Dissertations / Theses on the topic 'Costiera'

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SOLE, FRANCESCO MARIA. "Valutazione della vulnerabilità delle coste della Sardegna a fenomeni di erosione ed inondazione dovuti all'impatto degli eventi estremi meteo-marini." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2016. http://hdl.handle.net/11584/266637.

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Abstract:
The main goal of this work is to provide a regional assessment of the coastal vulnerability of Sardinian sandy beaches to storm impacts. To do this we have assessed the geomorphic coastal vulnerability taking into account the intensity of storm induced hazards and the adaptation capacity of the system. The methodology aplied allows to calculate quantitatively -in a separate manner- the erosion and inundation hazards induced by the storms associated to a given probability of occurrence. The practical application of this method is to provide information that allows stakeholders to manage resource allocation and mitigate consequences. This framework has been developed by covering the following steps:(i). Define forcing conditions for the Sardinian coast using a storm classification method; to obtain this we have divided the Sardinian coast in 4 different sectors. For each sector storm events have been defined from hindcast wave data obtained for the period between 1979-2012. (ii) Find out the induced beach response to each storm class measured by the quantification of the flooding and erosion hazards. In each sector sandy beaches have been characterized in terms of their slope, height, widht and grain size. (iii) Estimation of a coastal vulnerability index formulated in terms of these two intermediate variables by means of a linear function that ranges from a minimum value of 0 (optimum state) to a maximum of 1 (failure state), defining 5 qualitative categories (Very Low, Low,. Medium, High, Very High). (iv) Assessment and mapping of the coastal vulnerability index along different sectors of the island. In terms of prospective analysis we have built a projected timeline of beach hazard based on existing storm data fitted into an extreme probability function. Once the probability of occurrence of the flooding and erosion hazards has been assessed and a risk level defined by the stakeholders, the spatial distribution of vulnerabilities associated to selected probability level will permit to "robustly" compare areas along the coast to identify the most endangered zones.
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Buonocore, Annalisa. "Varietà dialettali microareali della Costiera Amalfitana." Frankfurt, M. Berlin Bern Bruxelles New York, NY Oxford Wien Lang, 2007. http://d-nb.info/992818079/04.

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GALIANO, ILARIA CINZIA. "Caratterizzazione idrogeologica dell'area costiera di Arborea." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2015. http://hdl.handle.net/11584/266588.

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Abstract:
This work aims to the hydrogeologica l characterization of the Bonifica d i Arborea coastal area, an interesting site on the hydrogeologica l , geological and also historical and geographical point of view. Agricultural practices that rely on the use of fertilizers and cattle manure for enhancing soil productivity, accompanied by the intensive use of groundwater resources, have made this area particularly vulnerable to nitrate contamination,and pursuant to the Regional Government resolution n. 1/12 of 18/01/2005, the Bonifica d i Arborea has been designated as a Nitrate Vulnerable Zone (ZVN). The nitrate contamination of the shallow aquifer was studied and very high levels of this pollutant was founded. These studies revealed that this area is geologically and stratigraphica l very complicated, then a geological survey has been carried out. Vertical Electrical Soundings (VES) and statigraphies was used for this purpose, they have been implemented with ArcGIS10. It allowed to know the domain of the shallow aquifer, and in particular his bottom, identified with the first clay level. It was studied the hydrodynamics of the aquifer with Surfer 8, and the issues confirmed the geological survey results. Finally two geological sections have been drown with Adobe Illustrator Artwork 13.0
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Maistrello, Giuseppe. "Erosione costiera: modellazione numerica di Cesenatico ponente." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2022.

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Abstract:
In questa attività di tesi si è affrontato il problema dell’erosione costiera considerando come sito d’interesse il tratto della costa Emiliano romagnola di Cesenatico ponente. Lo studio sviluppa delle modellazioni di profili e tratti di spiaggia con il fine di valutare la variazione di questi a fronte di mareggiate caratteristiche di scenari climatici estremi di medio e lungo termine per tempi di ritorno differenti. Si pone come obbiettivo anche quello di valutare possibili differenze denotabili tra modellazione monodimensionale e bidimensionale. Inoltre, in questo studio, si effettuano delle valutazioni di possibili interventi di ripascimento. Tali interventi sono messi in atto sui profili monodimensionali per effettuarne una modellazione numerica che ha il fine di valutarne anche in tal caso la risposta rispetto agli scenari climatici, quantificando l’entità di erosione ed inondazione che può subire tale tratto costiero. Per effettuare tale attività si è fatto uso dei software Qgis, matlab e Delft3D per l’elaborazione dei dati, mentre per la modellazione numerica si è utilizzato il modello numerico XBeach. Nel seguente elaborato finale si è effettuato un richiamo teorico dei concetti riguardanti l’idraulica marittima, successivamente si sono riportati nel dettaglio le caratteristiche principali che riguardano il sito di Cesenatico ponente, rendendolo nel quadro costiero regionale un sito ad alto rischio. Si sono trattate poi le attività operative di elaborazione, modellazione ed interpretazione dei risultati, insieme ad una trattazione delle caratteristiche del modello numerico XBeach e del software Delft3D.
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Mazzucato, Arianna <1985&gt. "Erosione costiera e tutela dell'ambiente: profili normativi." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4990.

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Abstract:
Con il presente elaborato, si è preso in considerazione il problema dell’erosione costiera che da 50 anni a questa parte ha acquisito una crescente attenzione dovuta al fatto che, per fattori sia naturali che antropici, sta provocando un realistico degrado dell’ambiente costiero. Lo sviluppo e lo sfruttamento della fascia costiera ha portato i legislatori, sia locali che internazionali, a sviluppare normative non solo con finalità di protezione dell’ambiente ma anche a regolamentare le diverse modalità per risolvere il problema dell’erosione. Si è cercato, perciò, di fornire un'analisi del quadro normativo comprendendo tutti i livelli giuridici, ovvero regionale, nazionale, europeo e internazione, in merito ai metodi di risoluzione del problema sopra citato, per i quali si riscontrano delle divergenze normative. L'obiettivo primario è quello di fornire al lettore le modalità dell'intervento dell'uomo finalizzate a ripristinare una situazione ormai critica avvalendosi di un complesso di principi e norme che stabiliscono regole di comportamento per gli Stati al fine di realizzare la tutela dell’ambiente e l’uso equilibrato delle risorse naturali in un contesto di sviluppo economico e sociale. La trattazione del problema dell’erosione costiera è inizialmente finalizzata a definire quali fattori sono coinvolti a scatenare la preoccupazione del crescente degrado ambientale che coinvolge i litorali europei ma soprattutto quelli italiani in quanto l’Italia è lo Stato europeo con maggiori siti di balneazione, seguito da Francia, Spagna e Grecia. I siti balneabili italiani sono i più controllati d’Europa perché di fatto il nostro Paese ha, da oltre venti anni, adottato i criteri più restrittivi della direttiva europea che ha finora disciplinato il settore, in termini di conformità dei siti balneari ai valori guida dei parametri microbiologici espressamente regolamentati. Dopo aver definito il problema, vengono ampiamente descritti i metodi di difesa attuati, in particolar modo il metodo dei rinascimenti, nei quali viene dedicato un intero capitolo a definire come Unione Europea, Italia, Regioni ed Enti Locali, adottino i principi della concertazione e dell’integrazione fra le diverse amministrazioni pertinenti in materia. Per ottemperare agli obiettivi prefissati, si sono, dunque, illustrate e analizzate le specifiche tecnico-normative inerenti la movimentazione dei sedimenti marini, essendo la tematica delicata per i rischi ambientali connessi, nell’ottica di un eventuale riutilizzo ai fini di ripascimento artificiale delle spiagge.
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Sanfilippo, Francesca. "Monitoraggio da dati in situ e telerilevati delle proprietà ottiche delle acque costiere dell’Adriatico a supporto della gestione costiera." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amslaurea.unibo.it/7901/.

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Abstract:
Il presente lavoro è stato finalizzato all’analisi delle caratteristiche spettrali delle acque sia da dati in situ che telerilevati, attraverso l’implementazione di algoritmi semi-empirici e modelli bio-ottici dedicati. Inoltre prende in considerazione la correzione delle immagini ottiche per la mappatura delle concentrazioni del particellato sospeso per osservarne la distribuzione nelle acque costiere dell’Alto Adriatico. Le acque costiere sono caratterizzate da un'alta variabilità di proprietà ottiche che dipende dalle specifiche ambientali e stagionali, dai processi idrodinamici e dalle componenti che contiene. Lo studio della dinamica di dispersione del materiale totale sospeso, analizzato in questo lavoro, è stato possibile proprio grazie alle proprietà ottiche del particellato sospeso che, assieme alla clorofilla, è annoverato tra le sostanze otticamente attive. E’ stata svolta un’analisi pluriennale al fine di valutare quali fossero i diversi fattori che influenzano le dinamiche e la distribuzione del particellato sospeso presente nelle acque costiere nell’area prospiciente il delta del Po. La dinamica di dispersione del materiale sospeso in acque superficiali è modulato da variazioni spazio-temporali legate a diversi fattori, tra i quali sono stati considerati l’influenza dell’apporto fluviale del Po e il contributo derivante da diverse condizioni meteomarine. L’analisi effettuata e i risultati ottenuti sono un contributo preliminare a supporto di una gestione costiera, e può fornire una visuale d’insieme dei principali fattori che determinano la presenza di materiale sospeso nella regione costiera esaminata. Tali informazioni sono utili ad una gestione più informata al fine di ridurre gli impatti legati alla presenza di materiale sospeso nelle acque dell’area presa in esame. Le attività svolte sono incluse nel progetto CYAN IS WAS all’interno del programma esecutivo sulla cooperazione scientifica e tecnologica tra la Repubblica d’Italia e il Regno di Svezia per gli anni 2010-2013 e nell’ambito del progetto bandiera RITMARE.
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Marcato, Silvestre. "Speciazione del cromo nei sedimenti di una laguna costiera." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amslaurea.unibo.it/3225/.

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Abstract:
Il presente lavoro di tesi ha affrontato le problematiche legate alla speciazione del cromo in particolare i rischi legati alla forma esavalente che risulta particolarmente tossica per gli organismi acquatici. Sono state svolte diverse prove per la messa appunto di una metodica standar dell’US EPA “Method 3060A” indicata per l’estrazione selettiva del Cr(VI) in campioni di sedimento e suolo. Un set di campioni provenienti da sedimenti della laguna costiera della Pialassa della Baiona sono stati analizzati per quantificare i livelli cromo environmentally available, previa dissoluzione in acqua regia, e livelli di cromo esavalente per valutare l’eventuale rischio per il biota acquatico. Sia i livelli di concentrazione di cromo environmentally available confrontati con le linee guida internazionali che i livelli di cromo e Cr(VI) paragonati ai livelli di effetto ritrovati in letteratura non mostrano un potenziale rischio per gli organismi bentonici. I bassi valori di cromo esavalente sono in accordo con le condizioni riducenti tipiche di ambienti di transizione come quello di studio dove la forma chimica del cromo predominante sembra essere quella trivalente. La metodica seguita per la determinazione del cromo esavalente ha diversi limiti rappresentati dall’azione di interferenti quali AVS, Fe(II) e materia organica naturalmente presenti nei sedimenti, per questo procede ancora la ricerca di analisi di speciazione più selettive.
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Ellero, Alberto <1981&gt. "Prosopografia economica della Venetia costiera: riflessi politici e sociali." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2010. http://hdl.handle.net/10579/981.

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9

Toniato, Giulia <1992&gt. "Archeologia costiera. Fenomeni di degrado lungo le coste del Mediterraneo." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/9960.

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Abstract:
In questo lavoro vengono presentate le principali caratteristiche dell’archeologia costiera, disciplina che può essere definita come un settore integrativo sia per l’archeologia terrestre sia per quella subacquea e che si pone come obiettivo lo studio dell’area litoranea. Ambiente complesso e fortemente dinamico, la costa necessita di essere studiata attraverso un approccio di tipo diacronico e multidisciplinare, in modo da indagare le relazioni tra azioni e reazioni umane e ambientali. Inoltre, vengono analizzati i diversi fattori, di origine naturale e/o antropica, che possono determinare la degradazione dei siti archeologici localizzati in prossimità del mare; tra questi fenomeni, l’erosione rappresenta il problema che maggiormente interessa l’archeologia costiera ed è aggravata, negli ultimi anni, dai cambiamenti climatici in atto. Per comprendere come l’innalzamento del livello del mare, gli apporti/asporti sedimentari, i fenomeni estremi e violenti, come tsunami e uragani, l’attività erosiva e gli interventi antropici influiscano sul territorio costiero, sono stati studiati, quali esempi, alcuni importanti siti archeologici situati lungo le coste di Libia, Egitto, Turchia, Israele e Italia.
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Franceschini, Iolanda. "Analisi di fragilità di strutture ricettive della zona costiera dell'Emilia-Romagna." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021.

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Abstract:
Il presente lavoro si è concentrato sulle strutture ricettive presenti sulla riviera romagnola, con lo scopo di individuare ed analizzare le caratteristiche costruttive che maggiormente influenzano il comportamento sotto sisma. Attraverso indagini statistiche dei dati ISTAT si è cercato individuare una classe di strutture ricettive tipologiche caratteristiche del territorio analizzato, in termini di tipologia costruttiva, epoca di costruzione e numero di piani fuori terra. La struttura ricettiva analizzata è una struttura mista, situata nel Comune di Bellaria – Igea Marina. Di tale struttura è stata eseguita una modellazione a macroelementi con il software 3MURI, rispettando la geometria e i valori dei parametri meccanici degli elementi che la compongono, realizzando diversi modelli con diverse variazioni, sia riguardanti i valori dei parametri meccanici del calcestruzzo armato che quelli della muratura. Sono state eseguite le analisi pushover, dalle quali sono state ottenute le curve di capacità in termini di forza – spostamento, successivamente è stato eseguito il confronto tra lo spostamento ultimo e lo spostamento richiesto, valutato con un metodo modificato (metodo di Guerrini), fino ad arrivare alla costruzione delle curve di fragilità che, in funzione dei diversi livelli di scuotimento del terreno, definiti secondo l’accelerazione massima al suolo (PGA), consentono di valutare la probabilità di superamento di fissati livelli di danno.
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Cecchetti, Nicoletta. "Indagini molecolari per l'identificazione di batteri solfato riduttori in una laguna costiera." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/5917/.

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Abstract:
Questo lavoro di tesi fa parte di un piano monitoraggio sulla Pialassa dei Piomboni coordinato dal Centro Interdipartimentale di Ricerca per le Scienze Ambientali (CIRSA, Università di Bologna) il cui scopo è stato quello di valutare la presenza di batteri solfato-riduttori (sulphatereducing bacteria SRB) in questa laguna costiera sia nell'acqua che nei sedimenti. Lo sviluppo di odori sgradevoli che avviene periodicamente nella Pialassa dei Piomboni ha fatto sorgere la necessità di verificare l'eventuale presenza di questi batteri. La Pialassa dei Piomboni è una laguna costiera a nord della citta di Ravenna. Si tratta di un'area in evidente stato di degrado a causa di pesanti interventi di antropizzazione e industrializzazione che stanno determinando forti problemi di inquinamento. La qualità dell’acqua di tale bacino risente infatti dei numerosi scarichi inquinati provenienti dal polo industriale e portuale, e di ingenti carichi trofici di origine agricola che entrano in laguna soprattutto attraverso l'idrovora di San Vitale. Questi input di nutrienti stimolano la proliferazione fitoplanctonica, la quale aumenta l'input di materiale organico sul fondo con conseguente riduzione della disponibilita di ossigeno e cambiamento nella struttura dei popolamenti bentonici. L'ipossia che ne consegue determina la diffusione di batteri in grado di degradare anaerobicamente la materia organica, quali ad esempio i solfato-riduttori. Questi batteri utilizzano il solfato come accettore finale di elettroni, che viene ridotto a solfuro di idrogeno. La determinare della presenza di batteri solfato-riduttori nei campioni di acqua e sedimento è stata svolta mediante utilizzo di una metodologia molecolare basata sull’estrazione dell’eDNA (environmental DNA) dalle matrici ambientali e la successiva amplificazione (PCR) di un tratto genico codificante l’enzima solfito reduttasi (dissimilatory sulfite reductase dsrAB), specifico di questi batteri.
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Palumbo, Maria Benedetta. "Ipotesi di installazione di convertitori di energia ondosa per la Costiera Amalfitana." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020.

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Abstract:
Il World Energy Council ha stimato che il 15% del fabbisogno mondiale annuo di elettricità potrebbe essere coperto da impianti che sfruttano il moto ondoso. L’energia da onda presenta importanti vantaggi rispetto ad altre fonti rinnovabili, quali la minore variabilità oraria e giornaliera, la possibilità di sfruttare ampie superfici oceaniche e il basso impatto ambientale e visivo, soprattutto nel caso di dispositivi off-shore. Ciò che ancora oggi, però, limita l’installazione dei dispositivi di conversione ondosa è l’elevato costo dei WEC e, di conseguenza, dell’energia elettrica che producono. Per ridurre i costi, con quello che è chiamato sharing costs, si stanno sviluppando negli ultimi anni sistemi integrati con altre strutture offshore o costiere. Dopo un’introduzione della risorsa rinnovabile in questione, delle varie tipologie di WEC esistenti , si entra nel cuore di questa tesi, che è appunto la valutazione di un WEC per la Costiera Amalfitana. Le tecnologie valutate saranno due: Wave Dragon e Wavestar. Il primo è un overtopping device sviluppato per mari molto energetici. Il modello preso come riferimento è dimensionato per un mare caratterizzato da una potenza ondosa molto maggiore rispetto a quella della Costiera Amalfitana. Il dispositivo è stato, quindi, ridimensionato utilizzato la scala di Froude. Il secondo, invece, è un multipoint absorber. Il modello di cui è stata analizzata la producibilità ha 20 galleggianti dal diametro di 6m ed il suo lay-out è stato studiato pensando ad una possibile installazione in un mare caratterizzato da una potenza ondosa simile a quello della Costiera Amalfitana. In tal caso, quindi, non è stata necessaria una riduzione in scala. Dopo aver identificato una possibile area in cui installare il WEC, ogni dispositivo è stato analizzato non solo in termini di potenza producibile, ma anche in termini di impatto ambientale dando, data la bellezza paesaggistica della zona, particolare importanza all’impatto visivo
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Cirillo, Giuseppe. "Evoluzione delle acque sotterranee a seguito di un incendio nella pineta costiera Ramazzotti." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amslaurea.unibo.it/9899/.

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Abstract:
Ai nostri giorni le aree costiere risultano particolarmente sensibili perché sottoposte ad alcune fonti di stress, quali la salinizzazione degli acquiferi e la naturale ed antropica modificazione del territorio costiero. Questo lavoro indaga gli effetti dell’incendio del 2012 nella Pineta costiera di Lido di Dante (Ravenna) sull’acquifero costiero superficiale. Sono stati effettuati i rilievi in campo della tavola d’acqua, della conduttitivà elettrica e del pH nei mesi di novembre 2014 e luglio 2015. I campioni di acqua sono stati prelevati grazie alla tecnologia dei minifiltri, un sistema di campionamento multilivello molto preciso e rapido. Il campionamento comprende 3 transetti di minifiltri ubicati nella zona bruciata della pineta e un transetto di controllo nella zona verde della pineta, dove la vegetazione è intatta. Dall’elaborazione grafica di questi valori sono state ottenute delle isolinee rappresentative di valori soglia per le acque dolci, salmastre, salate, a pH 7.5 tipico delle acque meteoriche e a pH 8 tipico dell’acqua di mare. I valori di conduttività elettrica rapportati alla topografia e alla tavola d’acqua mostrano la formazione di lenti di acqua dolce nella zona dove la vegetazione è scomparsa a causa dell’incendio. Acque dolci assenti nella zona verde a causa della vegetazione e della sua attività evapotraspirativa. Le isolinee ottenute dal pH spiegano invece l’effetto delle ceneri dell’incendio dilavate dalle acque meteoriche e le differenze con la zona ancora ricoperta da vegetazione. I parametri analizzati risultano determinanti nella valutazione dello stato di salute della risorsa acquifera della costiera romagnola minacciata dalla salinizzazione e dalla modificazione del pH.
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Dovesi, Linda. "Realizzazione della Rete Geodetica Costiera della Regione Emilia-Romagna: aspetti geodetici e computazionali." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amslaurea.unibo.it/14277/.

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Abstract:
Il lavoro presentato in questo elaborato vuole descrivere gli aspetti geodetici e computazionali necessari alla creazione della Rete Geodetica Costiera che si propone essere il riferimento per tutti i rilievi futuri riguardanti il litorale emiliano-romagnolo. In particolare, vengono descritte le differenti fasi operative, di calcolo e verifica, che hanno accompagnato tale realizzazione. I risultati ottenuti analizzando le osservazioni GNSS statiche mediante due distinti codici di calcolo sono stati confrontati al fine di determinare la loro congruenza in funzione delle precisioni prescritte nel progetto. Un ulteriore verifica è stata eseguita confrontando tra loro le posizioni dei vertici generate dai rilievi in tempo reale con quelle statiche. Un aspetto fondamentale di cui si è tenuto conto durante la realizzazione della Rete Geodetica Costiera è la definizione del sistema di riferimento con cui sono restituiti i risultati e i diversi confronti, conforme al DM del 10 Novembre 2011 che ha sancito per l’Italia come sistema di riferimento geodetico nazionale la realizzazione ETRF2000, all'epoca 2008.0. Per ultimo è stato eseguito un aggiornamento delle quote ortometriche dei vertici della Rete Geodetica Costiera. Ciò è stato agevole nel momento in cui una delle reti geodetiche utilizzate per la realizzazione della Rete Geodetica Costiera era quella di subsidenza di Arpae, le cui quote furono determinate all’impianto e poi via via aggiornate utilizzando dapprima misure di livellazione e successivamente modelli di subsidenza ottenuti dall’interferometria SAR. Nel caso invece il vertice fosse appartenente ad un’altra rete oppure di nuova istituzione, si sono eseguite misure di livellazione geometrica dal mezzo di alta precisione tra il vertice stesso ed il caposaldo Arpae più vicino e successivamente aggiornata la quota sul vertice.
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Gruppuso, Filippo Maria. "Studio geologico e geomorfologico della fascia costiera del Golfo di Castellammare (Sicilia settentrionale)." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019.

