Academic literature on the topic 'Concorrenza internazionale'

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Journal articles on the topic "Concorrenza internazionale"

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Howe, Martin. "Reflections on the Italian Law for the Protection of Competition and the Market." Journal of Public Finance and Public Choice 8, no. 2 (October 1, 1990): 135–45. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345081.

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Abstract:
Abstract La nuova legge italiana per la protezione della concorrenza e del mercato è oggetto di grande interesse nel Regno Unito, a motivo dell’intenzione del governo di modificare il sistema britannico di regolamentazione della concorrenza, soprattutto per quanto riguarda i cartelli.La nuova legge deve ancora essere presentata, ma un libro bianco è stato preparato dal governo.La necessità di cambiare la legislazione al riguardo è emersa, in parte, perché essa è piuttosto antica (la prima legge è del 1948) e per vari aspetti inefficace, ed in parte per la difficoltà di conciliarla con la regolamentazione comunitaria.L’industria britannica teme che la diversità tra sistema nazionale e sistema comunitario di tutela della concorrenza possa tradursi in procedure concorrenti e con risultati discordanti, cosa che metterebbe in svantaggio le imprese britanniche rispetto a quelle degli altri partners comunitari.È rimarchevole il fatto che la legge italiana sia non soltanto modellata sulla base della legge comunitaria, ma che essa affermi che la legge nazionale non sarà applicata quando la Comunità europea abbia giurisdizione.Nel Regno Unito, invece, si insiste sulla possibilità di compiere indagini a livello nazionale, pur accettando il primato della legislazione comunitaria, in caso di contrasto. Si ammette che pratiche o accordi vietati dalla Commissione non possono essere consentiti, ma si sostiene che possono essere vietati, a livello nazionale, accordi e pratiche ammessi a livello comunitario.Peraltro, l’apparentemente chiara distinzione contenuta nella legge italiana tra i compiti della legislazione nazionale e quelli della legislazione comunitaria rischia di venir meno tutte le volte che i due ordinamenti interpreteranno le leggi in modo diverso. Questa possibility era stata alla base dell’opposizione del Regno Unito al conferimento alla Commissione europea della giurisdizione esclusiva per le fusioni di «dimensione comunitaria».Il sistema britannico è basato sul concetto di «interesse pubblico», che è per sua natura impreciso, anche se esso viene applicato in modo pragmatico e flessibile, cosa da non sottovalutare se si tiene conto del fatto che in questo campo le opinioni convenzionalmente accolte possono cambiare.Vi sono tuttavia numerosi vantaggi in un sistema che, come quello italiano, è basato su proibizioni, e di essi tiene conto il libro bianco governativo: dà messaggi più chiari alle industrie su cosa sia consentito, conferisce poteri investigativi più precisi all’Autorità della concorrenza e può anche stabilire sanzioni per comportamenti illegali, con possibili effetti deterrenti.L’Autorità italiana dovrebbe dare assoluta priorità alla eliminazione degli accordi decisamente anti-concorrenziali, come quelli diretti alla fissazione dei prezzi, alle domande ed offerte concordate, ed alla suddivisione del mercato. Si tratta di accordi che hanno raramente una giustificazione di carattere efficientistico o di altra natura.I cartelli su cui è necessario concentrarsi sono quelli di carattere orizzontale, mentre i cartelli verticali non sembrano rilevanti, almeno di regola. Pertanto, l’avere inserito anche i cartelli verticali nella legislazione italiana (conformemente a quella europea) complica molto il lavoro dell’Autorità (a motivo dell’intenso lavoro burocratico che ne conseguira) senza effettivamente contribuire alla tutela della concorrenza, che potrebbe in questo caso avvenire attraverso il ricorso alla categoria dell’abuso di posizione dominante.Per quanto riguarda le concentrazioni, sebbene quelle orizzontali siano il modo più semplice mediante cui si può giungere all’abuso di posizione dominante, bisogna riconoscere che esse costituiscono una parte molto controversa della politica della concorrenza. Vi è il problema di stabilire le dimensioni della concentrazione da sottoporre a controllo, nonché quello della prevalenza di altre considerazioni, attinenti, per esempio, alla promozione dello sviluppo regionale, rispetto ai principii della concorrenza.A proposito delle concentrazioni, bisogna distinguere il caso in cui le attività in questione siano esposte alla concorrenza internazionale da quello in cui non lo siano. In quest’ultimo caso, gli effetti delle concentrazioni devono essere esaminati con attenzione maggiore, per verificare se possano aver luogo benefici sotto il profilo di una maggiore efficienza o sotto altri aspetti. Si tratta, comunque, di valutazioni molto complesse, che non possono risolversi con una semplice formula circa il tasso di concentrazione.La repressione dell’abuso di posizione dominante è indubbiamente una parte essenziale della legislazione per la tutela della concorrenza. Tale è quindi anche nel Regno Unito, dove peraltro l’inesistenza di proibizioni rende difficile ottenere effetti deterrenti. Peraltro, un limite all’accoglimento del sistema previsto dall’art. 86 del Trattato CEE (così come del corrispondente articolo 3 della legge italiana) è costituito dalla difficoltà di definire l’«impresa dominante” e, ancor più, l’«abuso», con la conseguenza che si rischia di rendere ancora più difficile la vita delle imprese, che si troverebbero di fronte al divieto di compiere atti «illegali” che non sono precisamente definiti.Sebbene siano state numerose nel Regno Unito le indagini in materia di abuso di posizione dominante, nella maggior parte dei casi esse hanno condotto alla conclusione della loro infondatezza. È probabile che l’Autorità italiana abbia esperienze analoghe.Per quanto possano essere diverse, da Paese a Paese, le leggi sulla concorrenza e gli stessi ordinamenti, nonché i sistemi economici e sociali, è sorprendente la somiglianza tra i problemi che le autorità responsabili della tutela della concorrenza si trovano di fronte.
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Fioravanzo, Monica. "Mussolini, il fascismo e l'‘idea dell'Europa'. Alle origini di un dibattito." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 262 (October 2011): 7–27. http://dx.doi.org/10.3280/ic2011-262001.

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Abstract:
Č soltanto a partire dagli anni trenta che il fascismo, stretto fra la coscienza della crisi del continente e l'avanzata del nazionalsocialismo, di cui temeva la concorrenza, sviluppa un progetto di Nuovo ordine europeo. Con la sua proposta, il regime fascista s'inseriva in una riflessione sull'Europa che fin dagli anni venti aveva coinvolto personalitŕ eminenti, come Briand o Coudenhove-Kalergi, e molti movimenti, da Paneuropa a Mitteleuropa e Abendland. L'avvio del dibattito in Italia coincise con il decennale del regime, nel 1932, celebrato all'insegna della romanitŕ, intesa come fondamento della missione internazionale del fascismo. Fu soprattutto il Convegno Volta sull'Europa (novembre 1932), organizzato dalla Reale accademia d'Italia sotto l'egida di Mussolini, a dare risonanza internazionale al progetto di Europa fascista. Attraverso l'esame delle piů importanti relazioni, l'autrice pone in rilievo i tratti caratteristici del disegno fascista e ne sottolinea lo iato non solo rispetto alle concezioni liberaldemocratiche, ma - piů significativamente - rispetto all'idea nazista di Europa di Alfred Rosenberg, che del Nuovo ordine fascista contestava proprio il fondamento, ossia il diritto e l'ereditŕ di Roma.
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da Empoli, Domenico. "The Italian Law for the Protection of Competition and the Market." Journal of Public Finance and Public Choice 8, no. 2 (October 1, 1990): 69–78. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907344956.

