proposto migliora sia la precisione inter- che intraoperatore, rispetto alla palpazione convenzionale (Della Croce et al. 1999). E’ stato inoltre riscontrato un notevole miglioramento, rispetto ad altri protocolli (Charlton et al. 2004; Schwartz et al. 2004), nella ripetibilità della cinematica 3D di anca e ginocchio. Bisogna inoltre evidenziare che il protocollo è stato applicato da operatori non specializzati nell’identificazione dei repere anatomici. Grazie a questo miglioramento, la presenza di diversi operatori nel laboratorio non genera una riduzione di ripetibilità. Infine, il tempo richiesto per la procedura è drasticamente diminuito. Per una analisi che include la pelvi e i due arti inferiori, ad esempio, l’identificazione dei 16 repere caratteristici usando la calibrazione convenzionale richiede circa 15 minuti, mentre col nuovo metodo tra i 5 e i 10 minuti.
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Heikkinen, M. T. (Marko T. ). "Managing in R&D nets:roles, processes, benefits and challenges." Doctoral thesis, Oulun yliopisto, 2018. http://urn.fi/urn:isbn:9789526218274.

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Abstract:
Abstract Nowadays, the locus of innovations is in research and development (R&D) networks formed by companies, research agencies, universities, and governmental agencies. Innovation is seen as a source of success of corporations, nations and communities, and therefore there is a long tradition for R&D research and innovation research. Networking is the answer for the changed environment caused by globalisation, fragmentation of the knowledge base and specification of the research into several fields that cause increased financial resource and capability demand for the actors developing new offerings. Collaboration in R&D networks is necessary because resources, expertise, and capabilities are not possessed and capable of being managed by single actors. R&D networks may emerge from among willing actors or intentionally by active actors or based on existing social or strategic relationships of actors. This study focuses on intentional R&D nets and managing in these R&D nets. This study describes and understands, firstly how managing in net is conducted during R&D net formation and collaboration, secondly what benefits are achieved, and thirdly what challenges are noted in relation to managing in R&D nets. Managing in R&D nets is seen to consist of managerial processes and roles for managing. Managing in R&D nets is studied in two phases, firstly empirically in four (4) peer-reviewed papers. The papers stem from a single longitudinal case study of managing in an R&D net. The case study includes both a historical and a follow-up time perspective. Secondly, as the studies have been published between 2005 and 2008, their results needed to be compared to more novel and contemporary findings to show the contribution. Hence, in the second phase, a systematic literature review covering studies on R&D and innovation network management published between 2004–14 is conducted. Thereafter and based on the comparison to contemporary research, the findings of this study that are supported, contradicted and/or still novel are discussed. The novel findings of this study are the following. Firstly, this study extends the time frame of managing in R&D nets. Secondly, it proposes a process model for understanding R&D net formation and collaboration, based on overlapping, simultaneous and iterative activities in R&D net. Thirdly, as a novel finding, this study creates a conceptual framework for depicting and typologising roles for managing in R&D nets. Finally, this study extends the understanding of benefits and challenges of managing in R&D nets. This study provides recommendations both for managers as well as for research of managing in R&D nets
Tiivistelmä Innovaatiot syntyvät yritysten, yliopistojen, tutkimuslaitosten ja julkisten toimijoiden verkostoissa. Innovaatiot ovat yritysten, yhteisöjen ja kansojen menestyksen lähde, joten niiden tutkimuksella on pitkät perinteet. Verkostomaisella tuotekehitystoiminnalla uusien innovaatioiden: tuotteiden ja palveluiden kehittäjät vastaavat markkinoiden globalisaation, tutkimuksen erikoistumisen ja tiedon fragmentoitumisen aiheuttamaan tiedollisten ja taloudellisten resurssien vaatimusten kasvuun. Yhteistyö tutkimus- ja kehitysverkostoissa (T&K) on välttämätöntä, koska tarvittavat resurssit, osaaminen ja kyvykkyydet eivät ole yksittäisten toimijoiden hallussa tai hallittavissa. T&K-verkot voivat olla toimijoiden tarkoituksellisesti kokoamia, muodistua vapaasti toimijoiden havaitessa yhteiset intressit tai muodostua aikaisemmista verkostossa toimineiden toimijoiden sulautuessa tutkimaan ja kehittämään yhdessä. Tämä tutkimus keskittyy tarkoituksellisesti koottujen T&K-verkkojen tutkimus- ja kehitysverkkojen johtamiseen. Tämän tutkimuksen tavoitteena on kuvata, ymmärtää ja käsitteellistää: ensiksi, miten tutkimus- ja kehitysverkoissa johdetaan verkon muodostumisen ja varsinaisen tutkimus- ja kehitystoiminnan aikana, toiseksi mitä etuja tutkimus- ja kehitysverkon johtamisella on verkon toimijoille ja kolmanneksi, mitä haasteita tutkimus- ja kehitysverkon johtamisessa on ja kolmanneksi, T&K-verkkojen johtaminen kattaa tässä tutkimuksessa johtamisen prosessit ja johtamisen rooli. T&K-verkkojen johtamista tutkitaan kahdessa vaiheessa, ensiksi empiirisesti neljän (4) vertaisarvioidun tutkimuspaperin avulla. Tutkimuspaperit perustuvat yhden tapauksen pitkittäistutkimukseen T&K-verkoissa johtamisesta. Tapaustutkimuksessa tarkastellaan tapausta seuranta- ja historiatutkimuksen aikaperspektiivistä. Toiseksi, koska tutkimuspaperien julkaiseminen on ajoittunut vuosille 2005-2008, tulee niiden tuloksista johdettava kontribuutio verrata uudemman aikalaiskirjallisuuden kanssa. Tästä johtuen tutkimuksen toisessa vaiheessa on toteutettu järjestelmällinen kirjallisuuskatsaus vuosien 2004–2014 verkostojen johtamisen kirjallisuudesta. Sen jälkeen ja systemaattisen kirjallisuuskatsauksen vertailuun perustuen, keskustellaan tämän tutkimuksen tuloksista, jotka tukevat, kiistävät ja/tai esittävät yhä uusia tutkimustuloksia. Uusina tuloksia tämä tutkimus esittää T&K-verkkojen muodostumisen ja tuotekehitysyhteistyön johtamisen prosessin tarkastelujakson muutoksia. Toiseksi tutkimus esittää mallin T&K-verkkojen muodostumisen ja tuotekehitysyhteistyön aikaisen johtamisen mallin. Kolmanneksi tutkimus esittää T&K-verkkojen johtamisen roolien tyypittely ja analysointimallin. Lopuksi tutkimus esittää tutkimuksessa havaittuja T&K-verkkojen johtamisen etuja ja haittoja. Tämä tutkimus antaa suosituksia liikkeenjohtajille sekä tulevalle T&K-verkoissa tapahtuvan johtamisen tutkimukselle
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Mullen, Stephen Scott. "The Glasgow West India interest : integration, collaboration and exploitation in the British Atlantic World, 1776-1846." Thesis, University of Glasgow, 2015. http://theses.gla.ac.uk/6409/.

