Academic literature on the topic 'Colpa relazionale'

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Journal articles on the topic "Colpa relazionale"

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Friedman, Robi. "Incontrare il nemico: processo gruppale di maturazione e contenimento o compito impossibile?" GRUPPI, no. 2 (October 2010): 91–100. http://dx.doi.org/10.3280/gru2009-002010.

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Abstract:
L'autore esplora e analizza il proprio funzionamento mentale e le proprie modalitŕ relazionali per spiegare al lettore il percorso interiore necessario per superare le situazioni di impasse che mantengono persone e gruppi antagonisti su posizioni antitetiche e inconciliabili. Egli considera la guerra una "situazione patologica" che favorisce il proliferare dei "disturbi della relazione" e suggerisce il ruolo fondamentale che puň essere giocato in modo specifico dagli psicoanalisti e gruppoanalisti e dalle donne nella costruzione di un percorso che, partendo da un conflitto apparentemente insuperabile, arrivi alla capacitŕ di dialogo. Il disturbo relazionale connesso con l'avvio e il mantenimento di situazioni conflittuali č «l'eccesso di identificazione» con la famiglia, la comunitŕ o il gruppo di appartenenza, la nazione. La sola possibilitŕ di superamento del conflitto consiste nel porre fine all'evitamento del senso di colpa, ovvero nell'accettazione delle proprie colpe.
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2

Zanardi, Claudia. "Colpa, tormento dell'anima - Vergogna ferita del corpo. La lettera scarlatta." SETTING, no. 30 (June 2012): 61–77. http://dx.doi.org/10.3280/set2010-030003.

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Abstract:
L'articolo prende in considerazione il senso di colpa e quello di vergogna in una cornice relazionale, individuando la loro differenza e talvolta il loro intreccio. L'origine del senso di colpa viene rintracciata nell'angoscia primaria percepita nel trauma della nascita, la separazione/morte dalla madre. L'angoscia dell'infante puň trovare successivamente, in una mancanza o fragilitŕ di contenimento materno, una rappresentazione nel senso di colpa. Questa sensazione puň permettere la strutturazione di un Sé soggetto capace di mantenere la relazione oggettuale, anche se l'oggetto č assente/distrutto, evitando la disintegrazione del Sé. Il senso di vergogna viene analizzato, nella cornice di diverse teorie, come legato ad un trauma precoce, un atto, uno sguardo umiliante, che ha interrotto lo sviluppo di un Sé ancora indifferenziato, lasciando una parte dissociata del Sé che rimane sconosciuta. Questa dissociazione del Sé rende la persona isolata emotivamente impedendole ogni relazione con l'altro. Vengono riportati alcuni esempi clinici insieme ad una rilettura del romanzo di Hawthorne "La lettera scarlatta", in cui la vergogna e la colpa trovano una rappresentazione letteraria.
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3

Vietri, Agostino. "Dalla riva al mare aperto. Il rapporto tra legami familiari e autonomia." PSICOBIETTIVO, no. 3 (May 2010): 163–74. http://dx.doi.org/10.3280/psob2009-003009.

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Abstract:
In questo articolo rileggiamo da un'altra prospettiva il caso clinico di S., proposto da Claudia Lupi, secondo un'ottica sistemico-relazionale. S. č un uomo di 24 anni che si presenta alla terapeuta con dei sintomi psico-somatici. La storia di S. sembra riportare i sintomi in un quadro relazionale di rigiditŕ intrafamiliare, con difficoltŕ di espressione emotiva e di legittimazione dei bisogni. L'evento traumatico assumerebbe in questo caso un significato metaforico, in quanto rappresentativo dei sentimenti di rabbia, colpa e vergogna legati al fallimento delle iniziative autonome. Anche se l'intervento proposto ha dato risultati soddisfacenti un eventuale psicoterapia sistemico-relazionale, con il coinvolgimento della famiglia, avrebbe ricercato l'attivazione di risorse intrafamiliari, con l'obiettivo di ridurre ulteriormente l'ansia attraverso la legittimazione dei movimenti di autonomia e di differenziazione.
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De Benedittis, Fulvia. "Il tempo del lutto. Ritmi e trame della psiche." STUDI JUNGHIANI, no. 35 (February 2013): 21–42. http://dx.doi.org/10.3280/jun2012-035002.

