Academic literature on the topic 'Comunicazione dello spazio'

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Journal articles on the topic "Comunicazione dello spazio"

1

Voltolin, Adriano. "Tra Benjamin e Freud: la cittŕ come trasformazione dello spazio." COSTRUZIONI PSICOANALITICHE, no. 22 (December 2011): 9–26. http://dx.doi.org/10.3280/cost2011-022002.

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Abstract:
L'autore propone, sulla scorta degli studi di Abraham, Ferenczi e, piů recentemente, di Resnik, una lettura della cittŕ come spazio esterno al soggetto da preservare da esperienze eccessivamente inquietanti, ma anche capace di consentire l'esperienza dell'esplorazione e del nuovo. Le metropoli contemporanee paiono invece essere concepite come luogo nel quale l'esperienza dello spazio viene soppressa e questo viene ridotto a ostacolo da superare il piů rapidamente possibile per mezzo delle vie di comunicazione che debbono essere le piů veloci possibili. Si presentano cosě situazioni ove l'organizzazione urbana ha due sole dimensioni: quella della casa-tana entro la quale rifugiarsi e quella invece della strada nemica da presidiare con la polizia.
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Lanza, Anna Maria, Virginia Giannotti, Grazia Ciardulli, and Teresa Iole Carratelli. "Rimembrare, rammentare e ricordare in psicoanalisi. Il "prendere forma del ricordo" nei bambini con disturbi psicosomatici nel pensiero di Adriano Giannotti." PSICOANALISI, no. 2 (January 2011): 53–67. http://dx.doi.org/10.3280/psi2010-002006.

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Abstract:
Le Autrici riflettono sul ruolo che hanno i vari tipi di memoria, implicita, sensoriale, esplicita ed episodica nella formazione dell'Inconscio e nello sviluppo della mente infantile. In particolare evidenziano i principali contributi scientifici di Adriano Giannotti sugli stadi iniziali dello sviluppo infantile normale e patologico e sul ruolo che hanno la madre e la relazione della coppia genitoriale in senso lato come processo trasformativo anche delle memorie corporee indicibili nelle memorie verbali. Le Autrici condividono con Adriano Giannotti l'idea che una visione piů complessa della memoria e dell'inconscio richieda un approccio integrato tra il punto di vista delle neuroscienze e quello psicoanalitico. Il trattamento psicoanalitico del bambino, dell'adolescente e dell'adulto ha permesso ad Adriano Giannotti, come alle Autrici, di studiare il come prendono forma i ricordi nei piccoli pazienti con disturbi psicosomatici, il gioco dialettico tra percezione, rappresentazione e memoria, tra comunicazione inconscia e comunicazione dell'inconscio rimosso e di come la cornice analitica facilita l'acquisizione di uno spazio mentale, dove la creazione di un linguaggio comune č tesa a una co-costruzione del ricordo.
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Amadori, Arrigo. "La configuración de un canal de interacción entre el espacio rioplatense y Madrid: la procuraduría cortesana de Manuel de Frías (1611-1620)." CHEIRON, no. 1 (January 2022): 121–42. http://dx.doi.org/10.3280/che2020-006.

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Abstract:
Questo lavoro analizza l'ufficio di procuratore che Manuel de Frías tenne a Madrid, tra il 1614 e il 1618, per rappresentare e difendere gli interessi delle città che componevano la provincia del Paraguay e del Río de la Plata. La permanenza a corte di questo agente costituisce un modo di affrontare il problema della configurazione di un canale di interazione tra lo spazio rioplatense e la corte, poiché inserisce l'ufficio del procuratore in una cornice più ampia di rappresentanza regionale. Questo approccio non solo ci permette di mettere in relazione la gestione cortigiana con le dispute di potere vissute nella stessa città di Buenos Aires, ma anche con i processi di regolamentazione normativa del commercio rioplatense, l'articolazione territoriale e la ridefinizione giurisdizionale che interessarono gran parte del sud-est dell'Audiencia de Charcas. Questo approccio al principale canale di interazione tra i cabildos dello spazio rioplatense e la Corona si è inserito e ha acquisito la sua fisionomia in un campo di comunicazione e negoziazione costituito attraverso l'azione di molteplici agenti che rappresentano interessi che, eventualmente, possono essere diversi, concomitanti o contraddittori.
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4

Zöller, Wolf. "Saeculum obscurum – der epigraphische Befund (ca. 890–1000)." Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 99, no. 1 (November 1, 2019): 79–114. http://dx.doi.org/10.1515/qufiab-2019-0007.

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Abstract:
Riassunto Questo saggio offre gli esiti di un’indagine condotta sulla produzione epigrafica della Roma altomedioevale, ponendo in particolare l’accento sugli aspetti topologici e materiali delle iscrizioni commissionate da parte dei vescovi romani e degli esponenti della nobiltà cittadina durante il X secolo. Nonostante esistano ponderosi corpora che raccolgono le iscrizioni romane, manca purtroppo a tutt’oggi una rassegna specifica della produzione epigrafica dell’Urbe per il periodo che va dall’anno 890 all’anno 1000, periodo comunemente noto come saeculum obscurum. Proprio le testimonianze epigrafiche, invece, consentono di giungere a una comprensione più profonda del linguaggio materiale e dei meccanismi di comunicazione utilizzati per la rappresentazione del potere all’interno della struttura urbana della città di Roma. Due casi di studio, riguardanti, da un lato, gli epitaffi papali conservati nella basilica di S. Pietro e, dall’altro, le iscrizioni commemorative nella basilica di S. Giovanni in Laterano dimostrano come le epigrafi siano state opportunamente ed efficacemente integrate all’interno del contesto architettonico e liturgico. Un’organizzazione più attenta dello spazio epigrafico permise infatti una interazione per così dire intensificata tra le iscrizioni e il loro contesto tanto materiale che sociale, in particolare nel momento della controversia che coinvolse papa Formoso e della ricostruzione, così carica di valori anche simbolici, della cattedrale di Roma, quando i papi rivali si misero in competizione per il controllo dello spazio urbano. Seguendo un comportamento analogo, gli esponenti dell’aristocrazia cittadina utilizzarono lastre marmoree dalle dimensioni considerevoli al fine di esibire e consolidare in forme monumentali la loro posizione politica dominante. Soprattutto i famosi Teofilatti occuparono, per così dire, le basiliche patriarcali di S. Lorenzo fuori le mura e S. Maria Maggiore per custodirvi la memoria famigliare, mentre le iscrizioni commemorative delle loro imprese edilizie attestavano il loro sforzo di ridefinire il paesaggio urbano di Roma.
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D'Aprile, Patrizia, and Licia Versari. "Un gruppo di genitori tossicodipendenti in carcere. Ottica psicoanalitica e applicazioni dello psicodramma analitico." GRUPPI, no. 3 (May 2010): 77–90. http://dx.doi.org/10.3280/gru2009-003004.

