Dissertations / Theses on the topic 'Cooperazione in materia penale'
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Milanesi, Francesco Carlo <1979>. "Cooperazione giudiziaria in materia penale: il mandato d'arresto europeo." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1587/1/Tesi_Milanesi_FrancescoCarlo.pdf.
Full textMilanesi, Francesco Carlo <1979>. "Cooperazione giudiziaria in materia penale: il mandato d'arresto europeo." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1587/.
Full textMONTALDO, STEFANO. "Il ruolo della corte di giustizia nella cooperazione in materia penale." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2012. http://hdl.handle.net/10281/29818.
Full textPalmieri, Luigi. "Il rafforzamento della cooperazione giudiziaria in materia penale: da Eurojust al pubblico ministero europeo." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2012. http://hdl.handle.net/10556/355.
Full textLa necessità di una cooperazione giudiziaria in materia penale nell’Unione europea si è manifestata fin dal conseguimento dei primi successi raggiunti nell’ambito della costruzione comunitaria, e più che mai continua a manifestarsi oggi atteso il dilagare del crimine transnazionale. Proprio la realizzazione del mercato unico – e cioè, di uno spazio senza frontiere interne, nel quale assicurare i quattro principi fondamentali quali la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali – ha, infatti, determinato una crescita esponenziale della criminalità ed una sua estensione non solo quantitativa ma soprattutto spaziale di essa. Se, in particolare, la cd. globalizzazione dei rapporti socioeconomici, la liberalizzazione delle regole relative agli spostamenti delle persone e, dei beni e, da ultimo, lo sviluppo delle relazioni umane, (anche grazie a strumenti tecnologici) ed informatici, hanno consentito un sempre più celere progresso sociale, al tempo stesso, hanno agevolato gli autori dei più svariati crimini, consentendo loro di estendere la propria attività delinquenziale oltre confine, in tal modo coinvolgendo interessi sia individuali sia collettivi riferibili a più ordinamenti nazionali. In tale contesto, un ruolo determinante ha assunto la differenza tra le legislazioni penali degli Stati membri, la quale, nel combinarsi con le singole libertà di circolazione, ha determinato una sorta di forum shopping criminoso, consentendo ai “soggetti criminali” di scegliere la giurisdizione e la legge penale più vantaggiose così sottraendo alla giustizia se stessi ed i proventi illeciti conseguiti.In questa nuova e complessa realtà sociale e criminologica, sono diventati obsoleti i principi della territorialità della legge e della giurisdizione, così come si sono dimostrati del tutto inadeguati ed inidonei gli strumenti tradizionalmente adottati nel campo della cooperazione giudiziaria internazionale (caratterizzata dal principio della richiesta, in base al quale uno Stato sovrano presenta una richiesta ad un altro Stato sovrano, che decide se darvi o meno seguito), sia per la loro lentezza, sia anche per la loro complessità rispetto allo sviluppo anche “criminale” dell’Unione europea. Questo percorso ha fatto si che progressivamente le autorità giudiziarie cominciassero ad avere un dialogo tra loro, e nel tempo, questa prospettiva si è modificata attraverso diversi fattori: l’efficacia riflessa delle norme comunitarie sugli ordinamenti nazionali; la individuazione di beni giuridici sovranazionali ( si pensi al tema dell’ambiente); le esigenze di cooperazione giudiziaria. Questi sono stati i tre grandi motori che hanno spinto verso la costruzione di uno spazio di libertà sicurezza e giustizia indicato da Amsterdam tra gli obiettivi fondanti dell’Unione europea. Il ventisette Paesi dell’UE hanno rappresentato lo spazio nel quale si è cercato, con una costruzione spesso faticosa, di creare una prospettiva di sicurezza, libertà e giustizia. In questo percorso di “metamorfosi dei diritti nazionali” si è inserito Eurojust, un organismo che ha facilitato la cooperazione giudiziaria e le indagini a carattere transnazionale. [a cura dell'autore]
X n.s.
Troisi, Roberta. "La cooperazione in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea per la prevenzione ed il contrasto della criminalità organizzata transnazionale." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2012. http://hdl.handle.net/10556/337.
Full textLa tesi ha ad oggetto l’analisi e lo studio degli strumenti predisposti in ambito europeo per prevenire e, soprattutto, per contrastare e combattere la criminalità organizzata transnazionale, in una visione di cooperazione giudiziaria e di polizia tra gli Stati membri dell’Unione europea. Preliminarmente, analizza il fenomeno della criminalità organizzata sia in una prospettiva interna che in una prospettiva transnazionale. Da un lato mette in evidenza la difficoltà di enucleare nel nostro ordinamento una definizione normativa della categoria dei “reati di criminalità organizzata” e dall’altro pone l’accento sull’evoluzione, nell’ambito dell’Unione europea, dell’elaborazione del concetto di “criminalità organizzata transnazionale”. Si concentra, poi, sull’analisi dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia predisposto anche per garantire una più efficace prevenzione ed un migliore contrasto della criminalità organizzata transnazionale. Infine, analizza gli organi e gli strumenti di cooperazione giudiziaria e di polizia apprestati specificamente dall’Unione europea per contrastare la criminalità organizzata transfrontaliera. ****** The thesis concerns the analysis and study of the tools designed in Europe to prevent and, above all, to oppose and to fight against transnational organized crime, in a vision of judicial and police cooperation between Member States of the European Union. Preliminarily, it analyzes the phenomenon of organized crime from internal perspective as from a transnational perspective. On one hand, it highlights the difficulty of identifying in our legal system whit a normative definition of the category of “crimes of organized crime” and on the other, focuses on the development within the European Union, of the elaboration of the concept of “transnational organized crime”. It focuses then on the analysis of the area of freedom, security and justice also designed to ensure a more effective prevention and a better contrast of transnational organized crime. Finally, it analyzes the organs and the instruments of judicial and police cooperation and police disposed specifically by the European Union to combat transnational organized crime. [a cura dell'autore]
X n.s.
FIDELBO, MIRANDA. "LA COOPERAZIONE RAFFORZATA COME MODALITA' D'ISTITUZIONE DELLA PROCURA EUROPEA." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2016. http://hdl.handle.net/10280/11374.
Full textThe Treaty of Lisbon contains the legal basis for the institution - by means of a regulation to be adopted by the Council acting unanimously - of the European Public Prosecutor’s Office (EPPO), which shall be «responsible for investigating, prosecuting and bringing to judgment the perpetrators of offences against the Union's financial interests» (art. 86 TFEU). In July 2013 the Commission adopted a proposal for a regulation on this matter. However, the ongoing negotiations lead to retain that it will be difficult to reach unanimity. This is the reason why this dissertation analyses the theme from the perspective of enhanced cooperation. The purpose of this thesis consists in demonstrating the concrete existence of an added value deriving from the institution of the EPPO by only some States rather than neglecting this project. Thus, it aims at proving the feasibility of this project, by constructing a functioning system, even in a context of unequal integration. The redrafting of the regulation in order to adapt it to the new object (the implementation of the enhanced cooperation for the institution of the EPPO) and the provision of the text of the agreements between non participating States and the EPPO constitute its originality.
FIDELBO, MIRANDA. "LA COOPERAZIONE RAFFORZATA COME MODALITA' D'ISTITUZIONE DELLA PROCURA EUROPEA." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2016. http://hdl.handle.net/10280/11374.
Full textThe Treaty of Lisbon contains the legal basis for the institution - by means of a regulation to be adopted by the Council acting unanimously - of the European Public Prosecutor’s Office (EPPO), which shall be «responsible for investigating, prosecuting and bringing to judgment the perpetrators of offences against the Union's financial interests» (art. 86 TFEU). In July 2013 the Commission adopted a proposal for a regulation on this matter. However, the ongoing negotiations lead to retain that it will be difficult to reach unanimity. This is the reason why this dissertation analyses the theme from the perspective of enhanced cooperation. The purpose of this thesis consists in demonstrating the concrete existence of an added value deriving from the institution of the EPPO by only some States rather than neglecting this project. Thus, it aims at proving the feasibility of this project, by constructing a functioning system, even in a context of unequal integration. The redrafting of the regulation in order to adapt it to the new object (the implementation of the enhanced cooperation for the institution of the EPPO) and the provision of the text of the agreements between non participating States and the EPPO constitute its originality.
MONICI, SOFIA. "LA PROCURA EUROPEA NEL CONTESTO DEL PROCESSO DI INTEGRAZIONE IN MATERIA PENALE TRA VINCOLI NAZIONALI E SOVRANAZIONALI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2018. http://hdl.handle.net/2434/565232.
Full textThe thesis deals with the issue of the creation of the European Public Prosecutor's Office (EPPO), established by Council Regulation (EU) 2017/1939 of 12 October 2017, after almost two decades of studies and proposals. Traditionally, the subject has been studied in the disciplinary fields of criminal law and criminal procedure, with all the merits but also all the limits of a research that involves the adoption of a perspective of domestic law. The predilection for such an approach was essentially due to the genesis of the project that developed from a comparative study, but above all to its implications. Reasonably, in fact, the Italian and foreign doctrine was mainly concerned with its compatibility with national laws and national legal traditions. Unlike these studies, the paper examines the subject from the perspective of EU law. In fact, EPPO set-up regulation must respect the principles that base the competence of the EU in criminal matters, regulate the exercise and finally establish the scope and the intensity of EU action in this "sensitive" sector. Furthermore, the Office will place itself in the panorama of the already existing cooperation and coordination actors and bodies, having specific competences in criminal matters and active also in the field of the protection of the financial interests of the EU. From this perspective, the first chapter represents the methodological premise and the key to understanding the entire work. In this chapter the issue is framed in the context of the specificities of the process of European integration in criminal matters, with particular attention to its inspiring principles and its inherent limits. The second chapter examines the studies, proposals, documents (both institutional and non-institutional) that started the debate around the figure of a European investigating authority and which led to the introduction of an ad hoc legal basis for the establishment of the Office, inserted by the Treaty of Lisbon in the art. 86 TFEU. The chapter ends with the long and complex legislative process that led to the approval of the regulation even if with significant renunciations compared to the original aspirations. First of all, the use of enhanced cooperation. The third, fourth and fifth chapters are dedicated, respectively, to institutional profiles, material competence and, lastly, to the operational aspects related to the functioning of the Office and to relations with "partners". In this part, the provisions of the regulation text are examined by highlighting the critical and potentially problematic profiles. The work also investigates the specific implications related to the use of enhanced cooperation.
