Dissertations / Theses on the topic 'Congregazione'

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1

Bianchini, Chiara. "La congregazione del clero intrinseco dalle origini alla stesura degli statuti." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3421688.

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Abstract:
This work is part of a larger theme having the association of the urban secular clergy as a subject and is focused on the Clero Intrinseco Congregation of the medieval Verona. After a general introduction on the documents forming the Clero Intriseco collection - and in particular of those used for this work - and after a survey of historiography produced on the theme, a deeper knowldedge of the Clero Intrinseco Congregation has been made possible by some local studies and thanks to the large amount of documents produced during the third and fourth decades of the XIV Century, when the Cancelleria of the Congregation was formed, enrolling notars coming from the Bishop Curia. On 1323, these notars, along with the Arciprete and other members of the Congregation, were active in producing the Statuti where it is possible to recognize the pre ence of mores and consuetudes already documented on 1177. Within the Statuti, the rituality based on regulation of Cura Animarum vivorum et defunctorum and on some corporative aspects peculiar to the Clero intrinseco congregation prevail. (On 1326, following the indications given by the Constitutions 50, 51 and 42 of the Statuti, the notars of the Cancelleria started a compilation of two very importand registers recording copies and summaries of documents produced till that year)
La ricerca rientra nel tema dell’associazionismo del clero urbano ed è incentrata sullo studio della congregazione del clero intrinseco di Verona nel medioevo. Dopo una indagine di carattere introduttivo e generale sul materiale del fondo archivistico e una presentazione di quello specificamente utilizzato per compiere la ricerca e a seguito di una ricognizione sulla storiografia prodotta su tale tema, è stato possibile ampliare la conoscenza della congregazione del clero di Verona grazie agli studi locali e all’abbondante materiale documentario che fu redatto nel secondo ventennio del Trecento quando venne istituita una cancelleria di notai provenienti dalla curia episcopale. Essi nel 1323, assieme all’arciprete e ai membri della congregazione, furono parte attiva nella stesura degli statuti, in cui è possibile riconoscere la rielaborazione di mores e la presenza di consuetudini, già documentate nel 1177. All’interno di essi prevalgono la ritualità basata sulla regolamentazione della cura animarum vivorum ac defunctorum e degli aspetti corporativi propri dell’ente religioso. Gli stessi notai nel 1326, sulla base di precise indicazioni della costituzione 50,51 e 52 del corpus statutario, procedettero alla compilazione di due poderosi registri riguardanti la raccolta del materiale prodotto fino a quella data
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Rocco, Giacomino <1959&gt. "Il fondo "Congregazione di carità" di Padova. Regesto dei verbali della Commissione (1868 - 1881)." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4124.

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Abstract:
Analisi e descrizione dei verbali di seduta della Commissione di carità del Comune di Padova con schede archivistiche che riportano la descrizione materiale dei registri, la composizione dell'unità archivistica ed il contenuto dei verbali di commissione. Storia e formazione dell'archivio della Congregazione di carità di Padova. Modalità di comilazione del Regesto.
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3

D'ARCANGELO, POTITO. "ECCLESIA SANCTE MARIE MONTIS VIRGINIS. LA CONGREGAZIONE VERGINIANA DALLE ORIGINI ALL'ETÀ SVEVA(1126-1250)." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2011. http://hdl.handle.net/2434/159059.

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Abstract:
The work concerns the abbey of Montevergine (Mercogliano, Italy) and its congregation from the origins (1126 ca.) to 1250. The first section outlined the abbey’s growth and consolidation up to XVI century, focusing on the creation of an extended network of depending religious houses; the second one is about the community’s normative sources and its inner organization; in the third section the point at issue is the rise of the monastic lordship. An historiographic introduction and four appendixes integrate the text.
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4

Andenna, Cristina. "Mortariensis ecclesia una congregazione di canonici regolari in Italia settentrionale tra XI e XII secolo." Berlin Münster Lit, 2000. http://deposit.d-nb.de/cgi-bin/dokserv?id=3012723&prov=M&dok_var=1&dok_ext=htm.

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5

Andenna, Cristina. "Mortariensis ecclesia : una congregazione di canonici regolari in Italia settentrionale tra XI e XII secolo /." Berlin ; Münster : Lit-Verl, 2007. http://deposit.d-nb.de/cgi-bin/dokserv?id=3012723&prov=M&dokv̲ar=1&doke̲xt=htm.

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6

CODA, CATERINA GIOVANNA. "La congregazione vallombrosana: promozione della santità e culto delle reliquie tra Medioevo e Età moderna." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2009. http://hdl.handle.net/2108/738.