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Abstract:
Tre diversi movimenti compongono il tempo del lutto: la perdita, la colpa, il perdono. Ciascuno di questi immette nel tempo vissuto dal soggetto uno specifico ritmo e andamento. La morte č figurata come il tradimento per eccellenza ed il lavoro del lutto come un confronto radicale con questo tradimento. Il compiersi del lutto compone la tessitura di una nuova trama relazionale con l'oggetto perduto, quella tela di Penelope, opera del lavoro del lutto e del lavoro della memoria.
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Squitieri, Anna Eugenia. "Mi prendo cura di te. Commento al caso." PSICOBIETTIVO, no. 2 (January 2011): 118–25. http://dx.doi.org/10.3280/psob2010-002010.

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Abstract:
L'autore nel commentare l'articolo sul caso clinico di un trattamento ad una persona con diagnosi di pedofilia e con la rivelazione di avere abusato di una minore, pone l'attenzione sulla centralitŕ dell'etica alla professione di psicoterapeuta come professionista della cura quando gli aspetti giuridici lo obbligano al venir meno del segreto professionale. Entrambi questi aspetti debbono necessariamente incrociarsi laddove forse non possono mai coincidere temporalmente. Utilizzando uno sguardo sistemico sul lavoro delle autrici del caso clinico, l'autore sembra rintracciare la possibilitŕ di rispondere all'etica professionale e al dettato giuridico attraverso un lavoro individuale con l'abusante che si sancisce solo dopo aver costruito un patto relazionale tra lui e lo psicoterapeuta. Patto che permette una prima e fondamentale assunzione di responsabilitŕ da parte dell'abusante, per poi sviluppare il lavoro clinico sul riconoscimento dei meccanismi disfunzionali e l'apprendimento dei nuovi e piů funzionali modelli interni. Ciň permette di lavorare con la coppia coniugale affinché venga costruito il contesto relazionale dove le dinamiche familiari e di coppia possono ricostruire il dramma dell'abuso. Infine l'autore ipotizza che un ulteriore spazio di terapia possa essere considerato, che preveda l'inclusione della minore abusata e cosě liberarla dall'identificazione con l'aggressore e dal senso di colpa per quanto accaduto. A ciň si puň giungere solo se l'abusante davanti alla vittima riconosce la sua piena responsabilitŕ dell'accaduto.
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Nicoletti, Pierluigi Gabriel, and Sara Di Giacomo. "La voce del silenzio." PSICOBIETTIVO, no. 3 (November 2011): 137–42. http://dx.doi.org/10.3280/psob2011-003009.

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Abstract:
In questo articolo viene discusso il caso clinico trattato dal dott. Luci, terapeuta cognitivo comportamentale, secondo una prospettiva sistemicorelazionale. La storia di L. puň essere vista come la storia di una donna che viene alla luce dopo un lungo soggiorno nell'ombra di un dolore che non poteva/doveva essere espresso, poiché motivato da buone e "giuste" ragioni. La solitudine e l'abuso, prima del senso di colpa per aver tradito il "mandato" familiare, hanno con ogni probabilitŕ veicolato in L., bambina, l'idea di essere "indegna" e "cattiva". In questa cornice la rabbia, se c'era, andava rivolta verso se stessi. Unica risposta possibile alla lunga serie di traumi e di perdite laceranti. Le prime difficoltŕ di L. compaiono durante l'adolescenza, una fase del ciclo vitale dell'individuo e della famiglia in cui vengono al pettine nodi che si sono stretti in periodi precedenti. Come per tutti i sistemi familiari, anche a quello di L. č richiesta in questa fase una nuova capacitŕ di adattamento e di accettazione della separazione. Viene posto l'accento sull'importanza della storia e del contesto relazionale per la determinazione dell'individuo adulto. Il cambiamento terapeutico puň essere descritto nei termini della possibilitŕ di permettere alla paziente di rivisitare la propria storia e l'esperienza traumatica, di rinarrarla e condividerla. Č all'interno di questa cornice che la paziente puň fare al terapeuta il grande dono di affidarsi a lui e riuscire progressivamente nel lavoro di integrazione del Sé.
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Valentino, Virginia, and Giancarlo Dimaggio. "Inquadramento e trattamento del senso di colpa nel Disturbo Narcisistico di Personalità con la Terapia Metacognitiva Interpe." QUADERNI DI PSICOTERAPIA COGNITIVA, no. 51 (January 2023): 129–42. http://dx.doi.org/10.3280/qpc51-2022oa15185.