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Abstract:
Questo articolo descrive un'esperienza terapeutica di gruppo a breve termine, secondo l'ottica teorica della psicoanalisi e dello psicodramma analitico. L'esperienza č stata realizzata nella Sezione Attenuata per Tossicodipendenti della Casa Circondariale di Forlě. Il gruppo era composto da genitori detenuti con problematiche, presenti o passate, di tossicodipendenza. Nel carcere, dove di solito ci si riconosce attraverso vari stereotipi (il tossicodipendente, il delinquente, il capo), abbiamo voluto costruire uno spazio in cui le persone potessero s-coprirsi in immagini differenti. Il genitore: era questa l'identitŕ con cui presentarsi all'altro, e attraverso cui pensarsi, in questo modo č emersa la parte piů singolare di ognuno. L'articolo mette in evidenza la difficoltŕ di svolgere un'attivitŕ psicoterapeutica nell'ambiente carcerario, cosě intrusivo e profondamente segnato da un mandato punitivo e di controllo. Inoltre, si sottolinea come gran parte del lavoro in tale contesto sia stato quello di favorire nei partecipanti il passaggio dalla lamentazione alla riflessione, fondamentale per un lavoro su di sé. Si percorrono, attraverso frammenti di sedute, quelle che sono state le principali tematiche emerse: dalla necessitŕ di una comunicazione autentica alla trasmissione generazionale, dagli interrogativi sul ruolo paterno alla scoperta delle proprie fragilitŕ.
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Malagrinò, Ilaria. "Intimità e social media. Una riflessione a partire dal pensiero di Michel Henry." Medicina e Morale 69, no. 1 (April 20, 2020): 71–87. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2020.608.

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Abstract:
L’avvento delle nuove tecnologie mediatiche ha facilitato il diffondersi della cultura emotiva. Sotto gli imperativi dello sharing e del disclosure agli utenti viene chiesto di identificare e razionalizzare il loro intimo. Le emozioni vengono dette e categorizzate, fissate nello spazio virtuale, esternate e oggettivate attraverso mezzi visivi di rappresentazione e linguaggio, diventando così narrazioni fruibili dal grande pubblico dei followers. Le interazioni on line, proprio perché mediate dallo schermo, hanno liberato gli individui dalla paura del faccia a faccia e del giudizio sociale, favorendo sicuramente una maggiore condivisione. Tuttavia, l’anonimia dei mezzi espressivi fa sì che le intimità digitali siano, come direbbe Illouz, “fredde”, con il risultato apparentemente contraddittorio dell’aumento di ciò che Kristeva definisce come “nuove malattie dell’anima”, in cui gli individui sperimentano ciò che il soggetto depresso prova nel suo isolamento, ovvero il sentirsi separato dalle altre persone e dalla comunicazione. Scopo del presente contributo è, pertanto, analizzare le modalità di manifestazione dell’intimità, utilizzando le riflessioni tracciate in merito da Michel Henry, al fine di comprendere cosa è andato perso nella contemporaneità.
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Balaguer Callejón, Francisco. "L'impatto dei nuovi intermediari dell'era digitale sulla libertà di espressione." CITTADINANZA EUROPEA (LA), no. 1 (August 2021): 33–62. http://dx.doi.org/10.3280/ceu2021-001002.

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Abstract:
Le nuove tecnologie hanno un impatto sia positivo che negativo sulla libertà di espressio-ne, sui diritti costituzionali e sui processi democratici. Tale incidenza è stata positiva nelle fasi iniziali di sviluppo del Web e in particolare nelle prime fasi del Web 2.0, quando Internet era progettato in modo più partecipativo e cooperativo. Negli ultimi anni, tuttavia, sono emersi processi gerarchici di organizzazione di informazioni e dati ad opera di grandi socie-tà tecnologiche che si pongono come nuovi intermediari tra utenti e sfera pubblica. La libertà di espressione è attualmente condizionata da questi intermediari che controllano i processi di comunicazione. L'articolo si propone di riflettere sul ruolo di questi nuovi intermediari in relazione alla configurazione della sfera pubblica nei sistemi democratici, mettendone in rilievo l'impatto riguardo alla libertà di espressione nell'ambito dei rapporti tra sfera pub-blica e privata e tra sfera statale e globale. In questi ambiti la capacità di regolazione e con-trollo da parte dello Stato si indebolisce a fronte del potere di queste grandi società che occu-pano e monopolizzano uno spazio pubblico dove la libertà di espressione viene ridotta a merce, tanto che informazioni e opinioni si trasformano in dati monetizzabili, attraverso gli algoritmi delle applicazioni Internet. In tal modo l'utilizzo di questi algoritmi, allo scopo di promuovere fake news e radicalizzazione per attirare l'attenzione del pubblico e generare maggiori guadagni, rischia di distruggere una percezione sociale condivisa della realtà. Tra le tante misure che possono essere adottate, spiccano quelle legate al diritto della concorren-za, ovvero basate su misure previste da regolatori istituzionali e volte ad ostacolare una concentrazione ancora maggiore di potere monopolistico. Tuttavia, invece di restrizioni, sarebbe preferibile lasciare spazio a una tecnologia aperta che ponga fine alla natura chiusa e gerarchica delle applicazioni.
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Wallace-Hadrill, Andrew. "The Social Structure of the Roman House." Papers of the British School at Rome 56 (November 1988): 43–97. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200009569.

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Abstract:
LA STRUTTURA SOCIALE DELLA CASA ROMANAL'aristocrazia romana della Tarda Republica e del Primo Impero costruiva e decorava le proprie case in modo così dispendioso non solo per esibire la propria ricchezza con un consumismo così cospicuo ma piuttosto per ottenere un ambiente idoneo a dei precisi modi di vita. Forme e decorazioni architettoniche possono essere interpretate come linguaggio di comunicazione sociale. Le strutture essenziali della casa romana, come attestano quelle che restano nell'area vesuviana, riflettono distinzioni di rango sociale piuttosto che di sesso ed età come invece accade in una abitazione familiare moderna. Come nella casa formale dell'Europa della prima era moderna la preoccupazione maggiore era quella di stabilire precedenze di privilegi e intimità. A questo scopo sia la forma che la decorazione architettonica, in particolare quella parietale dei IV Stili Pompeiani attingono al linguaggio dell'architettura pubblica per accentuare il senso dello spazio privato usando riferimenti idiomatici di quello pubblico. Vista in questa luce, l'architettura domestica romana diventa un prezioso documento di storia sociale per capire più profondamente il quale sarà necessario rivalutare questo materiale liberandoci di alcuni pregiudizi tradizionali.
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Anzera, Giuseppe, and Alessandra Massa. "Chi ha paura di Internet? Le piattaforme online nei processi di radicalizzazione e di deradicalizzazione." EDUCATIONAL REFLECTIVE PRACTICES, no. 1 (October 2021): 122–38. http://dx.doi.org/10.3280/erp1-special-2021oa12471.

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Abstract:
Radicalizzazione online e self-radicalization sono aree ancora poco analizzate all'interno della gamma dei fenomeni che conducono all'inasprimento ideologico e all'estremismo violento. In questo articolo, si esploreranno le principali ragioni dello stretto legame tra piattaforme online e pratiche di radicalizzazione e interventi di deradicalizzazione legati alle ideologie di matrice islamista. Le traiettorie di radicalizzazione dipendono da numerose direttrici incrociate: predisposizioni individuali e disposizioni contestuali; motivazioni psicologiche e questioni materiali; rivendicazioni identitarie e moventi politici. In questo senso, la costruzione narrativa delle esperienze, soprattutto dei giovani soggetti di seconda generazione, è determinante nel comprendere gli autoposizionamenti dei soggetti radicali, e nel ricostruire il display delle esperienze individuali. Le piattaforme, e più in generale i media, si configurano quindi come spazio di costruzione della realtà sociale. I mezzi di comunicazione digitali si sono dimostrati particolarmente efficaci nella disintermediazione delle pratiche di partecipazione politica: per quanto riguarda la radicalizzazione, queste si dimostrano rilevanti per finalità strumentali e per utilizzi comunicativi, incidendo sull'organizzazione e sulla socializzazione ai fenomeni radicali, mentre favoriscono la rappresentazione pubblica e la propaganda di tali fenomeni. Seppure il peso maggiore delle dinamiche di radicalizzazione sia imputabile a processi politici e sociali offline, alcune tecnicalità delle piattaforme interferiscono con le dinamiche di polarizzazione. Negli ultimi anni sono nate una serie di iniziative volte a limitare l'impatto delle piattaforme sulla radicalizzazione: queste iniziative coinvolgono attori pubblici, privati e organizzazioni di attori autonomi. Il contrasto della radicalizzazione online deve utilizzare strategie flessibili, contro-narrazioni e media literacy.
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Russo, Vittoria. "Storia di una battaglia senza guerra." EDUCAZIONE SENTIMENTALE, no. 37 (September 2022): 92–102. http://dx.doi.org/10.3280/eds2022-037008.