Full text
Abstract:
This thesis aims to illuminate the economic and social world of the Glasgow-West India merchants, planters and the temporary economic migrants who travelled across the Atlantic during the period, 1776-1846. The city of Glasgow and her satellite ports was the premier Scottish transatlantic hub with connections across the British Atlantic world. This thesis has focused on the period after the American War of Independence ended the city of Glasgow’s tobacco monopoly. Thus, the rise to prominence of the city’s West India elite is assessed as well as the social, political, financial and commercial networks that underpinned their rise. This thesis offers new insights on religious affiliations of the merchants of Glasgow and traces the exportation of Presbyterianism to Jamaica in 1814. This thesis has implications for other aspects of the incipient Scottish-Atlantic historiography. In particular it contributes to T.M. Devine’s recent view that Caribbean slavery made Scotia great. However, this thesis is deliberately placed into a British-Atlantic context. Although this research demonstrates how a distinctly Caledonian operation promoted the flow of capital to Scotland, the ‘Glasgow West India interest’ themselves were part of a wider international network which in turn dictates the scope of this thesis and the historiography with which it engages. Specifically, this body of research traces direct investments of capital by West India merchants into Scottish industry and land, thus providing qualified support for Eric Williams’ main thesis in Capitalism and Slavery. However, this work goes significantly beyond the work of Williams to trace the connections between commerce and banking institutions in Scotland and the plantations of the West Indies. This thesis has examined in some detail the political activities of the Glasgow West India Association from inception in 1807 up to 1834. The Association’s sophisticated operations at a national and regional level supported the exploitative activities of the Glasgow-West India elite. Indeed, this research demonstrates that the members of the Association collected the bulk of the compensation awarded to individuals resident in Glasgow on the emancipation of slavery in 1834. This thesis has adopted a transatlantic approach that connects Scotland and the West Indies. In particular, these connections are illuminated through the prism of the careers of the young Scotsmen who sojourned to Jamaica and Grenada in particular. This thesis suggests there were increasing levels of emigration to the West Indies in this period and the skilled and educated young men sought economic opportunities not available at home. By examining wealth repatriation in life and post-mortem property transmission strategies, this thesis offers a revision on the view that such young men struggled to repatriate colonial profits. This has implications for the work of Alan Karras and others. The transatlantic approach is developed in case study examinations of Glasgow-West India merchant houses. This connects Scottish banks, commerce and industry with the British Parliament and the planters of the West Indies. The world of Scottish planters, merchants and sojourners is now becoming increasingly well known. The life, wealth and legacy of the Glasgow West India elite traced here provide innovative insights into their living conditions and material culture. It is further argued that a West India career could propel even those of modest means into the British super-wealthy. Finally, this thesis recognises the contribution of enslaved peoples to the economic development of Scotland which will hopefully stimulate further research in a Scottish-Atlantic context.
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Baydemir, Tuncay. "Investigations On The Properties And Drug Releases Of Biodegradable Polymer Coatings On Metal Substrates As Drug Carriers." Phd thesis, METU, 2009. http://etd.lib.metu.edu.tr/upload/3/12611140/index.pdf.

Full text
Abstract:
The use of various biodegradable polymers for the improvement of different controlled and long-lasting drug release systems is an active research area in recent years. The application of different metal prostheses, especially titanium based ones, to the human body is also very common. A most important disadvantage of these prostheses is the risk of infection at the application areas that necessitates the removing of the prosthesis with a second surgical operation and reapplication of it after recovery. One of the best ways to solve this problem is to render metal prostheses infection free with controlled and sustainable drug (antibiotic) release systems. The long term sustained release of relevant antibiotics from the various biodegradable polymer coated metal implants is studied in this thesis. Virtual fatigue analysis and drug loading capacities of titanium and stainless steel samples with different surface pattern and modifications were studied. Various biodegradable polymer and drug combinations were examined and used for coating of metal prosthesis. The aim is to design polymer-drug coated metal implants that are capable of releasing a feasible amount of drug up to a period of at least 1 month. Various coating techniques and surface modifications were also employed to improve the adhesional properties of the drug containing polymers. Their adhesion abilities on the metal substrates were tested by Lap-shear and T-peel tests. Polymer degradation kinetics was followed by viscosity studies. Calibration lines for different drugs were obtained and drug releases on different systems were followed by using UV spectroscopy and microbial antibiotic sensitivity tests. Among the techniques applied to prevent fast release of drugs initially, the coatings of Vancomycin absorbed &
#946
-TCP (&
#946
-tricalcium phosphate) homogeneously distributed in poly(D,L-lactide-co-glycolide) solution in chloroform followed by an inert coating with poly(L-lactide) system proved to be feasible. By this technique, initial burst release was minimized and drug release from implants lasted nearly 2 months. Multiple coatings on polymer plus drug coating layer also gave promising results. In vivo studies on dorsal muscles of native rabbits with antibiotic loaded implants gave no negative effect on the surrounding tissues with high compatibility free of infection.
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Kulinich, Alena. "Representing 'a blameworthy tafsir' : Mu'tazilite exegetical tradition in al-jāmiʻ fi tafsīr al-Qurān of Alī ibn ʻĪsā al-Rummānī (d. 384/994)." Thesis, SOAS, University of London, 2011. http://ethos.bl.uk/OrderDetails.do?uin=uk.bl.ethos.715410.

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Rainer, Anneli. "Att vara...eller inte vara...en immateriell tillgång, det är frågan : - En studie om hur företag redovisar FoU och varför de gör så." Thesis, Linköpings universitet, Institutionen för ekonomisk och industriell utveckling, 2010. http://urn.kb.se/resolve?urn=urn:nbn:se:liu:diva-66524.

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Abstract:
Bakgrund och problem: Det som fokuseras är bedömningen av vad som är utgifter för utveckling, om dessa ska aktiveras som en tillgång i balansräkningen eller kostnadsföras löpande, och vad som påverkar redovisningen. Syfte: Syftet med studien är att öka kunskapen om och förståelsen för hur företag redovisar utgifter för FoU. Ett delsyfte är att också förklara varför de redovisar som de gör. Ett annat delsyfte med studien är att undersöka om redovisningen och bedömningen av vad som är FoU påverkas av subjektivitet. Metod: För att uppfylla studiens syfte har en kvalitativ metod med fallstudier som huvudsaklig undersökningsdesign använts.  Fyra intervjuer har genomförts, varav tre med för studien intressanta företag som har möjlighet att aktivera utgifter för utveckling i balansräkningen. För att få en kompletterande bild och ett annat perspektiv genomfördes även en intervju med en revisor. Empiri och slutsats: Den främsta orsaken till hur företagen i studien redovisar är vad standarden, IFRS, säger. Med en tillräcklig och övertygande argumentation, så är det ändå möjligt att göra företagsspecifika tolkningar och tillämpningar av principerna i IFRS. Detta genom att exempelvis tillämpa försiktighetsprincipen och väsentlighetsprincipen vid bedömningar av om FoU uppfyller kriterierna för aktivering i IAS 38. Endel företag som redovisar enligt IFRS tillämpar företagsspecifika väsentlighetskriterier för materialitetsgränser som anger ett lägsta belopp för utvecklingskostnader som kan aktiveras. Dessa undre gränser lämnar trots allt ett relativt stort utrymme att inte ta upp utvecklingsprojekt i balansräkningen utan istället kostnadsföra utgifter för utveckling om det är något som företaget önskar. Ingen av de intervjuade personerna i studien anser att språkliga hinder och bristande kommunikation mellan tekniker och ekonomer, har någon inverkan på bedömningen av vad som är utvecklingskostnader eller inte och för värderingen av FoU.
Background and problem: The focus lies on the decision and judgment of how to account for R & D in the entities, if it is an intangible asset or not. Aim: The aim with the study is to increase the knowledge of how entities account for R&D. One part of the aim is to also explain why they are doing it in that way. Another aim of the study is to explore if the accounting of the R&D is influenced by subjectivity. Method: A qualitative research method where case studies as the main design has been used. The empirical material has been collected through four interviews. Three of these interviews were made with persons in for the study interesting companies which had the possibility to capitalize development cost in the balance sheet. To have another picture and perspective on the situation one interview was made with an authorized public accountant. Result and conclusion: The foremost reason to how the entities in the study account for R&D is what the standard, IFRS, tells. It is possible to convince with argument to do company specific interpretations and applications of the principles in IFRS. For example this could be done thrue application of the principle of carefulness or of the principle of essential in the judgment and decision if the R&D fulfills the criteria for capitalizing, especially IAS 38, point 57 d. Some entities who account according to IFRS use company specific criterion of essential for materiality which state a lowest amount for development cost to be activated. These lower boundaries for materiality leave a relative big space to the entities not to activate development cost in the balance sheet if that is what the company wish. None of the interviewed persons in the study think that scarce communication between economist and engineers affect the judgment and decision of R&D and if the development cost is an intangible asset.
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Bark, Mimmi, and Carin Liljekvist. "En studie om hur redovisningsprinciper förklarar företags tillämpning av IAS 38 : Är redovisning av Forskning och Utveckling jämförbart mellan företag i IT-branschen?" Thesis, Uppsala universitet, Företagsekonomiska institutionen, 2011. http://urn.kb.se/resolve?urn=urn:nbn:se:uu:diva-155563.

