Academic literature on the topic 'Clinica e terapia della scrittura'

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Journal articles on the topic "Clinica e terapia della scrittura"

1

Galati, Maria, Annalisa Pasqualini, and Corinna Albolino. "Scritturachecura. Esperienze di scrittura in psichiatria." GRUPPI, no. 1 (March 2013): 107–28. http://dx.doi.org/10.3280/gru2012-001009.

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Abstract:
Le autrici, in un precedente lavoro (Gruppi, 2011, XIII, 1), avevano presentato l'esperienza personale della "scrittura di sé", come sviluppata presso la LUA (Libera Universitŕ dell'Autobiografia di Anghiari), considerando in senso lato la possibile funzione di cura del sé. Nel presente lavoro riportano l'esperienza che ognuna ha tratto dall'aver introdotto liberamente nella pratica clinica e terapeutica quotidiane l'uso della scrittura stessa. Sono nate cosě le narrazioni di esperienze terapeutiche ove la scrittura, nei casi seguiti individualmente, ha rappresentato la possibilitŕ di continuitŕ, di estensione e completamento della terapia in corso, o ove ancora č diventata mediatore in gruppi terapeutici con pazienti borderline. La scrittura ha rappresentato poi il nucleo di una proposta formativa per infermieri di un SPDC: il coinvolgimento attraverso un percorso personale di scrittura autobiografica ha permesso di affrontare le tematiche che si dispiegano nel lavoro psichiatrico ai suoi vari livelli evitando la passivizzazione della lezione in aula e aumentando il livello di partecipazione e soddisfazione.
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2

Sava, Vito. "La fiducia nella dimensione del tempo." GRUPPI, no. 3 (December 2012): 51–65. http://dx.doi.org/10.3280/gru2011-003004.

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Abstract:
L'articolo propone alcune riflessioni sul tema della fiducia dal punto di vista del tempo. L'autore prende in considerazione, attraverso materiali clinici tratti da psicoterapie psicoanalitiche individuali in setting privato e nell'ambito del servizio pubblico, alcuni processi attraverso cui si evolve l'esperienza della fiducia nella relazione terapeutica. Il tema del tempo viene considerato sia nel processo del trattamento psicoterapeutico (tempo delle sedute, tempo della cura, tempo delle pause, tempo dell'inconscio), sia come elemento essenziale che struttura e consolida il processo di nascita, sviluppo e stabilizzazione della fiducia. Alcune ipotesi vengono proposte sul rapporto tra fiducia, relazione transferale e ritmi della terapia. L'articolo si conclude con alcuni riferimenti sul rapporto tra la fiducia, il tempo, con un particolare accento al tema della scrittura del materiale clinico, intesa come costruzione di un nuovo oggetto di relazione tra terapeuta e paziente, che richiede pertanto un ulteriore atto di fiducia nella funzione del processo analitico non solo nella spazio della seduta ma anche nei luoghi e nei tempi che precedono e seguono l'incontro con il paziente.
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Barbetta, Pietro. "Note preliminari per una "fiction" sul caso Lucia Joyce." EDUCAZIONE SENTIMENTALE, no. 16 (September 2011): 61–73. http://dx.doi.org/10.3280/eds2011-016004.

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Abstract:
Il testo indaga il caso clinico di Lucia Joyce alla luce della scrittura del padre e in relazione alle interpretazioni psicoanalitiche di Jung e Lacan. L'ipotesi piů accreditata č che la scrittura di Joyce o la condizione nomadica e precaria della famiglia Joyce abbia avuto conseguenze riguardo al disordine psichico di Lucia. In questo testo cercherň di discutere quest'idea proponendo un'ipotesi clinica differente, legata alla iatrogenicitŕ degli interventi e degli internamenti psichiatrici subiti dalla figlia di Joyce contro la volontŕ propria e del padre, che leggeva invece nelle condotte della figlia ammirevoli e sconvolgenti capacitŕ telepatiche.
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Erba, Sergio. "Clinica, teoria, metodo nella terapia e nella formazione." RUOLO TERAPEUTICO (IL), no. 116 (February 2011): 51–57. http://dx.doi.org/10.3280/rt2011-116006.

