Academic literature on the topic 'Colpa di organizzazione'

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Journal articles on the topic "Colpa di organizzazione"

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Ballerini, Arnaldo. "La nascita e la vergogna." RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, no. 3 (December 2012): 41–56. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2012-003003.

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Abstract:
L'Autore richiama l'interesse e la sincera partecipazione emotiva che possono essere evocate dal testo del dr. Guicciardi. Č un testo ben scritto e che si colloca all' interno della cultura psichiatrica italiana del XIX secolo, cosě che l' autore propone una panoramica di quelle che erano le teorie e le tesi di una psichiatria cosě positivistica e organicistica da rifiutare il proprio nome e darsi quello di "freniatria". Il titolo stesso dello studio del dr. Guicciardi si riferisce immediatamente alle tesi sulla "degenerazione" e successivamente sul possibile ritorno nella mente umana di oggi del passato dell' umanitŕ. Si puň condividere l'interpretazione del dr. Guicciardi che Chiara abbia vissuto il parto e l'infanticidio in uno stato di crepuscolo della coscienza, ma tutte le linee essenziali della organizzazione psicologica della paziente ci portano a porre in primo piano la emozione della vergogna, piů che quella di una colpa forse mai consapevolmente raggiunta. L'Autore, rifacendosi anche ai suoi studi sulla psicopatologia della vergogna e del delirio sensitivo, illustra questa possibilitŕ.
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Ferro, Massimo. "Gli ultimi narratori di giustizia: un’esperienza italiana di letteratura dal diritto." Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 53, no. 2 (February 24, 2019): 544–61. http://dx.doi.org/10.1177/0014585819831668.

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Abstract:
La scrittura narrativa dei giuristi è spesso incentrata sulle stesse esperienze professionalmente praticate, al punto che le scelte autorali, per quanto arbitrarie e creative, tendono ad omologare una comune difficoltà di allontanamento da quegli ambienti. Tuttavia, molte opere e racconti, pur facendo iniziare le loro storie d’invenzione dove finiscono i mestieri, si propongono di sfidare il diritto, cercandone talora un’affermazione postuma, più autentica di quella raggiunta dalla verità giudiziaria. Ed è la grande tradizione dei romanzi civili o comunque dei romanzi di genere, che cioè traggono dalle dinamiche della giustizia, specie investigativa e poi processuale, il substrato di tutte le relazioni, facendo diventare personaggi i soggetti e le parti dell’attività giudiziaria. Per altri autori, invece, proprio il limite della ricostruzione giudiziaria opera da ostacolo ad una ennesima rincorsa verso la verità storica: in tale secondo genere di letteratura, in Italia più recente e praticato da scrittori di provenienza per lo più non penalistica, sarebbe vano espiare la continua colpa dell’approssimazione al reale cui le forme giuridiche la costringono. Il patto con il lettore allora si rovescia: non più il “riordino giusto” della vita, la proiezione dell’ideale nella legge, il destino collettivo raddrizzato, ma la organizzazione dell’oblio. Contro il mondo reale, il romanzo si fa più fantastico, le storie più tarate sulle esistenze dei singoli. Quando l’invenzione mescola ogni fattore costitutivo del diritto, la riscrittura della realtà è completa e però sottotraccia riemerge il riavvicinamento molto abile alla verosimiglianza. Che è forse l’orizzonte più prezioso della maturità del giurista.
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D’Amico, Tiziana. "Quo vadis esilio? Promeny: uno spaccato sulla riflessione introspettiva dell'esilio intellettuale ceco post-1948." MONDO CONTEMPORANEO, no. 2 (May 2021): 275–96. http://dx.doi.org/10.3280/mon2020-002014.