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Abstract:
Lo studio del Golfo di Castellammare oggetto di questa tesi è il prodotto di osservazioni sul campo di caratteri geologici, litologici e geomorfologici presenti nei tratti costieri del golfo. Questa attività ha permesso di integrare un’ampia base di conoscenze già disponibili per l’area sulla base di precedenti studi e ricerche condotte da vari enti nel corso degli anni. L’osservazione sul campo dei vari settori oggetto di studio ha permesso altresì di evidenziare settori soggetti a criticità e di produrre una stima della pericolosità e del rischio relativi ad instabilità dei versanti ed erosione costiera nei settori costieri in esame, integrando le stime proposte da studi precedenti.
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Collina, Riccardo. "utilizzo dei droni integrato alle tecniche geomatiche per il monitoraggio della fascia costiera." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019. http://amslaurea.unibo.it/19718/.

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Abstract:
La tesi si pone l'obiettivo di individuare, per il monitoraggio della fascia costiera per mezzo di droni, una soluzione di raccolta dati ed elaborazione veloce, per un controllo a supporto delle attività di protezione operate dagli Enti. Si è preso in considerazione il tratto di costa in località Lido Adriano. I droni si prestano come ottimo supporto alla fotogrammetria, risultando più economici dei classici voli aerei. Oltre la descrizione dei sistemi a pilotaggio remoto, vi sono i concetti teorici base delle metodologie adottate, nonchè i software utilizzati per estrapolare informazioni a valenza metrica digitali. La parte sperimentale prevede l’estrazione di informazioni, come la fascia sabbiosa, lo sviluppo altimetrico e la linea di riva, per monitorarne l’evoluzione temporale e territoriale. Il rilievo della rete topografica è stato eseguito tramite posizionamento GPS in NRTK. Si sono ottenuti tre modelli digitali della superficie attraverso il software Agisoft Metashape. I risultati sono stati confrontati nelle tre metodolgie di lavoro, in termini di precisioni raggiunte. Si sono realizzati i relativi prodotti GIS che permettono di catalogare, su più livelli logici raster e vettoriali, l’area in esame e di renderne disponibili le informazioni estratte agli Enti che operano per la salvaguardia del territorio. Ai fini di un risultato più organico ed integrato alle attuali metodologie messe in atto dalla Regione Emilia-Romagna, sono stati raccolti i dati relativi al monitoraggio da parte degli Enti preposti al controllo e le tempistiche da questi adoperate, per confrontare nonché proporre un metodo più intuitivo, semplice e veloce, al fine di operare in contesti di primo intervento. Grazie ai prodotti realizzati, in particolare elementi vettoriali, sezioni ed ortofoto, si è redatta una metodologia di studio basata su tecnica speditiva e sistematica ai fini di ottenere informazioni e renderle disponibili in un arco temporale adatto ad un contesto di emergenza.
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Billi, Erica. "La rinascita del Lido Iride. Progetto di riqualificazione della fascia costiera di Platamona." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amslaurea.unibo.it/2426/.

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Abstract:
Questo progetto, maturato in seguito a profonde riflessioni basate sull’analisi e la valutazione della situazione territoriale, è scaturito dalla volontà di fornire una risposta alle carenze funzionali e strutturali di un’area dalle molteplici potenzialità. La fascia costiera di Platamona è stata al centro di progetti di lottizzazione che, invece di tutelare l’aspetto naturalistico e unificare un sistema costiero che si estende per circa otto chilometri, hanno inserito strutture prevalentemente ricettive e turistiche in maniera piuttosto arbitraria e senza tener conto della possibilità di organizzare il progetto d’intervento tramite un apposito strumento urbanistico. Il risultato, un tessuto edilizio disomogeneo e disorganizzato, non contribuisce certo alla volontà di attribuire un carattere e un’identità al luogo; anzi, la frequenza di aree in stato di abbandono, che rischiano di diventare discariche a cielo aperto fa quasi pensare ad una situazione di stallo e di incuria sia da parte delle amministrazioni che dei privati. L’idea del progetto deriva da un approccio che ha come obiettivo il massimo sfruttamento delle risorse locali e il minor impatto possibile sul paesaggio e sul sistema attuale. La volontà è quella di riorganizzare e riqualificare gli spazi più significativi, inserendoli all’interno di un sistema di percorsi e connessioni che vogliono unificare e rendere fruibile l’intero sistema costiero fra Platamona e Marina di Sorso. Inoltre è da rivalutare l’aspetto naturalistico del SIC dello Stagno e Ginepreto di Platamona, un’oasi naturalistica che ha tutte le potenzialità per essere posta al centro di un’attività di ricerca e diventare la meta di un turismo mirato. Nel Piano di gestione dello stagno sono già stati previsti e realizzati percorsi su passerelle in legno che si snodano fra i canneti e la pineta limitrofa, con alcune torrette di avvistamento, attualmente posizionate nella zona a sud. Uno degli obiettivi è dunque quello di completare questi percorsi per gran parte del perimetro dello stagno e di stabilire un percorso ciclo-pedonale ad anello che circondi e renda fruibile l’intera area del SIC. A livello di percorsi e connessioni, oltre alla nuova pista ciclabile che correrà parallelamente alla SP 81, si cercherà di fornire nuovi collegamenti anche all’ambito della spiaggia. L’idea è di costruire una passeggiata sul fronte mare che si articoli con leggere passerelle in legno fra le dune irregolari. Si snoderebbe dalla rotonda di Platamona fino alla piazza di Marina di Sorso, per una lunghezza di circa otto chilometri. Il suo scopo è di rendere fruibile l’intera fascia di spiaggia in modo da evitare un eccessivo calpestio del sistema dunario, che purtroppo risente della forte presenza antropica dei mesi estivi. Nel ripensare questi collegamenti e percorsi, si rende necessaria la creazione di aree di sosta attrezzate che si presentano con una certa periodicità, dettata dai pettini e dalle discese a mare. Vi saranno punti di sosta ombreggiati con alberature, aiuole, sedute, fontane e giochi per bambini. Diventa dunque prioritario il fatto di rendere evidente il concetto di unitarietà del sistema costiero in questione, rendendolo riconoscibile tramite l’organizzazione di spazi, episodi e percorsi. Infine il tentativo che riguarda nello specifico il Lido Iride, è quello relativo al suo recupero. L’intento è di restaurarlo e destinarlo a nuove funzioni ricreative-culturali. La struttura principale è mantenuta invariata, soprattutto le stecche che costituivano le cabine sulla spiaggia (elementi alquanto evocativi e radicati nella memoria del luogo). Il complesso sarà riorganizzato in previsione di ospitare workshop e corsi formativi riguardanti la cultura del mare e della salvaguardia dell’ambiente. Molto attuale e sempre più emergente anche in Sardegna risulta l’archeologia subacquea, a cui sono già state dedicate apposite strutture nelle zone di Cagliari e di Orosei. Dunque si riadatteranno le cabine con lo scopo di farle divenire alloggi temporanei per coloro che seguiranno tali corsi, mentre gli altri edifici del complesso fungeranno da supporto per delle lezioni all’aperto (l’arena e la piscina) e per il ristoro o l’allestimento di spazi espositivi (l’edificio centrale del lido). A causa della posizione del complesso balneare (a ridosso della spiaggia) si presuppone che il suo utilizzo sarà prevalentemente stagionale; perciò si è pensato di fornire una struttura di supporto e d’ausilio, la cui fruizione sia auspicabile anche nei mesi invernali: il Nuovo Centro Studi di Platamona. Questo nuovo complesso consiste in una struttura dotata di laboratori, aule conferenze, alloggi e ristorante. Si attesterà sul fronte mare, seguendo la direttrice del nuovo camminamento e innalzandosi su piattaforme e palafitte per non essere eccessivamente invasivo sul sistema dunario. Consisterà in due edifici di testata alti rispettivamente tre e quattro piani, ed entrambi avranno la peculiarità di avere il basamento aperto, attraversato dall’asse della passeggiata sul mare. L’edificio a tre piani ospiterà i laboratori, l’altro il ristorante. Dietro l’edificio dei laboratori si svilupperà una corte porticata che permetterà di giungere alla sala conferenza. Nella parte retrostante i due edifici di testata saranno distribuiti delle stecche di alloggi su palafitte immerse nel verde, caratterizzate da coperture con volte a botte. Lo stile architettonico del nuovo complesso si rifà all’architettura mediterranea, che s’identifica tramite l’utilizzo di basamenti e piccole aperture in facciata, l’uso di pietre e materiali da costruzioni locali, le bianche superfici che riflettono la luce e il forte segno architettonico dei muri che marcano il terreno seguendone l’orografia fino a diventare un tutt’uno.
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Marchetto, Davide <1971&gt. "Indicatori chimici, biochimici ed ecotossicologici per la caratterizzazione di un'area marino-costiera mediterranea." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2007. http://hdl.handle.net/10579/596.

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Villani, Alessio. "Analisi dei carichi ondosi su muri di coronamento in opere per la difesa costiera." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019.

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Abstract:
Si è svolta una campagna sperimentale durante la quale sono state testate 128 prove ottenute dalla combinazione di 3 parametri dell’onda (altezza onda significativa, ripidità onda, emergenza relativa cresta) e 4 parametri geometrici della struttura (pendenza rampa, larghezza cresta, altezza muro, muro semplice o muro con parapetto). L’obiettivo è costruire una banca dati sperimentale di prove su strutture tracimabili, al fine di valutare i carichi agenti in relazione alle caratteristiche dell’attacco ondoso e dei parametri geometrici delle strutture. In fase di elaborazione sono emerse le criticità dovute alle misure negative fornite dallo strumento. Si è dedotta la necessità di eliminare tali valori negativi al fine di ottenere una valutazione delle pressioni conservativa. Si è svolta l’analisi di sensibilità tra i parametri, studiando la pressione P250, cioè quel valore di pressione che viene superato solo dallo 0.4% delle pressioni misurate. Si conclude che l’allargamento della cresta, seppur liscia, induce un’apprezzabile dissipazione di energia, con conseguente riduzione dei carichi sul muro. Una pendenza della rampa dolce, che induce frangimento dell’onda, limita le pressioni esercitate sul muro. Alzare il muro, così come la presenza del parapetto, riduce la tracimazione, ma aumenta le sollecitazioni sul muro stesso. L’innalzamento del livello del medio mare, cioè la riduzione della cresta relativa, comporta l’aumento delle sollecitazioni agenti sul muro. Ripidità dell’onda maggiore comporta valori di sollecitazioni sul muro inferiori rispetto ad un onda con ripidità minore. I carichi sul muro crescono al crescere dell’altezza d’onda, quindi l’intensificazione degli eventi estremi comporta maggiori sollecitazioni sul muro. Dunque, al fine di ridurre la portata di tracimazione, si può inserire il parapetto, il quale comporterà aumento delle pressioni sul muro, le quali possono essere limitate dall’introduzione di una rampa dolce o di una cresta larga.
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Fantoni, Giulia. "L'analisi dei popolamenti bentonici nel monitoraggio della fascia costiera nella zona della spiaggia "attiva"." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021.

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Abstract:
Sandy marine coastal habitats provide ecosystem services such as food supply, food web structure, and habitat provision. However, these habitats are subject to various anthropogenic disturbances, including coastal urban development and the construction of coastal defence structures. These habitats are very dynamic and difficult to investigate and monitor with conventional techniques. In this context, the TAO project, Technologies for Coastal Monitoring (Formally: Tecnologie per il monitorAggio cOstiero), focus on the implementation of a technological platform, helpful in developing monitoring plans with low environmental impact and low cost, for the investigation of littoral and supra / sub-littoral areas. This thesis, which is part of the TAO project, aims to provide useful data for evaluating the validity of these new monitoring technologies by mapping both the data obtained from the surveys carried out using acoustic instruments (Single-Beam Echosounder and Side-Scan Sonar installed aboard the autonomous OpenSWAP vehicle), and the data on the characteristics of sediments and benthic assemblages collected through direct sampling in scuba diving at Lido di Dante (northern Adriatic Sea) study site. A comparative integration of the physical-biological data and the geophysical data, recorded continuously by the acoustic instruments, was carried out. The data collected were interpolated to the entire study area and represented through cartographic software. The different variables were analyzed and correlated with each other with innovative spatial correlation techniques through linear models. This allowed highlighting possible anomalies in the characteristics of the sediments and in the distribution of the benthic assemblages that can be related both to natural sedimentological and ecological processes and to alterations induced by the presence of coastal defence structures. These integrated approaches provide innovative tools for integrated coastal zone management.
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KHORCHANI, ABDELGHAFFAR. "La SDI come quadro olistico per la Gestione Integrata della Zona Costiera e Marina." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2017. http://hdl.handle.net/10281/180846.

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Abstract:
L'uomo ha sempre avuto uno stretto rapporto con gli ambienti marini e costieri. La zona costiera è una delle aree più complesse da gestire, costituita sia da ambienti marini che terrestri. Gli ecosistemi marini e costieri sono economicamente e culturalmente importanti per molti paesi, soprattutto per le persone che vivono nei pressi della costa (il 40% della popolazione mondiale vive nel raggio di 100 km dal mare). È anche luogo favorevole ad un crescente numero di attività, diritti e interessi. La popolazione lungo la costa è in costante aumento, determinando pressioni antropiche sul fragile ecosistema della zona costiera. La necessità di una gestione dell'ambiente dinamico e l'incapacità di integrare le informazioni spaziali marittime e terrestri sono un problema crescente in molte regioni. Lo sviluppo sostenibile delle zone costiere è impossibile senza dati spaziali. L'assenza di un approccio olistico impedisce lo sviluppo sostenibile dell’interfaccia tra l’ambiente marino e terrestre dove tanta pressione e sviluppo sono in corso. Attualmente, la maggior parte delle iniziative per la creazione di una SDI (Infrastruttura di Dati Spaziali) si fermano alla frontiera marina o terrestre del litorale, istituzionalmente e/o spazialmente. Il design della SDI è focalizzato principalmente sull’ accesso e sull’uso di dati relativi al territorio o al mare portando così alla loro duplicazione. Di conseguenza, c'è una mancanza di accesso armonizzato e universale ai dati marittimi, costieri e terrestri. Ciò da origine ad incoerenze nelle politiche di informazione territoriale, nella produzione, nell’accesso e nell’integrazione dei dati. La creazione di una Infrastruttura di Dati Spaziali (SDI – Spatial Data Infrastructure) per la gestione integrata della zona costiera che copra gli ambienti terrestri e marittimi su base olistica dovrebbe facilitare un più ampio accesso ai dati spaziali e informazioni maggiormente interoperabili attraverso l'interfaccia terra-mare consentendo un approccio più integrato alla gestione delle zone costiere. Una SDI per la Gestione Integrata della Zone Costiera e Marina conduce alla promozione della condivisione dei dati e alla comunicazione tra le organizzazioni facilitando e migliorando il processo decisionale che coinvolge informazioni spaziali marine e costiere. Lo sviluppo di un modello SDI per la Gestione Integrata della Zona Costiera e Marina e l’implementazione di linee guida si basa sulla ricerca di una teoria e di una pratica relativa agli sviluppi della SDI in tutto il mondo. Un caso di studio (Golfo di Gabes in Tunisia) è stato utilizzato per testare il modello e aiutare nella convalida dei risultati. Lo studio ha dimostrato la difficoltà di integrare dati terrestri, costieri e marittimi e la necessità di una SDI per la Gestione Integrata della Zona Costiera. I risultati sono un modello SDI e linee guida di implementazione che coprono ambienti sia terrestri che marini e che possono essere utilizzati dagli stakeholders nella zona costiera per creare una piattaforma volta all'utilizzo e alla fornitura di servizi e informazioni spaziali e facilitando così il processo decisionale.
Humanity has always had a close relationship with marine and coastal environments. The coastal zone is one of the most complex areas of management in the world consisting of both the marine and terrestrial environments. Marine and coastal ecosystems are economically and culturally important for many countries, especially for people living near coastlines (40% of the world’s population living within 100 km of the sea). It is also a home for an increasing number of activities, rights and interests. Population along the coastline is continuously increasing, bringing about anthropogenic pressures on the fragile ecosystem of the coastal zone. The need to manage the dynamic environment, the inability to integrate marine and land based spatial information is an increasing problem in many regions. Sustainable development of the coastal zone is impossible without spatial data. The absence of a holistic approach prevents the sustainable development of land – marine interface where so much pressure and the development is taking place. Currently, the most SDI initiatives stopping at the land-ward or marine-ward boundary of the coastline, institutionally and/or spatially. SDI design is focused mainly on access to and use of land related datasets or marine related datasets thus leading to data duplication. Consequently, there is a lack of harmonised and universal access to datasets from marine, coastal and land-based. This leads to the creation of inconsistencies in spatial information policies, data creation, data access, and data integration. A Spatial Data Infrastructure for Integrated Costal and Marine Management (SDI-ICMM) covering the land and marine environments on a holistic platform would facilitate greater access to more interoperable spatial data and information across the land-marine interface enabling a more integrated to the management of the coastal zone. SDI-ICMM leads to the promotion of data sharing and communication between organisations thus facilitating better decision-making involving marine and coastal spatial information. The development of an SDI-ICMM model and implementation guidelines has built on the investigation of theory and practice in regards to SDI developments throughout the world. A case study (Gulf of Gabes in Tunisia) has been used to test model and to assist in validating the results. The case study demonstrated the difficulties of integrating terrestrial, coastal and marine data and the need for an SDI-ICMM. The results are an SDI-ICMM model and implementation guidelines that covers both land and marine environments and can be used by stakeholders in the coastal zone to create an enabling platform for the use and delivery of services and spatial information and therefore to facilitate decision-making.
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MERLI, ALESSANDRO. "Indagini sperimentali e analisi numeriche finalizzate alla progettazione di interventi di permeazione con nanosilice colloidale per la stabilizzazione delle sabbie costiere sotto edifici esistenti nella fascia costiera nord-adriatica." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2019. http://hdl.handle.net/11566/263548.

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Abstract:
In seguito ai recenti eventi sismici si è volta una sempre maggiore attenzione al fenomeno della liquefazione e degli effetti indotti su terreni ed opere. In contesti urbanizzati o sotto strutture/edifici esistenti, quale è la costa nord-adriatica, le soluzioni di mitigazione ordinarie rimangono spesso inapplicabili per la complessità della situazione e/o l’impossibilità tecnica di intervenire nel volume di interesse dell’opera stessa. In letteratura vi sono elementi utili per considerare la permeazione con silice colloidale la tecnica attualmente più promettente per il miglioramento dei terreni sotto edifici esistenti; tuttavia è necessario approfondire la ricerca verso l’applicazione su terreni in condizioni naturali per ottimizzarne la funzionalità, la messa in opera e la sicurezza. Partendo da uno studio sul territorio di Rimini ed in campi prova messi a disposizione dall’Amministrazione locale, si è svolta un’approfondita caratterizzazione delle sabbie costiere al fine di definire i parametri chiave per l’applicazione di tale tecnica, nonché il relativo comportamento dinamico e ciclico. Su alcune miscele si è condotto uno studio atto a definirne il comportamento reologico al variare dei componenti e delle condizioni chimico-fisiche al contorno, utile al controllo dei tempi di gelificazione. In laboratorio poi si sono eseguite prove di permeazione in scala ridotta su sabbie rappresentative e, dal relativo comportamento dinamico e ciclico, si sono sviluppati modelli di analisi di risposta sismica di sito in tensioni efficaci pre-post intervento, necessari a simulare il grado di miglioramento ottenibile sui terreni costieri di Rimini nell’ipotesi di eventi sismici caratteristici; ciò ha evidenziato un’elevato grado di miglioramento senza alterare significativamente il comportamento dinamico dei terreni. Gli sviluppi futuri della ricerca saranno volti essenzialmente all’applicazione in sito ed alla calibrazione dei metodi di controllo e verifica del trattamento.
After recent seismic events, the phenomenon of soil liquefaction and related effects on structures have received much attention in the engineering research and practice. In urbanized contexts, such as the North-West Adriatic coast, standard mitigation solutions under existing structures are often inapplicable due to the complexity of the contest or to the technical impossibility of intervention. From an intensive literature review it can be deduced that the permeation grouting technique by means of colloidal silica could be a promising solution to mitigate soil liquefaction under existing structures. However, it is necessary to go further with research studying this specific technique not only in the laboratory but also on in-site to consider also the specific soil natural conditions. In this thesis, an extensive experimental study is carried out on the Riminese sandy coast aimed at obtaining the key parameters for the application of this technique and the dynamic and cyclic characterization of the local deposits. An extensive rehological study is also performed to investigate, in particular, the gelation time of mixtures of different characteristics, varying the percentage of components and the chemical-physical conditions (e.g. pH and temperature of the mixtures). Then, small-scale permeation tests are performed in the laboratory on representative coastal sands in order to estimate the degree of improvement achievable on-site by means of permeation grouting and the cyclic and dynamic behaviour of treated soil. Finally, seismic site response analyses in effective stress are carried out considering untreated and treated soil parameters (before and after permeation treatment) and using a set of recorded accelerograms compatible with the historical seismicity of the area. Results show that permeation grouting with colloidal silica can be a promising technique for the mitigation of the liquefaction susceptibility of the soil under existing structures.
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Zauli, Tessa. "Valutazione della vulnerabilità costiera nell'area ravennate: il caso di Marina di Ravenna e foce Bevano." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amslaurea.unibo.it/9597/.