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5

Erba, Sergio. "Clinica, teoria, metodo nella terapia e nella formazione." RUOLO TERAPEUTICO (IL), no. 122 (February 2013): 62–68. http://dx.doi.org/10.3280/rt2013-122005.

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Abstract:
In questa sezione il direttore della rivista trae spunto da vignette e situazioni cliniche attinte dalla sua pratica di terapeuta e formatore per illustrare aspetti della teoria clinica de Il Ruolo Terapeutico.
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Nicolň, Terminio. "La scrittura del caso clinico." ATTUALITŔ LACANIANA, no. 9 (April 2009): 91–98. http://dx.doi.org/10.3280/ala2009-009008.

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Abstract:
- In questo lavoro viene presentata una riflessione epistemologica sulla scrittura del caso e sulla logica del ragionamento clinico. Gli argomenti vengono articolati e mantenuti in tensione con le questioni sollevate dal cosiddetto "buco dell'Altro". Questo punto d'opacitŕ riguarda l'esperienza psicoanalitica in un doppio versante: da un lato la pratica clinica chiama in causa la posizione dello psicoanalista nel passaggio che va dal principio alla sua applicazione; dall'altro, per l'analizzante, l'incompletezza dell'Altro non si esprime soltanto come un vuoto logico, poiché per il soggetto la questione sorge a causa del reale della pulsione, resto di godimento che non si lascia addomesticare da nessuna parvenza logica. Parole chiave: caso clinico - fenomeno - scrittura - ragionamento clinico - abduzione.
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7

Borino, Teresa, and Giuseppe Craparo. "La terapia di gruppo nella clinica contemporanea." QUADERNI DI GESTALT, no. 1 (September 2012): 9–22. http://dx.doi.org/10.3280/gest2012-001002.

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Abstract:
Gli Autori invitano tre capiscuola di modelli psicoterapici diversi - Calogero Lo Piccolo per la gruppoanalisi, Giovanni Lo Castro per lo psicodramma freudiano e Margherita Spagnuolo Lobb, per la psicoterapia della Gestalt - a rispondere ad alcune domande cruciali per la terapia di gruppo nella clinica contemporanea. I temi affrontati trasversalmente dai tre approcci riguardano la definizione del setting gruppale, la dimensione del sentire corporeo, l'estetica dell'essere gruppo, le riflessioni sul concetto di autoregolazione e sull'antropologia sociale che animano l'intervento di gruppo, e infine valutazioni sul futuro della psicoterapia di gruppo in considerazione delle evoluzioni sociali e culturali degli ultimi anni. Un confronto tra epistemologie e prospettive di pensiero che forniscono un'opportunitŕ di riflessione e un'occasione per ampliare gli orizzonti di conoscenza sulla clinica dei gruppi.
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8

D’Alessandro, C., E. Colombini, G. Pasquariello, G. Sbragia, and A. Cupisti. "Compliance Alla Terapia Dietetica." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 22, no. 4 (January 31, 2018): 2–5. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2010.1235.

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Abstract:
La terapia nutrizionale è uno dei cardini della terapia conservativa dell'Insufficienza Renale Cronica (IRC). È in grado di contrastare segni, sintomi e complicanze dell'insufficienza renale, di procrastinare l'inizio della dialisi e di mantenere lo stato nutrizionale. La dieta deve essere ridotta in proteine perché molte delle tossine e dei cataboliti ritenuti derivano dalle proteine esogene, e perché la restrizione proteica rappresenta una condizione necessaria, anche se non sufficiente, per la contestuale riduzione dell'apporto di sodio e fosforo che contribuisce agli effetti terapeutici. Altra caratteristica fondamentale della terapia dietetica è l'adeguatezza energetica. I due casi descritti rappresentano quello che spesso accade nella pratica clinica nel paziente con IRC cui viene prescritta una dieta ipoproteica, e sottolineano l'importanza del counselling dietetico per la sicurezza e l'efficacia della terapia nutrizionale nel paziente renale con o senza diabete mellito.
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Leveni, Daniela, Daniele Piacentini, and Arturo Campana. "Effectiveness of cognitive-behavioural treatment in Social Phobia: a description of the results obtained in a public mental health service." Epidemiologia e Psichiatria Sociale 11, no. 2 (June 2002): 127–33. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00005583.