CASTAGNO, JEAN PAULE. "Il mandato europeo di ricerca delle prove. Presente e futuro del principio di mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie penali." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2010. http://hdl.handle.net/10281/14743.
Full textPollice, Alessia. "Portare la tecnologia in cabina: le nuove tecnologie a servizio dell'interprete e il caso della simultanea con testo." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amslaurea.unibo.it/9840/.
Full textMettica, V. F. "LA COOPERAZIONE INVESTIGATIVA NELL'UE E LE GARANZIE DIFENSIVE DELL'ACCUSATO." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2016. http://hdl.handle.net/2434/371602.
Full textCompleted the picture of the attitudes of European investigative cooperation in criminal matters, especially in light of recent developments, it seems possible to conclude that, although the regulatory indicators testify the volition to come to an integration of structures and systems in order to acquire uniform legal rules, the application still faces a limited intervention of the European law on the criminal procedural level, which is confined in the areas of voluntary cooperation and mutual recognition, exacerbating the operational difficulties of investigative coordination and exchange of evidential records.
De, Martino Lorenzo <1989>. "L'abuso del diritto nella materia penale tributaria." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amsdottorato.unibo.it/8591/1/L%27abuso%20del%20diritto%20nella%20materia%20penale%20tributaria%20rev.%2015.03.18.pdf.
Full textThe PhD thesis draws its origin from the appearance of the tax abuse of right in criminal procedures and by becoming one of the main actors in one of the most controversial performances of cd. ‘ciminal jurisprudential law’, brought to our attention by the renowned interpretative branch of Dolce&Gabbana. Therefore, once introduced the general concept of tax abuse, it will be separated from the notions of tax evasion and tax savings (legal); these three fundamental concepts and their limits and interactions will be the leitmotiv of the analysis. Moreover, there will be a study on the action of the “living law”: a jurisprudential season characterized, as it may be noticed, by light and shadow, full of application contrasts (diachronic and synchronic) and with a strong unpredictability on the criminal judgement for those behaviors assessed as violations. The analysis of the origin and the development of the punishability of the violation of the law in tax policy will allow a broader consideration on the crisis of the criminal law principles. After tracing back the phenomenon of violation in the broader trend that has struck contemporary criminal science, the study will concentrate on the law data represented by the new Article 10-bis of the l. 212/2000 The novelty represented by the legislative decree 128/2015 represents a fundamental achievement on the topic: not only it (finally) gives a fundamental definition of the concept of violation of law, but also the legislator has expressly stated expressis verbis the criminal irrelevance. However, the interpretation of the article 10-bis and of its interactions with the Criminal Tax Law has its own critical points. Therefore, this study will try to suggest a possible solution.
Bonomo, Elisabetta. "L'attività istruttoria della Corte penale internazionale e la cooperazione con gli Stati." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3424196.
Full textLa fase investigativa costituisce uno dei momenti cruciali del procedimento penale, in quanto è attraverso le prove raccolte che è possibile ricostruire la verità storica dei fatti. Nell’ambito del procedimento penale internazionale celebrato di fronte alla Corte penale internazionale, questa fase è resa particolarmente difficile: non avendo un organo di polizia giudiziaria a disposizione, infatti, l’organo inquirente deve affidarsi costantemente alla cooperazione degli Stati. Partendo da questo presupposto generale, la tesi si ripropone di ricostruire gli obblighi di cooperazione che incombono sugli Stati, sia come singoli, sia come contributori nelle operazioni messe in atto dall’ONU, sua come parti di organi comuni - come la NATO -, a favore della Corte penale internazionale. Gli Stati tuttavia non sono gli unici soggetti che possono cooperare con la Corte: per questo motivo sono stati ricostruiti gli eventuali obblighi incombenti sulle organizzazioni non governative e sugli individui privati. Lo Statuto di Roma conferisce al Procuratore alcuni poteri, potenzialmente molto rilevanti in quanto consentono di svolgere di indagini sul territorio statale senza l’ausilio delle autorità nazionali. Sono quindi previste due modalità di esecuzione delle cd. “on-site investigations”: innanzitutto, l’art. 99, par. 4, consente, nel rispetto di talune condizioni, che il Procuratore possa svolgere le attività di indagine che non comportano l’uso di misure coercitive. L’art. 57, par. 3, lett. d), invece, attribuisce il potere di svolgere qualunque tipo di indagine sul territorio degli Stati parti che si trovino in una situazione di collasso tale da comportare l’assenza di qualunque autorità a cui inoltrare le rogatorie. Ciò che la disciplina delle “on-site investigations” non consente, è di superare l’ostacolo alle indagini costituito dalla mancanza di volontà di cooperare con la Corte. Inoltre, alla luce delle difficoltà di realizzazione delle condizioni richieste dallo Statuto, attualmente non si riscontrano nella prassi situazioni in cui sia stato possibile ricorrere agli strumenti attribuiti dall’art. 57, par. 3, lett. d) dello Statuto: per questo motivo, l’analisi è stata svolta principalmente alla luce dei principi generali che governano l’operato della Corte e del confronto con i Tribunali penali internazionali ad hoc e dei poteri a loro attribuiti. La giurisdizione materiale della Corte penale internazionale consente di affermare che in alcuni casi - e qualora ricorrano le circostanze previste dal diritto internazionale - si possano instaurare di fronte a diverse giurisdizioni casi connessi dal punto di vista soggettivo e/o oggettivo. Queste situazioni di connessione si possono creare sia a livello esclusivamente internazionale (ad esempio tra la Corte penale internazionale e la Corte internazionale di giustizia), ma anche con le giurisdizioni nazionali. Rispetto a queste ultime, viene dimostrato come la complementarietà della giurisdizione della Corte, oltre ad essere un’ulteriore causa di possibili connessioni tra procedimenti, consenta inoltre l’instaurarsi anche di situazioni di litispendenza. Qualora sussistano queste situazioni, sarebbe opportuno che le diverse giurisdizioni si coordinino e intraprendano attività di scambio di documenti e informazioni al fine ottimizzare gli sforzi e di giungere a giudicati tra loro coerenti. In ambito esclusivamente internazionale, la reciproca cooperazione è possibile solo tramite accordi ad hoc conclusi fra le giurisdizioni. Lo Statuto di Roma, inoltre, prevede espressamente la possibilità (ma non l’obbligo) che la Corte cooperi a favore degli Stati. Si tratta di una facoltà e non di un obbligo, la cui attuazione sarebbe auspicabile alla luce del principio per cui sono gli Stati i principali attori nella lotta all’impunità dei responsabili di crimini internazionali. Alla luce di questo innovativa possibilità, è stato verificato come le prove internazionali e i giudicati possano entrare nell’ordinamento italiano e costituire materiale probatorio nell’ambito dei procedimenti penali nazionali. Le conclusioni generali che si ricavano dalla ricerca svolta sono che l’elemento fondamentale per un’efficace attuazione della giustizia penale internazionale risiede nella volontà degli attori internazionali a cooperare con coloro che di volta in volta che sono chiamati alla sua realizzazione.
BISSARO, STEFANO. "IL PRINCIPIO DI LEGALITÀ IN MATERIA PENALE. PROFILI COSTITUZIONALI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2019. http://hdl.handle.net/2434/614492.
Full textGIRGENTI, ALFIO LIVIO. "Il contratto di cooperazione nel codice dei contratti pubblici." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2017. http://hdl.handle.net/10281/152404.
Full textThe cooperation contract is a legal type common to the three European directives on concessions (art. 17, para 4, dir. 2014/23/EU), procurement in the public sector (art. 12, para 4, dir. 2014/24/EU) and utilities (art. 28, para 4, dir. 2014/25/EU), which never introduced before, but established by the case law. Essentially, such contract is aimed to the cooperation in the public services in common through the sharing of activities exposed to the open maket, and configures, at a formal level, (i) an arrangement concluded exclusively between public bodies, (ii) exempt from the obligation to follow the competitive procedures. The research focalizes both the characteristics of the legal type and aims a twofold objective: on the one hand -structurally-, criticizing the adequacy of the concept of public agreement in order to qualify the nature of that contract, and on the other hand -functionally-, extending the scope of that exemption beyond the classic freedom of cooperation and organization of public services in aggregate form, provided by art. 2, para 1, second sentence, dir. 2014/23/EU). This entails the following two questions: whether the cooperation contract resolves essentially in the codification of European law in the context of a purely internal situation (the cooperation agreement) and, if not, this type of contract involves the exemption from the obligation to follow the competitive procedures of a situation that in any case does not fall within the scope of the fundamental freedoms (as an instrument of in house providing in a broad sense). To this purpose, I will delve into the jurisprudential origins of the present legal type, in such a way to reconstruct the logical and chronological path which leads to differentiate such a cooperation contract from the public-public partnership, from the in-house contract and, finally, from the cooperation agreement, by means of the comparison with the legal types of inter-administrative arrangement provided by the domestic law, which the European law takes into account without a full harmonization. In the light of this analysis, I will seek to point out the codified notion of cooperation contract represents the evolved version of the collaboration agreement, with which are exempted public contracts and concessions relating to economic activities exposed to the open market, aimed to the provision of public services and exchanged in cooperation within the public sector. At the core of this interpretation is the provision, introduced in innovative way than the previous case law, that allows the performance in cooperation of activities exposed to the open market, as provided in subparagraph c) of the cited articles. Furthermore, with regard to structure yet, it will observe that the cooperation contract does not overlap or interfere with the in house providing in a narrow sense, even if this kind of contract is inserted in the same statutory package. Turning to the scope of the exemption from the functional point of view, it should be noted that as part of the contractual cooperation was allowed, in the recitals of the 2014 EU directives, the integration between public bodies to carry out complementary activities. In summary, I want to argue that the cooperation contract is formally an inter-administrative arrangement and essentially a public contract as, structurally, may relate to activities ancillary to the public service, and does not imply any in house relationship, and to demonstrate that, functionally, the exemption of that contract goes beyond simple service aggregation and is extended to cases where there is the sharing of performance by carrying out complementary activities.
LOMBARDO, Emilia. "Diritti processuali e garanzie della persona nella cooperazione giudiziaria penale: tra mutuo riconoscimento e armonizzazione." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2014. http://hdl.handle.net/10447/90927.
Full textAzzariti, Ilaria <1982>. "La cooperazione amministrativa tra stati membri in materia fiscale: verso una amministrazione finanziaria "europea"." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6600/1/Azzariti_Ilaria_Tesi.pdf.