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Abstract:
I pazienti con Disturbo Narcisistico di Personalità (DNP) possono provare senso di colpa e attuare specifiche strategie di fronteggiamento nel tentativo di gestire l'emozione. Le strategie più comunemente riscontrate nel funzionamento nel disturbo narcisistico di personalità sono l'espiazione, l'esternalizzazione della rabbia sugli altri e la rinuncia a perseguire i propri desideri, sostenuta dal blocco dell'azione. In questo lavoro descriviamo i sensi di colpa presenti in letteratura, in particolare la colpa altruistica e deontologica e, nella prospettiva della Terapia Metacognitiva Interpersonale, descriviamo la relazione tra colpa, funzionamento narcisistico e schemi maladattivi interpersonali. Questi ultimi guidano il paziente a partire da rappresentazioni negative, rigide e incarnate di sé e degli altri. Attraverso un caso clinico mostriamo come la concettualizzazione del caso possa permettere un inquadramento del funzionamento del paziente più preciso e, di conseguenza, un trattamento capace di ridurre il senso di colpa e di come questo abbia un effetto benefico sul disturbo narcisistico di personalità.
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Simona, Argentieri. "Illusione e consolazione." PSICOANALISI, no. 2 (January 2012): 83–92. http://dx.doi.org/10.3280/psi2011-002004.

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Abstract:
A partire dallo storico lavoro di Freud, L'avvenire di un'illusione, il mio intento, molto piů limitato, č fare alcune considerazioni sulla funzione delle illusioni ai nostri giorni, in relazione al modo in cui si articola oggi il rapporto tra psicoanalisi e fede e, prevalentemente, per evidenti motivi storici e contingenti, in relazione alla matrice giudaico-cristiana, rispetto al risorgere del "bisogno di religiositŕ" nella cultura occidentale moderna, anche all'interno della piccola comunitŕ psicoanalitica. Parole chiave: Illusione, consolazione, colpa, onnipotenza, narcisismo originario, alteritŕ.
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Temple, Nicholas. "Quando la speranza è attaccata: la violenza come difesa dalla colpa." PSICOANALISI, no. 2 (January 2021): 41–55. http://dx.doi.org/10.3280/psi2020-002003.

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Abstract:
Il lavoro affronta il tema della distruttività umana come modalità di difesa dai sentimenti di colpa. Come già evidenziato da Freud e dalla Klein, sia a livello individuale che collettivo, la distruttività può essere proiettata negli altri, oppure può essere attribuita a un trauma del passa-to che determina una reazione distruttiva, in modo da evitare l'assunzione della responsabilità. Ogni riconoscimento della responsabilità per la propria distruttività produce un senso di colpa doloroso che, di conseguenza, può essere negato o proiettato. Inoltre, il senso di colpa si inten-sifica quando c'è la consapevolezza che il danno è stato inflitto a qualcosa sentito come buono e prezioso. Attraverso l'analisi di alcuni casi clinici, l'autore ci mostra la difficoltà presente nel lavoro analitico con pazienti suicidi o violenti. L'analista deve confrontare il paziente con il proprio desiderio di utilizzare la violenza per sterminare ciò che è danneggiato e vulnerabile dentro se stesso, o attaccare un'immagine persecutoria per neutralizzarla. Allo stesso tempo, viene mes-so nel transfert nella posizione di essere un oggetto che può essere incolpato, e poi attaccato e ucciso nella fantasia. Il trattamento psicoanalitico, infatti, rappresenta una speranza di cambia-mento e di sviluppo e può facilmente provocare una ritorsione violenta per aver disturbato l'equilibrio psichico e aver offerto una via d'uscita da una relazione interna vincolata. La paura di questo cambiamento psichico può provocare una pericolosa reazione terapeutica negativa.
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Parise, Miriam, Raffaella Iafrate, Claudia Manzi, and Ariela Francesca Pagani. "E' tutta colpa mia! Il self-serving bias nella relazione di coppia." RICERCHE DI PSICOLOGIA, no. 4 (March 2012): 521–37. http://dx.doi.org/10.3280/rip2010-004003.