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Abstract:
Parlare di disabilità in un contesto di psicoterapia psicoanalitica non è usuale, ancora meno quando ci si confronta con disabilità sensoriali specifiche. Consideriamo la sordità, la possibilità di incontrare un paziente sordo, di interagire con lui in maniera diretta utilizzando come strumento di comunicazione la LIS (Lingua Italiana dei Segni). La terapia diventa in questo modo un viaggio nel viaggio, tanto per la terapeuta che incontra il paziente quanto per la persona sorda che decide in maniera autonoma di entrare in contatto con un soggetto udente, che utilizza la sua modalità di interazione con il mondo della sordità. Il setting della terapia, che prende forma dalla sua concretezza nell'essere prima di tutto luogo dell'incontro di due persone, poco per volta diventa luogo dell'incontro di due menti, due sensibilità, due mondi. Nella psicoterapia con i pazienti sordi le caratteristiche del setting sembrano ampliarsi, acquistano una forma tridimensionale: ci sono corpi che si incontrano, stili narrativi che prendono forma attraverso l'utilizzo di una lingua nuova definita da regole specifiche, segni, significati come nell'interazione con una lingua straniera. Paziente e terapeuta si conoscono anche attraverso l'espressione dello stile narrativo, dell'utilizzo delle mani per segnare, delle modalità di interazione di quelle mani sui propri corpi nell'esecuzione del segno. Si tratta di un viaggio affascinante, complesso e faticoso. Lo sguardo tra paziente e terapeuta a volte celato, negato o desiderato in altri casi, nell'incontro con la persona sorda diviene forma essenziale del setting: è importante lo sguardo che si rivolge al segno disegnato dalle mani, è rilevante lo sguardo che si posa sui volti per coglierne espressioni e caratteristiche elementi fondamentali nella LIS. L'incontro con Edoardo, giovane paziente adulto all'epoca del primo contatto per iniziare una terapia, presenta poco per volta la trama di una narrazione mai ascoltata ma forse ancora prima mai narrata. Nei segni che quasi timidamente si concedono paziente e terapeuta si coglie l'evoluzione di un percorso, che all'interno del setting prende forma e si trasforma. Edoardo cresce, la sua terapeuta insieme a lui e il luogo delle sedute diventa momento prezioso di condivisione emotiva ed affettiva. Il desiderio di autonomia di Edoardo, i suoi progetti delineati all'interno della terapia un giorno purtroppo vengono bruscamente tagliati, negati da un ambiente familiare chiuso e intimorito di fronte ai progressi del figlio. Edoardo esce di scena, costretto ad abbandonare il luogo della terapia diventa nuovamente sordo di fronte alle sue possibilità di crescita. Il setting della terapia perde la presenza di Edoardo, il tempo si dilata e i mesi diventano anni nel ricordo della sua assenza. L'irrompere nella vita di tutti della pandemia stravolge ritmi e consuetudini, le terapie cercano nuovi assetti per definire nuove forme di incontro e far fronte alla nuova realtà. In questo clima Edoardo dopo anni decide di riprendere la sua terapia, di ridare forma viva al setting del suo lavoro clinico. Edoardo desidera l'incontro in presenza, l'utilizzo delle mascherine simbolicamente gli ha fatto sentire il dolore provato per la negazione della comunicazione, con emozione ritrova il suo luogo con la sua terapeuta e può riprendere la trama della sua narrazione. Il lavoro con Edoardo permette di cogliere la specificità del setting, che ha trovato spazio nella mente del paziente, facendogli compagnia durante gli anni di assenza dal luogo della terapia. Edoardo ha custodito dentro di sé il senso del lavoro terapeutico, è riuscito ad ascoltarsi e riconoscere nella ricerca del setting perduto la voce di quella relazione che lo ha fatto sentire vivo.
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Dissertations / Theses on the topic "Comunicazione dello spazio"

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QUERCI, LAURA. "L'impatto delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT) sulla nascita di comunità e spazi ibridi." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2016. http://hdl.handle.net/10281/137417.

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Abstract:
Information technology, the web in particular, has played and continue to play a crucial role in today's society. The Network becomes one of the structural elements of the post-modern man and it helps to activate and shape new forms of sociability and community, based on multiplicity, on plurality and on diversity management. "Society of flows" is a mobile society, also known to be "light" since the communication is very fast, where space and time seem to contract and expand, and the relationships with them. This research aims to investigate: how and to what extent technology supports the creation of a community? When does it become part of the thinking and acting in everyday life? Is there the need to "re-embedding", building communities founded on the territory? How do you create a culture of common practices that make such a community hybrid, through the sharing and exchange of knowledge on a virtual terrain? To answer these questions, the research path is articulated through a survey structured on four levels: a "secondary analysis" that is based on information coming from the network (websites) of the selected communities, a qualitative interviews with stakeholders, the 'participant' observation and a quantitative questionnaire on the case of Milan. Starting from the construction of a synthetic picture of the realities considered by analyzing the sites, the thesis aims, at first, to the creation of reference models for communities that can share knowledge and promote local initiatives, as well as self- sustain itself. This allows the creation of community types that can be useful for the first phase of the research of the tesis'. Once structured, these models proceed to the creation of an effective system of indicators and sustainability. Then it moved to the structuring of a ladder of questions to be used for the interviews to stakeholders and, finally, has been prepared and submitted to a quantitative questionnaire in order to obtain the user's profile. The focus of the survey leaves out a new relational dimension, in spaces defined "hybrid" by virtue of their being places of relationships that are, simultaneously, virtual and proximity. Open questions, which disclose the exploratory nature of the research work and on which the argument ends, emphasize the need and importance, especially for the public administration, of framing social innovation in terms of credible support to initiatives that lead to the creation of communities and community networks in order to operate with the vision.
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ROCCA, Rossella. "L'attaccamento ai luoghi come modello interpretativo delle relazioni dell'uomo con la cultura. Una ricerca su un campione di ragazzi tunisini della città di Mazara del Vallo." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2014. http://hdl.handle.net/10447/91028.

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Abstract:
L'attaccamento al luogo è un essenziale bisogno umano in grado di nutrire il senso dell'identità di individui e collettività, a prescindere dai cambiamenti della società. Intento principale in questo lavoro di tesi è quello dell'integrazione, legato al fenomeno dell' intercultura. Il lavoro di tesi è riferito nello specifico nella città di Mazara del Vallo, centro nevralgico di incontro di culture. Ho scelto di indagare la percezione del luogo da parte della popolazione immigrata, coinvolgendo in particolare gli adolescenti che costituiscono la cosiddetta "seconda generazione", e confrontandone le opinioni con quelle espresse dai coetanei autoctoni. L'aspetto più propriamente statistico riguarda la rilevazione delle proiezioni sociali e geografiche dei ragazzi tunisini in corrispondenza con i coetanei mazaresi. Il lavoro consta di tre parti: - L'analisi dei dati sulla presenza tunisina nella città e sull'inserimento dei giovani tunisini nel tessuto locale; - La lettura eziologica della ricerca i cui dati seguono un ordine preciso sulla base della dipendenza tra lingua per comunicare ed inserimento sociale. - Le possibili strategie di integrazione culturale al fine di riconsiderare le forme del rapporto tra i giovani tunisini e i giovani mazaresi. E' questo il punto focale della ricerca, ovvero il luogo ideale in cui realizzare l'intervento strategico, atto a determinare l'abitus formativo della pari interazione sociale. La zona di mediazione diventa formalmente lo spazio condiviso. In questo senso sono state sperimentate le strategie di cooperative Learning, che in un contesto di pluralismo possono favorire la partecipazione di tutti ai processi di costruzione della conoscenza di sé, delle proprie realtà, delle culture. In ogni attività di cooperativa svolta gli esiti si sono rivelati sempre positivi. Il lavoro cooperativo ha sviluppato competenze nella comunicazione.
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GHAZI, ELNAZ. "NUOVI ORIZZONTI E NUOVE POTENZIALITA’ DELLO SPAZIO PUBBLICO INTERAZIONE, SOCIALITA’, COMUNICAZIONE, TECNOLOGIE, NEUROSCIENZA." Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11573/947286.