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Abstract:
Bakgrund och problem: Ett tolkningsutrymme har identifierats i IAS 38 gällande kriterierna som behandlar aktivering av FoU. Detta kan innebära ett problem då det finns risk för variation mellan företag i tolkning och tillämpning av kriterierna. Det kan i sin tur påverka jämförbarheten mellan företagen i redovisningen av FoU. Syfte: Syftet med denna studie är att utifrån ett informationsasymmetriproblem studera jämförbarheten mellan företag i redovisning av FoU. Vi ämnar kartlägga tillämpningen av kriterierna i IAS 38 med avseende på variation mellan företag. En eventuell variation ämnar vi förklara utifrån hur företag förhåller sig till försiktighets- och matchningsprincipen. Metod: Metodvalet är en kvalitativ undersökning med djupgående intervjuer med fem företag i IT-branschen. Under intervjuerna har vi behandlat beslutsprocessen för aktivering av FoU samt deras inställning till avvägningsproblematiken mellan försiktighets- och matchningsprincipen. För att utreda studiens syfte har vi använt oss av en analysmodell som illustrerar konflikten mellan försiktighets- och matchningsprincipen med hjälp av en skala. Företagens placering på skalan gällande redovisningen av FoU har utgjort grunden för analysen. Empiri och slutsats: Utifrån det empiriska underlaget har vi funnit att företagens unika förutsättningar såsom FoU-projektens utformning, kännedom om produktefterfrågan samt projektredovisningssystem påverkar hur företagen tillämpar kriterierna i IAS 38. Företagens unika förutsättningar har lett till att företagen har ett principbeslut gällande aktivering av FoU. På så sätt påverkar principbeslutet tillämpningen av kriterierna. Att företagens tillämpning av försiktighets- och matchningsprincipen kan förklara principbeslutet har vi sett tendenser på. De är dock svaga och därför kan vi inte med säkerhet dra slutsatsen att redovisningsprinciper har en påverkan på tillämpningen av kriterierna. Resultatet från denna studie tyder på att redovisningen av FoU mellan företag inte är jämförbar på grund av variation i principbesluten.
Background and problem: We have identified a room for discretion and interpretation in IAS 38 regarding the criteria for capitalization of R&D expenses. This can be a problem if there is a risk for variation in interpretation and use of the criteria, which can in turn affect the comparability between companies in the accounting for R&D.   Aim: The aim with this study is to analyze the comparability between companies in the accounting for R&D from an information asymmetry perspective. We intend to illustrate the use of the criteria in IAS 38 regarding variation between companies. Our purpose is to use the prudence and matching principle to explain a possible variation.   Method: The choice of method is a qualitative research through deep interviews with five companies in the IT-industry. During the interviews we have treated the decision-making process for capitalization of R&D and the companies’ attitude to the trade off between prudence and matching principle. In the study we have used an analysis model that illustrate the conflict between the prudence and matching principle as a scale. The companies’ placement on the scale regarding their accounting for R&D makes the foundation for our analysis.   Result and conclusion: From our empirical results we have found that the companies’ unique conditions, like the structure of R&D-projects, knowledge of the product demand and project accounting system affect the usage of the criteria in IAS 38. The different conditions in all the companies have resulted in different policy decisions regarding capitalization. Therefore the policy decision affects the usage of the criteria. We have only seen weak trends that the prudence and matching principle can explain the policy decision in the companies. Therefore we cannot for certainty conclude that accounting principles affect the usage of the criteria in IAS 38. The results indicate that the accounting for R&D is not comparable because of the variation in policy decision.
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Pongsakornrungsilp, Siwarit. "Value co-creation process : reconciling S-D logic of marketing and consumer culture theory within the co-consuming group." Thesis, University of Exeter, 2010. http://hdl.handle.net/10036/113457.

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Abstract:
The purpose of this dissertation is to demonstrate how individual consumers negotiate in the collective community in order to co-create value. By making use of the concepts of ‘resources’ from the Service Dominant Logic of Marketing and ‘cultural lens’ from Consumer Culture Theory, this dissertation considers both individual and collective interaction in order to demonstrate the roles of individual consumers in the value creation process and how the value creation process works. A comprehensive and up to date review of literature provides a guide to the theory and a path for research. This dissertation employed netnography to understand social and cultural aspects of consumption from an online football fan community. The data collection also included participant and non-participant observations, and local fans interviewings. Hermeneutical framework of interpretation was used to analyse data. The findings show that consumers can co-create value among themselves through the roles of ‘provider’ and ‘beneficiary’. It shows the dynamic movement of individual consumers within the continuous learning process of value creation. This dissertation demonstrates that brand community plays a role as a platform of value creation. Consumers can co-create value among themselves through the process of engaging, educating and enriching. The finding demonstrates active roles of consumers in value creation process. This dissertation also discusses how inequalities between resources of consumers in brand community can cause conflicts among them and how these conflicts stimulate consumers to co-create the collective resources. Within this process, consumers have collectively balanced the power through the social interaction in order to eliminate the domination and conflicts. This dissertation extends the previous researches in value creation within brand community by demonstrating how individual consumers engage and negotiated in value creation process. It contributes to respond working consumers and double exploitation through ‘sacrifice’.
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Anderson, Benjamin Christopher. "Essays on Market Structure and Technological Innovation." The Ohio State University, 2011. http://rave.ohiolink.edu/etdc/view?acc_num=osu1312540016.

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Ordosch, Michael [Verfasser]. "Accounting for R&D Investments According to IAS 38 : And the Conflicting Forces that Shape Financial Accounting: An Empirical Analysis / Michael Ordosch." Frankfurt : Peter Lang GmbH, Internationaler Verlag der Wissenschaften, 2012. http://d-nb.info/104241467X/34.

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Adebäck, Sara, and Sofia Norman. "Innovationsförmågans påverkan på varumärket : En vindlande resa om redovisningens svårighet att informera om det mest väsentliga." Thesis, Högskolan i Gävle, Avdelningen för ekonomi, 2014. http://urn.kb.se/resolve?urn=urn:nbn:se:hig:diva-17540.

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Abstract:
Syfte: Att utveckla ett starkt varumärke är ett sätt för företag att utmärka sig från mängden, vilket idag är nödvändigt på grund av den ständigt ökande konkurrenssituationen. Varumärket anses vara ett av företagens mest värdefulla tillgångar men är problematiska att värdera. Problematiken beror bland annat på att värdet på varumärken påverkas av flertalet olika faktorer, däribland företagets innovationsförmåga. Utifrån denna bakgrund har studiens syfte utformats: att undersöka hur värdet på företags varumärken påverkas av deras innovationsförmåga. Metod: Vi har gjort en sekundärdataundersökning, där data tänkts samlas in från databasen Retriever och, eftersom det visade sig att kvalitén i den var bristfällig, från företagens årsredovisningar. P.g.a bristerna i Retrievers databas och otydlig information i årsredovisningar kompletterades studien med tre semi-strukturerade intervjuer. Studien genomfördes på Stockholm Nasdaq OMX om omfattade de största 250 företag som hade minst ett registrerat varumärke. Företag med irrelevant data för studiens syfte eliminerades. Data analyserades genom Pearsons korrelationsanalys och linjär regression. Intervjusvaren analyserades med hjälp av ”well-grundad teori”. Resultat & Slutsats: Studiens resultat visar på att det finns ett positivt samband mellan varumärkesvärdet och FoU. De kompletterande intervjuerna bidrog till att vi uppmärksammandes på skillnaderna mellan praktikers och forskningens syn på väsentligt redovisningsinformation och att bristerna som standarderna har ger företagen möjligheten att kringgå rekommendationerna. Studiens slutsats är att företags varumärken påverkas positivt av företagets innovationsförmåga. Förslag till fortsatt forskning: På grund av begränsade resurser och databasens låga kvalitet har begränsat möjligheten att samla in tillfredsställande data. Därför är ett förslag till fortsatt forskning att genomföra studien på en annan börs än Stockholm Nasdaq OMX. Uppsatsens bidrag: Främst bidrar denna studie till att belysa problemet med att den information som företagen idag redovisar inte är tillräcklig för att ge kunskap om företagens innovations- förmåga och immateriella tillgångar. Ett bidrag är även att det finns ett samband mellan företags varumärken och deras innovationsförmåga hos de företag som undersökts, men på grund av den begränsade datamängden är det svårt att dra några generella slutsatser om detta samband.
Aim: Developing an strong brand is a way for companies to stand out of the crowd, which today is necessary to conquer on the competitive market. The brand value is one of the most important assets in annual reports, but there are difficult to estimate an reliable value. It depends on the fact that the brand value is affected by few different factors, including innovativ-eness. Due to the thesis background the purpose enunciate: The purpose of this thesis is to investigate it there is a correlation between companies brand value and innovation capacity. Method: We have done a secondary data analysis, with help from the database Retriever. The combination of faint information and lack of quality in Retrievers capacity it contributed that we had to use semi-structured interviews as an complement to full follow the purpose. The paper per- form at Stockholm Nasdaq OMX and included de 250 largest companies that at least had one registered brand value. Companies with inapplicable data for the purpose of the study was elimi- nated. As a final the data was analysed by dint of linear regression, Pearsons correlation analysis, and interviews thru ”well-grounded theory”. Result & Conclusion: The result of the study indicated that there are positive relation between brand value and R&D. The complemented interviews contributed that the authors observed diff- erences between practitioners and researchers on the perception of between essential accounting information and the opportunities to provide principles to circumvent the recommendations. The conclusion of the study is that companies brand value are positively affected by the innovativeness. Suggestions for future research: Due to the lack of resources and qualitative database it wasn’t possible to satisfy the purpose of the study. Consequently our suggestion for future research will contain the recommendation to do the study on another stock exchange. Contribute of the thesis: Mainly this study contributes to illuminate the fact of accounting information: companies doesn't inform sufficient information to increase knowledge for there own business innovativeness and immaterial assets. Which can be seen as a problem. Second contribute comprises that there is, hence small or implicit, relation between brand value and their companies innovativeness at the researched companies. Consequently the results gets difficult to draw general conclusion from.
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GAITA, BARTOLOMEA. "Ricerca del sito di origine e del ruolo patogenetico degli anticorpi anti-transglutaminasi epidermica nella Dermatite Erpetiforme." Doctoral thesis, Università degli Studi di Trieste, 2022. http://hdl.handle.net/11368/3015191.

