Journal articles on the topic 'Conflitti di interesse'

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1

Adobati, Fulvio, and Andrea Debernardi. "Chi è stato? Grandi infrastrutture di trasporto, conflitti territoriali e identificazione dell'interesse generale." ARGOMENTI, no. 34 (June 2012): 51–71. http://dx.doi.org/10.3280/arg2012-034003.

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Abstract:
La realizzazione di "grandi" infrastrutture di trasporto si sviluppa spesso all'interno di contesti decisionali caratterizzati da elevati livelli di conflittualità, che le descrizioni più diffuse tendono a ricondurre al ben noto schema NIMBY (Not In My Backyard). Scopo del contributo è quello di ricostruire il network politico territoriale degli attori e degli interessi coinvolti in processi decisionali relativi a quattro grandi infrastrutture di trasporto (autostrada Brebemi-TEM di Milano, Pedemontana lombarda, nuova linea ferroviaria Torino-Lione, nuova trasversale ferroviaria alpina), evidenziando scale (territorialiistituzionali) e forme di legittimazione delle scelte. L'analisi delle esperienze praticate vuole fare emergere diverse forme e visioni dell'"interesse generale".
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Martinelli, Paolo. "Interesse del minore, conflitti tra giudici nazionali e modelli di processo." MINORIGIUSTIZIA, no. 3 (October 2011): 276–88. http://dx.doi.org/10.3280/mg2011-003030.

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3

Tizzoni, Elisa. "Tourism will tear us apart. Turismo e ambiente nell'Italia del boom attraverso un caso di studio nel Levante ligure." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 297 (January 2022): 95–116. http://dx.doi.org/10.3280/ic2021-297005.

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Abstract:
Nonostante il crescente interesse per il turismo da parte degli storici ambientali, l'impatto sull'ambiente della diffusione della vacanza balneare lungo le coste mediterranee nella seconda metà del XX secolo ha riscosso un'attenzione limitata sino a oggi. Al fine di contribuire a colmare questa lacuna nell'attuale panorama di studi, l'articolo indaga i conflitti ambientali causati dal tentativo di sviluppare il turismo di massa nel Levante ligure, un'area costiera situata nel Nord-Ovest dell'Italia. L'articolo applica una duplice prospettiva, analizzando sia gli aspetti materiali che quelli immateriali dei conflitti ambientali; inoltre, la ricerca ricostruisce il ruolo giocato dai diversi attori coinvolti nello scontro per la protezione / lo sfruttamento del patrimonio naturale. L'articolo tiene conto delle più recenti acquisizioni della storia ambientale e offre una prospettiva multi-disciplinare sulle conseguenze ambientali del turismo di massa lungo le coste del Mediterraneo.
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Nicolini, Gianni, and Camilla Mazzoli. "Il pricing della consulenza in materia di investimento in Italia." ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, no. 3 (September 2011): 491–507. http://dx.doi.org/10.3280/ed2010-003005.

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Abstract:
I livelli di cultura finanziaria degli investitori, non sempre sufficienti a comprendere e valutare pienamente gli strumenti finanziari ed i servizi di investimento loro proposti dagli intermediari, rendono determinante il ruolo della consulenza finanziaria nell'ambito dell'asset management. Il recepimento della direttiva Mifid ha incrementato l'interesse, giŕ evidenziato in letteratura, in tema di consulenza finanziaria; in particolare, l'attenzione č stata rivolta al riconoscimento giuridico del consulente indipendente ed alla gestione dei conflitti di interesse che possono insorgere sia nell'attivitŕ di consulenza che in quella di distribuzione di prodotti e servizi finanziari. Nel lavoro gli autori presentano i risultati di una verifica empirica condotta sul mercato italiano al fine di individuare le logiche di formazione e le strutture di pricing della consulenza, verificando le differenze esistenti con i modelli di pricing adottati nei principali mercati internazionali (in particolare Usa ed Australia). I risultati evidenziano come la forma organizzativa del consulente rappresenti il principale elemento di condizionamento del pricing, che risulta influenzato in modo determinante anche dalle dimensioni dell'advisor e dal suo grado di preparazione. Dal confronto internazionale emerge una forte eterogeneitŕ dei modelli di pricing, solo in parte da attribuire a vincoli di carattere normativo e regolamentare.
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Bignamini, Angelo A. "Limits and challenges of the ICH GCP requirements." Medicina e Morale 47, no. 4 (August 31, 1998): 691–708. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1998.825.

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Abstract:
Dalla pubblicazione della GCP europea (1991) vi è stato un progressivo spostamento dal primario interesse per la protezione dei diritti del soggetto, verso la garanzia formale della completezza dei dati, a torto confusa con la “credibilità”. Ciò causa conflitti e ritardi nell'approvazione etica e sembra dovuto allo scollamento fra i criteri di stesura dei protocolli nelle aziende farmaceutiche o i criteri con cui alcune autorità sanitarie emettono raccomandazioni per l'esecuzione di studi clinici, ed i criteri secondo i quali i CdE dovrebbero valutare il protocollo per garantire una reale protezione dei diritti del soggetto: conformità con la legge civile e penale; compatibilità con la pratica terapeutica e con l'etica e la deontologia medica; adeguatezza alla condizione culturale, etica, morale e religiosa localmente prevalente; rispetto dei principi di uguale opportunità e giustizia per l'accesso allo studio. La GCP e le altre raccomandazioni sono considerate solo in questo contesto. Non sono invece considerati criteri interni allo sponsor (SOPs), né eventuali diversi criteri applicabili in altre sedi. Si suggerisce quindi a sponsor e autorità sanitarie di incorporare tali considerazioni in protocolli e raccomandazioni; di ricordare che la ricerca clinica è soprattutto un atto terapeutico; che non necessariamente un protocollo deve essere identico dappertutto, purché ne sia rispettata l'integrità. Gli elementi non chiave devono essere considerati suscettibili di adattamento secondo le specifiche caratteristiche locali. Ciò suggerisce di limitare il processo in atto di centralizzazione delle procedure di stesura e approvazione etica dei protocolli, lasciando maggiore autonomia alle realtà operative locali.
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Palazzolo, Maria Iolanda. "Chi č l'autore dell'Indice? Santa Sede e diritto d'autore nell'Italia liberale." SOCIETÀ E STORIA, no. 132 (July 2011): 277–300. http://dx.doi.org/10.3280/ss2011-132003.

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Abstract:
Il saggio si propone di ricostruire, attraverso l'analisi delle fonti inedite dell'Archivio della Congregazione dell'Indice e del dibattito coevo, una singolare controversia che alla fine dell'ottocento vede contrapposti gli interessi della Santa Sede, che rivendica il diritto d'autore sulle pubblicazioni ecclesiastiche - tra cui l'- e quelli di alcuni editori cattolici, che al contrario affermano il loro pieno diritto di riprodurre e diffondere testi della tradizione cattolica. La questione, che coinvolge personaggi notissimi della cultura giuridica e dell'editoria nazionale, avrÀ un interessante sviluppo giudiziario. Sullo sfondo, sia il conflitto Stato Chiesa dopo l'UnitÀ che la nuova normativa italiana sul diritto d'autore, spesso largamente disattesa e causa di numerosi conflitti tra otto e novecento.
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Santarelli, Matteo. "Conflitto, interessi, bisogni. Le Lezioni in Cina di John Dewey." SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI (LA), no. 63 (February 2019): 47–60. http://dx.doi.org/10.3280/las2018-063004.

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Etzkowitz, Henry. "Imprenditorialità degli scienziati: conflitto di interessi e cambiamento normativo nella scienza." Quaderni di Sociologia, no. 20 (August 1, 1999): 7–28. http://dx.doi.org/10.4000/qds.1414.

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Beri, Emiliano. "«Contrabbandieri, pirati e ladri di mare». Bonifacini e napoletani nella marina di Pasquale Paoli (1756-1768)." SOCIETÀ E STORIA, no. 132 (July 2011): 249–76. http://dx.doi.org/10.3280/ss2011-132002.

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Abstract:
L'articolo esamina alcuni aspetti poco noti della marina creata ex novo dal governo cňrso ribelle di Pasquale Paoli, emersi in seguito all'analisi di numerose fonti in gran parte inedite. Un ruolo decisivo nella nascita e nello sviluppo della flotta "paolista" fu svolto dalle marinerie di Bonifacio, dei regni di Napoli e di Sicilia e dei presidi toscani sotto dominio napoletano. L'autore analizza i legami, non privi di tensioni, che unirono in gruppi di interesse alcuni dei principali corsari e contrabbandieri "paolisti" con uomini di mare, mercanti, mediatori e funzionari pubblici stranieri (napoletani soprattutto, ma non solo), mettendoli in condizione di usufruire delle risorse e delle ampie reti di relazioni proprie di questi soggetti. Un caso specifico, quindi, che permette tuttavia di gettare una luce piů ampia su fenomeni e problematiche proprie del mondo marittimo d'antico regime. In primo luogo il complesso intreccio di interessi che ruotavano intorno alla guerra di corsa e al contrabbando. In secondo luogo il ruolo strategico rivestito da alcune tipologie di merci e di risorse (come il sale e i disertori) e il diffuso ricorso a false identitÀ e "bandiere ombra". Si tratta di fenomeni che solitamente emergono con maggior vigore durante i periodi di guerra e risultano, quindi, particolarmente evidenti nel quadro del conflitto cňrso-genovese, grazie anche all'intreccio con la cruciale questione del riconoscimento della bandiera cňrsa.
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Pontremoli, Roberto. "Ancora in Tema di… Scienza Biomedica ed Etica Professionale: Dalla Open Science al Conflitto di Interessi." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 27, no. 4 (September 11, 2015): 264–66. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2015.843.

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Sala, Roberta. "Il bambino morente: verità, autonomia e interessi in conflitto. Linee per una discussione." Medicina e Morale 42, no. 2 (April 30, 1993): 363–79. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1993.1060.

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Abstract:
Partendo dalla rimozione della morte che la società odierna opera e dalla difficoltà di parlare della morte ai bambini, l'Autore del presente studio illustra anzitutto la capacità di comprensione della morte che ha il bambino, facoltà per certi versi più sviluppata dell'adulto proprio per le peculiari caratteristiche psicologiche del bambino stesso. Il lavoro prende in esame il caso del bambino inguaribile, situazione nella quale la concezione meccanicistica e biologista della medicina si rivela insufficiente a gestire il fatto umano, mentre l'ascolto dell'altro, la cura (concetto diverso dalla guarigione), la relazione tra medico e paziente in un "affidarsi" reciproco, si rivelano decisive. Su queste basi la comunicazione della verità al bambino gravemente ammalato ha senso solo se basata sul rispetto del bambino come persona.
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Pazč, Valentina. "Il bene comune tra antichi e moderni." QUESTIONE GIUSTIZIA, no. 5 (December 2011): 215–27. http://dx.doi.org/10.3280/qg2011-005015.

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Abstract:
1. Premessa: usi e abusi / 2. Bene comune e/ 3. Platone, Aristotele e il conflitto di interessi / 4. Rousseau e la legge come espressione dell'interesse pubblico / 5. Burke e il divieto di mandato imperativo / 6. Costituzione e politica / 7. Bene comune: di chi?
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Pasini, Caterina. "Volontaria giurisdizione e interessi in conflitto: il caso della nomina del guardiano di un trust." Trusts, no. 3 (June 1, 2022): 543–51. http://dx.doi.org/10.35948/1590-5586/2022.125.

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Abstract:
Tesi Il Tribunale ha ritenuto inammissibile un ricorso per la nomina del guardiano previsto nell’atto istitutivo del trust proposto da (alcuni dei) beneficiari di un trust, poiché intrapreso con le forme della volontaria giurisdizione invece che con quelle proprie del giudizio contenzioso. L’autore osserva che la giurisdizione volontaria ammette l’esistenza di soggetti controinteressati e che le forme contenziose mal si adattano a procedimenti per la nomina di soggetti del trust. The author’s view The Court found inadmissible an appeal for the appointment of the protector brought by some of the beneficiaries of a trust, pursuant to the trust deed, on the ground that the appellants initiated a non-contentious procedure instead of a contentious one. The author observes, on the one hand, that counter-interested parties are admitted in non-contentious procedures and, on the other hand, that contentious procedures are ill-suited to proceedings for the appointment of trustees, enforcers, and protectors of a trust.
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Tanzini, Lorenzo. "Conflitti politici e strategie documentarie nella Sardegna aragonese. Una causa cagliaritana quattrocentesca." SOCIETÀ E STORIA, no. 132 (July 2011): 221–48. http://dx.doi.org/10.3280/ss2011-132001.

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Abstract:
Il saggio analizza le vicende di una controversia giurisdizionale svoltasi a Cagliari nella seconda metÀ del XV secolo, nella quale furono coinvolti vari ufficiali regi, esponenti di famiglie feudali isolane e magistrature cittadine. Lo svolgersi del conflitto rappresenta un interessante punto di osservazione per comprendere in concreto la complessitÀ dei ruoli istituzionali che costituiscono il governo della Sardegna da parte dei sovrani aragonesi. Le magistrature urbane, in particolare, mostrano una spiccata capacitÀ di attrarre intorno ai propri interessi fiscali e di affermazione simbolica alcuni esponenti della stessa struttura di governo regio, adoperando anche il ruolo cruciale della cultura giuridica. La vicenda č analizzata tramite il deposito documentario che si č conservato presso l'archivio cittadino, e in questo senso appare rilevante anche nel testimoniare l'investimento del mondo urbano sulla documentazione scritta come salvaguardia e memoria dei propri spazi di autonomia.
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Semproni, Antonio. "Revoca del trustee in concorrenza con la società controllata dal trust (Manton v Manton, High Court of Justice, Birmingham)." gennaio-febbraio, no. 1 (February 3, 2022): 90–93. http://dx.doi.org/10.35948/1590-5586/2022.53.

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Abstract:
MassimaLa High Court of Justice revoca il trustee che ha intrapreso un’attività commerciale concorrente con quella svolta dalla società inclusa nel fondo in trust ed è così risultato inadempiente all’obbligo di evitare conflitti di interessi, essendo irrilevante che il trustee revocato tema che i trustee rimasti in carica (i genitori e i fratelli) potrebbero procedere a revocare i diritti vitalizi a lui spettanti sul reddito del trust.
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Lupoi, Alberto. "Doveri fiduciari e ESG." Trusts, no. 6 (December 1, 2022): 1090–101. http://dx.doi.org/10.35948/1590-5586/2022.221.

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Abstract:
Tesi Il trustee deve gestire il fondo in trust secondo il duty of care e il duty of loyalty. Quasi tutti gli Stati degli Stati Uniti hanno adottato lo Uniform Prudent Investor Act, che specifica cosa debba intendersi per duty of care nella gestione degli investimenti. In realtà, il classico riferimento allo standard dell’«uomo prudente» si è evoluto in quello dell’uomo che deve conoscere le basi delle teorie finanziarie relative al portafoglio di investimento. Trova così spazio il concetto di portafoglio equilibrato e di diversificazione dei rischi. In questa prospettiva deve essere effettuata la scelta degli investimenti da parte del trustee e non per ragioni o motivi personali seppur non in conflitto con gli interessi dei beneficiari o con le finalità del trust. Un trustee che si orienti su investimenti ESG, per motivazioni sociali o ecologistiche, contravviene il duty of loyalty in quanto privilegia un proprio interesse rispetto alla regola del «sole interest» del beneficiario e contravviene la regola del duty of care se la scelta non è stata motivata dalla gestione equilibrata del rischio. The authors’ view A trustee must manage the trust fund according to duty of care and duty of loyalty. Almost all States of the United States of America have adopted the Uniform Prudent Investor Act, which specifies what is to be understood by duty of care. In fact, the classic reference to the standard of the «prudent man» has evolved into that of the man who must know the basics of financial theories relating to the investment portfolio. Thus, the concept of a balanced portfolio and risk diversification finds its place. It is from this perspective that the trustee must managed the trust fund and not for following his personal reasons or motives even if they do not conflict with the interests of the beneficiaries or the purposes of the trust. A trustee who opts for ESG investments, for social or ecological reasons, contravenes the duty of loyalty as the trustee privileges his or her own interest over the beneficiary's sole interest and contravenes the duty of care and the duty of loyalty if the choice was not motivated by risk management needs.
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Guglielmo, Matteo. "Dinamiche politiche e regimi di conflitto nella Mogadiscio contemporanea." STORIA URBANA, no. 126 (September 2010): 17–36. http://dx.doi.org/10.3280/su2010-126002.