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Abstract:
iflessione sull’apporto che potrebbe fornire una tecnologia avanzata (Brain computer Interface Technology, BCI) per la progettazione di nuovi spazi pubblici rigeneranti, ovvero spazi che assicurino un ottimo funzionamento delle attività a cui sono destinati e che determinino una tale esperienza per l’utente da ottimizzare il suo stato psicofisico e, quindi, la sua perfomance, aumentando la capacità di interazione sociale tra utenti-utenti e d’interazionetra utenti-spazio architettonico. Infine, per stati avanzamenti che non si trattera nella tesi , sto facciendo una parte sperimentale che si presentera nel discusione e si prevede uno studio fondato sulle conoscenze della Neuro estetica, essendo quest’ultima una delle frontiere contemporanee della neuroetica che approfondisce i rapporti tra arte e neuroscienze e psicoterapia (approccio interdisciplinare alla percezione e al senso artistico). In effetti, la scoperta della specializzazione funzionale del “cervello visivo”, ha indotto a considerare la visione come un processo attivo e dinamico, applicabile anche all’arte e all’architettura. Inoltre, entrando nella psicoterapia clinica come valido mezzo d’accesso a strati profondi della coscienza, si possono utillizare i dati analizzati attraverso la neuro estetica per la progettazione degli spazi pubblici, in particolare spazi finalizzati al potenziamento dell’interazione sociale. La neuro estetica si basa sulla teoria dell’Einfühlung (elaborata da Robert Vischer nel 1873 in Über das optische Formgefühl, e da Theodor Lipps in Aesthetik, 1903-06) la quale, insistendo sul fondamento psichico dell’esperienza artistica, costituisce il primo tentativo di integrare la teoria estetica con un metodo di tipo empirico, avviando a una psicologia dell’arte e dell’ architettura e allo studio della percezione visiva. Obbiettivo della dissertazione L’obiettivo è la definizione di una nuova metodologia trans-disciplinare che sia capace di unire gli strumenti dell’architettura con quelli delle neuroscienze, al fine di soddisfare oltre che i bisogni fisici e funzionali anche quelli spirituali, emotivi e psicologici. Secondo questa nuova concezione, le architetture sarebbero dotate di una intelligenza superiore, fornite di potenti sensori capaci di interpretare, decifrare e analizzare i segnali multipli involontariamente creati dagli esseri umani, in particolare le onde cerebrali, carpite attraverso l’utilizzo della tecnologia Brain computer Interface (BCI) e delle tecnologie indossabili come l’EEG (Elettroencefalografia): l’obbiettivo di questo studio è quello di elaborare delle proposte concrete di applicabilità agli spazi pubblici. Destinataria della ricerca La ricerca è di intresse per tutti i progettisti che vengono chiamati a pensare al fututo degli spazi pubblici; per le amministrazioni dell’ architettura che decidono di adottare piani di sviluppo di tipo Neuroarchitectural; per studiosi a cui interessa l’approfondimento dell’interdisciplinarità tra Neuroscienza e Architettura .
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TAGLIAMONTE, ROSA. "L'educazione scientifica: formare, innovare, comunicare la cultura scientifica nella società della conoscenza. Il caso dello Spazio." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11573/1081124.

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Abstract:
L’Unione europea riconosce da tempo il peso ricoperto dalla scienza, dalla tecnologia e dall’innovazione per la propria prosperità economica e sociale. Ciò nonostante, i risultati conseguiti dagli studenti europei nelle indagini internazionali condotte dall’Organisation for Economic Co-operation and Development (OECD) e dall’International Association for the Evaluation of Educational Achievement (IEA) evidenziano, generalmente, una carenza di preparazione adeguata nelle materie scientifiche e in matematica e, nello specifico caso italiano, mettono in luce una frattura fra Nord e Sud, con risultati tendenzialmente più bassi nelle scuole del Mezzogiorno. In Italia, così come nei principali paesi europei, il calo delle immatricolazioni alle facoltà scientifiche e, in particolare, alle classi di lauree delle scienze cosiddette dure, come la matematica, la fisica e la chimica, registrato negli anni scorsi, ha destato preoccupazioni relativamente alla capacità del sistema Paese di rispondere alla domanda, da parte del mondo industriale, di ricercatori e tecnici altamente qualificati. A ciò si aggiungono le inchieste di opinione su scienza e tecnologia condotte da Eurobarometro, che sottolineano la scarsa diffusione delle conoscenze scientifiche e tecnologiche nella società europea della conoscenza. L’educazione scientifica deve essere in grado di rispondere alle nuove esigenze e alle sfide, considerando i bisogni reali della società in ambito tecnico-scientifico e promuovendo in tutti cittadini lo sviluppo di atteggiamenti positivi verso la scienza e la tecnologia al fine di arginare la sfiducia e le reazioni avverse ai sistemi esperti che, nelle nostre società moderne, raccolgono e organizzano un sapere tecnico-scientifico codificato di cui la maggior parte di noi conosce ben poco e che influisce in maniera continuativa in molti aspetti del nostro agire. In questo scenario l’educazione scientifica e la comunicazione pubblica della scienza rappresentano attività chiave per fornire ai cittadini le abilità di base utili a orientarsi nel mondo contemporaneo e per rendere le carriere tecnico-scientifiche più allettanti ai giovani. Allo stesso tempo, è necessario che la scuola prefiguri strategie didattiche rinnovate per migliorare il binomio insegnamento-apprendimento in ambito tecnico-scientifico, sfruttando le opportunità offerte dal mondo della ricerca attraverso percorsi educativi capaci di stimolare l’interesse e la competenza degli studenti e di orientare le loro scelte verso percorsi formativi e carriere tecnico-scientifiche. Lo studio, partendo dalla contemporanea riscoperta sociale dell’educazione scientifica e della comunicazione pubblica della scienza, studia il caso dello Spazio, settore che offre molte opportunità per le attività di educazione e di diffusione della cultura scientifica, vista la grande attrattività che esercitano i programmi spaziali nell’immaginario collettivo. L’ipotesi è che le opportunità offerte dalla scuola, dalle università e dai centri di ricerca devono trovare un punto di incontro affinché siano produttivi l’uno per l’altro. In tal senso, lo svolgimento di un percorso educativo che rende il contesto Spazio ideale per l’insegnamento e l’apprendimento delle discipline correlate alle STEM - Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica - finalizzato al coinvolgimento delle giovani generazioni e basato sull’interazione tra mondo della scuola e quello della ricerca, può contribuire a sviluppare e mantenere l’interesse dei giovani per la scienza e la tecnologia, con un obiettivo più a lungo termine di concorrere alla creazione di una società basata sulla conoscenza, garantendo forza lavoro qualificata nel settore delle attività spaziali e non solo. Al pari delle altre tipologie di organizzazione, le agenzie spaziali hanno dimostrato negli anni un accresciuto interesse alle politiche educative, al punto da ridefinire la propria struttura interna e intervenire con apposite iniziative di diffusione della cultura scientifica e spaziale. Quanto fatto in Europa dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e in Italia dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) rappresenta un esempio del fenomeno che ha portato le agenzie spaziali di tutto il mondo ad attivarsi per arginare il preoccupante fenomeno della fuga dagli studi di carattere tecnico-scientifico. La ricerca ha studiato l’European Space Education Resource Office (ESERO), il progetto dell’ESA destinato alle scuole primarie e secondarie, che si inserisce nel campo dell’educazione formale e utilizza le potenzialità offerte dai contesti informali per accrescere l’alfabetizzazione e la competenza scientifica dei giovani nelle STEM. Il progetto prevede la creazione, negli Stati membri dell’ESA, di uffici nazionali che operano in collaborazione con i principali stakeholder in ambito formativo e scientifico per offrire risorse didattiche e percorsi formativi, in particolare per gli insegnanti, utilizzando lo Spazio come contesto di insegnamento-apprendimento delle STEM. Il lavoro ha analizzato lo scenario italiano di istruzione in ambito tecnico-scientifico al fine di comprendere se e in che modo realizzare il progetto ESERO anche in Italia: è stata svolta un’analisi documentale sulle Indicazioni nazionali e le Linee guida emanate dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) e un’intervista a due dirigenti dello stesso ministero in qualità di testimoni privilegiati. Successivamente, sono stati presi in esame i processi che hanno portato i Paesi Bassi, l’Irlanda e il Regno Unito a costituire un ufficio ESERO; anche in questo caso le informazioni sono state raccolte mediante intervista e analisi documentale. Il progetto ESERO, nei Paesi dove è stato realizzato, ha dimostrato di essere capace di offrire sostegno ai sistemi nazionali di istruzione, proponendo una filiera educativa che declina nei vari contesti nazionali tre elementi fondamentali: il collegamento tra la formazione e il mondo del lavoro; l’opportunità di imparare facendo; il sostegno alla formazione continua. Le tre esperienze nazionali di ESERO prese in esame hanno evidenziato elementi simili che sono stati segnalati come positivi ai fini dell’attuazione e della diffusione del progetto a livello Paese. Sulla base degli elementi caratterizzanti ESERO e dei punti positivi emersi nel corso dell’esame dei tre casi internazionali, è stato ipotizzato che anche in Italia il progetto sia in grado di offrire soluzioni adeguate per migliorare i punti di debolezza del sistema scolastico nazionale. È stato così proposto un progetto di ESERO Italia che prova a rispondere, oltre agli obiettivi generali del progetto, anche alle esigenze nazionali messe in luce dall’analisi dello scenario italiano.
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Trematerra, Alice, Giuseppe Lotti, and Susanna Cerri. "Anticipare - Facilitare - Connettere - Orientare Quando il Communication design governa il processo identitario dei luoghi." Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/2158/1197232.