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Abstract:
La Dermatite Erpetiforme (DE) è una malattia infiammatoria cutanea caratterizzata da vescicole papulari pruriginose e da depositi granulari di IgA in corrispondenza delle papille dermiche o lungo la giunzione derma-epiderma. La malattia è considerata la manifestazione cutanea della celiachia, condividendo con quest’ultima l’origine autoimmune, la predisposizione genetica, la presenza di autoanticorpi IgA a livello sierico e la remissione clinica in seguito all’eliminazione del glutine dalla dieta. La transglutaminasi 3 o epidermica (TG-3 or eTG) rappresenta l’antigene verso cui si sviluppa la reazione autoimmunitaria. Il primo scopo di questo studio è indagare l’origine degli autoanticorpi contro la TG-3, e a tal fine è stata utilizzata la tecnologia delle librerie anticorpali. La fisiologica presenza e produzione dell’antigene riscontrata sia a livello intestinale che periferico, ha suggerito, la possibile genesi degli anticorpi anti TG-3 in entrambi i distretti. Librerie anticorpali, costruite da linfociti B intestinali e periferici di tre pazienti con DE e di tre soggetti di controllo, sono state analizzate mediante il metodo del phage-display e dell’yeast-display. L’approccio utilizzato ha permesso di isolare anticorpi anti TG-3 da entrambi i distretti. Il presente studio si è focalizzato, inoltre, sull’indagine del ruolo patogenetico degli anticorpi anti-TG-3 sulla pelle. A tal fine è stato ideato un modello in vitro, costituito da una linea cellulare primaria di cheratinociti umani. Gli esperimenti di immunofluorescenza e di monitoraggio in Real-Time dopo stimolazione con anticorpi anti-TG-3, hanno escluso la presenza dell’antigene sulla membrana plasmatica. Ne consegue che in questo distretto cellulare non può avvenire il legame tra l’antigene e il suo anticorpo. I risultati osservati e il modello proposto non hanno permesso, pertanto, di indagare ulteriormente il ruolo patologico di questi anticorpi.
Dermatitis herpetiformis (DH) is an inflammatory skin disease characterized by granular IgA deposits in the papillary dermis and represents an extra-intestinal manifestation of coeliac disease (CD). DH and CD are autoimmune diseases, both share a similar genetic HLA background, have serum IgA antibodies and benefit clinical improvement with a gluten free dietary treatment. The epidermal transglutaminase (TG-3) has been recognised as the main autoantigen in DH disease. In this study the presence and the production of TG-3 protein at intestinal and peripheral level are demonstrated. This evidence induced us to investigate the origin’s site of TG-3 antibodies in both areas. To carry out a project, the antibody-Libraries display technologies are used. Antibody-Libraries from intestinal and peripheral B lymphocytes of three DH and three control patients were constructed and examined by using the phage and yeast-display antibody methods. The combination of these technologies allowed to isolate and characterize anti-TG-3 antibodies, suggesting that both, intestinal and peripheral level, could be the primary site of antibodies production. The present study also focused on investigating the pathogenetic role of anti-TG-3 antibodies in DH disease. Human keratinocytes, representing the inflammatory site of DH, are proposed as a suitable in vitro model. The TG-3 protein is detected in the intracellular compartment but not in the plasma membrane, suggesting that the antigen-antibody binding site does not occur on keratinocytes. Therefore, this in-vitro model does not allow to investigate the pathogenetic role of anti-tg3 antibodies.
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Enabulele, Amos Osaigbovo. "The relevance of judicial decisions in international adjudications : reflections on Articles 38(1)(d) and 59 of the statute and the practice of the International Court of Justice." Thesis, Brunel University, 2012. http://bura.brunel.ac.uk/handle/2438/7193.

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Abstract:
In classical international law, States alone were the makers and subjects of the law. Times have changed. Contemporary international law admits, not only States as its subjects but also individuals and international organisations; it controls not just the needs of States but also the needs of individuals as it continues to venture into areas which, in the classical era, were exclusively reserved to domestic law. The fact that international law now applies to entities other than States is no longer a subject of controversy both in theory and practice. On the contrary, the question relating to whether international law could originate from a source other than through the consent of States in the positivist sense of the law has remained a question of controversy. The question has been made more complex by the multiplicity of international institutions created by States and vested with authority to perform the functions entrusted to them under international law. The functions they perform influence the behaviours and expectations of both States and individuals; but the powers they exercise belong to the States which delegated the powers. Since the powers are delegated by States, it should follow that the powers be confined by the very fact of delegation to the functions for which the powers had been granted. Such powers cannot be used for any other purpose, perhaps. With this in mind, the question sought to be answered in this work is whether the powers granted to International Court of Justice to “decide disputes” – article 38(1) of the Statute of the Court) – implicates the power of judicial lawmaking. In other words, whether rules and principles arising from the decisions of the Court can be properly referred to as rules and principles of international law. The question becomes quite intriguing when placed within the context of article 38(1)(d) and article 59 of the Statute of the Court on the one hand, and the practice of the Court and of the States appearing before it on the other hand. Articles 38(1)(d) provides: “subject to the provisions of Article 59, judicial decisions and the teachings of the most highly qualified publicists of the various nations, as subsidiary means for the determination of rules of law.” By article 59: “The decision of the Court has no binding force except between the parties and in respect of that particular case”. Notwithstanding the language of the above provisions, it is shown in this work that like judges in municipal law, judges in the ICJ lay down rules and principles having legal implications for the decisions in subsequent cases as well as for the conduct of States, in general, regarding areas within the degrees of the settled case-law of the Court. It is accordingly argued that to the extent that rules and principles in the decisions of the Court are relevant as rules and principles of international law (in subsequent decisions of the Court) to the determination of international law rights and obligations of States, judicial decisions in article 38(1)(d) are a source of international law. This is notwithstanding the unhelpful language of paragraph (d) and the influence of article 59. Concerning article 59, the writer argues that the article has no bearing on the authority of judicial decisions in article 38(1)(d); its real function being to protect the legal rights and interests of States from a decision given in a case to which they were not parties.
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Yilgor, Pinar. "Sequential Growth Factor Delivery From Polymeric Scaffolds For Bone Tissue Engineering." Phd thesis, METU, 2009. http://etd.lib.metu.edu.tr/upload/3/12611188/index.pdf.

