Academic literature on the topic 'Critica della Ragion pura'

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Journal articles on the topic "Critica della Ragion pura"

1

MARCOLUNGO, Ferdinando Luigi. "GIUSEPPE ZAMBONI INTERPRETE DI KANT." Estudos Kantianos [EK] 4, no. 1 (September 1, 2016): 193–220. http://dx.doi.org/10.36311/2318-0501.2016.v4n1.12.p193.

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Abstract:
All’interno della Neoscolastica italiana nella prima metà del Novecento, Giuseppe Zamboni (1875-1950) occupa un posto particolare per la sua gnoseologia pura, non molto lontana per alcuni aspetti dall’impianto della fenomenologia husserliana, soprattutto per la sua critica al positivismo e l’attenzione allo sviluppo delle nostre conoscenze a partire dai dati immediati offerti alla coscienza. Zamboni fu tra il gruppo dei primi docenti che diedero vita all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano: nel decennio del suo insegnamento (1921-1932) si occupò a più riprese della Critica della ragion pura di Kant, sia con diversi saggi sulla Rivista di filosofia neoscolastica, sia con un volume di Studi esegetici, critici, comparativi apparso l’anno stesso del suo allontanamento definitivo dalla Cattolica. Dall’esame di tale testo si possono comprendere non solo le ragioni del dissenso, ma anche l’interesse che la sua interpretazione può rivestire oggi. Zamboni rivendica la capacità dell’elaborazione intellettiva dei dati della sensibilità ad opera dell’astrazione disindividuante, il ruolo fondamentale del corpo proprio nella rappresentazione dello spazio e soprattutto la centralità dell’io dei sentimenti e degli atti di volontà, accanto all’io conoscitivo puro dell’appercezione trascendentale kantiana.
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2

Restany, Pierre. "Ugo Nespolo e la Critica della Ragion Pratica." Rivista di estetica, supplemento al n. 58 (May 1, 2015): 11–13. http://dx.doi.org/10.4000/estetica.2257.

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3

Campo, Alessandra. "Il fatto della ragione e la conoscenza adeguata: Kant con Spinoza." Tópicos, Revista de Filosofía 63 (April 18, 2022): 89–129. http://dx.doi.org/10.21555/top.v63i0.1656.

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Abstract:
Recentemente la letteratura dedicata alla ricezione kantiana di Spinoza ha conosciuto un sensibile incremento. Diversi sono gli studi consacrati alla mappatura della presenza di quest’ultimo negli scritti sia precritici che critici del primo, e diversi sono i risultati conseguiti da ciascuno. Eppure, con l’eccezione di qualche richiamo alla sezione in cui lo spinozismo è presentato come l’unica alternativa all’idealismo trascendentale, la Critica della ragion pratica non è quasi mai menzionata né, tanto meno, si è soliti guardare ad essa nel tentativo di trovare qualcosa che attenui il contrasto tra le due prospettive. Scopo del presente saggio è mostrare come sia proprio nella seconda Critica, e in particolare introducendo il Faktum della ragione, che Kant pensa, per così dire, assieme a Spinoza. Nel 1788, la legge morale si comporta come un’idea adeguata che ci rende cause attive, e l’esperienza della libertà procurata dalla coscienza che ne abbiamo risulta essere, perciò, analoga all’esperienza dell’eternità illustrata dal V libro dell’Etica.
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4

Cavalieri, Marco. ""Critica della ragion pratica" : obiettivi e limiti della più recente ricerca storico-archeologica in lingua italiana." L'antiquité classique 73, no. 1 (2004): 281–309. http://dx.doi.org/10.3406/antiq.2004.2552.

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5

Carsillo, Rocco. "Alasdair MacIntyre: Persona e Personalismo." Pensando - Revista de Filosofia 6, no. 11 (November 6, 2013): 3. http://dx.doi.org/10.26694/pensando.v6i11.1413.

