Journal articles on the topic 'Criterio Di Riduzione'

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Giannini, Alberto. "Il dilemma dell’ultimo letto: allocazione di risorse limitate in rianimazione." Medicina e Morale 47, no. 2 (April 30, 1998): 247–73. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1998.845.

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Abstract:
La rianimazione moderna è una disciplina dalle prestazioni estremamente dispendiose ma poco “produttiva” in termini meramente economici: essa infatti offre benefici ad alto costo a pochi “utenti”. In un contesto generale di riduzione delle risorse destinabili alla sanità diviene cruciale, in un settore così particolare come quello dell’area critica, la riflessione etica in merito ai criteri per la microallocazione di risorse limitate. In questo articolo, dopo aver affrontato natura e finalità dell’attività rianimatoria, vengono inizialmente prese in considerazione le possibili cause di una riduzione della disponibilità di posti letto in rianimazione, le modalità con cui abitualmente i medici affrontano le condizioni di ridotta disponibilità di risorse, e le linee guida per affrontare situazioni di triage. Il processo decisionale nell’impiego delle risorse sanitarie deve partire da un rigoroso “criterio clinico” (necessità e idoneità alle cure rianimatorie, urgenza, ecc.), unitamene al criterio della proporzionalità dei mezzi terapeutici. Di fronte a situazioni di pari necessità possono essere seguiti il cosiddetto criterio di temporalità (offrire cure a chi è giunto per primo all’osservazione del medico) o il criterio prognostico (utilizzare le risorse disponibili per chi ha maggiori chance di trarne beneficio). I sistemi a punteggio impiegati in campo rianimatorio per predire l’outcome non sono attualmente utilizzabili nel processo decisionale per il singolo paziente e nelle procedure di triage. Ribadendo che l’azione del medico, in tutti i suoi ambiti, deve essere eticamente pensata, si sottolinea come esista un dovere morale ad amministrare in modo corretto le risorse sanitarie, a limitare gli sprechi e a prevenire le situazioni di triage.
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Germanò, Alberto. "Il cibo nel diritto internazionale del mercato dei prodotti agricoli: disciplina e controversie." AGRICOLTURA ISTITUZIONI MERCATI, no. 1 (December 2010): 85–113. http://dx.doi.org/10.3280/aim2009-001008.

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Abstract:
L'Autore, dopo aver illustrato il significato dei termini food security e food safety, analizza il mercato internazionale dei prodotti alimentari, con particolare attenzione alle regole tecniche e alle regole sanitarie e fitosanitarie e, quindi, all'Accordo Tbt e Sps, nonché al criterio di equivalenza, quale strumento per la tutela della diversità e nel contempo di conferma della sovranità degli Stati. L'Autore esamina, inoltre, alcune delle più significative controversie internazionali relative agli alimenti (la c.d. guerra delle banane e le controversie relative alla carne agli ormoni), l'Accordo Tbt e le regole tecniche a tutela dell'ambiente, nonché l'Accordo Trips e il rapporto tra indicazioni geografiche e marchi geografici di prodotti alimentari. Infine, viene affrontato il problema dei cambiamenti nell'allocazione della terra e nelle pratiche agricole utilizzate: per ottenere la riduzione delle emissioni climalteranti si sta alterando l'uso razionale della terra, agendo in modo scorretto sui "conflitti" tra le produzioni a fini mercantili e le produzioni a fini alimentari. In conclusione l'A. evidenzia la necessità , per i cultori del diritto dell'agricoltura, di uscire dagli angusti confini del diritto domestico e di affrontare, passando per il diritto comunitario, i problemi che il diritto internazionale prospetta, con conseguenti ricadute sulla comprensione ed interpretazione del diritto nazionale.
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Gozzetti, Giovanni. "Dalla superficie alla profonditŕ. Un equivoco epistemologico circa fenomenologia e psicoanalisi." GRUPPI, no. 3 (May 2010): 11–18. http://dx.doi.org/10.3280/gru2009-003002.

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Abstract:
Superficie e profonditŕ indicano una dimensionalitŕ dal fuori al dentro, che richiama la topica di Freud e ha rapporti con alcune immagini derivate dalla fenomenologia di Husserl, che riguardano una concezione stratificata della psiche. I manuali diagnostici come i DSM esigono obbedienza e concedono come premio l'esattezza diagnostica, nei limiti della loro criteriologia. Essi provengono dalle concezioni di un empirista logico, Carl Hempel, e si basano sulla rinuncia alla validitŕ per accontentarsi del piů modesto criterio della affidabilitŕ tra osservatori. Se solo, perň, consultassimo un buon dizionario per esaminare i nostri termini, che, crediamo, in buona fede, neutri, ci accorgeremmo che corriamo il rischio di seppellire il nostro paziente in un nulla di parole artificiose, dal momento che il conoscere, nel nostro campo, non č solo sapere, ma ha la vibrazione del sentire. Siamo cioč costretti, in fondo, ad eleggere la soggettivitŕ a conoscenza, cercando di dare ad essa una consistenza. Karl Jaspers č partito da questo per forgiare il metodo psicopatologico della fenomenologia comprensiva, che ha per base uno strumento, la comprensione, Verstehen, vale a dire la capacitŕ dell'osservatore di mettersi al posto del paziente, grazie alle autodescrizioni, e, per empatia, cogliere i suoi vissuti, rivivendoli. Accanto a questa fenomenologia soggettiva, c'č quella oggettiva, che vuole accedere direttamente ai fenomeni psicopatologici. L'indagine fenomenologica obiettiva ha per momento iniziale la "riduzione", da intendersi come il metodo per il quale metto momentaneamente tra parentesi ogni teoria data, in modo da cercare di raggiungere una descrizione "pura" dei fenomeni. Metto tra parentesi e conservo: il metodo fenomenologico non č qui inteso come un rifiutare il sapere psichiatrico e psicoanalitico, ma come un esercizio, che permette di avvicinarsi a quella conoscenza implicita che non nega la conoscenza abituale. Si cerca quello che giŕ si sa, senza averne conoscenza esplicita e questo sapere implicito lo scopriamo in modo semplice e rigoroso, con uno sguardo attento alla descrizione di superficie. «Nel lavoro scientifico, dice Freud, č piů promettente affrontare il materiale che ci sta di fronte, per la cui indagine si apre uno spiraglio. Se lo si fa con scrupolo, senza ipotesi o aspettative preconcette, e se si ha fortuna, anche da un lavoro cosě privo di pretese puň scaturire l'appiglio allo studio dei grandi problemi, grazie al nesso che lega tutto con tutto, anche il piccolo col grande». Questo potrŕ forse dispiacere a chi ama le scorribande avventurose nello psichismo arcaico, ma forse la superficie puň dare piů interrogativi e celare piů misteri di quanto una teoretica dei primi palpiti di vita possa immaginare e permette comunque di stare col paziente nello stesso luogo in una prossimitŕ di incontro.
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Basile, G. "Semaglutide e dulaglutide: comparative effectiveness analysis e disparità nel Piano Terapeutico Regionale." Journal of AMD 25, no. 2 (July 2022): 105. http://dx.doi.org/10.36171/jamd22.25.2.5.