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Abstract:
La tesi tratta di un concetto che negli ultimi anni sta diventando sempre più importante e per questo, deve essere studiato e analizzato: la vulnerabilità costiera. In generale per vulnerabilità si intende il carattere di chi o di ciò che è vulnerabile, ossia la sua predisposizione ad essere colpito, attaccato o danneggiato. Viene anche definita come l’attitudine di un dato elemento o contesto territoriale a supportare gli effetti di un evento dannoso in funzione dell’intensità dell’evento stesso. Questa nozione, in particolare, verrà applicata all’ambito costiero; pertanto si parlerà di vulnerabilità costiera dell’area ravennate. La vulnerabilità costiera è definita come il grado a cui un sistema costiero è suscettibile agli effetti negativi del cambiamento climatico, inclusi la variabilità climatica e gli eventi estremi. Negli ultimi decenni si è giunti alla conclusione che le manifestazioni meteo-marine di estrema entità hanno avuto la tendenza a svilupparsi con maggiore intensità e frequenza (es.: mareggiate). Questo è il motivo per cui la trattazione verterà su tale argomento, al fine di presentare, chiarire e rendere più esplicita questa tematica, sempre maggiormente presente nella realtà di tutti i giorni. Nei due siti di interesse: Marina di Ravenna e foce Bevano, sono stati effettuati due transetti, da cui sono stati estratti i relativi profili topografici, sui quali è stato calcolato il Dune Safety Factor, considerando i diversi valori di sopraelevazione marina totale.
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Fini, Elisa. "Effetti degli interventi antropici di difesa costiera sulle comunità bentoniche delle spiagge del Nord Adriatico." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amslaurea.unibo.it/2625/.

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Izzi, Carmela Francesca. "Diversità floristica e funzionale della vegetazione dunale costiera dell'Italia centrale e della Francia sud-occidentale." Bordeaux 1, 2008. http://www.theses.fr/2008BOR13789.

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Abstract:
L'homme a profondément altéré la diversité biologique sur Terre et a induit à toutes les échelles des bouleversements et des changements majeurs dans les écosystèmes terrestres et marins. Les écosystèmes dunaires côtiers, qui sont des milieux vulnérables et également riches en espèces rares et menacées, sont particulièrement touchés par la perte de la diversité. L'impact direct des activités humaines sur les plages et littorales dunaires, n'ont pas seulement causé un déclin et une extinction des espèces locales, mais ont aussi permis aux espèces invasives de se développer dans ce milieu. L'analyse de la diversité floristique et fonctionnelle s'avère donc être une priorité pour comprendre et ainsi mieux préserver et gérer cet écosystème. Trois principaux objectifs émergent de ce travail de recherche : 1. Analyser la diversité floristique et coenologique des dunes littorales du centre de l'Italie; 2. Analyser la diversité fonctionnelle des dunes littorales méditerranéennes et comparer les traits fonctionnels et morphologiques des espèces natives et exotiques du littoral dunaire; 3. Comparer les communautés végétales dunaires du littoral méditerranéen (Région de Lazio, Italie) avec celles du littoral atlantique (Région Aquitaine, France) et analyser les stratégies des espèces dunaires de ces deux systèmes grâce à une approche basée sur l'études des traits fonctionnels et morphologiques des plantes ainsi que sur les types fonctionnels (PFTs).
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Avantaggiato, Alessia. "Utilizzo di dati satellitari per l'analisi degli effetti dell'intrusione di cuneo salino sulla vegetazione costiera." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amslaurea.unibo.it/3977/.

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Fontanesi, Laura <1985&gt. "Contatti tra Cipro e l'area costiera siriana durante il Tardo Bronzo.Pratiche funerarie e documentazione archeologica." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/6512.

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Abstract:
Relazioni intercorse tra l'isola di Cipro, in particolar modo i centri costieri orientali di Enkomi e Kition, e la costa siriana (regno di Ugarit nello specifico) durante il periodo del Tardo Bronzo. Una particolare attenzione sarà rivolta alle tradizioni e alle architetture funerarie delle rispettive aree, al fine di metter in evidenza eventuali influenze o infiltrazioni culturali reciproche per ciò che concerne il suddetto ambito. Le ipotesi avanzate in merito saranno correlate dalla documentazione archeologica ad oggi rinvenuta.
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PUSCEDDU, MARCO. "Database geografico e applicazioni GIS per l'analisi geoambientale della fascia costiera di Pula (Sardegna SO)." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2008. http://hdl.handle.net/11584/265989.

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Abstract:
Obiettivo della presente ricerca è quello di costruire un Sistema Informativo Territoriale (SIT) all’interno del quale poter operare, per mezzo di software GIS e con operazioni di analisi spaziale su dati inerenti i caratteri fisici, ambientali e antropici relativi ad un tratto costiero della Sardegna sud-occidentale al fine di individuare la pericolosità naturale e la vulnerabilità del litorale che ne determinano l’evoluzione. Nello specifico la ricerca verte sulle tematiche legate al rischio di erosione costiero, inteso in questo caso come insieme di processi, cause e conseguenze di fenomeni naturali connessi all’intervento antropico. In questo ambito, in differenti fasi operative, sono state catalogate in datasets tutte le informazioni di base e di rappresentazione degli aspetti ambientali e antropici del territorio, sono state inoltre individuate, attraverso rilievi sul campo, elaborazioni cartografiche vettoriali e raster ed elaborazioni alfanumeriche e grafiche, le caratteristiche geologiche, idrogeologiche, morfometriche, di uso del territorio nei diversi anni, nonché l’evoluzione della linea di riva negli ultimi quaranta anni. Successivamente sono stati selezionati e applicati moduli GIS orientati e modelli matematici per la creazione di dati geografici di sintesi con i quali sono state quantificate e localizzate nello spazio le informazioni derivate dall’analisi numerica e cartografica. Con tale metodo sono state analizzate e sintetizzate, in un database geografico derivato, le problematiche di rischio ambientale secondo i seguenti obiettivi: - studio e analisi della pericolosità costiera, connessa a fenomeni di natura ambientale, mettendo in evidenza il legame che esiste tra l’uso del suolo e i processi naturali che si rilevano nel territorio indagato; - studio e analisi per mezzo delle attuali metodologie e applicazioni informatiche della vulnerabilità.
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CONIGLIO, LUCIA. "L'influenza della circolazione sinottica sul campo di vento locale in una zona costiera del Mar Tirreno." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2009. http://hdl.handle.net/2108/890.

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Abstract:
La circolazione nei bassi strati dell’atmosfera è il risultato dell’interazione generalmente non lineare tra la circolazione a scala sinottica e quella locale. Questa ultima è quella più frequentemente presente nelle regioni mediterranee, specie nei mesi più caldi ed ha importanti effetti sull’agricoltura e su altri aspetti delle attività umane. Essa gioca un ruolo importante nei processi di trasporto e diffusione di inquinanti in particolar modo in prossimità di aree densamente popolate dove la qualità dell’aria è importante per la salute della popolazione. In questo lavoro le caratteristiche della circolazione locale nella zona costiera adiacente la città di Roma vengono derivate dall’analisi statistica delle misure del vento in diversi siti. I dati utilizzati comprendono sia misure di profili di vento ottenute mediante Sodar Doppler, sia misure di vento nello strato superficiale, rilevate mediante strumentazione meteorologica tradizionale. Nell’analisi sono state utilizzate anche le informazioni meteorologiche presenti nei file METAR (codice internazionale con cui vengono registrate le condizioni meteorologiche negli aeroporti) raccolti nell’aeroporto di Fiumicino dal 1994 al 2003. Nell’analisi viene delineato l’andamento giornaliero della velocità e direzione del vento, in funzione della stagione ed è evidenziata l’esistenza di due alternative componenti notturne della circolazione locale. I dati dei radiosondaggi sono stati usati per determinare i valori del vento geostrofico. Il confronto tra la direzione del vento alle quote basse e il vento geostrofico ha permesso di stabilire l’influenza della forzante a scala sinottica nel determinare quale delle configurazioni della circolazione locale diventa maggiormente probabile, stabilendone una probabile evoluzione giornaliera. Viene quindi suggerita una metodologia che, in mancanza di un sito di radiosondaggi in prossimità dell’area di interesse, propone l’uso dei dati delle rianalisi del centro europeo ECMWF. I risultati dell’analisi statistica del vento sono stati usati per ricostruire l’evoluzione giornaliera del campo del vento prodotto dalle forzanti locali.
The low level circulation is the result of non linear interaction between mesoscale and local circulations. The latter ones often prevail in the Mediterranean regions, especially in the warmer periods, and have important effects on agriculture and other forms of human activity. For example, it plays a major role in the processes of transport and diffusion of pollutants, in particular around and in the urban areas where they may affect the air quality and the health of the population. In this work , the local circulation in Rome and in the surrounding area is studied, by using the statistical analysis of the wind field. The time series of wind data used in this study are from different sites and refer to different periods. Some of the data are recorded by the Doppler Sodar systems operating in the area; the others are routine meteorological data. Moreover, meteorological information reported in the METAR (the international code to report routine, semi-hourly weather conditions at air terminals) files, collected from 1994 to 2003 at Fiumicino Airport, were used to determine different meteorological conditions. In the analysis daily behaviour of the wind direction and intensity, as a function of the season, is highlighted and the existence of two nocturnal alternative components of the local circulation is evidenced. Rawinsonde data were used to determine geostrophic wind values. The comparison between low level and geostrophic wind directions allowed to establish the influence of the synoptic scale forcing in determining both which of the two nocturnal currents can be observed and how their directions evolve during the day. The use of data from ECMWF analysis is proposed in cases in which rawinsonde data are not available to enquire on the synoptic scale forcing. The comparison among measurements at the different sites allowed to provide a reconstruction of the wind field evolution in the area.
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De, Toffol Serena <1993&gt. "Studio geomorfologico di una zona costiera attraverso dati telerilevati: bocca di Pila – fronte deltizia del Po." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/12764.

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Abstract:
L’obiettivo di questa tesi, realizzata in collaborazione con il CNR - ISMAR di Venezia, è stato quello di analizzare ed interpretare l’evoluzione geo-morfologica di un’area del delta del fiume Po (Italia settentrionale). Nello specifico lo studio è focalizzato sulla zona terminale del Po di Pila e nell’area della fronte deltizia, dove nel corso degli anni, si è depositata ed evoluta una barra sedimentaria, ad oggi ancora presente. Le zone di delta sono importanti sistemi di transizione che si sviluppano tra il mare e la terra, influenzate dalla portata fluviale e spesso soggette ad inondazioni, all'azione di maree, onde e correnti. Sono ambienti molto vulnerabili ed in continua evoluzione ad opera di fattori naturali ed antropici a cui si aggiungono gli effetti dovuti ai cambiamenti climatici. Il lavoro di ricerca è iniziato con uno studio della letteratura che ha permesso di evidenziare i processi e le dinamiche dominanti nelle zone di delta, con un focus sul delta del Po dal 1600 ai giorni nostri. Uno studio più dettagliato dell’evoluzione tra il 1983 e il 2017, della zona del Po di Pila e della barra antistante la sua foce, è proseguito attraverso l’analisi di foto aeree ed immagini da satellite Landsat 8 e Sentinel-2. L’elaborazione in QGis delle mappe ottenute, compresa l’individuazione della linea di costa, ha prodotto interessanti risultati riguardo l’evoluzione morfologica della suddetta zona, giustificata anche della preponderante azione delle onde nel Mar Adriatico.
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Coppola, Francesca <1995&gt. "“La gestione dei flussi turistici in Costiera sorrentina. Linee guida per uno sviluppo sostenibile della destinazione”." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15862.

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Abstract:
Questo elaborato ha lo scopo di analizzare la destinazione "Penisola Sorrentina" al fine di comprendere i problemi connessi alla gestione dei flussi turistici. L'area soffre infatti di overtourism, data la posizione strategica e la sua vocazione fortemente turistica. Si procederà attraverso lo studio della capacità di carico della destinazione, intravisto come sistema per identificare un numero desiderabile di visitatori e verranno proposte delle soluzioni di gestione, da indirizzare ai policy makers locali. Le soluzioni identificate hanno come focus la gestione sostenibile della destinazione, chiaro riferimento alle recenti politiche internazionali orientate al turismo sostenibile.
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Ainchil, Jerónimo Enrique <1962&gt. "Coastal plain in Northeastern Buenos Aires province: hydrogeological characteristics." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2009. http://hdl.handle.net/10579/988.

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Abstract:
The concepts of sustainable development, integrated management of coastal zones, initiatives such as the Ramsar Convention, and in general all the efforts aimed at environmental conservation and recovery require information for decision-making. In this context, it is essential to understand the behaviour of environmental components and their interrelation. Data acquisition and information processing are usually expensive processes. Besides, they can last long periods of time. This thesis involves a sequence in which each step makes it possible to advance in better understanding of the different aspects of the coastal zone in NE of Buenos Aires (Argentina) hydrogeology, concluding in the proposal of a model. This model is the necessary basis for decision-making related to economic and social development of the analysed area. This area has an important industry activity. Starting from a geophysical survey, the construction of boreholes is undertaken in order to verify the lithological sequence of the aquifer system. Afterwards, a monitoring network is constructed, and data of levels enabling knowledge of flow conditions and the dynamic relation of aquifer levels are collected. These boreholes also enable us to obtain samples to be analysed and that characterise waters in the system. Moreover, it is possible to reconstruct the history of waters with environmental isotopes. The conclusions highlight the contribution of each technique to the construction of a model and the advantages of constructing a model integrating the information processed by the methodologies used. Finally, it should be noted that it is significant to know the features of natural resources in order to establish regional development policies.
I concetti di sviluppo sostenibile, gestione integrata delle aree costiere, iniziative come la "Ramsar Convention", e più in generale tutti gli sforzi indirizzati alla conservazione ed al recupero ambientale richiedono molteplici informazioni per un’attività decisionale. In questo contesto è essenziale comprendere il comportamento delle componenti ambientali e la loro interazione. L’acquisizione di dati e la elaborazione delle informazioni sono generalmente processi costosi. Inoltre, possono richiedere lunghi tempi di esecuzione. La tesi qui di seguito esposta prevede una sequenza di passi successivi, in cui ogni passo porta ad una maggiore comprensione dei differenti aspetti della idrologia nella zona costiera in NE di Buenos Aires (Argentina), convergendo in una proposta di modello concettuale idrogeologico. Questo modello è la base necessaria per l’assunzione delle decisioni relative allo sviluppo economico e sociale dell’area in esame. Partendo da una indagine geofisica, è necessaria la realizzazione di perforazioni per verificare la litologia del sistema acquifero. In seguito, viene costruita una rete di monitoraggio per mezzo della quale i dati di livello portano alla conoscenza delle condizioni di flusso e delle relazioni nella dinamica tra i livelli degli acquiferi. Questi pozzi per misure freatiche permettono di ottenere campioni d’acqua che, analizzati, caratterizzano le acque del sistema. Inoltre, è possibile ricostruire la storia delle acque attraverso gli isotopi ambientali. Le conclusioni evidenziano il contributo di ogni tecnica adottata alla costruzione di un modello ed i vantaggi derivanti dall’integrazione delle informazioni ottenute. Alla fine, si può concludere che è fondamentale conoscere le caratteristiche delle risorse naturali per indirizzare le politiche di sviluppo regionale.
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Burreddu, Caterina. "Risposta delle comunità meio e macro bentoniche alla presenza di differenti tipologie di strutture di difesa costiera." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amslaurea.unibo.it/4589/.

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Abstract:
Lo studio è stato effettuato nell’ambito del progetto Theseus; il mio lavoro mirava a valutare la risposta dei popolamenti meio e macrobentonici alla presenza di diverse tipologie di strutture di difesa costiera. Sono stati presi in esame a tal fine oltre al sito di campionamento di Cesenatico sud, con presenza di barriere emerse anche il sito di Cesenatico nord, con presenza di barriere semisommerse, per poter effettuare un confronto. Il campionamento è stato fatto nella zona intertidale dove sono stati prese oltre alle variabili biotiche di macro e meiofauna anche quelle abiotiche (granulometria e sostanza organica). Sono stati scelti sei transetti in maniera random, 3 livelli di marea fissi l’alta, la media e la bassa (H, M, L) e due repliche (A e B) per un totale di 36 campioni per ogni variabile presa in esame. Dopo la fase di trattamento dei campioni in laboratorio state fatte in seguito analisi univariate effettuando l’ANOVA sia sui dati biotici di abbondanza numero di taxa e indice di diversità di Shannon di macro e meiobenthos sia sulle singole variabili ambientali di TOM, mediana, classazione, shell mean (capulerio). Sono state fatte anche analisi multivariate; per quanto riguarda i dati biotici sono state effettuate analisi di MDS e PERMANOVA e per quanto riguarda le variabili dei dati abiotici è stata fatta l’analisi della PCA. Infine per effettuare un confronto tra le variabili ambientali e quelle biotiche è stata fatta anche l’analisi BIOENV. Dai risultati sono emerse delle differenze sostanziali tra i due siti con maggiore abbondanza e diversità nel sito di Cesenatico nord rispetto a quello sud. Sono state evidenziate anche differenze nei livelli di marea con una maggiore abbondanza nel livello di bassa marea rispetto alla media e all’alta soprattutto per quanto riguarda il sito di Cesenatico sud. Dal confronto tra i dati ambientali e quelli biotici ne è risultato che la variabile più strettamente correlata è quella del capulerio sia per quanto riguarda il pattern di distribuzione della macrofauna che della meio. Tale lavoro ha messo in evidenza come i popolamenti rispondano in maniera differente alla presenza di differenti barriere di difesa costiera che anche se simili nella loro struttura presentano dei differenti effetti che hanno sull’azione del moto ondoso, circolazione dell’acqua e trasporto di sedimenti portando così a differenti risposte nei patterns di distribuzione dei popolamenti.
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Germano, Matteo. "Successioni stratigrafiche espanse: analisi di facies dei primi 200 metri di sottosuolo della pianura costiera del Po." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amslaurea.unibo.it/23356/.

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Abstract:
La presente tesi è volta alla definizione in termini di associazioni di facies, di una successione stratigrafica spessa circa 200 metri prelevata nella pianura costiera padano-adriatica. Il supporto ottenuto dall’analisi del contenuto in meiofauna (foraminiferi bentonici, ostracodi), ha permesso di focalizzare l’attenzione sui depositi transizionali e marino-costieri, in particolare quelli sottostanti gli intervalli correlati ai Marine Isotope Stages (MISs) 1 e 5. Inoltre, vi è lo scopo di verificare la quantità e tipologia delle informazioni derivanti dall’utilizzo di un approccio integrato su una successione stratigraficamente espansa, al fine di implementare le nostre conoscenze sull’evoluzione paleoambientale e stratigrafico-sequenziale dell’area padana ben oltre i 130k anni fa. Operativamente, è stata attuata una selezione del potenziale sondaggio su cui condurre gli studi e successivamente sono stati selezionati campioni opportuni su cui effettuare riconoscimento e conteggio della meiofauna; sono state identificate ed interpretate un totale di sei associazioni meiofaunistiche, che integrate all’analisi sedimentologica hanno permesso di individuare nove associazioni di facies appartenenti a sistemi deposizionali alluvionali, transizionali e marini. La successione di facies mostrata dal sondaggio e la conseguente ricostruzione stratigrafico-paleoambientale hanno permesso di identificare quattro cicli trasgressivo-regressivi (T-R). Inoltre è stato possibile determinare il rapporto tra la posizione della paleo-linea di costa e quella del sondaggio analizzato, evidenziando un massimo approfondimento registrato nel ciclo T-R più profondo, correlato tentativamente al MIS 9 o 11, mentre condizioni di minore ingressione sono riscontrate in corrispondenza del ciclo T-R più superficiale (MIS 1). Infine, si è osservato come le variazioni della paleo-linea di riva coincidano con le oscillazioni eustatiche note in letteratura alla scala milankoviana dei 100k anni.
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Laghi, Mario <1979&gt. "L'interazione tra acque fluviali superficiali e acque sotterranee in zona costiera: il sistema dell'estuario del fiume Lamone." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2595/1/Laghi_Mario_tesi.pdf.

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Laghi, Mario <1979&gt. "L'interazione tra acque fluviali superficiali e acque sotterranee in zona costiera: il sistema dell'estuario del fiume Lamone." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2595/.

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Sistilli, Flavia <1983&gt. "Valutazione integrata del sistema spiaggia-duna costiera, in relazione alle dinamiche geomorfologiche, vegetazionali e meteomarine (Ravenna, Italia)." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7532/1/Sistilli_Flavia_tesi.pdf.