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Abstract:
MacIntyre è il grande avversario lottatore contro modernità e post-modernità. Egli scopre, ed argomenta, che all'origine della affermazione "moderna" c'è una grande truffa fondata sulla presunzione di liberarsi dalla soggezione alla storia, intesa sia come Tradizione sia come metodo con una sua epistemologia per comprendere l'uomo e il suo operare. L'epilogo di tale pretesa è sotto gli occhi: un razionalismo autoreferenziale che non ha più contatto con la realtà e che proprio per questo si riduce a delirio di onnipotenza o di potenza decaduta per resistenza indebita di storia e tradizioni "portatrici solo di oscurantismo!". La realtà porta, invece, a scoprire l'identità dell'uomo come «io» contestualizzato, che nasce da una storia, una storia di amore, e si realizza in un contesto di condizioni e condizionamenti, con cui bisogna sempre fare i conti se si desidera essere lealmente attenti a cogliere le notizie che da essa provengono per comprendere chi è questo essere speciale e particolare. Anche altri filosofi hanno risposto alla "pretesa modernista", però spesso o con un atteggiamento di «falso irenismo», teorizzando un dialogo con cui, prendendo a prestito il metodo illuministico, si è cercato di asserirne "dialetticamente" la falsità, cercando di trattenerne, invece, "le cose buone"; oppure ponendosi come pensatori alternativi al pensiero "comunista" distruttore della «comunità» e della «persona». Secondo MacIntyre, l'errore di questi è nel non aver inteso che la falsità "moderna" è proprio nel suo metodo che ha posto come a-priori non negoziabile, in ogni riflessione e ricerca, il rifiuto della storia, della concretezza, del particolare, della tradizione, propugnando che solo la "spersonalizzazione", la "universalizzazione", insomma: solo il regno della "ragion pura" e auto-purificatasi ha ragione e dignità di essere l'a-priori per eccellenza nella ricerca filosofica. Il «personalismo», nella versione europea, non raramente è incorso in questa confusione.
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6

Pessina, Adriano. "La questione del metodo nella prospettiva della bioetica di stampo personalista." Medicina e Morale 53, no. 2 (April 30, 2004): 317–27. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2004.646.

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Abstract:
L’Autore affronta la questione del metodo nella prospettiva personalista. Dopo aver chiarito che non esiste un metodo specifico della bioetica, se non nel senso che la bioetica non fa altro che assumere il metodo di indagine che è specifico della riflessione etica dalla quale dipende, l’Autore sottolinea che l’originalità della bioetica rispetto all’etica sta nell’insieme dei contenuti che essa affronta, ossia azioni e processi mediati dalla conoscenza scientifica e dalla prassi tecnologica. In particolare, viene proposta una riflessione su come è articolato il metodo triangolare proposto da Elio Sgreccia nel suo noto Manuale di Bioetica. Questo metodo si distingue dal proceduralismo di altre prospettive, sia per la sua connotazione contenutistica, che ha il suo perno in una concezione sostanzialistica della persona umana, sia per la sua struttura critica o dialettica. Nella connessione tra il dato medico-scientifico, il dato antropologico e il momento etico emerge il significato analogo della verità, concetto non confinato soltanto nel campo delle scienze sperimentali ma efficace anche sul piano etico. In tal senso, la bioetica emerge come una disciplina che si costituisce attraverso un percorso (il itriangolo) che ha il suo esito laddove il giudizio di coscienza è formulato in base alle verità acquisite ed integrate, in base ai diversi beni messi in gioco. Il momento prescrittivo, quello decisivo dell’indagine bioetica, non è assimilabile ad una pura deduzione dai principi morali ma si costituisce all’interno di un complesso itinerario teorico che tiene conto dei diversi approcci alla realtà.
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7

Sobański, Remigiusz. "Prawo kanoniczne a kultura prawna." Prawo Kanoniczne 35, no. 1-2 (June 5, 1992): 15–33. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1992.35.1-2.02.