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Abstract:
La guerra civile in Somalia si protrae ormai da diciotto anni, cambiando spesso attori, interessi e caratteri. A causa di essa, le sue cittŕ sembrano essere mutate, non tanto in seguito alla definizione di politiche urbane ufficiali, ma piuttosto seguendo linee imposte dal conflitto stesso. Mogadiscio, capitale della Repubblica Somala dal 1960, č uno dei centri che ha risentito maggiormente dei cambiamenti politici e sociali post- 1991, adattando i suoi spazi e confini ai processi di scontro e, conseguentemente, di mobilitŕ forzata che continuano a contraddistinguere l'intero paese e la sua popolazione. Cosě, la geografia del conflitto ha finito col trasferire i suoi caratteri nella stessa conformazione urbana della capitale, trasformando profondamente quartieri, mercati, spazi e, al tempo stesso, aprendola a nuovi centri di potere e di autoritŕ i quali, seppur brutali e illiberali, sembrano comunque aver registrato un certo grado di successo. In tale contesto, i processi di globalizzazione hanno trovato campo fertile: Mogadiscio č diventato uno dei centri economici piů dinamici del Corno d'Africa, aperto non solo ai mercati regionali, ma anche a quelli arabi, i cui vettori principali si sviluppano tutt'oggi attraverso l'asse Dubai-Mogadiscio. Questo articolo si propone di fornire uno spaccato sulle dinamiche politiche e sociali che hanno contraddistinto la capitale somala dallo scoppio della guerra civile nel 1991 ad oggi, cercando di individuare non solo i suoi mutamenti fisici e strutturali, ma anche di identificare gli attori che ne hanno determinato i nuovi assetti economici e di potere.
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Sartori, Giovanni. "LE RIFORME ISTITUZIONALI TRA BUONE E CATTIVE." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 21, no. 3 (December 1991): 375–407. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200017822.

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Abstract:
Introduzioneè difficile che un sistema politico si autoriformi. Ma oramai quasi tutti si sono impegnati nel “fare qualcosa”. Tutti o quasi tutti ammettono che il sistema Italia non funziona, o che dovrebbe funzionare meglio. Infine, tutti sottoscrivono un obiettivo comune: uscire dalla democrazia paralizzata aumentando la governabilità, il rendimento e l'efficacia del governare. Se non c'è obiettivo comune non c'è speranza. Ma se c'è, si può sperare. Do per scontato, allora, che esista un fine primario, o prioritario, condiviso un po’ da tutti. Le difficoltà restano, e sono di due tipi. Il primo ostacolo è posto dal calcolo dei vantaggi: le parti in causa vogliono riforme che le avvantaggiano (o comunque rifiutano quelle che le penalizzano). Il secondo ostacolo risiede nel calcolo dei mezzi: le parti in causa non sanno calcolare o calcolano male la strumentazione: quali sono i mezzi idonei e sufficienti al fine proposto. Nel primo caso il conflitto è di interessi. Nel secondo caso il problema è di sapere. Discettare di riforme ignorando gli interessi è inutile. Ma è utile mostrare che il calcolo degli interessi, dei vantaggi o svantaggi, può essere sbagliato.
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Routhier, Gilles. "LA RICEZIONE DEL CONCILIO: MENTALITÀ, SOGGETTIE TEMPO DI UN PERCORSO LABORIOSO." Revista Pistis Praxis 4, no. 2 (October 6, 2012): 475. http://dx.doi.org/10.7213/pp.v4i2.8798.

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Abstract:
Questo documento affronta la complessa problematica della ricezione selettiva delVaticano II Chiesa, focalizzando l’attenzione sul messaggio ricevuto e compreso ospitareuno stile nuova proposta della Chiesa in rapporto al mondo, valutando, quindi,l’incidenza del fattore nei processi di generazione. Solo la seconda e l’approfondimentodi tale interesse rivela poco esplorato per rintracciare i suggerimenti più fruttuosi, invitandoa considerare come difetti certamente positiva accoglienza della prima generazionepost-conciliari hanno determinato l’atteggiamento decisamente più sospetti dellaseconda generazione. Questo conflitto suggerisce un cambiamento generazionale di approccio di combinare corpus: terza ed ultima fase di ricostruzioni storiche, forse è ilmomento di promuovere un incontro fecondo tra l’opera e il lettore, esplorando i temidel rapporto con la cultura, con il mondo e con il altri, in particolare vivono nei testi conciliari,e anche con altre, sensibili, cruciale anche per le nuove generazioni di giovanicristiani, uomini e donne.
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Routhier, Gilles. "LA RICEZIONE DEL CONCILIO: MENTALITÀ, SOGGETTIE TEMPO DI UN PERCORSO LABORIOSO." Revista Pistis Praxis 4, no. 2 (October 6, 2012): 475. http://dx.doi.org/10.7213/revistapistispraxis.6110.

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Abstract:
Questo documento affronta la complessa problematica della ricezione selettiva delVaticano II Chiesa, focalizzando l’attenzione sul messaggio ricevuto e compreso ospitareuno stile nuova proposta della Chiesa in rapporto al mondo, valutando, quindi,l’incidenza del fattore nei processi di generazione. Solo la seconda e l’approfondimentodi tale interesse rivela poco esplorato per rintracciare i suggerimenti più fruttuosi, invitandoa considerare come difetti certamente positiva accoglienza della prima generazionepost-conciliari hanno determinato l’atteggiamento decisamente più sospetti dellaseconda generazione. Questo conflitto suggerisce un cambiamento generazionale di approccio di combinare corpus: terza ed ultima fase di ricostruzioni storiche, forse è ilmomento di promuovere un incontro fecondo tra l’opera e il lettore, esplorando i temidel rapporto con la cultura, con il mondo e con il altri, in particolare vivono nei testi conciliari,e anche con altre, sensibili, cruciale anche per le nuove generazioni di giovanicristiani, uomini e donne.
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Mello, Celso Antônio Bandeira de. "DESAPROPRIAÇÃO DE BEM PÚBLICO." Revista de Direito Administrativo e Infraestrutura - RDAI 4, no. 14 (January 8, 2020): 113–33. http://dx.doi.org/10.48143/rdai.14.cabmello.