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Abstract:
Obiettivo del presente lavoro è quello di indagare la riflessione introspettiva dell'esilio ceco (cecoslovacco) sulle sue funzioni e i suoi compiti rispetto alla Cecoslovacchia, intesa sia come regime comunista che come paese, e rispetto all'Occidente, nello specifico gli Stati Uniti. L'interesse è rivolto alla prima ondata di emigrazione anti-comunista, quella seguita al colpo di Praga del 1948, e copre un periodo di circa vent'anni, fino al 1968. L'indagine si concentra sulla rivista Promeny, fondata nel 1964 a New York da Ladislav Radimský all'interno della Società per le scienze e le arti, una organizzazione no profit di intellettuali cechi e slovacchi creata negli Usa nel 1958. Nella prima parte inserisce l'organizzazione da cui nasce la rivista all'interno del contesto dell'esilio intellettuale per concentrare poi l'attenzione, nella seconda parte, sulle questioni linguistica e culturale dell'esilio attraverso gli articoli, e le reazioni a questi, sulle pagine della rivista. Particolare attenzione è data agli editoriali in quanto tratti costitutivi della rivista stessa.
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Sabbatini, Marco, and Evgeniya Litvin. "La Comunità europea degli scrittori e l'Urss dal disgelo agli anni Settanta." MONDO CONTEMPORANEO, no. 2 (May 2021): 45–63. http://dx.doi.org/10.3280/mon2020-002003.

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Abstract:
L'articolo prende in esame le attività della Comunità europea degli scrittori (Comes) attiva tra il 1958 e i primi anni Settanta, colta nel periodo di cambiamento dei rapporti tra Italia e Urss durante il disgelo. Nata allo scopo di migliorare i rapporti tra scrittori europei e del resto del mondo, l'organizzazione prestò particolare attenzione al blocco socialista dell'Est Europa. Ideata da G.B. Angioletti, la Comes arrivò ad accogliere oltre 2.000 membri, tra cui noti scrittori, quali Sartre, Ungaretti e Golding. L'Italia ebbe un ruolo fondamentale nella nascita e nella gestione della Comunità. Vengono qui analizzati i documenti della organizzazione e la corrispondenza del segretario generale della Comes, G. Vigorelli, con i rappresentanti dell'Unione degli scrittori sovietici: Surkov, Tvardovskij, Bazan, Brejtburd. Le attività della Comes comprendevano l'organizzazione di congressi con la partecipazione di delegazioni sovietiche, la promozione di incontri internazionali di scrittori anche in Urss, la proposta di regolamentare in modo comune i diritti d'autore, la sensibilizzazione sul tema dei diritti civili, il sostegno agli scrittori vittime della censura e di repressioni politiche.
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Giacci, Vittorio. "Cinematografia e ispirazione letteraria socialista." Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 54, no. 1 (March 31, 2020): 473–557. http://dx.doi.org/10.1177/0014585820910925.

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Abstract:
Il saggio affronta il tema della relazione tra letteratura e cinema sia in termini generali che in ambito più strettamente politico, soffermandosi sugli adattamenti di opere letterarie scritte da autori di area e ispirazione socialista, ma anche su opere cinematografiche, tratte da soggetti originali, realizzate da registi che si sono riconosciuti, stabilmente o temporaneamente, nel socialismo italiano. Si vuole colmare l’evidente lacuna di una critica che ha preferito guardare alle esperienze di autori che palesavano altre ispirazioni, come quelle cattolica e comunista, benché il contributo di cineasti dell’area socialista sia stato altrettanto, se non più ampio e profondo, come il presente saggio intende dimostrare. Lo studio considera anche l’apporto fornito dai socialisti laddove hanno operato, con incarichi di responsabilità, nelle politiche culturali italiane, partecipando anche alla definizione legislativa di settore, con posizioni di rilievo in importanti istituzioni del cinema pubblico (Centro Sperimentale di Cinematografia, Cinecittà, Italnoleggio, Istituto Luce), senza escludere la Biennale, i vari festival e le organizzazioni del settore pubblico. Ne risulta il ruolo determinante giocato dal pensiero e dai valori socialisti nel quadro del rinnovamento culturale del paese attuato mediante lo strumento della settima arte. La relazione cinema/socialismo non può essere colta in tutte le sue articolazioni se non la si inscrive in un più ampio contesto storico/politico e all’interno delle due anime che hanno da sempre caratterizzato le vicende del Partito Socialista, la tensione massimalista e la progettualità riformista, le scissioni ed i tentativi di riunificazione, l’unità d’azione e il contrasto a sinistra tra Partito Comunista e Partito Socialista, la propensione del primo al monopolio culturale ed a tacciare di “revisionismo” qualunque tentativo di innovazione politica che fosse al passo con i tempi e la refrattarietà del secondo a ogni forma di immobilismo ideologico, di egemonia culturale e di subalternità.
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Dissertations / Theses on the topic "Colpa di organizzazione"