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Abstract:
OBIETTIVO DELLO STUDIO Si registra una evidente difformità nell’accesso ai nuovi farmaci nelle diverse regioni italiane. Per il clinico non è sempre semplice conciliare evidenze scientifiche e normative vigenti, soprattutto quando quelle regionali differiscono da quelle nazionali. Un caso emblematico è stato, prima della Nota 100 di AIFA, il Piano Terapeutico (PT) per la prescrizione dei GLP1-RA nella Regione Sicilia, che alla prima prescrizione durava 6 mesi per tutte le molecole, salvo che per semaglutide (4 mesi). Il nostro centro ha quindi analizzato i propri dati in un’ottica di comparative effectiveness per documentare se le disparità di PT trovano un riscontro pratico nell’impatto clinico dei due più recenti GLP1- RA disponibili. DISEGNO E METODI È stato condotto uno studio osservazionale retrospettivo. I dati dei primi 50 pazienti trattati con semaglutide sono stati confrontati con quelli dei primi 50 pazienti trattati con dulaglutide tra giugno e dicembre 2021. Sono stati quindi valutati i cambiamenti nei livelli medi di HbA1c, glicemia a digiuno (FBG) e peso dopo la prima e la seconda visita di follow-up, che cadevano, come da PT, a 6 e 12 mesi per dulaglutide e a 4 e 10 mesi per semaglutide. RISULTATI Al primo follow-up, l’HbA1c si era ridotta di -0,8% (IC95% -1,1;-0,5) con semaglutide e di -0,5% (IC95% -0,9;-0,2) con dulaglutide, raggiungendo livelli simili (circa 7,5%). La riduzione è stata significativa rispetto al baseline per entrambi i farmaci, nonostante la valutazione fosse più precoce per semaglutide, mentre il confronto tra i farmaci non ha evidenziato differenze statisticamente significative. Al secondo follow-up la riduzione di HbA1c è risultata di -1% in entrambi i gruppi, con differenze statisticamente significative rispetto al baseline ma nessuna differenza tra i gruppi. L’effectiveness è stata documentata anche sulla riduzione dei valori di FBG (fino a -51 mg/dl con semaglutide e -38 mg/dl con dulaglutide) e peso (circa -5 Kg con semaglutide e -3 Kg con dulaglutide), statisticamente significativa entro i gruppi sia al primo che al secondo follow-up, con riduzioni più marcate con semaglutide che con dulaglutide, ma senza differenze statisticamente significative tra i gruppi. CONCLUSIONI Questo studio conferma l’importanza strategica dei GLP1-RA nel migliorare gli outcome clinici dei soggetti con diabete di tipo 2 non controllato e solleva il problema della urgente necessità di rivedere in un’ottica di equità e valorizzazione dell’innovazione i criteri di accesso a farmaci innovativi, soprattutto se appartenenti ad una stessa classe terapeutica. PAROLE CHIAVE sistema regionale sanitario; semaglutide; dulaglutide; effectiveness; politica sanitaria.
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Zenti, Maria Grazia. "La LDL-aferesi nella PAD." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, no. 4_suppl (July 23, 2013): S37—S40. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1089.

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Abstract:
La vasculopatia periferica (PAD) rappresenta una delle manifestazioni cliniche della malattia arteriosclerotica sistemica. I fattori di rischio per la PAD sono gli stessi della malattia coronarica (CAD): età, sesso maschile, fumo di sigaretta, dislipidemia e ipertensione arteriosa. Le comuni tecniche di rivascolarizzazione risultano inefficaci in una larga porzione di pazienti diabetici e in pazienti in trattamento emodialitico cronico. Inoltre, l'associazione di macro e microangiopatia con la neuropatia del paziente diabetico favorisce lo sviluppo di ulcere (piede diabetico). La LDL-aferesi (LA) oltre alla riduzione del colesterolo determina anche una serie di effetti pleiotropici (riduzione di sostanze protrombotiche e pro-inflammatorie, modificazioni Teologiche, miglioramento della funzione endoteliale), che promuovono la funzione del microcircolo con un aumento della perfusione dei tessuti periferici oltre che del microcircolo coronarico. In alcuni studi osservazionali e case-report la LA è stata utilizzata come opzione terapeutica nei pazienti con PAD. Tuttavia, le attuali evidenze non ci permettono di arrivare a conclusioni definitive sul ruolo della LA nella PAD, essendo necessari studi clinici con una maggiore casistica, con precisi criteri di inclusione e con un adeguato follow -up. Lo Studio Italiano, Randomizzato, Controllato, Multicentrico e Prospettico: “La LDL-aferesi nel trattamento del Piede Diabetico Ischemico Error! Hyperlink reference not valid. Identifier: NCT01518205; HELP-Apheresis in Diabetic Ischemic Foot Treatment, HADIF) si propone di definire se la LA possa essere una valida opzione terapeutica in questi pazienti a elevato rischio di amputazione.
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Brambilla, Paolo, Emiliano Monzani, Mariella Alessandri, Maria Frova, Corrado Barbui, and Arcadio Erlicher. "Psychotropic drug use in an Italian psychiatric hospital: a two-year follow-up study." Epidemiology and Psychiatric Sciences 8, no. 4 (December 1999): 262–69. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00008174.