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Abstract:
La ricerca si pone l’obiettivo di dimostrare, a partire da casi teorici e casi studio di rilievo internazionale il ruolo centrale del communication design nella costruzione dell’identità e del processo di comunicazione di un luogo. Raccontare l’esperienza lavorativa personale condotta all’interno del Didacommunicationlab, Laboratorio di Comunicazione del Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze, è utile per affrontare la tesi scientifica su cui si fonda questa ricerca. Lo stretto legame tra grafica e architettura, l’indispensabilità di una disciplina rispetto all’altra, la comunicazione dello spazio pubblico, ma anche la continua ricerca della definizione del concetto di identità, sono alcuni dei temi di ricerca, che diventano occasione di sperimentazione. Grafica e architettura si stratificano nel tessuto urbano. Si vedrà come lo spazio pubblico viva dell’interazione spontanea con chi lo abita e come sia, entità fisica, ma anche luogo simbolico di democrazia e libertà civile.
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SBARBATI, Claudia. "LE STRAGI E LO STATO. NARRAZIONI SU CARTA DELLO STRAGISMO ITALIANO:CRONACA, MEMORIA E STORIA." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251127.

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Abstract:
Oggetto del presente studio è la narrazione pubblica delle stragi degli anni Settanta, realizzata attraverso il filtro della carta stampata di ieri e di oggi. In particolare, le stragi delle quali è stato ricostruito il pubblico racconto sono quelle di Milano (12 dicembre 1969), di Brescia (28 maggio 1974) e di Bologna (2 agosto 1980). L’interesse di ricerca è nato dalla percezione di un vuoto storiografico rispetto all’“impressione di realtà” - quindi all’immaginario - che nel corso dei decenni quotidiani e periodici nazionali hanno edificato riguardo allo stragismo neofascista. In generale, l’eversione di destra – seppur oggetto di preziosi studi - è stata meno analizzata rispetto a quella di sinistra e quello che è divenuto il cosiddetto “caso Moro”, perché sovente stigmatizzata come subalterna allo Stato e quindi priva di una sua dimensione particolare. È esattamente in questo spazio che la ricerca s’inserisce, guardando alla storia d’Italia attraverso l’interpretazione dello stragismo offerta dall’informazione a stampa. La scelta della fonte giornalistica come fonte storica per analizzare le categorie interpretative e i quadri di riferimento messi a disposizione dell’opinione pubblica, ha richiesto di tenere in considerazione gli elementi distintivi del giornalismo italiano e i suoi rapporti con il contesto politico nazionale coevo alle stragi, con attenzione anche per i cambiamenti occorsi nel tempo nel mondo dell’informazione e nel panorama internazionale, definendo un arco temporale che dal 1969 giunge sino al 2017. Inoltre, gli scenari politici sovranazionali della Guerra Fredda sono costantemente richiamati in virtù dell’intima connessione fra eversione di destra, forze dell’ordine e servizi di sicurezza italiani da un lato, ed equilibri geopolitici internazionali dall’altro. Si è scelto di attingere a numerose testate nazionali per dare conto delle diverse linee editoriali, delle molteplici caratterizzazioni politiche delle stesse, dei differenti stili comunicativi e della pluralità di lettori cui ogni quotidiano o periodico è destinato. Fra gli archivi storici più attenzionati emergono quelli del “Corriere della Sera”, “La Stampa”,“la Repubblica”, “L’Unità”, “Il Giorno”, “La Notte”, “La Nazione”, “L’Avanti!”, “il Manifesto”, “Lotta Continua”, “Umanità Nova”, “Il Popolo”, “il Secolo d’Italia”, “Candido” e “il Borghese”. A ogni strage è stato dedicato uno specifico capitolo in cui sono introdotti i fatti e gli esiti giudiziari, analizzate le prime reazioni della stampa, ricostruiti gli anni dei processi e la ricezione delle sentenze, sino a riproporre l’eco pubblica delle opere che nel corso dei decenni sono intervenute sul tema. Gli articoli di cronaca e gli editoriali di approfondimento analizzati permettono di vagliare la riproposizione su carta delle versioni ufficiali delle forze dell’ordine, della magistratura e della politica; le memorie dei protagonisti degli eventi e l’analisi offerta dagli opinion makers che di volta in volta hanno raccontato le stragi dell’Italia repubblicana (giornalisti, storici, magistrati, scienziati sociali). L’ultimo capitolo è stato invece dedicato al problema della Memoria e dei suoi rapporti con la Storia, analizzando la produzione memorialistica degli ex terroristi, delle vittime di prima, seconda e terza generazione, sino al tema della riconciliazione e della pacificazione. Si è dunque ricostruito il dibattito sviluppatosi “a caldo” ed “ex post”, nella consapevolezza che l’informazione e la comunicazione pubblica della Storia sono fondamentali per la storicizzazione del passato traumatico della Nazione.
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BARONE, TIZIANA. "Dinamiche e forme di comunicazione degli spazi espositivi. Innesti, contaminazioni e innovazioni dal marketing retail alla musealizzazione." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11573/1084739.