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Orsina, Amalia. "La responsabilità da reato delle organizzazioni complesse tra colpa di organizzazione e colpa di reazione." Doctoral thesis, Università di Catania, 2017. http://hdl.handle.net/10761/3983.

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Abstract:
La presente dissertazione, che si inscrive nel generale tema della responsabilità penale delle persone giuridiche, è preceduta da un Introduzione in cui si effettua l inquadramento contenutistico e metodologico dell indagine. In particolare l oggetto specifico viene individuato nella tematizzazione del criterio soggettivo di imputazione della responsabilità degli enti, in generale e con specifico riferimento a contesti particolarmente problematici come quelli di rischio da ignoto scientifico-tecnologico. Quale metodo di indagine si adotta lo strumento comparatistico, attraverso cui si procede ad un confronto tra il d.lgs. n. 231/2001 e i modelli di responsabilità degli enti vigenti in due ordinamenti di common law, il Regno Unito e la Federazione Australiana, nonché nel sistema giuridico tedesco afferente alla tradizione di civil law. Nel Capitolo I si muove dal proposito di riflettere problematicamente sul monito proveniente dalla dottrina per una maggiore valorizzazione della responsabilità degli enti nei contesti di rischio da ignoto scientifico-tecnologico; il tema della responsabilità penale delle organizzazioni complesse viene così contestualizzato nella prospettiva del diritto penale del rischio. Nel Capitolo II si riflette sullo statuto dell inedita forma di responsabilità del sistema 231, entrando nel merito della complessa natura di questo modello imputativo quale risultante della difficile coesistenza dei due paradigmi ascrittivi individualistico ed olistico. Nel Capitolo III, assumendo ad oggetto lo specifico versante della responsabilità collettiva da delitto colposo d evento, si riconsidera la vicenda evolutiva del paradigma punitivo in esame alla luce del contributo espresso dai tre principali formanti dell esperienza giuridica: il legislatore, la dottrina e la giurisprudenza. Nel Capitolo IV, si riflette sul dibattito dottrinale avente ad oggetto la costruzione di un paradigma di responsabilità da reato dell ente compiutamente personale. A tale riguardo si sviluppa un confronto comparatistico con l ordinamento tedesco ricostruendo il sistema di responsabilità degli enti ivi vigente; nonché si considera il rapporto tra responsabilità individuale e responsabilità dell ente in materia di salute e sicurezza sul lavoro ex art. 25-septies nel sistema 231. Nel Capitolo V si sviluppa la comparazione con l ordinamento del Regno Unito prendendo in esame il reato di Corporate killing, una figura di omicidio dell ente correlata alla normativa in tema di salute e sicurezza sul lavoro e rapportata alla persona giuridica quale suo autore esclusivo. Il Capitolo VI, infine, è suddiviso in due Parti. Nella Parte I si effettua una Ricognizione descrittiva del sistema di corporate criminal liability vigente nella Federazione Australiana, polarizzando l attenzione sulla proposta dottrinale dell Accountability model teorizzata da Brent Fisse e John Braithwaite, la quale trova il suo fulcro nella categoria della Reactive corporate fault quale inedito criterio ascrittivo del reato alle persone giuridiche. Nella Parte II, correlativamente a quanto esposto nella Parte I, si sviluppa una Riflessione critica, che si concretizza nell elaborazione di una proposta di valorizzazione della reactive fault quale meccanismo di adattamento del canone della colpa di organizzazione a quei contesti particolarmente problematici di responsabilità degli enti in cui, stante l inesigibilità da parte dell ente di un contegno prevenzionale diverso da quello tenuto, si palesano le insufficienze di un paradigma imputativo ancorato solo al canone dell organizational fault. Si prospetta pertanto la possibilità di una rilettura, già sul piano de iure condito, del paradigma ascrittivo dell ente configurato nel sistema 231, avanzando la proposta ermeneutica di un coordinamento del criterio della colpa di organizzazione con quello della colpa di reazione.
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GRECO, ELIANA. "LA COLPA DI ORGANIZZAZIONE NEL DIRITTO PENALE DELL'IMPRESA." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2018. http://hdl.handle.net/10280/50309.