Full textFiscal harmonization is an important challenge European Union has to face for the complete fulfillment of the common internal market. European institutions do not have competences set forth under the Treaties to approach the tax matter. The main aim of the paper is to understand the perspective for the development of the fiscal system among the EU, starting from the analysis of the Eu Directives in force affecting the tax administrative proceedings of the member States. Through the EU Directive on the exchange of information (dir. 2011/16/EU) and the EU Directive on the assistance for the recovery of taxes (dir. 2010/24/EU), the fiscal authorities of member States have the chance to know each other's administrative systems. In this framework, the more tax authorities will be open to exchange information, assist each other, and to cooperate on a common legal basis, the more effective will be the response against cross-border tax fraud and evasion. On the other side, the effectiveness of the exchange of information among States will prevent harmful tax competition and distortions in the tax systems. The result will be a shift in emphasis from attempting to harmonize taxes at EU level towards improving coordination between existing national tax systems, and in particular, tax authorities.
Azzariti, Ilaria <1982>. "La cooperazione amministrativa tra stati membri in materia fiscale: verso una amministrazione finanziaria "europea"." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6600/.
Full textFiscal harmonization is an important challenge European Union has to face for the complete fulfillment of the common internal market. European institutions do not have competences set forth under the Treaties to approach the tax matter. The main aim of the paper is to understand the perspective for the development of the fiscal system among the EU, starting from the analysis of the Eu Directives in force affecting the tax administrative proceedings of the member States. Through the EU Directive on the exchange of information (dir. 2011/16/EU) and the EU Directive on the assistance for the recovery of taxes (dir. 2010/24/EU), the fiscal authorities of member States have the chance to know each other's administrative systems. In this framework, the more tax authorities will be open to exchange information, assist each other, and to cooperate on a common legal basis, the more effective will be the response against cross-border tax fraud and evasion. On the other side, the effectiveness of the exchange of information among States will prevent harmful tax competition and distortions in the tax systems. The result will be a shift in emphasis from attempting to harmonize taxes at EU level towards improving coordination between existing national tax systems, and in particular, tax authorities.
Cancellaro, Francesca <1984>. "La detenzione amministrativa degli stranieri. Nuove frontiere in materia di liberta' personale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7226/1/cancellaro_francesca_tesi.pdf.
Full textThis thesis focuses on the issue of the legality of migrants’ detention immediately following disembarkation on EU shores. Under Italian practice, this phase is one of those where access to justice and legal advice are poorly protected, so that under the justification of necessity and urgency, cases of unlawful deprivation of liberty frequently take place without any legal basis and judicial review. This has been the case at the Immigration Centre located on Lampedusa Island in recent years, where under the label of ‘reception’ in reality migrants have been subjected to unlawful detention. As personally observed by the author, who carried out some fieldwork research within this Centre, the above situation has represented a case of arbitrary detention in breach of the principles established in the Italian Constitution and in International Conventions, in primis in the case law under the European Convention of Human Rights. This thesis builds on the Lampedusa case study with the aim of suggesting better ways to protect migrants’ personal liberty. Starting from the evaluation of the general legal safeguards available in the field of immigration detention in Italy, this thesis criticizes the habeas corpus system, specifically addressed to those who are in limbo’ between the arrival at the border of Europe and the determination of their individual legal status. It concludes that in Italy a migrant’s right to personal liberty is undermined by the lack of legal remedies in the Italian system.
Cancellaro, Francesca <1984>. "La detenzione amministrativa degli stranieri. Nuove frontiere in materia di liberta' personale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7226/.
Full textThis thesis focuses on the issue of the legality of migrants’ detention immediately following disembarkation on EU shores. Under Italian practice, this phase is one of those where access to justice and legal advice are poorly protected, so that under the justification of necessity and urgency, cases of unlawful deprivation of liberty frequently take place without any legal basis and judicial review. This has been the case at the Immigration Centre located on Lampedusa Island in recent years, where under the label of ‘reception’ in reality migrants have been subjected to unlawful detention. As personally observed by the author, who carried out some fieldwork research within this Centre, the above situation has represented a case of arbitrary detention in breach of the principles established in the Italian Constitution and in International Conventions, in primis in the case law under the European Convention of Human Rights. This thesis builds on the Lampedusa case study with the aim of suggesting better ways to protect migrants’ personal liberty. Starting from the evaluation of the general legal safeguards available in the field of immigration detention in Italy, this thesis criticizes the habeas corpus system, specifically addressed to those who are in limbo’ between the arrival at the border of Europe and the determination of their individual legal status. It concludes that in Italy a migrant’s right to personal liberty is undermined by the lack of legal remedies in the Italian system.
Bianco, Floriana. "Il principio del mutuo riconoscimento in materia penale: contenuti, dinamiche, vincoli garantistici nella prospettiva di un diritto penale europeo." Doctoral thesis, Università di Catania, 2013. http://hdl.handle.net/10761/1474.
Full textSchiavon, Alessia. "I comportamenti devianti e criminali dei digital native: una riflessione comparata in materia di cyberbullismo e sexting." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3425873.
Full textNegli ultimi vent'anni, Internet è diventato parte integrante della vita delle persone, in particolare dei giovani, i cosiddetti nativi digitali. I bambini e gli adolescenti hanno abbracciato con entusiasmo il suo potenziale di comunicazione, intrattenimento e di ricerca di informazioni. Oggi, i minori crescono in un ambiente mediato dalla tecnologia e sono particolarmente attratti dalle possibilità del Web. Per loro, la distinzione tra online e offline è diventata sempre più priva di significato, e si spostano con facilità tra i due. Questo ha aperto enormi prospettive che erano inimmaginabili solo una mezza generazione fa. Sebbene tale disponibilità debba considerarsi positiva, a preoccupare sono i crescenti rischi che l'accesso alla tecnologia potrebbe comportare per i giovani. L’uso significativo delle tecnologie della comunicazione da parte di bambini e adolescenti rappresenta una circostanza non priva di rilevanza giuridica. Di fatto, la rivoluzione di Internet ha determinato un cambiamento nello scenario criminologico, specialmente in relazione ai giovani. Questo lavoro intende investigare i nuovi fenomeni virtuali che caratterizzano i nativi digitali e conosciuti come cyberbullismo e sexting, adottando un approccio di ricerca interdisciplinare. A seguito di un'indagine approfondita sugli aspetti sociologici e criminologici che caratterizzano i fenomeni, la ricerca fornisce una valutazione dell'attuale quadro giuridico a livello internazionale, europeo e nazionale in relazione alla protezione del minore nel contesto digitale. In seguito, sulla base di un'analisi comparativa che coinvolge sistemi di common law (Australia, Canada) e civil law (Spagna, Italia), lo studio aspira innanzitutto a identificare le questioni e i dibattiti legali stimolati dal cyberbullismo e dal sexting, stimando l'efficacia del criminale modello di giustizia in relazione a tali comportamenti criminali e devianti. In secondo luogo, mira a riflettere sul ruolo del diritto penale con riferimento alle nuove sfide poste dal cyberspazio.
Abbadessa, G. "PENA MINACCIATA E ATTI ESECUTIVI: UNO STUDIO IN MATERIA DI TENTATIVO." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2012. http://hdl.handle.net/2434/203767.
Full textSantangelo, Alessandra <1989>. "Il principio di prevedibilità in materia penale. Riflessi sulle garanzie fondamentali di una analisi comparata sulla "cultura del precedente"." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amsdottorato.unibo.it/9418/1/A.%20Santangelo_Il%20principio%20di%20prevedibilit%C3%A0.pdf.
Full textThe research aims to investigate the interconnections among common law and civil law legal orders, in relation to the rule of law and the necessary separation of powers. In the criminal field, a recent Italian legislative reform risks modifying the Court of Cassation's structure: it conferred more power to its Supreme Section (so called Sezioni Unite) binding the smaller sections and implying some aspects of the ‘culture of precedent’. This reform became necessary since the judicial activism by Italian jurisprudence had started jeopardising the foreseeability of criminal sanctions: the nullum crimen sine lege became influenced not only by legislative decisions but, rather, by case law. In this frame, a great role is played by the case law of the Strasbourg Court. In fact, the substantive approach the Court adopted to define criminal charges under Art 7 ECHR firmly determined broad changes for national judges. The Convention requires each signatory State to comply with qualitative requirements in order to strengthen the predictability of penalties. Thus, while the case-law is behaving as a co-protagonist within the criminal field, it is possible to affirm that common law rules are influencing civil law legal orders being passed on by the supranational approach. The thesis intends to compare civil law and common law paradigms examining whether the stare decisis doctrine could be exported under a different ground.
DELLA, TORRE LUCIA. "Le frontiere mobili del diritto punitivo. Le contravvenzioni in materia di sicurezza del lavoro e immigrazione, tra sfera penale e amministrativa." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2010. http://hdl.handle.net/10280/886.
Full textMisdemeanors are placed along the border between the administrative and the penal system. From that position they derive their peculiar structure, which often punishes mere disobediences carried out without malice or recklessness. The speed of the assessments and the mildness of the sanctions are the dynamic counterpoints to the low negative value of the typical fact. Misdemeanors seem to be quite different from the traditional criminal offenses, and rather similar to the administrative ones: they lack the "personality" which should characterize a constitutionally shaped crime. We attempted to test the internal consistency of the misdemeanors category in the the criminal labor and immigration law. In the first case, reforms have led to essentially administrative sanctions, with the criminal features watering down; in the second case, they have brought to penalties which, though formally administrative, are punitive in character: the most typical of these is a “unnamed” restriction of liberty, which is excluded from the range of typical sentences listed in article 39 c.p.
DELLA, TORRE LUCIA. "Le frontiere mobili del diritto punitivo. Le contravvenzioni in materia di sicurezza del lavoro e immigrazione, tra sfera penale e amministrativa." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2010. http://hdl.handle.net/10280/886.
Full textMisdemeanors are placed along the border between the administrative and the penal system. From that position they derive their peculiar structure, which often punishes mere disobediences carried out without malice or recklessness. The speed of the assessments and the mildness of the sanctions are the dynamic counterpoints to the low negative value of the typical fact. Misdemeanors seem to be quite different from the traditional criminal offenses, and rather similar to the administrative ones: they lack the "personality" which should characterize a constitutionally shaped crime. We attempted to test the internal consistency of the misdemeanors category in the the criminal labor and immigration law. In the first case, reforms have led to essentially administrative sanctions, with the criminal features watering down; in the second case, they have brought to penalties which, though formally administrative, are punitive in character: the most typical of these is a “unnamed” restriction of liberty, which is excluded from the range of typical sentences listed in article 39 c.p.