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Abstract:
Si presenta la versione polacca di una relazione tenuta nell’ambito dei seminari sul tema „Scienza giuridica e diritto canonico” al’Università di Torino 2. 5. 1990. Il testo originale viene pubblicato nel volume sullo stesso tema curato da Rinaldo Bertolino, Torino 1991. Ci presentiamo le osservazioni finali. 1. Il diritto canonico non può non giovarsi dello sviluppo della cultura giuridica (allo stesso modo che l'intero magistero della Chiesa non può non giovarsi del patrimonio culturale dell’umanità). Immutato è il quesito di fondo: in che misura queste vicende possono riuscire utili ad esprimere la „verità” ecclesiale. L’utilità dipende dallo sviluppo delle scienze giuridiche, come di quelle ecclesiali: il che significa che il diritto canonico ha, di fronte alla cultura giuridica, un atteggiamento aperto ed assorbente, pur se differenziato e non privo di critica. 2. Per sua vocazione universale la Chiesa ha un atteggiamento aperto di fronte alla cultura giuridica d’ogni ambiente in cui esse è presente ed agisce. Il riferimento alla cultura giuridica locale e i rapporti con le vicende delle culture regionali sono omogenei con i principi fondamentali della relazione Chiesa universale-Chiese locali. L’influsso del diritto romano e di quello germanico sul diritto canonico, da un lato; la romanizzazione del diritto dei barbari attraverso la Chiesa o, anche, l’influsso del diritto canonico p. es. sul diritto polacco dall’altro, dimostrano quanto il contatto della Chiesa con la cultura giuridica dell’ambiente possa ruiscire fecondo. 3. Negli ultimi secoli la presenza del diritto canonico nella cultura giuridica è, al massimo, passiva. Cerca d’assicurarsela una presenza mediante l’adattamento. Se anche sia vero che qualunque presenza debba accompagnarsi con la disponibilità ad imparare, occorre riconoscere che questa posizione unicamente difensiva non consente al diritto canonico di incidere e di ispirare la cultura giuridica. Inoltre, l’esito di questa presenza (passiva) è parziale, non solo perché le premesse filosofiche che fondano il pensiero giuridico sono (o sembrano essere) per la Chiesa inaccettabili, ma perché, in seguito all‘atteggiamento esclusivamente recettizio, si corre il rischio di trasferire nell’ambito metagiuridico tutto cio che non si ritrovi nell’ottica delle attuali dottrine giuridiche. 4. Non c’è dubbio che la Chiesa non sia l’ambiente topico di sviluppo delle scienze giuridiche e che la scienza giuridica goda di una sua piena autonomia. Ma la comunione ecclesiale, non di raro definita Ecclesia iuris, non lo è in seguito alla recezione del diritto ab extrinseco, ma in forza della propria immanente dimensione giuridica. (Senza di essa non avrebbe ragion d’essere un autonomo diritto canonico, ed i problemi organizzativi della Chiesa potrebbero essere risolti alla stregua del solo diritto ecclesiastico dello Stato). Si deve quindi riconoscere che la Chiesa, iscritta nella storia umana del diritto, ha qualche cosa da dire nella sfera del diritto, sia nella sua dimensione ideologica che in quella della sua realizzazione pratica. L’assenza di un ruolo ispiratore del diritto canonico sulla scienza giuridica contemporanea dovrebbe dar a pensare per la più che i fondamentali problemi giuridici vengono continuamente discussi dai cultori di diritto: viviamo tuttavia in un mondo di nazioni sempre più unite nel quale le interferenze di differenti teorie e sistemi giuridici tendono ad aumentare e le dottrine giuridiche si rivelano particolarmente suscettibili agli influssi di molteplici filosofie. 5. Su un contatto non unidirezionale ma bilaterale del diritto canonico con la cultura giuridica si potrà contare soltanto allora, quando la canonistica abbia fatto proprio il metodo del Concilio Vaticano II, durante il quale la Chiesa ha rinunciato a presentarsi ratione status, ed ha invece cercato di esporre la sua natura secondo la propria convinzione di fede. Anche nel diritto canonico bisogna finalmente decidersi ad una riflessione profondo sulla Chiesa alla luce della fede, sulle proprie radici e finalità, per poter realizzare il diritto ecclesiale nel modo più coerente e per potere, per cio stesso, dialogare con le altre culture giuridiche. Il dialogo non nascerà da una passiva traslitterazione, quasi a ricalco, del diritto civile nell’ambiente ecclesiale, ma attraverso una franca ed aperta meditazione sulle proprie premesse ontologiche, le proprie peculiarità, le proprie esigenze: anche quelle di una „nuova giustizia”. Soltanto allora la presenza del diritto canonico nella cultura giuridica potrà essere non solo riproduttiva, ma anche produttiva. 6. Anche sotto questo punto di vista appare urgente la necessità di una robusta elaborazione di una teoria generale del diritto canonico. Si tratta di una teoria del diritto della Chiesa secondo il suo proprio „credo Ecclesiam”, non già elaborata all’interno di rigide teorie aprioristiche. Troppo generiche e scarsamente feconde le prese di posizione a favore di una deteologizzazione del diritto ecclesiale e, al contrario, le obiezioni stesse contro una presunta sua teologizzazione. Non si tratta invero di una „teologizzazione”, ma di prendere in seria considerazione i principi teologici, grazie ai quali il dialogo con la cultura giuridica diventa possibile e razionale.
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GORIA, Giulio. "KANT E LA DISCIPLINA DELLA RAGION PURA. LE PROPOSIZIONI TRASCENDENTALI SINTETICHE E LA LORO DIMOSTRAZIONE." Estudos Kantianos [EK] 3, no. 02 (December 16, 2015). http://dx.doi.org/10.36311/2318-0501.2015.v3n2.08.p119.

