Academic literature on the topic 'Costituzionalismo politico'

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Journal articles on the topic "Costituzionalismo politico"

1

Rubino, Francesco. "Costituzionalismo e governamentalismo." DESC - Direito, Economia e Sociedade Contemporânea 2, no. 1 (October 4, 2019): 184–205. http://dx.doi.org/10.33389/desc.v2n1.2019.p184-205.

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Abstract:
Questo saggio analizza le origini della definizione di governance e tenta di stabilire le linee di sviluppo e applicazione del stesso concetto. La dialettica tra costituzionalismo (visione, interpretazione, prospettive delle regole del gioco politico-legale) e governamentalismo (tentativo di semplificare la complessità delle democrazie contemporanee) è alla base della teoria del governo come forma specifica e imperfetta di governance (sopra) dell'economia.
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2

Rusconi, Gian Enrico. "QUALE «DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE»? LA CORTE FEDERALE NELLA POLITICA TEDESCA E IL PROBLEMA DELLA COSTITUZIONE EUROPEA." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 27, no. 2 (August 1997): 273–306. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200024837.

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Abstract:
IntroduzioneLa Germania offre una interessante versione contemporanea dello «Stato costituzionale» o della «democrazia costituzionale» con le sue tipiche tensioni tra responsabilità politica parlamentare e giustizia costituzionale. Un esempio tanto più istruttivo in quanto si pone all'incrocio tra la tradizione tedesca dello «Stato di diritto» e la tendenza ad un «nuovo costituzionalismo» che suscita crescente attenzione nelle scienze politiche e giuridiche.Ma c'è di più. La centralità del ruolo della Germania in Europa fa sì che questa problematica si proietti sulla costruzione politico-costituzionale dell'Unione europea. L'istituzionalizzazione dell'Europa politica e la semplice ipotesi di una Costituzione europea rimettono in gioco i concetti classici di popolo, sovranità, statualità e legittimazione democratica e aggiornano i dilemmi del costituzionalismo e della Costituzione come statuto delle libertà, come contratto politico e come forma di governo. In questa ottica il progetto europeo acquista i tratti di una democrazia o Stato costituzionale tutto da esplorare, per il quale il modello tedesco diventa molto istruttivo.
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3

Claudio, Viazzi. "Alla ricerca dei veri giacobini. Magistratura, sistema politico, modello costituzionale." QUESTIONE GIUSTIZIA, no. 6 (February 2011): 7–29. http://dx.doi.org/10.3280/qg2011-006002.

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Abstract:
1. Crisi della giustizia: una pluralitŕ di letture scisse tra loro2. Strategia dell'inefficienza, processi riformatori "personalizzati" e modello costituzionale: esiste un nesso?3. La riforma della Costituzione: crisi del modello o crisi della politica?4. Le due piste del costituzionalismo moderno: Rousseau e Locke5. Dove stanno allora i giacobini?6. L'insopprimibile politicitŕ della giurisdizione7. Ruolo del giudice e interpretazione del diritto8. Una conclusione provvisoria.
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4

Manfrelotti, Raffaele. "Il governo europeo della moneta e le sfide del costituzionalismo contemporaneo." ECONOMIA PUBBLICA, no. 1 (February 2022): 105–15. http://dx.doi.org/10.3280/ep2022-001006.

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Abstract:
L'articolo si propone di considerare una questione centrale relativa all'assetto degli ordinamenti contemporanei, ossia la tensione tra il principio democratico ed il governo dell'economia, calando questa tematica generale nell'alveo più specifico del rapporto tra la Banca Centrale Europea e le altre Istituzioni Comunitarie. Si sostiene la tesi che sia illusoria la veste di pretesa neutralità della BCE, laddove quest'ultima, in quanto Autorità che ha come missione fondamentale quella di garantire la stabilità dei prezzi, tende a porsi come un sistema di regolazione a-politica del sistema economico. Detto sistema obbedisce ad una lex mercatoria che si pone in antitesi rispetto alla realizzazione del programma sociale posto dalla Carta, esigendo la rinuncia ad alcuni strumenti decisionali di carattere politico che, nel disegno costituzionale, rispondevano a logiche diverse. In questa ottica la nascita del SEBC segna una nuova fase del costituzionalismo politico, perché la sua introduzione pone come una sorta di metavalore la stabili-tà economica e finanziaria. Ciò implica che non siano previsti limiti positivi alle sue capacità decisionali ad opera - ad esempio - del Parlamento Europeo, in modo tale da circoscrivere la ricaduta delle scelte compiute sulle posizioni soggettive riconosciute alla persona dagli ordinamenti nazionali e dallo stesso sistema europeo. Sulla base di queste premesse, la conclusione dell'articolo non è nel senso di una anacronistica riduzione del ruolo della Banca Europea, bensì nel senso di puntualizzare come la principale sfida del costituzionalismo contemporaneo consista nello sforzo di ricondurre i processi decisionali che coinvolgono il governo europeo della moneta ai meccanismi della responsabilità politica e alle garanzie delle posizioni soggettive della persona
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5

Balestra, Anna, and Raul Caruso. "Le società benefit in Italia. Tra bene comune e identità." ECONOMIA PUBBLICA, no. 1 (February 2022): 117–39. http://dx.doi.org/10.3280/ep2022-001007.