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Abstract:
Tissue engineering is a promising alternative strategy to produce artificial bone substitutes
however, the control of the cell organization and cell behavior to create fully functional 3-D constructs has not yet been achieved. To overcome these, activities have been concentrated on the development of multi-functional tissue engineering scaffolds capable of delivering the required bioactive agents to initiate and control cellular activities. The aim of this study was to prepare tissue engineered constructs composed of polymeric scaffolds seeded with mesenchymal stem cells (MSCs) carrying a nanoparticulate growth factor delivery system that would sequentially deliver the growth factors in order to mimic the natural bone healing process. To achieve this, BMP-2 and BMP-7, the osteogenic growth factors, were encapsulated in different polymeric nanocapsules (poly(lactic acid-co-glycolic acid) (PLGA) and poly(3-hydroxybutyrate-co-3-hydroxyvalerate) (PHBV)) with different properties (degradation rates, crystallinity) and, therefore, different release rates to achieve the early release of BMP-2 followed by the release of BMP-7, as it is in nature. Initially, these nanoparticulate delivery systems were characterized and then the effect of single, simultaneous and sequential delivery of BMP-2 and BMP-7 from these delivery systems was studied in vitro using rat bone marrow MSCs. The effect of using these two growth factors in a sequential manner by mimicking their natural bioavailability timing was shown with maximized osteogenic activity results. BMP-2 loaded PLGA nanocapsules were subcutaneously implanted into Wistar rats and according to initial results, their biocompatibility as well as the positive effect of BMP-2 release on the formation of osteoclast-like cells was shown. To complete the construction of the bioactive scaffold, this nanoparticulate sequential delivery system was incorporated into two different types of polymeric systems
natural (chitosan) and synthetic (poly(&
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-caprolactone) (PCL)). 3-D fibrous scaffolds were produced using these materials by wet spinning and 3-D plotting. Incorporation of nanocapsules into 3-D chitosan scaffolds was studied by two different methods: incorporation within and onto chitosan fibers. Incorporation into 3-D PCL scaffolds was achieved by coating the nanocapsules onto the fibers of the scaffolds in an alginate layer. With both scaffold systems, incorporation of nanocapsule populations capable of delivering BMP-2 and BMP-7 in single, simultaneous and sequential fashion was achieved. As with free nanocapsules, the positive effect of sequential delivery on the osteogenic differentiation of MSCs was shown with both scaffold systems, creating multi-functional scaffolds capable of inducing bone healing.
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Bin, Ramli Harith. "A study of early Sufism in relation to the development of scholarship in the 3rd/9th and 4th/10th centuries A.H./C.E. : with special reference to knowledge and theology in the Qūt al-qulūb of Abū Ṭālib al-Makkī (d. 386/996)." Thesis, University of Oxford, 2011. http://ethos.bl.uk/OrderDetails.do?uin=uk.bl.ethos.550547.

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Abstract:
The overall aim of this study is to look at the Qūt al-qulūb and the life of its author Abu Talib al-Makki (d.386/996) in light if the social and intellectual developments in of the third/ninth and fourth/tenth centuries. It focuses on two of the major subjects covered in the Qūt , knowledge and theology, and looks at the way in which the author's discussions can be contextualised against wider discussions on the nature of faith, knowledge, scholarly authority and the articulation of beliefs. Two major questions that will be asked throughout is the connection between Makki and the mystical-theological school known as the Salimiyya, and the degree to which he can be described as a traditionalist. Part I will provide the necessary background information by exploring the social and intellectual context of Makki's life, as well as various aspect of his Qūt. Knowledge is the broad category covered in Part 11, which begins with a survey of the development of the concept of mystical knowledge in the century preceding Makki's lifetime, before discussing in further detail the individual and social dimensions of knowledge as discussed in the work. Part III focuses on theology and theological discourse, looking first at its development among Makki's predecessors, then addressing the question of the extent to which Saliml theology can be found in the Qūt. This will be followed by a summary of Makki's own theological positions.
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Kihtir, Ozturk Pelin. "Urban Transformation Of Ottoman Port Cities In The Nineteenth Century: Change From Ottoman Beirut To French Mandatory Beirut." Master's thesis, METU, 2006. http://etd.lib.metu.edu.tr/upload/12607699/index.pdf.

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Abstract:
This thesis attempts to give the increasing importance of Ottoman port cities in the urban hierarchy during the nineteenth century and analyzes the urban transformation of these cities under the forces of changing administrative and socio-economic structure of the empire. The impact of European economic penetration and Ottoman Tanzimat Reforms were indicated as major causes for this changing structure. Beirut, being one of the major port cities of the Ottoman Empire is studied as a case study. The changing administrative and socio-economic structure of the Empire created an urban transformation which changed the city to a cosmopolitan trade capital from a small fortified port city.
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Yip, Wing-hang Eric, and 葉永恆. "從洛陽伽藍記硏究北魏後期(A.D. 493-534)的政治, 社會, 經濟與佛敎." Thesis, The University of Hong Kong (Pokfulam, Hong Kong), 1991. http://hub.hku.hk/bib/B13192140.

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Busse, Matthias. "Der optimierte Einsatz von ETCS-Bremskurven." 2020. https://tud.qucosa.de/id/qucosa%3A74406.