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Abstract:
Consulta. O Prefeito Municipal de Valinhos, expõe-nos o que segue, anexando documentos ilustrativos e formula-nos, empós consulta sobre a matéria. In verbis: a) este Município, desde longo tempo, vinha tentando adquirir a Adutora de Rocinha, imóvel de propriedade da Municipalidade de Campinas e situado no vizinho território de Vinhedo; b) depois de ingentes esforços junto à Prefeitura Municipal de Campinas, logrou êxito esta Municipalidade, terminando por adquirir o referido imóvel em 18.02.1974; c) com essa aquisição, a população de Valinhos viu tornar-se palpável a realidade seu antigo sonho, já que a Administração vinha se afligindo com o problema da falta d’água, resolvido com a citada aquisição; d) ocorre que o Munícipio de Vinhedo, inconformado com a transação em pauta, declarou de utilidade pública, para ser desapropriada, em caráter de urgência, a área da antiga Adutora Municipal João Antunes dos Santos; e) entretanto, o ato expropriatório, Lei 682, de 1974, conforme cópia inclusa, sequer mencionou a finalidade de declaração, uma vez que a Adutora, imprescindível para o nosso Munícipio, pelo que representa em termos de abastecimento d’água à população, não o é em relação a Vinhedo, que se abastece das águas do Rio Capivari, ligando suas bombas uma vez por semana. Em face do exposto, formulamos a V. Exa. a seguinte consulta: “É lícito a Vinhedo desapropriar a Adutora Municipal João Antunes dos Santos, bem essencial à população de Valinhos, de cujos serviços de ordem pública não pode prescindir?” Parecer: O total deslinde do problema supõe o correto equacionamento de três questões que se interligam, no caso em foco, a saber: 1. Fundamentos do poder expropriatório; 2. Os bens públicos e sua função; 3. Relacionamento das pessoas jurídicas de Direito Público. Um breve exame destas diversas questões propiciará, em abordagem final, focar o problema proposto com auxílio do instrumento arrecadado por ocasião da análise de cada um dos tópicos mencionados. É o que faremos em um título derradeiro. I – Fundamentos do poder expropriatório. Desapropriação é o procedimento administrativo pelo qual o Poder Público, fundado em utilidade pública, despoja, compulsória e unilateralmente, alguém de uma propriedade, adquirindo-a, em caráter originário, mediante prévia e justa indenização. Fundamenta a desapropriação, do ponto de vista teórico. A supremacia geral que o Poder Público exerce sobre os bens sitos no âmbito de validade espacial de sua ordem jurídica. No Direito Positivo brasileiro, o instituto se calça, como é notório, no art. 153, § 22, da Carta Constitucional (Emenda 1, de 1969), o qual reza: “É assegurado o direito de propriedade, salvo o caso de desapropriação por necessidade ou utilidade pública ou interesse social, mediante prévia e justa indenização em dinheiro, ressalvado o disposto no art. 16...” E o art. 8º da Lei Magna estatui em seu inciso XVII, f, competir à União: legislar sobre desapropriação. O Decreto-lei n. 3.365, de 21.06.1941, e a Lei n. 4.132, de 10.09.1962, enunciam as hipóteses de utilidade pública e interesse social que abrem ensanchas ao desencadear do poder expropriatório. É perceptível a todas as luzes que a justificação do instituto reside na prevalência do interesse público, o qual, bem por isso – uma vez consubstanciadas as hipóteses de necessidade, utilidade pública ou interesse social –, se afirma sobranceiramente sobre interesses menores, via de regra, privados, que devem, então, ceder passo à primazia do primeiro. É por tal razão – e só por ela – que o instituto se marca precisamente pela compulsoriedade, tão marcante que nulifica a propriedade privada, à revelia do titular, convertendo seu conteúdo na equivalente expressão patrimonial que possua. Com efeito: a prerrogativa expropriatória, como quaisquer outras que assistam ao Poder Público, não lhe são deferidas pela ordem jurídica como homenagem a uma condição soberana, mas como instrumento, como meio ou veículo de satisfação de interesses, estes, sim, qualificados na ordenação normativa como merecedores de especial proteção. De resto, todos os privilégios que adotam o Poder Público não são por ele adquiridos quia nominor leo; muito pelo contrário: assistem-lhe como condição para eficaz realização de interesses que, transcendendo o restrito âmbito da esfera particular, afetam relevantemente a coletividade. É o fato de o Estado personificar o interesse público o que lhe agrega tratamento jurídico diferenciado. Em suma: no Estado de Direito, os Poderes Públicos se justificam e se explicam na medida em que se encontram a serviço de uma função, predispostos à realização de interesses erigidos pelo sistema em valores prevalentes. Eis, pois, como conclusão do indicado, que somente a supremacia de um interesse sobre outro, isto é, o desequilíbrio entre duas ordens de interesses pode autorizar a deflagração da desapropriação, posto que esta se inspira, justamente, na necessidade de fazer preponderar um interesse maior sobre um interesse menor. Não é condição jurídica do sujeito, em si mesmo considerando, mas no nível de interesses a seu cargo que se buscará o aval legitimador do exercício expropriatório. Por mais razoáveis, sensatas, lógicas ou afinadas com os lineamentos do Estado de Direito que sejam as ponderações ora expendidas, não se pretende que a validade das assertivas feitas repouse apenas nesta ordem de razões. Em verdade, propõe-se que elas se encontram nitidamente transfundidas no sistema jurídico-positivo brasileiro e desde o nível constitucional até o plano legal, posto que o art. 153, § 22, retromencionado, expressamente indica como pressuposto inafastável do instituto a necessidade utilidade pública e o interesse social. De igual modo, os já invocados Decreto-lei 3.365 e Lei 4.132 enunciam hipóteses de necessidade, utilidade pública e interesse social, os quais representam as condições para desapropriar. É bem evidente, dispensando maiores digressões, que o artigo constitucional e os textos legais contemplam interesses públicos e utilidades públicas prevalecentes sobre interesses de menor realce, uma vez que se trata de fixar os termos de solução no caso de entrechoques de interesses e de decidir quais deles cederão passo, quais deles serão preteridos, assim, convertidos em expressão patrimonial 0 para que a utilidade preponderante extraia do bem almejado o proveito público maior que nele se encarna. O que pretende realçar é que a própria noção de supremacia geral, deferida pelo sistema normativo às pessoas de Direito Público de capacidade política (União, Estados e Municípios), é autoridade derivada da ordenação jurídica e se esforça na qualificação dos interesses que a eles incumbe prover, de tal sorte que os poderes, os privilégios e as prerrogativas que desfrutam se constituem em um arsenal autoritário fruível, na medida em que instrumenta a finalidade protegida pelo Direito, isto é, a legitimação de seu uso depende do ajustamento aos interesses prestigiados no sistema. É o afinamento da atividade da pessoa aos valores infrassistemáticos do quando normativo que garante a legitimidade de sua expressão e não o reverso, ou seja: a legitimidade do exercício do poder – no Estado de Direito – não resulta meramente de quem o exerce, donde não ser a autoridade do sujeito que qualifica o interesse; pelo contrário: é a idoneidade jurídica do interesse que escora e valida o comportamento da autoridade a que o ordenamento atribuiu o dever-poder de curá-lo. Sendo assim, ao se examinar o instituto da expropriação, cumpre ter presente que os poderes da alçada do expropriante emergem na medida em que estejam a serviço do interesse em vista do qual tais poderes lhe foram irrogados. Neste passo, calham à fiveleta as ponderações de Arturo Lentini: “...la causa di pubblica utilità è la vera energia che mete in moto il fato dell’espropriazione per mezzo del soggetto espropriante. Questa è la raggione per cui la causa de pubblica utilità deve considerarsi come inesistente, qualora per determinarla si sai guardato sotanto ala qualità del soggeto espropriante.” (Le Espropriazioni per Causa di Pubblica Utilità. Milão: Società Editrice Libraria, 1936. p. 54.) Ora, como o instituto expropriatório é figura jurídica destinada a assegurar a compulsória superação de interesses menores por interesses mais amplos, mais relevantes (e que, bem por isso, devem prevalecer), a ablação do direito de propriedade de alguém em proveito do expropriante depende fundamentalmente da supremacia do interesse, isto é, da supremacia da necessidade e da utilidade proclamados sobre interesse que a ordem jurídica haja categorizado em grau subalterno, por escaloná-lo em nível secundário em relação ao outro que pode se impor. Estas considerações óbvias e que parecem por isso mesmo despiciendas quando se tem em mira as hipóteses comuns de desapropriação, nas quais a necessidade ou a utilidade pública se contrapõe ao interesse particular, revelam-se, contudo, fundamentais em matéria de desapropriação de bens públicos. A limpidez cristalina deles e o amparo teórico que as abona em nada se minimizam, mas a excepcionalidade da hipótese pode surtir o risco de lhes embaçar a clareza e lhes enevoar a percepção se não forem, liminarmente, postas em evidência, ao se rememorar os fundamentos do instituto. Pode-se afirmar, pois, como conclusão deste tópico que: “A desapropriação supõe a invocação de interesses e uma pessoa pública (necessidade, utilidade pública ou interesse social) superior ao de outra pessoa, cujos interesses sejam qualificados pela ordem jurídica como de menor relevância ou abrangência e, por isso mesmo, sobrepujáveis pelo expropriante.” II – Bens públicos e sua função. Nem todos os bens pertencentes ao Poder Público acham-se direta e imediatamente afetados à realização de um interesse público, isto é, determinados bens encontram-se prepostos à realização de uma necessidade ou utilidade pública, servindo-a por si mesmos; outros estão afetados a ela de modo instrumental, de maneira que a Administração serve-se deles como um meio ambiente físico, no qual desenvolve atividade pública, ou seja: correspondem a um local onde o serviço desenvolvido não tem correlação indissociável com a natureza do bem, posto que este nada mais representa senão a base especial em que se instala a Administração. Finalmente, outros bens, ainda, embora sejam de propriedade pública, não estão afetados ao desempenho de um serviço ou atividade administrativa. Em virtude da diversa função dos bens em relação à utilidade pública, há variadas classificações deles, inexistindo uniformidade na doutrina e no Direito Positivo dos vários países, quer quanto à categorização das espécies tipológicas que comportam quer no que respeita à inclusão de determinados bens em uma ou outra das diferentes espécies previstas nos esquemas de classificação. O Direito Positivo brasileiro dividiu-os em três tipos, catalogados no art. 66 do CC (LGL\2002\400), a saber: “I – os de uso comum do povo, tais como mares, rios, estradas, ruas e praças; II – os de uso especial, tais como os edifícios ou terrenos aplicados a serviço ou estabelecimento federal, estadual ou municipal; III – os dominicais, isto é, os que constituem o patrimônio da União, dos Estados ou dos Municípios como objeto de direito pessoal ou real de casa uma dessas entidades.” A quaisquer deles, foi outorgada a especial proteção da impenhorabilidade prevista no art. 117 da Carta Constitucional, a inalienabilidade (ou alienabilidade, nos termos que a lei dispuser) contemplada no art. 67 do CC (LGL\2002\400) e a imprescritibilidade, que resulta de serem havidos como res extra commercium, por força do art. 69 do mesmo diploma, além de outros textos especiais que dissiparam dúvidas sobre a imprescritibilidade dos bens dominicais. Certamente existe – partindo-se dos bens dominicais para os de uso comum, tomados como pontos extremos – uma progressiva, crescente, identificação com o interesse público. Os dominicais apenas muito indiretamente beneficiam ou podem beneficiar a utilidade pública; os de uso especial já se apresentam como instrumento para sua efetivação; e os de uso comum se identificam com a própria utilidade por meio deles expressada. Demais disso, como já observaram doutores da maior suposição, se já bens acomodáveis com inquestionável propriedade em uma ou outra categoria, outros existem que parecem tangenciar a fronteira de mais de uma espécie, não se podendo afirmar, de plano, em qual dos lados da fronteira se encontra. Isto se deve ao fato de que sua adscrição ao interesse público é especialmente vinculada, no que parecerem se encontrar no limiar de transposição da categoria dos bens de uso especial para a classe dos de uso comum, tendendo a se agregar a esta, em que é mais sensível o comprometimento do bem com o interesse público. Daí a ponderação do insigne Cirne Lima: “Entre essas duas classes de bens – o autor refere-se aos de uso comum e de uso especial – existem, no entanto, tipos intermediários; forma o conjunto uma gradação quase insensível de tons e matizes. Assim, entre as estradas e as construções ocupadas pelas repartições públicas, figuram as fortalezas que, a rigor, pode dizer-se, participam dos caracteres de umas e outras: são o serviço de defesa nacional, porque são concretização desta em seu setor de ação, e, ao mesmo tempo, estão meramente aplicadas a esse serviço, porque o público não se utiliza deles diretamente.” (Princípios de Direito Administrativo. 4. ed. Porto Alegre: Sulina, 1964. p. 78.) A profunda identificação de certos bens com a satisfação de necessidades públicas levou o eminente Otto Mayer a incluir certas edificações e construções na categoria de bens do domínio público, submetidos, na Alemanha, ao regime de Direito Público em oposição aos demais bens estatais regidos pelo Direito Privado. Por isso, incluiu nesta classe outros bens não arroláveis entre os exemplos mais típicos de coisas públicas. Então, depois de observar que as “estradas, praças, pontes, rios, canais de navegação, portos e a beira-mar constituem os exemplos principais de coisas subordinadas ao Direito Público”, aditou-lhes outras, algumas das quais até mesmo excludentes do uso comum. São suas as seguintes considerações: “Mais il y a des choses publiques donc la particularité consiste dans une exclusion rigoureuse du public. Ce sont les fortifications. Elles représentent donc un troisième groupe. Elles ont le caractère distinctif de représenter directement par elles-mêmes l’ utilité publique. Cette utilité consiste ici dans la défense du territoire nationale.” (Le Droit Administratif Allemand. Paris: V Giard et E. Brière, 1905. t. 3, p. 124.) Finalmente, o autor citado arrola, ainda, entre as coisas de domínio público: “...les grandes digues destinés a contenir les eaux des fleuves ou de la mer; elles participent, en quelque manière, à la nature des fortifications. Nous citerons encore les égouts publics; quad ils font corps avec les rues, ils sont compris dans la dominialitè de ces dernières; mais ils devront être considérés comme choses publiques em eux-mêmes quand ils se separent des rues et suivent leur cours distinctement.” (Op. cit., p. 125-126.) Em suma, o que o autor pretendia demonstrar é que nem sempre o uso comum de todos, ocorrente sobretudo no caso das coisas naturalmente predispostas a tal destinação, revela-se traço bastante discriminar o conjunto de bens mais intimamente vinculado às necessidades públicas e, por isso mesmo, merecedor de um tratamento jurídico peculiar, em nome do resguardo dos interesses coletivos. Compreende-se, então, sua crítica a Wappaus e Ihering, expressada em nota de rodapé, onde afirma: “comme la qualité de chose publique ne peut pas être conteste aux fortifications, ceux de nos auteurs qui maintiennent l’usage de tous comme condition indispensable de l’existence d’ une chose publique se voient obligés de faire des èfforts pour sauver, em ce qui concerne les fortifications toutes au moins, quelques apparences d’un usage de tous. Ainsi Ihering, dans ‘Verm. Schriften’, p. 152, fait allusion à une destination de ce genre em les appelants ‘établissements protecteurs qui profitent non pas à l’État, mais aux individus’. Cela tout d’abord, n’est pas exact; et même si c’était vrai, cela ne donnera pas encore un usage de tous” (Op. cit., p. 125, nota 31.). Efetivamente, também no Direito brasileiro, há certos bens que, tendo em vista a sistematização do Código Civil (LGL\2002\400), se alojariam muito imprópria e desacomodadamente entre os bens de uso especial porque, em rigor, não são apenas edifícios ou terrenos aplicados a um serviço ou estabelecimento em que se desenvolvem atividades públicas. Deveras, há uma profunda e perceptível diferença entre um prédio onde funciona uma repartição burocrática qualquer, ou ainda uma escola, um hospital, uma delegacia de polícia e o complexo de coisas que constituem uma usina geradora de energia elétrica, ou uma estação transformadora de energia elétrica, ou uma estação transformadora de energia, ou de tratamento de água, ou uma rede de esgotos, ou o conjunto de captação de água e adutoras. Estes últimos não são apenas sedes, locais de prestação de serviço, porém, muito mais que isto, são bens funcionalmente integrados no próprio serviço, o qual consiste precisamente naquele complexo que o identifica e que proporciona a utilidade pública. Os agentes públicos atuam como operadores ou manipuladores de tais bens. O serviço proporcionado a todos é menos um produto do desempenho pessoal dos funcionários do que uma resultante da utilização inerente ao próprio bem, isto é, os bens em questão fornecem, em razão de seu próprio modo de ser, uma utilidade pública possuída em si mesma, uma vez realizada a obra em que se consubstanciam. Via de regra, são justamente bens que satisfazem não apenas uma utilidade, mas uma autêntica necessidade coletiva. Em nosso Direito, contudo, quer se classifiquem como de uso especial quer se categorizem como de uso comum de todos – na medida em que sua destinação é a utilidade coletiva, fruída por todos –, estão de qualquer modo protegidos pela inalienabilidade, impenhorabilidade e imprescritibilidade. O que se deseja ressaltar, entretanto, é que agora estes efeitos protetores dos bens públicos em geral – inclusive dominicais – outros poderão eventualmente ter suscitados e, em tal caso, dever-se-á atentar para o grau de interligação que o bem possua com a necessidade e a utilidade pública. Com efeito: o só fato do Código Civil (LGL\2002\400) ter procedido a uma classificação dos bens públicos, categorizados em uma escala descrente de interligação com a utilidade pública, obriga a reconhecer que existe em nosso sistema uma ponderação do valor com a utilidade pública, obriga a reconhecer que existe em nosso sistema uma ponderação do valor público deles e, consequentemente, que o grau de proteção que lhes deve assistir juridicamente está na relação direta do comprometimento de tais bens com a satisfação de necessidades públicas, isto é: se há um regime próprio para os bens públicos, a razão de tal fato procede de neles se encarnar um interesse agraciado com um tratamento peculiar. A defesa de tais bens assume maior relevância em função do grau em que coparticipam do interesse em questão, donde assistir-lhes uma proteção jurídica correspondente; portanto, tanto mais acentuada quanto maior for a adscrição deles à satisfação de necessidades públicas. Isto posto, cabe indicar como conclusão deste tópico: “Nas relações controvertidas incidentes sobre bens públicos, se as partes conflitantes perseguem interesses jurídicos do mesmo nível, prepondera a proteção incidente sobre o bem público, quando o grau de adscrição dele à satisfação de um interesse coletivo atual se sedia nas escalas em que é mais elevado seu comprometimento com a realização imediata de uma necessidade pública.” III – Relacionamento das pessoas públicas de capacidade política. Ao prever tríplice ordem de pessoas jurídicas de capacidade política – União, Estados e Municípios –, o sistema constitucional brasileiro previu, como é natural, uma discriminação de competências, expressada fundamentalmente nos arts. 8º, 13 e 15. Cada qual deve, em convívio harmônico – condição de sua coexistência e, portanto, de atendimento ao modelo constitucionalmente previsto –, prosseguir os objetivos de sua alçada sem penetração, interferência ou sacrifício dos interesses atinentes a outra pessoa de capacidade política. Com efeito: a realização dos objetivos globais resulta da satisfação e do entrosamento dos objetivos parciais de cada qual, circunstância esta que decorre diretamente da própria distribuição de competências. É bem de ver que correspondendo-lhes interesses de diversa amplitude, posto que os dos Municípios são de menor abrangência e os da União os de abrangência maior situando-se os estaduais em escala intermediária, podem ocorrer não apenas zonas tangenciais, mas, inclusive, de fricção e até mesmo de eventual confrontação de interesses. Em casos que tais, a regra a ser extraída do conjunto do sistema, por força, haverá de ser o da prevalência dos interesses de abrangência mais compreensiva, efetivada, contudo, na estrita medida em que a preponderância afirmada seja condição insuprimível da realização das competências prevalentes, previstas no sistema, isto é, sua preponderância só pode ser admitida quando se trate de implementar função que haja sido deferida constitucionalmente. Em rigor, nas hipóteses deste gênero, não há contração da esfera de competência da pessoa responsável por interesses públicos de menor amplitude. O que ocorre é que a própria esfera de competência desta, a priori, tem seu âmbito definido até os limites da compatibilização com os interesses de abrangência maior. O entrechoque ocorrido não é um conflito de interesses juridicamente equivalentes confrontados com igual ponderação no sistema. Um dos interesses – aquele que cede – verga-se precisamente por não mais se poder considerá-lo confinado ao âmbito de expressão própria e impetrável que lhe é pertinente. No entanto, cumpre atentar para o fato de que dita preponderância só é legítima enquanto adstrita aos limites do indispensável, isto é, de maneira a causar o menor ônus possível ao interesse que é subjugado. Toda demasia corresponde a um ultrapassar de fronteiras e, por isso mesmo, a um extravasamento da própria competência em detrimento de competência alheia. Em face do exposto, pretende-se que, do ponto de vista da lógica da ordenação jurídica, inexistem conflitos reais de direitos. Este são logicamente impossíveis. Podem ocorrer, isto sim, conflitos de interesses resolvidos sempre pelo declínio daquele que não estiver esforçado em proteção jurídica vigorante na hipótese conflitiva. Assim como o Direito é um todo harmônico, a harmonia das pessoas jurídicas de capacidade política é um princípio cardeal de nosso sistema constitucional. Tendo-se em conta que todas elas são, por força da Lei Maior, titulares de interesses públicos, seu equilibrado entrosamento e pacífico convívio é valor preservável por todos os títulos e condição insuprimível da realização do interesse público globalmente considerado. Os legisladores da Carta Magna brasileira, tal como vem sucedendo ao longo de nossa tradição jurídica, estiveram atentos para a reiteração deste princípio. Assim, o art. 9º do texto constitucional expressamente consagra um princípio de recíproco respeito e coexistência harmônica ao dispor: “À União, Estados e Municípios é verdade: I – criar distinções entre brasileiros ou preferências em favor de uma dessas pessoas de Direito Público interno contra outra;...” O art. 19 veda à União, aos Estados e aos Municípios, no inciso II, a: “instituir imposto sobre o patrimônio, a renda ou os serviços uns dos outros.” O art. 20 estabelece: “É vedado: I – à União instituir tributo que não seja uniforme em todo o território nacional ou implique distinção ou preferência em relação a qualquer Estado ou Município em prejuízo de outro; [...]; III – aos Estados, ao Distrito Federal e aos Municípios estabelecer diferença tributária entre bens de qualquer natureza, em razão de sua procedência ou destino.” Os dispositivos indicados ressaltam o propósito constitucional de prevenir conflito entre as pessoas de capacidade política e assegurar em suas recíprocas relações um convívio harmonioso e equilibrado. Mesmo à falta dos artigos em questão, é óbvio que o princípio da harmonia entre elas teria por força que ser considerado uma inerência do ordenamento constitucional, na medida em que todas são partes de um sistema e previstas na Lei Maior como segmentos de um conjunto total. O pacífico convívio recíproco é uma exigência racional para compatibilização de suas funções e conjugação de suas atividades parciais na unidade do Estado federal brasileiro. Contudo, os dispositivos invocados realçam e explicitam a consagração deste equilíbrio nas matérias versadas, sem prejuízo da aplicabilidade ampla e irrestrita do princípio em