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Abstract:
Abstract Gli studi attinenti alla «politica della concorrenza” sono uno dei settori nei quali da maggior tempo collaborano economisti e giuristi, dato che, in assenza di questa cooperazione, i soli strumenti di cui dispone l’economista, senza quelli del giurista, non sono sufficienti ad interpretare ed applicare le norme antitrust.Soprattutto sulla spinta di queste esigenze si è sviluppato nelle Università americane l’insegnamento di corsi di «Law and Economics», disciplina ormai consolidata.Da un punto di vista intellettuale, pertanto, non vi è dubbio che il tema della concorrenza sia di particolare interesse.Peraltro, già da qualche tempo le opinioni degli studiosi circa gli effetti della politica della concorrenza e, quindi, sull’opportunità di introdurre una specifica legge al riguardo e, poi, di applicarla in modo rigoroso, non sono molto concordi.L’atteggiamento critico nei riguardi dell’intervento pubblico che caratterizza l’epoca attuale e che si può sintetizzare nella nozione di «fallimento dello Stato», non ha risparmiato neppure la politica della concorrenza, sui cui effetti sono state avanzate, e permangono, numerose incertezze.Peraltro, se un atteggiamento critico poteva avere un suo fondamento apprezzabile nei momento in cui si discuteva dell’opportunity o meno di introdurre questa legge, non vi è dubbio che, una volta che questa sia entrata in vigore, essa debba essere oggetto di studio, sempre critico, ma costruttivo.Per questo motivo, è apparsa molto utile la pubblicazione su questo numero di Economia delle Scelte Pubbliche degli atti di un convegno internazionale, organizzato a Reggio Calabria nei dicembre del 1990 dall’Istituto Superiore Europeo di Studi Politici, che ha avuto come oggetto la nuova legge italiana della concorrenza, confrontata con le normative già in vigore presso altri Paesi OCSE, oltre che con la normativa CEE.Assieme ai testi delle relazioni, viene anche pubblicato il testo della legge, sia nella traduzione inglese che in quella francese (ambedue non ufficiali).L’ordine di pubblicazione dei diversi contributi segue il seguente schema: dopo questa presentazione della legge italiana, segue l’articolo di Claudio Menis sulle relazioni tra legislazione CEE e legge italiana. Successivamente, vengono pubblicati (seguendo l’ordine alfabetico per paese) gli scritti che riflettono valutazioni della legge italiana alla luce dell’esperienza nazionale di ciascuno dei Paesi OCSE rappresentati: Belgio (van Meerhaeghe), Francia (Charrier), Germania (Ruppelt), Spagna (Canivell), Svizzera (Baldi) e Regno Unito (Howe).Infine, un articolo di Eric Lacey confronta i lineamenti essenziali della struttura della legge italiana con quelli della media dei Paesi OCSE.La presentazione della legge italiana, non è compito facile per un economista, per la necessità di ricorrere a termini giuridici molto specialistici.La legge considera tre principali fattispecie che sono suscettibili di danneggiare la concorrenza: i cartelli che restringono la libertà di concorrenza, l’abuso di posizione dominante e le concentrazioni.I «cartelli” (o «intese») sono definiti dalla legge come «gli accordi e/o le pratiche concordati tra le imprese, nonché le deliberazioni, anche se adottate ai sensi di disposizioni statutarie o regolamentari, di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari». Esse sono vietate quando «abbiano per oggetto, o per effetto, di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante” (art. 1).L’«abuso di posizione dominante” è vietato dall’art. 3, che include anche una casistica, peraltro non del tutto esauriente, circa situazioni identificabili come abuso di posizione dominante.Le «operazioni di concentrazione», d’altra parte, hanno luogo, secondo l’art. 5, «quando due o più imprese procedono a fusione», «quando uno o più soggetti in posizione di controllo di almeno un’impresa ovvero una o più imprese acquisiscono direttamente o indirettamente [...], il controllo dell’insieme o di parti di una o più imprese», e «quando due o più imprese procedono, attraverso la costituzione di una nuova società, alla costituzione di un’impresa comune». Sulla base dell’art. 6, tali operazioni sono vietate quando costituiscono o rafforzino una posizione dominante sul mercato.L’organo che ha il compito di garantire l’appHcazione della legge è l’Autorità, che è stata creata appositamente e che è composta da quattro membri, più il presidente, nominati sulla base di una determinazione adottata d’intesa dai presidenti dei due rami del Parlamento.Una caratteristica fondamentale del nuovo organo per la tutela della concorrenza è la sua indipendenza dal potere politico, che viene attenuata soltanto a proposito delle operazioni di concentrazione. Come afferma, infatti, l’art. 25, il Consiglio dei Ministri può elaborare criteri di carattere generate che autorizzino operazioni che sarebbero vietate ai sensi dell’art. 6 e, inoltre, può anche vietare specifiche operazioni di concentrazione qualora vi partecipino «enti o imprese di Stati che non tutelano l’indipendenza degli enti o delle imprese con norme di effetto equivalente a quello dei precedenti titoli o applicano disposizioni discriminatorie o impongono clausole aventi effetti analoghi nei confronti di acquisizioni da parte di imprese o enti italiani».Oltre ai poteri d’istruttoria e decisione nei riguardi delle tre fattispecie di cui si è detto, con la possibilità d’imporre anche sanzioni pecuniarie, l’Autorità ha anche poteri conoscitivi e consultivi, sulla cui base può esprimere pareri, o di sua iniziativa o su richiesta del presidente del Consiglio dei Ministri.
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Staiano, Sandro. "LA FRATTURA NORD-SUD. L’ASIMMETRIA TERRITORIALE COME QUESTIONE DEMOCRATICA." Il Politico 251, no. 2 (March 3, 2020): 268–307. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2019.249.

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Abstract:
Lo schema analitico delle fratture elaborato da Stein Rokkan e Seymour M. Lipset può essere utilmente applicato alla "questione meridionale", in quanto riguarda la doppia dimensione del processo politico, caratterizzato da conflitti culturale-territoriali ed economicofunzionali Passando da queste opzioni metodologiche, per quanto riguarda il "Mezzogiorno", è importante notare che le premesse costitutive prevedevano il superamento della frattura all'interno dei processi di democratizzazione dell'ordinamento giuridico guidati dai partiti politici e basati, in larga misura, sulla regionalizzazione; il ritardo nell'attuazione delle Regioni, tuttavia, ha portato immediatamente al carattere centralizzato e tecnocratico delle grandi riforme volte a incidere sulla condizione meridionale: la riforma agraria e l'intervento straordinario attraverso la "Cassa per il Mezzogiorno". E, una volta costituite, le Regioni non sono più quelle auspicate dall'assemblea costituente: da enti legislativi e pianificatori, diventano minuscoli organi amministrativi affollati di dipendenti, in sistemi ipertrofici. Diventano quindi il veicolo di infiltrazione dei partiti politici - lontani dall'idea costituzionale - che pervadono le agenzie che avrebbero dovuto occuparsi della frattura Nord-Sud. Le politiche - dopo un primo successo - si degradano e falliscono. Ma l'asimmetria territoriale rimane la questione principale. Senza risolverla, l'Italia sarà sempre meno adeguata ad affrontare la concorrenza nella dimensione europea e internazionale: al "ritardo" del "Mezzogiorno" si aggiunge ora quello dell'intero Paese. Per questo motivo, i nuovi impulsi per una "separazione del Nord", nell'illusione di creare piccole patrie economiche su scala regionale, sono particolarmente rischiosi.
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Spadaro, Carmela Maria. "Rivolte tra i gelsomini. Raccoglitrici di fiori in Calabria e diritti sociali nella seconda metà del Novecento (primi risultati di una ricerca)." Italian Review of Legal History, no. 7 (December 22, 2021): 451–84. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/16895.