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Abstract:
Der optimierte Einsatz von ETCS-Bremskurven: - Bestimmung der D-Weg-Länge - neue Auslegung des Sicherheitsabstandes Bahnübergang sD - Fahrzeitbestimmung von ETCS-geführten Zügen - Durchrutschwege und Haltepunkte individuell gestalten - Anpassung der Bremskurven - Geschwindigkeitswechsel in ETCS - Betrachtung der vorhandenen Infrastruktur und des optimierten Einsatzes von ETCS FS:Vorwort 5 Abstract 6 Thesen zur wissenschaftlichen Arbeit 7 Danksagung 8 1 Motivation 9 1.1 Aktueller Stand 9 1.2 Zielstellung 9 1.3 Vorgehensweise 10 2 Theoretische Grundlagen 11 2.1 Was ist eine Infrastruktur? 11 2.2 Was ist eine EdB? 11 2.3 Was ist ETCS? 11 2.4 Transeuropäisches Netz 12 3 Rechtliche Grundlagen 13 3.1 Europäische Gesetzgebung 14 3.2 Nationale Gesetzgebung 14 4 Technische Grundlagen 15 4.1 Ganz-, Teilblock und wandernder Raumabstand 15 4.2 Arten von Zugbremsungen 15 4.3 Repräsentative Züge: Bremsvermögen 16 4.3.1 Reisezüge 16 4.3.2 Güterzüge 17 4.3.3 Expertenschätzung 17 4.4 Nationales Zugbeeinflussungssystem 17 4.4.1 Punktförmige Zugbeeinflussung 17 4.4.2 Linienförmige Zugbeeinflussung 22 4.5 Europäisches Zugbeeinflussungssystem ETCS 25 4.5.1 Spezifikationen 25 4.5.2 Allgemein 25 4.5.3 Die Eurobalise 27 4.5.4 Übertragungsdaten 29 4.5.5 Betriebsarten 30 4.5.6 Aufbau der Fahrzeugeinrichtung 31 4.5.7 Ausrüstungsstufen (Level) 31 4.5.8 Level 3 37 4.5.9 Bremskurven 38 4.5.10 Vertrauensintervall 42 4.5.11 Bremsmodelle 43 5 Fahrzeiten 49 5.1 Ansatz zur Ermittlung der Fahrzeit von PZB 90-geführten Fahrzeugen 49 5.2 Ansatz zur Ermittlung der Fahrzeit von ETCS-geführten Fahrzeugen 50 5.3 Einfluss der Odometrie auf die Bremskurven 50 5.4 Einfluss der Sperrzeit auf die Leistungsfähigkeit einer Strecke 51 5.5 Schwierigkeit bei der Fahrzeitermittlung von ETCS-Fahrzeugen 52 5.6 Vierteiliges Bremsablaufmodell 56 5.7 Fahrzeitenvergleich zwischen ETCS FS und PZB 59 5.7.1 Fahrzeit bis zum Stillstand 59 5.7.2 Geschwindigkeitswechsel 60 5.7.3 Einfahrt im Bf mit Abzweig 61 5.8 Zusammenfassung 64 6 Durchrutschwege und Haltepunkte individuell gestalten 65 6.1 Regeldurchrutschwege nach Ril 819.0202 65 6.2 Optimierte Durchrutschwege 65 6.2.1 Ansatz 1: Ermittlung des Optimums zwischen EoA und SvL mittels Vs 66 6.2.2 Ansatz 2: Optimum zwischen EoA und SvL ermitteln mittels Steigung der Fahrzeitenkurve 70 6.2.3 Formel zur Bestimmung der kürzesten Anhaltezeit 73 6.2.4 Durchrutschweg-Tabellen für die kürzeste Anhaltezeit 75 6.2.5 Optimierter Durchrutschweg für Release Speed 75 6.2.6 Kürzeste Anhaltezeit für Release Speed 78 6.2.7 D-Weg in Abhängigkeit der Zuglänge/variable Gleisnutzlänge 78 6.2.8 Optimierung der Fahrzeit durch Verschiebung vom Ne 5 80 6.3 Entfall von D-Wegen und Fahrzeitverluste 83 6.4 Entfall von D-Wegen mit vorzeitigem Halt 86 6.5 Halteplatz mit unmittelbar folgenden Gefahrpunkten 89 6.6 Zusammenfassung 90 7 Anpassung der Bremskurven 92 7.1 Änderung mittels „Fixed values“ 92 7.1.1 Dynamische Änderung Tdriver und Twarning 92 7.1.2 Änderung Tdriver und Twarning mittels Set 96 7.2 Änderung der Release Speed 97 7.2.1 Fallende Release-Speed 97 7.2.2 Ergänzung einer Umschalt-Release-Speed 98 7.3 Reduzierung der Bremskurvenschar 99 7.3.1 Bestimmung Warning_EBI-Kurve 100 7.3.2 Bestimmung Bremsablaufkurve 101 7.3.3 Bestimmung Indication-Kurve 101 7.3.4 Vergleich mit den bisherigen Bremsablaufkurven 102 7.4 Vergleich der Änderungen 104 7.5 Zusammenfassung 105 8 Geschwindigkeitswechsel 106 8.1 Sicherung von Langsamfahrstellen bei L1 LS 106 8.2 Bestimmung der Bremskurven beim Geschwindigkeitswechsel 106 8.3 Bestimmung von Dbec 108 8.4 Verschiebung von dp_MRSP in Fahrtrichtung 109 8.4.1 Ansatz zur Bestimmung von dp_MRSP 110 8.4.2 Risikoanalyse zur Verschiebung von dp_MRSP in Fahrtrichtung 113 8.5 Änderung von dV_ebi_min und dV_ebi_max 114 8.6 Änderung der Bremskurven 115 8.7 Zusammenfassung 118 9 Betrachtung der vorhandenen Infrastruktur und des optimierten Einsatzes von ETCS FS 120 9.1 Vergleich der D-Wege zwischen PZB und ETCS 120 9.2 Erhöhung der VzG 122 9.3 Erhöhung der Geschwindigkeit in Weichen 122 10 BÜSA: Sicherheitsabstand sd 124 10.1 Ausgangssituation 124 10.2 Ziel 124 10.3 Herangehensweise 125 10.4 Risikoanalyse zum Thema: „Einheitlicher Sicherheitsabstand sd für BÜSA“ 125 10.4.1 Einführung 125 10.4.2 Systemdefinition 125 10.4.3 Analyse des Ist-Zustandes 129 10.4.4 Neuer Ansatz 130 10.4.5 Risikoanalyse 130 10.5 Zusammenfassung 143 11 Zusammenfassung und Ausblick 144 11.1 Zusammenfassung der zwei Lösungsmethoden und die Integration in die vorhandene Infrastruktur 144 11.2 Weiterer Forschungsbedarf 144 Abkürzungsverzeichnis 146 Liste der verwendeten Variablen 149 Abbildungsverzeichnis 150 Tabellenverzeichnis 155 Literaturverzeichnis 157 Anhang A: Parameter 162 Anhang B: Gesprächsprotokolle 164 Anhang C: D-Weg-Tabelle 165
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CHINELLATO, Iolanda. "LA VITAMINA D IN PATOLOGIE RESPIRATORIE DI INTERESSE PEDIATRICO." Doctoral thesis, 2014. http://hdl.handle.net/11562/685972.

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Abstract:
Introduzione: La vitamina D e i suoi effetti sulla salute umana sono temi che stanno suscitando un grande interesse, e negli ultimi anni si sta assistendo ad un rapido aumento del numero di pubblicazioni in materia di vitamina D e sue relazioni con asma, allergie ed infezioni respiratorie. Inoltre, la consapevolezza che essenzialmente ogni tessuto e cellula del corpo possiede i recettori per la vitamina D, ha aperto le porte a numerosi studi inerenti al sistema della vitamina D e alle sue azioni precedentemente non riconosciute. Dati recenti indicano che l'ipovitaminosi D è associata a molte condizioni morbose extrascheletriche come l'asma. Obiettivi dello studio: Abbiamo studiato le relazioni esistenti fra livelli di vitamina D nel siero, funzionalità polmonare, controllo dell’asma nei bambini ed abitudine tabagica dei loro genitori. Materiali e metodi: Abbiamo stimato la correlazione tra la concentrazione di 25-idrossicolecalciferolo [25(OH)D], i parametri di funzionalità respiratoria ottenuti con l'esecuzione della spirometria basale e i livelli di controllo dell’asma, secondo le linee guida Global Initiative for Asthma (GINA) e il Childhood Asthma Control Test (C-ACT), in 152 bambini con asma (età compresa tra 5-15 anni; 84 maschi) in uno studio cross-sectional condotto durante l’inverno e la primavera. Abbiamo inoltre studiato l’esistenza di una possibile associazione tra l'abitudine al fumo dei genitori e i livelli di vitamina D di questi bambini asmatici. Risultati Solo il 9.9 % dei nostri bambini avevano livelli sierici sufficienti di 25(OH)D (tra 30 e 40 ng/ml). Abbiamo individuato una moderata correlazione positiva tra la capacità vitale forzata in percentuale del predetto e i livelli della vitamina (ρ di Spearman=0.36, 95%CI=0.22-0.50, P<0.001). Questo dato è stato ritrovato anche per il volume espiratorio forzato al 1 secondo (ρ=0.36, 95%CI=0.23-0.50, P<0.001). I soggetti con asma ben controllato mostravano livelli sierici di vitamina D più elevati rispetto ai bambini con asma parzialmente o non controllato, con valori mediani pari a 22.4 ng/ml (IQR = 18.2 - 26.0 ng/ml), 17.8 ng/ml (IQR = 12.6 - 22.0 ng/ml) e 13.5 ng/ml (IQR = 10.1 - 18.1 ng/ml), rispettivamente (P<0.001). Abbiamo inoltre individuato una correlazione moderatamente positiva tra i livelli di 25(OH)D e il C-ACT score (r=0.49, 95%CI=0.36-0.62, P<0.001). Analizzando l'abitudine tabagica dei genitori in rapporto ai livelli sierici di vitamina D è emersa una associazione statisticamente significativa tra i due parametri. In particolare, i livelli sierici appaiono significativamente ridotti se entrambi i genitori riferiscono di fumare regolarmente (P<0.001). Conclusioni I nostri risultati indicano che l’ipovitaminosi D è frequente nei bambini con asma che vivono in un paese del Mediterraneo. In questi bambini, bassi livelli di vitamina D sono associati a parametri di funzionalità respiratoria più bassi e quindi ad un ridotto controllo dell’asma. Lo studio suggerisce inoltre che il fumo passivo potrebbe rappresentare un fattore causale per l'ipovitaminosi D nei bambini asmatici. Occorrono però ulteriori studi per verificare questa relazione, in particolare analizzando marcatori biologici di esposizione al fumo di sigaretta.
Introduction: Vitamin D and its effects on human health are topics that are attracting great interest, and in recent years there is a rapid increase in the number of publications about vitamin D and its relationship to asthma, allergies and respiratory infections. This discovery, together with the realization that essentially every tissue and cell in the body has vitamin D receptors, has prompted new interests in the vitamin D system and its previously unrecognized actions. Recent data suggest that hypovitaminosis D is associated with many nonskeletal conditions such as asthma. Objectives: We investigated the relationship between vitamin D serum levels, lung function and asthma control in children and smoking habits of their parents. Materials and Methods: We estimated the correlation between the concentration of 25-hydroxycholecalciferol [25(OH)D], lung function parameters obtained from baseline spirometry and levels of asthma control, according to the guidelines Global Initiative for Asthma (GINA) and the Childhood Asthma Control Test (C- ACT), in 152 children with asthma (aged 5-15 years, 84 males) in a cross-sectional study conducted during the winter and spring. We have also studied the existence of a possible association between the smoking habits of parents and the vitamin D levels of these children with asthma. Results: Only 9.9 % of our children had sufficient vitamin D serum levels (between 30 and 40 ng / ml). We found a moderate positive correlation between the forced vital capacity percent predicted and the vitamin levels ( Spearman ρ = 0.36 , 95% CI = 0.22 to 0.50, P <0.001). This finding was also found for the forced expiratory volume in 1 second ( ρ = 0.36 , 95% CI = 0.23 to 0.50, P <0.001). Patients with well-controlled asthma showed serum levels of vitamin D higher than children with not or partly controlled asthma, with median values equal to 22.4 ng/ml (IQR = 18.2 - 26.0 ng / ml), 17.8 ng/ml (IQR = 12.6 - 22.0 ng/ml) and 13.5 ng/ml (IQR = 10.1 - 18.1 ng / ml), respectively (P <0.001) . We have also identified a moderately positive correlation between 25(OH)D levels of and the C -ACT score (r = 0:49, 95% CI = 0.36-0.62 , P <0.001). By analyzing the smoking habits of parents in relation to vitamin D serum levels, a statistically significant association between the two parameters was present. In particular, serum levels appear to be significantly reduced if both parents report smoking regularly (P <0.001). Conclusions: Our results suggest that hypovitaminosis D is frequent in children with asthma living in a Mediterranean country. In these children, lower vitamin D serum levels are associated with reduced asthma control and lung function. The study also suggests that passive smoking could be a causal factor for hypovitaminosis D in children with asthma. However, further studies to verify this relationship, in particular by analyzing biomarkers of exposure to cigarette smoke are necessary.
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MacHutchon, Monika Gail. "The effect of benzyladenine and 2,4-D on the membrane polypeptides of cell cultures of tobacco (Nicotiana tabacum cv. Wisconsin 38)." 1985. http://hdl.handle.net/1993/28805.