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Abstract:
L'articolo si propone di considerare una questione centrale relativa all'assetto degli ordinamenti contemporanei, ossia la tensione tra il principio democratico ed il governo dell'economia, calando questa tematica generale nell'alveo più specifico del rapporto tra la Banca Centrale Europea e le altre Istituzioni Comunitarie. Si sostiene la tesi che sia illusoria la veste di pretesa neutralità della BCE, laddove quest'ultima, in quanto Autorità che ha come missione fondamentale quella di garantire la stabilità dei prezzi, tende a porsi come un sistema di regolazione apolitica del sistema economico. Detto sistema obbedisce ad una lex mercatoria che si pone in antitesi rispetto alla realizzazione del programma sociale posto dalla Carta, esigendo la rinuncia ad alcuni strumenti decisionali di carattere politico che, nel disegno costituzionale, rispondevano a logiche diverse. In questa ottica la nascita del SEBC segna una nuova fase del costituzionalismo politico, perché la sua introduzione pone come una sorta di metavalore la stabilità economica e finanziaria. Ciò implica che non siano previsti limiti positivi alle sue capacità decisionali ad opera - ad esempio - del Parlamento Europeo, in modo tale da circoscrivere la ricaduta delle scelte compiute sulle posizioni soggettive riconosciute alla persona dagli ordinamenti nazionali e dallo stesso sistema europeo. Sulla base di queste premesse, la conclusione dell'articolo non è nel senso di una anacronistica riduzione del ruolo della Banca Europea, bensì nel senso di puntualizzare come la principale sfida del costituzionalismo contemporaneo consista nello sforzo di ricondurre i processi decisionali che coinvolgono il governo europeo della moneta ai meccanismi della responsabilità politica e alle garanzie delle posizioni soggettive della persona
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Buchanan, James M. "Public Choice After the Revolutions: 1989–91*." Journal of Public Finance and Public Choice 10, no. 2 (October 1, 1992): 93–101. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907539455.

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Abstract:
Abstract La Public Choice è nata durante un periodo di intenso conflitto ideologico ed è maturata parallelamente al declino dell’ideale collettivista-marxista dell’ordine politico ed economico. In quella fase la Public Choice ha avuto un ruolo centrale nel fornire gli elementi necessari alia comprensione dei fallimenti del processo politico.Buchanan ritiene che, nell’attuale fase post-socialista, le maggiori prospettive della Public Choice risiedano nella sua variante di costituzionalismo economico, in una riflessione attenta alia struttura istituzionale-costituzionale entro cui la politica ha luogo. In quest’ottica una prospettiva evoluzionista sembra essere promettente. I teorici di Public Choice dovrebbero espandere il loro campo di indagine al di là dei limiti comportamentali imposti dal modello economico tradizionale: non necessariamente gli operatori pubblici sono spinti da obiettivi loro propri, ma è la struttura della politica in cui essi operano che li costringe ad agire in maniera contraria all’interesse pubblico, pena la stessa sopravvivenza politica. Ne consegue quindi la necessità di spostare l’analisi sulle caratteristiche delle strutture nel cui ambito vengono operate le scelte.
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Holcombe, Randall G. "The Origin of the Legislature *." Journal of Public Finance and Public Choice 11, no. 1 (April 1, 1993): 3–18. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907539572.

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Abstract:
Abstract I due modi di produzione della legge sono la legislazione e l’evoluzione basata sull’interpretazione innovativa della legislazione preesistente.Il presente scritto confronta questi due modi, prendendo come esempio la legislazione dell’antica Roma, nella quale vigeva in origine il sistema evolutivo, che dovette tuttavia cedere il passo all’attività legislative man mano che l’espansione imperiale romana rendeya urgente l’introduzione di nuove normative. A fronte del vantaggio della rapidità nella elaborazione normativa, e quindi della maggior flessibilità del sistema giuridico, il «costo» della legislazione era costituito dalla rinuncia alia stabilità del sistema giuridico, con possibili influenze di carattere politico e serie conseguenze inintenzionali dei provvedimenti legislativi.Proprio per evitare tale costo si è sviluppato il moderno costituzionalismo, che si può quindi considerare una conseguenza del concetto di legislazione che ha avuto origine nel senato romano.
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Dogliani, Mario. "Costituzionalismo intransigente, costituzionalismo indignato e cinismo costituzionale di fronte al dilemma: la democrazia fondata sulla politica organizzata č una causa persa?" DEMOCRAZIA E DIRITTO, no. 1 (October 2012): 15–25. http://dx.doi.org/10.3280/ded2012-001002.