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Abstract:
La zona costiera è un ecosistema di transizione dove l’interazione di numerosi fattori determina un equilibrio di tipo dinamico, estremamente sensibile agli impatti delle attività antropiche. La costa romagnola, come tutta quella italiana, soffre oggigiorno di un’importante crisi erosiva aggravata dalla subsidenza e dall’intensificarsi di eventi meteomarini potenzialmente erosivi. In questo contesto, la progressiva scomparsa delle dune costiere ha privato il sistema di un’importante difesa naturale ed elemento di resilienza. L’oggetto di studio sono quindi le dune costiere non come elemento isolato ma nell’ottica complessiva di un sistema dinamico e complesso che coinvolge forzanti meteomarine, spiaggia e vegetazione. L’articolazione dello studio ha riguardato prima di tutto l’analisi dei trend evolutivi delle aree dunose a scala secolare, da un punto di vista quantitativo e qualitativo. Lo studio dei fattori fisici ha permesso la definizione del quadro meteomarino di base e l’analisi di mareggiate e storm surge, secondo frequenze attuali e valori estremi. Inoltre, è stata effettuata la caratterizzazione della componente spiaggia da un punto di vista morfodinamico modale. Lo studio della vegetazione costiera in termini di successione spaziale ha evidenziato situazioni di disturbo/naturalità oltre ad importanti relazioni tra specie e valibili morfo-topografiche. Lo ricerca è proseguita quindi con il vero e proprio studio integrato incentrato sullo sviluppo delle dune embrionali (area naturale di foce Bevano) osservando i patterns di sedimentazione/erosione, la risposta ai singoli eventi erosivi, nonché i tassi di crescita in elevazione ed estensione. Le diverse componenti monitorate sono state analizzate in relazione alla dinamica geomorfologica, intesa come aree di accumulo/stabilità/erosione e monitorata tramite tecniche di fotogrammetria Structure from Motion. In conclusione, l’obiettivo dello studio è stato quello di fornire un contributo alla conoscenza delle dinamiche ambientali del sistema costiero, offrendo oltretutto utili indicazioni per la realizzazione di auspicabili interventi di conservazione di questi importanti habitat.
Coastal zone is a transition ecosystem where the interaction of several factors determines a dynamic equilibrium that is extremely sensitive to the impacts of human activities. Now a days the Emilia-Romagna’s coast, like overall Italian coast, suffers from a significant erosive crisis that is worsen by land subsidence and storminess intensification. In this context, the progressive disappearance of costal dune is equivalent to deprive the system from an essential natural defense and resilience element. The object of this study is therefore coastal dunes system not as an isolated element but in the overall perspective of a dynamic and complex system that involves meteo-marine forcing, beach and vegetation. The study starts with a preliminary analysis of evolutionary trends of dune areas, on a century scale, from a quantitative and qualitative point of view. In order to describe physical factors, meteo-marine conditions were defined for the area with particular attentions on potential erosive events such as storm-waves and storm surges, considering current frequency and extreme values. Moreover, natural beaches morphodynamic modal state and closure depth values were assessed. The study of coastal vegetation in terms of spatial sequence showed different situations of disturbance/naturality as well as important relationships between species and morpho-topographical parameters. Research continued then with the actual integrated study focusing on embryo dunes development, in the natural area of Bevano torrent mouth, observing for a year the sedimentation/erosion patterns, the response to single erosive event and growth rates in elevation and extension. The others environmental components monitored were analyzed in connection to geomorphologic dynamic, evaluated in terms of areas of deposition/stability/erosion and surveyed by ground-based and Structure from Motion photogrammetry. In conclusion, the study objective was to provide a contribution to environmental coastal dynamics knowledge, offering moreover useful indications for desirable restoration and conservation actions of this important habitat.
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Sistilli, Flavia <1983&gt. "Valutazione integrata del sistema spiaggia-duna costiera, in relazione alle dinamiche geomorfologiche, vegetazionali e meteomarine (Ravenna, Italia)." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7532/.

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Abstract:
La zona costiera è un ecosistema di transizione dove l’interazione di numerosi fattori determina un equilibrio di tipo dinamico, estremamente sensibile agli impatti delle attività antropiche. La costa romagnola, come tutta quella italiana, soffre oggigiorno di un’importante crisi erosiva aggravata dalla subsidenza e dall’intensificarsi di eventi meteomarini potenzialmente erosivi. In questo contesto, la progressiva scomparsa delle dune costiere ha privato il sistema di un’importante difesa naturale ed elemento di resilienza. L’oggetto di studio sono quindi le dune costiere non come elemento isolato ma nell’ottica complessiva di un sistema dinamico e complesso che coinvolge forzanti meteomarine, spiaggia e vegetazione. L’articolazione dello studio ha riguardato prima di tutto l’analisi dei trend evolutivi delle aree dunose a scala secolare, da un punto di vista quantitativo e qualitativo. Lo studio dei fattori fisici ha permesso la definizione del quadro meteomarino di base e l’analisi di mareggiate e storm surge, secondo frequenze attuali e valori estremi. Inoltre, è stata effettuata la caratterizzazione della componente spiaggia da un punto di vista morfodinamico modale. Lo studio della vegetazione costiera in termini di successione spaziale ha evidenziato situazioni di disturbo/naturalità oltre ad importanti relazioni tra specie e valibili morfo-topografiche. Lo ricerca è proseguita quindi con il vero e proprio studio integrato incentrato sullo sviluppo delle dune embrionali (area naturale di foce Bevano) osservando i patterns di sedimentazione/erosione, la risposta ai singoli eventi erosivi, nonché i tassi di crescita in elevazione ed estensione. Le diverse componenti monitorate sono state analizzate in relazione alla dinamica geomorfologica, intesa come aree di accumulo/stabilità/erosione e monitorata tramite tecniche di fotogrammetria Structure from Motion. In conclusione, l’obiettivo dello studio è stato quello di fornire un contributo alla conoscenza delle dinamiche ambientali del sistema costiero, offrendo oltretutto utili indicazioni per la realizzazione di auspicabili interventi di conservazione di questi importanti habitat.
Coastal zone is a transition ecosystem where the interaction of several factors determines a dynamic equilibrium that is extremely sensitive to the impacts of human activities. Now a days the Emilia-Romagna’s coast, like overall Italian coast, suffers from a significant erosive crisis that is worsen by land subsidence and storminess intensification. In this context, the progressive disappearance of costal dune is equivalent to deprive the system from an essential natural defense and resilience element. The object of this study is therefore coastal dunes system not as an isolated element but in the overall perspective of a dynamic and complex system that involves meteo-marine forcing, beach and vegetation. The study starts with a preliminary analysis of evolutionary trends of dune areas, on a century scale, from a quantitative and qualitative point of view. In order to describe physical factors, meteo-marine conditions were defined for the area with particular attentions on potential erosive events such as storm-waves and storm surges, considering current frequency and extreme values. Moreover, natural beaches morphodynamic modal state and closure depth values were assessed. The study of coastal vegetation in terms of spatial sequence showed different situations of disturbance/naturality as well as important relationships between species and morpho-topographical parameters. Research continued then with the actual integrated study focusing on embryo dunes development, in the natural area of Bevano torrent mouth, observing for a year the sedimentation/erosion patterns, the response to single erosive event and growth rates in elevation and extension. The others environmental components monitored were analyzed in connection to geomorphologic dynamic, evaluated in terms of areas of deposition/stability/erosion and surveyed by ground-based and Structure from Motion photogrammetry. In conclusion, the study objective was to provide a contribution to environmental coastal dynamics knowledge, offering moreover useful indications for desirable restoration and conservation actions of this important habitat.
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RIGO, ILARIA. "Valutazione e quantificazione del capitale naturale della fascia costiera Ligure e analisi delle dipendenze da forzanti esterne." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2022. http://hdl.handle.net/11567/1076732.

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Abstract:
La fascia marino costiera ospita ecosistemi tra i più produttivi al mondo, in termini di biomassa e ricchezza specifica. Il loro stock di capitale naturale fornisce un insieme di flussi di risorse essenziali per la vita dell’ambiente stesso e dell’uomo. Tuttavia, lo sviluppo di attività antropiche lungo costa causa un declino dello stato degli ecosistemi e della biodiversità caratteristici degli ecosistemi costieri. Il Mar Ligure, ad esempio, rappresenta un hotspot di biodiversità, come gran parte del Mar Mediterraneo ma, allo stesso tempo, un’area altamente antropizzata caratterizzata da una elevata densità di popolazione e dall’interazione di attività produttive, attrazioni turistiche e centri urbani. Questo progetto di tesi ha un duplice scopo: valutare e quantificare la distribuzione spaziale del valore del capitale naturale e dei flussi ambientali che caratterizzano gli habitat marino costieri del Mar Ligure e analizzare le relazioni che intercorrono tra la distribuzione di tali valori e alcune variabili naturali e antropiche presenti lungo costa, che possono influenzare la capacità del sistema naturale di generare e mantenere il capitale stesso. Attraverso tali obiettivi, questo studio consente di definire lo stato attuale della fascia marino costiera ligure in termini di capitale naturale e flussi ambientali e propone un modello di valutazione di possibili effetti sull’ecosistema marino costiero in presenza di alcune variabili, utile nello sviluppo di pratiche di gestione ambientale sostenibile. Pertanto, la fascia marino costiera della Liguria è stata suddivisa in 43 sezioni spaziali funzionali, dette “unità biomarine”, per ciascuna delle quali sono stati stimati i valori di capitale naturale e flussi ambientali. A tal fine, sono stati raccolti i dati relativi alle biomasse delle comunità bentoniche ed ittiche attingendo dalla letteratura e attraverso campagne di campionamento ad hoc. Seguendo, poi, la procedura descritta in precedenti studi per le Aree Marine Protette (AMP) (Vassallo et al., 2017; Paoli et al., 2018), è stata applicata l'analisi emergetica per valutare il capitale naturale e i flussi ambientali. Tale analisi consiste in una metodologia termodinamica che permette di esprimere quali siano i costi, in termini di risorse impiegate, che la natura deve sostenere per mantenere i processi ecologici in atto negli habitat che costituiscono l’area di studio. L’analisi emergetica consente di quantificare il valore di capitale naturale e flussi ambientali in termini biofisici (solar emergy joule - sej) e, attraverso opportuni fattori di conversione, in termini monetari (emergy euro - em€). Gli equivalenti monetari permettono una più facile comprensione da parte di stakeholder non specializzati e aprono la strada per includere il valore delle risorse marine in contesti socio-economici e politici. Successivamente, sono state individuate una serie di variabili, definite “forzanti”, che insistono lungo l’arco costiero ligure e che possono alterare il sistema e possono, sia direttamente che indirettamente, incidere positivamente o negativamente sui valori di capitale naturale e flussi ambientali e sulla loro distribuzione spaziale. La possibile dipendenza tra la presenza di forzanti e i valori calcolati precedentemente è stata analizzata tramite la tecnica delle foreste casuali (Random Forest). La Random Forest è un metodo di machine learning che genera alberi decisionali a partire da un insieme di dati, per effettuare analisi di regressione e classificazione. Al fine di proporre strategie di gestione della fascia marino costiera, sono stati proposti quattro possibili scenari predittivi, diversificati sulla base dei tipi di forzanti selezionati: • solo naturali; • naturali ed antropiche; • naturali ed antropiche solo con effetto positivo sui valori di capitale naturale e flussi ambientali; • naturali ed antropiche solo con effetto negativo sui valori di capitale naturale e flussi ambientali. Inoltre, alla valutazione oggettiva sopra descritta è stata affiancata una valutazione soggettiva tramite somministrazione di un questionario ad alcuni esperti dell’ambito degli studi marino costieri al fine di poter effettuare un confronto tra i risultati ottenuti da entrambi i metodi. All’interno del questionario è stato chiesto se la presenza delle forzanti influenzi il valore del capitale naturale presente lungo costa positivamente o negativamente e l’intensità della pressione esercitata, attribuendo un punteggio, dalle forzanti (punteggio da 1 a 7). Dunque, sia l’applicazione dell’analisi di regressione sia la somministrazione dei questionari hanno consentito di indagare quanto la presenza o assenza di alcune forzanti possa influenzare i valori di capitale naturale e flussi ambientali e la loro distribuzione lungo costa. Il valore di capitale naturale complessivo per la fascia marino costiera ligure è risultato di circa 2,11 miliardi em€ e ha mostrato valori maggiori (mediamente superiori del 22%) all’interno delle unità biomarine appartenenti alle AMP, dimostrando l'efficacia delle misure di protezione adottate. Tale valore dovrà essere mantenuto costante nell’ottica di preservare il capitale naturale intatto al fine di garantire la fornitura dei servizi almeno al livello attuale. Dall’analisi di dipendenza è emerso come le forzanti antropiche influiscano maggiormente sul valore del capitale naturale e sulla sua distribuzione rispetto a quelle naturali. Infatti, lo scenario sviluppato considerando la presenza di forzanti antropiche positive ha evidenziato un aumento del valore del capitale, confermando come le misure di protezione possano essere fondamentali per gestire e conservare il capitale naturale. Risposte simili sono state ottenute anche dalla somministrazione dei questionari, evidenziando un’influenza maggiore da parte delle misure di protezione ambientali. Lo sviluppo di questa tesi ha permesso di individuare un indicatore sintetico, ma allo stesso tempo informativo, che consente di monitorare lo stato del capitale naturale della costa ligure e di individuare le forzanti, sia positive, sia negative che maggiormente influenzano il valore in modo da poter operare su di esse in termini di monitoraggio e gestione.
Coastal marine ecosystems are among the most productive worldwide (UNEP, 2006; Hattam et al., 2015), in terms of biomass and specific richness. Their stock of natural capital provides a set of resource flows essential for the environment itself and human well-being. However, the development of anthropic activities along the coast causes a decline in ecological status and biodiversity characteristic of ecosystems (Halpern et al., 2008; Haines-Young and Potschin, 2010). The Ligurian Sea is a biodiversity hotspot in the context of the Mediterranean Sea, but it is a highly anthropized area characterized by high population density, productive activities, tourist attractions and urban centers. This thesis project aims: 1. to assess and quantify the spatial distribution of the natural capital and environmental flows values of Ligurian Sea coastal marine habitats and 2. to analyze the relationships between the distribution of these values and some natural and anthropogenic variables present along the coast, which may influence the capacity of the natural system to generate and maintain the natural capital itself. Through these objectives, this study allows to identify the current status of the Ligurian marine coastal zone in terms of natural capital and environmental flows, and proposes a model to assess possible effects on the marine coastal ecosystem of some variables, useful in the development of sustainable environmental management practices. The marine coastal area of Liguria (NW Italy) was divided into 43 functional spatial sections, hereinafter referred as "biomarine units". Natural capital and environmental flows were estimated for each biomarine unit. To this end, benthic and fish communities biomasses were collected from literature and through ad hoc sampling campaigns. Following the procedure described in previous studies for the Marine Protected Areas (MPA) (Vassallo et al., 2017; Paoli et al., 2018), the emergy analysis was applied to assess natural capital and environmental flows. Emergy is a thermodynamic methodology that allows to evaluate the biophysical value of a system, accounting for the resources nature invests to maintain the ecological processes happening in the habitats of the study area (Odum 1996; Ulgiati and Brown, 2009). It allows to quantify the values of natural capital and environmental flows in biophysical terms (solar emergy joule-sej) and, through appropriate conversion factors, in monetary equivalents (emergy euro-em€). Monetary equivalents allow an easier understanding by not skilled stakeholders and open the way to include marine resources value in socio-economic and political contexts (Vassallo et al, 2009; Buonocore et al., 2021). Subsequently, a series of variables, hereinafter referred as "forcings", which insist along the Ligurian coastal zone affecting the values of natural capital and environmental flows and their spatial distribution, either directly or indirectly, positively or negatively. the possible influence of variables on the ability of the natural system to generate natural capital and environmental flows was verified through a regression analysis (Random Forest). The Random Forest is a machine learning method that generates decision trees from a set of data in order to perform regression and classification analyses. In order to suggest management strategies for the marine coastal zone, four possible prediction scenarios were proposed, diversified on the basis of the types of forcings: - natural only; - natural and anthropogenic; - natural and anthropogenic only with positive effect on the natural capital and environmental flow values; - natural and anthropogenic only with a negative effect on the natural capital and environmental flow values. Furthermore, this objective evaluation was completed by a subjective one through the questionnaire administration to some experts in the coastal studies (Delphi method) in order to compare the results obtained by both methods. The questionnaire asked whether the forcing presence influences positively or negatively the natural capital value and the intensity of the pressure exerted by the forcings (score from 1 to 7). Both the application of regression analysis and the questionnaires administration permitted to investigate the extent to which the presence or absence of forcings may influence the values of natural capital and environmental flows and their distribution along the coast. The total natural capital value for the Ligurian marine coastal zone was approximately 2.11 billion em€ and showed higher values (on average 22% higher) within the biomarine units belonging to the MPAs, demonstrating the effectiveness of the protection measures adopted. This value will have to be kept constant to preserving the natural capital intact in order to guarantee the provision of services at least at the current status. The dependency analysis showed that anthropogenic forcings had a greater influence on the value of natural capital and its distribution than the natural ones. In fact, the scenario developed considering the positive anthropogenic forcings showed an increase in the natural capital and environmental flows values, confirming the usefulness of protection measures. Similar responses were also obtained from the questionnaires, showing a greater influence of the environmental protection measures. The development of this thesis allowed to identify a synthetic, but at the same time informative, indicator that monitors the status of the natural capital of the Ligurian coast and to identify the positive and negative forcings that have the greatest influence on its value in order to monitor and manage it.
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Cirelli, Gianluca. "Impatto degli interventi antropici di difesa costiera sulla struttura e distribuzione della popolazione di Lentidium mediterraneum (Mollusca bivalvia)." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amslaurea.unibo.it/3218/.

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Abstract:
Il presente elaborato si inserisce all’interno del progetto THESEUS (Innovative Technologies for safer European coasts in a changing climate), nella sezione denominata “work package 3”. I principali obiettivi di questo studio sono: 1) valutare l’impatto delle differenti strategie di difesa di zone intertidale dell’ecosistema spiaggia lungo il litorale dell’Emilia-Romagna; 2) analizzare nel dettaglio la struttura e la distribuzione del microbivalve Lentidium mediterraneum, tipico do questa zona, per valutarne un eventuale utilizzo nei progetti di monitoraggio e analisi degli impatti antropici legati alle variazioni morfodinamiche. Sono state scelte tre spiagge: Cesenatico, in cui da molti anni sono presenti strutture di difesa rigide della spiaggia, e dove ogni anno, al termine della stagione estiva, vengono costruite delle dune artificiali, rimosse a fine primavera, per proteggere gli stabilimenti balneari dalle mareggiate invernali; Cervia, in cui sono presenti solo le dune artificiali stagionali; Lido di Dante, considerato naturale per l’assenza di strutture di protezione. Il campionamento è stato effettuato in 3 tempi per ciascun sito. 2 tempi senza le dune artificiali, e uno con. Per ciascun sito e ciascun tempo sono stati replicati 3 transetti, random, per ogni livello di marea. Sono stati prelevati campioni per un totale di 14879 individui e identificati 40 taxa. Da questi sono stati estratti gli esemplari di Lentidium mediterraneum da analizzare. Le analisi uni e multivariate effettuate sull’intera comunità hanno messo in evidenza differenze fra le spiagge, fra i tempi di campionamento e i livelli di marea. Si è, inoltre evidenziato come tali differenze fossero in parte dovute alle densità di Lentidium mediterraneum. Oltre alle analisi classiche nel presente lavoro di tesi è stato proposto un modello concettuale di trasporto del Lentidium mediterraneum che se validato confermerebbe la possibilità di utilizzare il microbivalve come “proxy biologico”.
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Pagliarani, Arianna. "Potenzialità di utilizzo di dati satellitari Sentinel-2 a supporto di procedure di Sensitivity Mapping in area costiera." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021.

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Abstract:
L'inquinamento da oil spill risulta una tra le principali cause dell'inquinamento marino. Esso può avere un grave impatto economico e biologico, causando danni sostanziali agli ecosistemi marini. Nel tempo, a seguito di grandi incidenti a petrolifere, si è affermata l'importanza della realizzazione di un quadro generale delle zone costiere sensibili e di conoscere tutti i fattori che permettono la previsione degli spostamenti delle quantità di idrocarburi sversate. A partire dagli anni '70, vari enti a livello nazionale e globale hanno sviluppato delle linee guida per la prevenzione, il monitoraggio e l’intervento in caso di oil spill, in particolare per la creazione delle cosidette Environmental Sensitivity Index (ESI) Maps. Esse forniscono un quadro generale della sensibilità delle coste agli sversamenti di idrocarburi in base al litorale, alle risorse biologiche e alle risorse per uso umano. Obiettivo dell'elaborato è esaminare la possibilità di utilizzare le immagini multispettrali gratuite fornite dalle piattaforme satellitari Sentinel-2 a supporto di procedure di generazione di Environmental Sensitivity index ESI maps. In particolare, si è valutata in una vasta area di studio la realizzazione della classificazione del litorale secondo l'indice ESI (che assegna alle varie tipologie di costa una classe in funzione della sensibilità agli sversamenti da petrolio) analoga a quella prodotta dalla National Oceanographic and Atmospheric Administration (NOAA).
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Zimbone, Alessia. "Le Briofite come bioindicatori ambientali nell'area costiera del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano (Italia Meridionale)." Doctoral thesis, Università di Catania, 2012. http://hdl.handle.net/10761/1058.

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Abstract:
In questo lavoro sono state utilizzate le briofite per avere informazioni sulla qualità ambientale del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano (PNCVD). A tale scopo è stato condotto uno studio a carattere prettamente floristico-ecologico per il quale è stata evidenziata la biodiversità briofitica in ogni sito di monitoraggio. Lo studio si è articolato in tre fasi principali: raccolta in campo, determinazione dei campioni in laboratorio e analisi dei dati. Dopo aver illustrato gli aspetti geomorfologici, climatici e vegetazionali del territorio oggetto di studio, è stato redatto un elenco floristico delle specie briofitiche presenti nel territorio. Nell elenco floristico viene riportato in ordine sistematico l elenco dei taxa rinvenuti nell area costiera del Parco e per ogni taxon vengono riportate le esigenze floristiche, le forme di vita, le strategie di vita, gli indici ecologici, il grado di emerobia, la sensibilità all SO2, la categoria corologica e le località di rinvenimento. Lo studio della brioflora dell area costiera del PNCVD ha messo in evidenza la presenza di 115 taxa specifici ed intraspecifici (104 muschi e 11 epatiche), di cui 44 nuovi per il Parco, mostrando un elevato grado di biodiversità briofitica dell area indagata. In conclusione, dai dati emersi da questo studio la qualità e la salute dell ambiente costiero del PNCVD appaiono complessivamente buone ad indicare che nei tempi presenti e passati il territorio è stato ed è in larga parte rispettato e ben gestito, confermando così l alto valore ambientale dell area indagata. Infine, l esperienza condotta, fa sicuramente riflettere sull importante ruolo delle briofite che, presentano di certo un alto valore predittivo sulla qualità dell ambiente, tanto da collocarle tra i migliori bioindicatori.
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Sabbatini, Flavia. "Numerical modelling of crown walls placed on smooth dikes with SPH-based DualSPHysics model." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020.