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Abstract:
Le proposizioni fondamentali (Grundsätze) sono presentate nel secondo capitolo della Analitica dei princìpi come princìpi sintetici dell’intelletto puro. Essi sono le determinazioni a priori delle categorie rispetto alla possibilità dell’esperienza come tale. Esse sono anche le proposizioni trascendentali e sintetiche che nella Disciplina della ragion pura della Dottrina del metodo Kant individua come l’oggetto della dimostrazione trascendentale pertinente alla filosofia, in virtù del suo caratteresintetico. Scopo dell’articolo è considerare il potere ostensivo affatto unico e decisivo per la Critica della ragion pura proprio della dimostrazione trascendentale delle proposizioni pure sintetiche.
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GORIA, Giulio. "Kant e il Fondamento Cercato del Sapere. A Partire Dalla Polemica con Eberhard." Estudos Kantianos [EK] 3, no. 01 (July 8, 2015). http://dx.doi.org/10.36311/2318-0501/2015.v3n01.5125.

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Abstract:
Nel saggio del 1790 Su una scoperta secondo la quale ogni nuova critica della ragione pura sarebbe resa superflua da una più antica Kant rispondeno agli attacchi mossigli da Eberhard torna sul problema decisivo della Critica della ragion pura intorno alla possibilità di giudizi sintetici a priori, per rivelarne il carattere preliminare rispetto alla possibilità di proposizioni a priori metafisiche. In questo articolo mi propongo di seguire la controversia misurando in particolare la compatibilità di quelleche sono state dette – da Gram e, seppur non senza riserve, da Allison – due teorie della predicazione, operanti nella Critica. Oltre ai testi dell’articolo del 1790 prendo in considerazione la formulazione del supremo principio di tutti i giudizi sintetici offerta nell’Analitica dei princìpi.
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Dissertations / Theses on the topic "Critica della Ragion pura"

1

COLOMBO, CHIARA. "IL PROBLEMA DELLA METAFISICA NELLA CRITICA DELLA RAGION PURA DI KANT." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2012. http://hdl.handle.net/10280/1351.

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Abstract:
La tesi si propone di dare un contributo alla dibattuta valutazione del ruolo della metafisica nella Critica della ragion pura di Kant. L’argomento che sorregge la proposta consiste nell’affermazione della possibilità di rintracciare nella prima Critica una determinazione positiva del sapere metafisico. La tesi tenta una lettura delle competenze positive della ragione – considerata nel suo interesse speculativo – in ambito metafisico, tenendo conto del percorso che Kant intraprende in tal senso fin dagli scritti precritici. Tre sono le linee argomentative della ricerca: dal punto di vista metodologico, ci si propone di coniugare le due istanze presenti negli studi kantiani, quella storica e quella teoretica, riunendole in un unico criterio esegetico che ricerca nei testi i luoghi in cui le fonti storiche vengono accolte come il punto di inizio di una transizione culturale più che il legame con la tradizione. In secondo luogo, si ricostruisce il modo in cui Kant ha fatto della metafisica l’oggetto primario di questa problematizzazione. In terzo luogo, si discute l’evoluzione che la prova metafisica compie nel pensiero kantiano fino alla prima Critica. Qui, la metafisica, con un unico movimento, riesce nell’esibizione congiunta del suo sapere e della sua fondazione come scienza.
This work introduces a way of understanding Kant’s problem of metaphysics in the first Critique, by suggesting that speculative reason can state a positive metaphysical knowledge. The suggested solution focuses on three issues: the first is methodological, the second is exegetical, the third is argumentative. From the methodological point of view, this dissertation proposes a new method in interpreting Kant’s tought, that is the problem-arising method. From the exegetical point of view, it shows metaphysics as the primary object of such a method, and explains in which sense it is possible to state a ‘problem of metaphysics’ in kantian works. From the argumentative point of view, this work gives particular attention to the transcendental argument. In conclusion this dissertation demonstrates that the Transcendental Deduction of the first Critique coincides with a synthesis between the object and the foundation of metaphyisics, and for this synthesis is made by the metaphysics its-self, it is a positive knowledge.
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COLOMBO, CHIARA. "IL PROBLEMA DELLA METAFISICA NELLA CRITICA DELLA RAGION PURA DI KANT." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2012. http://hdl.handle.net/10280/1351.