ERTOLA, FRANCESCA. "RICERCA E ACQUISIZIONE DELLA PROVA ALL'ESTERO: L'ORDINE EUROPEO DI INDAGINE PENALE." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2022. http://hdl.handle.net/10280/122447.
Full textThe research aims to investigate the EU cross-border gathering and use of evidence in criminal matters, focusing on the protection of fundamental rights in transnational proceedings. Given the current framework, Part I is dedicated to the critical examination of the Directive 2014/41/EU on the European investigation order and the problems connected with mutual recognition, in the absence of a prior harmonization. Part II focuses on the transposition of the EIO directive into the italian system, with particular attention to the defence rights. Finally, Part III examines the impact of the EIO on national systems and points out the possible solutions in order to introduce minimum rules of mutual admissibility of evidence.
Maisto, V. "PROFILI PENALISTICI DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2013. http://hdl.handle.net/2434/217771.
Full textMazzarelli, Stefania <1989>. "Normativa in materia di sicurezza alimentare in Cina: analisi, traduzione e commento traduttologico di una sentenza penale." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/7161.
Full textRECCHIA, Nicola. "Il giudizio di proporzionalità in materia penale. Prospettive e limiti come strumento critico delle scelte di criminalizzazione." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2017. http://hdl.handle.net/11392/2487926.
Full textThe doctoral thesis deals with the key topic of the limits of criminal law and, in particular, of the legal limits that can be enforced by means of constitutional litigation in front of constitutional or human rights courts. In doing so, the work explores the proportionality test as developed by many important constitutional and human rights courts around the globe. After having introduced this test in its general aspects, the first part of the work tries to elaborate the structure of this test when applied to criminal offences, taking into account the peculiarities of criminal law. In order to do so, a vast overview of the relevant case–law of different constitutional and human rights courts is undertaken. The thesis identifies first of all the different fundamental rights limited by criminal offences, then an autonomous test for each of these fundamental rights is sketched out. By analysing the different steps of the proportionality test a clear distinction is made between them and similar concepts developed by the criminal law scholarship (e.g. Rechtsgut, ultima ratio, harm principle, etc.). In the second part of the work are analysed the peculiarities of the proportionality test in each legal order considering the different models of judicial review of legislation adopted. In particular the work tries to analyse the different kinds of decision available for the constitutional or human rights courts in cases of an unconstitutional criminal offence. In the conclusion of the work the proportionality test is then compared with the already mentioned concepts developed by the criminal law scholarship, in order to asses which of these two conflicting approaches best serves the identification of legal limits to the criminal power of the state.
DE, LUCA CARLOTTA. "L'ORDINE EUROPEO D'INDAGINE PENALE: DISCIPLINA NORMATIVA E PRIME ESPERIENZE APPLICATIVE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2022. http://hdl.handle.net/2434/919437.
Full textThe European criminal investigation order, introduced by Directive 2014/41/EU, is an instrument of judicial cooperation in the field of evidence, which has become necessary, given the growing transnational dimension of crime as a result of the sublimation of geographical boundaries in the European Union's Area of Freedom, Security and Justice. The supranational directive, implemented by Italian Legislative Decree no. 108 of 2017, has given rise to a construct of hybrid nature, inspired by the principle of mutual recognition, which maintains, at the same time, certain features typical of traditional mutual legal assistance, in an attempt to combine investigative efficiency and protection of fundamental guarantees. In an underlying backdrop still characterized by the absence of harmonization of national procedural and evidentiary rules, the mechanism for adducing evidence in a foreign country revolves around the principle of proportionality, which in turn takes shape in the context of a balancing judgement - to be conducted in the actual case and taking into consideration the specificities of such case - between the needs related to the detection of crime and the sacrifices imposed on the rights of the persons involved, for various reasons, in the procedures aimed at issuing and executing the relevant order. This doctoral thesis intends to provide a comprehensive analysis of the European Investigation Order, beginning with its legal framework, for the purposes of highlighting the main problems that have emerged in its early-stage enforcement and of identifying solutions capable of shorten the gap between theory and practice. To this end, a large space is firstly dedicated to the analysis of the early case-law rendered by the Court of Justice and by the Italian Court of Cassation on this theme, which reveals the overall tendency to prefer purposes of investigatory efficiency to the detriment of defense rights; secondly, this thesis critically evaluates some practical cases selected at the Public Prosecutor's Office of Milan and Monza.
DE, NINO FRANCESCO. "La responsabilità da reato dell'ente in materia di salute e sicurezza del lavoro. Profili problematici e prospettive di tutela." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2012. http://hdl.handle.net/10280/1232.
Full textThe research specifically focuses on the statutory provisions on corporations’ liability for offenses of manslaughter and unintentional injuries committed in breach of the rules on protection of work health and safety. The survey analyses the new legislation in this area, in light of the provisions of Italian t.u. 81/2008, within the framework of criminal liability in work health and safety and the related corporate accountability. To this end, having identified the "empirical" problem of work accidents and diseases and the criminal potentiality of corporate bodies, and based on the assessment of the legal responses formulated in England, France and Spain, the research - starting from the analysis of individual liability for crimes of homicide and injury in the field of work safety – proceeds, on one hand, to consider the relationship between the offenses referred to in article 25 septies and the general criteria of attribution of corporate responsibility; on the other, to specifically analyse the business models in the field of work safety. Finally, the research draws the possible trends of development of the health protection and work safety system, and of the legal regime of corporate liability arising out from offenses; in this respect, the statutory proposals for amending the D.Lgs. 231/2001 are also taken into account.
DE, NINO FRANCESCO. "La responsabilità da reato dell'ente in materia di salute e sicurezza del lavoro. Profili problematici e prospettive di tutela." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2012. http://hdl.handle.net/10280/1232.
Full textThe research specifically focuses on the statutory provisions on corporations’ liability for offenses of manslaughter and unintentional injuries committed in breach of the rules on protection of work health and safety. The survey analyses the new legislation in this area, in light of the provisions of Italian t.u. 81/2008, within the framework of criminal liability in work health and safety and the related corporate accountability. To this end, having identified the "empirical" problem of work accidents and diseases and the criminal potentiality of corporate bodies, and based on the assessment of the legal responses formulated in England, France and Spain, the research - starting from the analysis of individual liability for crimes of homicide and injury in the field of work safety – proceeds, on one hand, to consider the relationship between the offenses referred to in article 25 septies and the general criteria of attribution of corporate responsibility; on the other, to specifically analyse the business models in the field of work safety. Finally, the research draws the possible trends of development of the health protection and work safety system, and of the legal regime of corporate liability arising out from offenses; in this respect, the statutory proposals for amending the D.Lgs. 231/2001 are also taken into account.
PALUMBO, ANDREA. "IL DIRITTO ALL’AUTODETERMINAZIONE INFORMATIVA. L’ESPERIENZA TEDESCA IN MATERIA DI PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2017. http://hdl.handle.net/10281/170831.
Full textAfter more than thirty years, the Census Act Judgement (1983) of the German Constitutional Court (the so called Volkszählungsurteil) represents still today a reference point in data protection law. In spite of technological and legal novelties developed after its publication, the theories therein result still actual and modern. The judgement establishes a right of informational self-determination that guarantees the right of the person to determine for himself who, when and to what extent his data can be processed. It’s a fundamental, but not absolute, right and its prejudice compromises not only the right of the individuals, but the democratic society itself, made of self-determinated people. It is described as a right to the joint administration of personal data, where several subjects (such as legislator, the public administrations, the independent authority or the data subject itself) jointly managed the information. In this judgement, however, the German Constitutional Court denies the existence of a property right on data or a right to their exclusive control. Modern society is based on the cooperation among the individuals and on the communication: individuals should accept limitation to their own right of informational self-determination, as long as based on legal provision in accordance with the constitutional principles aimed at superior general interests. The German Constitutional Court, with that judgement, outlines even the nature of data protection law, which should prevent any offense to the human dignity and personality rights.
Capozzolo, Michela. "La «libera circolazione» delle decisioni in materia civile e commerciale nello Spazio giudiziario europeo. Regime generale e settori specifici." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2017. http://hdl.handle.net/10556/3175.
Full textThe doctoral thesis analyses the discipline of the “circulation” of judgments in civil and commercial matters within the European judicial area, comparing the evolution of the “general” regime - in the light of the amendments made by Regulation (EU) No. 1215/2012, which systematically reproduces and revises Regulation (EC) No 44/2001 (Brussels I) - with that of the sectoral regulations, which have to varying degrees been inspired by this regime. The work consists of two parts and has been structured in the form of a comparison between the general and sectoral regulations. The first part analyses the so-called Brussels I-bis system in order to highlight its innovations and its elements of continuity with the previous system, in particular by identifying the changes made to the system of recognition and enforcement of judgments. The second part is aimed at examining the rules governing the recognition and enforcement of judgments and extrajudicial decisions in specific areas of civil and commercial practice. Dealing with these pieces of legislation is far from easy, especially in relation to the sensitivity and transversality of the legislation at issue. Ultimately, the techniques of “automatic” recognition and enforcement, supported by the acquired equivalence between the procedural systems of the Member States and by a high degree of functional subsidiarity of their national law, are proving to be the most radical means to achieve the overriding objective of establishing and maintaining equivalent protection throughout the European judicial area. [edited by Author]
XXIX ciclo
Scutellari, Alessandro. "Il ruolo delle Regioni italiane in materia di diritti umani, cultura di pace e cooperazione allo sviluppo, alla luce del nuovo titolo V della Costituzione." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425949.
Full textCRIPPA, MARIA. "LA GIUSTIZIA PENALE INTERNAZIONALE DI FRONTE AI TRIBUNALI DOMESTICI. PROPOSTE PER L¿ADEGUAMENTO DELLA LEGISLAZIONE ITALIANA IN MATERIA DI CRIMINA IURIS GENTIUM." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2022. http://hdl.handle.net/2434/932370.
