Academic literature on the topic 'Comando esercito'

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Journal articles on the topic "Comando esercito"

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Brunt, D. "R. Esercito Italiano-Comando Supremo-Ufficio Tecnico, Sezione meteorological. Pubblicazioni, Num. 2-31." Quarterly Journal of the Royal Meteorological Society 47, no. 198 (August 15, 2007): 147. http://dx.doi.org/10.1002/qj.49704719813.

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Cacciatore, Nicola. "Partigiani, patrioti, soldati. La Resistenza e gli alleati di fronte al problema dello status dei combattenti italiani (1944-1945)." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 300 (November 2022): 180–204. http://dx.doi.org/10.3280/ic2022-300021.

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Abstract:
L'articolo si propone di indagare la discussione che si sviluppò internamente ai comandi britannici sull'opportunità di concedere ai partigiani italiani lo status ufficiale di combattenti, facente quindi parte di una forza armata regolare e protetti dalle convenzioni internazionali sulla guerra. La discussione nacque in risposta alle crescenti violenze tedesche durante l'estate del 1944 e proseguì poi, senza peraltro giungere a una conclusione, fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale. L'analisi di questi documenti permette di arricchire il quadro del rapporto che la Resistenza ebbe con le forze armate e l'idea del "nuovo" esercito dell'Italia democratica. Un'idea di riforma che, come la proposta britannica di concedere ai partigiani il riconoscimento internazionale di combattenti, non trovò mai applicazione.
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Amoretti, Ugo M. "DA ANDREOTTI A BERLUSCONI: LA RAPPRESENTATIVITÀ TERRITORIALE DEI GOVERNI ITALIANI, 1976–2001." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 32, no. 2 (August 2002): 269–304. http://dx.doi.org/10.1017/s004884020003015x.

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Abstract:
IntroduzioneIl governo è uno degli argomenti di cui si sono tradizionalmente occupati gli studi politici. Oltre che a tematiche di carattere generale, i cultori di questo tema si sono indirizzati prevalentemente verso questioni quali le forme di governo, la formazione (e dissolvimento) delle coalizioni governative nei sistemi parlamentari e multipartitici, il ruolo dei partiti politici, l'espansione della sfera pubblica, nonché lo studio dei governanti e delle loro carriere. A fianco di questi temi di ricerca, esiste tuttavia un'ulteriore area di indagine interessante e rilevante: la rappresentatività territoriale dei governi. Rimasta relativamente inesplorata perlopiù a causa delle originarie caratteristiche sistemiche di questi ultimi – nati come leve di comando dello stato e divenuti organi esecutivi delle leggi approvate in parlamento in seguito all'affermarsi del costituzionalismo liberale – tale problematica costituisce oggi, dato il ruolo di primo piano progressivamente acquisito dai governi nell'ambito del policy making (Pasquino 1997, 170–171), un tema di particolare importanza, soprattutto nei paesi eterogenei dal punto di vista geopolitico. Se gran parte della produzione legislativa ha origine nel governo, è tutt'altro che un esercizio scolastico esaminare come le unità territoriali in cui si suddivide amministrativamente o politicamente uno stato siano rappresentate al suo interno.
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Dissertations / Theses on the topic "Comando esercito"

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BORTOLUZZI, DANIELE. "Una città davanti alla guerra. Gestione dell’emergenza e comando dell’esercito a Bologna alla fine del Duecento (1296-1306)." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/2158/1126977.