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Abstract:
Una vicenda poco nota, relativa ad una stagione di battaglie sindacali è quella di cui si resero protagoniste le raccoglitrici di fiori di gelsomino della Calabria jonica. Il loro lavoro rappresentò, tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta del ‘900, un elemento importante nella storia economica e sociale del territorio calabrese, favorendo la creazione di un’interessante rete di collegamento tra le numerose imprese agricole di piccole e medie dimensioni operanti nel territorio ed alcuni tra i più noti marchi dell’industriaprofumiera francese.L’acquisita consapevolezza del profilo “internazionale” e, dunque, dell’importanza del proprio lavoro nella promozione industriale e sociale del territorio, fu all’origine di una stagione di rivendicazioni, che sancirono un netto miglioramento delle condizioni lavorativeed una maggiore considerazione sociale per queste donne trovatesi improvvisamente, anche per effetto della disoccupazione maschile e dell’emigrazione, a ricoprire il ruolo di capo-famiglia; altresì posero all’attenzione del Parlamento la necessità di darericonoscimento normativo alle istanze delle lavoratrici. Nella lotta sindacale condotta da queste pioniere dei diritti delle lavoratrici si intrecciarono, ad un certo punto, interessi che rischiarono di snaturane il significato, ma esse seppero tenere testa alle strumentalizzazioni che provenivano da varie parti, battendosi solo per i loro diritti.La crisi del settore, determinata da un eccesso di produzione rispetto alla domanda e dalla concorrenza di alcuni paesi esteri (Egitto, Israele, Spagna, Algeria, Tunisia), che poterono giovarsi anche dei minori costi della manodopera, provocò un crollo verticale dellevendite di gelsomino, conducendo nel giro di pochi anni alla totale sparizione della coltura dalle coste calabresi.Il legislatore intervenne tardivamente per disciplinare molti di quei diritti che le raccoglitrici di gelsomino erano riuscite a conquistare, ottenendo una contrattazione collettiva provinciale che rispettava e richiamava il diritto consuetudinario. L’intervento dello Stato fu tardivo perché alla fine degli anni Settanta quasi più nessuno in Calabria coltivava il gelsomino e le mutate condizioni del mercato internazionale dirottarono le commesse dell’industria francese verso Paesi più competitivi. Tuttavia, il ruolo pionieristico di queste donne, il cui lavoro tracciava di per sé un’identità di genere, segnò sicuramente un passo decisivo verso il cambiamento sociale e l’emancipazione femminile, che sembra doveroso ricordare.
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Benini, Caterina. "La localizzacione dell’illecito concorrenziale nel regime di Bruxelles: riflessioni alla luce della Sentenza FLYLAL II della Corte di Giustizia dell’Unione Europea = The localization of antitrust torts underthe Brussels regime: reflections in the light of the Judgment FLYLAL II of the Court of Justice of the European Union." CUADERNOS DE DERECHO TRANSNACIONAL 11, no. 1 (March 11, 2019): 693. http://dx.doi.org/10.20318/cdt.2019.4641.

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Abstract:
Riassunto: Nella sentenza flyLAL II la Corte di giustizia dell’Unione Europea ha affermato che un calo delle vendite provocato da un illecito concorrenziale costituisce il “danno” rilevante agli effetti della individuazione del giudice competente ai sensi dell’art. 5 n. 3 del regolamento (CE) n. 44/2001 (“Bruxelles I”) e ha ritenuto che tale danno vada localizzato nel paese in cui si trova il mercato inte­ressato dagli effetti dell’illecito. Lo scritto, prendendo spunto da questa sentenza, esamina criticamente la disciplina internazionalprivatistica europea degli illeciti concorrenziali, soffermandosi sulle ricadute negative della stessa in termini di private antitrust enforcement. Dinnanzi a questo stato delle cose, la soluzione della Corte appare perseguire l’obiettivo di garantire coerenza tra la disposizione oggetto di pronuncia e l’art. 6, par. 3, lett. a), del regolamento (CE) n. 864/2007 (“Roma II”) sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali derivanti da atti limitativi della concorrenza. Essa inoltre agevola il private enforcement del diritto della concorrenza, contribuendo al contempo alla funzione regolatoria del diritto internazionale privato nel contesto regionale dell’Unione Europea.Parole chiave: illeciti concorrenziali, foro speciale degli illeciti, localizzazione del danno, criterio del mercato, private antitrust enforcementAbstract: In the flyLAL II judgment, the Court of Justice of the European Union ruled that the loss of sales incurred as a result of antitrust tort can be regarded as “damage” for the purposes of iden­tifying the competent jurisdictional authority pursuant to Art. 5 n. 3 of the Regulation (EC) n. 44/2001 (“Brussels I”) and ruled that such damage is localized in the country whose market was affected by the anticompetitive conduct. Taking that judgment as point of departure, this article critically analyses the EU private international law regime of antitrust torts, focusing on its negative impact on private antitrust enforcement. Given this state of affairs, the solution adopted by the Court seems to pursue the goal of consistency between the provision under scrutiny and Art. 6, par. 3, lit. a), of the Regulation (CE) n. 864/2007 (“Rome II”) on the law applicable to non-contractual obligations arising from acts restricting free competition. It also promotes the private enforcement of antitrust rules, thereby enhancing the re­gulatory function of private international law in the internal market.Keywords: antitrust torts, special jurisdiction in matters relating to tort, localization of the loss, market criterion, private antitrust enforcement.
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Clodio Enre. "Tra arbitrato brasiliano e arbitrato europeo: uno studio sull'Agenzia nazionale delle telecomunicazioni (ANATEL) e sull'Ufficio delle comunicazioni (UFCOM)." International Journal of Science and Society 4, no. 4 (October 27, 2022): 183–94. http://dx.doi.org/10.54783/ijsoc.v4i4.564.

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Abstract:
La ricerca dell'arbitrato come mezzo di risoluzione delle controversie è importante per la grande mole di casi sottoposti al giudizio dello Stato - giudice, in numero inversamente proporzionale alla preparazione tecnica di coloro che sono investiti della funzione giurisdizionale per atto statale . Attualmente parlare di composizione extragiudiziale dei conflitti in materia di regolamentazione significa entrare in uno scenario di grandi discussioni e dibattiti. In questo modo, il testo cerca di costruire ragioni per la risoluzione delle controversie nel campo delle telecomunicazioni attraverso l'arbitrato, anche, vista l'esperienza europea, come l'UFCOM. Uno dei compiti delle agenzie di regolamentazione è proprio la soluzione dei conflitti tra attori del settore a livello amministrativo. Analizzando le forme di risoluzione delle controversie nell'Unione Europea, si può evidenziare il peculiare comportamento. Nelle principali controversie che si verificano nel continente, è più comune utilizzare l'arbitrato rispetto alla magistratura. Infatti, l'arbitrato può essere utilizzato da ANATEL come uno strumento importante per garantire una concorrenza ampia, libera e leale tra i fornitori di servizi di telecomunicazioni, in quanto elude la lentezza della magistratura e la possibilità di contenziosi fittizi, consentendo la rapida adozione di una decisione che spesso lede i diritti di un gran numero di utenti dei servizi di telecomunicazione. L'alto prestigio di cui godono questi metodi di risoluzione delle controversie rende omaggio alla loro caratteristica di essere un forum neutrale posizionato lontano da un'agenzia di regolamentazione di un determinato paese e vicino a arbitri scelti di comune accordo, o anche collegato ad istituzioni internazionali che forniscono i servizi di arbitrato nelle controversie commerciali.
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Mauri, Aurelio G. "Varietŕ di prodotto e strategie di marca nel settore alberghiero. Recenti evidenze e una proposta di modello interpretativo." ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, no. 1 (September 2010): 21–44. http://dx.doi.org/10.3280/ed2010-001002.

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Abstract:
Negli ultimi anni, i principali gruppi alberghieri operanti a livello mondiale hanno introdotto nel mercato una gamma di nuove soluzioni di ospitalitŕ proponendosi l'obiettivo di soddisfare differenti segmenti di clientela. La scelta di una strategia volta all'accrescimento della varietŕ di prodotto ha implicato lo sviluppo di nuovi brand; conseguentemente, ciascuno dei principali gruppi alberghieri dispone oggi di un articolato portafoglio marche. A livello settoriale, questo mutamento in termini di varietŕ dell'offerta č stato accompagnato dal verificarsi di profonde trasformazioni della struttura del business alberghiero. Si č modificata anche la gamma di relazioni competitive dei gruppi alberghieri con i concorrenti (multimarket competition). Il presente articolo si pone dunque l'obiettivo di analizzare i processi di sviluppo dei brand portfolio dei principali competitor a livello internazionale. L'analisi č stata svolta partendo da alcuni modelli teorici utilizzati dagli studiosi di marketing per classificare le scelte di marca in relazione all'introduzione nel mercato di nuovi prodotti e, successivamente, avanzando la proposta di un nuovo modello interpretativo. Inoltre particolare attenzione č stata rivolta allo studio delle architetture di marca prescelte, evidenziando similitudini e divergenze fra i vari gruppi alberghieri nonché i cambiamenti di approccio operati da parte degli stessi soggetti nel tempo. In conclusione vengono formulate alcune riflessioni critiche in merito ai rischi connessi al fenomeno della proliferazione di brand alberghieri a livello dei principali gruppi dell'ospitalitŕ e sull'appropriato utilizzo di architetture di marca fondate sul binomio marca garantita-marca garante.
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Gómez Chacón, Ramón, and Nicolás Fernández Martínez. "Relación entre la práctica de actividad física y los empleados saludables." Cuadernos de Psicología del Deporte 20, no. 3 (July 22, 2020): 64–73. http://dx.doi.org/10.6018/cpd.389761.