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FASOLI, Erica. "Dermatite atopica in età pedaitrica: correlazione tra scorad. livelli sierici di vitamina d, parametri strumentali e sensibilizzazione ad enterotossine stafilococciche e a malassetia furfur." Doctoral thesis, 2010. http://hdl.handle.net/11562/343972.

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Abstract:
ABSTRACT La dermatite atopica è una patologia infiammatoria cronica recidivante della cute con eziopatogenesi complessa che vede strutturalmente un danno a livello dell’effetto barriera della cute. Recenti studi hanno evidenziato un possibile ruolo della vitamina D. La vitamina D infatti riduce l’espressione del CLA (cutaneous lymphocyte associated antigen) sulle cellule T, regolandone il reclutamento cutaneo; aumenta l’espressione di catelicidina a livello dei cheratinociti potenziando le difese antimicrobiche della cute. E’ emerso inoltre che dermatiti atopiche piu’ gravi spesso sono associate alla presenza di IgE anti-tossine stafilococciche. Lo scopo del nostro studio è quindi quello di valutare se la gravità della patologia quantificata col punteggio SCORAD correli con i livelli sierici di vitamina D e con la presenza di IgE anti tossine stafilococciche e anti–Malassetia furfur e se il danno di barriere e  la sensibilizzazione alle enterotossine stafilococciche siano influenzati dalla vitamina D stessa. Materiali e metodi: la gravità della dermatite atopica è stata quantificata con il punteggio SCORAD che classifica la dermatite in lieve, moderata e grave valutando paramentri oggettivi di estensione e intensità e soggettivi come il prurito e la perdita di sonno. Come strumento di quantificazione del danno di barriera è stato usato il tewameter per misurare il TEWL (trans epidermal water loss). Il dosaggio delle IgE per enterotossine stafilococciche A, B, C e per Malassetia furfur è avvenuto su sangue periferico. Il dosaggio di vitamina D è stato considerato sufficiente per livelli > 30 ng/L, insufficienti >30 ng/L, carenti > 20 ng/L. Risultati: la significatività dei dati e i confronti tra i vari gruppi studiati è avvenuta secondo il metodo statistico di analisi di regressione lineare. La correlazione tra il dosaggio della vitamina D e lo SCORAD è risultata significativa (p=0.0176; r=0.38). Tra vitamina D e TEWL non risulta significatività statistica come pure tra il dosaggio della vitamina D e quello delle IgE per tossine A,B,C e Malassetia f. La correlazione tra le sensibilizzazioni alle eterotossine e lo SCORAD non è risultato statisticamente significativo come pure tra la vitamina D e le sensibilizzazioni. Conclusioni: I bambini con livelli sierici bassi di vitamina D presentano uno SCORAD piu’ alto e quindi maggior severità di malattia. Lo studio offre buoni presupposti per ulteriori studi sul trattamento della dermatite atopica con supplementazione di vitamina D.
Atopic dermatitis is a chronic relapsing inflammatory skin disease with multifactorial etiology with a structural damage to the barrier of the skin. Recent studies have revealed a possible role of vitamin D. Indeed, vitamin D reduced the expression of CLA on the T cells, regulating the recruitment skin, increased the e3xpression of keratinocyte catelicidina at enhancing the antimicrobial defenses of the skin. Serious atopic dermatitis are often associated with the presence of IgE anti-staphylococcal toxins . The aim of our study is therefore to assess whether the severity of the disease quantified with SCORAD scores correlated with serum levels of vitamin D and with the presence of IgE anti staphylococcal toxins and M. Furfur and if the damage to barriers and awareness staphylococcal eneterotoxins depend on vitamin D itself. Materials and method: the severity of dermatitis was quantified by the SCORAD score that classifies the dermatitis in mild, moderate, serious using objective parameters as extent and intensity and subjective parameters as itching and sleep loss. To measure the trans epidermal water loss (TEWLS) we used tewameter. The IgE to staphylococcal enterotoxins A,B,C and to Malassetia furfur occurred on peripheral blood. The dose of vitamin D was considered sufficient to level >30 ng/L, insufficient >30 ng/L, lacking <20 ng/L. Results: the significativity of the date and the comparisons between the various groups studied was made by the statistical method of linear regression analysis. The correlation between the dose of vitamin D and the SCORAD was significant (p=0.016, r=0.38). Between vitamin D and TEWL is not statistically significant as well as between the does of vitamin D and IgE to enterotoxins A,B, C and M. furfur. The correlation between the sensitization and the SCORAD was not statistically significant as well as between vitamin D and sensitization. Conclusions: children with low serum levels of vitamin D have a SCORAD more high and therefore greater severity of disease. The study provides a good basis for further studies on the treatment of atopic dermatitis with supplementation of vitamin D.
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BANZATO, Claudia. "IPOVITAMINOSI D E FATTORI DI RISCHIO CARDIOVASCOLARI E METABOLICI NEI BAMBINI SOVRAPPESO E OBESI." Doctoral thesis, 2012. http://hdl.handle.net/11562/399135.