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Abstract:
Il lavoro ha come obiettivo quello di indagare la composizione sociale e politica del gruppo dirigente bolognese e le sue modalità di governo nelle situazioni emergenziali alla fine del XIII secolo, attraverso lo studio dei comandanti dell'esercito cittadino e dei componenti delle balìe create per fronteggiare i pericoli sia interni sia esterni. La storiografia manca di un'indagine sistematica sui comandanti delle armate, nonostante diversi studiosi hanno identificato nel successo militare una delle vie privilegiate per iniziare e consolidare esperienze di potere di tipo personale. Anche lo studio dei governi dell'emergenza in età medievale è un terreno poco battuto dalla storiografia, sia italiana sia internazionale, dato che gli studiosi hanno iniziato a interrogarsi sulla questione solo a partire dall'ultimo quindicennio. L'arco di tempo scelto coincide con uno dei momenti più turbolenti della storia bolognese, segnato inizialmente da una gravosa guerra contro il marchese d'Este e i ghibellini di Romagna (1296- 1299). Terminate le ostilità, grazie anche alla mediazione di Bonifacio VIII, si aprì per la città un periodo fortemente instabile, quello del governo dei guelfi di parte bianca, tra il 1302 e il 1306. Questa fase fu caratterizzata da una marcata conflittualità interna, oltre che dall'impegno militare in aiuto dei pistoiesi e fiorentini. I fitti rapporti diplomatici e le robuste connessioni intercittadine aumentarono la portata dei conflitti, elevandoli a una dimensione sovralocale. In quei frangenti i termini di guelfo e di ghibellino furono relativizzati e adottati per definire e inquadrare gli alleati e i nemici. Il secondo capitolo sarà dedicato allo studio della organizzazione delle armate cittadine. Nei decenni precedenti al conflitto contro il Marchese d’Este, il servizio in armi fu legato strettamente al concetto di fedeltà politica: furono infatti soltanto i membri delle società d’armi a essere arruolati nell’esercito cittadino, con qualche eccezione riguardante solo la cavalleria, ma che aveva, come si vedrà nel corso del capitolo, un altro impianto organizzativo. Il reclutamento nella cavalleria era complesso e si basava su un principio fiscale, che però aveva notevoli ricadute politiche: il sistema elaborato prevedeva infatti lo stretto controllo del regime sui reparti e le scelte dei combattenti avvenivano attraverso procedure elettive e di designazione che escludevano di fatto una parte dei milites da quel tipo di servizio armato. I vertici della politica bolognese, soprattutto nella prima fase della guerra contro il Marchese d'Este, ruppero la connessione tra appartenenza politica e servizio armato, reintroducendo la leva di massa, obbligando tutti i cittadini a registrarsi nelle venticinquine e incentrando la loro attività nel nel rendere efficaci i meccanismi di reclutamento. Dalla documentazione emergono due fattori che si credono di rilievo: la registrazione portò il Popolo a schedare e controllare tutti i suoi membri, come già aveva fatto con le matricole, ma i tassi di diserzione erano elevati, spesso più del 50% dei convocati. Quelle liste avevano una funzione di controllo: i cittadini erano periodicamente convocati sia per missioni belliche che per essere ispezionati. Seguendo la stessa logica, il personale armato (estratto a sorte fra gli iscritti nelle società d’armi) era inviato a presidiare i castelli. I trasgressori, nel caso non avessero fornito una giustificazione, venivano inquisiti dal capitano del popolo. Il regime al governo aveva creato un complesso sistema volto alla registrazione di tutti gli atti alle armi; questo non sembra però obbedire alle sole funzioni pratiche, ma pare essere un mezzo per definire la fedeltà al Popolo e alla parte geremea. I comandanti delle armate erano chiamati gonfalonieri o vessilliferi perché conducevano sul campo di battaglia un vessillo. Quei drappi erano carichi di connotati sacrali e civici e avevano una duplice funzione: rappresentavano una partizione urbana in cui la comunità, o una sua parte, si riconosceva ed erano rappresentativi di un'identità politica. Gonfaloni, vessilli e bandiere avevano però anche una funzione pratica: in guerra erano fondamentali per guidare le truppe e probabilmente perimpartire gli ordini. Questo modo di combattere doveva essere perfettamente assimilato dalla cittadinanza, tanto che vi erano a Bologna norme che punivano con la morte chiunque durante i tumulti avesse compattato la folla dietro un vessillo costruito artigianalmente. In caso di rivolte solo gli iscritti alle società d'armi e i membri della cavalleria avrebbero dovuto infatti raccogliersi in piazza dietro il proprio gonfalone per poi intervenire. Dall'analisi dei vessilli è possibile notare come l’esercito riflettesse le partizioni dello spazio politico urbano: la città, il comune, il popolo. Ai vertici della catena di comando dell’esercito cittadino si trovavano il podestà e il capitano del popolo. Talvolta il podestà assumeva anche la carica di capitano di guerra, in altri casi la funzione era ricoperta da una terza figura reclutata appositamente. In questo capitolo si esporranno le modalità di reclutamento - mostrandone le