Full textInternational criminal justice before domestic courts. Proposals for the implementation of Italian provisions on crimina iuris gentium. The thesis aims at proposing solutions for the incorporation into the Italian legal system of International Criminal Court (ICC) Statute’s substantive provisions, whose domestic implementation is, at the moment, still lacking. The research develops, in particular, along three main sections. The first part sketches the main features of the indirect implementation of international criminal law by domestic legal systems. It deals, first of all, with the complex system of sources of international criminal law, as well as with the role of customs, in light of its tensions with the (international and constitutional) principle of legality. The analysis of international courts’ shortcomings leads to shift the scope of enquiry to the indirect implementation of international criminal law, in order to shape effective solutions for an integrated system of international criminal justice, under the complementarity principle (articles 1 and 17 ICC Statute). Within this framework, the extent of positive obligations to adopt domestic provisions on international crimes effects, in a comparative perspective, different solutions implemented by national legislators, considering the wide margin of discretion granted them by the ICC Statute. The second part outlines the extension of national jurisdictions to international crimes committed beyond their traditional territorial borders. The research focuses, firstly, on the notion and the structural shortcomings that characterize the principle of universal jurisdiction in the enforcement of international criminal justice since the Second World War. The section further sets out to verify the controversial 'tendential universality' of Italian criminal law, according to the interpretation of articles 7 - 10 Italian Criminal Code favored by the Italian jurisprudence, regarding in particular cases amounting to international crimes. The third section represents the heart of the research, dedicated to the evaluation of the compliance of provisions currently in force in the Italian criminal system and international criminal law. The research further proposes the introduction of a specific discipline, whenever gaps and shortcomings with respect to the ICC Statute are found. The analysis moves from the special part of criminal law, in order to investigate the conformity of criminal provisions already in place with the definition of international crimes contained in articles 5 et seq. ICC Statute (genocide, crimes against humanity, war crimes and aggression). The general part is examined with the aim to investigate, on the one hand, the adequacy of ordinary criteria for the attribution of criminal responsibility and, on the other hand, the need to introduce an ad hoc discipline where required by specific instances of international criminal law. The reference is, in particular, to the hypotheses of command and superior responsibility, legal entities liability, irrelevance of functional immunities, as well as statutes of limitations. The research ultimately seeks to ascertain whether the adoption of substantive provisions on international crimes enables the Italian legal order to adhere to an integrated system of international criminal justice and, in a broader sense, to contribute to the development of international criminal law. Indeed, the late implementation of the ICC Statute into the domestic legal system constitutes, according to the conclusions reached by the analysis, an opportunity to expand its provisions in order to overcome its possible shortcomings and to comply with the most recent developments of international criminal justice. Such conclusion would enable to relaunch the role of the Italian legal system in the international criminal justice system and make its legislative intervention, as well as its future jurisprudential applications, a model on the international scene.
PIAZZA, MARIKA. "LA COLPEVOLEZZA NEI REATI OMISSIVI PROPRI: RILIEVI CRITICI E SPUNTI DI RIFLESSIONE ALLA LUCE DELLA RECENTE GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI REATI TRIBUTARI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2017. http://hdl.handle.net/2434/471677.
Full textMONTORSI, MATTEO. "Passato, presente e futuro della confisca di prevenzione." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2021. http://hdl.handle.net/10281/314916.
Full textThesis aims to analyze the complex evolution of preventive italian confiscation and highlight the most relevant problems that characterize this tool as it is currently conceived and applied. The analysis starts from historical and normative reconstruction of birth and development of the preventive system, originally composed by personal measures that still today share with the preventive confiscation the presupposition constituted by the possibility to place the person whom it is addressed into a (more or less specific) cases of social dangerousness. The analysis is then extended to the most relevant ECHR jurisprudence about preventive measures and extended confiscation of proceeds of crime, as well as to the main regulatory acts that outline the policy of the European Union in the latter matter. The rise of "modern" type of tools in many other European Union legislations (which often share some aspects of the Italian preventive confiscation structure) has also suggested the opportunity of a brief comparison with the most interesting European models, especially regarding the corresponding Spanish legislation on preventive measures and confiscation of proceeds and assets of crime, Starting from the latest rulings of the Constitutional Court about the so-called "restorative" nature of the preventive confiscation (and of the extended confiscation), this work concludes with some observations that aim to focus on the main persisting problems of this tool (concern also the recent perspective mentioned before), however formulating some ideas for its partial overcoming
Bruttomesso, Nicole <1991>. "La cooperazione multilaterale in materia di istruzione della CPLP e l’allineamento delle politiche nazionali dei suoi Paesi Membri all' obiettivo 4 dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17079.
Full textCareri, Alessia. "La compatibilità del sistema repressivo del "doppio binario" sanzionatorio con il diritto fondamentale al ne bis in idem: tra prospettiva interna ed europea." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3421816.
Full textScopo del presente lavoro è l'analisi dell'effettiva compatibilità tra il principio del ne bis in idem convenzionale ed il sistema repressivo del c.d. "doppio binario" sanzionatorio, con particolare riferimento alla possibilità di una doppia sanzione, penale ed amministrativa, nei confronti dello stesso soggetto in risposta alla commissione di un fatto illecito sostanzialmente unitario. Chiarito il rilievo del ne bis in idem nell'attuale ordinamento giuridico nazionale e sovranazionale, la ricerca proposta mira a definire la nozione autonoma di matière pénale, anche alla luce della qualificazione dell'illecito e della procedura amministrativa come "sostanzialmente" penali sulla base dei c.d. criteri di Engel, nonché i concetti di idem e di bis elaborati dalla Corte di Strasburgo e ripresi in buona parte dalla Corte di giustizia e viceversa. Successivamente si è tentato di individuare e di evidenziare, in termini propositivi, talune possibili interpretazioni dei criteri ermeneutici attualmente utilizzati in materia di concorso di norme nel contesto dell'ordinamento nazionale, che risultino conformi alle indicazioni provenienti dalle Corti europee. Nell'ultima parte del lavoro, infine, sono state proposte talune soluzioni tecnico-giuridiche idonee a garantire l'efficiente funzionamento del sistema sanzionatorio: in particolare, una delle possibili soluzioni potrebbe forse essere individuata nell'attribuzione al solo giudice penale del potere di irrogare sia le sanzioni penali sia quelle amministrative punitive, nell'ambito di un unico procedimento che presuppone una valutazione unitaria del fatto concretamente realizzato.
Salerno, Martina. "Il fondamento giustificativo delle scelte di prevenzione e protezione in materia di prostituzione : quale legittimità ? : studio critico di diritto penale comparato tra Italia e Francia." Thesis, Paris 10, 2020. http://www.theses.fr/2020PA100052.
Full textThe expression “the oldest job in the world” suggests the idea of inter-temporality in prostitution. In reality, although the phenomenon of prostitution has always existed, the legal treatment of this activity is diversified and constantly evolving. From a juridical point of view, the current comparative picture reveals the difficulty of identifying a common and universal discipline to deal with prostitution in the various liberal-democratic systems. This is due to the fact that the legal treatment of prostitution is nothing but the result of a conflict of values. In other words, the different regimes of regulation of prostitution and the differentiated choices of criminal policy are the result of the conception accepted by each national legislator on the fundamental notions of vulnerability, dignity and availability of the body, which are relevant in this particular context, and the consequent balance that derives from it. In this context, starting from the comparative study of legislation and tribunal practice of countries that have adopted different regulatory models - Italy and France in particular – attention will be focused on the common justification that lies behind these different approaches. In fact, the present work aims precisely to consider the question of the criminalization of prostitution from the root, focusing the investigation on the ratio of the different theories, the legislative choices and the jurisprudential decisions adopted in the field of prostitution, particularly in the Italian and French legal systems. This study will allow, first of all, the understanding of the meaning of the most recent jurisprudential decisions and legislative reforms in the field of prostitution. Secondly, it will make it possible to verify to what extent the choices of criminal policy adopted from time to time by the various legislative and judicial authorities are sufficiently justified or supported by solid arguments and, at the same time, they guarantee the protection of the fundamental rights of prostitutes
BERNARDONI, PIETRO. "DIRITTI FONDAMENTALI E PREVENZIONE DEL TERRORISMO NEL SISTEMA MULTILIVELLO. ALLA RICERCA DI UN BILANCIAMENTO TRA ESIGENZE DI SICUREZZA E TUTELA DELLE LIBERTÀ AI MARGINI DELLA 'MATERIA PENALE'." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2021. http://hdl.handle.net/2434/852161.
Full textThe thesis focuses on some of the terrorism prevention tools in the light of the related guarantee statute; in particular, the listing systems developed by the UN and the European Union were considered, as well as the prevention measures governed by Legislative Decree 6 September 2011, no. 159; the attempt is to identify the common thread that unites these apparently very distant measures. From this point of view, the work moves along a twofold direction: on the one hand, the identification of the guarantees that must guard the prevention institutes, also in light of their legal nature in the perspective of the conventional concept of "criminal matter"; on the other hand, the reconstruction of the discipline of the institutes, based on national and supranational sources and jurisprudence. This analysis is contained mainly in Chapters III and IV, dedicated respectively to the identification of a possible guarantee statute valid for the prevention system as a whole and the reconstruction of the positive discipline of the institutions considered. This part, which constitutes the main focus of the work, is preceded by two chapters, with function of theoretical (Ch.. I) and historical framework (Ch. II). The first Chapter, in fact, wants to provide a frame of the conceptual coordinates in which we move in the next part of the work; it is ideally divided into three parts, which represent the three pillars of the entire thesis. The first axis, that of guarantees, is the object of attention by reconstructing the conventional and constitutional concept of "criminal matter"; the second, in some ways opposed to the previous one, focuses on the analysis of the concept of "security", understood as the value that the entire preventive anti-terrorism system is aimed at protecting. Finally, the last axis represents an attempt to synthesize the two areas already outlined, through the so-called balancing mechanism in terms of proportionality. The scheme adopted in the first Chapter is therefore re-proposed in the following and central part of the work, which has already been mentioned: the issue of guarantees is taken up and elaborated on in Chap. III; in Chap. IV, then, the analysis focuses on the institutes elaborated by the national and supranational legislator with the aim of guaranteeing “security”; in the fifth and final Chapter, an attempt is made to sift - with a view to balancing - the mechanisms set up to protect security claims in the light of fundamental individual guarantees. It is here that attempts have also been made to put forward some proposals for remodeling the system, in order to eliminate some of the aspects of its incompatibility with fundamental rights. The issue of the legal nature of the institutes examined, in the perspective in which it has been placed, is therefore played down by the centrality attributed to the criterion of proportionality as a balancing tool between opposing needs. Similarly, categories such as "enemy criminal law", "struggle criminal law " and "emergency law", even if considered in the first Chapter, are not used critically. The chosen perspective, in fact, is not that of an all-encompassing evaluation in terms of legitimacy-illegitimacy of the entire system, but, rather, an analysis that is as precise and specific as possible of the institutions examined in the light of the guarantee statute. elaborated by the Courts of Rights.