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Abstract:
Il self-serving bias e un bias cognitivo che porta gli individui a compiere attribuzioni di responsabilita interne in seguito ad un successo ed attribuzioni esterne in seguito ad un fallimento. Nel presente lavoro il self-serving bias e stato analizzato all'interno della relazione di coppia attraverso un compito sperimentale. Alla ricerca hanno partecipato 32 coppie intime e 32 pseudocoppie formate da due estranei abbinati dallo sperimentatore in laboratorio. I partecipanti, dopo avere svolto un compito dal risultato interdipendente, hanno ricevuto un feedback rispetto alla propria performance congiunta e hanno attribuito la responsabilita per l'esito del compito. I risultati hanno mostrato che le coppie manifestano l'otherserving bias ovvero tendono ad attribuire il merito per un successo al partner e la colpa per un fallimento a se stessi. Tale risultato e stato letto come un indicatore dell'identita di coppia dei partner.
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Dissertations / Theses on the topic "Colpa relazionale"

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MARIOTTI, MARCO. ""Responsabilità colposa 'per fatto altrui"." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2019. http://hdl.handle.net/2434/630694.

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Abstract:
Il lavoro ha ad oggetto i casi in cui l’agente che ha tenuto una condotta colposa risponde penalmente anche se la lesione del bene giuridico protetto non sia stata da lui direttamente provocata, ma sia piuttosto immediatamente riconducibile alla condotta eterolesiva o al comportamento autolesivo di un altro soggetto. Tale forma di responsabilità “in relazione ad un fatto altrui”, lungi dall’essere del tutto eccezionale, si presenta in numerosi casi di omesso controllo, di inadempiuto obbligo di impedimento del reato altrui, di lavoro in équipe o all’interno di organizzazioni complesse quali grandi realtà produttive. La tesi esplora le problematiche strutturali di questa forma di responsabilità, individuando alcune “note relazionali”, elementi che fanno dipendere la definizione e la misura della responsabilità di chi è meno prossimo alla lesione del bene giuridico anche dalla condotta altrui. L’analisi, che interessa diversi elementi del reato, mira a valutare se a questi tratti di relazionalità corrispondano altrettanti istituti giuridici adeguatamente sviluppati, o se le incertezze dogmatiche e applicative impediscano una chiara ripartizione delle responsabilità tra i vari soggetti coinvolti nella realizzazione del reato. Nell’ambito del fatto tipico, viene analizzato il problema della sovrapposizione ed interruzione del nesso causale tra le diverse condotte e l’evento del reato, e ribadita la validità del paradigma condizionalistico, anche per accertare l’influenza del comportamento di un soggetto sulle deliberazioni prese da un altro (c.d. causalità psichica). Vengono poi criticamente analizzate le diverse teorie sulle fonti delle posizioni di garanzia, in cui la responsabilità del garante esiste e si manifesta necessariamente in dipendenza del comportamento di un altro soggetto. Sul punto, viene svolta una comparazione con l’ordinamento tedesco, che in tempi recenti ha optato per un approccio tassonomico dei singoli casi di omesso impedimento del fatto altrui, in chiave espansiva rispetto al riferimento alle sole fonti legali e negoziali, con il rischio, tuttavia, di aggirare il canone di tipicità. Con riguardo alla colpevolezza, il tema è la dimensione “relazionale” della colpa, che si declina in vari istituti: nella formulazione stessa di alcune regole cautelari che impongono di tener conto della condotta altrui; nel principio di affidamento, che limita la responsabilità dei singoli coinvolti in un’azione plurisoggettiva, e richiede un delicata individuazione dei suoi confini per non generare vuoti di tutela; nell’annoso tema della c.d. “causalità della colpa”, in particolare poiché l’interposizione della condotta di un altro soggetto rende quantomai incerta la verifica dell’evitabilità dell’evento. Infine, vengono esplorati i travagliati istituti concorsuali colposi. Dopo aver evidenziato le incertezze strutturali e la limitata funzione incriminatrice della cooperazione colposa, viene affermata la sostanziale inutilità dell’istituto: proprio grazie alle numerose “note relazionali” presenti nella struttura del reato, la parametrazione della responsabilità del singolo può tenere conto dell’interazione con un altro soggetto anche nella forma monosoggettiva. Ancora più significativi i dubbi concernenti il concorso colposo in reato doloso. Da ultimo, viene sostenuta l’autonomia dell’imputazione ex art. 40, comma 2 c.p. rispetto alle figure concorsuali, dal momento che anch’essa esprime una responsabilità monosoggettiva, anche se in un contesto plurisoggettivo.