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Abstract:
L’esigenza di questo lavoro nasce dall'adeguamento delle strutture di difesa costiera al cambiamento climatico che comporta un aumento in numero ed intensità degli eventi meteorici e un innalzamento del livello del mare. La modellazione fisica, che permette di progettare e testare l’efficacia delle strutture già esistenti è una pratica che richiede tempo e denaro e, nella maggior parte dei casi, l’obbligo di ricorrere a rappresentazioni in scala ridotta. Per tale ragione, è molto forte lo sviluppo di modelli numerici che rispondano alle leggi della meccanica dei fluidi e che ne forniscano una soluzione affidabile come strumento di supporto alla modellazione fisica. Lo scopo di questa tesi è quello di validare, sulla base di dati sperimentali, un nuovo modello numerico che sia di supporto alla progettazione di opere di ingegneria costiera. Tale strumento, è un modello numerico basato sull’idrodinamica delle particelle costituenti la materia, fluida o solida i.e. Smoothed Particle Hydrodynamics, chiamato DualSPHysics. A differenza dei classici modelli numerici basati su un approccio di tipo euleriano, il modello SPH prescinde dall’utilizzo di mesh discretizzando il dominio in particelle sferiche che interagiscono con ogni particella vicina nel raggio di una particolare lunghezza, detta smoothed length. Attraverso un’interfaccia grafica che rende il codice DSPH utilizzabile anche dall’utente meno esperto, i.e. FreeCAD v.0.18, è stato modellato un set di casi fisicamente riprodotti presso il LIDR dell’Università di Bologna nel 2019. La struttura testata consiste in una barriera di protezione costiera dotata di muro di coronamento. Le diverse configurazioni testate sono il risultato della combinazione di diversi elementi costruttivi, come la pendenza del paramento lato mare, l’emergenza relativa della cresta della struttura rispetto all’altezza d’onda incidente, e differenti attacchi ondosi.
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Legnaro, Stefano. "Caratterizzazione e analisi di rischio di un ex punto vendita carburante nell'area costiera ferrarese: applicazione del software Risk-net." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amslaurea.unibo.it/3279/.

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VANNI, EDOARDO. "Sistemi agro-silvo-pastorali in un contesto dell’Etruria costiera. Aspetti conservativi del paesaggio in una prospettiva di lunga durata." Doctoral thesis, Università di Foggia, 2014. http://hdl.handle.net/11369/335328.