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Abstract:
La tesi ripercorre diacronicamente (dal Medioevo fino all’Età moderna) la storia della congregazione vallombrosana attraverso il culto dei santi e delle reliquie, prestando particolare attenzione al rapporto che si stabilisce tra il fenomeno cultuale e i problemi di carattere sociale e politico-istituzionale. La ricerca è partita da una riconsiderazione delle fonti agiografiche, alla luce della storiografia ad esse dedicata, e si è estesa anche a tipologie di fonti non propriamente agiografiche (memoriali, inventari, note di spese ecc.). Particolare attenzione è stata data agli oggetti materiali, le reliquie e i reliquiari, in continuità con la recente storiografia che considera i resti di un santo e gli oggetti preposti a conservarlo, non solo come funzionali alla storia del culto, ma come strumenti di ricerca anche e soprattutto in funzione della loro concretezza e materialità. Il veicolo attraverso il quale una reliquia diventa visibile e “fruibile” è costituito dal reliquiario, un oggetto “in progress” che muta con il passare del tempo e che, attraverso la sua struttura architettonica, le sue decorazioni e gli elementi comprovanti l’autenticità della reliquia, è capace di suscitare domande non solo sulla storia del culto, ma anche su quella degli enti che ne detengono il possesso o la custodia. L’atteggiamento della congregazione fondata da Giovanni Gualberto nei confronti della politica delle canonizzazione e della strategia di circolazione, conservazione, e tesaurizzazione delle reliquie è l’osservatorio privilegiato dal quale questo lavoro ha “letto” e interpretato le fonti della storia della santità vallombrosana. Gli “spazi sacri” sui quali si è concentrata la ricerca sono le comunità di Vallombrosa, Badia a Passignano, e Santa Trinita (Firenze), luoghi importanti sia nella vita del fondatore, ma anche e soprattutto nella circolazione delle sue reliquie. Dalla ricostruzione del percorso che le reliquie, hanno compiuto, nel tempo, fra i tre luoghi è emerso che all’interno della congregazione vallombrosana a partire dal XII secolo, fino al XIX secolo, con momenti di stasi e momenti di maggiore promozione, questi oggetti sono diventati lo strumento di legittimazione del prestigio, o addirittura del potere istituzionale, di ognuna di queste comunità. I processi di tesaurizzazione nelle comunità si svolgono in tempi e con modalità differenti, portando ad esiti diversi. La riflessione sui delicati rapporti intercorsi tra di esse, messi in luce dalla circolazione delle reliquie, dalla committenza dei reliquiari, dalla promozione agiografica e dalla realizzazione di opere d’arte aventi come oggetto la santità della congregazione, ha permesso di ricostruire il percorso compiuto dalla congregazione vallombrosana nella costruzione del proprio pantheon.
The thesis presses again diachronically the history of the Vallombrosa’s congregation through the worship of the saints and the relics, giving a particular attention to the connection between the cultural case and the social and political-institutional problems. The research has started by a reconsideration of the hagiographical sources, thanks the historiography dedicated to them, and it extended a no-hagiographical sources too (f. e. memorials, inventories, shopping list, etc.). We give a particular attention to the material objects, the relics and reliquaries, according to the late historiography that considers the saint’s remains and the objects useful to keep them not only like functional things for the history of the worship, but also like research instruments thanks their concreteness and materiality. The vehicle through which a relic becomes visible and “benefiting” has founded by the reliquary, an object “in progress” that modifies in time and that, though its architectonical structure, its decorations and the elements that confirm the relic’s authenticity, is able to stimulate some questions not only on the history of the worship, but also on the history of the corporations that control its possession and its care. The attitude of the congregation founded by Giovanni Gualberto compared with the politics of the relics circulation and preservation is the privileged observatory from who this work has “read” and interpreted the sources of the history of the Vallombrosa’s holiness. The “holy spaces” on which we have concentrated our research are the communities of Vallombrosa, Badia, Passignano and Santa Trinita (Florence); those are very important places in founder’s life,but also and above all in the circulation of his relics. By the reconstruction of the way that the relics have made, over the time, between the three places has emerged that in the Vallombrosa’s congregation, beginning from XII century, until XIX century, with moments of standstill and moments of major promotion, these objects are turned to instrument of legitimation of the prestige, or even of the institutional power, each one of these communities. The hoarding’s process in the communities develops with different phases and modalities, and produces different results. The reflection on delicate relations passed between them, emphasized by relics circulation, by the ordered of the reliquaries, by the hagiographical promotion and by the realization of works of art that have like subject the congregational holiness, has allowed to reconstract the way completed by the Vallombrosa’s congregation in own “pantheon’s” construction.
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D’Errico, Gian Luca <1972&gt. "L'inquisizione di Bologna e la Congregazione del Sant'Uffizio alla fine del XVII secolo: analisi e ricerche." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1321/1/derrico_gianluca_tesi.pdf.

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D’Errico, Gian Luca <1972&gt. "L'inquisizione di Bologna e la Congregazione del Sant'Uffizio alla fine del XVII secolo: analisi e ricerche." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1321/.

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Bernardi, Ilaria <1994&gt. ""Per li presenti, et urgenti bisogni di peste: la Congregazione di Sanità di Senigallia nel Seicento"." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17155.

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Abstract:
L’obiettivo dell’elaborato è analizzare in che modo la città di Senigallia affrontò le pestilenze del 1630 e del 1656. Si accede ad un’ampia tradizione storiografica sul tema della “peste” per poter ripercorrere l’andamento delle epidemie nei diversi secoli e comprendere l’entità del pericolo, così come percepito dagli uomini nei vari momenti storici. Dal contesto italiano si giunge poi ad indagare quello strettamente territoriale della città marchigiana. Lo spiccato carattere storico dell’elaborato è dovuto alla lettura delle fonti presenti nell’Archivio Storico di Senigallia, con l’obiettivo di ricostruire quali furono le reazioni alla peste, sia al livello sociale che organizzativo ed economico. Nello specifico i fondi relativi ai Negotia Sanitatis e alla Congregazione di Sanità ci permetteranno di confrontare per la prima volta l’organizzazione senigalliese con quella di altre città italiane, individuarne le misure condivise e quelle invece che furono proprie solo di alcune realtà specifiche. La ricerca dedica un’attenta riflessione soprattutto all'organismo istituzionale della Congregazione di Sanità individuandone la composizione, il ruolo, gli obiettivi e i limiti. Tale elaborato permette dunque alla comunità senigalliese di riportare alla memoria alcuni eventi che hanno interessato la città nel XVII secolo e che potrebbero dare vita a nuovi studi, come quelli relativi alla rilevanza del pericolo di peste nelle attività portuali o nei rapporti commerciali.
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Palmiro, Mileto. "Le diversita' etnico-culturali : tra sfida e progetto : un'indagine esplorativa nella congregazione missionaria comboniana (verso la comunita' religiosa interculturale) /." Romae : Pontificia università gregoriana, 2007. http://catalogue.bnf.fr/ark:/12148/cb41171545t.

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Toso, Veronica <1987&gt. "Un abate "libero pensatore" nella Venezia di fine Seicento : Antonio Conti e i suoi Sermoni presso la Congregazione della "Fava"." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/12868.

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Abstract:
Il lavoro si concentra sulla figura del nobile padovano Antonio Conti con lo scopo di fare luce sulla sua formazione giovanile veneziana, finora poco indagata, dall’ingresso nella Congregazione di Santa Maria della Consolazione detta della “Fava” a Venezia, all’abbandono della stessa, al processo per eresia intentatogli dai Savi, nel quale sono stati chiamati a deporre alcuni membri della Congregazione. Sono state condotte ricerche di prima mano sulla documentazione archivistica della “Fava” e sul materiale conservato in diversi archivi e biblioteche, per comprendere i motivi che possono avere indotto il nobile padovano a scegliere questa Congregazione per la propria formazione. L’elaborato si focalizza, poi, sui Sermoni composti alla “Fava”, contestualizzandoli all’interno della predicazione postridentina e fornendone un’edizione corredata di note filologiche e analisi delle fonti. In Appendice viene fornito l’elenco della corrispondenza epistolare rintracciata presso l’Archivio della “Fava” (Appendice A) e la trascrizione delle lettere ritenute più utili a fornire un quadro del contesto culturale che caratterizzava la Congregazione (Appendice B).
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Gallo, Lidia <1986&gt. "Archivio storico del comune di Due Carrare (PD): inventario analitico dei fondi “Congregazione di Carità ed Ente comunale di assistenza – ECA” dei comuni soppressi di Carrara Santo Stefano (1867-1979) e Carrara San Giorgio (1891-1979)." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5488.