causa. Importa assinalar que, nos respectivos níveis, isto é, Estados perante Estados e Municípios reciprocamente considerados, estão juridicamente colocados em equilíbrio perfeito, em igualdade completa. Há, por força de todo o considerado, um integral nivelamento jurídico entre eles. De conseguinte, as prerrogativas públicas que lhes assistem em relação aos administrados não podem, em princípio, ser reciprocamente opostas, dado o absoluto em que o Direito os coloca. Para que proceda tal invocação, cumpre que o interesse afetado pela pretensão não se relacione diretamente com a atividade pública da pessoa contra a qual é invocada. Se assim não fora, ter-se-ia que admitir, ilogicamente, que um interesse público – como tal consagrado no sistema normativo – poderia ser perturbado ou sacrificado desde que o autor do dano ao valor prestigiado fosse outra pessoa pública de capacidade política. Tal conclusão sobre ser transparentemente sem sentido e desapoiada por qualquer regra de Direito implicaria, ainda, a implícita proclamação de efeitos ablatórios de dois princípios já encarecidos: o da convivência harmônica dos interesses públicos das diversas pessoas políticas, resultante da discriminação constitucional de competências, e a do equilíbrio dos interesses das pessoas públicas do mesmo nível (Estados perante Estado e Municípios perante Municípios). Em face dos enunciados anteriores, resulta como conclusão deste tópico: “Por inexistir desequilíbrio jurídico entre as pessoas políticas do mesmo nível constitucional uma não pode opor à outra suas prerrogativas de autoridade se tal proceder acarretar interferência em interesse público a cargo daquela contra a qual se pretenda invocar um poder de supremacia.” IV – Ao lume das considerações e conclusões dos tópicos anteriores, versemos, agora, o caso concreto sub consulta, conjugando os pontos já afirmados em exame teórico mais amplo com os dispositivos proximamente ligados ao tema, isto é, os previstos no Decreto-lei 3.365, de 21.06.3941, que mais diretamente estejam relacionados com o problema em causa. O art. 2º do referido diploma estatui: “Mediante declaração de utilidade pública, todos os bens poderão ser desapropriados, pela União, pelos Estado, Municípios, Distrito Federal e Territórios.” Já o § 2º do mesmo artigo cogita especificamente da desapropriação de bens públicos, ao estabelecer: “Os bens do domínio dos Estados, Municípios, Distrito Federal e Territórios poderão ser desapropriados pela União, e os dos Municípios pelos Estados, mas, em qualquer caso, ao ato deverá preceder autorização legislativa.” Como se vê, foi estabelecida uma gradação no exercício do poder expropriatório, donde se haverá de deduzir que, implicitamente, é vedado o exercício de poder expropriatório em sentido inverso ao previsto. Para solver a dúvida, hipoteticamente, são concebíveis, desde logo, duas soluções extremas e opostas, isto é, uma que admitisse irrestritamente o exercício de desapropriação, em casos que tais, e outra que o rejeitasse radicalmente. Em abono da primeira, poder-se-ia carrear a seguinte argumentação: Dispondo o art. 2º da lei expropriatória, em seu caput, que todos os bens são suscetíveis de desapropriação, ressalvado o óbice decorrente do § 2º do artigo – o qual obsta desapropriação em sentido contrário ao escalonamento previsto –, estaria genericamente franqueado às entidades públicas ali relacionadas o exercício do poder expropriatório. Em face disto, Estados poderiam desapropriar bens estaduais e Municípios bens municipais, sendo conatural a eles o exercício de todos os poderes dentro de seus territórios. A segunda interpretação, oposta à anterior, estribar-se-ia- em que o art. 2º, caput, enunciou a regra relativa aos bens em geral, havendo, contudo, regra específica no concernente aos bens públicos: exatamente a do § 2º do mesmo dispositivo. Donde, fora das hipóteses neste previstas, nenhuma desapropriação de bem público seria tolerável, isto é, havendo o citado § 2º do art. 2º indicado quem poderia desapropriar o que em matéria de bens públicos, não existiria arrimo jurídico para exercê-la além dos casos contemplados, donde constituir-se em infringência a ela o exercício da desapropriação à margem de sua enunciação. E, ainda mais: a primeira interpretação levaria a admitir posições definitivamente inconciliáveis com a própria racionalidade do sistema jurídico. Isto porque presumiria a existência de uma supremacia entre pessoas do mesmo nível constitucional quando, em rigor, faltaria qualquer calço para o exercício de poderes de autoridade de umas sobre outras, dado o nivelamento jurídico de ambos. Sobre mais – o que é especialmente grave –, dita interpretação desconheceria o princípio do entrosamento harmônico das pessoas em causa, estabelecendo conflitos entre elas, o que, justamente, é indesejado pelo próprio sistema constitucional, atento em prevenir desentendimentos e preordenado a fixar nivelamento e harmonia entre elas. Finalmente, incidiria no equívoco de desconhecer que conflitos desta ordem, só por si, deslocam o âmbito de interesses contrapostos; isto é, estes deixariam de ser problemas estritamente municipais ou estaduais para se converterem em problemas intermunicipais ou interestaduais, donde serem solúveis, apenas, em nível supra municipal e supra estadual, ou seja: por se haver transcendido o âmbito restrito de interesses de cada pessoa, na medida em que é gerado contraste de interesse de duas pessoas públicas diversas, coloca-se ipso facto em jogo problema que desborda os interesses puramente interiores de cada área. Diante disto, só Estados, onde se compõem e integram os interesses intermunicipais, e União, onde se integram interesses interestaduais, poderiam promover-lhes a integração, solvendo o contraste de interesses. Em suma, a primeira linha interpretativa incorreria nos seguintes equívocos: a) atribuir ao caput do art. 2º uma abrangência e significação totalmente estranha a seus propósitos, dado que sem objetivo manifesto teria sido o de indicar a possibilidade de expropriar bens móveis, imóveis, fungíveis, infungíveis e direitos, isto é, teria se preordenado a fixar a amplitude dos objetos expropriáveis pelas pessoas referidas. A distinção entre bens públicos e bens particulares não estaria em causa, por se tratar de discrímen estabelecido em função de seus proprietários e não do próprio objeto – este sim cogitado na cabeça do dispositivo; b) ignorar que o tratamento da expropriabilidade dos bens públicos foi objeto de regra específica (a do § 2º), donde ser inassimilável sua situação à dos demais bens cogitados no caput do artigo. Daí a impossibilidade de ser exercida fora da enunciação ali prevista; c) presumir a existência da possibilidade do exercício de poderes de supremacia por uma pessoa pública sobre outra do mesmo nível constitucional, para o que inexistiria qualquer base jurídica, havendo, pelo contrário, princípio constitucional em sentido oposto; d) adotar critério interpretativo afrontoso ao princípio constitucional da harmonia das pessoas políticas, por propugnar solução que levaria à confrontação jurídica direta destas pessoas; e) desconhecer que o contraste de interesses entre Municípios é problema intermunicipal – e, por conseguinte, a ser solúvel em nível estadual – e que a oposição de interesses entre Estados é problema supra estadual e, por isso, resolúvel em nível federal, ou seja: só Estados e União, respectivamente, poderiam declarar a utilidade pública de tais bens quando conflitantes os interesses de pessoas que lhes sejam inferiores. Certamente, a primeira solução proposta defronta obstáculos jurídicos insuperáveis, pois os argumentos que lhe são opostos evidenciam a inadmissibilidade de um irrestrito poder expropriatório de Estados sobre bens de outro Estado e de Municípios sobre bens de outros Municípios, sitos nos territórios dos eventuais expropriantes. Com efeito, incorre em críticas irrespondíveis que infirmam sua frágil sustentação. Trata-se de solução simplista, baseada em interpretação literal até certo ponto ingênua e que, sem dúvida, afronta princípios constitucionais por ignorá-los, fazendo tabula rasa de sua existência e irrefragável supremacia, esquecida de que todo labor interpretativo deve ser comandado pela acomodação a normas superiores. A segunda solução, conquanto bem mais e com esteios fincados no Direito Constitucional – matriz do instituto da desapropriação – peca pelo radicalismo, indo mais além do que o necessário para preservar os valores que encontra insculpidos na ordenação constitucional, ao negar radicalmente qualquer possibilidade expropriatória nas hipóteses sub examine. A procedência de seus argumentos descansa em um pressuposto subjacente, dado como implícito em todos os casos, a saber: que os interesses suscetíveis de serem afetados pela eventual atividade expropriatória sejam sempre ligados diretamente à satisfação de uma necessidade pública da pessoa contra a qual se levantasse a espada da desapropriação, isto é, supõe que, em qualquer hipótese, a ameaça se propõe contra um interesse público pertinente ao eventual sujeito passivo. Entendemos que a correta resolução do problema só pode ser alcançada a partir das conclusões enunciadas ao cabo do exame dos tópicos anteriores. Ditas conclusões são, a nosso ver, as premissas, para o adequado equacionamento da questão. A partir delas, poder-se-á existir a conclusão final, o deslinde do problema em foco. Recordemo-las: “A desapropriação supõe a invocação de interesse uma pessoa pública (necessidade, utilidade pública ou interesse social) superior ao de outra pessoa, cujos interesses sejam qualificados pela ordem jurídica como de menor relevância ou abrangência e por isso mesmo sobrepujáveis pelo expropriante.” “Nas relações contravertidas, incidentes sobre bens públicos, quando as partes conflitantes perseguem interesses jurídicos do mesmo nível, prepondera a proteção incidente sobre o bem público sempre que o grau de adscrição dele à satisfação de um interesse coletivo atual se sedia nas escalas em que é mais elevado seu comprometimento com a realização imediata de uma necessidade pública.” “Por inexistir desequilíbrio jurídico entre as pessoas políticas do mesmo nível constitucional, uma não pode opor a outra suas prerrogativas de autoridade se tal proceder acarretar interferência em interesse público a cargo daquela contra a qual se pretenda invocar um poder de supremacia.” As conclusões em apreço foram devidamente justificadas nos tópicos anteriores. Façamos, pois, sua aplicação ao problema da desapropriação recíproca de bens, entre Estados e entre Municípios. Efetivamente, é intolerável o exercício da desapropriação de bem estadual por outro Estado ou bem Municipal por outro Município quando os interesses postos em entrechoque são ambos interesses públicos. Em razão do equilíbrio jurídico deles, o pretendido expropriante não tem em seu favor a maior abrangência ou relevância de interesse que o torne sobrepujante, para servir-lhe de causa do ato expropriatório. Como o instituto da desapropriação se calça precisamente na desigualdade dos interesses confrontados, à falta dela, falece o próprio suporte do instituto. Ora, se a satisfação de necessidades públicas de um Município (ou de um Estado) é juridicamente tão valiosa quanto a satisfação de necessidades públicas de outro Município (ou de outro Estado), nenhum pode invocar em seu favor utilidade ou necessidade com força preponderante, suscetível de sobrepujar coativamente, por via expropriatória, o interesse de outro. Reversamente, se o bem atingido não estiver preposto à satisfação de uma necessidade pública, por força não se põe em causa o nivelamento de interesses, pois, em tal hipótese, ocorrerá a confrontação de um interesse público primário com interesse meramente patrimonial de outra pessoa. Neste caso, não comparecerá o óbice mencionado, franqueando-se o exercício do poder expropriatório. Outrossim, se o bem público a ser atingido está adscrito à satisfação de uma necessidade pública atual, isto é, comprometido com a realização de um interesse relevante da coletividade, tal como sucede com os bens públicos prepostos aos níveis de mais intensa vinculação ao implemento de fins públicos – dentro do que sugere a classificação do Código Civil (LGL\2002\400) –, evidentemente a proteção que o resguardo haverá de prevalecer contra a pretensão expropriatória de pessoa que persegue interesses dos mesmo nível. Isto porque a proteção a tais bens significa, em última análise, conforme aliás se depreende da própria sistematização deles, proteção aos fins a que se destinam. O que a ordem jurídica consagra, por via do regime especial a que se submetem, é a rigorosa defesa dos interesses que por meio deles se viabilizam. Donde descaber elisão da disciplina que os ampara sempre que esta signifique comprometimento de mencionados interesses ou interferência neles. Prepondera o regime protetor se a contraposição de interesses se sedia no mesmo escalão jurídico. Diversamente, se a pretensão incide sobre bem público não afetado à satisfação direta de uma necessidade ou utilidade pública – como ocorre no caso extremo dos bens dominicais, possuídos à moda de qualquer prioritário, como simples patrimônio de uma pessoa pública –, não mais comparece razão para se obstar uma satisfação pública do eventual expropriante. Esta não teria por que paralisar-se em face de um interesse secundário (conforme terminologia de Carnelutti) de outra pessoa pública. Em tal caso, deixaria de existir o nivelamento jurídico de interesses, por causa do caráter meramente patrimonial ou puramente incidental da propriedade, por isso mesmo, conversível em outra sem dano ou prejuízo algum para os interesses específicos da pessoa pública atingida. Finalmente, é inadmissível, em face do equilíbrio e da harmonia das pessoas sediadas no mesmo nível constitucional, que uma invoque prerrogativa de autoridade, supremacia sobre outra, para afetar interesse da mesma qualidade, da mesma gradação de igual qualificação jurídica. Só há supremacia quando a esfera jurídica de alguém incorpore valores a que o Direito atribuiu qualificação prioritária. Em face disto, não há como irrogar-se o exercício de poder expropriatório em hipóteses deste jaez. Pelo contrário, se as pessoas se apresentam em plano desnivelado, isto é, uma, enquanto responsável pela condução de suas específicas finalidades públicas, e outra alheia à posição de realizadora de seus interesses próprios ou como titular de bem cujo sacrifício não envolve interferência naqueles interesses prioritários, desaparece o equilíbrio jurídico de ambas, liberando a força expropriatória de quem, então sim, contrapõe interesses prevalentes e, por isso mesmo, justificadores de uma supremacia. Efetivamente, o princípio da harmonia entre as pessoas do mesmo nível constitucional, o entrosamento pacífico delas, o equilíbrio de interesses recíprocos, estão ligados indissoluvelmente à posição destas pessoas no sistema. Existe, por certo. É inquestionavelmente correta sua afirmação. Cumpre, todavia, entendê-los em sua significação precisa. Justamente por estarem ligados à qualidade dos sujeitos, têm presença quando tais sujeitos se encontram se manifestando como tal, isto é, como titulares dos interesses públicos, portanto, na qualidade que lhes é própria. Daí que não se põe o problema de conflito indesejado, de desarmonia, de desnível, sempre que estas pessoas comparecem desligadas de sua missão natural. Em tais situações, por faltar o substrato dignificador de sua posição jurídica, desvanece a proteção jurídica peculiar que lhes é própria. Inversamente, sempre que estejam postos em causa interesses correspondentes à sua função, assiste-lhes o integral resguardo que o sistema constitucional e legal lhes defere. Por isso, só há, em rigor, problema interestadual ou intermunicipal conflitivo, quando interesses públicos de ambos se entrechoquem. Como indubitavelmente interesses desta natureza podem muitas vezes se projetar além do território de cada qual, ocorre que as soluções dos eventuais conflitos dependem da interferência das pessoas políticas em cujo âmbito se compõem os interesses respectivos das partes em oposição Firmados todos os pontos que nos parecem relevantes para a solução do caso sub consulta, seu deslinde apresenta-se simples e natural, como fruto espontâneo da aplicação dos princípios assinalados e critérios deles deduzidos. A Prefeitura Municipal de Vinhedo propõe-se a desapropriar um bem público municipal de Valinhos, antigamente denominado Adutora de Rocinha e atualmente nomeado Adutora João Antunes dos Santos, parcialmente situado no Município de Vinhedo. Trata-se de um complexo abrangente das instalações, dutos, edificações auxiliares e área circunjacente, compreensiva das matas protetoras dos mananciais contra contaminação, poluição e redução da vazão. Insere-se, pois, no sistema de captação e derivação de água para o Município de Valinhos, sistema este que, em seu conjunto, está parcialmente em outro, conforme a exposição que precede a consulta e os documentos a ela anexados. Pondo de parte outros vícios de que padece o ato em questão — e mais além referidos — a pretensão expropriatória ressente-se de defeito insanável. O Município de Vinhedo não pode desapropriar o bem em questão, visto se tratar de coisa pública imediatamente adscrita à satisfação de uma utilidade e até, mais que isso, de uma necessidade pública de Valinhos: o abastecimento de água. Corresponde a uma investida contra interesse público – e fundamental – de outro Município. A lei expropriatória não dá ao pretendido expropriante assistência para o exercício dos poderes que deseja deflagrar, visto que seu ato põe em xeque interesse público de outra entidade política do mesmo nível, sobre a qual, em consequência, não dispõe de supremacia, dado o equilíbrio jurídico dos interesses confrontados, circunstância que, de um lado, gera conflito intermunicipal, solúvel apenas no âmbito no âmbito estadual, e, de outro, conduz à violação do convívio harmônico e pacífico das pessoas políticas, requerido pelo sistema constitucional. Os óbices à desapropriação resultam tanto da ofensa aos princípios constitucionais preservadores da harmonia e da posição nivelada das pessoas políticas responsáveis por interesses da mesma gradação quanto da ausência de assentamento legal para o ato, vez que o Decreto-lei 3.365 faculta aos Municípios desapropriar bens sobre os quais possam manifestar supremacia. O silêncio do Decreto-lei 3.365 sobre desapropriação de bens municipais por outro Município (e bens estaduais por outro Estado) não pode ser interpretado como implícita autorização irrestrita, pretensamente deduzível do caput do art. 2º. Antes, deste só poderá decorrer a permissibilidade expropriatória — conatural ao exercício de supremacia no próprio território — nas situações parificáveis ou análogas àquelas em que tal poder se desencadeia contra os particulares; ou seja: quando se confrontam interesses de natureza diversa, de qualidade distinta. Nunca quando se opõem interesses juridicamente qualificados em posição isonômica no sistema normativo. Finalmente, o ato em questão tem visíveis ressaibos de uma guerra entre Municípios, de uma batalha inglória, desapoiada no interesse público, único que pode legitimamente desencadear ação governamental. Vicia-se, pois, ainda, por esta segunda invalidade, já que nos termos da exposição que precede a consulta o Município de Vinhedo se abastece de água em outra fonte, as águas do Rio Capivari, bombeadas apenas uma vez por semana, o que demonstra a desnecessidade de interferir com as vias de abastecimento de Valinhos, indispensáveis à população deste último Município. Eis, pois, que o ato em apreço, sobre não ter causa jurídica válida, ainda afronta, pela guerra que se propõe a fazer a um Município vizinho, o princípio constitucional que reclama imperativamente a convivência harmoniosa das pessoas políticas. Além dos mais, a ausência de menção, na declaração de utilidade pública, da finalidade da expropriação, sobre invalidá-la pela inexistência de um requisito essencial, reforça os indícios de que se trata de procedimento inquinado de desvio de poder, cujo propósito, mais do que dissimulado, foi inclusive omitido. Com efeito, já em outra oportunidade deixamos escrito: “Da declaração de utilidade pública devem constar: a) manifestação pública da vontade de submeter o bem à força expropriatória; b) fundamento legal em que se embasa o poder expropriante; c) destinação específica a ser dada ao bem; d) identificação do bem ser expropriado.” (Apontamentos sobre a desapropriação no Direito brasileiro. In: RDA 111/517-518) As exigências mencionadas, ausentes no ato da Municipalidade de Vinhedo, são indispensáveis, pois a desapropriação funda-se em hipóteses legais definidas pela legislação federal como configuradoras dos casos de utilidade pública ou interesse social. Fora delas, descabe o exercício do poder expropriatório. Logo, para que se saiba se há, ou não, arrimo jurídico para desencadeá-lo, é mister indicar o assento normativo do ato. Oliveira Franco Sobrinho, o ilustre catedrático de Direito Administrativo da Universidade Federal do Paraná, expende ao propósito considerações corretíssimas: “...a lei silencia sobre os termos da declaração de utilidade. Mas nada era preciso dizer, pois está subentendido que a qualificação do objeto se deve enquadrar nas espécies – casos apontados no art. 5º “...A própria lei que autoriza cada operação expropriatória deve não só obedecer aos padrões constitucionais, como à legislação pertinente à matéria. Assim, a lei que autorize o exercício da desapropriação deve obedecer à lei nacional reguladora do instituto “...Efetivamente, pelo seu fundamento político, jurídico, teórico e normativo, na declaração se devem conter os requisitos e as condições que a autorizam.” (Desapropriação. São Paulo: Saraiva, 1973. p. 231) Também Hely Lopes Meirelles registra que: “O ato expropriatório não contém qual norma; contém unicamente a individualização do bem a ser transferido para o domínio do expropriante e a indicação do motivo da desapropriação” (Direito Administrativo Brasileiro. 2. ed. São Paulo: RT, 1966. p. 499). Com efeito, como a desapropriação só se legitima quando arrimada nas hipóteses legais, a declaração, que é seu ato inicial indispensável, sequer adquire consistência jurídica se não enuncia em que hipótese se estriba. Esta é condição óbvia para se verificar quer a existência de um amparo normativo em tese quer um grau mínimo (isto é, de subsistência lógica, de admissibilidade racional) de legítimo interesse sobre o bem, que sirva de motivo idôneo para pretendê-lo. Caso se desprezassem tais requisitos, a lei federal não precisaria indicar quando seria cabível a desapropriação. Outrossim, se não se der aos casos enunciados na lei uma significação mínima, isto é, um conteúdo qualquer correlacionável com as realidades concretas em que se aplicam, a enunciação legal também não significaria coisa alguma, podendo servir como mero pretexto para o expropriante. Seria, rigorosamente falando, um cheque em branco utilizável ao sabor do expropriante liberado de qualquer compromisso com o interesse público. Por derradeiro, seja dito que a circunstância do ato da Municipalidade de Vinhedo provir de seu Legislativo não lhe confere qualificação peculiar que purgue seus vícios ou a exima de contraste judicial, pois, como anota o preclaro Seabra Fagundes, a propósito da matéria: “Observe-se que, não obstante a intervenção do Poder Legislativo, a declaração é sempre um ato de natureza administrativa, por isso que se limita a definir uma situação individual. A intervenção do Legislativo não lhe dá o caráter de lei. Ele intervém aí no desempenho atribuição de conteúdo puramente administrativo” (Da Desapropriação no Direito Brasileiro. Rio de Janeiro: Freitas Bastos, 1942. p. 66.). No mesmo sentido, Hely Lopes Meirelles: “A lei que declara a utilidade pública de um bem não é normativa é essencialmente dispositiva e de caráter individual. É lei de efeito concreto equiparável ao ato administrativo, razão pela qual pode ser atacada e invalidada pelo Judiciário, desde a sua promulgação e independentemente de qualquer atividade de execução, porque ela já traz em si as consequências administrativas do decreto expropriatório.” ([sic] Op. cit., p. 499) Isto tudo posto e considerado – e ainda que prescindidos os vícios postremeiramente enumerados –, à consulta não hesitamos em responder: O Município de Vinhedo não pode desapropriar a Adutora Municipal João Rodrigues dos Santos, pena de ofensa às normas legais que regem o instituto e aos princípios constitucionais que informam a possibilidade do exercício de poder expropriatório. É o nosso parecer.
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Tonelli, Annapaola. "Il trustee sempre più protagonista nelle strategie concorsuali: il peculiare caso di un concordato bolognese." Trusts, no. 6 (December 1, 2022): 1158–62. http://dx.doi.org/10.35948/1590-5586/2022.228.