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Abstract:
Introduzione. L’ipovitaminosi D è un fattore di rischio indipendente per mortalità cardiovascolare. In età adulta, bassi livelli di vitamina D sono associati con ipertensione, insulino-resistenza, malattie cardiovascolari, sindrome metabolica e diabete. Nel bambino vi sono tuttora pochi dati sulla relazione tra ipovitaminosi D e fattori di rischio cardiovascolari e metabolici. Scopo. Lo scopo di questa tesi è di valutare in bambini e adolescenti sovrappeso e obesi la relazione tra l’ipovitaminosi D e i principali fattori di rischio cardiovascolare e metabolico, ovvero la presenza di ipertensione, studiata mediante la misurazione pressoria delle 24 ore, la steatosi epatica, le alterazioni del metabolismo glucidico e lipidico. Soggetti e metodi. Sono stati inclusi nello studio 53 bambini obesi e sovrappeso (35 maschi e 18 femmine) di età tra i 7 e i 16 anni, afferenti al dipartimento di Pediatria dell’Università di Verona tra ottobre 2009 e luglio 2010 per accertamenti in merito a obesità. Sono stati esclusi tutti i bambini affetti da malattie croniche, malformazioni o facenti uso cronico di farmaci inclusi preparati contenti vitamina D o supplementi multivitaminici. Tutti i bambini hanno eseguito un prelievo per la misurazione di 25-idrossi-vitamina D (25(OH)D), assetto lipidico, ALT; una curva da carico orale di glucosio (OGTT), un’ecografia epatica e una misurazione pressoria delle 24 ore (ABPM). Risultati. E’stata evidenziata un’ipovitaminosi D nell’81% dei soggetti (deficit di vitamina D (25(OH)D < 20 ng/ml) nel 66% dei casi, valori di vitamina D insufficenti (25(OH)D tra 20 ng/ml e 30 ng/ml) nel 15%). I valori di HOMAIR, e insulinemia a digiuno hanno mostrato una correlazione significativamente negativa con i valori di 25(OH)D, mentre il QUICKI è risultato essere correlato positivamente. Non abbiamo evidenziato correlazioni tra i valori di glicemia, i parametri dell’OGTT e i valori di vitamina D e nemmeno per quanto riguarda i parametri relativi al metabolismo lipidico. Abbiamo evidenziato una differenza significativa in termini di valori pressori sistolici medi notturni durante registrazione ABPM tra i diversi terzili di vitamina D, con valori pressori significativamente più alti per livelli minori di vitamina D. Il blood pressure load (BP load) diastolico delle 24 ore e alcuni parametri pressori notturni, ovvero il BP load diastolico notturno e il blood pressure index (BP index) sistolico notturno sono significativamente più elevati all’aumentare del grado di deficit di vitamina D. I valori di vitamina D inoltre correlano negativamente con la pressione sistolica media e con la pressione sistolica media notturna, con il BP load diastolico, BP load sistolico notturno, BP load diastolico notturno con il BP index sistolico e il BP index sistolico notturno. Non vi sono correlazioni tra i valori di vitamina D e il grado di ipertensione diurno sia quando espresso come BP index che come BP load, ad eccezione del BP load sistolico Conclusioni. Il nostro studio è il primo studio che analizza la relazione tra i livelli di vitamina D e la pressione arteriosa misurata nelle 24 ore in bambini e adolescenti obesi; oltre a confermare quanto noto in letteratura aggiunge importanti informazioni riguardo la relazione tra bassi livelli di vitamina D e valori elevati di pressione arteriosa nella notte. Inoltre abbiamo confermato l’elevata prevalenza di ipovitaminosi D in bambini adolescenti obesi e una correlazione tra la gravità del deficit di vitamina D e l’insulino-resistenza quantificata in termini di HOMAIR. Studi prospettici e trial adeguati saranno utili per analizzare gli effetti sulla pressione arteriosa e sull’insulino-resistenza di un eventuale supplementazione di vitamina D nei bambini e adolescenti obesi.
Introduction. Hypovitaminosis D is an independent risk factor for cardiovascular morbidity. In adults, low levels of vitamin D are associated with hypertension, insulin resistance, cardiovascular disease, metabolic syndrome and diabetes. At present, no data are available about the relationship between cardiovascular and metabolic risk factors and hypovitaminosis D in children. Aim. The aim of this study was to evaluate the relationship between hypovitaminosis D and cardiovascular and metabolic risk factors such as hypertension evaluated with 24-h ABP patterns, hepatic steatosis, dyslipidemia and glucose intolerance in overweight and obese children and adolescent. Subjects and methods. Fifty-three Caucasian children (35 males and 18 females) aged 7-16 yrs were recruited among the overweight and obese children followed at the Department of Paediatrics of the Verona University Hospital, between October 2009 and July 2010. Exclusion criteria were chronic diseases, malformations, chronic use of drugs, including vitamin D or multivitamin supplements. We recorded anthropometric parameters, took blood samples for 25-hydroxivitamin D measurements, total LDL and HDL cholesterol, triacylglycerol, ALT and monitored ambulatory blood pressure (ABP). All children underwent OGTT and hepatic ultrasonography. Results. Hypovitaminosis D was diagnosed in 81% of the study group children (vitamin D deficiency (25(OH)D < 20 ng/ml) in 66% of children, vitamin D insufficiency (25(OH)D between 20 ng/ml and 30 ng/ml) in 15%). Vitamin D levels were negatively correlated with HOMAIR and fasting insulin, and positively with QUICKI. No relationship was found neither between fasting glucose, OGTT parameters and vitamin D levels, or between vitamin D total, LDL, HDL and cholesterol. We found nocturnal systolic pressure to be significantly higher in children with lower values of vitamin D. The 24-h diastolic BP load, the nighttime diastolic BP load and the nighttime systolic BP index increased progressively as the vitamin D deficiency worsened. We found a negative correlation between vitamin D levels and with 24-hour and nighttime systolic BP, 24-h diastolic BP load, nighttime systolic and diastolic BP load, 24-h systolic ABP index and nighttime systolic BP index. No relationship was found between daily diastolic hypertension level, daytime BP index or daytime BP load and vitamin D levels except for diastolic BP load. Conclusions. Our study is the first study that analyzed the relationship between vitamin D levels and 24-h BP patterns in obese children and adolescents; in agreement with previous studies it adds relevant information about the relationship between low vitamin D levels and high nocturnal blood pressure levels. Moreover we found a high prevalence of hypovitaminosis D in obese children and adolescent and a correlation between the severity of vitamin D deficiency and insulin resistance evaluated as HOMAIR. Prospective studies and vitamin D supplementation trials could confirm a cause-effect relationship between vitamin D and BP or insulin resistance also in children/adolescents.
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Silva, Susana Maria Teixeira da. "Divulgação de informação sobre as atividades de I&D: O caso de países com níveis elevados de I&D." Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/10071/20500.

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Abstract:
Os objetivos traçados para esta investigação são analisar o nível de divulgação de informação obrigatória e voluntária sobre as atividades de I&D, analisar o impacte da crise financeira internacional nesse nível de divulgação e analisar os fatores determinantes da informação dessas atividades, pós-adoção da IAS 38. Para o estudo empírico foi selecionada uma amostra constituída por 88 empresas das Tecnologias da Informação e Comunicação e da Indústria Farmacêutica, cotadas nas Bolsas de Valores de seis países da União Europeia com um nível elevado de atividades de I&D (Suécia, Finlândia, Áustria, Dinamarca, Alemanha e França), nos anos de 2005-2008 e 2012-2013. Os resultados obtidos demonstram que as empresas da amostra, de modo geral, divulgaram nos Relatórios e Contas a informação requerida pela IAS 38. Relativamente à divulgação voluntária, os resultados obtidos demonstram que, o nível de divulgação de informação voluntária é relativamente baixo. Verificou-se também que a crise financeira internacional não afetou negativamente o nível de divulgação de informação obrigatória e voluntária sobre as atividades de I&D. Relativamente aos factores determinantes da divulgação de informação estudados, verificou-se que as variáveis explicativas – tipo de indústria, parcerias de I&D e idade da empresa – são estatisticamente significativas para a variável dependente Índice de Divulgação Obrigatória, e que as variáveis explicativas – endividamento, tipo de indústria, parcerias de I&D e idade da empresa – são estatisticamente significativas para a variável dependente Índice de Divulgação Voluntária.
The aims of this research are to analyse the level of mandatory and voluntary disclosure about R&D activities, analyse the impact that the international financial crisis had on this disclosure and analyse the determinants of the information about these activities, after the adoption of IAS 38. For the empirical study a sample of 88 Information and Communication Technology and Pharmaceutical Industry companies was selected, which were listed on the Stock Exchanges of six European Union countries with a high level of R&D activities (Sweden, Finland, Austria, Denmark, Germany and France), in the years 2005-2008 and 2012-2013. The results obtained show that the companies of the sample, in general, disclosed in the Annual Reports the information required by IAS 38. As regards the voluntary disclosure, the results show that the level of disclosure is relatively low. It was also found that the international financial crisis did not negatively affect the level of disclosure of mandatory and voluntary information about R&D activities. With regard to the determinant factors of disclosure of information under study, the explanatory variables of industry type, R&D partnerships and company age are statistically significant for the Mandatory Disclosure Index dependent variable, and the explanatory variables of leverage, industry type, R&D partnerships and company age are statistically significant for the Voluntary Disclosure Index dependent variable.
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