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Abstract:
Laureanda: Gallo Lidia 839661 Titolo tesi: Archivio storico del comune di Due Carrare (PD): inventario analitico dei fondi “Congregazione di Carità ed Ente comunale di assistenza – ECA” dei comuni soppressi di Carrara Santo Stefano (1867-1979) e Carrara San Giorgio (1891-1979) L’elaborato qui presentato è la realizzazione di un inventario dei fondi archivistici “Congregazione di Carità poi Ente comunale di assistenza - ECA” dei due comuni soppressi di Carrara Santo Stefano e Carrara San Giorgio, che si sono unificati nel 1995 dando vita all’odierno comune di Due Carrare (PD). Nell’archivio storico del comune di Due Carrare sono perciò confluiti gli archivi dei precedenti due comuni. L’archivio è attualmente in fase di riordino e inventariazione. I due fondi “Congregazione di Carità poi Ente comunale di assistenza - ECA” dei comuni di Santo Stefano e San Giorgio fanno parte dell’archivio comunale come archivi aggregati, non erano mai stati schedati né riordinati; da qui è partita l’idea di realizzarne l’inventario. L’inventario è uno strumento descrittivo che si realizza alla fine di un processo di riordino, permette di orientarsi all’interno delle singole unità che compongono il fondo e consente la ricostruzione della struttura dell’archivio nella sua organizzazione originaria. Esso è composto da tre parti:  introduzione, in cui si ricostruisce la storia istituzionale dell’ente produttore, si da conto delle vicende accorse all’archivio nel corso del tempo e si presenta la metodologia di lavoro seguita;  sezione descrittiva (schedatura archivistica);  indice dei nomi di persone e famiglie, località, istituzioni e cariche e cose notevoli, strumento assolutamente indispensabile per facilitare la ricerca di informazioni all’interno della schedatura. Rispettando questa tripartizione, il lavoro che è stato fatto si compone di:  introduzione generale, in cui si ricostruisce la storia dei due comuni di Carrara Santo Stefano e San Giorgio, delle due Congregazioni di Carità, dei due Enti comunali di assistenza e dei loro relativi archivi; infine si spiega il metodo utilizzato per la realizzazione del riordino e dell’inventariazione;  schede archivistiche: ogni fondo “Congregazione di Carità poi Ente comunale di assistenza” è stato a sua volta diviso in due sub-fondi, rispettivamente “Congregazione di Carità” ed “Ente comunale di assistenza”, ognuno dei quali composto da tre serie: Gestione amministrativa, Gestione assistenziale e Gestione contabile;  indice dei nomi di persone e famiglie, località, istituzioni e cariche e cose notevoli. Grazie alla redazione dell’inventario si è potuta ricostruire una panoramica dell’assistenza effettuata nel territorio dei due comuni dal 1867 al 1978 circa, sottolineando diversità ed affinità. Il punto d’arrivo della realizzazione di questo mezzo di corredo è comunque quello di dare la possibilità di consultazione e di ulteriore studio dei documenti contenuti nell’archivio.
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CRUCIANI, PAOLO. "Architettura barocca nelle Marche: lo spazio delle congregazioni." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2007. http://hdl.handle.net/11566/242613.

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SOSIO, FRANCESCA. "«... DISPERATAMENTE FECESI TURCHO»: Alipio di S. Giuseppe (1617-1645, OAD), tra adesione all'Islam, martirio e santità." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2010. http://hdl.handle.net/10280/713.

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Abstract:
Prigioniero a Tripoli e falso sacerdote. Apostata e penitente. Supposto martire e, pertanto, candidato alla santità. È questo il ritratto di Alipio di S. Giuseppe che emerge dalle fonti agiografiche e dal cospicuo, e in gran parte inedito, corpus documentario, di cui il primo capitolo della tesi offre un’articolata ricognizione. La vicenda di questo frate agostiniano scalzo di origine palermitana – che ben si inserisce nel contesto mediterraneo dei secoli XVI-XVII, caratterizzato da un continuo e ampio rimescolamento di uomini, merci, appartenenze religiose e culturali, e di cui la guerra di corsa, con tutte le sue conseguenze, costituisce una delle dimensioni più rappresentative – fu anzitutto una vicenda di prigionia, conversione all’islam e successiva abiura, nonché di martirio, cui il religioso andò volontariamente incontro nel febbraio del 1645; di questi aspetti, delle modalità con cui il tragico fatto fu trasmesso dai missionari apostolici residenti a Tripoli e recepito all’interno dell’Ordine degli Agostiniani Scalzi, oltre che delle interessanti analogie con altri episodi di apostasia si parla nel secondo capitolo. Nel terzo capitolo, invece, si dà conto del ruolo di primo piano avuto dalla famiglia siciliana dei Tomasi nella promozione della causa di beatificazione di fra Alipio, avviata in seguito all’arrivo, nel 1653, delle sue reliquie sul litorale agrigentino e approdata, dopo le ordinariae inquisitiones del biennio 1654-1656, alla Congregazione dei Riti, che però espresse parere negativo sia nel 1658 sia sessant’anni più tardi.
Captive in Tripoli and false priest, apostate and penitent, alleged martyr and then candidate to sainthood. That is the portrait the first part of this work brought to light from the considerable documentary corpus about Alipio di San Giuseppe, mostly still unpublished. The human existence of this Augustinian Discalceate friar from Palermo – set in the XVI and XVII centuries, when in the Mediterranean mix of people, goods, religions, also privateering was a significant aspect – is a sequence of captivity, conversion to Islam and following abjuration, culminating in the martyrdom he deliberately chose in February 1645. This story, its narration made by the apostolic missionaries in Tripoli as wells as its understanding by the Augustinian Discalceate order are investigated in the second chapter and compared with similar episodes of abjuration. In the third part the relevant role played by the Sicilian family Tomasi in promoting the beatification proceedings of Alipio is explained; started after his relics were brought to the shore near Agrigento in 1653, the proceedings moved to the Congregatio Sacrorum Rituum after the ordinariae inquisitiones in 1654-1656, and there were denied first in 1658 and definitively 60 years later.
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SOSIO, FRANCESCA. "«... DISPERATAMENTE FECESI TURCHO»: Alipio di S. Giuseppe (1617-1645, OAD), tra adesione all'Islam, martirio e santità." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2010. http://hdl.handle.net/10280/713.