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Abstract:
Questa ricerca si propone di modellizzare la variabilità dei consumi nella società odierna attraverso il meccanismo comunicativo degli spazi espositivi, con particolare riferimento al retail contaminato dai processi di musealizzazione. Lo spazio espositivo del retail, non sempre dedicato alla “vendita fisica” dei prodotti, è comunque un luogo di consumo ed uno spazio di esperienza estetica. Questi luoghi presentano oltremodo una congiunzione con lo spazio architettonico e nella maggior parte dei casi, con la collezione di prodotti e la proposta di visione e fruizione degli stessi. Se riflettiamo sulla natura del ruolo dei musei, anche questi avanzano le medesime caratteristiche, ovvero si ritrovano all’interno di una struttura architettonica, presentano le collezioni di opere socialmente classificate come artistiche, e la loro proposta di fruizione. Il dibattito sul ruolo dei musei esiste già da diverso tempo, in questa ricerca però prenderemo in considerazione solo i tratti caratteristici pertinenti dei musei contemporanei. In essi più che nei musei tradizionali, l’arte e la spettacolarizzazione si fondono e si confondono, lasciando primeggiare la dimensione economica e mettendo in secondo piano quella estetica. Questo è l’assunto di base della tesi proposta: se per i musei contemporanei il cambio di strategia ha visto un aumento dell’interesse di massa per i fenomeni artistici e la necessità di un ritorno economico, per il retail ipermoderno si è imposto il progetto di traslare e sovrapporre il significato di oggetto estetico su di un prodotto. In entrambi i casi l’incontro e la mediazione tra consumatore/spettatore e oggetto esposto avrà luogo nel contenitore spaziale che ne diverrà teatro. Lo spazio, in quanto linguaggio comunica e lo farà attraverso le sue dimensioni sensibile e percettiva. È indubbio che a questa attività comunicativa dello spazio segue un continuo adeguamento delle strategie aziendali come uno dei momenti centrali del rapporto esistente tra branding management e consumatore. In questa ricerca si vogliono superare le posizioni interpretative che tendono a valorizzare soltanto alcuni aspetti dello spazio espositivo a discapito di altri, senza considerare la natura multidisciplinare dell’oggetto d’indagine. L’obiettivo sarà pertanto, spiegare come le strutture spaziali del retail e dei musei contemporanei siano sovrapponibili, alla luce di una più ampia strategia di marca che volge verso l’internazionalizzazione. L’intera tesi, oltretutto orienta lo sguardo alla significazione e alla comunicazione delle pratiche di consumo all’interno di uno spazio, nonché la dialettica tra produzione e consumo di senso, che vogliono convergere verso la definizione di nuovi scenari di mercato. Per giungere a tale risultato si è reso necessario sistematizzare l’indagine verso più direzioni: una visione analitica tesa all’esplorazione delle diverse forme di retail e degli elementi fisici, concettuali e tecnici che 2 lo concepiscono. E in un altro verso l’analisi del funzionamento e dei tratti distintivi di ogni singolo spazio, e della sua capacità di narrazione e di dialogo. Il costante adattamento delle tecniche di marketing retail all’evoluzione socioculturale è vincente in un mercato sempre più complesso, il quale non può ignorare la prospettiva del consumo. Lo studio di questo fenomeno presenta varie sfaccettature, e rappresenta il contesto base di questa ricerca. L’approccio che verrà adottato in questa tesi sarà prevalentemente di tipo semiotico, pur riservando un significativo spazio anche agli importanti contributi elaborati dalle altre discipline. D’altronde, essendo i comportamenti di consumo dei fenomeni che si presentano in un contesto socioculturale dato, appare evidente come, per guardare ad essi e alla loro trasformazione, nonché ai legami che intrattengono con altri settori scientifici, sia necessario adottare uno sguardo multidisciplinare orientato all’analisi del contesto sociale quale quello sociologico e ad un approccio di tipo economico/finanziario all’interno del quale ritroveremo una revisione delle tecniche di marketing e di branding. D’altra parte bisogna pure considerare variabili esterne come l’avanzare della finanza e all’introduzione di tecnologie digitali, che hanno reso ancora più incisivo “il superamento del dualismo corpo vs anima e materiale vs spirituale”; termini e concetti non a caso ripresi da Kotler nel suo Marketing 3.0 e dall’approccio relazionale H2H, ovvero Human to Human facendo un passo avanti rispetto alla ripartizione B2C e B2B. Proprio a partire da questa evoluzione insieme alla “dematerializzazione” della ricchezza economica, e ai cambiamenti delle funzioni e delle figure professionali, si arriva oggi a dovere gestire delle componenti che sono produttrici di significati nonché oggetti comunicazionali. Infine i progressi della tecnologia elettronica e dell’espansione dell’uso di internet, hanno permesso l’accesso al mercato ai prodotti smaterializzati e ai servizi, i quali hanno creato una semiosfera propria e inglobante del quotidiano. Alla luce di questo sfondo multidisciplinare, la lettura e dunque l’analisi di uno spazio espositivo permettono di entrare all’interno di meccanismi relazionali tra superficie espositiva, strategie di marca e mercato di riferimento, che sarà vagliato secondo l’aspetto dell’internazionalizzazione. Al centro di questi studi verrà posto il concetto di spazialità inteso come linguaggio, e il retail sarà concepito come luogo privilegiato di comunicazione integrata del discorso di marca e di valorizzazione delle pratiche di consumo. Questo percorso di studio si è sviluppato attraverso una ricerca a monte delle singole identità dei brand appartenenti a settori diversificati: luxury fashion, digitale e food, con chiaro riferimento ai propri spazi espositivi, al fine di indagare gli effetti di senso che essi riescono a costruire. Il corpus analizzato vedrà dei brand come: Louis Vuitton, Hermès, Fendi, Google, Ebay e Illy caffè. La pratica dell’osservazione è dunque il primo strumento utilizzato durante l’analisi, a cui è seguita una fase di descrizione finalizzata a far emergere i sistemi di pertinenza utili per affrontare lo studio di quest’oggetto. Il quesito ultimo del lavoro, riguarda la modalità con cui gli spazi espositivi si manifestano nel discorso di marca, e nella cultura attraverso le attività di branding management, e contestualmente dalle pratiche d’uso on-site o attraverso il mobile. Pratica posta in essere prima ancora che vi sia il fisico accesso al punto vendita o all’esposizione, seguito spesso dalla condivisione sui social.
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SBRANA, ALESSANDRO. "Faculty Development Centri di Professionalità Accademica (CPA)." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251175.