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Abstract:
En la actualidad las organizaciones están implementando acciones de gestión de la salud por medio de la actividad física repercutiendo en beneficios físicos, psicológicos y sociales en los empleados y en económicos en las empresas. Este hecho hace que las organizaciones dispongan de empleados saludables que se relacionan con variables organizaciones positivas, como la satisfacción laboral (Gómez, Morales, Hernández y Muñoz, 2018), por lo que el objetivo del trabajo es conocer la relación entre la práctica de actividad física y los empleados saludables. Los participantes fueron los empleados de una entidad deportivo-social de la provincia de Sevilla utilizándose con n = 56, de los cuales 29 hombres y 27 mujeres entre 18 y 60 años, encontrándose 18 entre 18-30 años, 30 entre 30-45 años y 8 entre 45 y 60 años, además se utilizó el cuestionario internacional de actividad física (IPAQ) y el cuestionario del empleado saludable, y analizando si existían diferencias significativas entre las variables del empleado saludable y la cantidad de práctica de actividad física de los empleados. Los resultados concluyen que los empleados que realizan actividad física moderada y alta presentan un promedio significativamente mayor en emociones positivas, engagement y resiliencia respecto al grupo de actividad física baja o no práctica de actividad física, mientras que los empleados que realizan actividad física moderada y alta presentan un promedio mayor, pero no significativo en autoeficacia y competencia respecto al grupo de actividad física baja o no práctica de actividad física. At present, organizations are implementing health management actions through physical activity, having an impact on physical, psychological and social benefits on employees and on economic benefits at companies. This fact makes organizations have healthy employees that are related to positive organizations variables, such as job satisfaction (Gómez, Morales, Hernández and Muñoz, 2018), so the objective of the work is to know the relationship between the practice of activity physical and healthy employees. The participants were the employees of a sports-social entity of the province of Seville using n = 56, of which 29 men and 27 women between 18 and 60 years old, 18 being between 18-30 years old, 30 between 30-45 years old and 8 between 45 and 60 years, the International Physical Activity Questionnaire (IPAQ) and the healthy employee questionnaire were also used, and analyzing whether there were significant differences between the variables of the healthy employee and the amount of physical activity of the employees . The results conclude that employees who perform moderate and high physical activity have a significantly higher average in positive emotions, engagement and resilience compared to the group of low physical activity or no physical activity, while employees who perform moderate and high physical activity they present a higher average, but not significant in self-efficacy and competence with respect to the group of low physical activity or non-practice of physical activity. Attualmente le organizzazioni stanno implementando azioni di gestione della salute attraverso l'attività fisica impatto benefici fisici, psicologici e sociali e dei lavoratori nelle imprese economiche. Questo fatto rende alle organizzazioni di avere dipendenti sani che si riferiscono a variabili organizzazioni positive, come la soddisfazione sul lavoro (Gómez, Morales Hernández e Muñoz, 2018), in modo che l'obiettivo dello studio è stato quello di determinare la relazione tra la pratica di attività dipendenti fisici e sani. I partecipanti sono stati i dipendenti di uno sport e di entità sociale in provincia di Siviglia utilizzati con n = 56, di cui 29 uomini e 27 donne di età compresa tra i 18 ei 60 anni, essendo 18 tra 18-30, 30 tra i 30-45 anni e 8 tra i 45 ei 60 anni, più questionario internazionale l'attività fisica (IPAQ) e questionario dipendente sano è stato utilizzato, e analizzando se vi fossero differenze significative tra le variabili di dipendenti sani e la quantità di attività fisica dei dipendenti . I risultati concludere che i dipendenti che svolgono moderata a elevata attività fisica hanno una significativamente maggiore emozioni medio positivo, l'impegno e la resilienza rispetto al gruppo di bassa attività fisica o attività fisica, mentre i dipendenti che svolgono moderata a elevata attività fisica hanno una media più alta, ma non significativa in termini di efficacia e la concorrenza per il gruppo di bassa o nessuna attività fisica attività fisica. Atualmente, as organizações estão implementando ações de gestão de saúde por meio da atividade física, com impacto nos benefícios físicos, psicológicos e sociais dos funcionários e nos benefícios econômicos das empresas. Este fato faz com que as organizações têm empregados saudáveis ​​que se relacionam com variáveis ​​organizações positivos, tais como a satisfação no trabalho (Gómez, Morales Hernández e Muñoz, 2018), de modo que o objetivo do estudo foi determinar a relação entre a prática de atividade funcionários físicos e saudáveis. Os participantes eram funcionários de Esportes e entidade social na província de Sevilla usados ​​com n = 56, dos quais 29 homens e 27 mulheres com idades entre 18 a 60 anos, sendo 18 entre 18-30, 30 entre 30-45 anos e 8 entre 45 e 60 anos, além questionário internacional de atividade física (IPAQ) e questionário empregado saudável foi usado, e analisar se houve diferenças significativas entre as variáveis ​​do empregado saudável e da quantidade de atividade física de funcionários . Os resultados concluem que os funcionários que realizam atividade física moderada e alta têm uma média significativamente maior de emoções positivas, engajamento e resiliência em comparação com o grupo de baixa atividade física ou sem atividade física, enquanto os funcionários que realizam atividade física moderada e alta apresentam média maior, mas não significativa em autoeficácia e competência em relação ao grupo de baixa atividade física ou não prática de atividade física.
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Beretta, Enrico, Vacche Alessandra Dalle, and Andrea Migliardi. "Competitivitŕ ed efficienza della supply-chain: un'indagine sui nodi della logistica in italia." ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, no. 2 (November 2012): 135–73. http://dx.doi.org/10.3280/ed2012-002001.

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Abstract:
La logistica č importante sia per la sua incidenza diretta sul Pil nazionale sia, in modo indiretto, nel consentire una maggiore o minore competitivitŕ del sistema-paese. La complessiva debolezza del sistema logistico italiano, documentata da varie fonti interne e internazionali, ha numerose cause: inadeguatezze nelle infrastrutture di trasporto a lungo raggio, ma anche dei raccordi di "ultimo miglio"; frammentazione e scarsa integrazione tra gli operatori; inefficienze localizzate nelle singole modalitŕ di trasporto; problemi nei raccordi tra i vettori di diverso tipo (ossia nell'intermodalitŕ); carenze programmatorie e normative. Il presente lavoro approfondisce queste tematiche mediante un'indagine condotta presso un campione di spedizionieri italiani. Per quanto attiene alle infrastrutture, gli operatori riterrebbero utile il completamento degli assi ferroviari in grado di connettere il paese alle principali direttrici di traffico europee, nonché di assicurare un efficace collegamento fra il Nord e il Sud del paese, ma anche un potenziamento dei raccordi locali con altri tipi di vettori, specie quello marittimo. Altri problemi risiedono negli allacci delle aree portuali alla viabilitŕ ordinaria e nell'insoddisfacente funzionamento dei nessi intermodali tra le diverse forme di trasporto. I centri logistici vengono ritenuti nel complesso sufficienti, anche se si riscontrano problemi circa l'eccessiva frammentazione e la distribuzione sul territorio. Tariffe del trasporto, durata e prevedibilitŕ dei tempi, efficienza e affidabilitŕ degli operatori sarebbero nel complesso sufficienti, a eccezione del comparto ferroviario. L'organizzazione della catena logistica risente di una scarsa programmazione delle attivitŕ, dell'insufficiente integrazione tra gli operatori e della loro eccessiva frammentazione. Le dotazioni informatiche degli operatori e il ricorso all'ICT vengono giudicate nel complesso sufficienti, ma č carente l'integrazione dei sistemi tra i diversi operatori, con conseguenze negative sul trattamento complessivo del ciclo della merce e sulla tracciabilitŕ delle spedizioni. Dall'indagine sono emerse anche diverse indicazioni di policy. In primo luogo, gli operatori chiedono di razionalizzare il quadro normativo, di rilanciare liberalizzazioni e concorrenza e di concentrare le risorse su un contenuto novero di obiettivi infrastrutturali realizzabili. In secondo luogo, gli operatori stessi potrebbero contribuire alla concentrazione e razionalizzazione dell'offerta. Infine, le Associazioni di categoria nazionali e locali dovrebbero stimolare l'integrazione dei diversi sistemi di ICT e promuovere il rispetto di standard minimi di servizio.
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Dissertations / Theses on the topic "Concorrenza internazionale"

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Saretto, Silvia <1985&gt. "Appalti pubblici e concorrenza internazionale in Cina: tra apertura e protezionismo." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/2984.