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Abstract:
Prigioniero a Tripoli e falso sacerdote. Apostata e penitente. Supposto martire e, pertanto, candidato alla santità. È questo il ritratto di Alipio di S. Giuseppe che emerge dalle fonti agiografiche e dal cospicuo, e in gran parte inedito, corpus documentario, di cui il primo capitolo della tesi offre un’articolata ricognizione. La vicenda di questo frate agostiniano scalzo di origine palermitana – che ben si inserisce nel contesto mediterraneo dei secoli XVI-XVII, caratterizzato da un continuo e ampio rimescolamento di uomini, merci, appartenenze religiose e culturali, e di cui la guerra di corsa, con tutte le sue conseguenze, costituisce una delle dimensioni più rappresentative – fu anzitutto una vicenda di prigionia, conversione all’islam e successiva abiura, nonché di martirio, cui il religioso andò volontariamente incontro nel febbraio del 1645; di questi aspetti, delle modalità con cui il tragico fatto fu trasmesso dai missionari apostolici residenti a Tripoli e recepito all’interno dell’Ordine degli Agostiniani Scalzi, oltre che delle interessanti analogie con altri episodi di apostasia si parla nel secondo capitolo. Nel terzo capitolo, invece, si dà conto del ruolo di primo piano avuto dalla famiglia siciliana dei Tomasi nella promozione della causa di beatificazione di fra Alipio, avviata in seguito all’arrivo, nel 1653, delle sue reliquie sul litorale agrigentino e approdata, dopo le ordinariae inquisitiones del biennio 1654-1656, alla Congregazione dei Riti, che però espresse parere negativo sia nel 1658 sia sessant’anni più tardi.
Captive in Tripoli and false priest, apostate and penitent, alleged martyr and then candidate to sainthood. That is the portrait the first part of this work brought to light from the considerable documentary corpus about Alipio di San Giuseppe, mostly still unpublished. The human existence of this Augustinian Discalceate friar from Palermo – set in the XVI and XVII centuries, when in the Mediterranean mix of people, goods, religions, also privateering was a significant aspect – is a sequence of captivity, conversion to Islam and following abjuration, culminating in the martyrdom he deliberately chose in February 1645. This story, its narration made by the apostolic missionaries in Tripoli as wells as its understanding by the Augustinian Discalceate order are investigated in the second chapter and compared with similar episodes of abjuration. In the third part the relevant role played by the Sicilian family Tomasi in promoting the beatification proceedings of Alipio is explained; started after his relics were brought to the shore near Agrigento in 1653, the proceedings moved to the Congregatio Sacrorum Rituum after the ordinariae inquisitiones in 1654-1656, and there were denied first in 1658 and definitively 60 years later.
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ARLATI, FABIO. "GESUITI E GESUITESSE. LA COMPAGNIA DI GESU' E LE CONGREGAZIONI SEMIRELIGIOSE FEMMINILI IN ITALIA TRA XVI E XVII SECOLO." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2021. http://hdl.handle.net/10280/98183.

Full text
Abstract:
A dispetto della legislazione claustrale tridentina e post-tridentina, tra XVI e XVII secolo si assistette all’emergere in Italia, in Europa e nei paesi di missione di numerose congregazioni semireligiose femminili insegnanti, senza clausura e senza voti solenni, fondate, co-fondate o dirette dai padri della Compagnia di Gesù, che si ispiravano alle Costituzioni e alla spiritualità ignaziana, specie nell’apostolato educativo. Attraverso un approfondito scavo archivistico, il presente studio offre un vasto censimento delle numerose case di “gesuitesse” presenti in Italia tra Cinquecento e Seicento, mostrando, tramite l’analisi delle reti di relazioni tra questi istituti nonché delle peculiarità economiche, giuridiche, educative e spirituali delle semireligiose rispetto alle monache claustrali, la sostanziale compattezza e unità di questo fenomeno, fondato sulla comune identità gesuitica. Con ciò si intende, inoltre, far luce sui contrasti e sulle contraddizioni legati all’affermazione delle gesuitesse, che portarono ad aspri scontri interni alla Compagnia di Gesù, a diversi processi inquisitoriali e a duri conflitti giurisdizionali tra poteri secolari ed ecclesiastici.
In spite of the Tridentine and post-Tridentine cloistered legislation, the 16th and 17th centuries witnessed the foundation in Italy, Europe and the mission countries of numerous semi-religious female congregations, without clausura and without solemn vows, founded, co-founded or directed by the fathers of the Society of Jesus. These congregations, called “Jesuitesses”, were inspired by the Jesuit Constitutions and Ignatian spirituality, especially in the educational apostolate. Through an in-depth archival research, the present study offers a vast census of the numerous houses of Jesuitesses present in Italy between the Sixteenth and Seventeenth centuries, showing, through the analysis of the network of relations between these institutes as well as the economic, juridical, educational and spiritual peculiarities of the semi-religious compared to the cloistered nuns, the substantial compactness and unity of this phenomenon, based on a common Jesuit identity. The aim is also to shed light on the contrasts and contradictions related to the affirmation of the Jesuitesses, which led to bitter internal clashes within the Society of Jesus, various inquisitorial trials and harsh jurisdictional conflicts between secular and ecclesiastical powers.
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ARLATI, FABIO. "GESUITI E GESUITESSE. LA COMPAGNIA DI GESU' E LE CONGREGAZIONI SEMIRELIGIOSE FEMMINILI IN ITALIA TRA XVI E XVII SECOLO." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2021. http://hdl.handle.net/10280/98183.

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Abstract:
A dispetto della legislazione claustrale tridentina e post-tridentina, tra XVI e XVII secolo si assistette all’emergere in Italia, in Europa e nei paesi di missione di numerose congregazioni semireligiose femminili insegnanti, senza clausura e senza voti solenni, fondate, co-fondate o dirette dai padri della Compagnia di Gesù, che si ispiravano alle Costituzioni e alla spiritualità ignaziana, specie nell’apostolato educativo. Attraverso un approfondito scavo archivistico, il presente studio offre un vasto censimento delle numerose case di “gesuitesse” presenti in Italia tra Cinquecento e Seicento, mostrando, tramite l’analisi delle reti di relazioni tra questi istituti nonché delle peculiarità economiche, giuridiche, educative e spirituali delle semireligiose rispetto alle monache claustrali, la sostanziale compattezza e unità di questo fenomeno, fondato sulla comune identità gesuitica. Con ciò si intende, inoltre, far luce sui contrasti e sulle contraddizioni legati all’affermazione delle gesuitesse, che portarono ad aspri scontri interni alla Compagnia di Gesù, a diversi processi inquisitoriali e a duri conflitti giurisdizionali tra poteri secolari ed ecclesiastici.
In spite of the Tridentine and post-Tridentine cloistered legislation, the 16th and 17th centuries witnessed the foundation in Italy, Europe and the mission countries of numerous semi-religious female congregations, without clausura and without solemn vows, founded, co-founded or directed by the fathers of the Society of Jesus. These congregations, called “Jesuitesses”, were inspired by the Jesuit Constitutions and Ignatian spirituality, especially in the educational apostolate. Through an in-depth archival research, the present study offers a vast census of the numerous houses of Jesuitesses present in Italy between the Sixteenth and Seventeenth centuries, showing, through the analysis of the network of relations between these institutes as well as the economic, juridical, educational and spiritual peculiarities of the semi-religious compared to the cloistered nuns, the substantial compactness and unity of this phenomenon, based on a common Jesuit identity. The aim is also to shed light on the contrasts and contradictions related to the affirmation of the Jesuitesses, which led to bitter internal clashes within the Society of Jesus, various inquisitorial trials and harsh jurisdictional conflicts between secular and ecclesiastical powers.
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POLI, CRISTIAN. "THOMAS CONNECTE TRA VERITA' E LEGGENDA." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2015. http://hdl.handle.net/10280/6603.