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Abstract:
RIASSUNTOScopo – L'efficacia sperimentale della terapia cognitivo–comportamentale nel trattamento della Fobia Sociale, e provata da numerosi studi, tuttavia tali evidenze non risultano avere una ricaduta significativa nella pratica clinica. Abbiamo pertanto voluto verificare l'applicability di tale terapia nel contesto di un normale servizio pubblico di salute mentale e valutarne i risultati per compararli a quelli descritti dagli studi sperimentali. Disegno e setting – Abbiamo introdotto nel nostro centro una terapia cognitivo comportamentale intensiva e trattato i casi di Fobia Sociale che si sono presentati successivamente. In totale sono stati trattati 11 soggetti rispondenti ai criteri diagnostici del DSM–IV e sono stati valutati gli esiti sia al tennine della terapia sia a 6 mesi dal suo tennine. Principali misure di valutazione – Sono stati utilizzati strumenti obiettivi di valutazione: SF/36 per la valutazione della percezione da parte del soggetto del proprio stato di salute generale e mentale, la CGI per la valutazione clinica del terapeuta e PGI per la valutazione di quella del paziente, Liebowitz scale per la valutazione obiettiva dei correlati sintomatologici. Risultati – Nonostante il numero relativamente ridotto di soggetti che componevano il campione e la cronicita del disturbo presentato, sono stati ottenuti miglioramenti statisticamente significativi. Conclusioni – I risultati ottenuti confermano sostanzialmente quelli indicati dagli studi di efficacia e soprattutto l'applicability del metodo proposto anche nel contesto del Servizio Pubblico. Tenuto conto della elevata diffusione epidemiologica del disturbo, dell'elevato carico di malattia che determina nella popolazione generale e del costo relativamente modesto che il trattamento proposto comporta sarebbe auspicabile che esso venisse utilizzato routinariamente nella pratica clinica dei servizi pubblici.
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Pino, Luca. "Esperimento: estetica e reciprocità nella clinica contemporanea." QUADERNI DI GESTALT, no. 1 (June 2021): 109–19. http://dx.doi.org/10.3280/gest2021-001012.

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Abstract:
L'autore offre una riflessione rispetto all'utilizzo dell'esperimento nella clinica gestaltica. Partendo dagli sviluppi e dagli studi attuali sulla Conoscenza Relazionale Estetica e sulla reci-procità in psicoterapia (Spagnuolo Lobb, 2017a; 2017b; 2020), presenta l'uso dell'esperimento come possibilità del campo fenomenologico, piuttosto che come una tecnica rigida e pre-ordinata. L'attenzione epistemologica è finalizzata a chiarire come il focus terapeu-tico sia principalmente il contatto e il sé in contatto. L'esperimento può essere un modo per inserire la "novità" nel processo terapeutico utilizzando gli strumenti estetici e fenomenologici della terapia della Gestalt. In particolare, l'autore, vuole definire l'esperimento in un'ottica rela-zionale e di campo. Si tratta di ricontestualizzare un tema importante dell'epistemologia gestal-tica riconducendolo sia alla teoria del sé, che ai bisogni e alle sofferenze che oggi i pazienti portano in terapia.
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Dissertations / Theses on the topic "Clinica e terapia della scrittura"

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HOLZKNECHT, ORNELLA. "Dalla scrittura autobiografica alla scrittura di introspezione: la prospettiva clinica della scrittura di se' nei linguaggi della cura." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2011. http://hdl.handle.net/10281/30153.