difficoltà - e le ragioni in primo luogo tecniche (gli ufficiali furono soprattutto abili militari) e politiche dietro esse. Ad alcuni rettori forestieri (così come ai membri delle balìe) fu concesso l'arbitrio generale e in alcuni casi furono esentati dal sindacato. Le loro prerogative militari non erano definite a priori, ma si può notare come il podestà avesse in genere la competenza militare solo su alcuni reparti (cavalleria, guastatori, stipendiati) mentre il capitano del popolo andava assumendo sempre maggiore importanza nel coordinamento della fanteria. I più alti in grado avevano responsabilità pratiche e politiche: guidavano il Popolo in armi e durante i tumulti avevano il compito di prendere quelle decisioni che avrebbero garantito l'ordine pubblico e difeso le istituzioni. In questo capitolo si esporranno anche le procedure elettive che portavano alla designazione dei comandanti, le forme dei giuramenti con cui questi ultimi si legavano alla comunità e la loro retribuzione. Nel IV capitolo si vedrà come durante l'emergenza militare Bologna arruolò un gran numero di stipendiati comandati da connestabili. La tesi di fondo è che il governo utilizzasse quelle truppe nelle missioni più pericolose e di più lunga durata, sia per non esporre i propri cittadini a troppi pericoli, sia perché questi avrebbero impedito in sede consiliare il prosieguo della guerra e la pars Marchesana avrebbe acquisito facilmente un maggior numero di sostenitori. I mercenari avevano una preparazione militare di alto livello, potevano essere impiegati per lunghi periodi (anche se questo portò a notevoli difficoltà finanziarie). Il fuoriuscitismo aveva determinato la disponibilità di personale addestrato e bisognoso di mantenersi, e la guerra era un'ottima occasione per trovare un ingaggio. Il reclutamento avveniva però ancora su una scala regionale e spesso i connestabili erano fuoriusciti delle città contro cui Bologna stava combattendo. Di due ufficiali in modo particolare si è riusciti a ricostruire una parte della loro carriera: Ramberto de Ramberti diventerà per tre anni consecutivi capitano del Popolo di Bologna (dal 1303 al 1306) mentre Salinguerra Torelli diventò il comandante della lega bianca. Grazie all’utilizzo di alcuni testamenti si traccerà anche un profilo sociale dei connestabili, mentre il caso di Ugolino Manfredi, connestabile ricordato da Dante come poeta, sarà lo spunto per alcune riflessioni sul livello culturale dei comandanti degli stipendiati. Nell'arco temporale preso in considerazione si possono riconoscere almeno tre situazioni emergenziali: una derivata da un nemico interno, la pars Marchesana, uno da un nemico esterno e infine una finanziaria ed economica, legata al continuo bisogno di reperire denaro per affrontare la guerra. All’interno del V capitolo si mostrerà inizialmente come nel discorso pubblico bolognese fu definita l’emergenza, cercando di dimostrare come essa fosse inquadrata giuridicamente e servì per legittimare l’azione di governo, ma è altrettanto importante notare come il consiglio del Popolo fece a più riprese ricorso ad eccezioni e deroghe le quali deformarono in maniera evidente la natura del regime. Gli assetti politici infatti mutarono e si riconfigurarono varie volte a seconda delle circostanze; si crearono, soprattutto in relazione alla guerra, alcune balìe di sapienti con ampi poteri per affrontare le situazioni emergenziali. Non esisteva però un solo modo di reagire a una situazione emergenziale: durante gli anni di guerra la città aprì le porte a chiunque avesse voluto combattere contro i nemici determinando così il rientro in città di lambertazzi e di banditi. La minaccia interna, quella rappresentata dalla pars Marchesana, rappresentò all’opposto un momento di forte chiusura in cui il bando e l’amministrazione della giustizia furono usate politicamente come arma per colpire gli oppositori. L’emergenza finanziaria infine provocò l’ascesa di alcune balìe e magistrature che inizialmente nonavevano alcun peso politico, ma che in quegli anni di crisi furono usati da alcuni esponenti della élite economica felsinea, soprattutto da Romeo Pepoli, come mezzo per acquisire sempre maggior potere. Nel VI capitolo si analizzerà il profilo professionale, politico e giuridico dei comandanti dell’esercito e dei membri delle balìe. Si vedrà come gli ufficiali di rango meno elevato avevano un livello di ricchezza tale da permettere una vita più che dignitosa e una posizione di rilievo all’interno della società o parrocchia di appartenenza. I gonfalonieri di più alto livello, così come i membri delle balìe, furono invece uomini di assoluto rilievo nel panorama politico cittadino: concentravano nelle loro mani ingenti ricchezze, occupavano una posizione politica preminente e molti di loro furono almeno una volta membri di una delle balìe create per affrontare le emergenze. Questo nucleo rappresentò il vertice di comando politico e militare della città in tutto il periodo preso in considerazione. Al termine del capitolo si cercherà di tracciare un profilo culturale dei comandanti, in particolar modo si è posto l’accento sul loro grado di alfabetizzazione.
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Books on the topic "Comando esercito"