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9

Trampus, Antonio. "Democrazia e democrazie: torsioni politiche e re-­invenzioni nel costituzionalismo mediterraneo." SOCIETÀ E STORIA, no. 175 (April 2022): 139–44. http://dx.doi.org/10.3280/ss2022-175008.

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Abstract:
Questo contributo discute, sulla base del volume Re-imagining Democracy in the Mediterranean 1780-1860, il problema della periodizzazione e il problema della coerenza dello spazio mediterraneo all'interno dei percorsi della democrazia tra XVIII e XIX secolo.
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Cattaneo, Fabrizio. "Democrazia costituzionale." DESC - Direito, Economia e Sociedade Contemporânea 2, no. 2 (February 21, 2020): 110–26. http://dx.doi.org/10.33389/desc.v2n2.2019.p110-126.

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Abstract:
Il saggio si focalizzerà sull’analisi del rapporto tra costituzione e democrazia, innanzitutto sotto un profilo teorico ricostruendo il modello della democrazia costituzionale secondo alcune delle più autorevoli linee di pensiero del costituzionalismo contemporaneo. La natura della democrazia costituzionale è infatti, come si cercherà di argomentare, innanzitutto concettuale, e designa un modello teorico che in parte fornisce elementi per una conoscenza analitica, in parte dà indicazioni normative alle costituzioni democratiche positive dei regimi politici contemporanei e agli embrioni di costituzioni democratiche delle istituzioni politiche sovranazionali come l’Unione Europea e l’Organizzazione delle Nazioni Unite. Il saggio si articolerà in due parti. La prima sarà dedicata alla ricostruzione del modello teorico della democrazia costituzionale, come si è detto seguendo alcune delle più autorevoli linee di pensiero del costituzionalismo contemporaneo: nello specifico ripercorrendo e ricostruendo sommariamente le teorie di Norberto Bobbio e Luigi Ferrajoli. La seconda parte sarà dedicata all’osservazione storico-empirica della ‘divaricazione deontica’ (Ferrajoli) tra il modello teorico e la realtà, cioè la distanza che si può osservare tra modello teorico e le costituzioni formali e ‘materiali’ dei regimi politici fondati su tale modello. Senza ovviamente pretendere minimamente un’analisi esaustiva, si tenterà di rintracciare una linea evolutiva (o involutiva?) nell’arco temporale che va dalla nascita delle democrazie costituzionali con costituzione rigida e forma di governo democratica, (sostanzialmente dunque dalla fine della seconda guerra mondiale) ai nostri giorni.
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Dissertations / Theses on the topic "Costituzionalismo politico"

1

TOSCANO, VINCENZO. "LO STATO DELLA CHIESA TRA DIRITTO INTERNO E INTERNAZIONALE NELLA PRIMA METÀ DELL'OTTOCENTO. LA FIGURA E IL PENSIERO POLITICO DI PELLEGRINO ROSSI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2022. http://hdl.handle.net/2434/926213.