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Abstract:
L’indagine svolta si è proposta di realizzare un’analisi sistematica dell’illecito della persona giuridica, così come delineato dal decreto legislativo 231/2001, con lo scopo di ricercare, da un lato, un ordine metodologico funzionale alla lettura critica del concetto di colpa organizzativa e di evidenziare, dall’altro, i tratti di eccentricità – o di continuità strutturale – rispetto al modello della colpa penale pensato per la persona fisica. Il lavoro – che si è avvalso altresì del raffronto con la nozione di corporate criminal liability elaborata nell’ordinamento inglese – ha dimostrato come l’illecito della corporation ricalchi, benché con le peculiarità proprie del paradigma, le caratteristiche strutturali del tipo colposo d’evento, presentandosi anzitutto come inadempimento di un dovere prudenziale al quale segue la verificazione di un fatto lesivo in cui si concretizza il rischio specifico che lo standard cautelare era volto a scongiurare. All’analisi degli elementi costitutivi dell’illecito della persona giuridica hanno fatto seguito alcune proposte di revisione del sistema, sulla base delle problematiche e degli spunti emersi in relazione al meccanismo ascrittivo della responsabilità, ai criteri di verificabilità empirica del modello organizzativo, nonché all’ambito di estensione soggettiva della disciplina.
This research proposal aims to analyse the specific paradigm of corporate criminal responsibility with special regard to its consistency with the requirements of criminal negligence. The analysis has shown that the corporate crime foreseen by Legislative Decree No. 231/2001 should be considered as a “special” offense of negligence which essentially acts as a breach of a precautionary duty: namely, a violation of a rule with precautionary objectives that imposes to the corporation the adoption of compliance programs aimed to prevent the occurrence of harmful events. The research aspires – from a de jure condendo viewpoint and by using a comparative approach focused on the English system of corporate criminal liability – to elaborate some reform proposals in order to modulate the culpability criteria on the type of offense that may actually occur and in relation to the judicial determination of adequacy of compliance programs.
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VACONDIO, LORENZA. "La delega di funzioni nel diritto penale. Dalla responsabilità dell'individuo alla colpa di organizzazione." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2021. http://hdl.handle.net/11567/1058353.

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GAROFALO, GIULIA MARIA GIORGIA. "LA COLPA DI ORGANIZZAZIONE: AUTONOMA SPECIES IMPUTATIVA O (SOTTO)CATEGORIA DOMMATICA 'COMUNE'?" Doctoral thesis, Università degli studi di Pavia, 2020. http://hdl.handle.net/11571/1315346.