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Abstract:
mondo universitario ha subito un’ondata di cambiamenti che si possono ricondurre alla ricerca dell’eccellenza, declinata secondo le due dimensioni della valutazione e della rendicontazione. Tre sono quelli più evidenti: il primo, il passaggio da una ricerca curiosity driven a una ricerca funzionale al raggiungimento di risultati valutabili in tempi brevi; dalla ricerca pura a quella applicata, da un approccio problem-making a uno problem-solving, da una conoscenza come processo a una conoscenza come prodotto, da un modello disinteressato a uno utilitaristico (Barnett, 1994); il secondo, riguardante l’offerta formativa: dal momento che si è modificato il modo di concepire l’apprendimento; i curricula tendono a essere definiti in termini di risultati di apprendimento predefiniti (Blackmore, 2016); il terzo, peculiare della struttura amministrativa: dal momento in cui sono divenute essenziali una serie di nuove sovrastrutture (programmazione, valutazione, controlli, comunicazione) rispetto al mandato originario della struttura universitaria si registra un aumento consistente del personale delle strutture amministrative. Questi cambiamenti devono fare i conti con la perdita di prestigio della vita accademica, il cambiamento del ruolo dello studente, che è diventato sempre più importante e l’aumento delle procedure burocratiche che rischiano di ingessare un sistema un tempo caratterizzato da un’elevata autonomia. Per consentire alle strutture universitarie di affrontare le sfide culturali a partire dagli anni Settanta nelle università nord-americane si sono strutturate iniziative finalizzate allo sviluppo e alla promozione di una migliore offerta formativa. Tali iniziative vengono definite con l’espressione Faculty Development (FD), una policy accademica finalizzata a creare le condizioni per un miglioramento delle competenze di tutti coloro che sono coinvolti nelle attività svolte in un ateneo. Nella realtà italiana emerge la mancanza di una vera politica di formazione al teaching per i ricercatori e i docenti universitari, per non parlare dell’esigenza di superare il pregiudizio, di gentiliana memoria, secondo il quale non è necessario apprendere a insegnare, ma sia sufficiente avere successo nella ricerca, cui si aggiunge nell’ultimo decennio una continua e affannata richiesta al personale accademico di azioni organizzative, valutative e documentali, che assorbono tempo e energie senza il supporto di adeguati apparati gestionali e senza predisporre indagini valutative capaci di misurare l’effettivo esito di tutte queste azioni. L’effetto finale è un evidente declino (Capano et al., 2017) dell’istituzione universitaria. Si può ipotizzare che la cultura del organizzazione propria del Faculty Development possa contribuire nel contesto italiano a fornire azioni a supporto del cambiamento: è quanto mai essenziale dotare gli atenei di risorse funzionali a riqualificare la vita accademica, fornendo al personale accademico gli strumenti necessari per performare una buona scholarship, realizzare un’efficace offerta formativa e attuare adeguate forme di terza missione, capaci di incrementare la vita culturale della comunità. Il presente studio si propone come un’analisi sistematica della letteratura sul tema del Faculty Development, che persegue l’obiettivo di sviluppare una disamina estesa dell’oggetto, in modo che l’esplicitazione della datità raccolta fornisca un’analisi del fenomeno che possa essere di supporto a un’avveduta educational policy nel campo della formazione universitaria. Nel contesto italiano ad oggi non esiste una cultura di attenzione ai contesti di apprendimento universitario. L’offerta formativa è concepita come offerta di pacchetti curriculari e la predisposizione delle condizioni di apprendimento per il conseguimento del titolo universitario si risolve nella organizzazione di una serie di lezioni, frontali o laboratoriali, senza che tutto questo sia innervato da una specifica intenzionalità didattica. Questa immagine poco confortante non intende affatto trascurare tutti i casi di buone prassi sviluppati nei vari corsi di studio, ma il buono che emerge è demandato all’impegno del singolo, senza che l’istituzione universitaria si interroghi sul come predisporre le condizioni per il potenziamento della qualità dei processi di apprendimento. A fronte di questa situazione la necessità di migliorare la qualità dell’insegnamento non è mai stata così stringente e sfidante come lo è oggi, in un clima di continuo cambiamento della formazione superiore. Nuove tendenze definiscono la formazione superiore, attraversando confini istituzionali e nazionali. Essi influiscono sul modo in cui un insegnamento efficace viene concettualizzato, condotto e supportato, valutato, valorizzato e riconosciuto. È necessario affrontare temi quali l’inadeguata preparazione per il lavoro accademico nei corsi di studio magistrali, l’incapacità dei docenti a trasferire competenze, la crescente complessità degli ambienti accademici, le attese e le responsabilità istituzionali, la necessità di preparare meglio gli studenti con bisogni diversi, e la necessità di stare al passo con i balzi della conoscenza e i cambiamenti nelle professioni. Migliorare la qualità della didattica è inoltre essenziale perché consente di ridurre il numero degli abbandoni. È venuto il momento di transitare da un’offerta formativa di tipo episodico a una prospettiva di esperienze di apprendimento in continuità nel tempo, per accompagnare la formazione dei docenti in un modo strutturalmente organizzato (Webster-Wright, 2009). Sulla base della rilevazione fenomenica, sono emerse le seguenti domande di ricerca: che cosa è il FD? Cosa consente di fare? Come si mette in pratica? Quali sono le potenzialità? Quali sono i limiti? Il FD ha il compito di incentivare i docenti ad interessarsi ai processi di insegnamento e apprendimento e a procurare un ambiente sicuro e positivo nel quale fare ricerca, sperimentare, valutare e adottare nuovi metodi (Lancaster et al. 2014). È finalizzato a promuovere cambiamento sia a livello individuale sia a livello organizzativo. Occupa un posto centrale il miglioramento delle competenze di teaching (Steinert, 2014). Due importanti obiettivi sono rappresentati dalla promozione delle capacità di leadership e di gestione dei contesti (Steiner et al., 2012). Una volta definite le metodologie del teaching, che possono essere oggetto di apprendimento da parte del personale accademico, è risultato necessario identificare le principali modalità formative che un centro di Faculty Development (FDc) dovrebbe mettere in atto per favorire l’apprendimento delle competenze didattiche. Per comprenderne la funzione reale è stato utile prendere in esame le attività proposte dai più importanti centri del panorama accademico nordamericano, analizzandone la struttura organizzativa, le risorse disponibili ed identificandone le due figure principali: il responsabile dell’organizzazione dei processi formativi e il responsabile della struttura. L’analisi dei casi ha consentito di evidenziare i molteplici servizi che possono essere forniti da un FDc. Questa analisi di realtà è risultata molto utile poiché ha offerto indicazioni pragmatiche ai fini di una politica accademica innovativa anche in ambito italiano. Alla luce degli argomenti sviluppati è stato possibile ipotizzare anche per gli atenei italiani l’istituzione di “Centri per la professionalità accademica”, indicando possibili iniziative da essi realizzabili, che potrebbero trovare spazio nella realtà del nostro paese.
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Books on the topic "Comunicazione dello spazio"

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Lobasso, Fabrizio, Igiea Lanza di Scalea, Valeria Tonioli, and Fabio Caon. Between Languages and Cultures. Intercultural Communication between the Italians and Sudanese. Venice: Edizioni Ca' Foscari, 2018. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-244-4.

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Abstract:
La collana Comunicazione interculturale, Comint, è l’espressione del Centro di Ricerca sulla Didattica delle Lingue rispetto a questo fondamentale ma trascurato aspetto della padronanza delle lingue.Nella collana Comint trovano spazio ricerche legate all’ambito della comunicazione interculturale. I settori toccati sono quelli: accademico, culturale, politico-diplomatico, aziendale, turistico, socio-sanitario. Più in generale, l’attenzione è rivolta a come l’efficacia della comunicazione tra persone di diverse lingue e culture sia condizionata dall’inconsapevolezza delle differenze tra aspettative e comportamenti. Proprio la consapevolezza diventa invece fondamentale per comunicare efficacemente, sia attraverso il codice verbale, sia attraverso quello non verbale e sviluppare una piena competenza comunicativa interculturale. La collana ospita lavori di studiosi che operano sia a Ca’ Foscari sia in altre istituzioni.
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2

Maria, Catricalà, ed. Global fashion: Spazi, linguaggi e comunicazione della moda senza luogo. Milano: Mondadori università, 2013.