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Abstract:
Questa tesi si propone di analizzare il settore degli appalti pubblici nella Repubblica Popolare cinese in relazione alla concorrenza internazionale. Dopo una fotografia degli accordi internazionali sulle gare d’appalto, si cercherà di analizzare il contesto giuridico cinese, prestando attenzione alle due leggi principali vigenti in materia (“Legge sugli Appalti Governativi” e “ Legge sulle Gare”) relative ai diversi settori di investimento, con particolare focus sulle problematiche incontrate dalle aziende europee che si affacciano sul mercato cinese.
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FORGANNI, ANTONELLA. "Profili giuridici dell'interazione tra antidumping e altre politiche comunitarie: politica della concorrenza e relazioni esterne." Doctoral thesis, Università Bocconi, 2010. https://hdl.handle.net/11565/4053939.

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Tullio, Paolo. "Fusioni transfrontaliere tra armonizzazione e concorrenza regolamentare in Europa." Doctoral thesis, Luiss Guido Carli, 2008. http://hdl.handle.net/11385/200778.

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Abstract:
Le fusioni transfrontaliere nel mercato unico europeo e gli ostacoli alla loro realizzazione. Libertà di stabilimento e mobilità delle imprese nell'Unione Europea. Dal caso Daily Mail al caso Inspire Art. Fusioni transfrontaliere e libertà di stabilimento. Il caso Sevic. Fusioni transfrontaliere e problemi internazionalprivatistici. La decima direttiva societaria relativa alle fusioni transfrontaliere delle società di capitali (Direttiva 2005/56/CE). Fusioni transfrontaliere, armonizzazione e concorrenza fra ordinamenti.
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Battistel, Ada. "La concorrenza in materia di trasporto aereo nei rapporti fra unione europea e stati terzi." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3421685.

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Abstract:
The study aims at creating a comprehensive and coherent overview of the European Union air transport sector, in particular through the analysis of the European competition law and State aids’ framework in the field of civil aviation within the internal market. The international vocation of air transport sector has led to the analysis of the current relations between EU Member States and Third Countries for what concerns the international air services, specifically regarding the treaty-making power: who owns it and how it is subdivided. Firstly, the research necessarily outlines an exhaustive overview of the international legal framework in force in the sector of civil aviation through the analysis of the Chicago Convention on Civil Aviation, which influenced all the successive air transport evolution by establishing a system based on a plot of bilateral agreements. With reference to the internal level of the European market, the study focuses on how the air transport sector evolved in years, showing the difficulties encountered by the Community in the attempt to balance the demands of liberalization with the above-mentioned bilateral agreements. Secondly, the research explores the air transport sector with reference to the European competition law. It results from the analysis of a number of case-studies that the European Commission’s approach is in favor of the consolidation of the civil aviation in Europe as a whole, a sector that historically suffered from its fragmentation. This approach was found both for operations finalized to mergers, both to the establishment of an alliance. Furthermore, for what concerns the rules applicable on the State aids in the air transport sector, the study analyzes the different ways in which aids are realized (capital injections, loans, guarantees, privatizations). At the same time, the study considers the exceptions to the prohibition, in relation to the services of general economic interest, with a particular focus on the airport sector and the subsidies given by airports to vectors. Again, it results from the research that the European Commission tends to consider aids in this sector in a constructive way: they can valuably contribute to the fundamental goals of the European Union in the transport sector, such as the economic and social cohesion, and the right to mobility for all citizens. This shows the growing interest of the European Institutions to go beyond the sole logic of economy in order to guarantee a stronger economic and social cohesion, as confirmed by the entry into force of the Lisbon Treaty. Finally, the study evaluates the European policies and actions towards Third Countries in the field of air transport, analyzing the ongoing evolution from a fragmented system based on bilateral agreements to an international aviation system valid on a global scale. Starting from the jurisprudence AETR, through the open skies judgment, the Court of Justice’s opinion 1/03, and the new Lisbon Treaty clauses (art. 3 and 216 TFUE), it is possible to outline that nowadays the attempt of the European Commission in centralizing the exclusive competence to negotiate new generation agreements (comprehensive agreements) in the air transport sector looks facilitated.
Il presente lavoro è volto a tracciare una panoramica coerente e comprensiva del settore del trasporto aereo nell’Unione Europea, approfondendo in particolare la disciplina della concorrenza e il regime degli aiuti di Stato in materia di aviazione civile nel mercato interno. La vocazione internazionale del settore del trasporto aereo ha condotto all’analisi dello stato delle relazioni intercorrenti tra gli Stati membri dell’Unione e i Paesi terzi in materia di servizi aerei internazionali, in particolare in considerazione della necessità di determinare a chi appartenga o come si suddivida, allo stato dell’arte, il treaty-making power in tale settore. In primo luogo è apparso pertanto necessario delineare un quadro esauriente della disciplina vigente a livello internazionale nel settore dell’aviazione civile attraverso un’analisi del regime giuridico internazionale in tale settore creato dalla Convenzione di Chicago. Quest’ultima tramite il rilievo dato al principio di sovranità ha segnato tutta l’evoluzione successiva del trasporto aereo, dando vita ad un sistema fondato su una fitta trama di accordi bilaterali. Su un piano prettamente interno al mercato europeo, si è provveduto poi ad enucleare le evoluzioni avvenute nel settore del trasporto aereo, mettendo in luce le difficoltà incontrate dalla Comunità nel tentativo di bilanciare le esigenze di liberalizzazione con gli accordi bilaterali sopracitati. In secondo luogo l’indagine si è concentrata sull’esame del settore del trasporto aereo in riferimento alla disciplina della concorrenza nell’Unione Europea. Come si è potuto rilevare dall’esame dei casi di volta in volta analizzati, a prescindere dal fatto che si trattasse di operazioni volte alla costituzione di una concentrazione o operazioni volte all’instaurazione di un’intesa, il filo conduttore sembra ritrovarsi nell’atteggiamento di favore della Commissione verso tali alleanze nell’ottica di un consolidamento del settore dell’aviazione civile europea, storicamente caratterizzato da una forte frammentazione. Per quanto concerne la disciplina degli aiuti di Stato al settore del trasporto aereo, si è proceduto analizzando i principali modi in cui si concretano gli aiuti, (conferimenti di capitale, finanziamento tramite prestiti, garanzie, privatizzazioni) così come le deroghe al divieto, ponendo particolare attenzione al regime dei servizi di interesse economico generale nel settore in esame; per poi concentrarsi specificamente sul settore aeroportuale e le possibilità degli aeroporti stessi di offrire sussidi ai vettori. Dalla prassi della Commissione sembra emergere una visione in senso costruttivo degli aiuti al settore del trasporto aereo. A questi ultimi viene infatti riconosciuto un valore positivo nella misura in cui possano contribuire alle finalità di interesse generale rientranti tra gli obiettivi primari dell’Unione Europea in materia di trasporti, quali la coesione economica e sociale del territorio europeo e il diritto alla mobilità dei cittadini. Da ciò si evince il sempre più marcato interesse delle istituzioni europee ad andare oltre la mera logica economica al fine di incontrare le istanze collettive e di coesione economica e sociale, come peraltro avvalorato dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Per quanto riguarda il versante esterno della politica europea in materia di aviazione civile, si osserva come da un sistema fortemente frammentato e compartimentato retto sugli accordi bilaterali con i Paesi terzi, si stia procedendo verso il completamento di un sistema internazionale dell’aviazione su scala globale. Come si è avuto modo di notare, partendo dalla giurisprudenza AETS, passando per le sentenze open skies e per il parere 1/03 della Corte di Giustizia ed approdando alle nuove disposizioni del Trattato di Lisbona di cui agli art. 3 e 216 TFUE, si può rilevare come ad oggi l’intento della Commissione di accentrare in sé la competenza esclusiva a negoziare accordi di nuova generazione (comprehensive agreements) in materia di trasporto aereo appaia senz’altro facilitato.
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DI, PILLO FRANCESCA. "La competizione nelle reti interconnesse: aspetti teorici ed applicativi nel settore della telefonia internazionale." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2005. http://hdl.handle.net/2108/191.