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Abstract:
La tesi si propone di dare un contributo alla dibattuta valutazione del ruolo della metafisica nella Critica della ragion pura di Kant. L’argomento che sorregge la proposta consiste nell’affermazione della possibilità di rintracciare nella prima Critica una determinazione positiva del sapere metafisico. La tesi tenta una lettura delle competenze positive della ragione – considerata nel suo interesse speculativo – in ambito metafisico, tenendo conto del percorso che Kant intraprende in tal senso fin dagli scritti precritici. Tre sono le linee argomentative della ricerca: dal punto di vista metodologico, ci si propone di coniugare le due istanze presenti negli studi kantiani, quella storica e quella teoretica, riunendole in un unico criterio esegetico che ricerca nei testi i luoghi in cui le fonti storiche vengono accolte come il punto di inizio di una transizione culturale più che il legame con la tradizione. In secondo luogo, si ricostruisce il modo in cui Kant ha fatto della metafisica l’oggetto primario di questa problematizzazione. In terzo luogo, si discute l’evoluzione che la prova metafisica compie nel pensiero kantiano fino alla prima Critica. Qui, la metafisica, con un unico movimento, riesce nell’esibizione congiunta del suo sapere e della sua fondazione come scienza.
This work introduces a way of understanding Kant’s problem of metaphysics in the first Critique, by suggesting that speculative reason can state a positive metaphysical knowledge. The suggested solution focuses on three issues: the first is methodological, the second is exegetical, the third is argumentative. From the methodological point of view, this dissertation proposes a new method in interpreting Kant’s tought, that is the problem-arising method. From the exegetical point of view, it shows metaphysics as the primary object of such a method, and explains in which sense it is possible to state a ‘problem of metaphysics’ in kantian works. From the argumentative point of view, this work gives particular attention to the transcendental argument. In conclusion this dissertation demonstrates that the Transcendental Deduction of the first Critique coincides with a synthesis between the object and the foundation of metaphyisics, and for this synthesis is made by the metaphysics its-self, it is a positive knowledge.
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3

BASAGLIA, Federica. "Libertà e Male morale nella “Critica della ragion pratica” di Immanuel Kant." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2009. http://hdl.handle.net/11392/2388708.

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Abstract:
This dissertation deals with a much-debated problem in Kant’s moral philosophy: the possibility of acting freely against the moral law. Kant’s theory of the foundation of morals, as outlined in the Groundwork of the Metaphysics of Morals (1785) and in the Critique of Practical Reason (1788), gives no explanation of the (causal) genesis of moral evil (i.e. the freedom to act wrongly), nor does it justify attributing it to the agent. Based on this hiatus in his theory, even recent interpretations claim that the doctrine of "radical evil" (1792) represents Kant’s intention to reverse his moral doctrine in order to make room for moral evil. I, however, argue that the theory of “radical evil” was not understood by Kant as a revision, nor does it help us to accommodate moral evil. In the hope of finding another way to accommodate moral evil into Kant’s moral theory, I attempt to further clarify Kant’s understanding of the concept. To do so I turn to those passages of the Critique of Practical Reason where Kant explicitly addresses the topic: his theory of the concepts of "good" and "evil" as objects of pure practical reason", and his theory of the "table of categories of freedom." My analysis of the scholarship on this subject points to certain misinterpretations. I underline the main errors and suggest a new interpretation, which aims to be more in accord with Kant’s texts and with his ethical teaching. However, my interpretation also shows that the theories of the "objects of practical reason" and of the "categories of freedom" do not provide any help to solve the problems with moral evil. On the contrary, they confirm (well-known) difficulties of Kant’s ethics as to the explanation of immoral action and its attribution to the agent. Still, my analysis brings to light an interesting and so far ignored element: the connection between the "categories of freedom" with the concept of cause" and the central role the latter notion plays in the Critique of Practical Reason. In 1786 Hermann Andreas Pistorius criticizes Kant’s understanding of freedom as noumenal causality. Probably with the intention of responding to this criticism, in 1788 Kant provides a deduction of the concept of freedom as non empirical causality. My analysis points to important connections between the "categories of freedom" and the "category of causality" as applied to the supersensible field.
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4