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Abstract:
Uno studio intriso di interrogativi linguistici, di significati semantici, di ricorrenze etimologiche che, muovendosi in un territorio intermedio tra riflessione pedagogica, filosofica ed etica, promuove la ricerca, la riflessione e l’analisi del ruolo pedagogico e del valore clinico della SCRITTURA DI SE’ nei linguaggi della cura. Nel delineare una cornice epistemologica della scrittura di sé che, nei processi educativi, formativi, evolutivi genera un incontro fecondo tra orientamento pedagogico, clinico e terapeutico, si rintracciano le radici del legame tra scrittura e cura. L’attenzione peculiare alla dimensione della soggettività, alla valorizzazione del pensiero e della sensibilità creativa individuale, svela la scrittura introspettiva e conduce ad esplorare le fragilità esistenziali nella parola scritta approfondendone lo studio teorico e la sperimentazione clinica. Attraverso la consulenza autobiografica, nella specificità di una relazione “dia-grafica” che favorisce processi di autoriflessione, autoanalisi, riprogettazione esistenziale conoscitiva e trasformativa, si condividono orizzonti epistemologici, ambiti di ricerca, direzioni di senso con campi disciplinari diversi, aperti al futuro dei nuovi linguaggi della cura.
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Sorgon, Laura <1988&gt. "Alda Merini, ovvero la terapia della scrittura." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/8536.

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Abstract:
Il lavoro di tesi ha voluto attribuire un significato precipuo ad alcune tematiche inerenti alla biografia della poetessa Alda Merini, esaminandone la produzione letteraria in relazione ad aspetti nodali, soprattutto esistenziali, della vita. Si è voluto poi approfondire il versante della scrittura come strumento terapeutico, mettendo in relazione la capacità della poetessa di raccontarsi con estrema franchezza attraverso il mezzo sia lirico che narrativo, con la possibilità, offerta dalla scrittura, di configurarsi come strumento di analisi e di rielaborazione del vissuto esperienziale e psicologico.
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Clò, Alberto <1984&gt. "Studio della patogenesi di HIV-1 nel compartimento osseo: effetti della terapia antiretrovirale convenzionale e nuovi approcci all'eradicazione." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6206/1/Cl%C3%B2_Alberto_tesi.pdf.