This thesis provides a critical analysis of the circumstances in which an agent, who performs a negligent act, is held criminally liable for damage which was however not directly caused by his or her negligent act, but rather was caused by the act of another (with the view of causing damage either to another or to itself). This form of criminal liability “in relation to the conduct of another”, far from being exceptional, is common in many cases of failure to control or failure to prevent the commission of criminal offences by others, particularly in the context of team-working, and even more so within complex organisations having large corporate structures. The thesis examines the structural problems with this form of criminal liability. It identifies “relational elements”, the elements which enable the creation of a link between the responsibility of the agent whose conduct was the furthest to the damage, and the conduct of those having directly caused the damage. These relational elements impact both the basis on which liability attaches to the negligent agent, and the extent to which this liability exists. This analysis will cover both elements of a criminal offence, that is both the actus reus and the mens rea, with the aim of evaluating whether the legal framework at its current state effectively deals with “relational elements” as grounds for attaching liability, or whether too many uncertainties subsist when making this link– in both theoretical and practical terms– which prevent the clear and effective allocation of criminal liability among the different agents involved. First of all, with regards to the actus reus, this paper addresses the issue of concurring and intervening causes which may break the chain of causality between the agent’s action and the consequence of the actus reus, reaffirming the “sine qua non” paradigm. Furthermore, the research assesses the relevance in this context of the influence which one agent’s behaviour can have on the decisions subsequently taken by others, (known as a “psychological cause” of an action). The paper also critically analyses different theories regarding the basis of guarantees, whereby the guarantor’s liability only exists in relation to the act of another. On this point, a comparative analysis has highlighted how German case law has developed in such a way as to allow guarantees to arise from a factual basis, as opposed to solely through contract or other legally binding instruments, thus running the risk of violating the rule of law. Secondly, with regard to the mens rea element of an offence, the research examines three different examples of “relational elements”, by which another’s conduct needs to be taken into consideration, therefore entering into the mens rea element: (i) precautionary rules which can require the agent to observe another subject’s behaviour and to act accordingly; (ii) the expectation that other subjects involved will act lawfully, which needs to be accurately evaluated in order not to leave any gaps in the prevention of crime; (iii) the complex issue of foreseeability and avoidability of the consequences of one’s conduct, becomes even more intricate with the interposition of another’s conduct. Lastly, the paper will focus on joint enterprise in negligence cases. Having first of all stressed the structural uncertainties and the limited prosecutorial use of the concept of joint enterprise in the context of negligence offences, the thesis argues that through the different “relational elements” present in an offence, each agent’s liability can be independently determined by taking into account the interactions with others. It is worth noting that in the case where the mens rea element of an offence requires intentional participation to another’s negligent behaviour, these uncertainties appear to be even greater. In conclusion, the paper will point out that the liability of guarantors is independent from their participation in the joint criminal enterprise, as this type of liability arises from the guarantee itself.
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Pontis, Francesca. "I profili relazionali della colpa e la responsabilità penale per danni cagionati da prodotti difettosi." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3426186.