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Abstract:
La prima parte dell’Ottocento ha rappresentato un momento cruciale per il contesto europeo, costretto in un primo momento a fare i conti con le ultime conseguenze della grande ventata rivoluzionaria, e poi – direttamente – con il figlio più spregiudicato di quest’ultima; quel petit diable arrivato dalla Corsica e divenuto imperatore. Anni in cui lo Stato della Chiesa vive alcuni dei momenti più delicati della sua esistenza (basti pensare all’annessione diretta all’impero francese o alla deportazione di Pio VII), senza avere la forza materiale per opporsi a tali vicissitudini. Il lavoro compiuto dai rappresentanti europei a Vienna, durante l’omonimo Congresso, tenta di attuare un “forzato” e precario ritorno al passato, che si rivelerà incapace di resistere allo spirito dei nuovi tempi. Lo Stato pontificio – questa la nuova denominazione adottata dopo la grande adunanza del 1814-1815 (quasi a voler eliminare quell’aura di sacralità destinata a diventare sempre più scomoda nei decenni successivi) – si trova dinanzi all’impellente bisogno di riorganizzare il proprio apparato istituzionale, consapevole di non poter cancellare definitivamente la parentesi degli anni appena trascorsi. In un secolo che vedrà la definitiva scomparsa del dominio temporale dei papi, quanto appena detto è soltanto una delle sfide con cui lo Stato dell’Italia centrale è chiamato a confrontarsi. Tali eventi infatti, si susseguono in uno scenario internazionale in continua evoluzione, dove anche le grandi potenze sono spesso chiamate a confrontarsi con eventi inattesi, ma sempre attente alle dinamiche dell’equilibrio e al bilanciamento degli interessi in gioco. Per una realtà che non è semplicemente un’entità statale, ma anche centro dell’orbe cattolico e sede del successore di Pietro, accettare di stravolgere la propria “natura” non è affatto semplice. Consentire l’accesso dei laici ai vertici della burocrazia, istituire organismi “realmente” rappresentativi, o pensare di promulgare una Carta fondamentale, continua ad essere per anni un ricorrente miraggio. Anche se da più fronti riecheggia la necessità di portare un ammodernamento all’amministrazione interna dello Stato, sul versante amministrativo, economico, e soprattutto giudiziario, sembra trionfare – quasi sempre – la linea dell’intransigenza e dell’immobilità. A volte si interviene, è vero, ma più per compiacenza che per reale convinzione, dovendo tener conto di pressioni interne ed esterne. Spinte talvolta provenienti dal malcontento sempre più diffuso, talvolta dall'ingerenza dei grandi Stati europei. Il presente lavoro di ricerca, si è posto dunque l’obiettivo di analizzare le principali vicende (specialmente giuridiche) – interne ed esterne – che hanno coinvolto lo Stato della Chiesa nella prima metà dell’Ottocento. Un percorso sviluppato lungo molteplici direttrici, partito dallo sfondo dei grandi eventi storici di questi anni, e intrecciatosi con le vicende di alcuni grandi protagonisti: pontefici, segretari di Stato, capi di governo, monarchi. Uno sguardo gettato non solo sul fronte interno, ma anche su quello internazionale. Capire come Roma provi a gestire le proprie relazioni estere in un contesto sovranazionale che in questi decenni vede sorgere nuovi Stati (si prenda l’esempio rappresentato dal Belgio), assiste a mutamenti rilevanti (si pensi alla Francia del 1830, con l’inizio della monarchia orleanista, o all’indipendenza raggiunta dai Paesi del sud America), o a forti dispute dinastiche (come avviene nella Penisola iberica), è importante per capire come essa debba confrontarsi anche con governi che, a seconda dei casi, assumono caratteri marcatamente conservatori o con forti tendenze liberali. E per quanto sia naturale l’inclinazione, o se vogliamo la “vicinanza” della Curia romana verso posizioni reazionarie, ciò non significa che i rapporti con potenze come Russia o Austria, rimangono sempre idilliaci. Tuttavia, quella appena descritta, non è stata l’unica linea seguita nello sviluppo della presente ricerca. Quasi a voler procedere su due binari paralleli, ci si è soffermati anche sulla figura e sul pensiero politico di uno dei giuristi più rilevanti della prima metà del secolo: Pellegrino Rossi. Giurista certo, anche se tale espressione non basta per racchiudere la grandezza di un “figlio italiano”, nato e vissuto quando l’Italia unita ancora non esisteva. Molto è stato già detto, o meglio scritto, su questo poliedrico personaggio, e sulla sua vita spesa tra l’Italia, la Svizzera, la Francia e poi nuovamente nella Penisola, impegnato presso la corte romana come rappresentante francese, e poi come ministro di sua santità. Eppure, proprio tali aspetti sono stati utili per lo svolgimento del presente lavoro, guardando a sfumature meno indagate, ma di assoluto rilievo. Tali sono stati ad esempio i momenti più rilevanti trascorsi dal Rossi in terra elvetica (in quanto membro del Consiglio rappresentativo di Ginevra e inviato alla Dieta di Lucerna del 1832), o i maggiori interventi tenuti presso la camera dei Pari a Parigi, tra il 1840 e il 1844. Lo stesso dicasi per le delicate vicende che coinvolsero il giurista durante il suo incarico presso la corte papale, o la particolare congiuntura storica in cui assunse l’incarico di ministro dell’interno di Pio IX. Proprio qui, prima nei panni di ambasciatore, e poi come perno del nuovo governo nato nel settembre 1848, il poliedrico italiano avrebbe cercato di scuotere lo Stato romano dal suo torpore, per trainarlo verso un assetto più moderno e realmente costituzionale.