Borghi, M. "IL CONCORSO COLPOSO NEL REATO COLPOSO E NEL REATO DOLOSO.TEORIA E PRASSI IN ITALIA E IN GERMANIA." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2014. http://hdl.handle.net/2434/234162.
Full textThis work focuses on the negligent aiding and abetting someone else’s negligent or intentional crime in Italian and German criminal law. The first part provides an analysis of the scholarship and the case law developed under the Zanardelli Code, on the incompatibility between cooperation in a crime and negligence. Art. 113 of that Code, indeed, aiming at filling possible gaps of impunity, introduced the “cooperation in negligent crime”. In particular, this analysis attempts to identify the distinguishing feature of negligent cooperation, in contrast with the “simultaneous presence of independent causes due to negligence”, regulated by art. 41 of the penal code: such element consists in the “awareness of cooperating with other persons”. Not only does this rule display a regulatory function, but it also performs an incriminating function for various types of crimes:. It’s then pointed out that it’s also possible, on the basis of art. 110 p.c., to construct a crime of negligent aiding and abetting someone’s negligent misdemeanors. As to the controversial hypothesis of the negligent aiding and abetting someone’s intentional crime, the so called dogma of unity of abettors’ responsibility can be overcome by other arguments, suggesting that this form of cooperation, is admissible in the light of the law in force. The second part of the work is concerned with German law. recently some German scholars supported the configurability of a “negligent cooperation in committing a crime (fahrlässige Mittäterschaft)” according to § 25, Abs. 2, StGB. There are no rules that prevent this solution. moreover, the Italian debate shows that the theory that limits persons’ cooperation in committing a crime only to intentional crimes can be overcome. Nevertheless, in the case of fahrlässige Mittäterschaft, the proof that the single contribution caused the event should be considered necessary. The remaining chapter analyzes the main developments of the German debate about negligent cooperation in an intentional crime, from the oldest doctrine of the so called prohibition of recourse (Regressverbot) to the current doctrine of the objective ascription of the event. According to the more persuasive opinion, it is possible to construct a responsibility of the first negligent abetter (although in his own personal capacity), if he aids the second one’s recognizable inclination to crime.
Aversano, Tatiana. "Impresa illecita e illecito d'impresa nel quadro della responsabilità degli enti da reato, con riferimento in particolare ai reati associativi." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2017. http://hdl.handle.net/11577/3424569.
Full textIl lavoro si pone l’obiettivo di esaminare un tema di alta difficoltà e complessità. In anni recenti, la distinzione tra impresa illecita e illecito d’impresa ha assunto nel diritto penale italiano un’importanza significativa: il rilievo attiene sia ai rapporti tra concorso di persone nel reato e associazione per delinquere, sia agli effetti dell’applicazione delle sanzioni di natura patrimoniale e della confisca in particolare. La prima parte delinea il concetto di impresa illecita, in rapporto all’illecito penale dell’impresa e alla sua qualificazione avvenuta con l’art. 24-ter del D.Lgs. 231/2001, così come definito dalla L.94/2009. In via teorica e in astratto, la distinzione è precisa. L’impresa penalmente illecita è l’impresa (o società) la cui attività economica è volta esclusivamente al crimine: si pensi ad una società che opera esclusivamente nel traffico degli stupefacenti o nel riciclaggio di denaro o nella percezione fraudolenta di sovvenzioni pubbliche, oppure ad una società costituita al solo scopo di commettere frodi fiscali (all’Iva in particolare). La figura, dunque, è affine al Continuing Criminal Enterprise, punito dal § 848 US Code. L’illecito penale dell’impresa è, invece, il reato commesso episodicamente da un’impresa dedita ad un’ attività economica lecita in sé. La distinzione, ancora in via teorica ed in astratto, è precisa anche per le conseguenze penali. L’impresa penalmente illecita si colloca nel campo della criminalità organizzata e comporta normalmente l’applicazione dei delitti associativi a tutti i soggetti partecipi dell’impresa; nel contempo la confisca si può applicare all’impresa nel suo complesso. L’illecito penale dell’impresa (lecita), invece, comporta la responsabilità soltanto del soggetto che ha commesso quel reato che sia riconducibile all’impresa: se i soggetti sono più di uno si applica l’istituto del concorso di persone; nel contempo, la confisca riguarda soltanto il prodotto, profitto, prezzo di quel reato o, tutt’al più, il valore equivalente di essi. Tuttavia, nuove leggi e nuove prassi hanno mutato profondamente i termini della questione. Le suggestioni più interessanti in tema di organizzazione sono quelle che provengono dall’analisi giurisprudenziale e dottrinale in materia di associazione per delinquere applicata a “contesti leciti”. Ecco farsi strada la problematica del confine tra organizzazioni illecite e illeciti delle organizzazioni. Superate queste premesse di tipo tradizionale, la ricerca vive all’interno di uno scenario più complesso dove la criminalità tradizionale cerca di assomigliare all’impresa lecita e dove le imprese lecite tendono a usare mezzi di ricerca del profitto che sfiorano l’illegalità, anche metodi intimidativi ed estorsivi tipicamente mafiosi. L’impressione è che si debba andare alla ricerca delle premesse criminologiche di questa realtà nuova, in condizione di crisi economica, tra agire sul mercato, lecito o illecito che sia, e aggirare il mercato, lecito o illecito che sia. L’associazione per delinquere, con sempre maggiore frequenza, trova un campo d’applicazione privilegiato rispetto a ipotesi delittuose tipicamente riconducibili allo svolgimento di attività economiche, in particolare di carattere imprenditoriale. Dall’analisi condotta, il soggetto collettivo non rappresenta l’effettivo destinatario dell’arricchimento patrimoniale conseguente alla realizzazione delle fattispecie oggetto del programma criminoso, e nemmeno il destinatario, anche indiretto, della risposta sanzionatoria. Siamo, piuttosto, di fronte alla strumentalizzazione dell’ente a opera di soggetti che realizzano le fattispecie criminose per un fine e un profitto esclusivamente personali. L’affermazione si regge sull’interpretazione che vuole, ai fini della configurabilità di un'associazione per delinquere, non l'apposita creazione di un'organizzazione sia pure rudimentale, ma di una struttura che può anche essere preesistente all’ideazione criminosa, anche se dedita a finalità lecite. Fenomeno concettualmente distinto, riconducibile al caso in cui l’organizzazione lecita sia funzionale alla sola perpetrazione di reati, si ha nell’ipotesi in cui l’associazione per delinquere si annidi all’interno di un’organizzazione indiscutibilmente lecita, utilizzandone la struttura per la commissione di reati, senza tuttavia piegarla a finalità criminali. La liceità dei fini dell’associazione destinataria dei profitti si riverbera sul dolo di ciascun imputato, il quale, se convinto di partecipare alla realizzazione di scopi leciti, non poteva essere consapevole di partecipare a un’associazione criminale. Trattasi, dunque, di reiterate condotte criminose non rappresentanti l’ordinarietà quanto piuttosto di “deviazioni occasionali dalle regole di condotta generali” , tali da non fondare una responsabilità ex art. 416 c.p.. L’organizzazione rappresenta, dunque, uno degli argomenti interpretativi portati a sostegno della ontologica distinzione tra fenomeno dell’accordo e fenomeno associativo. Porre l’accento sull’elemento organizzativo consente di prospettare un interessante spunto di indagine. Si impone quindi di guardare con particolare attenzione ai concetti di organizzazione lecita e organizzazione illecita e ai fenomeni a essi sottesi della criminalità d’impresa e della criminalità organizzata. Criminalità d’impresa e criminalità organizzata mantengono ambiti soggettivi e oggettivi non coincidenti . La criminalità d’impresa è definita come una manifestazione della criminalità economica colta nel suo momento genetico, quale espressione di un organismo produttivo e indipendentemente dall’incidenza lesiva che può coinvolgere interessi individuali e collettivi. A delimitare la categoria risulta comunque indispensabile un requisito di base: parlando di impresa si postula un’attività economica fondamentalmente lecita. E si tratta di una liceità sotto il profilo dell’attività dedotta quale oggetto dell’impresa ovvero della natura dei beni o servizi forniti al mercato. Pertanto, la criminalità d’impresa può riflettere occasionalmente delle défaillances oppure può affondare le radici in una “politica” viziata, ma sempre sul presupposto di una iniziativa come tale accettabile, tendenzialmente positiva sul piano sociale, che non può essere estranea a priori alla garanzia dell’art. 41 Cost. Proprio il carattere incidentale rispetto a una legittimità di fondo, differenzia la criminalità d’impresa dalla criminalità organizzata, nella quale la violazione della legge penale assurge a scopo, a oggetto dello scopo associativo. Perciò, anche nelle sue forme più gravi la criminalità di impresa non può varcare la soglia dell’art. 416 c.p. . In termini di rilevanza penale la distinzione risulta chiara: data un’associazione criminale, la semplice partecipazione costituisce reato, indipendentemente dal concorso nei delitti scopo; la criminalità d’impresa pone al contrario un problema di imputazione delle manifestazioni devianti, nessun rilievo assumendo il mero inserimento nell’organizzazione. Nel secondo caso, a differenza che nel primo, posta la valenza neutrale e anzi costruttiva dell’iniziativa imprenditoriale, si impone una repressione “oggettivamente (nei limiti degli aspetti devianti) e soggettivamente mirata”. L’esigenza di dare risposta alla domanda prospettata in precedenza, ovvero la necessità di definire cosa debba intendersi per illiceità del requisito organizzativo, se esistano delle caratteristiche che rendano l’organizzazione intrinsecamente illecita o se tale tratto dipenda, in ultima istanza, dalla mera scelta dell’interprete in sede di applicazione della fattispecie incriminatrice, induce a soffermarsi sulla disciplina dei reati in materia di rifiuti. Infatti nel settore del diritto penale ambientale si realizza, quella commistione concettuale, precedentemente evidenziata, tra impresa lecita e impresa illecita. Commistione che, tuttavia, rappresenta il frutto di una certa tipizzazione delle fattispecie incriminatrici. Sebbene si tratti di fattispecie comuni, realizzabili da chiunque tenga la condotta incriminata, sia che si tratti di gestione, traffico o attività organizzata, la gran parte dei reati possono essere commessi solo nell’ambito di attività d’impresa, posto che la produzione e la gestione nella quale rientrano la raccolta, il trasporto, lo smaltimento e il recupero di rifiuti sono quasi sempre appannaggio di imprenditori e non di privati cittadini. L’analisi si scompone a questo punto in due aree d’indagine. Da un lato vi è