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Abstract:
L’argomento di questa indagine è la vicenda del carmelitano bretone Thomas Connecte, vissuto nella prima metà del XV secolo. Egli fece notevole impressione sui contemporanei quale ardente predicatore contro la moda del tempo, il gioco e il malcostume del clero. Convinto sostenitore dei propri principi e infiammato di zelo, intraprese un viaggio verso Roma per riformare i cardinali e lo stesso Papa. Giuntovi venne però processato per eresia e arso sul rogo durante i primi anni del turbolento pontificato di Eugenio IV. Il presente elaborato ha voluto ricostruire la figura storica di questo predicatore , utilizzando tutte le fonti, gli studi e le conoscenze disponibili attualmente, non perdendo di vista il processo di “mitizzazione” cui va incontro il suo personaggio dopo la morte. Il lavoro aggiunge alcune acquisizioni importanti che fanno luce sulla sua vicenda storica, quali il vero motivo della condanna, la data e il luogo dell’esecuzione. Emerge chiaramente dalle fonti come egli appartenga al gruppo di quelli che vengono definiti dagli storici “predicatori profetici e carismatici”. Egli scende in Italia al fine di riformare non solo l’Ordine, ritenuto corrotto, ma anche la Chiesa e gli stessi cardinali. Catturato, imprigionato e torturato viene giudicato eretico; accusato di aver celebrato messa e predicato pubblicamente senza essere sacerdote, e forse neppure carmelitano, viene bruciato al rogo. I superiori dell’Ordine sembrano appoggiare la condanna e fra i testimoni compaiono anche alcuni confratelli. Probabilmente l’Ordine temeva che il movimento di riforma da lui fondato creasse una spaccatura interna, come poi è effettivamente accaduto con la nascita della Congregazione mantovana. È proprio all’interno della Congregazione che la memoria del Connecte viene tramandata e “beatificata”. Durante gli anni di disputa con l’Ordine, sarà invece creata la figura leggendaria del “Beato Francesco Tommaso Dremellio di Francia”, che ben poco ha in comune col predicatore bretone, tranne alcuni particolari riconoscibili solo ai membri più vecchi della Congregazione. La memoria di Connecte trova eco anche all’interno della Riforma protestante, grazie ai carmelitani che vi avevano aderito, tra cui l’inglese John Bale. Anche qui lentamente si creerà la figura leggendaria di “Thomas Rhedon”, testimone della verità e precursore di Lutero e che acquisirà negli anni lo status di protestante ante litteram a scapito della sua reale figura storica. Il presente lavoro non ha la pretesa di aver trattato esaustivamente tutti gli aspetti emersi, ma ha cercato di aggiungere nuove acquisizioni agli studi finora condotti e di indicare nuove piste di ricerca interessanti. Chiude il tutto l’analisi di alcune fonti iconografiche che ritraggono il predicatore bretone e mostrano bene il passaggio dalla figura storica a quella leggendaria.
The subject of this research is the case of the Breton Carmelite Thomas Connecte, who lived in the first half of the 15th century. He made a strong impression on his contemporaries as a fervent preacher against the fashion of his time, against gambling and the immorality of the clergy. Firm upholder of his principles and inflamed with zeal, he set out on a journey to Rome to reform cardinals and even the Pope. But once he got there, he was tried for heresy and sent to the stake, during the first years of the turbulent papacy of Eugene IV. This paper was meant to reconstruct the historical figure of this preacher. For this purpose, all the sources, the studies and the knowledge currently available have been used, without losing sight of the “mythicization” process his character met after his death. This work adds some important acquisitions, which shed light on his historical vicissitudes, such as the real justification of his sentence and the date and the place of his execution. It is clear from the sources that he belonged to those called “prophetic and charismatic preachers” by the historians. He went down to Italy in order to reform not only the Order that he considered corrupted but also the Church and even cardinals. Captured, imprisoned and tortured, he was judged heretical; he was accused of celebrating Mass without being priest, and maybe not even being Carmelite, and he was sent to the stake. The Superiors of his Order seemed to support the sentence and among the witnesses there were also some of his brothers. Probably, the Order feared that the reform movement he had founded could create an internal rift, as it actually occurred with the birth of the Mantuan Congregation. And it was right inside the Congregation that the memory of Connecte was handed on and “beatified”. On the contrary, during the years of his dispute with the Order, it was created the legendary figure of the “Beatified Francesco Tommaso Dremellius from France”, who had little to do with the Breton preacher, out of some characteristics, that only the oldest members of the Congregation could recognize. The memory of Connecte was also echoed in the Protestant Reformation, thanks to Carmelites who adhered to it, like John Bale. Here also was slowly created the legendary figure of “Thomas Rhedon”, witness of the truth and forerunner of Luther, who acquired, in the years, the status of protestant ahead of his time, at the expense of his real historical figure. This work doesn’t mean to have dealt comprehensively with all the emerged details, but it has tried to add new acquisitions to the studies that have been carried out so far and it tries to suggest new interesting research tracks. The analysis of some iconographic sources close this paper. They portrayed the preacher and show clearly the passage from the historical to the legendary figure.
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POLI, CRISTIAN. "THOMAS CONNECTE TRA VERITA' E LEGGENDA." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2015. http://hdl.handle.net/10280/6603.