The first part of the nineteenth century was a crucial moment for the European context, which was first forced to reckon with the last consequences of the great revolutionary wave, and then - directly - with France's most unscrupulous son; that petit diable arrived from Corsica and become emperor. In these years the Papal States experienced some of the most delicate moments of their existence (suffice it to think of the direct annexation to the French Empire or the deportation of Pius VII), without having the material strength to oppose such vicissitudes. The work carried out by the European representatives in Vienna, during the famous Congress, attempts to implement a “forced” and precarious return to the past, which will prove to be incapable of withstanding the spirit of the new times. The Papal State - this was the new denomination adopted after the great meeting of 1814-1815 (as if to eliminate the aura of sacredness destined to become increasingly uncomfortable in the following decades) - was faced with the urgent need to reorganise its institutional apparatus, aware that it could not definitively cancel the parenthesis of the years that had just passed. In a century that will see the disappearance of the temporal dominion of the popes, it was only one of the challenges with which the State of central Italy was called to confront. In fact, these events took place in a constantly evolving international scenario, where even the great powers were often called upon to deal with unexpected events, but were always attentive to the dynamics of balance and the balancing of interests at stake. For a reality that is not only a state entity, but also the centre of the Catholic world and the seat of the successor of Peter, accepting to change its “nature” is not easy. Allowing lay people access to the upper echelons of the bureaucracy, setting up “truly” representative bodies, or thinking of promulgating a fundamental charter, has been a recurring mirage for years. Although the need to modernise the internal administration of the State is echoed on many fronts, on the administrative, economic and, above all, judicial fronts, the line of intransigence and immobility seems to triumph almost always. It is true that action is sometimes taken, but more out of complacency than real conviction, having to take account of internal and external pressures. Pressure that sometimes comes from increasingly widespread discontent, sometimes from the interference of the large European states. The aim of this research work was therefore to analyse the main (especially legal) events - internal and external - that involved the Church State in the first half of the nineteenth century. A path developed along multiple lines, starting from the background of the great historical events of recent years, and intertwined with the vicissitudes of some great protagonists: popes, secretaries of state, heads of government, monarchs. A look not only at the domestic front, but also at the international one. Understanding how Rome tries to manage its foreign relations in a supranational context that in recent decades has seen the emergence of new states (e.g. Belgium), significant changes (e.g. France in 1830, with the beginning of the Orleanist monarchy, or the independence achieved by the countries of South America), or strong dynastic disputes (e.g. the Iberian Peninsula), is important to understand how it must also deal with governments that, depending on the case, take on markedly conservative characteristics or with strong liberal tendencies. Despite the Roman Curia's natural inclination, “closeness” to reactionary positions, relations with powers such as Russia or Austria don’t remain idyllic. However, the line just described was not the only one followed in the development of this research. As if wishing to proceed on two parallel tracks, we have also focused on the figure and political thought of one of the most important jurists of the first half of the century: Pellegrino Rossi. A jurist of course, although this expression is not enough to encapsulate the greatness of an “Italian son”, born and raised when united Italy did not yet exist. Much has already been said, or rather written, about this multifaceted character, and about his life spent between Italy, Switzerland, France and then back on the peninsula, working at the Roman court as a French representative, and then as a minister of His Holiness. And yet these aspects have been precisely useful in this work, looking at lesser-known but absolutely important aspects. These were, for example, the most important moments Rossi spent in Switzerland (as a member of the Geneva Representative Council and as an envoy to the Diet of Lucerne in 1832), or the major speeches he made at the Chamber of Peers in Paris between 1840 and 1844. The same can be said about the delicate events that involved the jurist during his tenure at the papal court. It was here, first as ambassador, and then as the pivot of the new government formed in September 1848, that the multifaceted Italian tried to shake the Roman State out of its torpor and pull it towards a more modern and truly constitutional order.
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Bozzon, Matteo. "Quali concetti politici e giuridici per una "costituzione" dell'Europa?" Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2017. http://hdl.handle.net/11577/3422802.