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Abstract:
Il lavoro si prefigge di indagare la struttura della c.d. colpa di organizzazione, una categoria costruita alla luce delle costanti empirico-criminologiche della "società del rischio" e che trova oggi la propria prima e significativa concretizzazione normativa nell'ambito della disciplina concepita in materia di responsabilità ex crimine degli enti. Segnatamente, l'attività di ricerca ambisce a verificare, da un lato, se la colpa organizzativa rappresenti un tertium genus, una terza e nuova forma di colpevolezza che si affianca a dolo e colpa, ovvero, piuttosto, una variante, un modulo speciale della colpa penale classica; dall'altro, se il criterio imputativo costruito intorno alla persona giuridica, lungi dal costituire un unicum destinato a operare soltanto all'interno della normativa di cui al d.lgs. n. 231 del 2001, possa rilasciare tratti categoriali comuni al tipo colposo proprio delle persone fisiche che operano all'interno di una organizzazione. Se sia dunque, in ultima analisi, un criterio estensibile anche alle persone fisiche che agiscono all'interno dei Machtapparate. In questa prospettiva, si è deciso di strutturare il lavoro secondo un preciso iter espositivo, che prende avvio dal ruolo ancipite che le organizzazioni complesse svolgono nell'epoca post-moderna e dalle criticità in cui irrimediabilmente versa, per questo motivo, il diritto penale classico, per poi passare all'analisi comparata, in senso verticale e orizzontale, dei paradigmi di responsabilità da reato degli enti delineati nei diversi ordinamenti giuridici. Dopo aver saggiato debolezze e punti di forza di ciascuno schema e aver richiamato l'attenzione sul concetto di Organisationsverschulden di matrice tedesca, nonché sull'istituto dei compliance programs di matrice statunitense, ci si è ampiamente soffermati sul complesso ma raffinato modello ascrittivo confezionato dal legislatore italiano. Nella trama normativa del d.lgs. n. 231 del 2001 si scorgono gli echi della teoria della Identification doctrine; tuttavia, alla struttura mediata del modello si affianca ed è questo il dato più caratteristico del paradigma italiano (differenziale rispetto agli altri sistemi) un criterio di imputazione soggettiva della responsabilità orientato al rispetto del canone della colpevolezza: la colpa/colpevolezza di organizzazione dell'ente. La parte finale del lavoro è stata quindi dedicata all'affinamento concettuale della categoria di nuovo conio, vero e proprio topos della materia, la cui autentica essenza resta non di meno ammantata, ancora oggi, da ambiguità e incertezze. Così, dopo aver messo in evidenza le analogie che il modello di imputazione delineato dal d.lgs. 231 presenta, ictu oculi, a livello strutturale, con il paradigma colposo in senso stretto, si sono prospettate due diverse opzioni. In particolare, si è cercato di capire se la colpa organizzativa sia una species del genus tipologico della colpa, se, cioè, tra i due istituti possa stabilirsi un rapporto di continenza (c.d. specialità); ovvero se la prima comporti un ripensamento della colpa classica, che verrebbe integrata dalla colpa organizzativa, assumendo nuove vesti e nuovi contenuti (c.d. integrazione). Così impostati i termini della problematica, sono state svolte riflessioni alla luce delle quali si sono ricavati sufficienti argomenti per ritenere che, a determinate condizioni, il paradigma della colpa organizzativa possa essere efficacemente utilizzato per perimetrare in termini più razionali e garantisti anche la responsabilità dei singoli ogni qualvolta questi agiscano nell'ambito di una realtà collettiva organizzata.
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TAVERRITI, SARA BIANCA. "L'AUTOCONTROLLO PENALE. RESPONSABILITÀ PENALE E MODELLI DI AUTONORMAZIONE DEI DESTINATARI DEL PRECETTO." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2019. http://hdl.handle.net/2434/619498.