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3

Galatolo, Renata, and Roberta Lorenzetti. Forme e spazi della comunicazione: Scritti in onore di Marina Mizzau. Bologna: CLUEB, 2010.

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Italy) Atelier jeunes chercheurs (Conference) (2nd 2016 Rome. Le vie della comunicazione nel Medioevo: Livelli, soggetti e spazi d'intervento nei cambiamenti sociali e politici : Progetto Atelier jeunes chercheurs.2 : giornate di studio, Roma, 20-21 ottobre 2016. Trieste: CERM, 2019.

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5

Caruso, Corrado. La libertà di espressione in azione. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/sg268.

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Abstract:
l volume propone una rinnovata lettura della libertà di manifestazione del pensiero, classico tema della riflessione costituzionalistica, attraverso un'analisi casistica articolata su due livelli. Il lavoro ripercorre sia la giurisprudenza costituzionale sui limiti alla libertà di espressione e sui mezzi di diffusione del pensiero, sia gli orientamenti dei giudici ordinari e amministrativi su alcuni casi emblematici riguardanti, ad esempio, le opinioni razziste e "negazioniste"; il diritto di cronaca, di critica politica, di satira; la disciplina del mercato radiotelevisivo, della par condicio e della stampa on-line. La libertà di espressione è così descritta "in azione", a partire dall'opera delle Corti, che assurgono al rango, tanto promettente quanto impegnativo, di "custodi" del discorso pubblico, cioè di uno spazio di comunicazione che contribuisce a fondare l'autonomia politica di individui e soggetti privati.
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Querzola, Lea. L'efficacia dell'attività processuale in un diverso giudizio. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/sg281.

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Abstract:
La ricerca condotta si propone di verificare quali spazi vi siano per l’osmosi di attività processuali da una sede giudiziaria a un’altra, alla luce del principio della comunicazione fra giurisdizioni e dell’economia processuale. Delle prove assunte e dei provvedimenti emessi si indaga l’idoneità alla circolazione e all’utilizzo in procedimenti diversi da quelli in cui furono formati. Il risultato raggiunto consente all’autrice di affermare che i territori in cui già oggi il fenomeno si verifica non potranno che estendersi; nel rispetto del diritto di difesa e del principio del contraddittorio.
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Book chapters on the topic "Comunicazione dello spazio"

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Anna Lisa Pecora. "Il linguaggio grafico e gli indizi pittorici per una comunicazione inclusiva dello spazio." In 42th INTERNATIONAL CONFERENCE OF REPRESENTATION DISCIPLINES TEACHERS. CONGRESS OF UNIONE ITALIANA PER IL DISEGNO. PROCEEDINGS 2020. LINGUAGGI, DISTANZE, TECNOLOGIE. FrancoAngeli srl, 2021. http://dx.doi.org/10.3280/oa-693.53.

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2

Manconi, Luigi. "Diritti delle persone nello spazio dell’Europa." In Margini e Confini. attraVersamenti di metodi e linguaggi tra comunicazione, didattica e possibilità della ricerca. Editoriale Scientifica, 2018. http://dx.doi.org/10.19245/25.05.bs.c06.049.

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Conference papers on the topic "Comunicazione dello spazio"

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Di Giacomo, Tullia Valeria. "Riconnettere i percorsi della memoria per valorizzare e salvaguardare: la riqualificazione del corridoio fluviale dell’Aniene." In International Conference Virtual City and Territory. Roma: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7968.

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Abstract:
I territori attuali, spesso frammentati dal crescente e incontrollato consumo di suolo hanno bisogno di una pianificazione che ristabilisca la continuità dei luoghi contribuendo a tessere nuove relazioni, intese come legami fisici o immateriali, ed eventualmente ricostruire preesistenti legami di senso depauperati o eliminati. Come mostrato dal crescente uso dei moderni strumenti di comunicazione che altro non fanno che creare delle reti per facilitare la comunicazione e il collegamento tra persone nello spazio digitale, allo stesso modo rimane evidente la necessità di creare delle reti di collegamento nello spazio fisico: collegando i diversi paesi, collegando gli abitanti gli uni agli altri, collegando gli abitanti con il territorio e le sue risorse storiche e ambientali. In misura ancora più marcata, si ritrova l’urgenza di restituire un senso ad alcuni luoghi che hanno subito una trasformazione e una perdita di ruolo, di uso, di cura e quindi di dignità. Il caso di studio si colloca a Roma, lungo il corso del fiume Aniene, nel corridoio fluviale che ancora sopravvive all’aggressione del consumo di suolo e che tuttavia necessita di particolari attenzioni verso la protezione della risorsa ambientale e verso la protezione dai rischi connessi dalla presenza del corso d’acqua a ridosso di zone anche fortemente urbanizzate. L’obiettivo è quello di ricucire la frammentazione urbana e impedire l’ulteriore consumo di suolo lungo questi spazi aperti che sono il risultato di interventi di urbanizzazione, i cosiddetti “vuoti” di risulta, gli SLOAP (Space Left Over After Planning).
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Pucci, Paola. "Pratiche di mobilitá e fonti digitali: opportunità e limiti dei dati di traffico telefonico." In International Conference Virtual City and Territory. Roma: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7925.

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Abstract:
I cambiamenti nelle pratiche di mobilità nei territori della città contemporanea costituiscono un’utile chiave di lettura del processo di trasformazione dei tempi, dei luoghi e dei modi della vita sociale e dei programmi di attività che concorrono a strutturare il territorio. In questa prospettiva - che assume la mobilità come dispositivo di lettura delle trasformazioni urbane e sociali (Urry, 2005) - la sfida che si pone riguarda la disponibilità di fonti utili a restituire la variabilità spazio-temporale delle pratiche di mobilità con continuità temporale. In questo contesto, un valido supporto ai metodi tradizionali di rilevamento viene da fonti digitali, riconducibili alle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione, di cui il paper descrive potenzialità e limiti, con particolare riferimento ai dati di traffico telefonico. A partire dai risultati di una ricerca empirica condotta dal Dastu Politecnico di Milano sui dati di telefonia mobile della rete di Telecom Italia (Manfredini, Pucci, Tagliolato, 2012 e 2013), il paper evidenzia le possibili applicazioni di tali fonti per l’analisi, la visualizzazione e l’interpretazione delle pratiche di mobilità e dei ritmi d’uso degli spazi urbani, utili per costruire politiche per la mobilità più efficaci ed eque, poiché meno generaliste. Changes in mobility practices are a useful tool to describe urban transformations in times, places, social life and work programs, as well as a structural element of contemporary cities. This is because mobility is cause and consequence of changes in the organization of everyday life (Urry, 2000). With the aim to reading the density of urban spaces usages and urban mobility practices, a valid support of conventional urban analysis methods comes from digital data sources (mobile phone data, ICT, digital traces acquired by social media).This paper focuses on the potentialities and limits offered by mobile phone data to a reading of the site practices and rhythms of usage of the contemporary city by identifying the principal mobile practices of different urban populations in Milan Urban Region. Starting from the results of a research carried out at the Dastu, Politecnico di Milano, using mobile phone data provided by Telecom Italia (Manfredini, Pucci & Tagliolato, 2012 and 2013) we will demonstrate how new maps, based on the processing of mobile phone data can represent spatialized urban practices and how they can give new insights for analyze space-time patterns of mobility practices. In the paper, the identification of temporary urban populations through mobile phone data (density of the calls and origin - destination traces of the calls) has not only a knowing purpose, but it is the condition for recognize new claims referred to “communities of practice”, by which to build mobility policies incisive, also because not generalist.
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