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Abstract:
This work critically confronts some of the most significant contributions to the political-philosophical and juridical debate over the “constitution” of Europe since the 1990s. The aim of this inquiry is to analyze and problematize the juridical and philosophical categories that have been proposed in attempts to conceive of the constitution beyond the State. I begin by inquiring into a conviction – widespread in jurisprudence, political sciences, sociology and philosophy – that the European Union is characterized by processes which can no longer be captured by relying on the political and juridical categories proper of modern national States. To fulfill the task of re-thinking the European constitution, scholars have brought two concepts into the spotlight: “political unity” and democratic legitimation. I turn this aforementioned approach around, seeking first to answer the question in the title: Which political and legal concepts need to be considered for a “constitution” of Europe? This question will be taken up from the perspective of historical-conceptual analysis. Such an approach is concerned primarily with the concepts and values that underpin the Constitution and its procedure, taking as secondary an analysis of constitutional mechanisms. Each chapter of the thesis is mainly dedicated to a single author except for the fourth, which is dedicated to an established theory. The first two chapters revisit the so-called Grimm-Habermas debate of the mid-90s, named after its most prominent voices, constitutionalist Dieter Grimm and philosopher Jürgen Habermas. Based also on the most recent developments in this debate, these chapters will inquire into Habermas’ and Grimm’s positions on the European Constitution against the backdrop of their analyses of modern constitutionalism and democratic legitimacy. Dieter Grimm’s contribution on the European Constitution has been correlated both with his historical conceptual inquiries on the genesis of modern constitutionalism and with the topic of the “future of the constitution” in light of the erosion of the national State. The aim of this analysis is to determine the structural link between the modern Constitution and the national State, as it represents the primary obstacle to translating the categories into a Constitution beyond the State. If unity is essentially part of the modern Constitution in relation to its function of constituting and limiting political power, the obstacle to project it into a constitution which has States as its members consists in the impossibility of conserving the plurality and individuality of different political subjects, while simultaneously producing their union. Chapter 2 addresses Jürgen Habermas’ contribution on the European Constitution from the point of view of Habermas’ masterpiece Fact and Norms (1992). I argue that Habermas’ attempt to rethink political identity and democratic citizenship at the European level is a sort of extension of his analysis in Facts and Norms, because his use of the notion of “solidarity among strangers” represents an attempt to find a new dimension for those categories (or for the political participation) within the post-national constellation. Moreover, Habermas’ recent appeal to the concept of “divided sovereignty” and “pouvoir constituant mixte” in theorizing a federal non-statal community reveals (in)consistencies when coupled with the assumption of democratic self-determination. Chapter 3 is dedicated to Ingolf Pernice’s theorization of the Verfassungsverbund. On one hand, the chapter individuates the positive elements of Pernice’s theory of constitutionalism (multilevel structure/plurality, dynamicity, etc.), for these elements avoid any reduction of this form of constitutionalism both to statal constitutionalism, and to alternative forms such as the Staatenverbund. On the other hand, my analysis shows the difficulties that arise from grounding this model on a social contract-like theory, especially if at bottom there is a pact among citizens and not the constitution of the body politic. Chapter 4 inquires into those attempts to rethink the political union within the EU which move from the political and juridical category of “Bund”. Olivier Beaud’s contribution to develop the category of federation also receives a critical analysis, for it clearly insists on the necessity of categories which radically differ from those proper of the State to conceive of politics at the European level. Only radically new categories can help in attributing political dimension to a plurality of subjects whose aim is grounding a new horizon of political action through their political participation. Towards this aim, a relevant role is assumed by the “contractual” dimension of politics and law. This chapter demonstrates why such theories must meet the challenge of relativizing the category of democratic legitimation at the European level; their challenge consists instead in re-thinking the political command not in terms of modern representation. Only this new form of command can warrant the political character of the members constituting a Union, whilst affirming a form of control over it.
Attraverso il confronto critico con alcuni dei contributi più significativi emersi all’interno del vastissimo dibattito sulla “costituzione” dell’Europa a partire dagli inizi degli anni ’90 dello scorso secolo, il presente lavoro intende offrire un’analisi riflessiva delle categorie che sono state messe in campo per cercare di (ri)pensarla. Punto di partenza del lavoro è la problematizzazione dell’opinione diffusa e largamente condivisa nell’ambito degli studi giuridici, ma anche, politologici, storico-sociali e filosofici, secondo cui i processi in atto che determinano la realtà dell’Unione Europea presentano un carattere in larga parte inedito e non decifrabile sulla base degli schemi categoriali che hanno avuto come proprio referente privilegiato lo Stato (nazionale) moderno. Per cercare di comprendere da un punto di vista filosofico-politico l’integrazione europea e la sua “costituzione”, è stata rivolta attenzione particolare ai concetti di unità politica e di legittimazione democratica. Su di essi si è focalizzato il presente contributo al fine di provare a rispondere all’interrogativo posto dal titolo (Quali concetti politici e giuridici per una “costituzione” dell’Europa?). La modalità di indagine impiegata è stata di tipo storico-concettuale. Essa non intende muoversi immediatamente sul piano dei meccanismi costituzionali, bensì su quello dei concetti e dei valori, che stanno alla base della costituzione e delle sue procedure. Il lavoro si suddivide in quattro capitoli, ciascuno dei quali è dedicato principalmente ad un autore o, nel caso dell’ultimo capitolo, ad una ben precisa linea interpretativa. I primi due capitoli propongono una rivisitazione complessiva di quello che è stato presto chiamato Grimm-Habermas debate, che a metà degli anni Novanta ha visto come protagonisti il filosofo Jürgen Habermas e il costituzionalista Dieter Grimm. Il tentativo intrapreso nell’ambito del presente lavoro è quello di situare la loro riflessione sull’Europa, anche alla luce dei più recenti sviluppi, nel contesto più ampio della loro riflessione su temi quali il costituzionalismo moderno e la questione della legittimazione democratica. Nel caso di Grimm (Capitolo I), i contributi sull’Europa sono stati posti in risonanza sia con le sue indagini storico-concettuali sulla genesi del costituzionalismo moderno sia con la questione del “futuro della costituzione” alla luce dei processi di erosione della statalità. L’obiettivo è stato di determinare il nesso che lega strutturalmente la costituzione moderna allo Stato e di individuare le difficoltà che derivano da una proiezione dei concetti tradizionali oltre di esso. Se la cifra unitaria connota la costituzione moderna in relazione alla sua funzione, l’ostacolo principale a una sua proiezione oltre lo Stato consiste nell’impossibilità di pensare a una pluralità di soggetti politici. Nel caso di Jürgen Habermas (Capitolo II), i contributi sull’Europa del filosofo tedesco sono interpretati in relazione ad alcuni degli snodi teorici del capolavoro del 1992, Fatti e norme, su cui fa leva il suo sforzo di ripensare il tema dell’identità e della cittadinanza democratiche a livello europeo nell’ambito della costellazione postnazionale mediante la valorizzazione del concetto di solidarietà tra estranei. La proposta recente di concetti come quelli di “sovranità (con)divisa” e “pouvoir constituant mixte” per pensare una comunità federale sovranazionale non-statale è analizzata nella sua (in)consistenza con l’assunzione dell’idea di autodeterminazione democratica. Il capitolo III è dedicato alla teoria del Verfassungsverbund nella configurazione che esso ha assunto nella riflessione del “giurista europeo” Ingolf Pernice. Per un verso, sono stati individuati gli elementi che connotano positivamente questo tipo di costituzionalismo (“multilivellarità”/pluralità, dinamicità ecc.), tali da renderlo differente e irriducibile sia al costituzionalismo statale, sia a costruzioni dottrinarie alternative quali quella dello Staatenverbund. Per altro verso, si è mostrata la difficoltà di pensarlo sulla base del modello del contratto sociale specie se alla base si situa la dimensione dell’accordo tra cittadini. Il quarto ed ultimo capitolo è dedicato a quei tentativi di ripensare l’Europa oltre lo Stato che hanno assunto come punto privilegiato di riferimento la categoria di Bund. In un tale contesto teorico, analizzato sulla scorta del contributo di Olivier Beaud in particolare, si presenta l’esigenza di pensare la politica e il diritto sulla base di premesse radicalmente diverse da quelle solitamente adottate nell’ambito dello Stato e che risultano necessarie per poter pensare produttivamente ad una pluralità di soggetti politici che intendono dare vita, attraverso la loro partecipazione, ad un nuovo orizzonte comune di interazione. In tal senso, viene ad assumere un ruolo di primo piano la dimensione pattizia come dimensione costitutiva della politica e del diritto. Si è cercato dimostrare perché la questione che pone una modalità di intendere la politica di questo tipo non è quella di una sua legittimazione democratica, bensì, se si intende garantire il carattere politico delle parti e la possibilità del controllo, di indurre ad un ripensamento del comando politico che non può essere inteso come comando rappresentativo.
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Sole, De Cristofaro Maria. "I diritti fondamentali nel rapporto tra giudice e legislatore nei paesi del Commonwealth." Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/2158/1184056.