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Abstract:
Dalla fine dell’età del Bronzo alla tardantichità. Il dibattito sulla transumanza, tra vecchie e nuove certezze. Lo studio diacronico dell’allevamento, e in particolare dell’allevamento transumante, deve essere correlato con la molteplicità di ambiti geografici e culturali - pianura, montagna, organizzazione sociale etc. - nei quali fu praticato: ad oggi alcuni risultano indagati in modo approfondito, in ambito micro o sub-regionale, mentre altri sono solo in parte conosciuti1. Le sempre più diffuse strategie di ricerca multidisciplinare accrescono progressivamente le nostre conoscenze, soprattutto nel caso di indagini realmente integrate; parallelamente, accanto a studi più propriamente storico-archeologici, la landscape archaeology evidenzia in un'ottica diacronica i contesti ambientali, il tessuto degli insediamenti, delle risorse, delle attività produttive, e fornisce dati per lo studio del popolamento2. Al tempo stesso, si aprono sempre nuove applicazioni e prospettive (grazie, soprattutto alle indagini naturalistiche, paleoecologiche e archeozoologiche) e si accentua l’esigenza che i dati vengano trattati e acquisiti in modo da essere comparabili: più si affinano le strategie di ricerca più si ampliano i campi di indagine secondo una prospettiva globale nel metodo e contestuale nei fini. La grande transumanza, cioè quella a lungo raggio, è divenuta protagonista dell’interesse e della discussione e ha spesso eclissato l’attenzione per l’allevamento transumante entro ambiti circoscritti, l’allevamento stanziale e la pastio villatica. La discussione, condotta da storici, archeologi e topografi, si è imperniata sull’articolazione diacronica, in particolare sulla continuità o discontinuità della transumanza (con specifico riferimento alla scansione tra le fasi preromana, romana, tardo antica ed altomedievale), sui prodotti ed i mercati civili e militari del grande allevamento. Questa contrapposizione di scala ha originato anche il grande 1 M. PASQUINUCCI, Montagna e pianura: transumanza e allevamento, in Espaces intégrés et ressources naturelles dans l’empire romain, Actes du colloque de l’Université de Laval (Québec, 5-8.IV.2003), éd. M. Clavel-Lévêque - E. Hermon, Besançon, Presses Universitaires de Franche-Comté, 2004, pp. 165-178; M. CORBIER, La transhumance aperçues historiographiques acquis récents, in La question agraire à Roma. Droit romain et société, perception historiques et historiographiques, éd. H. Hermon, Como, Edizioni New Press, 1999, pp. 37-56, con particolare attenzione alla transumanza duranti il peridodo romano, ma con interessanti riflessioni sulla fortuna di questo particolare soggetto storico, nella storiografica italiana e francese. 2 Per un quadro ‘evolutivo’ della Landscape Archeology, con particolare riferimento al mondo anglosassone e all’archeologia storico antropologica mediterranea, A. LAUNARO, Concerning Landscape, «Agri Centuriati. An International Journal of Landscape Archaeology», I (2004), pp. 31-41. Il progetto Populus, fu il primo vero tentativo di riunire le esperienze di archeologia dei paesaggi maturate nei differenti paesi europee, ma anche di creare un’uniformità metodologica ed epistemologica sulle procedure d’analisi e sulle modalità interpretative; per gli aspetti metodologici The Archaeology of Mediterranean Landscapes, ed. G. Barker - D. Mattingly, Oxford, Oxbow, 1999-2000, voll. 1-5, I; per quelli demografici Reconstructing Past Population Trends in Mediterranean Europe, ed. J. Bintliff – K. Sbonias, Oxford, Oxbow, 1999; per le ricostruzioni ambientali e geopedologiche Environmental Reconstruction in Mediterranean Landscape Archaeology, ed. P. Leveau et alii, Oxford, Oxbow, 1999; per l’applicazione dei metodi GIS al paesaggio Geographical Information System and Landscape Archaeology, ed. M. Gillings et alii, Oxford, Oxbow, 1999; per i metodi non distruttivi di analisi Non-Destructive Techniques Applied to Landscape Archaeology, ed. M. Pasquinucci - F. Trément, Oxford, Oxbow, 2000; per i metodi ed i risultati nell’applicazione della ricognizione archeologica nel paesaggio antropizzato del mediterraneo Extracting Meanings from Ploughsoil Assemblages, ed. R. Francovich - H. Patterson, Oxford, Oxbow, 2000; per le critiche al Populus Project J. F. CHERRY, Vox POPULI: Landscape archaeology in Mediterranean Europe, «Journal of Roman Archaeology», XV (2002), pp. 561-573. Per quanto concerne l’archeologia dei paesaggi in Italia G. BARKER, L’archeologia del paesaggio italiano: nuovi orientamenti e recenti esperienze, «Archeologia Medievale», III (1986), pp. 7-29; F. CAMBI - N. TERRENATO, Introduzione all’Archeologia dei Paesaggi, Roma, Carocci, 1994 e da ultimo Manuale di archeologia dei paesaggi. Metodologie, fonti, contesti, a cura di F. Cambi, Roma, Carocci, 2011. dibattito tra la spiegazione geografica e quella politica sull’origine della transumanza e sui metodi da utilizzare per l’indagine di tali sistemi3. Temi e obiettivi Flussi transumanti, poleogenesi e pratiche agro-silvo-pastorali nell'Etruria settentrionale dal Ferro al Tardo Antico. L'area della Toscana meridionale fu interessata dal fenomeno della transumanza non solo tra Medioevo ed Età Moderna, ma anche a partire dall'età del Bronzo, con modalità, probabilmente differenti e ancora del tutto da delineare4. Resta infine una questione aperta la conoscenza del popolamento e delle pratiche agro-silvo-pastorali attivate sin dall’età del Bronzo e del primo Ferro in questo contesto, necessarie per dar conto delle numerose ‘stazioni’ protostoriche presenti nell'area, con frequentazione in molti casi ‘stagionale’ e così riflettere sul fenomeno poleogenetico tra Bronzo Finale e primo Ferro. Tale fenomeno in questa particolare zona dell’Etruria conobbe sviluppi del tutto particolari rispetto alla formazione delle città etrusche più a sud, e costituì la cifra distintiva di questo territorio dando vita a quella separazione tra Etruria meridionale ed Etruria settentrionale che, se pur sfumata, resterà del tutto operante per l’epoca romana5. In questo senso riteniamo che tale differenza possa essere rintracciata in forme economico-sociali a forte matrice conservativa, di cui il pastoralismo può aver costituito un fattore non del tutto marginale. La storiografia sulla transumanza attraverso la Toscana, pur ricca e accurata, si è fortemente concentrata sull'Età Moderna - a dispetto della precocità di tale fenomeno fin dal Medioevo e alle tracce della sua presenza anche in epoca antica e nell'Età del Bronzo - , in particolare per lo studio dei percorsi e delle frequentazioni pastorali, tendendo a privilegiare il recupero della memoria e la 3 F. BRAUDEL, Civiltà e imperi del Mediterraneo nell'età di Filippo II, Torino, Einaudi, 1986, 2 voll., I, pp. 83 e sgg.; O. DELL'OMODARME, Le dogane di Siena, di Roma e di Foggia: un raffronto dei sistemi di "governo" della transumanza in età moderna, «Ricerche storiche», XXVI (1996), 2, pp. 259-260; M. PASQUINUCCI, La transumanza nell'Italia romana, in E. GABBA - M. PASQUINUCCI, Strutture agrarie e allevamento transumante nell'Italia romana, Pisa, Giardini, 1979, pp. 79-91; F. CAZZOLA, Ovini, transumanza e lana in Italia dal medioevo all'età contemporanea, in Percorsi di pecore e di uomini: la pastorizia in Emilia Romagna dal Medioevo all'età contemporanea, Bologna, Clueb, 1993, pp. 11-14.; 4 A. CIACCI - M. FIRMATI, La valle dell'Ombrone in periodo etrusco e romano, in Ombrone. Un fiume tra due terre, a cura di G. Resti, Pisa, Pacini Editore, 2009, pp. 15-16; Come sappiamo oramai dalle analisi archeozoologiche disponibili per numerosi contesti dell’Etruria meridionale e settentrionale, l’attività pastorale prevale nettamente sull’allevamento bovino e suino seguendo un trend che già si era avviato sin dalla media età del Bronzo. Analizzando complessivamente tutti gli insediamenti del periodo si nota come le percentuali degli ovicaprini aumentino da circa il 23,1% del Bronzo medio al 34,2% del Bronzo Recente fino al 49,7% circa del Bronzo Finale. Forse siamo di fronte a una prima tesaurizzazione del bestiame domestico. Il surplus di pecore (il pecus del mondo latino) potrebbe andare a costituire parte della ricchezza mobile dei ceti sociali più ricchi, J. DE GROSSI MAZZORIN, Economie di allevamento in Italia centrale dalla media età del Bronzo alla fine dell’età del Ferro, in Settlement and Economy in Italy, 1500 BC-AD 1500. Papers of the Fifth Conference of Italian Archaeology, ed. N. Christie, Exeter, Oxbow, 1995, (Oxbow Monograph 41), pp. 167-177. Questi aspetti vanno certamente collegati con le forme insediative, i fallimenti ed i successi di alcuni siti rispetto ad altri, in chiave di trasformazioni di lunga durata. Se però nell’Etruria meridionale nel periodo protovillanoviano e poi villaniaviano, il quadro muta nuovamente in favore della suina, per l’Etruria settentrionale e interna la pastorizia sembra continuare a rivestire un ruolo economico di primo piano. Il fatto poi che il fenomeno poligenetico conosca le sue precoci e più complete manifestazioni nell’Etruria meridionale (in virtù proprio di quel surplus?) in anticipo su quanto avviene invece in Etruria settentrionale, potrebbe essere dovuto proprio a scelte legate al sistema produttivo pastorale piuttosto che agricolo. 5 La separazione tra le ‘due Etrurie’ ha una tradizione storiografica molto lunga. Dal punto di vista ‘archeologico’ queste differenze, sia sociali che economiche, se particolarmente evidenti alle soglie del Primo Ferro, con un ritardo nella formazione della proto-città e della città dell’Etruria settentrionale rispetto alle città meridionali e centro-tirreniche, tendono a sfumare in epoca romana o per lo meno a mutare le proprie gerarchie e modalità di strutturazione. In generale si veda G. CAMPOREALE, Etruria meridionale (ed Etruria settentrionale?), in Dinamiche di sviluppo delle città nell’Etruria meridionale. Veio, Caere, Tarquinia, Vulci, Atti del XXIII convegno di Studi Etruschi ed Italici (Roma, Veio, Cerveteri, Pyrgi, Tarquinia, Tuscania, Vulci, Viterbo, 1-6.X.2001), Pisa-Roma, Fabrizio Serra editore, 2005, pp. 15-20. descrizione piuttosto che l'analisi, in particolare della sua influenza e del suo legame con la costruzione del paesaggio storico; risulta così assente una prospettiva interdisciplinare e di lunga durata6. Il ruolo dell’ecologia storica per la ricostruzione delle strategie agro-silvo-pastorali. L’osservazione diretta a livello micro-topografico delle associazioni vegetali presenti in un determinato areale, sono la traccia ‘vivente’ di una specifica storia che ha condotto a quella specifica associazione vegetale. Le specie che occupano uno spazio definito sono il risultato di un interazione non casuale, tra clima, pedologia, fauna ed azione antropica7. Analizzando la flora si ottiene una conoscenza indiretta dei fattori ecologici che determinano un dato ambiente (climatici, orografici, edafici, biotici). Tra i fattori biotici, quello che a noi interessa in chiave di una ricostruzione ‘olistica’ dei sistemi agro-silvo-pastorali, sono compresi appunto quelli antropici8. Il singolo popolamento così ricostruito in associazione ad un determinato ed ipotetico ambiente, diviene ‘caratteristico’ e costituisce un sistema di riferimento valido a diverse scale, da quella sub-regionale a quella sub- continentale9. All’interno di questo sistema di riferimento multiplo le specie diventano così ‘indicatrici’ di un dato ambiente: alcune specie possiedono caratteristiche auto ecologiche così peculiari da renderle rilevatrici indirette, di pregresse o attuali condizioni ambientali10. La differenza con l’ecologia storica analitica non è di poco conto. Quest’ultima si concentra piuttosto sulla specificità del sito, sviluppando una correlazione tra il comportamento ecologico attuale delle specie (o dalla vegetazione desumibile dai diagrammi pollinici) e le pratiche di gestione pregresse o attuali alla scala locale, senza inferire un modello di associazione vegetale teorico. Ai fini dell’interpretazione storica e delle procedure analitiche, di estremo interesse sono soprattutto le specie ei gruppi di specie ‘anomale’, rispetto alla vegetazione dominante di un sito: questo rumore di fondo costituisce la memoria delle comunità vegetali pregresse, indicatrici di un ambiente oggi scomparso, ma soprattutto unica traccia di una gestione oramai scomparsi11. Negli studi di fitosociologia è basilare invece la comparazione tra gli ecosistemi attuali e quelli potenziali che definiscono la storia evolutiva o involutiva di un ambiente12. I modelli predittivi creati dalla fitosociologia, le serie 6 Si veda ad esempio in Bibliografia i testi di Marcaccini, Calzolai, Rombai, Barsanti, Dell'Omodarme. Imberciadori è stato l'unico ad occuparsi della Dogana dei Paschi di Siena nel XV secolo con l'edizione dello Statuto del 1419: I. IMBERCIADORI, Il primo Statuto della Dogana dei Paschi maremmani, in ID., Per la storia della società rurale. Amiata e Maremma tra il IX e il XX secolo, Parma, La Nazionale Tipografica, 1971, ora in ID., Studi su Amiata e maremma, a cura di Z. Ciuffoletti - P. Nanni, Firenze, Accademia dei Georgofili, 2002. 7 Il sistema determinato da specie diverse in equilibrio, che interagiscono tra di loro, costituisce un’associazione vegetale. Lo studio dell’associazione vegetale è oggetto della fitosociologia, sulla scorta delle teorie elaborate dallo svizzero Braun. Blanquet (1884-1980). L’assunto è che a una determinata associazione vegetale corrisponda uno specifico ambiente e viceversa. 8 Per il concetto di ricostruzione olistica dei sitemi agro-silvo-pastorali si veda l’esperienza svedese di Ishe, Lindhal 2000 che utilizzano concetti come holistic landscape, h. indices, h. parametres etc.. Il significato è mutuato da Troll 1939, 1968. 9 Braun-Blanquet 1964. 10 Pignatti 1997. 11 È interessante notare come le dinamiche vegetative che seguono l’abbandono di una pratica, risultino indicative della medesima. Sperimentazioni condotte sulle specie vegetali più indicative di pascolo, hanno mostrato come al variare delle proprietà dell’ecosistema (microclima, micro topografia, luce, pH etc.), le medesime possono reagire in modi diversi: rimanere in situ, se sono specie altamente competitive o hanno una ricca banca semi nel suolo, o sparire del tutto conservando però la loro memoria nella banca semi del suolo.si è visto sperimentalmente che rimuovendo parti della copertura vegetale può stimolare la germinazione dei semi, facendo riapparire ad esempio un prato da fieno (Marañón 1986; Jonsson 1995; Losvik 1999; Rosef 2004 per le prove sperimentali). 12 Biondi 2001. In questo senso Brun 2011 per la zona della Franche-Comté, ha comparato la vegetazione potenziale con i pollini sedimentati (comparison of the vegetation and its pollen rain, p. 141), per inferire il grado di ‘disturbo’ antropico sullo sviluppo atteso, costituendo allo stesso tempo una serie di strong indicators of human activities. L’obiettivo non troppo velato è stabilire se le native plants and aliens introduced long ago (archaeophytes), or more recently (neophytes) abbiano potuto costituire una vegetazione ‘possibile’ di là dell’intervento umano. predittive e regressive basate sul concetto di climax13, offuscano in parte o del tutto i fattori storici responsabili dell’ecologia di un sito. Ogni paesaggio come più volte ricordato non è né totalmente naturale, né totalmente culturale: parafrasando le parole di K. Krzywinski nell’introduzione del suo studio sulla regione tra il Nilo e il Mar Rosso,bisogna accettare l’idea che tutti i landscapes siano cultural landscapes, implica riconoscere che i processi ecologici debbano essere visti in contesti storicamente determinati14. La ‘svolta culturale’ in geografia, così’ com’è stata definita da M. Quaini, corre il rischio di identificare i paesaggi solo per la loro valenza simbolica, mitica e percettiva, trascurando le valenze materiali e socio-economiche15. L’archeologia, lo studio della cultura materiale e della storia di un sito sono dunque decisive per decifrare i cambiamenti ambientali visibili nella vegetazione attuale o desumibili dalle analisi polliniche. L’etnobotanica svolge in questo frangente il ruolo dell’archeologia sperimentale e dell’etnoarcheologia: osserva l’evoluzione della flora in quei sistemi mantenuti con tecniche tradizionali o riproduce le dinamiche di interazione tra sfruttamento e gestione delle risorse (come il pascolo ripetuto, il ronco, la capitozza tura etc.) con la vegetazione, verificando le conseguenze dell’abbandono di talune pratiche16. In questo quadro così sommariamente tracciato, ci preme rilevare come la complessità del paesaggio emerga ancora una volta in tutta la sua forza. Le categorie etiche di classificazione del paesaggio (naturale, sub- naturale, semi-naturale, culturale etc.) spingono alcuni fenomeni storici nella condizione di invisibilità. La scommessa sarebbe quella quindi di istituire delle categorie analitiche (emiche) che tengano conto di tutti i fattori che costituiscono quel complesso palinsesto che è il paesaggio, e delle relazioni costituite storicamente attorno ad una determinata pratica, riportando alla luce le modalità di gestione delle risorse, paesaggi e strutture socio-economiche. Costituire una serie documentaria di ‘specie indicatrici’ di un dato comprensorio vorrebbe dire accrescere le potenzialità storico-archeologiche del paesaggio, poter rispondere a vecchie domande o porne di nuove. Sviluppare le connessioni esistenti tra la presenza di determinate specie e le modalità di uso del suolo, ci porterebbe al di là dall’individuare i classici indicatori antropogenici che consentono di stabilire genericamente un qualche uso del suolo da parte di una comunità attraverso le sue conseguenze sulla vegetazione, individuando con più precisione le pratiche specifiche di gestione (sfalcio, pascolo, uso del fuoco etc.)17. Il nostro contesto in esame possiede già tutta una serie di siti per cui sono disponibili delle sequenze polliniche in grado di restituirci il quadro evolutivo della vegetazione e dell’uso del suolo per il periodo da noi preso in esame. La sfida sarà quella di reinterpretare questi dati alla luce della particolare prospettiva della pratica della transumanza e delle scelte agro-pastorali del comprensorio, tenendo conto della strettissima relazione tra composizioni fitosociologiche e scelte insediative ed economiche dell’uomo. I resti faunistici come indicatori di accumulazione e pratiche pastorali. In generale dobbiamo dire che i siti di cui si possono seguire le variazioni diacroniche per il nostro contesto, e prendendo in esame anche altri siti dell’Etruria meridionale, interna e settentrionale (Pitigliano, Luni sul Mignone, M. Rovello ad esempio)18, e analizzando la composizione percentuale delle tre principali specie di animali domestici in senso cronologico, si può notare come in Etruria meridionale si sia verificato un leggero cambiamento di indirizzo delle pratiche di allevamento19. Dalle analisi archeozoologiche si nota come nel periodo villanoviano l’attività pastorale prevale 13 Russell 1997. 14 Krzywinski 2001. 15 Quaini 2005, 2006. 16 Pollock et alii 2013 sulle prove sperimentali delle conseguenze di una diminuita sheep grazing pressure, con bibliografia. 17 Il pericolo che si nasconde dietro l’utilizzo di questi strumenti euristici, è quello di appiattire la specificità di un dato contesto o di una data epoca in uno sfondo privo di storicità. 18 De Grossi Mazzorin 1985 per Pitigliano; per Luni sul Mignone Gejvall 1967; Lepiksaar 1975; per Monte Rovello Caloi, Palombo 1986. 19 De Grossi Mazzorin 2001: p. 325, 2006: p. 90, nettamente sull’allevamento bovino e suino seguendo un trend che già si era avviato sin dalla media età del Bronzo. Analizzando complessivamente tutti gli insediamenti del periodo si nota come le percentuali degli ovicaprini aumentino da circa il 23,1% del Bronzo medio al 34,2% del Bronzo Recente fino al 49,7% circa del Bronzo Finale. Queste conclusioni erano già ben presenti nello studio di Giovanni Puglisi Carratelli sulla nascita e diffusione della Civiltà Appenninica del 1969, pur considerando in maniera marginale i dati archeozoologici disponibili a quel tempo20. La coincidenza delle presenza di stazioni di questa civiltà con i valichi montani e in zone chiave delle pianure costiere, veniva messo in relazione agli spostamenti stagionali transumanti, pur non esaurendone fino in fondo tutte le implicazioni21. Di solito si tende a considerare la pastorizia come tipica e predominante del Bronzo Medio (facies Appenninica), una pratica in cui la mobilità rappresenta il tratto distintivo e in cui la presenza di stazioni stagionali, fa di questo sistema non solo il caposaldo dell’economia di questo periodo e di queste società ma pone specifici indirizzi alla strategia insediativa, mentre invece il Bronzo Recente e Finale (facies subappenninica e protovillanoviana) sono considerati più basati su un’economia mista in cui si realizza l’integrazione fra fenomeni sedentari legati allo sfruttamento agricolo con fenomeni di allevamento stagionale. L’incremento sostanziale dell’allevamento per quest’ultimo orizzonte cronologico, risulta con tutta evidenza dai dati archeozoologici e come abbiamo avuto modo di verificare per il nostro contesto, è particolarmente evidente a Scarceta, dove si avverte il cambio del peso degli ovicaprini (almeno per i dati disponibili per il numero di individui), a Pitigliano e a Sorgenti della Nova22. Tale percentuale, come sembrano confermare i campioni provenienti da alcuni contesti dell’Etruria meridionale (ad esempio Cretoncini a Traquinia e Gran Carro a Bolsena), sembra mantenersi costante ancora nel IX sec. a.C., mentre dall’VIII secolo fino a tutto il periodo arcaico invece tale percentuale sembra calare23. L’aumento percentuale delle greggi nel Bronzo finale potrebbe anche trovare una spiegazione nelle modificazioni sociali verificatesi in 20 Puglisi Carratelli 2005, soprattutto Cap. III. sull’attualità del pensiero di Puglisi si veda da ultimo Manfredini 2005; Caneva 2005 21 Puglisi Carratelli 2005 : p. 18. Nell’idea di Puglisi Carratelli, l’appennino non rappresentava il luogo di permanenza di questi popoli, ma piuttosto un luogo di confluenza identitaria e culturale, vero luogo di osmosi fra gruppi umani, mentre le basi principali erano situate nelle pianure o nelle fasce collinari costiere. 22 A Sorgenti della Nova come abbiamo visto il numero cospicuo di resti suini (circa il 75%), proveniva essenzialmente da un contesto di tipo cultuale (la Grotta 10), che ha fortemente modificato la composizione del campione (Caloi, Palombo 1981; già notato in Rendeli 1993: p. 142; Bartoloni et alii 1997: p. 121). Analisi successive di resti provenienti da contesti abitativi hanno confermato la prevalenza degli ovicaprini (Bartoloni et alii 1997: p. 122; De Grossi Mazzorin 1998). Anche se i resti faunistici provenienti da contesti cultuali possono essere poco indicativi sulla presenza di bestiame e sulla loro importanza relativa, l’analisi osteometrica può essere indicativa del progressivo miglioramento diuna razza a scopo allevatizio, come è stato desunto dai resti del contesto cultuale del santuario di pescocchiaro, De Grossi Mazzorin 1995c. 23 A Gran Carro i reperti faunistici provengono dagli scavi degli anni 1965 e 1966 (De Grossi Mazzorin 1995b) e dalle campagne di scavo del 1974 e 1980 (Pennacchioni 1977; Costantini et alii 1987), e si inquadrano cronologicamente nel IX secolo a.C. Gli ovicaprini sembrano essere rappresentati esclusivamente dalle pecore e costituiscono la specie domestica più rappresentata, anche se in base alla quantità di carne che forniscono, l’apporto proteico era dovuto principalmente all’allevamento bovino e alla caccia del cervo. Un così alto contributo alimentare dovuto alla caccia è abbastanza insolito per insediamenti di questo periodo, basti pensare che a Tarquinia- Cretoncini, sempre nel IX secolo a.C., la selvaggina è scarsamente documentata (De Grossi Mazzorin 2006: p. 81). Per lo scavo si veda Camerini, Fioravanti 1977; Tamburini 1995. A Tarquinia la fauna rinvenuta negli scavi condotti nel 1990-1991 su Poggio Cretoncini, nelle immediate vicinanze del pianoro della Civita di Tarquinia, riferibile alla seconda metà IX- metà VIII a.C., vede i caprovini come la specie domestica più rappresentata, con percentuali che oltrepassano il 50% sia nel conto del numero di frammenti che in quello del numero minimo di individui. La maggior parte del gregge era macellata entro i primi tre anni, cioè quando la maggior quantità di carne viene resa con i più bassi costi di produzione. Tuttavia alcuni individui oltrepassavano tale età, probabilmente si tratta di quegli animali tenuti per la riproduzione o per la produzione di lana. I suini erano di grosse dimensioni e il loro allevamento era chiaramente finalizzato alla produzione di carne, ma a differenza dei nostri giorni in cui la macellazione avviene entro il primo anno di vita, allora i maiali venivano uccisi prevalentemente tra i 18 e i 24 mesi, questo a causa della loro crescita più lenta rispetto a quella delle razze attuali. I resti di animali selvatici sono molto scarsi e tra questi sono rappresentati solo il cervo e l’orso (Sorrentino 1981; Bedini 1997). Il campione rinvenuto invece sugli scavi della Civita, abbraccia un arco cronologico che va dal IX al II secolo a.C. La fase I comprende dal IX al VII secolo a.C., la fase II dal VI al V secolo a.C. e tra il III e il II secolo a.C., la fase 3. In questo campione i suini risultano predominanti in tutte le fasi, testimoniando la differenza tra contesto ‘rurale’ (Cretoncini) ed ‘urbano’. Per il sito di Tarquinia si veda Bonghi Jovino 1986; Bonghi Jovino, Chiaramonti Trerè 1997. questo periodo; forse siamo di fronte a una prima tesaurizzazione del bestiame domestico. Il surplus di pecore (il pecus del mondo latino) potrebbe andare a costituire parte della ricchezza mobile dei ceti sociali più ricchi. È interessante notare che è in questa fase che le curve di mortalità degli ovicaprini segnalano per la prima volta una particolare attenzione alla produzione della lana24. In alcuni centri si nota infatti la presenza di un gran numero di animali adulti che non troverebbe una giustificazione in un allevamento le cui finalità primarie siano la carne o il latte. Confermerebbero questa tendenza le mutate condizioni demografiche25, in cui la carne di maiale diviene un’importante componente della dieta alimentare. Infatti i suini sembrano in genere prevalere nei grossi centri urbani come Tarquinia, Roselle e Populonia. A Roselle come abbiamo avuto modo di vedere, in contesti di VI secolo a.C., la percentuale predominate era quella relativa ai suini, anche se gli ovicaprini non devono aver rivestito un ruolo secondario, il cui sfruttamento era indirizzato verso un utilizzo misto. Un consistente gruppo di insediamenti dell’Etruria, mostra un economia incentrata prevalentemente sull’allevamento pastorale con una media di 17% di suini, 32,7% di bovini e la prevalenza di caprovini. Questi sono infatti attestati con valori percentuali che variano tra il 44 e il 55% con punte più alte nel sito di Torrionaccio (74%)26. Da questo insieme si discostano per la prevalenza di bovini seguiti dagli ovicaprini e dai suini le capanne di Luni sul Mignone (trincea I) e lo strato III di Pitigliano, per il quale va altresì ricordato che si tratta di livelli di scarico ove la scansione crono-tipologica è estremamente difficile. Anche i livelli più recenti di Monte Rovello (livelli 7-6) mostrano questa evidenza e, se confrontati con lo strato 8, potrebbero indicare un’evoluzione interna verso strategie di accumulo armentizio, indizio indiretto di una più marcata stratificazione sociale interna. L’aumento dei suini raggiungerà poi il suo apice in pieno periodo imperiale, almeno per i contesti urbani scavati a Roma (Caput Africae, Meta Sudans, Quirinale, Foro Transitorio, Arco di Costantino e acquedotto dell’Aqua Marcia) negli ultimi anni, l’animale sicuramente più rappresentato è il maiale, con percentuali che oltrepassano il 70% dei resti. Riflessioni che prendono in considerazione diversi contesti, con l’intento di chiarire il peso avuto dal consumo di carne suina per il periodo romano, sia in chiave di composizione del campione, sia in chiave economica, sono state avanzate da A. King per l’impero e da M. MacKinnon per l’Italia romana27. Per la penisola, le analisi archeozoologiche e le informazioni ricavabili dalle fonti letterarie ed iconografiche, suggeriscono due tipi di strategie di allevamento: quello brado in foresta con animali di piccola taglia, legato principalmente ad insediamenti rurali ed uno basato sullo sfruttamento intensivo di animali di grossa taglia, tenuti in recinti e pertinenti centri urbani o luoghi di mercato28. Bisogna comunque sottolineare che la percentuale di suini ad esempio desumibile dal campione di Populonia (circa il 46%), non raggiunge le percentuali ragguardevoli di altri contesti, come ad esempio Capua (tra il 60 e il 68%)29 o Cantone (60%), ma piuttosto si avvicina a contesti di tipo rurale, come la villa a Lugnano in Tiberina o quella di Settefinestre e Le Colonne, dove si controbilancia con percentuali rilevanti di ovicaprini30. Se poi riflettiamo sulla vicinanza della laguna e su un paesaggio sostanzialmente spoglio, i suini dovevano con tutta probabilità trovarsi altrove, probabilmente nelle colline di Campiglia, dove una zona più boscosa con Q. caducifoglie e Q. suber offriva un ambiente favorevole al pascolo. Le basse percentuali di suini a Cosa invece, e l’importanza degli ovicaprini nell’economia della città alle soglie del II secolo a.C., sembrano fare da eco a quello che sappiamo del primo periodo di Settefinestre, in cui gli ovicaprini si trovano quasi nelle stesse 24 De Grossi Mazzorin 2001. 25 Sulla complessa questione delle cifre concernenti la demografia etrusca, si veda Kron 2012, che basa le sue riflessioni sui dati osteologici delle necropoli studiate, non prendendo in considerazione la distribuzione e la densità dei siti nei vari periodi. Anche Rajala 2006 tra Bronzo Finale e Orientalizzante. 26 Placidi 1978 per Torrionaccio; Gajvall 1967 e Lepiksaar 1975 per Luni sul Mignone; Caloi, Palombo 1986 per Monte Rovello. 27 King 1999; Mackinnon 2001 e in particolare 2004a: pp. 138-62 per i suini. 28 Mackinnon 2001: p. 664-5. 29 King 1987. 30 Mackinnon 1998 per Lugnano in Tiverina. percentuali dei suini. È probabile che l’importanza dell’allevamento transumante ovicaprino in questa parte dell’Etruria, abbia mantenuto una sua valenza precipua che affonda le sue radici nel periodo etrusco, trasformandosi in maniera sostanziale solo alla fine del II secolo a.C. Sia King che Mackinnon, evidenziano l’importanza della resa alimentare, ma soprattutto il tipo di contesto di rinvenimento, se urbano o rurale31. Il nostro campione rivela come la situazione sia estremamente più complessa e variegata e che non sempre in presenza di un contesto ‘urbano’ si ha una prevalenza di suini, segno evidente che vi erano all’opera, in determinati periodi e paesaggi, differenti pratiche e strategie allevatizie. Sul rapporto tra ovicaprini e suini e sull’implicazione circa le strategie economiche, l’ambiente e le trasformazioni del paesaggio, torneremo sul finale del prossimo paragrafo. Da tutto ciò si evince come il quadro archeozoologico sia molto più complesso di quanto delineato dalla documentazione attualmente disponibile. Il sale e la mobilità. Il sale ha da sempre costituito un elemento di importanza basilare nell’alimentazione degli uomini, ma il suo contributo, almeno fino al secolo scorso diffuso ad ogni livello sociale, non si esauriva all’alimentazione e alla preparazione delle pietanze, ma anche e soprattutto per la conservazione dei cibi – determinante nell’accrescere in modo significativo il valore di questa derrata. La salatura infatti, ha rappresentato fino a tempi recenti la migliore soluzione per conservare i cibi, non soltanto carne e pesce, ma anche tutta un’altra serie di prodotti, come i formaggi, le verdure, i legumi etc… Recenti studi condotti sulla dieta di cacciatori-raccoglitori attuali, caratterizzata da un rapporto animali/vegetali di 35% a 65%, hanno cercato di ricostruire la probabile dieta degli uomini del Paleolitico Superiore. Per il sodio è stato osservato che la sua scarsa quantità nell’alimentazione paleolitica, stimata intorno ai 700 mg al giorno, è “perfettamente compatibile con una vita normale, … e molto idonea a prevenire l’ipertensione arteriosa” (Delluc et al., 1997, p. 191); per una popolazione di cacciatori è sufficiente una discreta quantità di carne rossa, con eventuale integrazione di vegetali contenenti sodio. Dobbiamo allora chiederci perché sia stato introdotto il cloruro di sodio nell’alimentazione umana. Poiché la documentazione archeologica indica che la produzione del sale assunse una certa importanza durante il Neolitico, si è ipotizzato che il suo uso alimentare sia cominciato con l’avvento dell’agricoltura, per la necessità di reintegrare i sali persi, soprattutto dai vegetali, durante la bollitura. Tale ipotesi però è inconsistente, giacché da una parte la bollitura non era sconosciuta alle popolazioni di cacciatori-raccoglitori, dall’altra cereali e legumi possono essere cotti con metodi diversi. Nell’allevamento stanziale, in cui gli erbivori non possono scegliersi le risorse vegetali più adatte per integrare la propria alimentazione, può insorgere la necessità di somministrare agli erbivori una certa quantità di cloruro di sodio. Ma soprattutto è verosimile che si sia affermata l’esigenza di trovare nuove forme di conservazione per prodotti specifici, soprattutto di origine animale. In questa prospettiva spicca la lavorazione del latte; infatti, per alcuni dei suoi derivati è indispensabile l’aggiunta di sale, poiché la salatura costituisce un momento fondamentale della caseificazione. Ciò è tanto più importante perché il latte, in quanto tale, non solo non poteva essere conservato a lungo, ma originariamente non poteva nemmeno essere digerito dagli adulti e quindi non poteva essere consumato tutto subito; tale situazione si modificò soltanto quando alcune mutazioni genetiche determinarono la persistenza della lattasi in individui adulti. Vanno poi considerati i possibili usi non alimentari: dalla concia delle pelli, alla tintura delle stoffe, alla metallurgia. Tuttavia è probabile che per alcuni di questi usi non fosse necessaria una particolare raffinazione e fosse quindi utilizzabile il sale ottenuto dalla semplice evaporazione dell’acqua marina. Ulteriori motivazioni, legate ad esempio al gusto o a particolari valenze simboliche e rituali o ancora a particolari rapporti socio-culturali – come ritiene ad esempio Weller (Weller, 2002a) –, possono aver accresciuto l’importanza del sale, 31 In particolare MacKinnon distingue tra un contesto Urban 1, in sostanza le città, ed un contesto Urban 2, essenzialmente insediamenti di minore importanza (complessi rurali, mansio, villaggi etc.). ma tali motivazioni devono essere state secondarie o comunque derivate, sia in senso cronologico che socio-economico. Anche il fatto che la documentazione archeologica europea sia enormemente più ampia e ricca per l’età del ferro e per le fasi protourbane, quando diventa essenziale lo stoccaggio di notevoli riserve alimentari per un numero elevato di abitanti, rafforza la tesi secondo cui l’aspetto economico-funzionale è stato quello più rilevante. L’importanza rivestita dal sale nel ciclo produttivo dei prodotti caseari e in quello dell’alimentazione animale, come integratore, è stato in larga parte trascurato, così come il suo ruolo nella gestione delle greggi transumanti, stanziali e semi-stanziali, per cui si conosce una vera e propria sovrapposizione topografica tra l’ubicazione delle saline e i luoghi di sosta degli armenti. È dunque decisivo ricostruire nel dettaglio l’ubicazione certa ed anche possibile delle saline, al fine di poter ipotizzare siti attrattivi ed elettrificatori di queste pratiche. Questo bene, tanto prezioso, deve avere avuto una circolazione su grande scala ed estremamente capillare nell’antichità, tale da costituire una risorsa fondamentale per le aree in grado di attivarne la produzione. Il sale infatti costituiva un prodotto circolante su scala subregionale o più vasta anche in periodi in cui lo scambio risultava in via generale piuttosto circoscritto e localizzato. Questo naturalmente dipendeva dalla natura stessa della risorsa la cui produzione poteva essere promossa soltanto in aree dotate di particolari condizioni ambientali, come la presenza di mare con bassi fondali, di lagune interne, di aree palustri costiere, oltre che di miti condizioni climatiche, con estati calde ma asciutte tali da favorire la rapida evaporazione dell’acqua salata all’interno delle strutture predisposte per l’estrazione. Tali condizioni risultavano tutte ben presenti nell’area del lago Prile, dellla laguna di Piombino e in quella di Orbetello-Talamone, dove la presenza di lagune marine interne si associava a fondali poco profondi in grado di favorire la formazione di incrostazioni saline facilmente utilizzabili ben prima del medioevo. Le favorevoli condizioni naturali di questo territorio facevano sì che in estate, durante la fase di consistente evaporazione, quando gli apporti fluviali erano significativamente ridotti e il battente del mare si allontanava, potessero formarsi, lungo le fasce costiere e le insenature, piccoli specchi d’acqua salata chiusi all’esterno e ad elevato potenziale di sfruttamento. La natura del contesto, le esigenze economiche ed alimentari del luogo e l’attestazione dell’importanza dell’estrazione del sale nelle epoche successive all’altomedioevo costituiscono la prova indiretta dell’importanza di questa attività anche in età romana e forse già in precedenza. Tuttavia, il problema della impossibilità di individuare marcatori archeologici legati allo sfruttamento di questa risorsa ci costringe ad operare per le epoche anteriori alle prime attestazioni documentari di saline, soltanto attraverso la ricerca di argumenta ex silentio. Possiamo immaginare che la lunga continuità insediativa, tra la tarda età repubblicana e la tarda antichità, di una serie di insediamenti ubicati lungo le sponde o in prossimità delle zone umide, possa trovare spiegazione anche nel ruolo che questi potevano svolgere nell’ambito dello sfruttamento di tale risorsa. Nonostante l’ampia diffusione e l’importanza di una risorsa così preziosa per l’alimentazione, le fonti antiche menzionano un numero piuttosto limitato di località nelle quali si praticava la produzione di sale. La ricerca archeologica dal canto suo non offre, un contributo particolarmente significativo, né dal punto di vista dei ritrovamenti, né dal punto di vista delle metodologie ad hoc elaborate per la loro individuazione. La difficoltà nel rintracciare strutture specifiche atte per la produzione di sale e di individuare chimicamente le tracce del processo di evaporazione solare, rende una qualsivoglia ricerca in questo senso alquanto ardua. Questo a maggior ragione se consideriamo che in alcuni casi si poteva praticare la semplice raccolta e che anche le saline artificiali erano costituite da strutture di lieve impatto, quali bacini di scarsa profondità scavati nel terreno, serviti da canali che assicuravano l’afflusso delle acque; inoltre tali strutture insistevano su uno degli elementi più instabili del paesaggio, cioè la linea di costa. Solo l’utilizzo dell’etnografia e della ricerca antropologica si è rivelato utile per fornire un campione di casi e tracce tipo. Anche in mancanza di notizie esplicite nelle fonti, tuttavia, è possibile individuare luoghi di produzione del sale nel mondo antico: un elemento importante è costituito dalla presenza di un idoneo contesto ambientale, che può essere ricostruito grazie alla descrizione delle fonti o a studi paleoambientali; l’esistenza di saline attestate in epoca medievale o moderna, o segnalate dalla toponomastica, può suggerire una probabile continuità con le epoche più antiche; la presenza di attività produttive legate allo sfruttamento del sale, come la pesca e la salagione – testimoniate dalle fonti o dalla documentazione archeologica–, può offrire un indizio fondamentale. Nessuno di questi elementi, preso singolarmente, è sufficiente per identificare una produzione di sale nel mondo antico; quando esiste la possibilità di combinare insieme un certo numero di indizi favorevoli, però, si può ragionevolmente ipotizzare la presenza di una tale produzione e tentare di valutarne l’importanza. La tecnica dell’evaporazione al fuoco infatti, prevede spostamenti organizzati e cadenzati verso le zone di estrazione, con tecniche ‘non stabili’ di lavorazione. È evidente che i pani di sale, costituivano la forma più efficiente per il trasporto di questo prodotto, ed è lecito dunque supporre. che queste dinamiche di mobilità operassero anche lungo le coste italiane tra Bronzo Finale e del Primo Ferro. Per il contesto da noi preso in esame, fortunatamente possediamo di alcuni casi in cui le informazioni in nostro possesso permettono una ricostruzione più dettagliata per le attività che si svolgevano sulle zone umide della costa. Come nel Golfo di Baratti, a Populonia32, al Puntone di Scarlino in località le Chiarine, in un contesto territoriale fortemente caratterizzato dallo sfruttamento delle risorse saline33 a Duna Feniglia, dove l’orizzonte cronologico di questi frammenti di ceramica ad impasto, non si esaurisce con l’età del Ferro, ma presenta tracce evidenti dello stesso tipo di sfruttamento e di tecniche per l’età etrusco-arcaica, anche questa caratterizzata da un’elevata quantità di frammenti ceramici34. L’estrazione del sale con l’uso del fuoco, era ritenuta una tecnica sporadica nel Mediterraneo, tipica invece di zone con clima meno favorevole all’evaporazione e aree dell’interno dove le popolazioni erano costrette a tecniche ‘eccentriche’ e ‘non convenzionali’. Studi recenti condotti nel bacino meridionale del mediterraneo, hanno dimostrato come questa tecniche fosse impiegata anche in climi aridi, come ad esempio nel sito di Marismilla, nei pressi di Cadice alla foce del Guadalquivir, attenuando l’importanza del fattore climatico come irrilevante nell’evoluzione di questi processi. L’unicità della geomorfologia della fascia costiera tirrenica, in particolare tra alto Lazio e Toscana, restituisce un quadro che potremmo definire unico nel panorama della penisola italiana, in cui il contesto particolarmente favorevole allo sviluppo delle pratiche di estrazione del sale, corrisponde ad una concentrazione per tutta l’età del bronzo e oltre, di una serie di insediamenti caratterizzati dallo sfruttamento intensivo del sale. Lo scenario che si delinea mostra presenze anche capillari che, solo di recente e seppur in forma rarefatta, sembrano emergere nella loro portata, in cui il sale come risorsa, deve aver assunto un ruolo primario di elettrificazione nelle dinamiche insediative della fascia tirrenica nella seconda parte dell’età del Bronzo e della prima età del Ferro e nell’interscambio con lo sviluppo demografico dell’entroterra appenninico e con lo sviluppo dell’economia pastorale e delle transumanze. Vi è dunque la necessità di reinterpretare vecchi siti produttivi alla luce di quanto detto finora e di estendere Più a sud nell’ager cosanus le caratteristiche favorevoli alla produzione di sale erano anch’essa legata all’ambiente salmastro palustre. La laguna di Orbetello, costituita da bacini salmastri, separati dal mare da stretti cordoni sabbiosi, doveva offrire condizioni ottimali per l’installazione di saline. Il toponimo parlante di Torre Saline rivela che anche alla foce dell’Albegna dovevano essere presenti impianti per la produzione di sale marino. L’edificio quadrato costruito dalla Repubblica di Siena per il controllo e lo stoccaggio del sale nel XV secolo, è tuttora visibile e riconoscibile nella struttura denominata ‘Forte delle Saline’, posta sulla sponda sinistra dell’Albegna, a guardia dello scalo fluviale e degli impianti di produzione di sale. Non si dimentichi, infine, la vasta laguna costiera – di cui oggi resta solo l’estremità più orientale, nota come Lago di Burano – era presente anche a sud-est del promontorio di Cosa, nell’area in cui in epoca romana sorgeva l’insediamento di Portus Cosanus e naturalmente il tombolo sottile tra il mare ed il lago Prile in quella che ad oggi è la pianura grossetana, dove sappiamo vi furono saline medievali e medicee. Nel contesto del Monte Argentario si trovano alcune ville marittime con impianti di produzione di pesce di una certa importanza: la villa 32 BARATTI 2010. 33 ARANGUREN 2002. 34 NEGRONI CATACCHIO - CARDOSA 2002. di Santa Liberata – la Domitiana positio dell’Itinerarium maritimum (499, 8 Cuntz) –, fondata probabilmente nella seconda metà del I secolo a.C., costituiva un articolato complesso produttivo, del quale spiccava una fra le più grandi peschiere del Tirreno, destinata probabilmente all’allevamento del pregiato pesce di scoglio e la villa in località Muracci a Porto Santo Stefano attiva dalla metà del I secolo a.C. dotata non solo di strutture portuali e di un impianto per la piscicoltura, ma probabilmente anche di installazioni per la salagione del pesce; nei pressi di questi impianti fu rinvenuto nell’Ottocento, un deposito di anfore contenenti ossa di tonno, da interpretare più verosimilmente come produzioni locali che come derrate d’importazione42. Si consideri che la pesca del tonno costituì all’Argentario un’attività economica rilevante almeno sino all’inizio del secolo scorso: a Porto Santo Stefano – da identificare forse con il portus Incitaria dell’Itinerarium maritimum (499, 7 Cuntz) – veniva calata un’importante tonnara, della cui attività si conserva traccia nel toponimo moderno di Baia dei Tonni Come avremo modo di ricordare più volte, ma sempre sotto un profilo diverso, la bassa valle dell’Albegna, il tombolo della Giannella e la costa settentrionale del Monte Argentario, furono sede dei praedia della gens Domizia, che nella tarda età repubblicana, beneficiarono delle confische operate da Silla in quest’area in seguito alla guerra civile. In questo momento, nel pieno dell’esplosione mercantile e del fiorire nell’ager cosanus delle grandi ville schiavistiche a vocazione transmarina, gli interessi economici dei Domitii sembrano piuttosto indirizzati verso le grandi produzioni figuline e di anfore da trasporto. Lo scalo di Albinia, appartenente ai praedia di questa famiglia, rappresentava il principale. Per il momento il ruolo dei Domizi non risulta esplicitamente attestato e resta in ombra, rispetto ad esempio a quanto sappiamo di un'altra famiglia egemone nel territorio, come i Sestii. Non si conoscono infatti in questo territorio strutture per la produzione figulina, o anfore bollate dei Domizi. Tuttavia quello che risulta chiaro era l’enorme superficie dei praedia senatori e imperiali nella zona. La gestione di questi terreni doveva essere assolutamente diversificata. E se accettiamo comunque una certa rarefazione degli insediamenti rurali a partire almeno dal II secolo a.C., potremmo vedere una precoce presenza di latifondi, in cui le pratiche silvo-pastorali erano probabilmente la strategia più utilizzata di sfruttamento. Ma è chiaro che gli interessi di una famiglia senatoria per il controllo dei siti per l’estrazione del sale, anche se fosse vero lo scopo primario per la salagione del pesce, deve aver avviato, in corrispondenza dei punti adatti a questo tipo di sfruttamento, una serie di attività ‘collaterali’, come culti emporici, gestione dei guadi e certamente transumanza . E’ probabile che il sale fin dal Neolitico fosse anche destinato agli scambi, magari insieme ad altre materie prime; ad esempio il salgemma siciliano, puro e immediatamente commestibile, potrebbe aver seguito alcune rotte dell’ossidiana; cioè il sale potrebbe essere stato trasportato insieme all’ossidiana, come prodotto pregiato, dai giacimenti della Sicilia all’Italia peninsulare, incrementando il valore e l’importanza degli scambi. Recentemente è stata fatta un’illuminante osservazione (Weller, 1999;Vaquer, 2006) sulla possibilità di desumere l’importanza della produzione e circolazione del sale anche in assenza di reperti specifici; ad esempio nei siti neolitici di Pescale (Modena) e di Menglon (Francia meridionale), ambedue vicini a sorgenti salmastre, è attestata una percentuale di ossidiana sarda e di selce pregiata più alta rispetto ai siti coevi dei rispettivi territori. Un discorso analogo si può fare per altri siti vicini, tra cui ad esempio Fiorano, del Neolitico antico, e Spilamberto, dell’età del rame. L’unica spiegazione possibile è che tali siti costituissero due nodi gerarchicamente importanti nella rete di scambi, in quanto tappe obbligate per l’approvvigionamento del sale. Osservazioni simili sono state fatte riguardo alla circolazione di manufatti particolari, come le asce levigate: A proposito della circolazione di materie prime e manufatti, va considerato il fenomeno della transumanza, che, oltre alla propria specificità economica, comporta un indotto, o meglio un’economia di rete sistemica, in cui il sale può avere svolto un ruolo importante. I pastori cioè, durante il loro soggiorno invernale nei pascoli presso il mare, avrebbero potuto approvvigionarsi di sale marino, che poi in parte avrebbero utilizzato per la caseificazione, in parte potrebbero avere sfruttato come mezzo di scambio. L’etnografia documenta anche l’utilizzazione delle stesse pecore come bestie da soma durante la transumanza: un esemplare della varietà Jumly poteva trasportare fino a 13 kg di sale dal Tibet al Nepal nei mesi di luglio-agosto (Ryder, 1983) e in qualche caso resti ossei di ovini preistorici mostrano tracce di deformazioni provocate dal trasporto di carichi pesanti. Alcuni autori (Lane, Morris, 2001) hanno avanzato l’ipotesi del “modello opportunistico”, cioè una produzione di sale effettuata da pastori durante i soggiorni presso le coste marine, anche perché presso i luoghi di produzione non sono state individuate tracce di insediamenti stabili. La produzione del sale era comunque impegnativa, anche in ambienti mediterranei; infatti se l’evaporazione non era sufficiente o il sale risultante non era abbastanza puro per l’alimentazione o se comunque si volevano ottenere pani facilmente trasportabili, bisognava produrre molti vasi e bruciare grandi quantità di legna, il che rientrebbe perfettamente all’interno di un sistema integrato ed interconnesso di sfruttamento delle risorse agro-silvo-pastorali. È stato obiettato che il soggiorno costiero dei pastori coincide con il periodo autunno-inverno, non avrebbe favorito le condizioni per il metodo di evaporazione per l’estrazione del sale. Il che però potrebbe speghiare benissimo l’utilizzo del sistema del briquetage utilizzato in climi o stagioni fredde. Tuttavia, su un piano generale, si ha l’impressione che l’attività pastorale durante la preistoria in Italia, come forse anche in altre aree, sia stata finora sottostimata, con riferimento sia alla sua estensione geografica, sia alla sua importanza economica, sia infine alla cronologia, poiché l’avvio e lo sviluppo probabilmente furono più precoci di quanto si pensasse. Ad esempio, recenti studi sul territorio del levante ligure nel terzo millennio a.C. hanno ipotizzato che l’attività pastorale potesse essere collegata all’estrazione mineraria sia di diaspro che di minerali cupriferi, nel periodo di permanenza dei pastori a quote medio-alte; in uno scenario del genere la produzione e il trasporto del sale potrebbero avere svolto un ruolo di implementazione di processi economici già molto importanti. E’ stato anche ipotizzato, che durante i periodi di soggiorno estivo in certe aree montuose del ordest dell’Italia, i pastori avrebbero fornito, attraverso il formaggio, una buona parte dell’apporto alimentare per i minatori impegnati nell’estrazione dei minerali del rame e degli specialisti addetti alle prime fasi di lavorazione del metallo. Obiettivi: - Riconsiderare nel loro insieme tutti i dati editi nella prospettiva della mobilità e delle pratiche silvo pastorali, sia quelli situati in pianura che quelli, largamente trascurati, presenti sul Monte Amiata. - Acquisire nuovi dati alla luce dell’individuazione di aree chiave con alta potenzialità scientifica (scavi-survey) - Dove possibile proporre analisi su campioni (polliniche, isotopiche etc.) utili alla ricostruzione della mobilità di uomini ed animali e all’individuazione di precise ptratiche silvo-pastorali, tramite il record ecologico - Proporre un modello di sviluppo per la transumanza nel contesto preso in esame, alla luce anche dei dati sul popolamento e le trasformazioni socio-economiche ed ambientali del territorio, con particolare riferimento al periodo romano e tardoantico, per cui il tema è stato in gran parte messo da parte - Indagine etnografica con acquisizione di materiale audio-visivo e relativo alla cultura materiale, con relativa catalogazione (capanne, strumenti etc) - Individuazione e proposta per una musealizzazione ‘attiva’ di alcuni percorsi o aree ricche di testimonianze e tracce relative alle pratiche transumanti.
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Grilli, Nicola. "Corrosione atmosferica in area urbana-costiera di un acciaio Cor-Ten: studio del rilascio in ambiente dei metalli di lega." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/5788/.