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Abstract:
L’argomento di questa indagine è la vicenda del carmelitano bretone Thomas Connecte, vissuto nella prima metà del XV secolo. Egli fece notevole impressione sui contemporanei quale ardente predicatore contro la moda del tempo, il gioco e il malcostume del clero. Convinto sostenitore dei propri principi e infiammato di zelo, intraprese un viaggio verso Roma per riformare i cardinali e lo stesso Papa. Giuntovi venne però processato per eresia e arso sul rogo durante i primi anni del turbolento pontificato di Eugenio IV. Il presente elaborato ha voluto ricostruire la figura storica di questo predicatore , utilizzando tutte le fonti, gli studi e le conoscenze disponibili attualmente, non perdendo di vista il processo di “mitizzazione” cui va incontro il suo personaggio dopo la morte. Il lavoro aggiunge alcune acquisizioni importanti che fanno luce sulla sua vicenda storica, quali il vero motivo della condanna, la data e il luogo dell’esecuzione. Emerge chiaramente dalle fonti come egli appartenga al gruppo di quelli che vengono definiti dagli storici “predicatori profetici e carismatici”. Egli scende in Italia al fine di riformare non solo l’Ordine, ritenuto corrotto, ma anche la Chiesa e gli stessi cardinali. Catturato, imprigionato e torturato viene giudicato eretico; accusato di aver celebrato messa e predicato pubblicamente senza essere sacerdote, e forse neppure carmelitano, viene bruciato al rogo. I superiori dell’Ordine sembrano appoggiare la condanna e fra i testimoni compaiono anche alcuni confratelli. Probabilmente l’Ordine temeva che il movimento di riforma da lui fondato creasse una spaccatura interna, come poi è effettivamente accaduto con la nascita della Congregazione mantovana. È proprio all’interno della Congregazione che la memoria del Connecte viene tramandata e “beatificata”. Durante gli anni di disputa con l’Ordine, sarà invece creata la figura leggendaria del “Beato Francesco Tommaso Dremellio di Francia”, che ben poco ha in comune col predicatore bretone, tranne alcuni particolari riconoscibili solo ai membri più vecchi della Congregazione. La memoria di Connecte trova eco anche all’interno della Riforma protestante, grazie ai carmelitani che vi avevano aderito, tra cui l’inglese John Bale. Anche qui lentamente si creerà la figura leggendaria di “Thomas Rhedon”, testimone della verità e precursore di Lutero e che acquisirà negli anni lo status di protestante ante litteram a scapito della sua reale figura storica. Il presente lavoro non ha la pretesa di aver trattato esaustivamente tutti gli aspetti emersi, ma ha cercato di aggiungere nuove acquisizioni agli studi finora condotti e di indicare nuove piste di ricerca interessanti. Chiude il tutto l’analisi di alcune fonti iconografiche che ritraggono il predicatore bretone e mostrano bene il passaggio dalla figura storica a quella leggendaria.
The subject of this research is the case of the Breton Carmelite Thomas Connecte, who lived in the first half of the 15th century. He made a strong impression on his contemporaries as a fervent preacher against the fashion of his time, against gambling and the immorality of the clergy. Firm upholder of his principles and inflamed with zeal, he set out on a journey to Rome to reform cardinals and even the Pope. But once he got there, he was tried for heresy and sent to the stake, during the first years of the turbulent papacy of Eugene IV. This paper was meant to reconstruct the historical figure of this preacher. For this purpose, all the sources, the studies and the knowledge currently available have been used, without losing sight of the “mythicization” process his character met after his death. This work adds some important acquisitions, which shed light on his historical vicissitudes, such as the real justification of his sentence and the date and the place of his execution. It is clear from the sources that he belonged to those called “prophetic and charismatic preachers” by the historians. He went down to Italy in order to reform not only the Order that he considered corrupted but also the Church and even cardinals. Captured, imprisoned and tortured, he was judged heretical; he was accused of celebrating Mass without being priest, and maybe not even being Carmelite, and he was sent to the stake. The Superiors of his Order seemed to support the sentence and among the witnesses there were also some of his brothers. Probably, the Order feared that the reform movement he had founded could create an internal rift, as it actually occurred with the birth of the Mantuan Congregation. And it was right inside the Congregation that the memory of Connecte was handed on and “beatified”. On the contrary, during the years of his dispute with the Order, it was created the legendary figure of the “Beatified Francesco Tommaso Dremellius from France”, who had little to do with the Breton preacher, out of some characteristics, that only the oldest members of the Congregation could recognize. The memory of Connecte was also echoed in the Protestant Reformation, thanks to Carmelites who adhered to it, like John Bale. Here also was slowly created the legendary figure of “Thomas Rhedon”, witness of the truth and forerunner of Luther, who acquired, in the years, the status of protestant ahead of his time, at the expense of his real historical figure. This work doesn’t mean to have dealt comprehensively with all the emerged details, but it has tried to add new acquisitions to the studies that have been carried out so far and it tries to suggest new interesting research tracks. The analysis of some iconographic sources close this paper. They portrayed the preacher and show clearly the passage from the historical to the legendary figure.
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PISTOLESI, MARCO. "Padre Bernardo della Torre architetto della Congregazione della Missione (1715-1749)." Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11573/982514.