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Abstract:
RIASSUNTOScopo - Documentare la possibilità di migliorare la qualità delle prescrizioni di psicofarmaci in una coorte di pazienti ricoverati presso l'ex ospedale psichiatrico di Milano. Disegno - Studio prospettico con follow-up a due anni. La razionalizzazione delle prescrizioni psicofarmacologiche è stata realizzata seguendo criteri generali di uso razionale degli psicofarmaci. Nel corso dei due anni di studio sono stati registrati i cambiamenti nella terapia psicofarmacologica ed eventuali variazioni psicopatologiche rilevate mediante la somministrazione della Brief Psychiatric Rating Scale (BPRS). Setting - Tre reparti dell'ex ospedale psichiatrico «Paolo Pini» di Milano. Principali misure utilizzate - Numero di pazienti in terapia psicofarmacologica, numero di pazienti in politerapia, dosaggio di neurolettico in equivalenti di clorpromazina, and amento psicopatologico. Risultati - Sono stati reclutati 70 pazienti. Al follow-up si è verificata una riduzione del numero dei pazienti in terapia con neurolettici; il numero di pazienti in terapia con due neurolettici si è dimezzato, e nessun paziente assumeva tre neurolettici al termine dello studio. In aggiunta, si è ridotto l'uso di formulazioni depot. Per quanto riguarda gli altri psicofarmaci, il numero di pazienti in terapia con benzodiazepine si è praticamente dimezzato. A fronte di queste modifiche farmacologiche, non si sono evidenziati cambiamenti psicopatologici di rilievo, come documentato dall'and amento dei punteggi alia BPRS. Conclusioni - Questo lavoro evidenzia la possibilità di trasferire nella pratica clinica di routine indicazioni di uso razionale degli psicofarmaci. Viene inoltre suggerita l'utilità di un monitoraggio longitudinale di tutte le pratiche assistenziali e terapeutiche che quotidianamente vengono messe in atto.
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Piccoli, Giorgina Barbara, Martina Ferraresi, Federica Neve Vigotti, and Gerardo Di Giorgio. "Esiste oggi un ruolo per l'emodialisi domiciliare e che cos'è oggi l'emodialisi domiciliare?" Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 26, no. 2 (February 7, 2014): 102–11. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2014.875.

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Abstract:
La crisi economica globale, l'indicazione alla massima deospedalizzazione dei pazienti cronici e le innovazioni nel trattamento dell'uremia cronica sono alla base del rinnovato interesse per trattamenti dialitici “non convenzionali o intensivi”, spesso od obbligatoriamente domiciliari. Un primo punto evidenziato da questa revisione narrativa della letteratura è il superamento dell'antagonismo storico tra emodialisi domiciliare (HHD) e dialisi peritoneale (PD), all'insegna del motto “home dialysis first”: ascrivere il successo di una metodica domiciliare alla competizione con l'altra è riduttivo quanto il considerare che i pazienti ideali per l'HHD siano principalmente i soggetti che hanno dovuto interrompere la dialisi peritoneale. Ciò detto, è possibile scomporre il problema della dialisi domiciliare non solo secondo criteri clinici, ma anche secondo i quattro principi etici di beneficio, non maleficio, giustizia e autonomia. Se il beneficio non è facile da dimostrare, anche per la peculiare selezione dei pazienti, il non maleficio è evidente: in tutti gli studi analizzati, l'emodialisi domiciliare, sia essa standard o quotidiana o intensiva, non risulta mai significativamente inferiore ai trattamenti convenzionali. Il principio della giustizia, inteso in maniera un po' riduttiva come giustizia distributiva, può essere analizzato valutando i costi del trattamento, divisi tra costi diretti (disposable e macchine) e costo del personale medico e infermieristico; il vantaggio economico della riduzione del personale è ovvio, ma va anche ricordato che un sistema domiciliare necessita di una massa critica per essere favorevole dal punto di vista economico e che i costi “indiretti” (struttura ospedaliera in particolare) sono difficili da quantificare. Il quarto principio è l'autonomia dei pazienti: per questo sarebbe necessario offrire l'emodialisi domiciliare a tutti coloro che ne hanno le indicazioni, creando dei Centri di riferimento accessibili, dove i pazienti possano ascoltare il parere di medici, infermieri e pazienti con esperienza specifica.
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Battaglia, P., M. Turri-Zanoni, F. De Bernardi, P. Dehgani Mobaraki, A. Karligkiotis, F. Leone, and P. Castelnuovo. "Septal flip flap per la ricostruzione del basicranio anteriore dopo resezione di tumori nasosinusali: risultati preliminari." Acta Otorhinolaryngologica Italica 36, no. 3 (May 2016): 194–98. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-748.