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Abstract:
Sunto Nell’ambito di un concordato preventivo ex art. 161, comma 2 e 3 L.F., il Tribunale di Bologna ricorrere al trust di scopo per risolvere un delicato conflitto di interessi a carico della classe dei creditori obbligazionisti, risultanti anche gli acquirenti all’asta dell’intero capitale sociale dell’impresa in concordato, per il tramite di una Newco Lussemburghese costituita ad hoc. Per la prima volta in Italia, piano e proposta concordataria sono stati presentati al ceto creditorio a firma di un trustee, del tutto terzo rispetto alla Newco acquirente e all’impresa in concordato. Grazie al trust istituito, la Newco ha potuto votare all’adunanza dei creditori alla quale diversamente sarebbe stata esclusa ex art. 177, comma 4, L.F. Gli elementi di internazionalità presente nell’operazione complessiva hanno comportato l’espletamento di una accurata procedura di verifica ex L. 21 novembre 2007, n. 231.
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Nazmul Emon. "Rivelando la civiltà dell'Islam contemporaneo nei bambini in India." International Journal of Science and Society 4, no. 3 (September 2, 2022): 341–47. http://dx.doi.org/10.54783/ijsoc.v4i3.525.

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Abstract:
Civiltà e cultura nel braccio del continente indiano ha avuto alti e bassi dall'era del colonialismo fino al giorno dell'indipendenza. Ciò può essere illustrato dal predominio della mappa politica che esisteva dall'arrivo delle nazioni straniere, in particolare dell'Inghilterra, fino al raggiungimento dell'indipendenza. La condizione della società indiana a quel tempo era piena di contraddizioni, conflitti religiosi, litigi, furti, razze diverse, alcuni interessi di gruppi dominanti, ecc. Da questa condizione sono derivate molte grandi figure politiche islamiche come Syeh Ahmad Sirhindi, Shah Waliyullah e la prossima generazione Sayyid Ahmad Khan e la prossima generazione della Lega musulmana indiana. Ciò che alla fine ha reso l'indipendenza dell'India e del Pakistan (1947 M) e quella del Bangladesh (1971 M). Quindi questi tre paesi, che sono gli stessi in termini di paesi storici, hanno anche vari miglioramenti dinamici e sofisticati dell'Islam.
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Gualmini, Elisabetta. "APPRENDIMENTO E CAMBIAMENTO NELLE POLITICHE PUBBLICHE. IL RUOLO DELLE IDEE E DELLA CONOSCENZA." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 25, no. 2 (August 1995): 343–70. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200023601.

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Abstract:
IntroduzioneLe più recenti direzioni di ricerca nell'ambito dell'analisi delle politiche pubbliche rivelano un interesse sempre più marcato verso lo studio delle componenti cognitive del fenomeno politico: le idee e gli assunti normativi che informano l'azione dei decisori pubblici1. Un'ampia letteratura, di prevalente origine anglosassone, si è sviluppata intorno al concetto dipolicy learning, inteso come processo di revisione degli obiettivi e degli strumenti contenuti nei programmi pubblici, nonché delle premesse di valore a cui essi rimandano, in risposta agli errori cumulati nell'esperienza passata, all'acquisizione di nuove informazioni e all'innescarsi di logiche imitative. Più in dettaglio, si individuano tre tematiche salienti intorno alle quali pare meritorio interrogare questa letteratura: la possibilità di spiegare il cambiamento nelle politiche pubbliche accostando alle variabili strutturali, prevalentemente riconducibili alla fenomenologia del potere e del conflitto, le dimensioni cognitive da cui esse non possono prescindere; il riconoscimento della rilevanza della conoscenza e della circolazione delle idee non solo come fonti di innovazione, ma comeframesentro cui la formulazione stessa dei problemi dipolicy, la loro salienza e la loro trattabilità vengono costruite socialmente; l'accettazione dell'indeterminatezza causale e dell'ambiguità strutturale nella descrizione (e spiegazione) del rapporto tra attori, problemi e soluzioni.
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Koller, Rotraud Becker/Alexander. "Der Papst und der Krieg." Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 98, no. 1 (March 1, 2019): 3–10. http://dx.doi.org/10.1515/qufiab-2018-0003.

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Abstract:
Riassunto L’Istituto Storico Germanico di Roma ha concluso, nel 2016, l’edizione della quarta sezione della collana „Nuntiaturberichte aus Deutschland“, completando la pubblicazione della corrispondenza ufficiale tra i nunzi apostolici presso la corte imperiale e la Segreteria di Stato dal 1628 al 1635. Questo periodo va annoverato tra le fasi più complesse della Guerra dei Trent’anni. Grande spazio occupava all’inizio la successione mantovana e l’annesso conflitto che introdussero un teatro di guerra secondario, aperto sulla penisola, e toccarono necessariamente gli interessi del papa e della Curia. Intorno al 1630 predominavano poi, nell’Impero, il conflitto sull’editto di restituzione e la questione di Wallenstein. L’„internazionalizzazione“ della guerra trovò la sua prosecuzione con l’intervento della Svezia, alleata della Francia. A causa di questi avvenimenti i rapporti tra il papato da un lato e la Spagna e la corte imperiale dall’altro peggiorarono; di conseguenza s’incrinarono anche la reputazione e le possibilità d’azione della nunziatura viennese. Il punto più basso raggiunsero questi sviluppi con le proteste del cardinale Gaspare Borgia e la missione del cardinale Pázmány nel 1632. Un’importante accordo parziale per l’impero fu raggiunto nel 1635 con la Pace di Praga. Al contempo maturò in quegli anni presso le corti principesche europee la convinzione che una pace durevole sarebbe stata possibile solo in seguito a un congresso di pace generale e multilaterale. Le recenti pubblicazioni nel contesto della quarta sezione dei „Nuntiaturberichte“ permettono inoltre di rivalutare i documenti in esse riportati come fonti per la ricerca storica non solo nell’ambito di quesiti politici e confessioniali, ma anche nel campo della storia culturale moderna e dell’antropologia storica.
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Vergani, Contardo. "Chirurghi in grigioverde. Baldo Rossi, lo Zonda e gli ospedali chirurgici mobili nella Grande guerra." STORIA IN LOMBARDIA 42, no. 2 (January 2022): 84–108. http://dx.doi.org/10.3280/sil2022-002004.

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Abstract:
L'articolo delinea il ruolo innovatore di Baldo Rossi, primario dell'Ospedale Maggiore di Milano, nella Grande guerra, partendo dal contesto sanitario milanese prebellico e seguen- done le trasformazioni durante il conflitto. Rossi si interessò soprattutto ai feriti cavitari (cranio, torace, addome). Gli addominali a inizio guerra non venivano operati per la morta- lità troppo elevata. I chirurghi si divisero in astensionisti e interventisti. Rossi, convinto che si trattasse di un problema organizzativo, ideò, realizzò e diresse gli ospedali chirurgici mobili della Croce Rossa milanese, vere cliniche chirurgiche trasportate su camion, da in- stallare nelle immediate retrovie. Sulla sua idea la sanità militare realizzò sette analoghe Ambulanze Chirurgiche d'Armata. I risultati migliorarono enormemente raggiungendo una sopravvivenza del 38%, negli addominali operati, con effetto trascinante sugli altri ospedali da campo e importanti ricadute sulla chirurgia di pace. Le unità mobili furono una delle novità sanitarie più interessanti della guerra.
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Montani, Guido. "IDEOLOGY, UTOPIA AND THE CRISIS OF POLITICS." Il Politico 252, no. 1 (June 22, 2020): 5–23. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2020.294.

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Abstract:
I partiti politici che si ispirano ai valori del liberalismo, della democrazia e del socialismo non riescono più a concepire un progetto di lungo periodo per i propri concittadini e per l’umanità. Dopo il crollo del Muro di Berlino, grandi e piccole potenze hanno avviato una sordida lotta per la supremazia mondiale, alimentando conflitti locali e globali, e il ritorno del nazionalismo come ideologia dominante. In questo saggio si intende mostrare che la tesi sulla “fine delle ideologie” è infondata: le ideologie tradizionali sono incapaci di progettare un futuro di progresso perché subiscono passivamente l’ideologia della sovranità assoluta degli stati e della guerra giusta per difendere gli interessi nazionali. Il futuro dell’umanità è minacciato da una nuova corsa agli armamenti nucleari e convenzionali, ai quali i governi dedicano immense risorse, che dovrebbero invece servire per salvare il Pianeta dal surriscaldamento climatico, dallo sterminio della vita animale e vegetale e dalle pandemie. La via intrapresa dai popoli europei, con la costruzione della prima Unione sovranazionale della storia, dovrebbe ispirare anche le politiche necessarie per la costruzione di un ordine mondiale fondato sulla cooperazione pacifica tra stati e l’avvio di politiche che si propongano di consentire ai cittadini del mondo di godere dei medesimi diritti di libertà e solidarietà che, seppure imperfettamente, si sono realizzati in Europa. Il progresso dell’umanità è un’utopia positiva che può diventare realtà.
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Wright, A. D. "French policy in Italy and the Jesuits, 1607–38." Papers of the British School at Rome 75 (November 2007): 275–86. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200003561.

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Abstract:
LA POLITICA FRANCESE IN ITALIA E I GESUITI, 1607–38Agli inizi della guerra dei Trent'anni (1618–48) le ostilità affliggevano la penisola italiana, benché il conflitto fosse iniziato nei territori boemi e tedeschi. Queste estensioni della guerra erano dovute in gran parte all'intervento francese nella penisola, anche prima che la Francia entrasse apertamente nella guerra principale (1635). Un simile intervento preliminare minacciò da solo di sciogliere la solidarietà cattolica, per cui fu criticato non solo in Italia ma, nella Francia stessa, anche da alcuni estremisti cattolici, che si opponevano alia politica estera del cardinale Richelieu, primo ministro di Luigi XIII. Un recente studio ha dimostrato convincentemente che la presenza, durante la guerra, presso varie corti cattoliche, di confessori della casa reale rappresentati dalla Compagnia di Gesù non risultava in nessuna normale politica adottata dagli stati cattolici che furono coinvolti nella guerra. Un'ulteriore ricerca negli archivi centrali dei Gesuiti a Roma, qui presentata, rivela quanto complessi e ambigui erano gli interessi della società, quando la politica francese colpiva gli affari italiani.
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Mancini, Elena, and Roberta Martina Zagarella. "Modelli deliberativi per l’allocazione delle risorse in sanità: il caso della dengue in Tanzania." Medicina e Morale 68, no. 3 (October 15, 2019): 313–35. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2019.589.

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Abstract:
Nei piani di intervento a sostegno dei sistemi sanitari dei paesi in via di sviluppo, l’utilizzo prevalente di approcci tecnici (basati su strumenti economici) ha rappresentato la via maestra per l’individuazione delle priorità sanitarie. Tali approcci mostrano tuttavia il limite, sotto il profilo etico, di non includere un’analisi dei valori e del contesto culturale e di essere scarsamente responsivi nei confronti delle reali domande di salute della popolazione. Nascondono, inoltre, un sostanziale conflitto tra i valori sottesi, quali l’efficienza e l’equità. La nostra analisi si rivolge ai modelli partecipati e deliberativi di allocazione delle risorse, e specialmente all’approccio elaborato da Norman Daniels – che prende il nome di Accountability for Reasonableness (A4R) – con l’intento di proporre un metodo finalizzato alla definizione di priorità “giuste”, definite cioè non in base a predefinite scelte di valori bensì derivanti da una procedura deliberativa legittima (trasparente e negoziata tra tutti i portatori di interessi in gioco). Per testare l’applicabilità in circostanze reali (soprattutto per paesi a basso reddito) del modello A4R, l’articolo propone l’analisi dello studio di un caso. In particolare, viene esaminata una concreta applicazione dell’A4R relativa alla prioritarizzazione degli interventi di contrasto alla Dengue in Tanzania, al fine di mostrare cosa ha funzionato in questa circostanza specifica, quali difficoltà si sono incontrate e quali reazioni sono scaturite da parte della popolazione.
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Grassi, Davide. "SINDACATO E CONSOLIDAMENTO DEMOCRATICO." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 28, no. 2 (August 1998): 321–55. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200026010.

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Abstract:
IntroduzioneLe recenti transizioni democratiche in America latina e nell'Europa del Sud hanno messo in evidenza la speciale posizione dei sindacati tra le forze della società civile che reagiscono con un'accresciuta mobilitazione all'avvio della liberalizzazione in seno a regimi autoritari (Berins Collier e Mahoney 1997). Le organizzazioni sindacali, infatti, hanno generalmente la capacità di promuovere, in momenti critici, una mobilitazione più ampia ed efficace rispetto ad altri gruppi sociali. Esse non solo possiedono reti organizzative che, attraverso strutture più o meno permanenti, facilitano lo svolgimento di proteste e dimostrazioni, ma possono anche contare su schiere di militanti con specifici interessi in comune e su identità collettive politicamente definite. A differenza di gruppi come le organizzazioni degli studenti e le associazioni religiose o di quartiere, inoltre, i sindacati possono colpire e danneggiare direttamente l'economia attraverso rivendicazioni salariali e scioperi (Valenzuela 1988, 3; Cella 1990, 17). La concomitanza delle transizioni politiche più recenti con una perdurante e diffusa crisi economica e con ripetuti tentativi di stabilizzazione e riforma hanno reso ancora più temibile questa capacità. Utilizzando poteri coercitivi garantiti dallo stato, o la semplice forza della persuasione, il sindacato, d'altra parte, può convincere la propria base ad aspettare sino a che le riforme producano dei risultati, contribuendo così a ridurre i livelli del conflitto sociale (Przeworski 1991, 181).
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Gorla, Gioia. "Prima e dopo la legge 180: una psicologa in manicomio." SETTING, no. 28 (May 2010): 41–58. http://dx.doi.org/10.3280/set2009-028006.