la necessità di proseguire nella definizione, laddove possibile, di cosa renda illecita un’organizzazione, anche indagando settori disciplinari complementari a quello penale, come la disciplina civilistica ed in particolare l’ipotesi di impresa illecita come impresa apparentemente lecita. Nella disciplina civilistica il concetto di organizzazione non si connota in termini di neutralità, non si presta agevolmente ad essere plasmato in relazione alle esigenze di tutela che emergono in sede applicativa. Ciò è fatto palese proprio dal rilievo costituzionale dato all’attività economica, che nella quasi totalità dei casi è organizzata a impresa, ancorché l’esercizio di un’attività d’impresa non è sinonimo dell’esercizio di un’attività economica. L’attività imprenditoriale, dunque, produce ricchezza ed è preordinata alla circolazione di questa con una positiva ricaduta sulla comunità, per questo l’art. 41 Cost. ne indica i caratteri e le finalità, nonché i limiti da osservare. Nell’ottica civilistica, l’organizzazione è fatta coincidere con un’attività che corrisponde in modo sistematico alle esigenze di funzionalità e di efficienza di un’impresa, per lo più collettiva. E che, per la giurisprudenza, diviene la capacità dell’imprenditore di organizzare uno qualsiasi dei fattori della produzione e quindi anche il solo capitale, non essendo l’assunzione della qualità di imprenditore necessariamente correlata all’utilizzazione del lavoro altrui, o, addirittura, la mera attività svolta in modo sistematico e continuo anche con mezzi rudimentali e limitati. Ne deriva che il discorso sull’organizzazione è un discorso sulle modalità di esercizio dell’attività. Per esercitare l’attività, occorre necessariamente l’opera di coordinamento dei fattori produttivi – capitale, lavoro, terra – nel senso che l’imprenditore deve organizzarsi e organizzare tali fattori. Dall’altro lato, si ritiene necessario esaminare la disciplina della responsabilità amministrativa da reato degli enti collettivi, specie dopo che il legislatore vi ha ricondotto, come ipotesi di reato-presupposto, alcune fattispecie associative previste dall’art. 24 ter del d.lgs. 231/2001. Nel volgere di alcuni anni si è assistito ad un progressivo allontanamento dall’originario modello di responsabilità degli enti, che operano per il perseguimento di finalità lecite al cui interno possono essere commessi reati che non incidono sulla generale liceità dell’esercizio d’impresa. Quindi, a seguito di molteplici interventi normativi sul d.lgs 231/2001 l’ipotesi di ente criminale – prima rappresentata come del tutto eccezionale – adesso si delinea come figura destinataria del precetto. La legge n.94/2009, inserendo nel d.lgs. 231 i reati di associazione - prima rilevanti solo se aventi il carattere della trasnazionalità (ai sensi della legge n. 146 del 2006) - aveva l’obiettivo di rispondere alla necessità di prevedere un opportuno intervento legislativo contro le ipotesi in cui l’attività illecita derivasse da un intervento da parte di associazioni mafiose o fosse direttamente realizzata da un’impresa mafiosa, operanti con apparenza di legittimità ma in realtà dirette da poteri criminali. Dunque, quando si estende la responsabilità degli enti rispetto ai reati che sembrano essere espressione di associazioni per delinquere, allora ci troveremo di fronte ad associazioni illecite piuttosto che ad illeciti di associazione. Di conseguenza nel caso in cui, all’interno dell’ente, vengano commessi reati espressione di associazioni penalmente rilevanti, da soggetti i quali avvalendosi proprio della struttura organizzata dell’ente ne intacchino la liceità, si rientrerà all’interno delle fattispecie sanzionate dagli artt. 416 c.p. e seg. e dall’art. 24 ter D.lgs. 231/2001. La peculiarità di questi nuovi reati presupposto, introdotti nel 2009, è proprio quella di non essere accomunati dall’obiettivo di tutela di un determinato bene giuridico da particolari forme di offesa (si pensi ai reati contro la P.A, ai reati finanziari, ai reati colposi della sicurezza sul lavoro). Il collante dei nuovi delitti è essenzialmente empirico-criminologico, essendo tutti diretti a contrastare attività criminose particolarmente gravi, normalmente appannaggio delle grandi organizzazioni criminali e spesso strumentali alla loro stessa esistenza. In questa prospettiva di lotta alla criminalità organizzata sono ricompresi sia alcuni importanti reati-fine (traffico di stupefacenti, commercio e fabbricazione di armi, sequestro di persone a scopo di estorsione), sia i due principali reati-mezzo codicistici, cioè le condotte associative in senso stretto tipizzate dagli artt. 416 e 416 bis c.p.). È proprio il richiamo a queste due fattispecie incriminatrici che potrebbe determinare effetti di estensione delle ipotesi tipiche di responsabilità dell’ente probabilmente assai più ampi di quelli che il legislatore aveva preventivato. Sul piano dell’organizzazione societaria è allora evidente come il reato associativo sia astrattamente contestabile per il semplice fatto che l’ente abbia realizzato degli illeciti. Le conseguenze pericolose: difficoltà di predisporre validi ed efficaci modelli organizzativi di gestione e prevenzione dei reati che rischieranno di risultare vaghi ed inadeguati, proprio per il fatto che si pone l’ulteriore variabile di poter estendere l’applicazione dell’art. 24 ter anche a fattispecie delittuose non comprese nel novero dei reati presupposto di cui al d.lgs 231/2001. È evidente come il legislatore abbia impresso alla disciplina della responsabilità degli enti, prevista dal D.Lgs. 231, una doppia velocità: - da un lato l’apparato sostanzialmente immutato, delle disposizioni di parte generale con i principi di garanzia, i presupposti della responsabilità dipendente da reato, l’apparato sanzionatorio e le norme processuali; - dall’altro lato una serie di reati presupposto caratterizzato dal rapido ampliamento rispetto alla soluzione iniziale alquanto ristretta. La seconda parte del lavoro, esamina alcuni conflitti che sorgono nell’ambito della disciplina della responsabilità delle organizzazioni, soprattutto in relazione al rapporto con la normativa tributaria, alla possibilità di aggredire i beni della persona giuridica e alla questione delle effettive vie di ingresso dei reati tributari all’interno del decreto sulla responsabilità degli enti da reato. Nell’ambito del sistema previsto dal decreto 231/2001, e specificamente nell’elencazione dei reati presupposto per la configurabilità della punibilità degli enti, spicca la mancanza dei reati di tipo tributario. La produzione normativa comunitaria alla base del decreto 231 era volta innanzitutto a tutelare gli interessi finanziari dell’UE e dello Stato, eppure il legislatore italiano scelse consapevolmente di non inserire i reati tributari nella delega al governo per la costruzione della responsabilità da reato degli enti. I reati tributari, tuttavia, pur assenti dalla lista dei delitti presupposto della responsabilità dell’ente, sono concettualmente e logicamente al centro dell’attività di mappatura dei rischi, che costituisce l’antecedente logico necessario per l’elaborazione del modello di organizzazione e gestione individuato come una specifica forma di esonero della responsabilità dell’ente. La scelta politico-criminale del legislatore è sicuramente criticabile in quanto è fisiologico che gli adempimenti tributari, di maggiore spessore e consistenza, concretizzano ben precise scelte di politiche di impresa alle quali conseguono vantaggi indebiti per l’ente. Infatti insieme ai reati societari, i reati tributari sono gli antecedenti logici per la costituzione di fondi riservati destinati ad alimentare i reati di scopo, come la corruzione. Dunque, le aree strumentali più pericolose sono proprio quelle dimensioni organizzative dell’ente che presiedono alla gestione di risorse economiche o di strumenti di tipo finanziario che possono supportare la commissione dei reati nelle aree a rischio di reato. Il presente lavoro si pone l’obiettivo di spiegare come attraverso la contraddizione tra l’assenza dell’architettura della responsabilità degli enti e la colonizzazione dei gangli vitali del sistema 231, si può raccontare il rapporto tra i reati tributari e la responsabilità degli enti collettivi: da un lato il dibattito sulla loro mancata introduzione e dall’altro lato le vie sostanziali attraverso cui i reati tributari realizzano un’incidenza diretta sulla responsabilità da reato delle persone giuridiche. La disciplina fissata dal diritto penale tributario ha suscitato un intenso dibattito dottrinario in merito all’opportunità di includere le fattispecie di cui al d.l. n. 74/2000 tra i reati presupposto di cui al decreto n. 231/2001. I fautori di tale inclusione evidenziano come il sistema potrebbe avere un’efficacia complessiva migliore anche sul piano della lotta alla criminalità in ambito tributario: l’introduzione degli illeciti fiscali tra i reati di cui al decreto n. 231/2001 non presenterebbe comunque un’innovazione problematica, visto che l’ordinamento nazionale già prevede casi in cui vi sia contestualmente una responsabilità penale, una responsabilità amministrativa ed una responsabilità dell’ente di cui al decreto stesso, come ad esempio nel caso del “market abuse” di cui agli artt. 25-sexies del decreto n. 231/2001, 187-quinquies e 187-terdecies del TUF. I contrari invece all’inclusione dei reati fiscali nell’elencazione di cui al decreto n. 231/2001 ritengono che il diritto vigente già prevede la possibilità di irrogare una sanzione tributaria all’ente, ai sensi dell’art. 19, comma 2, del d.l. n. 74/2000; inoltre, è necessario evitare una moltiplicazione delle sanzioni a carico dell’ente, secondo un sistema che dovrebbe prevedere la sanzione penale per la persona fisica, la sanzione tributaria per la persona giuridica e la sanzione di cui al decreto n. 231/2001sempre per la persona giuridica. In generale, comunque, la scelta del legislatore di escludere i reati tributari dal novero dei reati presupposto è stata ampiamente criticata e oggetto di successive attenzioni da parte del Parlamento: si segnala a tal proposito il disegno di legge S.19- Grasso del 15 marzo 2013 con il quale si proponeva di “estendere la responsabilità da reato degli enti ai reati tributari, colmando così una lacuna ingiustificabile sul terreno politico-criminale”. Analizzando più a fondo la problematica appare evidente come il sistema del decreto 269 del 2003, in tema di responsabilità amministrativa da illecito tributario, sia orientato esclusivamente a una funzione risarcitoria del danno subito dall’erario per il mancato introito fiscale; non conosce finalità di tipo preventivo. La responsabilità da reato degli enti, invece, è pensata e costruita allo scopo di catalizzare i processi di adeguamento spontaneo alle normative di riferimento, di modernizzare i procedimenti interni volti alla gestione e al controllo dei centri di rischio di commissione di illeciti penali. C’è una sorta di sistema etico che prova a introdurre nella realtà organizzativa e gestionale dell’ente misure cautelari di impedimento di reati commessi nell’interesse o a vantaggio dell’ente stesso. Questa è la ragione principale per cui non è possibile sostenere la scelta di non inserimento dei reati tributari, neanche facendo riferimento all’argomento della moltiplicazione delle