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Abstract:
Il trattamento chirurgico dei tumori maligni nasosinusali estesi al basicranio anteriore si è evoluto nel corso degli ultimi decenni, passando dalla resezione craniofacciale tradizionale agli approcci endoscopici endonasali. In questi approcci mini-invasivi, il basicranio anteriore viene generalmente ricostruito con tecnica multistrato, utilizzando innesti di materiale autologo (fascia lata o tratto ileo-tibiale), che determinano la produzione di abbondanti crostosità a livello della neocavità chirurgica con conseguente disagio e fastidio per il paziente. In casi selezionati, proponiamo di allestire un lembo di mucopericondrio e mucoperiostio di setto nasale controlateralmente rispetto alla neoplasia, peduncolato sui rami settali delle arterie etmoidali anteriore e posteriore (Septal Flip-Flap, SFF), che può essere ruotato a ricostruire il difetto del basicranio anteriore. Criteri di esclusione per l’allestimento di questo lembo locale sono: tumori con estensione bilaterale ad interessare entrambi i complessi etmoidali; infiltrazione neoplastica del setto nasale e/o del planum sfeno-etmoidale; tumore maligno nasosinusale con istologia potenzialmente multifocale. Nel nostro centro di riferimento di terzo livello, la ricostruzione del basicranio mediante SFF è stata eseguita in 4 pazienti affetti dalle seguenti patologie: teratocarcinosarcoma etmoidale in un caso, persistenza di carcinoma indifferenziato nasosinusale (in esiti di trattamento radio-chemioterapico) in un caso, estesioneuroblastoma della fessura olfattoria in un caso, e carcinoma spinocellulare etmoidale in un caso. Non si sono verificate complicanze intra/post-operatorie, ottenendo il successo della ricostruzione del basicranio nella totalità dei casi. Nel postoperatorio si è osservata una netta riduzione delle crostosità intranasali, con rapida guarigione della neocavità chirurgica. Attualmente, non si sono registrate recidive di malattia, con un follow-up medio di 15 mesi. La ricostruzione del basicranio anteriore mediante SFF si è dimostrata sicura ed efficace, con percentuali di successo elevate, simili a quelle ottenute con altri lembi locali peduncolati. Il SFF garantisce inoltre una maggiore rapidità nel processo di guarigione della plastica del basicranio, con una diminuzione delle crostosità nasali nel postoperatorio e conseguente miglioramento della qualità di vita del paziente. Questa tecnica appare essere valida anche dal punto di vista oncologico per casi estremamente selezionati di tumore maligno nasosinusale. Casistiche più ampie con follow-up a lungo termine sono necessarie per validare i risultati preliminari di questa innovativa e promettente tecnica chirurgica.
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Ursino, S., V. Seccia, P. Cocuzza, P. Ferrazza, T. Briganti, F. Matteucci, L. Fatigante, et al. "Qual è l’effetto della radioterapia sulla funzionalità deglutitoria nei pazienti con tumore del rinofaringe e orofaringe? Risultati a breve termine di uno studio prospettico." Acta Otorhinolaryngologica Italica 36, no. 3 (May 2016): 174–84. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-640.

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Abstract:
In questo lavoro vengono riportati i risultati a breve termine di uno studio prospettico, finalizzato alla valutazione strumentale della funzionalità deglutitoria in pazienti affetti da tumore del rinofaringe e orofaringe sottoposti a trattamento radio o radiochemioterapico con tecnica ad intensità modulata (IMRT). L’ IMRT è stata finalizzata, oltre che al miglioramento della conformazione della dose radiante al volume tumorale, alla riduzione della stessa alle strutture responsabili della deglutizione (SWOARs). I criteri dello studio hanno previsto in tutti i pazienti la valutazione strumentale della deglutizione con Videofluoroscopia (VFS), Fibroscopia Endoscopica della deglutizione (FEES) e Scintigrafia Orofaringea (OPES) prima dell’inizio del trattamento e ad 1 mese dal termine dello stesso. Ogni esame è stato eseguito rispettivamente in seguito all’assunzione di un bolo liquido (L) e semiliquido (SL) e per ognuno sono stati calcolati i seguenti valori strumentali: presenza o meno di caduta pre-deglutitoria, presenza o meno di aspirazione, tempo di transito faringeo (PTT) ed indice di ritenzione ipofaringeo (HPRI). Dal Gennaio 2012 al Giugno 2013, un totale di 20 pazienti ha terminato il trattamento ed ha eseguito la valutazione strumentale a 1 mese dal termine della radioterapia. Il confronto tra i valori dell’HPRI prima e dopo il trattamento radiante ha mostrato un peggioramento significativo sia alla FEES-L (p = 0,021) e SL (p = 0,02) che alla VFS-L (p = 0,008) che SL (p = 0,005). Inoltre è stata riscontrata una significativa correlazione tra i valori dell’HPRI basale ed a 1 mese alla FEES-L e SL (p = 0,005) così come alla VFS-L e SL (p < 0,001). Diversamente, il tempo di transito faringeo (PTT) non è risultato essere influenzato dalla radioterapia (p > 0,2). Solo in pochi pazienti è stata riscontrata la comparsa di caduta pre-deglutitoria ( 1 paziente con tumore della base linguale alla FEES-L e SL) e la presenza di aspirazione (1 paziente con tumore del rinofaringe alla OPES-L e FEES-SL). Nel complesso i risultati iniziali del nostro studio mostrano che l’ IMRT, finalizzata al risparmio delle SWOARs, determina soltanto un significativo incremento della ritenzione di bolo a livello del distretto ipofaringeo. Un follow-up più lungo sarà necessario per valutare se tale incremento sia associato o meno ad un maggior rischio di sviluppare fenomeni di aspirazione tardivi.
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Pellicanò, G., M. Cellerini, and G. Dal Pozzo. "Il ruolo della TC e dell'Angio-TC." Rivista di Neuroradiologia 9, no. 2_suppl (November 1996): 35–43. http://dx.doi.org/10.1177/19714009960090s205.