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Abstract:
L'Associazione di Studi Psicoanalitici (A.S.P.) ha ricordato il 24 ottobre 2009 Teresa Piacentini Corsi, psicoanalista e pediatra, scomparsa nel 2008, fondatrice dell'Associazione e psicoanalista che ha influenzato con la sua opera molti allievi e colleghi. Per il suo tempo Teresa Piacentini Corsi č stata un'innovatrice, una voce diversa in sede clinico-teorica, che ha saputo affrontare temi che sarebbero emersi nella psicoanalisi molti anni dopo, quali le tecniche dell'approccio relazionale e l'attenzione alla differenza di genere nel setting clinico. I due articoli qui pubblicati costituiscono gli interventi presentati da Eugenia Omodei Zorini e Claudia Zanardi il 24 ottobre 2009 in suo ricordo, lasciati nella loro forma spontanea ed emozionale in cui sono stati pronunciati, essi descrivono, attraverso i suoi scritti e le esperienze dirette di lei da parte delle Autrici, il vasto appassionato lavoro di Teresa nei campi della psicoanalisi individuale, di gruppo e nelle Istituzioni. Gli articoli mostrano anche il caldo e profondo legame delle Autrici con un'analista intuitiva, brillante, aperta; una straordinaria maestra, ed una libera pensatrice. Viene anche riproposto in questa sede un articolo del 1994 di Teresa Piacentini Corsi e Claudia Zanardi, scelto tra molti altri perché incentrato sullo sviluppo psichico femminile e sulla comunicazione pre-verbale nella relazione analitica, uno dei principali temi di interesse di Teresa. Esso prende in considerazione i sintomi del corpo delle donne come voci del conflitto tra l'attaccamento inconscio a vecchie identificazioni trasmesse per via intergenerazionale e i nuovi modelli di identitŕ femminile della societŕ in trasformazione. I disturbi alimentari delle donne sono ascoltati come linguaggio del corpo in una cornice psicologica/ sociale che legge gli esempi clinici attraverso la teoria psicoanalitica e quella del femminismo. Č grande l'affetto con cui tutti noi ricordiamo Teresa Piacentini Corsi.
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Spazzali, Roberto. "Uno sguardo dall’Adriatico. La crisi asiatica dei tre imperialismi nei commenti di politica estera di Silvio Benco." Histria : the Istrian Historical Society review 3, no. 3 (2013): 117–42. http://dx.doi.org/10.32728/h2013.05.

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Abstract:
Trieste è stata, per un certo periodo di tempo, un privilegiato punto di osservazione sui principali fatti del mondo, in quanto sede di importanti compagnie di navigazione e di assicurazioni che fondavano i loro traffici e i loro interessi sulla raccolta e l’analisi puntuale della situazione internazionale. Infatti il giornalista triestino Silvio Benco dimostra notevole attenzione per la “geopolitica”, una disciplina che si afferma alla fine del XIX secolo come strumento di interpretazione dei fatti della politica internazionale in relazione alla geografia terrestre. Grazie agli strumenti scientifici della geopolitica, egli è in grado di esaminare la trasformazione degli equilibri internazionali nei primi 50 anni del XX secolo, prestando attenzione ad alcuni aspetti molto importanti: la corsa agli armamenti delle grandi potenze europee per ottenere il predominio marittimo con spese così pesanti da pregiudicare l’economia dei singoli Stati; l’affermazione di nuove potenze (Giappone e Stati Uniti) che si contendono l’Oceano Pacifico e il declino dell’Impero russo messo in crisi dalla grave situazione interna; il declino dell’Europa dove i sistemi politici sembrano troppo fragili ed incapaci di dare vita ad una società realmente democratica, in essi prevalgono le spinte autoritarie e l’ascesa delle caste militari in pieno accordo con i circoli finanziari e industriali; la crisi balcanica che accelera il processo di dissoluzione dell’Impero austro-ungarico e dell’Impero ottomano, aprendo un pericoloso varco negli equilibri dell’Europa sud orientale. Infine, dopo la seconda guerra mondiale, Silvio Benco ripone molta fiducia nella possibilità di costruire un nuovo spirito europeo in considerazione degli errori che hanno portato ad un conflitto più terribile del precedente. Benco è consapevole che l’Europa ha esaurito il suo ruolo storico rinunciando da tempo alla cultura e allo spirito liberale, il continente sembra escluso dal futuro. La maggiore preoccupazione di Benco è la perdita di identità: egli è attratto dal progresso e dalla modernità ma guarda con diffidenza i grandi movimenti di massa che sembrano non controllabili.
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Cargnello, G. "Ricerche volte a definire il paradigma e un prontuario “completo” di descrittori materiali, immateriali, …(ora oltre 150000) base della “Carta della Sostenibilità Universale Olistica MetaEtica 4.1C.17.18”: Descrittori che vanno oltre l'immaginabile, oltre “la terra, i cieli e gli universi”." BIO Web of Conferences 12 (2019): 01006. http://dx.doi.org/10.1051/bioconf/20191201006.

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Abstract:
Relativamente alla “sostenibilità” facendo seguito alle ricerche pregresse, ultimamente abbiamo coinvolto oltre 3500 signori italiani e non italiani che vanno dai ricercatori ai semplici, umili ma colti, illuminati ed illuminanti cittadini, nonché teologi, filosofi, psicologi, sociologi, moralisti, umanisti, ambientalisti, economisti, politici, amministratori, imprenditori, tecnici, …. Queste attività e ricerche hanno definito un paradigma sulla sostenibilità e reso possibile scrivere un prontuario “completo” di descrittori (ora oltre 150000: compresi quelli materiali ed immateriali, “fisici” e “metafisici”, spirituali e non spirituali, dei credenti e dei non credenti, degli atei, dei “credenti atei”, dell' “humanae sàpere” compresi, …, “MetaEtici 4.1C”) prima, mai visti i quali, pure, vanno oltre l'immaginabile, oltre “la terra, i cieli, gli universi, i multiversi, …”. Paradigma e prontuario che hanno pure attinto, come dovevano attingere da: “Dichiazione di Stoccolma”, “Rapporto di Brundtland”, ONU, UNESCO, CE, OIV, SQNPI, VIVA, EQUALITAS, GiESCO 2015, GiESCO 2017, Tergeo, Magis, SOStain, Prowine, ECO-Prowine, Ita.Ca/Gea.Vite, Vino Naturale, Dinamic wine, Vino Libero, New Green Revolution, Organic wine, VinNatur …e dai vari progetti, programmi, protocolli, regolamenti, associazioni, norme sulle “sostenibilità”, nonché, ed in particolare, dall' “humanae sàpere”. Queste attività e queste ricerche sono risultate fondamentali per scrivere, come è stata scritta, la “Carta della Sostenibilità Universale Olistica.MetaEtica 4.1.18 Liberi ma nel Condizionamento Democratico Naturale Universale Olistico.MetaEtico 4.1C” secondo la così detta “Grande Filiera Metaetica 4.1C” del Conegliano Campus 5.1C, la quale carta è risultata rappresentare, pure, un' importante opportunità spirituale, culturale, relazionale e di sensibilizzazione per ulteriori riflessioni e approfondimenti dell'anima, culturali, “di vita”, “Politici”, terminologici, concettuali, relazionali, metodologici teorici di base ed applicativi in generale e in particolare, ad esempio, per chi opera: 1-sulla “sostenibilità” intesa come “Sostenibilità Universale Olistica.MetaEtica 4.1.18 Liberi ma nel Condizionamento Democratico Naturale Universale Olistico. MetaEtico 4.1C”, 2-sulla fondamentale indispensabile urgente: 2.1-massima sburocratizzazione, totale alla fine, sburocratizzazione già in corso, 2.2-per eliminare il conflitto di interessi, eliminazione, già in atto, 3-sulle auto-dichiarazioni 4.1C, auto-certificazioni 4.1C e auto-garanzie 4.1C sburocratizzanti, responsabili, veritiere, facilmente controllabili, garantite “MetaEticamente 4.1C” già in fase applicativa le quali non escludono innovativi, rivoluzionari, originali interventi di terzi “MetaEtici 4.1C”, 4- e non per ultimo, ma in primis, attività e ricerche condotte per contribuire a rendere tutto, ogni sistema “Libero nel Condizionamento Democratico Naturale Universale Olistico.MetaEtico Sostenibile 4.1C”.
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Colao, Floriana. "La proprietà fondiaria dalla bonifica integrale di Arrigo Serpieri alla riforma agraria di Antonio Segni. Diritto e politica nelle riflessioni di Mario Bracci tra proprietà privata e socializzazione della terra." Italian Review of Legal History, no. 7 (December 22, 2021): 323–76. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/16892.

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Nel Programma di Giangastone Bolla per la Rivista di diritto agrario (1922) la proprietà fondiaria era banco di prova delle «moderne trasformazioni del diritto di proprietà» – su cui Enrico Finzi – in primo luogo con la «funzione sociale». Nell’azienda agraria Bolla osservava inoltre lo spostamento dalla proprietà all’impresa; asseriva che il legame tra l’agricoltura e lo Stato imponeva allo studioso del diritto agrario l’impegno per la «ricostruzione sociale ed economica del paese». In vista della «funzione sociale» Arrigo Serpieri – dal 1923 sottosegretario di Stato all’Agricoltura – promuoveva diversi provvedimenti legislativi per la «bonifica integrale»; la politica per l’agricoltura si legava all’organizzazione dello Stato corporativo in fieri (Brugi, Arcangeli). Il Testo unico del 1933 mirava al risanamento della terra per aumentarne la produttività e migliorare le condizioni dei contadini con trasformazioni fondiarie di pubblico interesse, con possibili espropri di latifondi ed esecuzione coatta di lavori di bonifica su terre private; dal 1946 il Testo unico del 1933 sarà considerato una indicazione per la riforma agraria (Rossi Doria, Segni). Nel primo Congresso di diritto agrario, (Firenze 1935), Maroi, Pugliatti, Serpieri, D’Amelio, Bolla, Ascarelli, Calamandrei discutevano alcune questioni, in primo luogo il diritto agrario come esperienza fattuale, legato alla vita rurale, irriducibile ad un ordine giuridico uniforme; da qui la lunga durata della ‘fortuna’ dell Relazione Jacini sulle diverse Italie agrarie. In vista della codificazione civile, i giuristi rilevavano l’insufficienza dell’impianto individualistico; ponevano l’istanza di norme incentrate sul bene e non sui soggetti, fino al superamento della distinzione tra diritto pubblico e privato. I più illustri giuristi italiani scrivevano nel volume promosso dalla Confederazione dei lavoratori dell’agricoltura; La Concezione fascista della proprietà esprimeva il distacco dalla concezione liberale – con l’accento sulla proprietà della terra fondata sul lavoro (Ferrara, Panunzio) – e teneva ferma l’iniziativa privata (Filippo Vassalli). Bolla ribadiva la particolarità della proprietà fondiaria tra ordinamento corporativo e progetto del codice civile, «istituto a base privata, aiutato e disciplinato dallo Stato», con il titolare «moderator et arbiter» della propria iniziativa. Nel codice civile del 1942 la proprietà fondiaria aveva senso dell’aspetto dinamico dell’attività produttiva, senza contemplare la «funzione sociale» come «nuovo diritto di proprietà» (Pugliatti, Vassalli, D’Amelio).Dopo la caduta del regime fascista le lotte nelle campagne imponevano al ministro Gullo di progare i contratti agrari e regolare l’occupazione delle terre incolte, con concessioni pluriennali ai contadini occupanti; il lodo De Gasperi indennizzava i mezzadri. Le differenti economie delle ‘diverse Italie agrarie’ sconsigliavano una riforma uniforme (Rossi Doria, Serpieri); i riorganizzati partiti politici miravano alla ripartizione delle terre espropriate e ad indennizzi al proprietario privato, senza lesioni del diritto di proprietà. L’iniziale azione dello Stato ad erosione del latifondo, con appositi Enti di riforma, aveva per scopo la valorizzazione della piccola proprietà contadina (Segni, Bandini). Per coniugare proprietà privata ed interesse sociale nella Costituzione Mortati motivava la sua proposta di «statuizione costituzionale»; Fanfani chiedeva «un articolo che parli espressamente della terra». Il latifondo era la questione più urgente ma divisiva; Di Vittorio ne chiedeva l’«abolizione » ed Einaudi la «trasformazione», scelta che si imponeva in nome delle diverse ‘Italie rurali’; non si recepiva la proposta di una norma intesa ad ostacolare le grandi proprietà terriere. L’articolo 44 della Costituzione prevedeva una legge a imporre «obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata», al fine di «conseguire il razionale sfruttamento del suolo ed equi rapporti sociali». Bolla apprezzava la scelta di «trasformare la proprietà individuale in proprietà sociale»; Vassalli scriveva di un non originale «prontuario di risoluzione del problema agrario». Nel progetto del Ministro per l’agricoltura Segni – che riusciva a far varare una contrastata riforma agraria – l’art. 44 dettava compiti al «legislatore futuro»; la legge Sila 21 Maggio 1950, la legge stralcio del 21 Ottobre 1950 per le zone particolarmente depresse, i progetti di legge sui contratti agrari erano discussi nel Terzo congresso di diritto agrario e nel primo Convegno internazionale, promosso da Bolla, con interventi di Bassanelli, Segni, Capograssi, Pugliatti, Santoro Passarelli, Mortati, Esposito. Il lavoro era considerato l’architrave della proprietà della terra, «diritto continuamente cangiante, che deve modellarsi sui bisogni sociali» (Bolla). In questo quadro è interessante la riflessione teorico-pratica, giuridico-politica di Mario Bracci, docente di diritto amministrativo a Siena, rettore, incaricato anche dell’insegnamento di diritto agrario. Rappresentante del PdA alla Consulta nazionale nella Commissione agricoltura, Bracci si proponeva di scrivere un «libro sulla socializzazione della terra», mai pubblicato; l’Archivio personale offre una mole di appunti finora inediti sul tema. Bracci collocava nella storia la proprietà della terra, che aveva senso nel «lavoro»; la definiva architrave del diritto agrario e crocevia di diritto privato e pubblico, tra le leggi di bonifica, la codificazione civile, l’art. 44 della Costituzione, la riforma agraria, intesa come «problema di giustizia». Dal fascismo alla Repubblica Bracci coglieva continuità tecniche e discontinuità ideologiche nell’assetto dell’istituto di rilevanza costituzionale, «le condizioni della persona sono indissolubilmente legate a quelle della proprietà fondiaria». Da studioso e docente di diritto amministrativo e diritto agrario dal luglio 1944 Bracci intendeva rispondere al conflitto nelle campagne, mediando tra «fini pubblici della produzione agraria e le esigenze della giustizia sociale»; proponeva «forme giuridiche adeguate e che sono forme di diritto pubblico».
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Franzina, Pietro. "La disciplina internazionalprivatistica italiana della protezione degli adulti alla luce di una recente pronuncia = A recent decision involving the Italian rules of private international law on the protection of adults." CUADERNOS DE DERECHO TRANSNACIONAL 12, no. 1 (March 5, 2020): 219. http://dx.doi.org/10.20318/cdt.2020.5186.