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Abstract:
The research made by the PhD candidate Francesca Pontis focuses on the analytical study of criminal issues in the product damages liability and especially on the connection between this question and the principle of guilt as capital principle of criminal law. The interest for this matter comes from the always stronger consideration of our society as a “society of risk”, in which the product damage is the best exemplification of how the fundamental interests are exposed to constant dangers and the classical criminal law institutes are in crisis. In this specific case is really interesting the issue of the subjective charge of the event, that testifies the metamorphosis of the subjective element of negligence in the post-modern society, from being an exception to become a consolidated rule. Furthermore the analysis conducted concentrates on the model of the criminal offences connected to production, distribution and use of defective products as an example of the always more detailed configuration of the criminal negligence as a prevalent collective offence, synchronic or diachronic, conscious or unconscious. The PhD candidate especially points out how in the industrial production, medical surgery, vehicles circulation and in other so called “first aid activities” is often hard to correlate, by a trial certain beyond all reasonable doubts, a certain damaging event to a certain behaviour, chargeable to easily identifiable people, with a consequent risk of survival in the juridical system of the classical criminal law principle of personality of the criminal liability, enforced by art. 27, co. 1 of the Italian Constitution. Starting from the analysis of this principle, as a leit motiv of the whole project, it was possible to determinate the aim of the study on the research of the best charging criteria of criminal negligence in case of a collective contribution to the damaging event. Against the backdrop of these guidelines, the research is divided into three fundamental parts. The first part is dedicated to presenting the object of the study and starts by criminal negligence’s analysis both in its general dimension and in its collective shape. The second part concentrated itself on the product damages liability as a collective contribution to the damaging event connected to the uncertain production, distribution and use of products risks, while the third part looks at the specific case of medical devices damages liability in order to underline when and why surgeon will be find guilty of patient’s death, with a special attention given to the case in which defective device had CE conformity certificate.
La ricerca compiuta dalla Dottoranda Francesca Pontis ha avuto ad oggetto lo studio analitico della tematica concernente l’individuazione di profili di responsabilità penale per danni cagionati da prodotti e, in particolar modo, la connessione che esiste tra questa materia ed il rispetto di un principio cardine del diritto penale quale il principio di colpevolezza. L’interesse per il tema trae origine dalla sempre maggiore caratterizzazione della nostra società quale “società del rischio”, di cui il fenomeno del danno da prodotto costituisce una delle massime rappresentazioni ed esemplificazioni e nell’ambito della quale i beni giuridici fondamentali vengono posti in costante pericolo ed i principi e gli istituti propri del diritto penale classico entrano in crisi. Di tutto interesse, nello specifico, il profilo relativo all’imputazione soggettiva dell’evento, il quale testimonia la metamorfosi subita dall’elemento soggettivo colpa nella società post-moderna dove da criterio di imputazione eccezionale è diventato ormai regola. Inoltre, di fondamentale importanza si è considerata soprattutto la caratterizzazione delle fattispecie criminose connesse alla produzione, messa in circolazione ed utilizzo di prodotti difettosi quale esempio della sempre più alta configurazione del modello di illecito colposo quale fenomeno criminoso che si realizza in forma prevalentemente plurisoggettiva, sia essa sincronica o diacronica, consapevole o meno. La Dottoranda in particolare ha ravvisato come, in contesti quali la produttività industriale, l’attività medico-chirurgica, la circolazione stradale e altre attività cd. di prima necessità, diventi ormai molto spesso arduo ricondurre, con un giudizio certo al di là di ogni ragionevole dubbio, un dato evento lesivo ad un dato comportamento - o a dati comportamenti - ascrivibili