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Abstract:
La ricerca si concentra sull’analisi dell’attività architettonica di padre Bernardo Della Torre (Genova 1676 – Tivoli 1749), sacerdote appartenente alla Congregazione della Missione, che per il proprio ordine ricoprì varie cariche di governo e, soprattutto, il ruolo di architetto. Si tratta di un personaggio quasi del tutto sconosciuto ai repertori d’arte, principalmente legato alla chiesa romana della SS. Trinità in Montecitorio, consacrata nel 1743 e demolita nel 1914 per “motivi di pubblica utilità”. Altra opera a lui riferita è la chiesa dell’Annunziata a Tivoli, consacrata nel 1741; le interessanti fattezze compositivo-tipologiche, rare in area romana e laziale, e l’alta qualità architettonica di quest’ultima chiesa hanno fornito l’input iniziale per una ricerca preliminare che ha fornito dati di estremo interesse. Lo studio della bibliografia storico-religiosa della Congregazione della Missione, fondata a Parigi nel 1625 da san Vincenzo de Paoli e detta anche dei “padri lazzaristi” o “vincenziani”, ha portato all’attenzione dell'autore numerose altre fabbriche progettate e realizzate dal Della Torre; tali costruzioni, destinate alle varie attività dei padri – conventi, collegi, casini per villeggiatura estiva – sono situate in varie località della Provincia Romana dell’ordine, un vasto territorio (i cui confini coincidono con quelli dello Stato Pontificio) governato tra il 1722 e il 1742 dallo stesso sacerdote. Dalla lettura delle fonti bibliografiche, tanto le più antiche (tardo-ottocentesche), quanto quelle più recenti, è emersa una figura di sacerdote estremamente versatile e dinamica, in grado di amministrare un vasto territorio in una fase delicata della storia dell’ordine: negli anni venti – quaranta del XVIII secolo, infatti, si registrò una crescita iperbolica per i lazzaristi, che vide l’apertura di un gran numero di nuove case in tutta Europa e l’affidamento di numerose missioni estere. Tra i motivi di tanta popolarità, la beatificazione (1729) e la successiva canonizzazione (1737) del fondatore Vincenzo de Paoli, eventi in cui Bernardo Della Torre ebbe un ruolo di primo piano, mettendo al servizio della propria comunità la buona reputazione di cui godeva presso la corte pontificia, per accelerare quanto possibile il processo di canonizzazione. L’affluenza sempre maggiore di aristocratici e prelati nelle case della Missione, desiderosi di praticarvi gli esercizi spirituali, determinò l’esigenza di edificare nuove residenze per i vincenziani e di ampliare o ristrutturare quelle già esistenti, spesso ricavate in case di abitazione civile o ex-conventi appartenuti ad altri ordini. A tale esigenza abitativa era possibile far fronte, grazie alle generose donazione degli esercitandi e di vari protettori della congregazione lazzarista. Identificate le varie fabbriche lazzariste di quegli anni, è stato possibile rintracciare formule compositive, distributive e linguistiche comuni, codificate da padre Bernardo assieme a due confratelli dotati di cognizioni ed esperienza tecnica, che si alternarono con lui nella supervisione dei cantieri. Si tratta di schemi e stilemi facilmente riscontrabili negli edifici dell’ordine, che fino ad oggi non erano ancora stati “messi a sistema”, per tracciare le linee generali di quella che è, a questo punto, possibile definire come architettura vincenziana: un’architettura nata con Bernardo Della Torre, le cui linee guida furono seguite nelle fabbriche di case e collegi lazzaristi sino all’inizio del Novecento. Lo scandaglio dei carteggi, custoditi principalmente presso l’Archivio del Collegio Leoniano di Roma, ma anche negli archivi diocesani, comunali e di Stato di varie città italiane, ha consentito di confermare le attribuzioni al Della Torre che già erano state elencate dalla bibliografia storico-religiosa; la ricostruzione del quadro è stata completata tramite l’aggiunta di nuove opere al corpus. L’analisi dei documenti raccolti, confluiti nella corposa appendice allegata alla tesi, è stata affiancata da uno studio diretto dei manufatti architettonici ancora esistenti, che sono stati visitati e rilevati dall'autore, al fine di distinguere l’apporto progettuale del sacerdote rispetto ai numerosi interventi postumi spesso subiti dai fabbricati. Si tratta, infatti, di edifici che, dopo l’Unità d’Italia, sono stati confiscati alla Congregazione per essere adibiti ad altri usi e, pertanto, vi sono state apportate pesanti modifiche, non rispettose delle loro valenze storiche e artistiche. Per quanto concerne l’opera più nota del sacerdote-architetto, la chiesa della Trinità in Montecitorio a Roma, lo studio delle vicende costruttive è stato integrato dall’elaborazione di grafici ricostruttivi, sulla scorta delle descrizioni, delle piante e delle fotografie d’epoca rinvenute, al fine di comprenderne meglio – e, al tempo stesso, di metterne in risalto - i caratteri tipologici e linguistici. Una parte consistente della ricerca ha riguardato le origini di Bernardo Della Torre, al fine di rintracciare notizie sulla sua formazione di architetto. Nonostante la quasi totale mancanza, tra i documenti, di menzioni al suo trascorso secolare (in linea con un’antica consuetudine lazzarista), è stato possibile identificarne con precisione il nucleo familiare all’interno dell’albero genealogico dei Della Torre, una famiglia ligure di antiche e nobili origini, che all’epoca di Bernardo era ramificata in varie linee che occupavano posizioni più o meno elevate nel contesto socio-politico della Repubblica di Genova. L’individuazione del background in cui il Della Torre è stato educato ed istruito, unita alle poche informazioni rintracciate circa la sua formazione architettonica, ha consentito di comprendere aspetti che ricorreranno costantemente nella sua successiva carriera di sacerdote-architetto, sia nei rapporti umani e lavorativi, sia in alcune determinate scelte progettuali. L’indagine ha riguardato anche la personalità di Bernardo Della Torre, personaggio, come detto, ben visto nell’ambiente ecclesiastico romano. È stato dedicato ampio spazio soprattutto allo studio del rapporto di amicizia col cardinale Giulio Alberoni, già da tempo messo in luce da alcuni studiosi vincenziani: ne è emerso che il Della Torre, vero e proprio uomo di fiducia del porporato nell’amministrazione dei suoi beni romani, ne svolgeva attività di consulenza in alcune sue imprese architettoniche; in tal modo è stato possibile chiarire la questione dell’attribuzione, finora irrisolta, della fabbrica del Collegio Alberoni presso Piacenza. Il riconoscimento di alcune peculiarità nei progetti studiati ha consentito inoltre al dottorando di proporre nuove attribuzioni al Della Torre, riconoscendone la mano anche nelle chiese di San Vincenzo de Paoli a Genova e in quella dei Santi Severo e Carlo Borromeo (oggi San Pére Nolasc) a Barcellona; tali ipotesi attributive, non confermabili con certezza a causa della perdita di numerosi fondi documentari, sono avvalorate dalle vicende biografiche del sacerdote-architetto, presente nelle due città, ligure e catalana, negli anni in cui le chiese citate venivano erette. È stata infine dedicata grande attenzione ad ogni menzione, nei carteggi, ai rapporti di Bernardo Della Torre con alcuni architetti e artisti di rilievo attivi a Roma nella prima metà del Settecento. È stato possibile delineare la figura di un uomo ben inserito nel suo ambiente artistico-culturale, come confermato da numerose assonanze, rilevabili tra le sue opere e quelle di molti suoi colleghi laici, vicini da un lato alla figura-guida di Carlo Fontana, dall’altro all’ambiente ecclesiastico corsiniano, di cui lo stesso Della Torre faceva parte. Si tratta infatti di composizioni lineari, basate su schemi modulari che derivano dalla rilettura del patrimonio barocco, in una chiave semplificata che offre un ruolo primario alle esigenze funzionali, statiche, igieniche; tale reinterpretazione della lezione dei grandi maestri è resa esplicita grazie alla sintassi adottata per tali nuove fabbriche: un linguaggio elegante, in cui si riscontrano rimandi ai capolavori tanto del Bernini, quanto del Borromini. Il lavoro condotto da Marco Pistolesi costituisce la prima opera dedicata all’architettura lazzarista e approfondisce in modo analitico la carriera del suo progettista principale. La personalità di Bernardo Della Torre, finora inedita, è ben collocabile tra le differenti tendenze architettoniche che si contrastano e affiancano nel panorama culturale del primo Settecento romano, tra istanze progettuali funzionaliste e richiami, nella decorazione, alla grande stagione barocca che volgeva al termine. Tale studio si colloca in un clima critico caratterizzato, da un lato, dalla rivalutazione di tanta produzione architettonica, oggi definita “dell’Arcadia”, e dall’altro dalla riscoperta di figure professionali interessanti, finora sottovalutate, come quelle degli architetti interni alle congregazioni religiose. Le difficoltà dovute alla quasi totale mancanza di studi analitici e critici, dedicati non solo al personaggio di Bernardo Della Torre, ma anche a gran parte delle architetture lazzariste, sono state affrontate attraverso un lavoro di ricerca sviluppato su più fronti, che ha consentito di restituire un quadro ancor più interessante di quanto ipotizzabile all’inizio del triennio di dottorato. L’accurata indagine archivistica, l’analisi diretta dei manufatti architettonici e lo studio della recente bibliografia sul Sei e Settecento italiano – e in particolar modo romano - hanno costituito passaggi fondamentali e ben affrontati nell’ambito del lavoro di ricerca. Inoltre, l’elaborazione grafica, volta a rilevare le fabbriche superstiti e a restituirne le fattezze trasformate o andate perdute, è stata efficacemente impiegata, tanto da rappresentare un ottimo momento di sintesi dal punto di vista conoscitivo e interpretativo e da corredare in maniera adeguata un’opera innovativa, basata su contenuti validi, esposti in una forma chiara e brillante.
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Spada, Cristina. "L'indirizzo dei canonici lateranensi: riforma spirituale e rinnovamento artistico in Veneto tra XV e XVI secolo." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/2158/1125862.