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Abstract:
Cor-Ten is a particular kind of steel, belonging to low-alloyed steel; thanks to his aesthetic features and resistance to atmospheric corrosion, this material is largely used in architectural, artistic and infrastructural applications. After environmental exposure, Cor-Ten steel exhibits the characteristic ability to self-protect from corrosion, by the development of a stable and adherent protective layer. However, some environmental factors can influence the formation and stability of the patina. In particular, exposure of Cor-Ten to polluted atmosphere (NOx, SOx, O3) or coastal areas (marine spray) may cause problems to the protective layer and, as a consequence, a release of alloying metals, which can accumulate near the structures. Some of these metals, such as Cr and Ni, could be very dangerous for soils and water because of their large toxicity. The aim of this work was to study the corrosion behavior of Cor-Ten exposed to an urban-coastal site (Rimini, Italy). Three different kinds of commercial surface finish (bare and pre-patinated, with or without a beeswax covering) were examined, both in sheltered and unsheltered exposure conditions. Wet deposition brushing the specimens surface (leaching solutions) are monthly collected and analyzed to evaluate the extent of metal release and the form in which they leave the surface, for example, as water-soluble compounds or non-adherent corrosion products. Five alloying metals (Fe, Cu, Cr, Mn and Ni) and nine ions (Cl-, NO3-, NO2-, SO42-, Na+, Ca2+, K+, Mg2+, NH4+) are determined through Atomic Absorption Spectroscopy and Ion Chromatography, respectively. Furthermore, the evolution and the behaviour of the patina are periodically followed by surface investigations (SEM-EDS and Raman Spectroscopy). After two years of exposure, the results show that Bare Cor-Ten, cheaper than the other analyzed specimens, even though undergoes the greater mass variation, his metal release is comparable to the release of the pre-patinated samples. The behavior of pre-patinated steel, with or without beeswax covering, do not show particular difference. This exposure environment doesn’t allow a completely stabilization of the patina; nevertheless an estimate of metal release after 10 years of exposure points out that the environmental impact of Cor-Ten is very low: for example, the release of chromium in the soluble fraction is less than 10 mg if we consider an exposed wall of 10 m2.
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Masiol, Mauro <1978&gt. "Caratterizzazione geochimica dell'aerosol naturale e di background nell'area costiera della laguna di Venezia attraverso l'utilizzo di nuove tecnologie applicate all'ambiente." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2009. http://hdl.handle.net/10579/354.

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Maurini, Diego. "Sviluppo di un modello tridimensionale per la caratterizzazione geotecnica del sottosuolo lungo la fascia costiera da Cesenatico a Bellaria-Igea Marina." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018.

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Il presente lavoro di tesi illustra lo sviluppo di un modello geotecnico a scala territoriale del sottosuolo relativo alla fascia costiera che interessa tutto il comune di Cesenatico e si estende fino al confine con il territorio di Bellaria-Igea Marina. Lo studio è basato su un ampio database sperimentale fornito dalla Regione Emilia-Romagna, costituito principalmente da sondaggi a carotaggio continuo e prove penetrometriche statiche con piezocono (CPTU) e con piezocono sismico (SCPTU), nonché da un numero più limitato di prove di laboratorio per la determinazione delle proprietà fisiche e delle proprietà di compressibilità e consolidazione dei terreni. L’idea alla base di questo studio è quello di fornire uno strumento utile ai fini della pianificazione territoriale a scala regionale, attraverso la proposizione di un modello in grado di definire dei parametri geotecnici di indirizzo ai quali far riferimento in fase preliminare di progettazione e soprattutto capace di fornire utili indicazioni in merito alle strategie di indagine e agli approcci interpretativi più adeguati per l’analisi dei dati sperimentali raccolti in quest’area.
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Cibien, Monica. "Riforestazione e gestione dell'uso del suolo come metodo di cattura della CO2 contro i cambiamenti climatici nella zona costiera di Ravenna." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amslaurea.unibo.it/2501/.

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DI, PAOLA Gianluigi. "Caratterizzazione geologica e geomorfologica del settore litoraneo della Piana del F. Sele (Campania, Italia) e considerazioni circa la sua vulnerabilità costiera." Doctoral thesis, Università degli studi del Molise, 2011. http://hdl.handle.net/11695/66233.