a soggetti facilmente individuati, con conseguente grave pericolo di tenuta nel sistema di un principio cardine del diritto penale classico quale quello, costituzionalmente protetto ex art. 27, co. 1° Cost., secondo cui“la responsabilità penale è personale”. Partendo dallo studio di questo principio, leit motiv dell’intero lavoro, si è dunque individuato quale scopo ultimo dell’indagine la determinazione dei migliori criteri di ripartizione della responsabilità penale a titolo di colpa in ipotesi contraddistinte dall’apporto plurisoggettivo alla realizzazione dell’evento. Sullo sfondo di queste linee conduttrici, la ricerca si compone di tre parti fondamentali. Una prima parte è dedicata all’analisi dell’elemento soggettivo colpa di cui all’art. 43, co. 1°, al. 3° c.p., concentrando l’attenzione in particolare sulle ipotesi in cui tale forma tipica di colpevolezza viene in rilievo in relazione allo svolgimento di attività socialmente utili ma pericolose e poste in essere da una pluralità di soggetti che agiscono in collaborazione (necessaria o eventuale, sincronica o diacronica) tra loro. L’indiscutibile margine di incertezza o insicurezza che connota lo svolgimento di tali attività, peraltro, ha imposto che l’attenzione venisse concentrata essenzialmente su due profili: il primo, relativo all’importanza di un corretto assolvimento del c.d. giudizio di causalità della colpa, con riferimento precipuo alla c.d. concretizzazione del rischio ed ai labili confini che connotano i giudizi di prevedibilità ed evitabilità nell’ambito della società c.d. postmoderna; il secondo, invece, relativo all’individuazione ed all’analisi dei criteri forniti dal nostro ordinamento per la ripartizione della responsabilità penale a titolo di colpa in ipotesi in cui il reato sia realizzato in virtù dell’apporto delle condotte di soggetti diversi. Una volta esaminato lo stato dell’arte sulla tematica riguardante i c.d. profili relazionali della colpa, si è poi proceduto ad enunciare, nella seconda parte del lavoro, i risultati acquisiti in merito al caso specifico del fenomeno del danno da prodotto. Due le prospettive di indagine seguite. La prima prospettiva ha voluto mettere in evidenza come la responsabilità per la produzione, messa in circolazione ed utilizzo di prodotti difettosi e/o pericolosi si contraddistingua per essere un’ipotesi di responsabilità plurisoggettiva (quantomeno eventuale), nell’ambito della quale i soggetti coinvolti possono essere almeno quattro: produttore, distributore, organo certificatore, utilizzatore e/o consumatore-vittima. In particolare, ciò che si è ritenuto doveroso evidenziare è che le attività di produzione, messa in circolazione, messa in servizio ed utilizzo di prodotti rappresentano oggi, in una visione d’insieme, una sorta di “concatenazione funzionale e cronologica di posizioni” che accompagna il prodotto dalla sua “nascita” alla sua “morte”, nell’ambito della quale tutti i soggetti potenzialmente implicati possono ben apportare il proprio contributo causale e psicologico alla realizzazione dell’evento dannoso. Su tali basi, la seconda prospettiva di indagine seguita si è invece soffermata sull’analisi concernente la rilevanza dell’elemento soggettivo colpa in ipotesi di apporto plurisoggettivo alla realizzazione di un evento dannoso cagionato da un difetto insito in un determinato prodotto immesso in commercio. A tal riguardo, in primo luogo, si è proceduto all’analisi degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali esistenti in materia e relativi ai giudizi di prevedibilità e riconoscibilità del difetto nonché alla rilevanza della condotta negligente, imprudente, imperita di terzi e/o della vittima. In secondo luogo, ci si è poi interrogati su quale sia la disciplina preferibile, ai fini della ripartizione pratica della responsabilità penale sotto il profilo soggettivo, tra il principio dell’affidamento e la figura della cooperazione colposa di cui all’art. 113 c.p., soprattutto alla luce degli ultimi orientamenti giurisprudenziali in tema di c.d. interazione prudente. Posta la variegata casistica esistente in materia, si è poi deciso di concentrare l’attenzione, dedicando ad esso l’intera terzo capitolo, al caso specifico dei danni cagionati da dispositivi medici difettosi o pericolosi, facendo richiamo, a tal fine, alla normativa vigente in materia di cui al d.lgs. 46/97, attuativo della direttiva CE 93/42. In particolare, l’attività di ricerca condotta ha incentrato l’indagine sul profilo peculiare relativo al ruolo