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Abstract:
L’evoluzione dei settori industriali caratterizzati dalla presenza di reti infrastrutturali verso contesti oligopolistici ha accresciuto la necessità dell’interconnessione e, nel contempo, ha aumentato la complessità delle interazioni strategiche fra imprese. Oggetto di ricerca della tesi è proprio l’analisi delle scelte strategiche di imprese concorrenti in reti interconnesse e lo studio delle loro interazioni. Tali interazioni strategiche rappresentano un fenomeno complesso. Infatti, la struttura delle reti interconnesse è complicata dalla modalità di accesso che è di tipo “two way”, largamente trattata in letteratura, tra gli altri, da Laffont, Tirole e Armstrong. Inoltre, le imprese appartenenti a reti interconnesse hanno a disposizione due variabili decisionali nella scelta delle loro strategie: il prezzo all’utenza finale e la tariffa d’interconnessione. Tra i settori che si caratterizzano per la presenza di reti infrastrutturali, principalmente quelli dei servizi di pubblica utilità, si è scelto, come oggetto di studio, quello della telefonia fissa internazionale, poiché presenta alcune rilevanti peculiarità. E’ interessante, infatti, l’analisi dell’interconnessione tra operatori appartenenti a due Stati che possono essere differenti sotto vari punti di vista: perché caratterizzati da diversi contesti di mercato, vincoli legislativi, dimensioni dei bacini d’utenza. E’ interessante, quindi, analizzare come i cambiamenti di una variabile microeconomica di un Paese derivanti sia dalle scelte strategiche dei singoli operatori sia da interventi di tipo regolatorio possano causare molteplici effetti nei confronti degli operatori del Paese ad esso interconnesso. Nel settore della telefonia internazionale la concorrenza si svolge su due stadi: a livello nazionale per conquistare gli utenti dei servizi telefonici internazionali, e a livello internazionale, per stipulare gli accordi più convenienti con gli operatori esteri relativi alla terminazione delle chiamate internazionali. Tale contesto competitivo è stato modellizzato al fine di indagare l’interazione economica tra gli operatori dei diversi Paesi e si sono analizzate le relazioni esistenti tra le scelte strategiche di operatori appartenenti a Paesi diversi. In particolare si è considerata una struttura di mercato asimmetrica poiché rispecchia l’evidenza empirica che caratterizza molti Paesi industrializzati, dove il contesto competitivo è rappresentato dalla presenza di un incumbent sul mercato (normalmente l’ex monopolista). Il lavoro di tesi si articola in diversi step. In primis, definite come variabili decisionali il prezzo all’utenza finale e la tariffa d’interconnessione, si individuano le possibili scelte strategiche adottabili dagli operatori di telefonia internazionale. In secondo luogo, si analizzano quali sono gli effetti, in termini di profitto e di quote di mercato, derivanti dalle strategie adottate dagli operatori aventi dimensioni relative diverse. Più nello specifico si analizzano le strategie che l’incumbent potrebbe attuare al fine di ostacolare la contendibilità del mercato, richiedendo di conseguenza un intervento regolatorio.
The evolution of the infrastructurial industries toward oligopolistic markets has increased the necessity of the interconnection and the complexity of the strategic interactions among enterprises. Object of this thesis is the analysis of the strategic choices of enterprises that operate in interconnected networks and the study of their interactions. Such strategic interactions represent a complex phenomenon. In fact, the interconnected networks are characterized by "two way" access that is largely treated in literature (Laffont, Tirole and Armstrong). Moreover, the interconnected networks have two key variables in the choice of their strategies: the retail price and the interconnection charge. Among the sectors of public utilities, I have chosen, as object of study, that of the international fixed telephony, since it has some important peculiarities. In fact it is interesting the analysis of the interconnection among networks belonging to two States different under various points of view: market contexts, legislative ties, catchment area dimensions. Therefore, it is interesting the analysis of the impact of microeconomic variables of a Country on network’s choices in the interconnected Country.
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Volpin, Cristina. "Evidence and Proof in EU Competition Law: Between Public and Private Enforcement." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2014. http://hdl.handle.net/11577/3423677.

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Abstract:
This thesis identifies the major evidential issues of EU competition law enforcement and the principles and rules on proof followed by the CJEU and the national courts to solve them. Analising the case law, the thesis considers how the decisions of the Luxembourg Courts influence the evaluation of evidence of English and Italian judges, both in the public and the private enforcement. Chapter I, after clarifying which rules govern evidential issues before the different authorities, tackles the nature of evidence and criticises its characterisation according to the traditional substance-procedure dichotomy. Chapter II explores the reasons why a significant degree of convergence is reached, well beyond the effet utile standard, by the case law of the CJEU and that of the analysed countries (England/Wales and Italy). It also shows that the peculiarities of the enforcement of EU competition law and the crucial role played by evidence in this field are important factors promoting the process of convergence. In Chapter III, the analysis is extended to the gathering of evidence. In this phase, despite the diversity characterising the national administrative procedures, convergence is promoted, on the one hand, by the coordination mechanisms provided by EU law to foster the free movement of evidence and, on the other, by the fundamental rights standards that Member States are bound to follow. The conclusions show how, having been tested by means of judicial integration, the adoption of uniform rules of evidence in EU competition law, complementing Article 2 of Regulation (EC) 1/2003, is conceivable and desirable.
La tesi esamina vari aspetti relativi alla prova nel diritto europeo della concorrenza, riguardo ai quali principi e regole comuni vengono adottate sia dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea che dalle corti nazionali. Attraverso l’analisi delle decisioni in materia di concorrenza, la tesi considera l’influenza esercitata dalla giurisprudenza della Corte di Lussemburgo sulla valutazione delle prove in due giurisdizioni nazionali, quella inglese e quella italiana, sia nel public che nel private enforcement. Il primo capitolo, dopo aver illustrato i regimi probatori applicati dalle diverse autorità, affronta il problema della natura della prova e propone una critica della tradizionale rigida distinzione tra profili sostanziali e procedurali. Il secondo capitolo esplora le ragioni per le quali un considerevole livello di convergenza viene raggiunto tra la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e la giurisprudenza delle corti degli Stati membri analizzati, ben oltre il rispetto del principio dell’effetto utile. Secondo la ricostruzione riproposta, il ruolo cruciale giocato dalla prova in questo campo e le peculiarità del sistema europeo della concorrenza sono fattori determinanti nel processo di ravvicinamento delle discipline probatorie. Nel terzo capitolo, l’analisi si sofferma sull’acquisizione e formazione della prova. In fase di raccolta della prova, nonostante la diversità che caratterizza i procedimenti amministrativi nazionali, la convergenza è stimolata, da un lato, dagli strumenti europei che promuovono la libera circolazione della prova e, dall’altro, dalla tutela dei diritti fondamentali che gli Stati membri sono tenuti a rispettare. L’analisi porta a concludere che alcuni principi uniformi in tema di prova nel diritto europeo della concorrenza siano già osservati dai giudici nazionali e che un corpo di norme comuni dovrebbe essere adottato, ad integrazione della scarna disciplina della prova contenuta nel Regolamento (CE) 1/2003.
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PETRINI, Maria Celeste. "IL MARKETING INTERNAZIONALE DI UN ACCESSORIO-MODA IN MATERIALE PLASTICO ECO-COMPATIBILE: ASPETTI ECONOMICI E PROFILI GIURIDICI. UN PROGETTO PER LUCIANI LAB." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251084.