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Abstract:
Il tema del rapporto tra giudici e legislatore è di grande attualità, in quanto, notano alcuni, racchiude in sé “gli aspetti di fondo che caratterizzano l’evoluzione delle democrazie contemporanee: dall’equilibrio tra i poteri dello Stato, al rapporto tra legittimazione democratica e altri nuovi tipi di legittimazione, all’evoluzione del sistema delle fonti normative, agli stessi criteri identificativi di ciò che è diritto e ciò che non lo è.” Queste tensioni sono particolarmente avvertite anche nei paesi di matrice anglosassone – specialmente quando si tratta di diritti fondamentali. In particolare, il problema si pone in termini di legittimazione dei giudici a decidere della validità o meno di una legge adottata dai rappresentanti del corpo elettorale perchè contrastante con uno o più diritti fondamentali. Tale critica è stata sollevata per la prima volta negli Stati Uniti d’America, patria del sindacato giurisdizionale di costituzionalità delle leggi, e ha preso il nome di “counter-majoritarian difficulty” (o anche “counter-majoritarian dilemma”). Questa parte della dottrina americana muove aspre critiche a tale potere di controllo delle leggi - in particolare, alla possibilità di disapplicarle ove non passino il vaglio giudiziale - perché operato da soggetti (i giudici) sprovvisti di legittimazione democratica. Alla luce di ciò, si è notato come nel mondo anglo-sassone la tutela dei diritti si articola in due modelli principali: il modello parlamentare (“parliamentary rights protection”), che si riconduce alla più ampia corrente del costituzionalismo politico, e il modello giurisdizionale (“court-based rights protection”), che invece afferisce al costituzionalismo giuridico. Il lavoro intende quindi a verificare quale è e in che modo si articola la tutela effettiva dei dirtti fondamentali, concentrando l’attenzione sul dovere di interpretazione conforme e sull’approccio giudiziale a tale nuovo obbligo. Tramite l’esame della giurisprudenza della Nuova Zelanda, del Regno Unito e dell’Australia tenteremo di verificare lo stato della tutela dei diritti fondamentali nei tre paesi e chi, tra giudici e legislatore, ha davvero l’ultima parola in materia.
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RIDOLFI, Andrea. "La rappresentanza politica nel costituzionalismo italiano ed europeo dal 1848 alla crisi dello Stato liberale." Doctoral thesis, 2004. http://hdl.handle.net/11573/446010.