assunto dall’esistenza di una certificazione di conformità alla normativa CE (con conseguente apposizione di marcatura) su un medical device rivelatosi poi difettoso e sui possibili residui di responsabilità penale a titolo di colpa in capo al medico-chirurgo che abbia proceduto all’utilizzo del dispositivo medesimo. Per fornire una risposta a tale interrogativo, che fosse al contempo rispettosa del sistema e dei principi classici del diritto penale, si sono seguite due direttrici. In primo luogo, si è proceduto all’analisi della normativa di riferimento mettendo in evidenza soprattutto come il controllo effettuato ai fini dell’ottenimento della valutazione di conformità CE muti secondo la classe di rischio di appartenenza del dispositivo medico considerato. In particolare, per i medical devices particolarmente invasivi, caratterizzati da un alto potenziale di rischio, la procedura di certificazione è particolarmente rigorosa in quanto l'Organismo notificato dà esecuzione al c.d. "sistema completo di assicurazione di qualità" che impone un vaglio critico costante. In secondo luogo, partendo da tali constatazioni, si è cercato di leggere il contenuto delle suddette disposizioni in combinato disposto con i risultati acquisiti ad esito della ricerca effettuata sui profili relazionali della colpa e sul fenomeno del danno da prodotto in generale analizzando poi, nello specifico, un caso tratto dalla più recente casistica giurisprudenziale. Sinteticamente, le conclusioni al riguardo raggiunte hanno condotto la Dottoranda a sostenere la tesi per cui non può essere sottovalutato il valore da allegare alla certificazione di conformità CE in caso di dispositivi medici collocabili in classe di rischio alta, considerato che tale certificazione, rilasciata ad esito di un controllo rigoroso, non solo garantisce la sicurezza del prodotto ma ne legittima anche l’immissione in commercio e la messa in servizio, fase quest’ultima in cui il dispositivo medico è posto a disposizione dell'utilizzatore finale in quanto pronto per essere utilizzato secondo la sua destinazione d'uso. Esso, dunque, è da considerarsi sicuro, senza che nulla più possa pretendersi dal soggetto utilizzatore, fatta eccezione per le ipotesi di evidenza del difetto o di chiara riconoscibilità del pericolo. Nello specifico, nelle osservazioni finali si è messo in evidenza come la materia concernente la problematica dei profili relazionali della colpa e della responsabilità penale del danno cagionato da prodotto, si leghi a doppio filo con la corretta applicazione di due principi propri del diritto penale classico: 1) Il principio di affidamento e 2) Il corretto assolvimento del giudizio di riconoscibilità del difetto e conseguente prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso, guardando a quello che ne è il fondamento e portando così a concludere che la corretta applicazione degli strumenti già offerti dal diritto penale classico quali, nel nostro caso, il giudizio di causalità della colpa ed il principio dell’affidamento, è la prima e la più forte garanzia del rispetto, anche nell’ambito della “società del rischio”, dell’art. 27, co. 1°, Cost., in modo tale che si eviti di dare spazio all’ingresso nel nostro ordinamento a forme di responsabilità oggettiva mascherate o anche solo di imputazione obiettiva dell’evento.
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Books on the topic "Colpa relazionale"

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Elwert, W. Theodor. La poesia dialettale d'arte in Italia e la sua relazione con la letteratura in lingua colta. Roma: Biblioteca nazionale centrale di Roma, 2000.

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Elwert, Wilhelm Theodor. La poesia dialettale d'arte in Italia e la sua relazione con la letteratura in lingua colta. Roma: Biblioteca nazionale centrale di Roma, 2000.

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3

Costa, Fosco. I Colpi Dell'amore: Storia Erotica, Relazione Sessuale, Storia Di Piacere, Storia Di Sesso, Sesso Tra Amici, Storia Di Sensualità. Independently Published, 2021.

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Book chapters on the topic "Colpa relazionale"

1

Castronuovo, Donato. "Profili relazionali della colpa nel settore della sicurezza del lavoro. Autoresponsabilità o paternalismo penale?" In Diritto penale e autoresponsabilità, 195–214. Nomos Verlagsgesellschaft mbH & Co. KG, 2020. http://dx.doi.org/10.5771/9783748924074-195.

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