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Riassunto: Una recente pronuncia del Tribunale di Belluno offre l’occasione per discutere le difficoltà che circondano l’applicazione delle norme italiane di diritto internazionale privato relative alla protezione delle persone maggiorenni che, a causa di un un’infermità o di menomazioni psichiche o fisiche, non sono in grado di provvedere ai propri interessi. Investito di un’istanza per la nomina di un amministratore di sostegno, il Tribunale ha affermato la sussistenza della giurisdizione italiana in ragione del fatto che la beneficiaria della misura di protezione –una cittadina macedone– aveva la propria residenza in Italia; circostanza rilevante, si legge nel provvedimento, tanto ai sensi dell’art. 3 quanto ai sensi dell’art. 9 della legge italiana di diritto internazionale privato (legge n. 218/1995), le norme generali riguardanti, rispettivamente, la giurisdizione contenziosa e quella volontaria. Quanto alla legge applicabile, il Tribunale ha innanzitutto rilevato che l’art. 43 della legge italiana di diritto internazio-nale privato richiama la legge nazionale della persona di cui trattasi, cioè, nella specie, la legge macedone. Si è dunque preoccupato di accertare se le norme macedoni sui conflitti di leggi richiamassero una legge diversa, ed è giunto alla conclusione che queste rinviassero nel caso di specie alla legge italiana. Anche il diritto internazionale privato macedone assoggetta in via ordinaria la protezione degli adulti alla legge del paese di cittadinanza dell’interessato, ma esiste nel sistema macedone una clausola di eccezione di carattere generale che, in un caso come quello considerato, interamente collegato con l’Italia (a parte la cittadinanza della beneficiaria) corregge il richiamo predetto e riconduce la fattispecie sotto il diritto italiano. Da qui, in forza dell’art. 13 della legge italiana di diritto internazionale privato, in tema di rinvio, l’applicabilità del diritto italiano. L’articolata argomentazione che sorregge la pronuncia, in sé convincente, mette in luce le ragioni per le quali l’assetto normativo attuale appare inadeguato a soddisfare gli interessi che oggi dominano la materia, quali risultano in particolare dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 2006 sui diritti delle persone con disabilità. La ratifica italiana della Convenzione dell’Aja del 2000 sulla protezione internazionale degli adulti comporterebbe, si sostiene nell’articolo, vantaggi significativi. Parole chiave: disabilità; capacità; supporto nella assunzione di decisioni; competenza giurisdizionale; procedimenti contenziosi e volontari; legge applicabile; rinvio; clausola di eccezione. Abstract: A recent decision by the Tribunal of Belluno provides the opportunity to discuss the difficulties that surround the application of the Italian rules of private international law concerning the protection of adults who, by reason of an impairment or insufficiency of their personal faculties, are not in a position to protect their interests. Seised of a request for the appointment of an “amministratore di sostegno” (a person charged with assisting the adult concerned in the taking of particular decisions), the Tribunal found it had jurisdiction on the ground that the person for whom the protection was sought – a national of Macedonia – resided in Italy. As noted by the Tribunal, this provided a sufficient basis for jurisdiction under both Article 3 and Article 9 of the Italian Statute on Private International (Law No 218 of 1995), concerning jurisdiction over contentious and non-contentious proceedings, respectively. As regards the applicable law, the Tribunal observed at the outset that, pursuant to Article 43 of the Italian Statute, the protection of adults is governed by the law of the State of nationality of the adult concerned, that is, in the circumstances, the law of Macedonia. The Tribunal went on to assess whether the conflictof-laws rules in force in Macedonia refer, in turn, to the law of the different country, and found that they refer the matter back to Italian law. Like the Italian Statute, the Macedonian Statute of Private International Law provides that the protection of adults be governed by the law of nationality of the adult in question. However, the Macedo-nian Statute includes a general exception clause pursuant to which, in the Tribunal’s view, the case must rather be considered to be governed by Italian law, given that the case is con-nected with Italy in all respects, apart from the nationality of the person concerned. Hence, according to Article 13 of the Italian Statute, on renvoi, the application of Italian law. The Tribunal’s complex reasoning, while persuasive in itself, illustrates the reasons why the cur-rent legal landscape hardly suits the interests underlying this area of law, in particular as they result from the United Nations Convention on the rights of persons with disabilities of 2006. The paper argues that the picture would significantly improve if Italy ratified the Hague Convention of 2000 on the international protection of adults. Keywords: disability; capacity; assisted decision-making; jurisdiction; contentious and non-contentious proceedings; applicable law; renvoi; exception clause.
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León Vegas, Milagros. ""Dejándome en toda libertad, sin vejarme ni molestarme": mujer y disenso matrimonial, una aproximación a través de la documentación del Archivo de la Real Chancillería de Granada (siglo XVIII)." Vínculos de Historia Revista del Departamento de Historia de la Universidad de Castilla-La Mancha, no. 11 (June 22, 2022): 430–45. http://dx.doi.org/10.18239/vdh_2022.11.20.

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La Real Pragmática de matrimonios de 1776 fue una iniciativa de la Monarquía Hispánica para restablecer e imponer el veto o consentimiento paterno en los matrimonios de los hijos. Más allá de la reafirmación de una sociedad patriarcal, esta legislación supuso una pugna del poder temporal con la Iglesia para controlar los matrimonios, pilar de la familia y de las sociedades de siglos pasados. En medio de ese conflicto, este tipo de reglamentación multiplicó el recurso de las partes ante los tribunales civiles e incluso, en algunos casos, los novios ganaron el pleito frente a la oposición de los intereses familiares. La documentación rastreada en el Archivo de la Real Chancillería de Granada sobre disensos (1777-1816) nos servirá para aproximarnos a esta realidad, deteniéndonos en describir, a través de un estudio de caso, algunos rasgos contestatarios de la voluntad femenina en el ámbito conyugal como muestra del incipiente despunte del individualismo afectivo en época ilustrada. Palabras clave: Matrimonio, mujer, disenso, individualismoTopónimos: España, AndalucíaPeriodo: Siglo XVIII ABSTRACTThe Real Pragmática de Matrimonios of 1776 was an initiative on the part of the Spanish Monarchy to restore and impose parental veto or consent on their children’s marriage. Beyond the reaffirmation of a patriarchal society, this legislation was a manifestation of the struggle between temporal power and the Church to control marriages, for centuries a cornerstone of family and society. In the midst of this conflict, this type of regulation multiplied the number of appeals lodged before civil courts, with the bride and groom, in some cases, even winning lawsuits in opposition to family interests. The documentation on dissent (1776-1816) tracked down in the Archive of the Royal Chancery of Granada helps us to approach this reality, and describe, by means of a case study, certain rebellious traits of the female will as an example of the incipient rise of affective individualism during the Enlightenment. Key words: Marriage, woman, dissent, individualismToponyms: Spain, AndalusiaPeriod: 18th century REFERENCIASBaldellou Monclús, D., “El honor de los padres y la libertad de los hijos: la aplicación del veto paterno a los matrimonios transgresores en la España preliberal”, en Familias rotas. Conflictos familiares en la España del Antiguo Régimen, Zaragoza, Prensas de la Universidad de Zaragoza, 2014, pp. 47-99.Bel Bravo, M. A., “Familia y género en la Edad Moderna: pautas para su estudio”, Memoria y Civilización, 9, (2006), pp. 13-49.Bernhard, J. Lefebvre, Ch. y Rapp, F., L´epoque de la réforme et du Concile de Trente, Paris, Éditions Cujas, 1990.Blanco Carrasco, P., “Disensos. 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Trunfo, Patrícia. "Sumário e Apresentação." Revista da ESDM 4, no. 7 (October 30, 2018): 6. http://dx.doi.org/10.29282/esdm.v4i7.87.

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O Patrimônio Histórico há muito vem sendo reconhecido, por países referências na proteção à cultura, como vetor identificador das raízes, valores e princípios formadores de determinada sociedade, verdadeiro pilar contra os riscos da massificação da cultura, impostos por grupos detentores do capital tecnológico e industrial, de forma a preservar a autonomia e independência axiológica de determinado povo e, por consequência sua autoestima como nação. O art. 27 da Convenção de Haia, em 1899, já incluía o Princípio da Imunidade dos Bens Culturais, dispondo que “Em cercos e bombardeios, todas as medidas devem ser tomadas para poupar, o tanto quanto possível, edifícios dedicados a religião, arte, ciência ou para fins de caridade, monumentos históricos, hospitais [...] desde que eles não estejam sendo usados no momento para fins militares. É dever de quem estiver sitiado indicar a presença de tais edifícios ou lugares com sinais distintivos ou visíveis, que serão notificados antecipadamente ao inimigo”, o que se aperfeiçoou com a Resolução 2347, do Conselho de Segurança da ONU, dispondo sobre a proteção do Patrimônio Histórico em conflitos armados e a criação de uma rede de locais seguros. Outrossim, desde outubro de 1931, em Conferência realizada em Athenas, os membros do Escritório Internacional dos Museus e da Sociedade das Nações, demonstraram preocupação com a preservação do Meio Ambiente Cultural, no tocante à preservação de Prédios e Monumentos Históricos. Na sequência, a ONU reconheceu como prioridade a tutela do Patrimônio Cultural, no que se inclui o Histórico, ao criar a UNESCO, em 16.11.1945. Dessa feita, normas internacionais vem proclamando a necessidade do amparo aos ícones tradutores da nossa identidade como membros de um determinado grupo social. O Brasil, por sua vez, embora ainda incipiente no amparo do nosso Patrimônio Histórico, o que se explica pela degradação educacional que vem ocorrendo nas últimas décadas, que faz com que o brasileiro cada vez menos absorva noções de pátria e nação, como se fôssemos visitas em nosso próprio país, não nos responsabilizando como cidadãos responsáveis pela formação da nossa memória e do nosso patrimônio, fato que se agrava com a ideologia da vitimização que nos faz renegar e nos esconder de nosso papel de protagonistas da nossa memória, obteve alguns avanços, não só no plano legislativo como em ações pontuais oriundas do Poder Público e da Sociedade Civil. De fato, a nossa Constituição Federal, no art. 216, em rol não taxativo, estabelece os instrumentos de proteção do patrimônio cultural brasileiro, ao dispor que “O Poder Público, com a colaboração da comunidade, promoverá e protegerá o patrimônio cultural brasileiro, por meio de inventários, registros, vigilância, tombamento e desapropriação, e de outras formas de acautelamento e preservação” e, de forma paralela à tutela legislativa de preservação ou prevenção, determina, no art. 216, § 4º, a responsabilização dos causadores de danos e ameaças ao patrimônio cultural, chamando, de forma adequada à atenção do Poder Público e da Comunidade para a questão da tutela da cultura. De outra sorte, em 14.11.2017, o Brasil foi o país que recebeu o maior número de votos, entre os 12 Estados eleitos para integrar uma das vagas do Comitê do Patrimônio Mundial da Unesco, passando a ganhar notório destaque no órgão responsável por aplicar a Convenção da ONU para a Proteção do Patrimônio Mundial Cultural e Natural. Nesse desiderato, apesar do tabefe que levamos, ocasionado pelas omissões do Poder Público e da Sociedade Brasileira, com a tragédia do Incêndio do Museu Nacional no Rio de Janeiro, podemos afirmar que algumas atitudes positivas vem sendo tomadas no sentido de arregaçarmos as mangas e assumirmos nosso dever de escudar o nosso Patrimônio Histórico, o que se reflete nessa obra, que traduz a união de esforços entre a Sociedade Civil e o Estado, concretizada no Seminário Nacional sobre Patrimônio Histórico, evento integrante da agenda anual da AVFV em Porto Alegre, cuja 3ª Edição, realizada nos dias 23 e 24 de agosto de 2018, mais uma vez foi um marco em nosso estado. A Associação Victorino Fabião Vieira - AVFV, com o apoio essencial da Escola Superior da Advocacia-Geral da União/RS, da Escola Superior de Direito Municipal/PoA, do Instituto do Patrimônio Histórico e Artístico Nacional – IPHAN/RS , da Assembleia Legislativa do Estado do RS e da FAMURS, bem como de uma empresa amiga e consciente, a Make Vídeo, que ofereceu a transmissão virtual do simpósio, manteve o seu caráter interdisciplinar, com a abordagem de temas pertinentes aos quatro eixos de atuação da entidade, Patrimônio Cultural, Legislação Patrimonial, Educação Patrimonial e Turismo Cultural, o que atraiu o interesse não só dos profissionais que, nas suas diversas áreas, trabalham com esses assuntos, mas da sociedade em geral. Os nomes dos palestrantes e suas qualificações profissionais nas diversas áreas afins ilustraram o caráter agregador da AVFV, que busca a união de todos em prol do interesse comum de auxiliar o RS a evoluir e resgatar sua herança histórica. O brilhantismo dos Mestres que há alguns anos vem contribuindo para o sucesso do Seminário se projeta nessa edição especial, preparada com muito carinho pela Escola de Direito Municipal de PoA, dirigida pelas mãos incansáveis da Profª Dra. Cristiane Catarina Fagundes de Oliveira. Nessa obra, passamos pela análise sociológica da memória, muito bem enfatizada pela Profª Me. Hilda Simões Lopes, que entre outros, com muita luz, coloca nossa preocupação com o destino da nossa sociedade, que busca no passado a segurança hoje perdida“...agora, mais do que se liquefazer, a sociedade “reinventa”. Reinventa-se o trabalho, reinventa-se a família, reinventa-se o amor, reinventa-se o corpo e o rosto, reinventa-se a idade, reinventa-se o sexo, a vida profissional, reinventa-se a realidade em redes sociais, reinventa-se e inventa-se a felicidade para ser vista e exibida; o individualismo é substituído pelo “novo individualismo” no qual as identidades, o sexo e o visual são descartáveis. Reinventar o que se bem entende é fácil para os membros desta sociedade que estimula o narcisismo, cultua quem é famoso, idolatra as grandes fortunas; os egos ficam imensos e agressivos, a competição e a ambição se auto justificam em níveis estratosféricos, e, sem perceberem, as pessoas ficam hipnotizadas por mecanismos de fuga:... Indivíduos despedaçados não conseguem buscar o futuro, embotam a criatividade e a sensibilidade, e como se fossem árvores ameaçadas pelas ventanias, buscam as raízes, procuram a firmeza perdida, procuram o passado.” À socióloga se alia o Jurista, qualificado pelo notório conhecimento do Prof. Dr. Marcelo Schenk Duque, querido Professor de Direito Constitucional Gaúcho, que com maestria nos apresenta a Topografia Constitucional do Patrimônio Histórico, passando, entre outros enfoques, pelo exame do Patrimônio Histórico como direito da personalidade, nos ensinando que “Em particular, a possibilidade de se desenvolver a personalidade a partir do acesso às fontes culturais traduz-se em ideal a ser buscado pelo próprio Estado de direito, onde a liberdade afirma-se como valor básico. Isso se deixa fundamentar pela própria compreensão do ser humano a partir das suas dimensões básicas, em particular, no tema ora investigado, na dimensão estética ou artística do ser... A conclusão que se pode tecer é que uma vida pautada pela dignidade passa por uma vida com acesso às fontes culturais, de modo que o dever do Estado de proteger o patrimônio histórico contribui para a própria preservação da dignidade humana.” A antropologia também ganha fôlego com o exame responsável da Interpretação do Patrimônio e do Empoderamento Cultural, pela lição madura do Prof. Dr. Lucas Graeff ao afirmar, entre outros “É disto que se trata empoderamento cultural: um processo de transformação pessoal gerador de domínio sobre a experiência pessoal que, por sua vez, repercute nas experiências culturais. Esse processo é crítico porque ele produz rupturas. Não se trata de incorporar as experiências externas nem, tampouco, de exportar as experiências pessoais para a comunidade. Não estou falando aqui de proselitismo ou de promoção de uma cultura hegemônica, nem, tampouco, de culturalismo e defesa de culturas autocontidas. Trata-se, sim, de um enfrentamento da experiência de vida; uma experiência vivida em primeira pessoa, mas devedora de experiências coletivas. Falo, sim, de uma retomada das rédeas da própria existência por meio de bases culturais compartilhadas e que merecem uma atenção fina, seja para serem celebradas, destronadas, assumidas como próprias ou como alheias; seja, enfim, para protegê-las ou para destruí-las.” E a arquitetura foi marcada pela caneta da Profª Me. Simone Back Prochnow, com seu texto Heterocronia na Arquitetura; O Projeto como Viabilizador do Patrimônio e de seu Entorno, apresentado de forma espetacular no III Seminário Nacional sobre Patrimônio Histórico, no qual a Profª Simone inicia nos fazendo pensar sobre o quão “É facilmente perceptível o aumento da velocidade nas mudanças em nossas vidas e no mundo atual. Conceitos já considerados triviais como obsolescência programada, efemeridade, volatilidade e vida líquida fazem parte de um repertório preocupante se pensarmos em arquitetura e especialmente em patrimônio. A grande revolução da informação que vivenciamos está alterando a relação espaço/tempo, a maneira de nos relacionarmos uns com os outros e com nossas próprias decisões e memórias. Há uma proliferação de pontos de vista presentes a cada discussão, a cada conversa. Como solucionar tantos impasses em nossas cidades com relação às novas demandas? Como abrir espaço para a evolução sem perder a conexão com o que existiu, com nossos valores?” Nesse belo trabalho, verificamos a possibilidade, através da arquitetura, de combinarmos o passado com o presente, visto que, conforme leciona a Mestre em Arquitetura, “Uma nova mentalidade com relação à compatibilização de novas partes com as edificações históricas, assim como do edifício histórico a ser preservado e seu entorno, são fundamentais para o processo de permanência dos imóveis inventariados. Apenas o uso justifica ou dá condições de longevidade às edificações.” Outro arquiteto de escol nos fez percorrer o caminho da importância do Turismo Cultural. O Prof. Dr. Paulo Edi Rivero Martins, apresentando um projeto inovador e de sucesso, com seus Roteiros Arquitetônicos como Patrimônio Cultural, nos provoca perguntando “Qual é o nosso dever como cidadãos com relação ao patrimônio cultural de nossas cidades? Conhecer para valorizar, defender e preservar para poder divulgar, e expor para o amplo conhecimento, de seus habitantes e de pessoas de outros lugares, países e continentes. Obras arquitetônicas e espaços urbanos fazem parte fundamental desse patrimônio, são memória e testemunho de épocas, culturas, hábitos e estilos que precisam ser compreendidos e preservados.” O intercâmbio com outras nações, por sua vez, vem pelo texto invejável do Jurista Argentino, Prof. Dr. Mario Cámpora, que nos brinda com o estudo sobre um caso emblemático envolvendo a preservação do Patrimônio Histórico Argentino, El Caso Riachuelo”, trabalhando o Direito à Preservação do Patrimônio Cultural em conexão com conceitos do Direito Ambiental. O notável professor de Direito Constitucional inicia indagando se “Existe un derecho sustantivo a un ambiente "de una calidad determinada" en el derecho internacional?” Outrossim, passa por uma análise aprofundada da jurisprudência da Corte Suprema de Justicia de la Nación, ressaltando que “Es importante destacar en primer lugar que la reciente jurisprudencia de la CSJN ha señalado que el constituyente reformador de 1994 estableció la prioridad de la protección preventiva, esto es que los daños deben ser prioritariamente impedidos, luego restaurado, y por último, si no hay otras opciones, deben ser reparados:…tiene una prioridad absoluta la prevención del daño futuro, ya que (…) en el presente se trata de actos continuados que seguirán produciendo contaminación. En segundo lugar, debe perseguirse la recomposición de la polución ambiental ya causada conforme a los mecanismos que la ley prevé, y finalmente, para el supuesto de daños irreversibles, se tratará el resarcimiento.” E passa pelo exame da problemática urbana e de conservação do Patrimônio na “Causa Riachuelo”: “En este ámbito, en dónde debe conjugarse la identidad de los pueblos con la dinámica del mercado y del progreso, el desafío de respetar normas que limitan al mercado en pos de la conservación suele ser significativo. Entonces, desde esta perspectiva, al preparar esta exposición, me pregunté cuál podía ser el aporte que desde la Argentina resultaría útil y provechoso para una publicación que dedica un número especial a la preservación de bienes culturales en temáticas diversas como las misiones jesuíticas, los bienes culturales muebles, la preservación documental, el arte sacro y las leyes de incentivo a la protección del acervo cultural.” As respostas a essas tão importantes questões estão redigidas com muita propriedade pelo nosso admirado professor de Direito Constitucional da Universidade de Buenos Aires. E não poderia faltar uma homenagem à capital dos gaúchos, sede do Seminário Nacional sobre Patrimônio Histórico e que irá trazer o I Seminário Internacional sobre Patrimônio Histórico, em setembro/2019, com um estudo sobre as cerâmicas lusas de nossa cidade, apresentado com profundidade pela Profª Verônica Di Benedetti. Nesse texto, a nossa querida Arquiteta, Mestre em Geociências, faz um apanhado histórico do surgimento da cerâmica há 25.000 anos atrás, na República Tcheca e vem avançando no tempo, com uma bela análise histórica até chegar nos elementos existentes em Porto Alegre, apresentando exemplos relevantes com ao Casa dos Leões e o Solar dos Câmara. A leitura desse artigo nos faz mergulhar na história e nos propicia rico conhecimento. Por fim, concluo essa apresentação, manifestando minha felicidade por ter recebido a honra de prefaciar essa obra, escrita por tão cultos e competentes professores que, com amor, dedicaram-se a desenvolver pensamento crítico e construtivo sobre valores tão essenciais para a sociedade humana, que são a cultura e o direito à memória. Que muitos outros unam-se a nós nessa causa; que a sociedade se aproprie do seu patrimônio e o conserve, de modo a transmitir às gerações futuras o que receberam como fruto do esforço, paixão e sabedoria de seus antepassados, fazendo com que a geração presente seja elo sólido entre o passado e o futuro, formando uma corrente que nos permita evoluir e crescer. Sigamos, como diz a letra de Marcus Viana, “...no passo de quem vai pra guerra, por Liberdade, honra e terra...”, para que ao fim, não sejamos “Um rei em farrapos sem pátria, Querência e bandeira.” Muito obrigada, Patrícia Trunfo, Advogada da União, Mestre em Direito pela Universidade Federal do Rio Grande do Sul, Professora da Escola Superior da Magistratura Federal Cursos de Pós-Graduação em Direito Processual da ESMAFE/UCS e UNIRITTER, Presidente da AVFV.
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Di Pierro, Mattia. "Machiavelli e i conflitti. Le interpretazioni politiche italiane." Ingenium. Revista Electrónica de Pensamiento Moderno y Metodología en Historia de las Ideas 13 (April 11, 2019). http://dx.doi.org/10.5209/inge.64100.