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NANIA, FEDERICO. "I diritti fondamentali nel costituzionalismo britannico tra common law e principi europei." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11573/1204133.

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Abstract:
La tesi di dottorato affronta anzitutto - attraverso un'analisi di carattere storico della vicenda inglese di common law - la questione dei tratti specifici che hanno caratterizzato la concezione dei diritti fondamentali nell'esperienza del Regno Unito nonché la loro applicazione ad opera delle corti. La parte centrale del lavoro riguarda l'influenza che su tale assetto costituzionale ha esercitato il processo di integrazione sovranazionale, con particolare riferimento alla incorporazione della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo nell'ordinamento nazionale attraverso lo Human Rights Act (HRA). Il tema della relazione tra tradizione di common law e principi europei viene svolto esaminando la giurisprudenza della Corte Europea riguardante il Regno Unito e l'applicazione nelle fattispecie della nozione del margine di apprezzamento. Si esamina altresì l'applicazione da parte delle corti domestiche delle regole dello Human Rights Act con particolare riferimento alla regolala del "taking into account". Particolare attenzione è dedicata altresì alla disposizione della sezione 4 dello HRA che introduce lo strumento della "declaration of incompatibility". Si da conto del dibattito scientifico in ordine al rafforzamento che tali strumenti decisionali avrebbero determinato sul ruolo dei giudici nell'ambito della tutela dei dritti a discapito dello stesso postulato fondamentale della sovereignty of parliament. In questo contesto si inserisce l'istituzione della Uk Supreme Court che - anche in forza delle innovazioni normative volte a sancire l'indipendenza dal potere legislativo- ha portato ad un progressivo accostamento dell'ordinamento inglese agli ordinamenti a costituzione scritta. Si evidenzia infine, con riferimento alla più recente giurisprudenza della Supreme Court, il perdurante attaccamento dei giudici inglesi ai principi di common law in materia di diritti fondamentali che in qualche caso sostituiscono il richiamo ai principi di matrice convenzionale convenzionali.
This ph.D dissertation stresses the consequences of the incorporation of the ECHR into Uk law effected by the Human Rights Act (HRA). The first part of the research concern with the historical development of british common law relating protection of the liberties and rights until the conceptualization of the rule of law principle and the differences with continental tradition. The second part consider the subscription of the European Convention on Human rights by the Uk and the debate about the incorporation from the first proposal until the approval of the HRA 1998. Therefore, the aim of the research is to determine if the incorporation realizes a homogenization between english constitutional system and european constitutional tradition, with special attention to the traditional features of british common law tradition as the rule of law and the sovereignty of Parliament. The relationship between common law and european principles is also examined through the decisions of the European Court relating the UK and the application of the Human Rights Act by english courts. Especially the relationship between European Court and english courts is taken into consideration due to the application of section 2 HRA, which establishes the duty to “take into account” the decisions of the European Court when a convention right is concerned. The focus is then on section 4 which introduces a mechanism similar to a constitutional review of legislation (the declaration of incompatibility) which gives courts the power to declare the incompatibility between a statute or an act of parliament and a right protected by the Convention. Also the institution of the Uk Supreme Court seems to lead to a convergence with written constitution countries. Though the incorporation had a very important impact on the british constitution, the most important cases decided by the Uk Supreme Court show that common law is still the preferred instrument used by the courts.
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Books on the topic "Costituzionalismo politico"

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L'ideologia dei robins nella Francia dei Lumi: Costituzionalismo e assolutismo nell'esperienza politico-istituzionale della magistratura di antico regime, 1715-1788. Napoli: Edizioni scientifiche italiane, 2003.

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2

Borsi, Luca. Classe politica e costituzionalismo: Mosca, Arcoleo, Maranini. Milano: Giuffr'e, 2000.

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3

Borsi, Luca. Classe politica e costituzionalismo: Mosca, Arcoleo, Maranini. Milano: Giuffrè, 2000.

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4

Magrin, Gabriele. Condorcet, un costituzionalismo democratico. Milano: F. Angeli, 2001.

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5

Magrin, Gabriele. Condorcet: un costituzionalismo democratico. Milano: F. Angeli, 2001.

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6

Manti, Franco. Locke e il costituzionalismo: Etica, politica, governo civile. Genova: Name, 2004.

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7

Russa, Angelo La. Gaspare Ambrosini: L'uomo, il politico, il costituzionalista. Palermo: L'epos, 2007.

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8

Lannutti, Giancarlo. Lucio Luzzatto: L'attività politica e l'impegno di costituzionalista. Udine]: Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione, 1996.

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9

Moschella, Giovanni. Rappresentanza politica e costituzionalismo: Teoria e giurisprudenza costituzionale : un'analisi comparatistica. Rimini: Maggioli, 1999.

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10

Vittorio Alfieri e il costituzionalismo: Tra politica, teatro e letteratura. Alessandria: Edizioni dell'Orso, 2021.

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