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Abstract:
La Tomografia Computerizzata, grazie alle continue innovazioni tecnologiche, consente oggi di poter studiare accuratamente le biforcazioni carotidee, in tempi rapidi, con elevata risoluzione spaziale dopo somministrazione a bolo di dosi non elevate di mezzo di contrasto. Le apparecchiature ad acqusizione spirale permettono un ulteriore incremento qualitativo delle immagini e delle successive ricostruzioni. L'esame viene effettuato con strati sottili di 1–3 mm di spessore, con tempi di scansione rapidi ed una quantità totale di contrasto d 100–150 ml. Nel caso di acquisizione con apparecchio spirale l'inizio dell'esame avviene 20 sec dopo il termine della somminitrazione del contrasto a bolo con iniettore. Molteplici sono gli algoritmi ricostruttivi sia multiplanari che tridimensionali; quelli più comunemente usati sono il Multiplanar Reformatting per le ricostruzioni sui vari piani dello spazio, il Maximum Intensity Projection per la ricostruzione esclusivamente delle strutture vascolari, e lo Shaded Surface Display per ottenere immagini tridimensionali. Nel caso di steno-occlusioni aterosclerotiche la TC identifica con precisione la sede della lesione e fornisce importanti informazioni sulla natura della placca:ciò permettere di distinguere le placche calciche, «dure», ad elevata densità da quelle fibrolipidiche, «molli» che risultano ipodense rispetto al lume opacizzato dal contrasto. Nelle placche «miste» entrambe le componenti vengono ben rilevate, cosi come la loro disposizione lungo la parete del vaso. È inoltre agevole l'analisi della superficie endoluminale della placca con la possibilità, in alcuni casi, di evidenziare piccole ulcerazioni superficiali punto di partenza di microemboli. Con TC viene anche misurata la percentuale di stenosi sia applicando i criteri del NASCET, sia come rapporto tra area totale del vaso e area del lume residuo come rapporto tra diametro massimo del vaso e diametro del lume residuo. Le ricostruzioni multiplanari e tridimensionale forniscono la visione longitudinale del vaso ed ulteriori dati sulla disposizione e dimensione dell'ateroma. Anche nel caso di dissecazione carotidea la TC consente il rilievo della lesione e la sua evoluzione nel tempo: nella fase acuta all'esame diretto, l'ematoma sottointimale è leggermente iperdenso; diventa poi isodenso rispetto al lume e per tale motivo il reperto più significativo e quello di riduzione del calibro vasale. La TC è in grado agevolmente di rilevare la presenza di aneurismi e pseudo-aneurismi carotidei nonchè le compressioni ab estrinseco di questi vasi fornendo importanti informazioni sia morfologiche che di natura.
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Mascalchi, M., C. Moroni, M. Bartolucci, C. Gavazzi, and C. Bortolotti. "Diagnostica neuroradiologica nella patologia della loggia cavernosa." Rivista di Neuroradiologia 13, no. 3 (June 2000): 375–86. http://dx.doi.org/10.1177/197140090001300308.

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Abstract:
Il seno cavernoso può essere interessato da patologia neoplastica (primitiva e secundaria), infiammatoria e vascolare. Tutte queste entità, ad esclusione delle fistole carotido-cavernose dirette, si manifestano con una clinica analoga, rendendo la diagnosi dipendente fondamentalmente dalle tecniche di imaging. Attualmente le metodiche più utili nello studio del seno cavernoso sono la tomografia computerizzata e la risonanza magnetica che, con le tecniche di angio-TC ed angio-RM, permettono anche uno studio simil-angiografico della regione di interesse. L'arteriografia selettiva rimane tuttora la tecnica gold standard nello studio delle patologie vascolari (aneurismi della carotide interna e fistole carotido-cavernose). La flebografia sovraorbitaria trova attualmente utilizzo esclusivo nella diagnosi della sindrome di Tolosa Hunt con RM negativa e talvolta nella terapia endovascolare di fistole artero-venose. I tumori primitivi più frequenti sono i meningiomi, mentre i neurinomi del seno cavernoso sono estremamente rari. I meningiomi insorgono dal rivestimento durale del seno e si manifestano, sia alla TC che alla RM, come lesioni ben delimitate con un'impregnazione precoce, intensa ed omogenea. I neurinomi del seno cavernoso possono derivare dal III, dal IV, dal V o dal VI nervo cranico e possono insorgere primitivamente nel seno cavernoso o, più frequentemente, negli spazi cisternali interessando il seno sviluppandosi lungo il nervo. La diagnosi differenziale deve essere posta soprattutto tra il meningioma ed il macroadenoma ipofisario a sviluppo laterosellare (il più frequente tumore secondario). Il principale criterio riguarda l'interessamento della carotide interna che viene frequentemente stenotizzata dai meningiomi, mentre può essere circondata e dislocata dai macroadenomi, senza però apprezzare significative riduzioni del suo lume. Il seno cavernoso può essere interessato per contiguità anche da due neoplasie della base cranica: il carcinoma del rinofaringe ed il cordoma. Le metastasi del seno cavernoso si possono instaurare per via ematogena, liquorale o perineurale. Determinano generalmente aumento di volume del seno, non hanno un segnale RM caratteristico e devono essere messe in diagnosi differenziale con le patologie infiammatorie. Queste comprendono la sindrome di Tolosa Hunt e le affezioni granulomatose croniche (sarcoidosi, granulomatosi di Wegener). La prima è caratterizzata da dolore retroorbitario, paralisi dell'oculomotore ed iperestesia trigeminale sostenute da un'infiammazione del seno ad eziologia sconosciuta. Le immagini di RM possono essere del tutto negative ed in tali casi può essere utile per raggiungere la diagnosi la flebografia. Un valido criterio diagnostico per le patologie infiammatorie è rappresentato dalla drammatica remissione della sintomatologia e del quadro radiologico in seguito a terapia steroidea. Gli aneurismi della carotide interna sono classificati in base alle dimensioni: se di diametro superiore ai 2,5 cm vengono definiti giganti. Questi hanno parete trombizzata, scarsa tendenza alla rottura e si manifestano clinicamente con sintomi da compressione dei nervi che decorrono nella parete od all'interno del seno cavernoso. Nella diagnosi di queste formazioni la semeiotica TC e RM, tra loro complementari, rivestono un ruolo importante. Il criterio fondamentale è però dato dalla dimostrazione della natura vascolare della lesione, ottenibile con le tecniche di angio-TC e angio-RM e l'arteriografia selettiva. Le fistole carotido-cavernose dirette sono anomale comunicazioni ad alto flusso tra la carotide interna ed il seno cavernoso Sono caratterizzate da una presentazione clinica improvvisa ed imponente e sono facilmente valutabili con TC, angio-TC, RM, angio-RM ed arteriografia digitale. Le fistole carotido-cavernose indirette corrispondono a fistole arterovenose durali ed hanno di solito una clinica sfumata ed un decorso subdolo. La loro diagnosi con TC, angio-TC, RM ed angio-RM è più difficile essendo spesso i reperti suggestivi di tali condizioni rappresentati solo da una dilatazione della vena orbitaria di drenaggio. L'arteriografia oltre a confermare la diagnosi rappresenta anche l'indagine indispensabile per la programmazione terapeutica endovascolare o chirurgica.
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Monaci, Massimiliano. "L'innovazione sostenibile d'impresa come integrazione di responsabilitŕ e opportunitŕ sociali." STUDI ORGANIZZATIVI, no. 2 (April 2013): 26–61. http://dx.doi.org/10.3280/so2012-002002.