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Abstract:
Con l’espressione “marketing internazionale” ci si riferisce a quell’insieme di attività adottate dall’impresa al fine di sviluppare o perfezionare la propria presenza sul mercato estero. Oggetto della presente ricerca è l’analisi degli aspetti problematici che tali attività sollevano sul piano giuridico: attraverso un approccio basato sull’integrazione della cultura economica del marketing d’impresa con quella più propriamente giuridica, l’indagine mira ad individuare le fattispecie di marketing rilevanti sotto il profilo giuridico e giuspubblicistico, ad analizzarne i profili che risultano più critici per l’impresa e proporre soluzioni concrete. La ricerca è stata condotta in collaborazione all’azienda Gruppo Meccaniche Luciani, che oltre ad essere un affermato fornitore di stampi per calzature, progetta design innovativi attraverso una sua articolazione organizzativa creativa, denominata Luciani LAB. L’impresa investe molto nell’innovazione, ed in questo senso, particolarmente significativo è stato l’acquisto di una potente stampante 3D, tecnologicamente all’avanguardia, che ha consentito all’azienda di progettare diversi prodotti, tra cui una borsa, realizzarli in prototipazione rapida, e successivamente renderli oggetto di specifiche campagne promozionali, illustrate nel presente lavoro. Viene evidenziato come queste rispecchino la peculiarità dell’approccio al marketing da parte della piccola/media impresa, descritto dalla dottrina maggioritaria come intuitivo ed empirico, distante da quello teorico e strategico del marketing management. La collaborazione con l’impresa partner del progetto ha costituito il riferimento principale per l’elaborazione del metodo con cui condurre la ricerca: l’azienda ha promosso i propri prodotti mediante diverse strumenti di marketing, come inserti pubblicitari su riviste, campagne di e-mail marketing e fiere di settore. Queste attività si distinguono tra esse non solo rispetto alle funzioni, alle differenti modalità con cui vengono impiegate e al pubblico cui si rivolgono, ma anche e soprattutto rispetto alla disciplina giuridica di riferimento: ognuna di esse infatti è regolata da un determinato complesso di regole e solleva questioni che si inseriscono in una specifica cornice giuridica. Al fine di giungere ad una sistematica trattazione dei profili giuridici connessi, si è scelto di classificare le diverse azioni di marketing in tre gruppi: quelle riferite alla comunicazione, quelle inerenti l’aspetto del prodotto e quelle che si riferiscono al cliente Per ognuna di queste aree si individua una precisa questione critica per l’impresa, e se ne trattano i profili problematici dal punto di vista giuridico. In relazione al primo gruppo, ovvero la comunicazione pubblicitaria d’impresa, si evidenziano le criticità connesse alla possibilità di tutelare giuridicamente l’idea creativa alla base del messaggio pubblicitario: si mette in discussione l’efficacia degli strumenti giuridici invocabili a sua tutela, in particolare della disciplina del diritto d’autore, della concorrenza sleale e dell’autodisciplina. Si prende come riferimento principale il contesto italiano, considerando la pluralità degli interessi pubblici, collettivi ed individuali coinvolti. Il secondo profilo d’indagine riguarda la disciplina giuridica riconducibile all’e-mail marketing, uno degli strumenti più diffusi di comunicazione digitale. L’invasività di questo sistema nella sfera personale dei destinatari impone l’adozione di adeguati rimedi da parte delle imprese per evitare di incorrere nella violazione delle disposizioni a tutela della privacy. Si trattano le diverse implicazioni derivanti dall’uso di tale strumento, in particolare quelle riferite al trattamento dei dati personali alla luce della normativa vigente in Italia e nell’Unione Europea, e connesse alle modalità di raccolta degli indirizzi e-mail dei destinatari potenzialmente interessati. Infine, la costante partecipazione alle fiere di settore da parte dell’azienda dimostra quanto l’esteriorità del prodotto costituisca uno strumento di marketing decisivo per la competitività aziendale, dunque grande è l’interesse dell’impresa a che il suo aspetto esteriore venga protetto dall’imitazione dei concorrenti. Il tema giuridico più significativo che lega il processo di marketing al prodotto dell’azienda è proprio la protezione legale del suo aspetto, ovvero la tutela del diritto esclusivo di utilizzarlo, e vietarne l’uso a terzi. L’aspetto di un prodotto può essere oggetto di protezione sulla base di diverse discipline che concorrono tra loro, sia a livello nazionale che sovranazionale, dei disegni e modelli, del marchio di forma, del diritto d’autore e della concorrenza sleale. Si è scelto di concentrare il lavoro, in particolare, sulla prima: si ricostruisce il quadro normativo e l’assetto degli interessi implicati dalla fattispecie, per arrivare ad evidenziare le principali criticità nell’interpretazione delle norme, sia a livello nazionale, che nell’Unione Europea. Si approfondiscono gli orientamenti di dottrina e giurisprudenza di alcune disposizioni chiave per l’applicazione della disciplina, quali gli artt. 6 e 7 del Regolamento CE, n. 6/2002, concernenti rispettivamente il «carattere individuale» e la «divulgazione», i due requisiti fondamentali per ottenere la registrazione e conseguente protezione giuridica del disegno. Tali nozioni sono soggette ad interpretazioni parzialmente difformi da parte dei giudici dei diversi Stati membri, e ciò contribuisce a minare l’applicazione omogenea della disciplina in tutto il territorio UE. In questo senso, viene messo in evidenza il ruolo chiave dell’orientamento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nell’interpretazione di tali concetti, avente l’effetto di uniformare l’approccio degli Stati. La Direttiva 98/71/CE ha introdotto la possibilità di cumulare la protezione conferita all’aspetto del prodotto dalla disciplina dei disegni e modelli con quella riconosciuta dalle altre normative. Tale previsione solleva questioni di rilievo sistematico e concorrenziale: ci si interroga su quali problemi di tipo sistematico e di concorrenza vengano sollevati dal riconoscimento su uno stesso prodotto della protezione sia come disegno che come marchio di forma, e sia come disegno che come opera dell’ingegno. In particolare nell’ambito del diritto dei marchi d’impresa e del diritto d’autore, le tutele hanno durata potenzialmente perpetua, diversamente dalla registrazione come disegno o modello, che garantisce la titolarità del diritto di utilizzare il proprio disegno in via esclusiva per un periodo limitato di massimo 25 anni. Questa differenza temporale rende il cumulo problematico sia a livello di coordinamento, che di concorrenza, poiché incentiva il sorgere di “monopoli creativi” sulle forme del prodotto. Il presente lavoro ha come obiettivo l’ampliamento della conoscenza sul tema del marketing con particolare riferimento ai profili giuridici che si pongono, con riguardo alla promozione del prodotto nell’ambito dell’Unione Europea. Si ritiene che il valore aggiunto e l’aspetto più originale della ricerca consista nella sua forte aderenza alla realtà della piccola/media impresa: tramite l’integrazione della ricerca giuridica e dello studio dei fenomeni di marketing si delineano i problemi pratici che questa si trova a dover affrontare nell’implementazione delle attività quotidiane di marketing. Tale indagine vuole essere utile a tutte le piccole/medie imprese che si trovano impreparate nell’affrontare le sfide poste dal marketing e nel conoscere le implicazioni giuridiche che da questo derivano.
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BERTILORENZI, MARCO. "Il controllo della sovrapproduzione. I cartelli internazionali nell’industria dell’alluminio in prospettiva storica, 1886-1945." Doctoral thesis, 2010. http://hdl.handle.net/2158/592644.

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BULGINI, Giulia. "Il progetto pedagogico della Rai: la televisione di Stato nei primi vent’anni. Il caso de ‹‹L’Approdo››." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251123.