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Abstract:
Studio dei caratteri della produzione artistica connessa al rinnovamento dei conventi veneti dei canonici lateranensi tra XV e primo XVI secolo. Ad una prima parte di contestualizzazione storica della riforma spirituale dei lateranensi, segue un approfondimento sulla cultura figurativa dei canonici tramite uno studio comparato delle più importanti case della congregazione nel territorio della Repubblica di Venezia. Particolare attenzione viene data ai conventi di: San Leonardo a Verona, San Bartolomeo a Vicenza, San Giovanni di Verdara a Padova e Santa Maria della Carità a Venezia.
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BOCCHETTA, MONICA. "Biblioteche scomparse. Le librerie claustrali della Congregazione di san Girolamo degli Eremiti del beato Pietro da Pisa. Ricostruzione storico-bibliografica." Doctoral thesis, 2012. http://hdl.handle.net/11573/917348.

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Abstract:
La ricerca ripercorre le vicende delle 28 biblioteche dell'Ordine degli Eremiti del beato Pietro da Pisa restituite dal censimento della Congregazione dell'Indice dei libri proibiti di fine Cinquecento. Ricostruendone la storia dalle prime attestazioni (XV secolo) fino alle soppressioni ottocentesche (napoleoniche e post-unitarie) lo studio consente di definire il profilo culturale di questa famiglia claustrale e, attraverso il recupero degli esemplari sopravvissuti, lascia emergere dall’indistinta massa dei "fondi delle soppresse corporazioni religiose" - presenti nelle odierne istituzioni pubbliche - la fisionomia e l’identità di nuclei provenienti dai chiostri degli Eremiti.
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MARULO, ROSA. "La produzione dei libri nella Congregazione di Vallombrosa. Un'indagine sui manoscritti più antichi (sec. XI - prima metà del sec. XII)." Doctoral thesis, 2013. http://hdl.handle.net/2158/802072.

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Abstract:
Indagine di tipo paleografico-codicologico sulla produzione libraria della Congregazione di Vallombrosa dalla fondazione al XII secolo. L'elaborato contiene schede di descrizione di 34 manoscritti di provenienza vallombrosana e un'accurata descrizione delle mani
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GARIBALDI, EMANUELA. "Biblioteche e circolazione libraria nella provincia certosina di Toscana. Definizione del profilo culturale e ricostruzione storico-bibliografica." Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/11573/1600461.

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Abstract:
Il primo capitolo della tesi, dedicato all'analisi della legislazione in merito alla gestione e circolazione del patrimonio librario in seno all'Ordine certosino, è strutturato in base a una scansione cronologica volta a esaminare le diverse redazioni degli Statuti e dalle ordinanze capitolari. Per il periodo compreso tra XIV e XVI secolo si sono affrontate le questioni riproposte in modo ricorrente dai legislatori dell'Ordine quali il lavoro di correzione sui testi, il valore patrimoniale del libro e la regolamentazione del suo possesso individuale, l’accesso dei fratelli laici alla lettura, la censura. Dal secondo decennio del Seicento le preoccupazioni del Capitolo generale iniziarono a rivolgersi alla penuria di libri liturgici su tutto il territorio europeo; ne conseguì una serie di delibere in merito ai criteri di distribuzione dei nuovi breviari, messali e Statuti ristampati intorno alla metà del secolo XVII. Più recentemente la riedizione degli Statuti da parte del priore generale Le Masson costituì il risultato di un'intensa attività di studio e revisione: le politiche culturali dell'ordine nel corso della seconda metà del XVIII secolo dipesero in larga parte dal suo operato. Segue un capitolo dedicato alla trascrizione e identificazione delle liste librarie prodotte dalle dodici certose della provincia Tusciae attualmente contenute nel codice Vaticano Latino 11276 della Biblioteca Apostolica Vaticana. Dopo un’indagine su tempi e modalità di reazione rispetto alle fasi dell'inchiesta promossa dalla Congregazione dell’Indice, si sono condotte l'analisi dei caratteri formali delle liste e l’indagine dettagliata del contenuto, mettendo in relazione la consistenza delle liste con l’epoca di formazione dei rispettivi fondi librari e le relazioni intessute dai certosini con il mondo intellettuale cui le diverse comunità si trovavano legate per la loro nativa vocazione aristocratica. Parte consistente del lavoro è rappresentata dall'analisi della ricorrenza di opere e autori nelle liste dell'inchiesta vaticana, al fine di delineare i tratti principali del profilo culturale dell’Ordine. Il terzo capitolo dell’elaborato si sofferma nella sua parte iniziale sullo status delle raccolte librarie della provincia Tusciae tra Sei e Settecento, prima che si consumasse la loro traumatica dispersione in concomitanza con i processi soppressivi degli ordini monastici tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo. Il reperimento di materiale archivistico ha permesso di seguire le dinamiche di crescita e cambiamento di alcune dotazioni librarie, unitamente a testimonianze letterarie o iconografiche coeve come resoconti di viaggio, vedute e incisioni. L’indagine degli aspetti costruttivi ha lasciato spazio alle vicende legate alla chiusura imposta alle case certosine e alla conseguente dispersione dei fondi librari di cui si sono seguiti i percorsi attraverso le testimonianze documentarie. Alla fine del percorso è sembrato opportuno proseguire nell’indagine sulla stratificazione e dissoluzione dei fondi, ponendosi l’obiettivo di reperire esemplari superstiti nell’auspicio di offrire alcuni spunti per una ricomposizione parziale degli organismi librari originari. Prendendo atto dell’insistente interesse con cui gli studi recenti hanno osservato il patrimonio manoscritto tutt’oggi esistente riconducibile a una produzione e fruizione di ambito certosino, la ricerca ha ampliato lo sguardo al materiale a stampa la cui dispersione non ha quasi mai seguito direttrici univoche volte a conservare l’unitarietà dell’organismo librario, ma si è generalmente configurata come una disseminazione priva di criterio, sull’onda di eventi storici esiziali per le biblioteche monastiche. Si è fatto quindi quasi esclusivo affidamento su segni d’uso e note di possesso rintracciati su esemplari riconducibili a vario titolo ai fondi originariamente afferenti alle librerie certosine della provincia Tusciae.
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