Full text
Abstract:
Le concezioni e le prassi di responsabilitŕ sociale d'impresa (CSR, corporate social responsibility) che si sono affermate sino a tempi molto recenti riflettono prevalentemente una logica reattiva, incentrata sulla necessitŕ delle aziende di rilegittimarsi nei confronti dei loro stakeholder corrispondendo alla richiesta di riduzione e prevenzione dei costi sociali legati all'attivitŕ d'impresa (degrado ecologico, disoccupazione conseguente a ristrutturazioni, ecc.). Tuttavia l'attuale periodo, anche per le incertezze e questioni poste dalla crisi economica, rappresenta una fase singolarmente feconda per andare oltre questo approccio adattivo e raccogliere la sfida di una visione piů avanzata della dimensione sociale dell'agire d'impresa come innovazione sostenibile. Tale modello si basa sulla valorizzazione di beni, risorse ed esigenze di significato sociale ed č indirizzato alla creazione di valore integrato - economico, umano-sociale e ambientale - nel lungo termine. La caratteristica centrale di questo profilo d'impresa č la tendenza a operare in maniera socialmente proattiva, sviluppando un'attitudine a cogliere o persino anticipare le direzioni del cambiamento sociale con i suoi bisogni e problemi emergenti e facendo sě che l'integrazione di obiettivi economici e socio-ambientali nei processi strategico-produttivi si traduca in fattore di differenziazione dell'offerta di mercato e in una reale fonte di vantaggio competitivo. Nel presente lavoro si indica la praticabilitŕ di un simile modello riferendosi ai risultati di una recente indagine condotta su un campione di dieci imprese italiane, eterogenee per dimensioni, collocazione geografica, fase del ciclo di vita e settori di attivitŕ, che si estendono da comparti tradizionali (come quelli alimentare, edilizio, sanitario, dell'arredamento e della finanza) a campi di piů recente definizione e a piů elevato tasso di cambiamento tecnologico (quali l'ingegneria informatica, la comunicazione multimediale, il controllo dei processi industriali e il risanamento ambientale). La logica di azione di queste organizzazioni sembra ruotare intorno a una duplice dinamica di "valorizzazione del contesto": da un lato, l'internalizzazione nella strategia d'impresa di richieste e al contempo di risorse sociali orientate a una maggiore attenzione per l'ambiente naturale, per la qualitŕ della vita collettiva nei territori, per i diritti e lo sviluppo delle persone dentro e fuori gli ambienti di lavoro; dall'altro lato, la capacitŕ, a valle dell'attivitŕ di mercato, di produrre valore economico e profitti generando anche valore per la societŕ. Nei casi analizzati č presente la valorizzazione delle risorse ambientali, che si esprime mediante la riprogettazione di prodotti e processi e politiche di efficienza energetica di rifornimento da fonti di energia rinnovabile, raccordandosi con nuove aspettative sociali rispetto alla questione ecologica. Č coltivato il valore umano nel rapporto spesso personalizzato con i clienti e i partner di business ma anche nella vita interna d'impresa, attraverso dinamiche di ascolto e coinvolgimento che creano spazi per la soddisfazione di svariati bisogni e aspirazioni che gli individui riversano nella sfera lavorativa, aldilŕ di quelli retributivi. C'č empowerment del "capitale sociale" dentro e intorno all'organizzazione, ravvisabile specialmente quando le condotte d'impresa fanno leva su risorse relazionali e culturali del territorio e si legano a meccanismi di valorizzazione dello sviluppo locale. Troviamo inoltre il riconoscimento e la produzione di "valore etico" per il modo in cui una serie di principi morali (quali la trasparenza, il mantenimento degli impegni, il rispetto di diritti delle persone) costituiscono criteri ispiratori dell'attivitŕ di business e ne escono rafforzati come ingredienti primari del fare impresa. E c'č, naturalmente, produzione di valore competitivo, una capacitŕ di stare e avere successo nel mercato che si sostiene sull'intreccio di vari elementi. Uno di essi coincide con l'uso della leva economico-finanziaria come risorsa irrinunciabile per l'investimento in innovazione, piuttosto che in un'ottica di contenimento dei costi relativi a fattori di gestione - come la formazione - che possono anche rivelarsi non immediatamente produttivi. Altrettanto cruciali risultano una serie di componenti intangibili che, oltre alla gestione delle risorse umane, sono essenzialmente riconducibili a due aspetti. Il primo č lo sviluppo di know-how, in cui la conoscenza che confluisce nelle soluzioni di business č insieme tecnica e socio-culturale perché derivante dalla combinazione di cognizioni specializzate di settore, acquisite in virtů di una costante apertura alla sperimentazione, e insieme di mappe di riferimento e criteri di valutazione collegati alla cultura aziendale. L'altro fattore immateriale alla base del valore competitivo consiste nell'accentuato posizionamento di marchio, con la capacitŕ di fornire un'offerta di mercato caratterizzata da: a) forte specificitŕ rispetto ai concorrenti (distintivi contenuti tecnici di qualitŕ e professionalitŕ e soprattutto la corrispondenza alle esigenze dei clienti/consumatori e al loro cambiamento); b) bassa replicabilitŕ da parte di altri operatori, dovuta al fatto che le peculiaritŕ dell'offerta sono strettamente legate alla particolare "miscela" degli altri valori appena considerati (valore umano, risorse relazionali, know-how, ecc.). Ed č significativo notare come nelle imprese osservate questi tratti di marcata differenziazione siano stati prevalentemente costruiti attraverso pratiche di attenzione sociale non modellate su forme di CSR convenzionali o facilmente accessibili ad altri (p.es. quelle che si esauriscono nell'adozione di strumenti pur importanti quali il bilancio sociale e il codice etico); ciň che si tratti - per fare qualche esempio tratto dal campione - di offrire servizi sanitari di qualitŕ a tariffe accessibili, di supportare gli ex-dipendenti che avviano un'attivitŕ autonoma inserendoli nel proprio circuito di business o di promuovere politiche di sostenibilitŕ nel territorio offrendo alle aziende affiliate servizi tecnologici ad alta prestazione ambientale per l'edilizia. Le esperienze indagate confermano il ruolo di alcune condizioni dell'innovazione sostenibile d'impresa in vario modo giŕ indicate dalla ricerca piů recente: la precocitŕ e l'orientamento di lungo periodo degli investimenti in strategie di sostenibilitŕ, entrambi favoriti dal ruolo centrale ricoperto da istanze socio-ambientali nelle fasi iniziali dell'attivitŕ d'impresa; l'anticipazione, ovvero la possibilitŕ di collocarsi in una posizione di avanguardia e spesso di "conformitŕ preventiva" nei confronti di successive regolamentazioni pubbliche in grado di incidere seriamente sulle pratiche di settore; la disseminazione di consapevolezza interna, a partire dai livelli decisionali dell'organizzazione, intorno al significato per le strategie d'impresa di obiettivi e condotte operative riconducibili alla sostenibilitŕ; l'incorporamento strutturale degli strumenti e delle soluzioni di azione sostenibile nei core-processes organizzativi, dalla ricerca e sviluppo di prodotti/ servizi all'approvvigionamento, dall'infrastruttura produttiva al marketing. Inoltre, l'articolo individua e discute tre meccanismi che sembrano determinanti nei percorsi di innovazione sostenibile osservati e che presentano, per certi versi, alcuni aspetti di paradosso. Il primo č dato dalla coesistenza di una forte tradizione d'impresa, spesso orientata sin dall'inizio verso opzioni di significato sociale dai valori e dall'esperienza dell'imprenditore-fondatore, e di apertura alla novitŕ. Tale equilibrio č favorito da processi culturali di condivisione e di sviluppo interni della visione di business, da meccanismi di leadership dispersa, nonché da uno stile di apprendimento "incrementale" mediante cui le nuove esigenze e opportunitŕ proposte dalla concreta gestione d'impresa conducono all'adozione di valori e competenze integrabili con quelli tradizionali o addirittura in grado di potenziarli. In secondo luogo, si riscontra la tendenza a espandersi nel contesto, tipicamente tramite strategie di attraversamento di confini tra settori (p.es., alimentando sinergie pubblico-private) e forme di collaborazione "laterale" con gli interlocutori dell'ambiente di business e sociale; e al contempo la tendenza a includere il contesto, ricavandone stimoli e sollecitazioni, ma anche risorse e contributi, per la propria attivitŕ (p.es., nella co-progettazione dei servizi/prodotti). La terza dinamica, infine, tocca piů direttamente la gestione delle risorse umane. Le "persone dell'organizzazione" rappresentano non soltanto uno dei target destinatari delle azioni di sostenibilitŕ (nelle pratiche di selezione, formazione e sviluppo, welfare aziendale, ecc.) ma anche, piů profondamente, il veicolo fondamentale della realizzazione e del successo di tali azioni. Si tratta, cioč, di realtŕ organizzative in cui la valorizzazione delle persone muove dagli impatti sulle risorse umane, in sé cruciali in una prospettiva di sostenibilitŕ, agli impatti delle risorse umane attraverso il loro ruolo diretto e attivo nella gestione dei processi di business, nella costruzione di partnership con gli stakeholder e nei meccanismi di disseminazione interna di una cultura socialmente orientata. In tal senso, si distingue un rapporto circolare di rinforzo reciproco tra la "cittadinanza nell'impresa" e la "cittadinanza dell'impresa"; vale a dire, tra i processi interni di partecipazione/identificazione del personale nei riguardi delle prioritŕ dell'organizzazione e la capacitŕ di quest'ultima di generare valore molteplice e "condiviso" nel contesto (con i clienti, il tessuto imprenditoriale, le comunitŕ, gli interlocutori pubblici, ecc.). In conclusione, le imprese osservate appaiono innovative primariamente perché in grado di praticare la sostenibilitŕ in termini non solo di responsabilitŕ ma anche di opportunitŕ per la competitivitŕ organizzativa. Questa analisi suggerisce quindi uno sguardo piů ampio sulle implicazioni strategiche della CSR e invita a riflettere su come le questioni e i bisogni di rilievo sociale, a partire da quelli emergenti o acuiti dalla crisi economica (nel campo della salute, dei servizi alle famiglie, della salvaguardia ambientale, ecc.), possano e forse debbano oggi sempre piů situarsi al centro - e non alla periferia - del business e della prestazione di mercato delle imprese.
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Minisola, Salvatore, Viviana De Martino, and Marco Occhiuto. "Osteoporosi premenopausale." L'Endocrinologo, February 2, 2023. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-023-01205-w.