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Abstract:
Non c’è dubbio sul fatto che la RAI, dal 1954 a oggi, abbia contribuito in misura considerevole a determinare la fisionomia dell’immaginario collettivo e dell’identità culturale dell’Italia. Si tratta di un assunto che, a distanza di più di sessant’anni, resta sempre di grande attualità, per chi si occupa della questione televisiva (e non solo). Ma a differenza di quanto avveniva nel passato, quando la tv appariva più preoccupata dei reali interessi dei cittadini, oggi essa sembra rispondere prevalentemente a dinamiche di mercato, in grado di alterarne la funzione etica e sociale. E nonostante il livello di istruzione e di benessere economico si siano evidentemente alzati, in questi ultimi anni si è assistito a programmi di sempre più bassa qualità e in controtendenza a un incremento del potere modellante e suggestivo sull’immaginario dei telespettatori. C’è di più: l’interesse verso la tv ha coinvolto anche gli storici dell’epoca contemporanea, i quali hanno iniziato a prendere coscienza che le produzioni audiovisive sono strumenti imprescindibili per la ricerca. Se si pensa ad esempio al ‹‹boom economico›› del Paese, negli anni Cinquanta e Sessanta, non si può non considerare che la tv, insieme agli altri media, abbia contributo a raccontare e allo stesso tempo ad accelerare i progressi economici e sociali di quell’epoca. Partendo, dunque, dal presupposto che la televisione da sempre esercita un potere decisivo sulla collettività, si è scelto di concentrarsi sulla fase meno indagata della sua storia, quella della televisione delle origini: ‹‹migliore›› perché senza competitor, ‹‹autentica›› perché incontestabile e soprattutto ‹‹pedagogica›› perché è di istruzione e di formazione che, quell’Italia appena uscita dalla guerra, aveva più urgenza. La storia della televisione italiana inizia il 3 gennaio 1954, con la nascita del servizio pubblico televisivo e insieme di un mezzo che, di lì a poco, avrebbe completamente rivoluzionato la società italiana, trasformandola in una civiltà di massa. Si accorciano le distanze territoriali e insieme culturali e la società inizia a omologarsi nei gusti, poi nei consumi e infine nel pensiero. Il punto d’arrivo si colloca negli anni Settanta, quando ha termine il monopolio della RAI, che fino a quel momento era stato visto come il garante del pluralismo culturale. La RAI passa dal controllo governativo a quello parlamentare, mentre si assiste al boom delle televisioni private e alla necessità della tv di Stato di stare al passo con la concorrenza, attraverso una produzione diversa da quella degli esordi. Dunque cambia la tv, come pure cambia la sua funzione e la forma mentis di chi ne detiene le redini. Ne risulta un’indagine trasversale, che passa nel mezzo di molteplici discipline che afferiscono alla materia televisiva e che non evita di porsi quelle domande scomode, necessarie tuttavia a comprendere la verità sugli artefici della prima RAI e sui loro obiettivi. E allora: qual era il valore attribuito alla televisione degli esordi? Era davvero uno strumento pedagogico? Sulla base di quali presupposti? Chi scriveva i palinsesti di quegli anni? Chi e perché sceglieva temi e format televisivi? Chi decideva, in ultima analisi, la forma da dare all’identità culturale nazionale attraverso questo nuovo apparecchio? Il metodo di ricerca si è articolato su tre distinte fasi di lavoro. In primis si è puntato a individuare e raccogliere bibliografia, sitografia, studi e materiale bibliografico reperibile a livello nazionale e internazionale sulla storia della televisione italiana e sulla sua programmazione nel primo ventennio. In particolare sono stati presi in esame i programmi scolastici ed educativi (Telescuola, Non è mai troppo tardi), la Tv dei Ragazzi e i programmi divulgativi culturali. Successivamente si è resa necessaria una definizione degli elementi per l’analisi dei programmi presi in esame, operazione resa possibile grazie alla consultazione del Catalogo multimediale della Rai. In questa seconda parte della ricerca si è voluto puntare i riflettori su ‹‹L’Approdo››, la storia, le peculiarità e gli obiettivi di quella che a ragione potrebbe essere definita una vera e propria impresa culturale, declinata in tutte le sue forme: radiofonica, di rivista cartacea e televisiva. In ultimo, sulla base dell’analisi dei materiali d’archivio, sono state realizzate interviste e ricerche all’interno dei palazzi della Rai per constatare la fondatezza e l’attendibilità dell’ipotesi relativa agli obiettivi educativi sottesi ai format televisivi presi in esame. Le conclusioni di questa ricerca hanno portato a sostenere che la tv delle origini, con tutti i suoi limiti, era uno strumento pedagogico e di coesione sociale. E se ciò appare come un aspetto ampiamente verificabile, oltreché evidente, qualora si voglia prendere in esame la televisione scolastica ed educativa di quegli anni, meno scontato risulta invece dimostrarlo se si decide – come si è fatto – di prendere in esame un programma divulgativo culturale come ‹‹L’Approdo››, che rientra nell’esperienza televisiva definita di ‹‹educazione permanente››. Ripercorrere la storia della trasmissione culturale più longeva della tv italiana degli esordi, per avvalorarne la funzione educativa, si è rivelata una strada interessante da battere, per quanto innegabilmente controversa, proprio per il principale intento insito nella trasmissione: diffondere la cultura ‹‹alta›› a milioni di telespettatori che erano praticamente digiuni della materia. Un obiettivo che alla fine della disamina si è rivelato centrato, grazie alla qualità della trasmissione, al suo autorevole e prestigioso groupe d'intellectuels, agli ascolti registrati dal ‹‹Servizio Opinioni›› e alla potenzialità divulgativa e penetrante della tv, nel suo saper trasmettere qualunque tematica, anche quelle artistiche e letterarie. Dunque se la prima conclusione di questo studio induce a considerare che la tv del primo ventennio era pedagogica, la seconda è che ‹‹L’Approdo›› tv di questa televisione fu un’espressione felice. ‹‹L’Approdo›› conserva ancora oggi un fascino innegabile, non foss’altro per la tenacia con la quale i letterati difesero l’idea stessa della cultura classica dal trionfo lento e inesorabile della società mediatica. Come pure appare ammirevole e lungimirante il tentativo, mai azzardato prima, di far incontrare la cultura con i nuovi media. Si potrebbe dire che ‹‹L’Approdo›› oggi rappresenti una rubrica del passato di inimmaginata modernità e, nel contempo, una memoria storica, lunga più di trent’anni, che proietta nel futuro la ricerca storica grazie al suo repertorio eccezionale di immagini e fatti che parlano di arte, di letteratura, di cultura, di editoria e di società e che raccontano il nostro Paese e la sua identità culturale, la stessa che la televisione da sempre contribuisce a riflettere e a delineare. Lo studio è partito da un’accurata analisi delle fonti, focalizzando l’attenzione, in primo luogo, sugli ‹‹Annuari della Rai›› (che contengono le Relazioni del Cda Rai, le Relazioni del Collegio Sindacale, i Bilanci dell’Esercizio e gli Estratti del Verbale dell’Assemblea Ordinaria). Altre fonti prese in esame sono gli stati gli opuscoli di ‹‹Servizio Opinioni››, le pubblicazioni relative a studi e ricerche in materia di televisione e pedagogia e le riviste edite dalla Rai Eri: ‹‹Radiocorriere tv››, ‹‹L’Approdo Letterario››, ‹‹Notizie Rai››, ‹‹La nostra RAI››, ‹‹Video››. Negli ultimi anni la Rai ha messo a disposizione del pubblico una cospicua varietà di video trasmessi dalle origini a oggi (www.techeaperte.it): si tratta del Catalogo Multimediale della Rai, che si è rivelato fondamentale al fine della realizzazione della presente ricerca. Altre sedi indispensabili per la realizzazione di questa ricerca si sono rivelate le due Biblioteche romane della Rai di Viale Mazzini e di via Teulada.
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Books on the topic "Concorrenza internazionale"

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Venturini, Gabriella. Servizi di telecomunicazione e concorrenza nel diritto internazionale e comunitario. Torino: G. Giappichelli, 1996.

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2

Guerrieri, Paolo. Concorrenza imperfetta e politiche commerciali: Un approccio di economia politica internazionale. Milano, Italy: F. Angeli, 1989.

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3

Tecnocrati e mercanti: L'industria italiana tra dirigismo e concorrenza internazionale (1945-1950). Milano, Italia: SugarCo, 1986.

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