sanzioni per un medesimo fatto. In settori particolarmente delicati, come si è visto, l’ordinamento conosce molti livelli di sanzione per un medesimo fatto. Sono ambiti in cui massima è l’attenzione alla prevenzione e non solo alla punizione degli illeciti. La soluzione non potrebbe essere proprio quella della obliterazione della responsabilità da reato degli enti; sarebbe più ragionevole, invece, una tecnica legislativa che prevedesse criteri di sussidiarietà, o che accorpasse nel decreto 231 tutta la normativa sulla responsabilità degli enti per illecito tributario. Per i reati tributari che sono l’emblema della delinquenza economica organizzata, c’è un’intensa esigenza di politica criminale che orienta la normativa al rafforzamento della lotta all’evasione fiscale; e la politica criminale in questo settore non può che essere quella della prevenzione mediante organizzazione, con relativa responsabilizzazione per difetto organizzativo. Non si tratta, in sostanza, di punire maggiormente un illecito tributario, la questione è quella di prevenire gli illeciti tributari incentivando gli enti all’adozione di strutture di compliance volte all’introduzione di regole cautelari mediamente dirette all’impedimento di reati tributari. Tale prevenzione si realizza attraverso la segmentazione del attività esecutive in tema di gestione degli obblighi fiscali, di monitoraggio sulle attività strumentali alla costituzione di fondi riservati, con la ramificazione di procedure e protocolli ispirati dall’adeguamento a standard procedurali internazionali. Questo è il motivo per cui non si può prescindere dalla ricomprensione dei reati tributari nel sistema creato da decreto sulla responsabilità degli enti da reato; oltre naturalmente ad una maggiore incisività del contesto processuale penale e del sistema sanzionatorio dovuta alla disponibilità di sanzioni interdittive, alla possibilità di applicare misure cautelari, alla effettività e dissuasività della sanzione della confisca per equivalente che rende inutile l’occultamento del profitto ed esonera l’accusa dalla prova della diretta provenienza del delitto. Dopo aver esaminato il complesso dibattito sull’inserimento dei reati tributari nella disciplina del decreto 231, il presente lavoro mira ad individuare molteplici itinerari attraverso i quali i reati tributari realizzano un’incidenza indiretta sulla responsabilità da reato degli enti collettivi: a) in primo luogo alcuni reati tributari possono essere in concreto elementi o parti di un reato già presupposto della responsabilità ex d.lgs. 231/2001. A questa tipologia si possono ricondurre le problematiche attinenti l’associazione per delinquere, anche transnazionale, finalizzata alla commissione di un reato tributario e il riciclaggio dei proventi da illecito tributario. La nuova normativa antiriciclaggio introduce di fatto per le persone giuridiche la possibilità di configurare la loro responsabilità per tali illeciti e dunque la responsabilità diretta degli enti in caso di comportamenti illeciti di persone che agiscono per loro conto. b) in secondo luogo si sono venuti a formare nel corso del tempo dei luoghi di intersezione tra reati fiscali e disciplina della responsabilità degli enti collettivi. A questo gruppo, invece, possono essere ricondotte alcune recenti decisioni in tema di sequestro preventivo e confisca tributaria. A tale proposito le Sezioni Unite nel 2014 hanno aderito all’orientamento contrario all’estensione della confisca per equivalente per reati tributari alle persone giuridiche, per assenza di una base normativa alla quale ricondurre tale sanzione, confermando, invece, l’ammissibilità della confisca diretta del profitto del reato nei confronti dell’ente. Tuttavia, nonostante l’affermazione del principio dell’inapplicabilità della confisca per equivalente all’ente, la lettura estensiva della confisca diretta fornita dalla Corte, potrebbe portare ad un’estensione di fatto nell’applicazione della sanzione contro gli enti, quando il profitto dei reati tributari è rimasto nella disponibilità della società. Infine, nell’ultima parte del lavoro sono stati inseriti degli interessanti profili di comparazione, partendo dall’assunto in base al quale il diritto è una creazione storica, politica, sociale, intellettuale, la cui esistenza e funzionamento in una data società poggia soprattutto sulla cultura della società stessa, è stata svolta un’analisi comparata tra il sistema italiano e la responsabilità penale degli enti in Cina da una parte e il modello anglo-americano dall’altra. Il diritto cinese prevede diverse tipologie di reati ascrivibili a persone fisiche ed enti: vi sono reati che possono essere commessi dall’ente e dalla persona fisica responsabile per l’ente, reati che possono essere commessi da una persona fisica o da un ente, reati che possono essere commessi da persone fisiche incaricate o responsabili del controllo, secondo una strutturazione che non segue un criterio unico a livello politico-sociale. Il modello cinese è stato qualificato come un “sistema sociale di responsabilità personalizzata”, intendendo con tale espressione un sistema in cui l’ente ha una propria volontà e capacità, per cui le sue azioni non vanno confuse con quelle delle persone fisiche. Nell’ordinamento statunitense, si assiste, invece, alla progressiva estensione, agli enti collettivi, di procedimenti di diversione processuale (deviazioni dalla normale sequenza di atti del processo penale, prima della pronuncia dell’imputazione) i quali sono diventati, oggi, lo strumento privilegiato per fronteggiare la criminalità d’impresa. A partire dagli anni ’90, si assiste alla progressiva estensione agli enti collettivi dei DPA (deferred prosecution agreement) e NPA (non prosecution agreement), con due obiettivi principali: chiamare a rispondere, degli illeciti commessi in ambito aziendale, un numero sempre maggiore di imprese, seppur mediante meccanismi di diversion più flessibili e più rapidi; scongiurare le ricadute negative che i procedimenti penali normalmente riversano sul mercato. Anche il Regno Unito ha, di recente, introdotto una disciplina ad hoc. Tale è la pervasività della giustizia dilatoria che la stessa ha finito per stravolgere i regimi di corporate liability vigenti nei sistemi di area anglo-americana, fornendo al contempo spunti comparativi anche in prospettiva di riforma del d. lgs. n. 231 del 2001.
MARIOTTI, MARCO. ""Responsabilità colposa 'per fatto altrui"." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2019. http://hdl.handle.net/2434/630694.
Full textThis thesis provides a critical analysis of the circumstances in which an agent, who performs a negligent act, is held criminally liable for damage which was however not directly caused by his or her negligent act, but rather was caused by the act of another (with the view of causing damage either to another or to itself). This form of criminal liability “in relation to the conduct of another”, far from being exceptional, is common in many cases of failure to control or failure to prevent the commission of criminal offences by others, particularly in the context of team-working, and even more so within complex organisations having large corporate structures. The thesis examines the structural problems with this form of criminal liability. It identifies “relational elements”, the elements which enable the creation of a link between the responsibility of the agent whose conduct was the furthest to the damage, and the conduct of those having directly caused the damage. These relational elements impact both the basis on which liability attaches to the negligent agent, and the extent to which this liability exists. This analysis will cover both elements of a criminal offence, that is both the actus reus and the mens rea, with the aim of evaluating whether the legal framework at its current state effectively deals with “relational elements” as grounds for attaching liability, or whether too many uncertainties subsist when making this link– in both theoretical and practical terms– which prevent the clear and effective allocation of criminal liability among the different agents involved. First of all, with regards to the actus reus, this paper addresses the issue of concurring and intervening causes which may break the chain of causality between the agent’s action and the consequence of the actus reus, reaffirming the “sine qua non” paradigm. Furthermore, the research assesses the relevance in this context of the influence which one agent’s behaviour can have on the decisions subsequently taken by others, (known as a “psychological cause” of an action). The paper also critically analyses different theories regarding the basis of guarantees, whereby the guarantor’s liability only exists in relation to the act of another. On this point, a comparative analysis has highlighted how German case law has developed in such a way as to allow guarantees to arise from a factual basis, as opposed to solely through contract or other legally binding instruments, thus running the risk of violating the rule of law. Secondly, with regard to the mens rea element of an offence, the research examines three different examples of “relational elements”, by which another’s conduct needs to be taken into consideration, therefore entering into the mens rea element: (i) precautionary rules which can require the agent to observe another subject’s behaviour and to act accordingly; (ii) the expectation that other subjects involved will act lawfully, which needs to be accurately evaluated in order not to leave any gaps in the prevention of crime; (iii) the complex issue of foreseeability and avoidability of the consequences of one’s conduct, becomes even more intricate with the interposition of another’s conduct. Lastly, the paper will focus on joint enterprise in negligence cases. Having first of all stressed the structural uncertainties and the limited prosecutorial use of the concept of joint enterprise in the context of negligence offences, the thesis argues that through the different “relational elements” present in an offence, each agent’s liability can be independently determined by taking into account the interactions with others. It is worth noting that in the case where the mens rea element of an offence requires intentional participation to another’s negligent behaviour, these uncertainties appear to be even greater. In conclusion, the paper will point out that the liability of guarantors is independent from their participation in the joint criminal enterprise, as this type of liability arises from the guarantee itself.
D'Angelo, Serena. "L’INTERPRETAZIONE “CONFORME” IN MATERIA PENALE SOSTANZIALE E PROCESSUALE." Doctoral thesis, 2012. http://hdl.handle.net/10447/94692.
Full textConti, Sara. "Profili giuridici e tecnici dello scambio transnazionale delle prove digitali in ambito penale." Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/2158/1211795.
Full textFRANCHINA, Cecilia. "La cooperazione giudiziaria penale nell'Unione europea e i suoi rapporti con l'ordinamento italiano." Doctoral thesis, 2011. http://hdl.handle.net/10447/101786.
Full textPAGANI, Fabrizio. "La cooperazione interstatuale in materia di lotta alla droga : Aspetti di diritto internazionale." Doctoral thesis, 1991. http://hdl.handle.net/1814/5657.
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