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Abstract:
SommarioL’osteoporosi premenopausale viene definita come un’osteoporosi a insorgenza prima della fisiologica cessazione della funzione gonadica, in assenza di qualsiasi causa identificabile che possa sottendere la riduzione della densità minerale ossea. Vi sono infatti numerose malattie, condizioni oppure farmaci che sono in grado di determinare una riduzione della densità minerale ossea non solo nella donna in premenopausa ma anche nella donna in postmenopausa e nel soggetto di sesso maschile. La reale prevalenza dell’osteoporosi premenopausale non è chiara, principalmente perché non vi è accordo unanime sui criteri diagnostici. Il percorso diagnostico non differisce da quello che viene utilizzato nelle altre malattie metaboliche dello scheletro. Per ciò che concerne la terapia, è necessario fornire ai pazienti un adeguato apporto di calcio e vitamina D, suggerire una dieta bilanciata soprattutto per quanto riguarda l’apporto proteico e consigliare, infine, un’adeguata attività fisica. Nei casi in cui è opportuno impostare una terapia farmacologica, occorre dare la preferenza ai farmaci a emivita breve in considerazione della fertilità delle pazienti. Infine, è necessario un coordinamento con specialisti di numerose branche della medicina per la migliore gestione di queste giovani malate.
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Scalella, Roberto. "Cefalea cervicogenica e manipolazioni vertebrali." Journal of Advanced Health Care, August 9, 2019. http://dx.doi.org/10.36017/jahc1908-001.