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Abstract:
La ricerca prende l’abbrivio dalla constatazione della crescente importanza acquisita, nel panorama delle fonti penalistiche, dal fenomeno dell’autonormazione: prodotto del diritto penale post-moderno consistente nell’autoimposizione, da parte dei destinatari stessi della norma, di precetti comportamentali in chiave criminal-preventiva. Oltre al ruolo ambivalente del principio di legalità penale (effetto e causa, al contempo, del fenomeno qui preso in considerazione), l’interesse del penalista per l’approfondimento scientifico del fenomeno è sollecitato dal potenziale che quest’ultimo rivela come alternativa (sostitutiva o integrata) rispetto al diritto penale. Il primo capitolo è dedicato alla ricostruzione delle cause che hanno dato origine al fenomeno, all’uopo ripartite in due macro-categorie: (i) le cause di ordine generale, per l’enucleazione delle quali è stata condotta una ricerca che spazia nelle materie sociologiche, economiche e giusfilosofiche; (ii) le cause di natura giuridica, che sono state investigate considerando sia le manifestazioni comuni all’intero ordinamento giuridico, sia quelle specifiche della penalistica, in cui la crisi del principio della riserva di legge e il declino del diritto penale classico assumono un’importanza cruciale. Nel secondo capitolo, il focus dell’analisi si concentra sulla dimensione strutturale del paradigma autonormativo per come emerso nelle sue principali manifestazioni e nelle concettualizzazioni teoriche maturate soprattutto grazie all’approfondimento riservato al fenomeno della Self-Regulation dagli studiosi di area anglosassone. La paradigmatica dell’autonormazione viene scrutinata tanto nelle sue singole componenti costitutive statiche, quanto nei suoi moti dinamici come strategia regolatoria all’interno dell’ordinamento. La ricerca si sposta nel terzo capitolo dalla struttura alla funzione, con l’obiettivo di ricavare i criteri di politica-criminale strumentali all’impiego dell’autonormazione nel sistema penale. A tal fine, sono state esplorate le possibili relazioni interordinamentali di raccordo tra sistemi autonormativi e ordinamento statale, applicando una metodologia mutuata dall’impostazione di Santi Romano ma ambientata sul terreno del diritto penale e delle sue alternative. Nel quarto capitolo l’indagine si rivolge verso i più eminenti esempi di autonormazione manifestatisi nell’ordinamento italiano: i modelli organizzativi ex D. Lgs. 231 del 2001; i piani per la prevenzione della corruzione nella P.A.; le linee guida medico-chirurgiche per lo svolgimento delle attività sanitaria. Oltre a una disamina ricognitiva della disciplina di questi sub-sistemi normativi, i tre banchi di prova vengono scandagliati in chiave struttural-funzionalistica alla luce dei criteri di analisi illustrati nel secondo capitolo e ricavati nel terzo. Il capitolo 5 chiude il lavoro proiettando i risultati delle ricerche sul piano della teoria del reato, per verificare quale impatto abbia/possa avere l’autonormazione sulla dogmatica. Dopo aver passato in rassegna le possibili ricadute sulle diverse categorie penalistiche, la chiosa finale valorizza il potenziale del diritto riflessivo come candidato ideale per la concretizzazione della clausola di extrema ratio in materia penale. L’uso dell’autonormazione come strumento alternativo rispetto al diritto penale viene ritenuto, infatti, il profilo applicativo più promettente e degno di essere ulteriormente esplorato.
One of the crucial challenges of Criminal Law in the new millennium is to deal with the complexity of contemporary society. The traditional approach based on the State monopoly on criminal matters keeps abreast no longer with the scientific-technological sophistication and the rate of changes in criminal behavior in the era of globalization. In this scenario, we witness the rise of Self-Regulation as an auxiliary tool of crime prevention, whose main goal is to fill the vacuum and to compensate for the rapid obsolescence of state legislation. Compliance Programs, Anti-Bribery Plans, Clinical Guidelines are some of the elements of a diverse constellation of cases in which preventive measures, behavioral rules, surveillance, and sanctions are issued and enforced by a legislator who coincides with the recipient, and which is often a private actor. Nevertheless, the ambivalence of Self-Regulation lies in the fact that – in the face of some positive externalities promised – this paradigm could jeopardize some of the fundamental principles of Criminal Law. The aim of this work is to provide a critical analysis of such phenomenon in order to verify the compatibility of Self-Regulation with the Rule of Law and to assess its efficacy in deterring and detecting misconducts.
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