Loffi, Andrea. "Per una critica della ragion sacra. La vita e la filosofia di Pietro Prini." Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2021. http://hdl.handle.net/11572/312614.

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Abstract:
L'oggetto della tesi è Pietro Prini, filosofo cattolico italiano del Novecento. La prima parte della tesi ne presenta la biografia intellettuale ripercorrendo la vita del filosofo e scandendo le tappe del suo pensiero; la seconda parte propone una ricostruzione sistematica della sua filosofia e la terza analizza la sua filosofia della religione e il rapporto di Prini col cattolicesimo. Nelle conclusioni viene proposto un bilancio critico complessivo.
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5

Oggionni, E. M. E. "LA TEORIA KANTIANA DELLA MOTIVAZIONE MORALE NELLA 'FONDAZIONE DELLA METAFISICA DEI COSTUMI'. UN'ANALISI STORICO-CRITICA." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2011. http://hdl.handle.net/2434/151785.

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Abstract:
The Thesis «La teoria kantiana della motivazione morale nella Fondazione della metafisica dei costumi. Un’analisi storico-critica» aims to reconstruct Kant’s theory of moral motivation as it is formulated in Groundwork of the Metaphysics of Morals. This Ph.D. Thesis is predominantly a commentary on the passages from Kant’s Groundwork that are relevant to understanding his account of moral motivation. At the same time, as a background to the work, it considers the whole Kantian corpus with its differing theories of moral motivation. The Thesis includes four chapters, each devoted to the analysis of one of four conceptual areas of the Groundwork’s theory of moral motivation: (1) practical reason, will and their reciprocal relationship, (2) will and good will, (3) the feeling and Triebfeder of respect, and (4) the Highest Good. The contemporary debate on Kant’s moral motivation focuses on two opposite interpretations of it: viz., the affectivist and the intellectualist one. In order to choose between these interpretations, the letter of the Kantian texts must be thoroughly analyzed and their theoretical plausibility must be assessed. In the Introduction and in the first chapter I study Kant’s theory of what a human action is and I give an interpretation of Kant’s use of the adverb unmittelbar, which leads me to view Kant’s theory of moral motivation as an affective one. In the remainder of the work I give further grounds to this interpretation by means of a detailed analysis of the text supported by a contextual theoretical study. Furthermore, the first chapter includes (a) the definition of practical reason and will as functions of the human mind, (b) the consequent identification of the laws according to which a rational being has the power of acting as the linking element between these functions and the human faculty of reason and (c) the examination of the secondary literature’s positions about which kind of laws are the ones of human actions. I also provide an answer to the latter question, specifically addressing the issue of distinguishing the formal structure of these laws from their normative validity. The second chapter’s first purpose is to understand the extent of philosophical and psychological possible knowledge about will and good will. To achieve this, I study the concept of moral experience as it appears in the Critique of Practical Reason. The second chapter also investigates Lust and Unlust, since I argue that they deeply mark Kantian conception of both sensible perception and moral motivation. Finally, in the chapter’s conclusion I analyze the teleological argument of the Groundwork’s first section, its structure, its role in the entire work, and the relevance it assumes by taking into account the systematic function of the Kantian notion of character. The third chapter presents a study on the different meanings that Kant’s notion of respect assumes throughout the Groundwork, in the second Critique and in the Doctrine of Virtue. This analysis focuses in particular on the Kantian terms Bewegungsgrund and Triebfeder. The conclusion I draw from it is an assessment of Kant’s peculiar form of a priori affectivism. The final chapter’s arguments stem from the conclusions I drew in Chapter two concerning the relevance of teleology with regard to Kantian theory of morality and moral motivation. Besides commenting on the two explicitly numbered propositions about duty in Section one of the Groundwork (GMS, AA 04: 399.35-400.03 and GMS, AA 04: 400.17-19), I identify the first one, which has not been explicitly mentioned by Kant. The first proposition states the inclusion of the concept of good will in that of duty (GMS, AA 04: 397.06-08). This leads to the analysis of the meaning of Kant’s definition of good will as good in itself, and, at the same time, not corresponding to the whole and Highest Good. I finally study the alleged inconsistency and irrelevancy of Kant’s conception of the Highest Good in the framework of his theory of moral motivation, and I refute it: I eventually prove exactly the opposite, i.e. I point out the great importance and the coherent role that the Highest Good plays in Kant’s theory of moral motivation.
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6