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Abstract:
Una revisione scrupolosa della letteratura scientifica più attuale, ed un confronto attento tra i più accreditati studi clinici, con lo scopo di individuare criteri diagnostici e terapeutici basati sulle migliori evidenze disponibili (EBD) “Evidence Based approach” necessari al riconoscimento, trattamento e gestione della cefalea cervicogenica (CH). La correlazione tra disfunzione cervicale e cefalea cervicogenica è un noto dato clinico già da qualche anno, e diversi studi anche meno recenti come quelli di Nilson (2004), Haas. (2010), pur essendo tra loro eterogenei nei metodi, lo hanno dimostrato. Considerando l’assunto di base che la terapia manuale, anche se in maniera empirica, sia sempre stata parte integrante del trattamento di alcune cefalee e in generale delle cervicalgie, l’articolo intende focalizzare l’attenzione sugli studi del Dottor James Dunning (presidente e fondatore di AAMT American Academy of Manipulative Therapy) e del suo gruppo di lavoro tra cui il collega italiano Dr. Firas Mourad (tra i massimi esperti in tecniche manipolative HVLA), i quali si distinguono dagli altri studi per specificità degli obiettivi e qualità metodologica. Dr. Dunning e colleghi in uno Studio del 2016 hanno evidenziato come in particolare alcune tecniche di manipolazione spinale “High Velocity Low Amplitude Thrust Manipulation (HVLA)” eseguite da Fisioterapisti specializzati su determinati distretti cervicali e toracici, risultino di maggior efficacia nel trattamento della CH rispetto all’utilizzo di altre tecniche terapeutiche “classiche” come quelle di mobilizzazione e/o esecuzione di esercizi. Efficacia dimostrata non solo dalla significativa riduzione dell’intensità della cefalea (obiettivo primario dello studio) ma anche dalla riduzione della disabilità, della frequenza degli episodi e riduzione della durata degli stessi (obiettivi secondari). Lo studio di Dunning (2016) può essere considerato oggi tra le migliori evidenze disponibili su cui basarsi per riconoscere e trattare in modo incisivo questo tipo di cefalea in quanto risulta attualmente l’unico studio ad aver messo a confronto diretto l’efficacia di tecniche di manipolazione (HVLA) rispetto ad altre tecniche terapeutiche nella gestione delle CH. Tutto ciò ha un impatto importante sia sulle scelte formative post-laurea che sulla pratica professionale del Fisioterapista il quale, perseguendo un modello di cura virtuoso, deve poter formulare strategie terapeutiche personalizzate basate sul miglior rapporto costo-efficacia del trattamento, ed evitare che il paziente si sottoponga a cicli terapeutici lunghi nei tempi, confusi nei metodi e spesso inefficaci.
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Araújo, Antônio Nelson Alencar de, and Marcos Alexandre Casimiro de Oliveira. "Valutazione dei parametri della sindrome metabolica dopo bypass gastrico Roux-y." Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, November 3, 2020, 92–106. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/salute/sindrome-metabolica-dopo.

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Abstract:
Introduzione: L’obesità patologica è caratterizzata da uno stato di insulino-resistenza ed è spesso associata alla sindrome metabolica, aumentando la mortalità generale e cardiovascolare. A causa dei risultati insoddisfacenti nel trattamento convenzionale in specifici gruppi di pazienti, l’intervento invasivo è un’alternativa. Tuttavia, può essere indicato, soprattutto in situazioni in cui il paziente ha grave obesità o obesità morbosa. Obiettivo: Il presente studio mira a valutare i cambiamenti nei parametri della sindrome metabolica dopo la chirurgia bariatrica. Metodologia: Si tratta di una revisione integrativa della letteratura eseguita attraverso ricerche nei database Scielo, LILACS e PUBMED utilizzando i seguenti descrittori di scienze della salute controllate (DeCS): Chirurgia bariatrica, bypass gastrico, obesità e sindrome metabolica. I criteri di inclusione erano: articoli in inglese o portoghese, testo per intero, pubblicazioni nel periodo 2009-2019 in formato articolo che ha affrontato il tema descritto. Sono state escluse le pubblicazioni duplicate, gli articoli che non hanno approfondito il tema dopo aver letto i rispettivi abstract e articoli che non soddisfano gli obiettivi di questo studio. Risultati: Secondo l’analisi dei risultati, è stata osservata una riduzione dell’86,1% nella prevalenza della sindrome metabolica; 65,3% nell’ipertensione arteriosa e 84,2% nella glicemia a digiuno alterata. Si può osservare una normalizzazione della circonferenza addominale nel 35,4% dei pazienti, un aumento del 35,8% nei livelli di HDL e alti valori di trigliceridi. Tra i risultati ottenuti, l’aumento di HDL non ha ottenuto grande rilevanza, così come la diminuzione della circonferenza addominale. Conclusione: Lo studio ha mostrato una relazione positiva tra la chirurgia bariatrica e i parametri della sindrome metabolica. I risultati presentati sono stati favorevoli quando la chirurgia è stata associata a uno stile di vita sano e fattori che contribuiscono alla gestione efficace di questa condizione nella maggior parte dei casi analizzati. Tuttavia, il follow-up multiprofessionale, in particolare per le cure mediche, nutrizionali e psicologiche, è essenziale per avere un impatto positivo sulla qualità della vita di questi pazienti.
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