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Abstract:
L’obiettivo di questo articolo è quello di indagare il senso e i limiti delle interpretazioni radicali italiane del pensiero di Niccolò Machiavelli. Letture che si sono diffuse negli ultimi decenni attraverso alcuni autori di riferimento e che hanno posto al centro del loro interesse il paradigma del conflitto. La storia del marxismo e del post-marxismo è il contesto utile a comprendere queste interpretazioni e a cogliere il significato di questo dibattito nel quadro della filosofia politica in Italia. L’inizio del presente saggio è una breve analisi degli aspetti più peculiari delle interpretazioni in oggetto. In seguito l’attenzione è posta su alcuni autori e opere particolarmente significativi.
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D'Egidio, Pietro Fausto. "FeDerSerD e il conflitto di interessi." MISSION, no. 46 (May 2017). http://dx.doi.org/10.3280/mis46-2016oa4621.

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Montiel Boehringer, Verónika. "Estado vegetativo (post coma unresponsiveness): una condición poco comprendida." Medicina e Morale 59, no. 1 (February 28, 2010). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2010.225.

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Abstract:
Lo stato vegetativo (SV) è una condizione di cui si parla molto, ma di cui poco si conosce, segnato da ambiguità, confusioni e incertezze che rendono difficile il dialogo e la cura del paziente. In questo articolo sono messi in evidenza i diversi punti in conflitto, come la ricerca di un termine che superi l’attuale confusione, che non sottintenda un carattere dispregiativo e che superi l’inesattezza tra persistente e permanente. Si tratta di conflitti che incidono profondamente sulla decisione di stabilire o meno un trattamento riabilitativo e cura a un paziente in SV. Per questo motivo proponiamo il termine “post coma unresponsiveness”. Tale definizione sottolinea che l’assenza di evidenza clinica di interazione cognitiva è apparente ed è una manifestazione di alterazioni di risposta all’ambiente, che comprende diverse condizioni difficili da diagnosticare. Si richiamano, da un lato, i differenti fattori che non permettono di conoscere la prevalenza né l’incidenza dello SV, dall’altro, gli errori diagnostici riportati nonostante l’esistenza di criteri clinici specifici e riconosciuti. Si insiste inoltre sulla necessità di avere un personale specializzato e di osservazioni continue e ripetute sia dall’équipe trattante sia da familiari. Si avverte che gli studi neurofisiologici utilizzati per stabilire la diagnosi presentano difficoltà metodologiche con risultati contraddittori e insufficienti, la qual cosa rende ancora necessaria la diagnosi clinica. Si fa riferimento alle nuove prospettive apportate dalla PET e dalla fRM nel differenziare i pazienti nello SV e nell’EMC, e nell’evidenziare la presenza di un processo cognitivo nascosto e l’esistenza di una disfunzione metabolica di un’ampia rete frontoparietale conosciuta come sindrome di sconnessione funzionale. Si conclude che, sebbene esistono nuove prospettive per la comprensione dello SV, per il momento il dibattito ruota attorno a due aspetti non dimostrati: a. la coscienza di sé e dell’ambiente, b. la capacità di percepire dolore o sofferenza. Inoltre, si riconosce che la previsione del recupero della coscienza e della comunicazione sono una sfida. L’impegno è dunque, da un lato, identificare le condizioni e i meccanismi per i quali alcuni pazienti possono pervenire a un recupero che agevoli il suo inserimento in un programma riabilitativo; dall’altro, per i pazienti portatori di un danno neurologico grave che non pervengono a un recupero, occorre promuovere ogni attenzione nel migliore interesse del paziente stesso. ---------- The vegetative state is a condition that we talk much about but is little understood, because is surrounded by ambiguity, confusion and imprecision; which make the treatment and understanding of the patient difficult. In this article, opposite points of view are showed. The term that may be able to go beyond this confusion is “post coma unresponsiveness” because it is not derogative and it goes further between the imprecision of persistent and permanent which influence negatively in the patient by denying any possibility of rehabilitation or care. As well as a definition of post coma unresponsiveness is proposed, because it underlines that the absence of cognitive interaction as a clinical evidence is only apparent and is only a manifestation of a continuous spectrum of an altered responsiveness to the environment that include different entities, all of them difficult to diagnose. Different factors which make the assessment of prevalence and incidence not clear are mentioned, and nevertheless that there are very well known specific clinical criteria, misdiagnosis are made and are also documented. Furthermore, we insist there is a need not only of a well trained staff but there is a need of a repetitive and continuous observations of the patient from the staff and the patient’s family. There is a warning about the neurophysiological studies that are used to make the diagnosis, because they have methodological difficulties and may give contradictory and insufficient results and that is why they cannot substitute the clinical assessment. Reference is made about the new perspective of PET and fRM in differentiating patients with Vegetative state and EMC, as well as to make evidence of a “covert cognitive process”, and the existence of functional disconnections in a wide frontoparietal network encompassing the associative cortices known as “functional disconnection syndrome”. Conclusion: On one side there are new perspectives that may help to understand this condition, but in this moment there is a debate between two issues not demonstrated a. the consciousness of one self, the environment and b. the capacity of pain perception or suffering. On the other side, the challenge is to predict the consciousness and communication recovery and also to identify the conditions and mechanisms by which some patients may be able to recover, in order to provide them every kind of treatment, meanwhile some others that have very little possibilities to recover, in the best interest of the patient, he should be provided with the best standard cares as any patient with neurological severe damage.
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Licastro, Angelo. "“The icing on the cake”. Alla ricerca del giusto equilibrio tra libertà del pasticciere e divieto di discriminazione delle coppie omosessuali." Stato, Chiese e pluralismo confessionale, July 5, 2022. http://dx.doi.org/10.54103/1971-8543/18206.

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Abstract:
SOMMARIO: 1. Considerazioni introduttive - 2. I casi di rifiuto opposto da pasticcieri per motivi religiosi di vendere torte commissionate da clienti omosessuali - 3. Libertà di contrarre e interessi contrapposti - 4. L’attuale assetto del quadro normativo in materia di diritto contrattuale antidiscriminatorio - 5. I tentativi della dottrina civilistica di ricondurre la materia all’interno di una cornice di coerenza sistematica - 6. Una inedita rappresentazione in ambito europeo del difficile equilibrio tra libertà di espressione e divieto di discriminazione a causa dell’orientamento sessuale - 7. Dalla libertà di espressione alla libertà di creazione “artistica” il passo è breve? - 8. La decisione di inammissibilità del ricorso presentato davanti alla Corte di Strasburgo dall’attivista di QueerSpace. “The Icing on the Cake”. Looking for the Right Balance between the Baker’s Freedom and the Prohibition of Discrimination of the Same-Sex Couples ABSTRACT: When a baker refuses to sell a cake for the wedding of a homosexual couple on religious grounds, a conflict arises between two fundamental rights, equality, and freedom of religion. In some cases, freedom of expression may also be involved. This article examines the question of whether these rights can be balanced, considering the doctrinal approach to anti-discrimination contract law and the most recent case law.
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Dalla Torre, Giuseppe. "Pluralismo religioso, multietnicità e biodiritto." Medicina e Morale 55, no. 3 (June 30, 2006). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2006.356.

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Abstract:
Dopo essersi rilevato il fenomeno della rinascita del fatto religioso nell’odierna società secolarizzata, grazie anche al massiccio fenomeno immigratorio, si descrive l’impatto del pluralismo etnico-religioso sulle tradizionali realtà degli ordinamenti giuridici statali; impatto reso ancora più problematico per l’ascesa di nuovi poteri, in particolare quello tecnico-scientifico, insofferenti ad una eteroregolamentazione non solo sul piano etico, ma anche sul piano giuridico. Si mette quindi in evidenza una crescente ambiguità che investe la biogiuridica: da un lato la nuova esigenza di riconoscere il rivendicato “diritto alla diversità” da parte delle diverse formazioni etnico-religiose; dall’altro l’esigenza di una regolamentazione giuridica uniforme a garanzia dell’ordinata convivenza attorno ad una scala valoriale che abbia nella “vita” il bene centrale ed ultimo da salvaguardare. Tra le conclusioni cui si giunge è innanzitutto quella per cui la pacifica convivenza in una società multietnica e multireligiosa può essere assicurata, nel rispetto delle diverse tradizioni e culture, attraverso il ricorso a moderati e saggi riconoscimenti di spazio al diritto personale all’interno degli ordinamenti statali, ma nei limiti rigorosi posti dalle esigenze di tutela della dignità umana. Ciò tocca anche la questione dei “nuovi poteri” che, nel contesto di una società globalizzata, impongono una rielaborazione dell’idea di diritto che, partendo dal quadro di un sistema di fonti che tende sempre più ad essere organizzato non secondo gerarchia ma secondo competenza, si ispiri al principio del riconoscimento dell’essere umano nella sua dignità, indipendentemente dall’appartenenza etnico-religiosa. Infine si mette in evidenza l’inaccettabilità di un “diritto debole”, solo procedimentale, perché sostanziale negazione della funzione stessa del diritto, che è quella di prevenire e/o dirimere i conflitti tra interessi in gioco e, quindi, i contrasti tra le parti della società, difendendo nel rapporto i soggetti più deboli; così come si mette in evidenza che il prezioso bene della laicità dello Stato non è – come invece spesso si ritiene – salvaguardato da un “diritto debole”, ma solo da un diritto giusto. ---------- After being noticed the phenomenon of the rebirth of the religious fact in today’s secularized society, it is described also the impact of the ethnic-religious pluralism on the traditional realities of the government juridical arrangements; impact made even more problematic for the ascent of new powers, particularly that technical-scientific, impatient to an heteroregulation not only on the ethical plan, but also on the juridical plan. It is put therefore in evidence an increasing ambiguity that invests the biojuridical: from one side the new demand to recognize the vindicated “law to difference” from different ethnic-religious formations; from the other the demand of a uniform juridical regulation to guarantee of the orderly cohabitation around to a scale of value that has in “life” central and ultimate good to safeguard. Between the conclusions which the author comes it is, first of all, that for which the peaceful cohabitation in a multiethnic and multireligious society can be assured, in the respect of the different traditions and cultures, through the recourse to moderate and wise recognition of space to the personal law into the government arrangements, but in the rigorous limits set by the demands of guardianship of human dignity. This also touches the matter of new powers that, in the contest of globalization, impose a new elaboration of the idea of law that, departing from the picture of a system of sources that extends more and more to not be organized according to hierarchy but according to competence, inspire to the principle of the recognition of the human being in its dignity, independently from the ethnic-religious affiliation. Finally it is put in evidence the unacceptability of a “weak law”, just procedural, as substantial negation of the law function itself, which is that to prevent and/or to settle the conflicts between affairs at stake and, therefore, contrasts between the parts of the society, defending in the relationship the weakest subjects; as it is evidenced that the precious good of laity of the State is not - like instead it is often considered - safeguarded by a weak law, but only by a correct law.
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Farias, José Airton de, and Danielle Rodrigues de Oliveira. "Ensino de ditadura civil-militar em tempos de “Escola Sem Partido” (Teaching of civil-military dictatorship in times of “School Without Party”)." Revista Eletrônica de Educação 12, no. 3 (August 26, 2019). http://dx.doi.org/10.14244/198271992712.

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Abstract:
This article discusses how the organization No Party School (ESP) deals with the teaching of civil-military dictatorship. The strategies, objectives and actions of the ESP are evaluated, as well as a historiographical discussion about the memoirs in debate about the civil-military dictatorship. The methodology is based on the analysis of some documentary sources produced by the ESP, aiming to refine the understanding of the social forces and the subjects involved with the movement and with the interests underlying its discourse. Thus, it problematizes the academic and academic way of dealing with the teaching of the civil-military dictatorship, realizing that, contrary to the need for a democratic debate about the teaching process, ESP defends the return of visions about the typical dictatorship of the 60's In spite of the pressures made by ESP and other conservative forces, the civil-military dictatorship must be approached in a critical way, being problematized in its different versions from the memory conflicts.ResumoEste artigo aborda como a organização Escola Sem Partido (ESP) trata o ensino da ditadura civil-militar. As estratégias, objetivos e atuações da ESP são avaliados, bem como é traçada uma discussão historiográfica sobre as memórias em debate acerca da ditadura civil-militar. A metodologia está embasada na análise de algumas fontes documentais produzidas pela ESP, objetivando refinar a compreensão das forças sociais e dos sujeitos envolvidos com o movimento e com os interesses subjacentes ao seu discurso. Assim, problematiza o modo escolar e acadêmico de lidar com o ensino da ditadura civil-militar, percebendo que, ao contrário da necessidade de um debate democrático sobre o processo de ensino, a ESP defende o retorno de visões que corroboram com a ditadura típica dos anos 60 e 70. Diante disso, o estudo de temas traumáticos permanece relevante nos dias atuais e, apesar das pressões feitas pela ESP e por outras forças conservadoras, a ditadura civil-militar deve ser abordada de forma crítica, sendo problematizada em suas diferentes versões a partir dos conflitos de memória.Keywords: Dictatorship, History theaching – Brazil, History - 1964/1985.Palavras-chave: Ditadura, Ensino de História – Brasil, História - 1964/1985.ReferencesAARÃO, Daniel. 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