1

Cavaciocchi, Alberto. Un anno al comando del IV Corpo d'armata. Udine: Gaspari, 2006.

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2

supremo, Italy Esercito Comando. Diario storico del Comando supremo: Raccolta di documenti della seconda guerra mondiale. Roma: Stato maggiore Esercito, Ufficio storico, 1986.

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3

author, Di Martino Basilio, ed. La catena di comando nella Grande Guerra: Procedure e strumenti per il comando e controllo nell'esperienza del Regio Esercito (1915-1918). Bassano del Grappa (VI): Itinera progetti, 2019.

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4

Luigi, Marchesi. 1939-1945, dall'impreparazione alla resa incondizionata: Memorie di un ufficiale del Comando Supremo. Milano: Mursia, 1993.

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5

Società Solferino e San Martino. and Italy. Esercito. Corpo di stato maggiore. Ufficio storico., eds. Il Problema dell'alto comando dell'Esercito italiano dal Risorgimento al Patto Atlantico: Atti del convegno indetto dalla Società Solferino e S. Martino, 18 e 19 settembre 1982. Roma: Stato maggiore Esercito, Ufficio storico, 1985.

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6

Detective dell'arte: Dai Monuments Men ai Carabinieri della cultura. [Milan]: Rizzoli, 2019.

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7

Italy. Esercito. Corpo di stato maggiore. Ufficio storico., ed. L'Italia e il coordinamento militare "interalleato" nella Prima Guerra mondiale. Roma: Stato maggiore dell'esercito, Ufficio storico, 2008.

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8

Gionfrida, Alessandro. L'Italia e il coordinamento militare "interalleato" nella Prima Guerra mondiale. Roma: Stato maggiore dell'esercito, Ufficio storico, 2008.

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9

Italy. Esercito. Carabinieri. Comando tutela patrimonio culturale and Galleria Franchetti alla Ca' d'oro (Venice, Italy), eds. I Carabinieri per l'arte: Tessere di un patrimonio recuperato. Venezia: Marsilio, 2010.

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10

Sant'Angelo, Museo nazionale di Castel. L'Arma per l'arte: Antologia di meraviglie. [Livorno]: Sillabe, 2009.

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