VENTURI, FRANCESCO. "L'intuizione kantiana nei commentari anglofoni alla prima Critica kantiana." Doctoral thesis, 2015. http://hdl.handle.net/2158/1001698.

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Abstract:
Il progetto si propone un'analisi del modo in cui alcuni filosofi, formatisi in ambienti anglofoni, hanno affrontato ed esaminato l'intuizione temporale di Kant, così come viene esposta nella Critica della ragion pura. In particolare, la ricerca si concentra su quegli autori che hanno intrapreso tale ricerca attraverso un commentario.
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7

MAZZONE, LEONARD. ""Per una critica della ragion ipocrita. Masse, potere e metamorfosi nell'opera di Elias Canetti"." Doctoral thesis, 2013. http://hdl.handle.net/2158/802076.

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Abstract:
The PhD dissertation is shot through by a double programmatic intent: the first one consists in the reconstruction of the whole work and life of Elias Canetti before, after and during the long drawing up of Masse und Macht. The second purpose of the work at issue consists in demonstrating the continuing actuality of Masse und Macht, which allows to update the coordinates of contemporary critical theory of society within the theoretical framework of what I call “hypocritical reason”. Il presente lavoro di ricerca è innervato da una duplice intenzione programmatica, che consiste nel ricostruire la produzione complessiva e le diverse tappe biografiche percorse da Elias Canetti prima, dopo e durante la stesura di Masse und Macht e nel dimostrare la persistente attualità di un'opera che consente di aggiornare le coordinate della teoria critica della società contemporanea entro la cornice teorica di “ragion ipocrita”.
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Books on the topic "Critica della Ragion pura"

1

Ravera, Marco. Lettura della Critica della ragion pura di Kant. Torino: UTET libreria, 1997.

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2

Verna, Arturo. Originaria criticità della ragione: Una lettura teoretica della Critica della ragion pura. Bari: Cacucci, 2005.

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3

Drivet, Dario. Cosmologia trascendentale: Saggio sulla Critica della ragion pura. Milano: Mursia, 1999.

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4

1940-, Ciafardone Raffaele, ed. La " Critica della ragion pura" nell'Aetas Kantiana: Antologia. L'Aquila: L.U. Japadre, 1987.

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5

Kant, Immanuel. Critica della ragione pura. Milano: Adelphi, 2004.

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6

Goodbye, Kant!: Cosa resta oggi della Critica della ragion pura. Milano: Tascabili Bompiani, 2004.

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7

Marcucci, Silvestro. Guida alla lettura della Critica della ragion pura di Kant. Roma: Laterza, 1997.

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8

O'Farrell, Frank. Per leggere la Critica della ragion pura di Kant: La Critica della ragione pura pensata come risposte a domande. Roma: Editrice Pontificia Università Gregoriana, 1989.

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9

Modalità ed esistenza: Dalla critica della ragion pura alla critica della ragione ermeneutica : Kant, Husserl, Heidegger. Torino: Trauben, 2001.

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10

Chiurazzi, Gaetano. Modalità ed esistenza: Dalla critica della ragion pura alla critica della ragione ermeneutica : Kant, Husserl, Heidegger. Torino: Trauben, 2001.

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