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Abstract:
In 1990 in the Mediterranean zone there was a coastal population of 146 million; some authors, in 1998, estimated the urban coastal population growth at least of further 30 million by 2025 with 350 million of tourists (Hinrichsen, 1998). In 2005 the dossier edited by UEP/MAP (Plan Bleu, 2005) rescaled these values: by 2025 population will increase of 20 million people, and the tourists will be 137 million more compared to the 176 million already present mainly on littorals. The analysis of data shows, moreover, that 75% of mediterranean population lives in coastal zones (in Italy the value varies from 60% to 70%). Italian coastal zone, more of 7500 km long, in addition to the several beauties of landscape, has a substantial part of the national economic resources, with important urban and industrial centers, infrastructures and touristic activities. These circumstances, especially after the recent reports about climate change (IPCC, 2007), cause heavy problems in coastal resource handling and in connected risk assessing. It’s therefore of primary importance to realize how the coast will develop. Interdisciplinary researches of the last 20 years highlight how many world coastal plains (Italian too) are subject to erosion and flooding risk by sea ingression due to natural (global and local) and anthropic elements. Among these studies we point out to the readers VECTOR project (Vulnerability of the Italian coastal area and marine ecosystems to climatic changes and their role in the Mediterranean carbon cycles) from which the subject of this PhD thesis originates. In this work has been analyzed in detail the littoral Sele river Plain (Campania, Italy) extremely interesting zone in order to realize the evolution of a low and sandy coast with concentration important built-up area (Salerno), great touristic places (archeological site of Paestum, Capaccio-Paestum littoral, Eboli beaches) and morphological conditions which make the area open to developments of coastal system. In the last six millennia this plain and all plains in the southern Italian region of Campania have experienced coastal progradation amply documented by several dune systems. Since the 20th century this trend has been interrupted and many stretches of the coastline are now affected by erosion, at times severe. This has serious implications both for public safety and of a socio-economic nature. The causes are essentially to be sought in the decrease in sedimentary discharge due to forest hydraulic engineering works but especially to the construction of many artificial lakes along the main water courses. Clear evidence of this is the transformation of the mouths of the main water courses from fluvial-dominated to wave-dominated. A further factor is intense urbanization, which took place especially after World War II in the wake of tourist development. Starting from these assumptions the aim of this work is the determination of the morphological and sedimentological characterizations and the evolution dynamics of sandy coastal sector between the Solofrone and Picentino mouths in order to estimate the state of coastal vulnerability. The first stage of the study provides an in-depth search of bibliographic, cartographic and photogrammetric data concerning the study area. Bibliographic analysis specifies the salient points of geomorphological evolution, that is essential requirement to realize the morphogenetic events and recent coast dynamics. Cartographic and photogrammetric analysis, essentially founded on finding documents about the last century, outlines the historical evolution of shoreline. In particular have been used historical maps by IGMI (Istituto Geografico Militare Italiano) on 1870, 1908 and 1954, the cartography CasMez (Cassa del Mezzogiorno) on 1975, the CTR (Carta Tecnica Regionale) by Campania Region on 2004, the aerial-photos on 1944, 1954, 1984, 1998 and 2004. The documents collected have been organized, rectified and adapted by a GIS software (ArcGis rel. 9.2). In particular, for the aerial-photos has been used a software (Erdas rel. 9.1) to orthorectify them before the employment. The second phase consisted in collecting original data through a campaign work, during which, with the use of a DGPS positioning system (GNSS R6) has identified the shoreline in 2009 and the topography of various longitudinal profiles of beach. It was also made a study in order to define the sedimentological aspects characterizing the different geomorphological contexts recognized for the profiles examined: 48 samples were collected along the coast of the Salerno Gulf, on each of whom is performed a particle size analysis, with relative statistical interpretation. The topographical surveys were then linked to the textural characteristics of sediments as this critical step and preparatory to the understanding of geo-morphological phenomena of the coast: sediments that form the beach are affected by coastal dynamics because, along the transit longitudinal and transversal axes, granulometric tend to converge towards the bottom where they are on average in equilibrium under the action of waves. An important stage of work was the evaluation of wave climate both off and along the coast, through the application of physical models. It was back to the type of wave climate on the Sele Plain, as well as the assessment of the effects of it on the beaches with the calculation of specific parameters, such as the run-up and set-up. The information collected gave a clear reading and a detailed characterization of the entire coastal strip between Salerno and Agropoli (SA) and especially were the basis for implementing a new method of analysis for the assessment of coastal vulnerability. The method gave the possibility to create a map of potential coastal vulnerability, as well as to carry out evaluation and maps on wider range of time: in fact, considering the scenarios predicted by the IPCC (2007) on 25 and 50 years, it was possible to introduce these parameters and construct maps of coastal vulnerability projected onto these years. The following is an overview of operations and the results obtained by running the individual phases of work. The comparative analysis of coastlines taken from cartographic and photogrammetric survey showed clear evidence that during the 20th century, it’s possible to identify at least three evolutionary phases. The first, from 1870 to 1908, shows a progradational phase, especially at the mouths of Sele, Tusciano and Picentino rivers with trend reaching 5.50 m/y. This phase is reversed completely during the chronological period between 1908 and 1984, with values of backing down that tend to increase between 1975 and 1985 (notice that the mouth of river Sele retreated at a rate of 7.7 m /y). The last phase goes from 1984 to 2009 (and likely continues today). In fact the littoral is in equilibrium: there are areas that show little progradation, while not much beaches are in retreat (near the mouth of Sele river). This analysis shows that the evolution of the coastal strip of the Piana del Sele is closely linked to the river inputs, just note that areas strongly influenced by erosion are exactly the ones facing areas of mouth. This is certainly to correlate to the drastic reduction of contributions sedimentary caused by removing sediment on the river bed and construction of crosspieces and dams. The analysis conducted in 140 years showed that on the coastal area of Sele Plain insists a trend erosive very marked, localized especially near the mouth of Picentino river and Sele river, with values of retreat respectively 0,4 m/y and 1,3 m/y. To characterize the morphology and the morphometry of backshore and nearshore, and the sedimentological aspects, 12 profiles have been traced, transversal to the coast line on prominent parts of the waterside. Morpho-sedimentary analysis of the shore has shown that the entire sector is morphologically characterized by shores whose extent goes from 20 m to a maximum of 80 m. The nearshore sector is characterized by the existence of a big bar with its trough, while the slope of the intertidal zone is considerable along the mouth of the Sele river, with a mean of 13%, and it reduces to a slope of about 10% on the rest of the coast. Regarding the zones on the southern side of the mouth of the Sele river, the foreshore slope is constant along the whole line, with a mean of about 11%. On the inspected sector of the shore there is a foreshore step located in the range -0.5 m to -0,4 m. Along the whole coast the berm is very evident, reaching the height of 0.6 m with very evident slope contrasts between the beach-face and the berm. This is not the case of the storm berm, which are often erased by the anthropic action and, where visible, they are not always definite. The dunal system is preserved in the most part, but it is not always in good condition. In fact, in some cases (concentrated in the southern portion of the system and in its central part) it is possible to notice the existence of at least, very wide at South and very cut near the mouth of the Sele river, while in the region between the mouth of the Tusciano river and Salerno the dune has almost completely disappeared and/or is extremely urbanized. Granulometric analysis carried out on the samples collected on the foreshore show that the grain sizes between 0.39 mm and 0.45 mm (medium sand) are predominant in the sectors nearer to the mouth of the Sele river, while towards North gravel sediment has been revealed: in fact the sizes go from 0.69 mm and 0.97 mm (coarse sand) in the stretch of central shore from Campolongo to the mouth of Asa stream. The part nearer to Salerno is instead characterized by a type of gravel sediment. In the southern and central sectors it reaches values of 0.55 mm (coarse sand). An anomalous datum, which shows how this coast can be locally influenced by the contribution of external sediment, is the maximum of the Kurtosis index which reaches the value of 10.63 (a really high value, considering that Folk & Ward, 1957 suggest a maximum limit of 3 for this index). With the studies carried out on the condition of the wave climate it has been possible to evaluate the prevalent wave climate with the relative wave heights and average period. Analyzing the series obtained at the Ponza buoy it has been possible to notice that the significant wave height average is 4.34 m, with a period of 7.76 s. In addition, it has been evaluated the effected of the maximum sea storm from the analyzed series, dating to 26/12/1999, with wave height of 6.9 m and a period of 11.94 s. The prevalent direction is SSW-NNW. Such values have been used to evaluate some parameters strictly related to them, like the closure depth, equal to 7.714 m (11.191 m for the maximum sea storm detected). Furthermore the set-up and the run-up of the incident waves have been evaluated for every investigated profile, with a mean value along the entire coast of the Sele Plain of 0.05 m for the former and 1.65 m for the latter. In this case as well we can notice the presence of sectors with energy characteristics very different: in fact, the run-up goes from a minimum of 0.91 m to a maximum of 2.07 m, which means that an wave climate can flood the emerged shore for values between 24% and 101%. On the analyzed shore profiles it has been possible to estimate the evolution trend of the coast, as a consequence of the expected increase in sea level (IPCC, 2007), using mathematical and morphological models capable to evaluate the expected retreat. For the examined case the parameters needed for this evaluation have been measured analyzing the wave climate for the period between the years 1989 and 2008, and the individual topographic profiles of the shore. In particular, the SLR retreat has been evaluated using two morphologic methods and using the sea level increment calculated by Antonioli & Leoni (2007) on the basis of data published by IPCC (2007). The retreat for this has been estimated to a value of 0,16 m/y (using Bruun, 1964) or a value of 0,23 m/y (Davidson-Arnot, 2005). The data obtained with this study have been used to derive a model addressed to the coastal vulnerability determination along the coastal areas that have been analyzed. The coastal vulnerability, which is intended as the susceptibility of a determined coastal area to be affected either by flooding or erosion, is linked to several parameters that can be grouped into three main categories: erosion, permanent inundation and episodic inundation. There are several models for the vulnerability evaluation and comparison among different coastal areas, models that are both qualitative and quantitative. The model proposed by Gornitz et al. (1997), suggest the determination of a coastal vulnerability index (CVI) through the determination of several parameters which can be considered representative of the considered coastal area, and by applying a linear regression to these parameters. This method, which has been largely applied, has the limit that it can be just used for large areas. In my case, I have tried to use this method by applying some modifications that could make it useful also for the study of small coastal environment by improving the number of parameters to calculate and by using a GIS software (ArcGis 9.2). I was so able to propose a new index of vulnerability (IVC) which is based on the evaluation of the Potential Erosion and the Potential Flooding and two more index of coastal vulnerability, (IVC25 e IVC50), which consider the Sea Level Rise (SLR) at 25 and 50 years. The final correlation of the described indexes is obtained trough a multiple linear regression, and the final index value is derived by the expression , which was already used by Goritz et al. (1994). In Fig. 1 it is reported the case study of the coastal areas of the Sele Plain, with the individuation and the representation of the different classes. The areas with the highest values in the IVC are comprised between the Campolongo Hospital and Molo Sirena, an area which include the Sele river mouth. The use of a new model addressed to small areas has allowed to the determination of the main features of the littoral portion of the Sele plain system, with a particular attention to the potential erodibility and to the susceptibility to the flooding and so the determination of the coastal vulnerability. It seems to be a simple a detailed method, which can be used for preliminary studies of all the coastal systems and it is so an instrument useful to the coastal planning.
Nel 1990 il Mediterraneo aveva una popolazione costiera pari a 146 milioni e alcuni studiosi, nel 1998, avevano stimato che la popolazione urbana costiera avrebbe potuto aumentare di almeno altri 30 milioni di abitanti entro il 2025 con ulteriori 350 milioni di turisti all'anno (Hinrichsen, 1998). Nel 2005 il dossier redatto dall’UEP/MAP (Plan Bleu, 2005) ha ridimensionato tali valori, dimostrando che entro la stessa data saranno 20 milioni le persone che andranno ad aggiungersi alla popolazione residente, così come ulteriori 137 milioni di turisti si uniranno ai 175 milioni già presenti, e particolarmente i litorali. L’analisi di questi dati mostra inoltre che il 75% degli abitanti dei paesi prospicienti il Mediterraneo vive in aree costiere (in Italia il valore è compreso tra il 60 e il 70%). La fascia costiera italiana, che si sviluppa per oltre 7500 km, oltre ad essere caratterizzata da paesaggi di eccezionale valore naturalistico, ospita quindi anche una consistente parte delle risorse economiche nazionali, con importanti centri urbani e industriali, infrastrutture e attività turistiche. Gli scenari descritti, specie dopo i recenti report inerenti ai cambiamenti climatici in atto sull’intero globo (IPCC, 2007), hanno posto serie problematiche nella gestione della risorsa costiera e nella valutazione dei possibili rischi associati. Comprendere come la costa è destinata ad evolvere ha assunto perciò un’importanza strategica. Le ricerche interdisciplinari sviluppatesi nell’ultimo ventennio hanno messo in evidenza come gran parte delle pianure costiere mondiali (e quindi anche italiane) sono soggette al rischio erosione e allagamento per ingressione marina dovuta a fattori naturali (globali e locali) e antropici. Tra questi studi si porta l’attenzione del lettore al progetto VECTOR (Vulnerabilità delle coste e degli ecosistemi marini italiani ai cambiamenti climatici e loro ruolo nei cicli del carbonio mediterraneo), dal quale è nato l’argomento di questa tesi di dottorato. In questo lavoro è stato analizzato in dettaglio il litorale della Piana del F. Sele (Campania, Italia), contesto estremamente interessante al fine di comprendere l’evoluzione di una costa bassa e sabbiosa con concentrazione di importanti centri abitati (Salerno), aree turistiche imponenti (sito archeologico di Paestum, litorale di Capaccio-Paestum, litorale di Eboli) e condizioni morfologiche tali da rendere l’area suscettibile ai cambiamenti del sistema costiero. La piana in questione, così come le altre piane campane, ha sperimentato negli ultimi 6 millenni un prevalente trend progradazionale ben documentato da più sistemi di cordoni dunali (ad esempio i cordoni di Laura e Sterpina descritti da Brancaccio et al., 1995 in Piana Sele). Le più interne datano circa 6000 anni e marcano la massima ingressione del mare durante l’Olocene. A partire dal XX secolo questo trend si è interrotto e molti tratti di costa risultano affetti da un’erosione anche molto marcata. Le cause vanno essenzialmente ricercate nel ridotto apporto sedimentario legato alle sistemazioni idraulico-forestali, ma soprattutto alla realizzazione di numerosi invasi artificiali lungo i principali fiumi alimentatori. La prova di ciò è ben evidenziata dalla trasformazione delle foci fluviali dei principali corsi d’acqua, le quali si sono rapidamente modificate da fluvial dominated a wave dominated. A questo va aggiunta la forte antropizzazione dei litorali che si è avuta in particolare dopo la seconda guerra mondiale a seguito sia dello sviluppo turistico che di quello urbanistico. Partendo da tali presupposti l’obiettivo principale del presente lavoro è la determinazione delle caratteristiche morfologiche, sedimentologiche e delle dinamiche evolutive del tratto di costa sabbioso compreso tra le foci dei fiumi Solofrone e Picentino al fine di valutarne lo stato di vulnerabilità costiera. Una prima fase dello studio è stata dedicata ad un’approfondita ricerca dei dati bibliografici, cartografici e aero-fotogrammetrici inerenti l’area. L’analisi bibliografica ha permesso di individuare i tratti salienti dell’evoluzione geomorfologica, che appare requisito essenziale per la comprensione degli eventi morfogenetici e delle dinamiche recenti della costa. L’analisi cartografica e aero-fotogrammetrica, basata essenzialmente sul reperimento di documenti inerenti l’ultimo secolo, ha consentito di delineare l’evoluzione storica della linea di riva. In particolare sono state adoperate carte storiche dell’IGMI (Istituto Geografico Militare Italiano) del 1870, 1908, e 1954, la cartografia CasMez (Cassa del Mezzogiorno) del 1975, la CTR (Carta Tecnica Regionale) della Regione Campania del 2004, le foto aeree del 1944, 1954, 1984, 1998 e 2004. I documenti raccolti sono stati organizzati, corretti e adattati mediante l’uso di un software GIS (ArcGis ver. 9.2). In particolare è stato indispensabile l’orto-rettifica mediante un programma preposto (Erdas ver. 9.1) precedentemente l’utilizzo delle foto aeree. La seconda fase è consistita nella raccolta di dati originali mediante un lavoro di campagna, durante il quale, con l’utilizzo di un sistema di posizionamento DGPS (GNSS R6), si è rilevata la linea di riva al 2009 e la topografia di vari profili longitudinali di spiaggia. E’ stato inoltre fatto uno studio con lo scopo di definire gli aspetti sedimentologici caratterizzanti i differenti contesti geomorfologici riconosciuti per i profili esaminati: sono stati prelevati 48 campioni lungo il litorale del Golfo di Salerno, su ognuno dei quali è stata eseguita un’analisi granulometrica, con relativa interpretazione statistica. I rilievi topografici sono stati successivamente correlati alle caratteristiche tessiturali dei sedimenti essendo questo passaggio fondamentale e propedeutico alla comprensione dei fenomeni morfo-evolutivi della costa: i sedimenti che costituiscono la spiaggia sono condizionati dalla dinamica litoranea in quanto, lungo gli assi di transito longitudinali e trasversali, le componenti granulometriche tendono a convergere verso il fondale in cui si trovano mediamente in equilibrio sotto l’azione del moto ondoso. Una fase fondamentale del lavoro è stata la valutazione del clima marittimo (wave climate) sia al largo che lungo costa, mediante l’applicazione di modelli fisici. Si è risaliti al tipo di ondazione incidente sulla Piana del Sele, così come si è giunti alla valutazione degli effetti di essa sulle spiagge con il calcolo di parametri specifici, quali il run-up e il set-up. Le informazioni raccolte hanno dato una chiara lettura e una dettagliata caratterizzazione dell’intera fascia rivierasca compresa tra Salerno e Agropoli (SA) e soprattutto sono state la base per l’implementazione di una nuova metodologia di analisi per la valutazione della vulnerabilità costiera. Il metodo ha permesso di realizzare una carta della vulnerabilità costiera potenziale, così come di effettuare valutazione e cartografie su range temporali più ampi: infatti, considerando gli scenari previsti dall’IPCC (2007) su 25 e 50 anni, è stato possibile introdurre tali parametri e costruire carte della vulnerabilità costiera proiettata su tali anni. Di seguito si da una panoramica sulle operazioni e i risultati ottenuti mediante l’esecuzione delle singole fasi di lavoro. L’analisi comparata delle linee di costa ricavate dall’indagine aereo fotogrammetrica e cartografica ha messo in chiara evidenza che, durante il XX secolo, è possibile individuare almeno 3 fasi evolutive. La prima, che va dal 1870 al 1908, mostra una costa in progradazione, in modo particolare alle foci dei fiumi Sele, Tusciano e Picentino, con trend che raggiungono i 5,50 m/a. Tale fase s’inverte completamente durante il lasso cronologico compreso tra il 1908 e il 1984, con valori di arretramento che tendono ad accentuarsi tra il 1975 e il 1985 (si nota che la foce del F. Sele arretrava con un tasso di 7,7 m/a). L’ultima fase va dal 1984 al 2009 (e con ogni probabilità continua ancora oggi), con la costa che tende all’equilibrio: infatti è possibile rilevare diverse aree in leggera progradazione e solo poche in arretramento (si tratta di quelle poste nelle vicinanze delle foce del F. Sele). Quest’analisi mostra in maniera decisiva che l’evoluzione della fascia costiera della Piana del F. Sele è strettamente legata agli apporti fluviali, basti notare che le aree fortemente influenzate dall’erosione sono proprio quelle prospicienti le aree di foce. Questo è certamente da mettere in correlazione alla drastica diminuzione degli apporti sedimentari causata dalla presa in alveo di materiale e alla costruzione di traverse e dighe. L’analisi effettuata sull’intero arco dei 140 anni ha mostrato che sulla zona costiera della Piana del F. Sele insiste una tendenza erosiva molto marcata, localizzata in modo particolare nei pressi delle foci del F. Picentino e del F. Sele, con valori di arretramento rispettivamente di 0,4 m/a e di 1,3 m/a. Per caratterizzare la morfologia e la morfometria della spiaggia emersa e sommersa, nonché gli aspetti sedimentologici sono stati effettuati 12 profili trasversali alla linea di costa in tratti rilevati del litorale. L’analisi morfo-sedimentaria della spiaggia ha messo in luce che l’intero settore è morfologicamente caratterizzato da spiagge ampie da un minimo di 20 m fino a un massimo di 80 m. Il settore sommerso della spiaggia è caratterizzato dall’esistenza di una grossa barra con relativo truogolo, mentre la pendenza della zona intertidale risulta marcata lungo la foce del F. Sele, attestandosi in media intorno al 13%, fino a digradare ad una pendenza vicina al 10% sul resto del litorale. Per le zone poste a S della foce del F. Sele, la pendenza della battigia è costante lungo l’intero tratto, attestandosi in media intorno all’11%. Nel settore di spiaggia indagato è presente un solco di battigia posizionato in media tra - 0,5 m e – 0,4 m. Lungo l’intero litorale la berma ordinaria è ben evidente, raggiungendo in alcuni tratti l’altezza di 0,6 m con stacchi di pendenza tra battigia e berma molto evidenti. Questo non vale per le berme di tempesta, che sono spesso cancellate dall’azione antropica e dove visibili, lo sono in maniera non sempre marcata. Il sistema dunale è in gran parte conservato, ma non sempre è in buone condizioni. Infatti in taluni casi (concentrati nella porzione meridionale del sistema e nella parte centrale) è possibile constatare che esistono almeno due a più ordini di dune, molto estesi a S e molto reincisi nei pressi della foce del F. Sele, mentre nella zona compresa tra la foce del F. Tusciano e Salerno la duna è quasi completamente scomparsa e/o estremamente antropizzata. Le analisi granulometriche effettuate sui campioni prelevati sulla spiaggia intertidale mostrano che le taglie dei granuli comprese tra 0,39 mm e 0,45 mm (sabbia media) sono prevalenti nei settori più vicini alla foce del F. Sele, mentre verso N si rivela la presenza di materiale ciottoloso: infatti si raggiungono valori compresi tra 0,69 mm e 0,97 mm (sabbia grossolana) nel tratto di costa centrale da Campolongo alla foce del torrente Asa. La parte più prossima a Salerno è invece caratterizzata da un tipo di sedimento estremamente ciottoloso. Nei settori meridionali e centrali arriva a valori di 0,55 mm (sabbia grossolana). Un dato anomalo, che mostra come questo litorale possa essere localmente condizionato dall’apporto di sedimento alloctono è il dato massimo del coefficiente di appuntimento che raggiunge il valore di 10,63 (valore molto alto se si tiene conto che Folk & Ward, 1957 propongono come limite massimo per questo indice il valore 3). Mediante gli studi effettuati sulla condizione del clima marittimo è stato possibile valutare l’ondazione prevalente con le relative altezze d’onda e periodo medio. Analizzando le serie ricavate alla boa di Ponza è stato possibile rilevare che l’altezza d’onda significativa media è pari a 4,34 m, con un periodo di 7,76 s. È stato valutato anche l’effetto della massima mareggiata della serie analizzata corrispondente a quella del 26\12\1999, con valori di altezza d’onda pari a 6,90 m e periodo di 11,94 s. La direzione prevalente è invece SSW-NNW. Tali valori hanno permesso di giungere al calcolo di parametri a loro strettamente legati, come la profondità di chiusura, pari a 7,714 m (11,191 m per la massima mareggiata registrata). Inoltre è stato valutato anche il set-up e il run-up d’onda incidenti per ogni profilo indagato con una media lungo tutta la costa della Piana del Sele pari a 0,05 m per il primo e 1,65 m per il secondo. C’è da dire che anche in questo caso possiamo notare settori con caratteristiche d’energia molto differenti: il run-up infatti varia da un massimo di 2,07 m a un minimo di 0,91 m, che vuol dire un’ondazione che può arrivare ad invadere la spiaggia emersa per valori compresi tra il 24% e il 101%. Sui profili di spiaggia analizzati è stato possibile realizzare anche opportune valutazioni previsionali sul trend evolutivo della costa in seguito al previsto innalzamento del livello marino (IPCC, 2007), applicando modelli matematici e morfologici capaci di valutare l’arretramento atteso. Per il caso preso in considerazione sono stati ricavati i diversi parametri utili a questo calcolo analizzando il regime meteo marino per il periodo compreso tra gli anni 1989 e il 2008 e i singoli profili topografici della spiaggia agganciati ai rilievi batimetrici eseguiti con rilievo single-beam. In particolare si è giunti a valutare l’arretramento da Sea Level Rise applicando due metodologie morfologiche e adottando il dato d’innalzamento del livello marino calcolato dal Antonioli & Leoni (2007) sulla base dei dati pubblicati dall’IPCC (2007). L’ arretramento medio atteso è stato stimato pari a 0,16 m/a (utilizzando Bruun, 1964) o a 0,23 m/a (Davidson-Arnott, 2005). L’insieme dei dati e delle informazioni ricavare sono state la base per la realizzazione di un modello in grado di valutare la vulnerabilità costiera lungo il settore di costa preso in esame. La vulnerabilità costiera, intesa come suscettibilità di un dato tratto litoraneo ad essere inondato o eroso, è legata a numerose variabili che possono essere riassunte in tre blocchi principali: erosione, inondazione permanente e inondazione episodica. Esistono vari modelli per la valutazione e il confronto della vulnerabilità costiera in diversi contesti, metodi che vanno dal quantitativo al qualitativo. La metodologia proposta da Gornitz et al., 1997, per esempio, suggerisce il calcolo di un indice di vulnerabilità (CVI – Coastal vulnerabilità index) attraverso la parametrizzazione di elementi caratterizzanti un dato tratto litoraneo relazionati tra loro attraverso una regressione lineare multipla. Questa metodica, nonostante sia largamente utilizzata, ha il difetto di essere valida e sensata solo per ambiti territoriali e geografici molto vasti. Nel nostro caso, dunque, si è cercato di adottare la “filosofia” di questo metodo, apportando però sostanziali modifiche che lo rendessero idoneo alla caratterizzazione di sistemi costieri di piccola estensione, incrementando e perfezionando sensibilmente le variabili da analizzare e avvalendoci dell’uso di un sistema GIS (ArcGis 9.2 della ESRI). Si è giunti alla proposta di un nuovo indice di vulnerabilità (IVC) basato sulla valutazione dell’Erosione Potenziale e dell’Inondazione Potenziale e di due indici di vulnerabilità costiera (IVC25 e IVC50) che tengono in considerazione l’effetto del Sea Level Rise (S.L.R.) su 25 e 50 anni. Come per la metodologia dell’USGS la correlazione finale dei singoli indici avviene utilizzando la regressione lineare multipla, e il valore finale dell’indice utilizzando la relazione , già identificata e sperimentalmente provata da Gornitz et al., 1994. Il tratto maggiormente vulnerabile alle forzanti costiere studiate sono le aree comprese tra l’ospedale di Campolongo fino all’area in cui sorge il Molo Sirena, comprendendo interamente la foce del F. Sele. Quasi il 44% delle spiagge appaiono contraddistinte da una vulnerabilità costiera da alta a molto alta. L’applicazione di un nuovo modello regionalizzato e studiato per aree ristrette ha dato la possibilità di identificare e parametrizzare le caratteristiche principali del tratto litoraneo dell’unità fisiografica delle Piana del Sele, in modo particolare in merito alla sua erodibilità potenziale, al suo grado di suscettibilità all’inondazione e quindi alla sua vulnerabilità costiera. Appare un metodo molto semplice e dettagliato, adatto all’applicazione preliminare su qualsiasi contesto costiero e per questo un utile strumento di pianificazione territoriale.
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