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Abstract:
L’obiettivo della tesi è studiare il virus HIV-1 in relazione alle alterazioni sistemiche, riscontrate nel paziente HIV-infetto, in particolare alterazioni a carico del sistema scheletrico, indotte dal virus o dall’azione dei farmaci utilizzati nella terapia antiretrovirale (HAART). L’incidenza dell’osteoporosi nei pazienti HIV-positivi è drammaticamente elevata rispetto alla popolazione sana. Studi clinici hanno evidenziato come alcuni farmaci, ad esempio inibitori della proteasi virale, portino alla compromissione dell’omeostasi ossea, con aumento del rischio fratturativo. Il nostro studio prevede un follow-up di 12 mesi dall’inizio della HAART in una coorte di pazienti naïve, monitorando diversi markers ossei. I risultati ottenuti mostrano un incremento dei markers metabolici del turnover osseo, confermando l’impatto della HAART sull’omeostasi ossea. Successivamente abbiamo focalizzato la nostra attenzione sugli osteoblasti, il citotipo che regola la sintesi di nuova matrice ossea. Gli esperimenti condotti sulla linea HOBIT mettono in evidenza come il trattamento, in particolare con inibitori della proteasi, porti ad apoptosi nel caso in cui vi sia una concentrazione di farmaco maggiore di quella fisiologica. Tuttavia, anche concentrazioni fisiologiche di farmaci possono regolare negativamente alcuni marker ossei, come ALP e osteocalcina. Infine esiste la problematica dell’eradicazione di HIV-1 dai reservoirs virali. La HAART riesce a controllare i livelli viremici, ciononostante diversi studi propongono alcuni citotipi come potenziali reservoir di infezione, vanificando l’effetto della terapia. Abbiamo, perciò, sviluppato un nuovo approccio molecolare all’eradicazione: sfruttare l’enzima virale integrasi per riconoscere in modo selettivo le sequenze LTR virali per colpire il virus integrato. Fondendo integrasi e l’endonucleasi FokI, abbiamo generato diversi cloni. Questi sono stati transfettati stabilmente in cellule Jurkat, suscettibili all’infezione. Una volta infettate, abbiamo ottenuto una significativa riduzione dei markers di infezione. Successivamente la transfezione nella linea linfoblastica 8E5/LAV, che porta integrata nel genoma una copia di HIV, ha dato risultati molto incoraggianti, come la forte riduzione del DNA virale integrato.
The aim of this thesis is to study HIV-1 virus and its relation with systemic alterations observed in HIV-positive patients, in particular alterations of the skeletal system, induced by the virus or drugs, used in antiretroviral therapy (HAART). The osteoporosis frequency in HIV-positive patients is dramatically higher in respect to healthy people. Clinical studies showed how some drugs (e.g. viral protease’s inhibitors) lead to bone homeostasis impairment, increasing bone fractures’ risk. In our study, we followed up a cohort of naïve patients for 12 months, starting from the beginning of HAART, monitoring several bone markers. Our results evidenced an increase in bone turnover’s metabolic markers, confirming the impact of HAART on bone homeostasis. Later, we focused on osteoblasts, the cell type responsible of new bone matrix’s synthesis. The experiments directed on HOBIT cells revealed how the antiretroviral treatment, particularly protease inhibitors, causes apoptosis in case and higher than physiological drug concentration an had been used. However, even physiological drugs’ concentrations may downregulate bone markers, such as ALP and osteocalcin. Eventually, we have the question of HIV-1’s eradication from viral reservoirs. HAART can successfully control HIV’s viremia. Nevertheless, diverse cell types are thought to be potential reservoirs of infection, thwarting the effects of therapy. That is why we set up a new molecular approach to eradication: taking advantage of the integrase enzyme to specifically recognize the viral LTR sequences, toward hit the integrated provirus. Blending integrase and FokI endonuclease, we obtained various clones. These clones had been stably transfected into Jurkat cells, susceptible to infection. Once infected, we obtained a significant reduction in markers of infection. Thereafter the transfection of the lymphoblastoid cell line 8E5/LAV (which harbours an integrated copy of HIV into cell genome) returned very encouraging results, such as the strong reduction of integrated viral DNA.
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Clò, Alberto <1984&gt. "Studio della patogenesi di HIV-1 nel compartimento osseo: effetti della terapia antiretrovirale convenzionale e nuovi approcci all'eradicazione." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6206/.

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Abstract:
L’obiettivo della tesi è studiare il virus HIV-1 in relazione alle alterazioni sistemiche, riscontrate nel paziente HIV-infetto, in particolare alterazioni a carico del sistema scheletrico, indotte dal virus o dall’azione dei farmaci utilizzati nella terapia antiretrovirale (HAART). L’incidenza dell’osteoporosi nei pazienti HIV-positivi è drammaticamente elevata rispetto alla popolazione sana. Studi clinici hanno evidenziato come alcuni farmaci, ad esempio inibitori della proteasi virale, portino alla compromissione dell’omeostasi ossea, con aumento del rischio fratturativo. Il nostro studio prevede un follow-up di 12 mesi dall’inizio della HAART in una coorte di pazienti naïve, monitorando diversi markers ossei. I risultati ottenuti mostrano un incremento dei markers metabolici del turnover osseo, confermando l’impatto della HAART sull’omeostasi ossea. Successivamente abbiamo focalizzato la nostra attenzione sugli osteoblasti, il citotipo che regola la sintesi di nuova matrice ossea. Gli esperimenti condotti sulla linea HOBIT mettono in evidenza come il trattamento, in particolare con inibitori della proteasi, porti ad apoptosi nel caso in cui vi sia una concentrazione di farmaco maggiore di quella fisiologica. Tuttavia, anche concentrazioni fisiologiche di farmaci possono regolare negativamente alcuni marker ossei, come ALP e osteocalcina. Infine esiste la problematica dell’eradicazione di HIV-1 dai reservoirs virali. La HAART riesce a controllare i livelli viremici, ciononostante diversi studi propongono alcuni citotipi come potenziali reservoir di infezione, vanificando l’effetto della terapia. Abbiamo, perciò, sviluppato un nuovo approccio molecolare all’eradicazione: sfruttare l’enzima virale integrasi per riconoscere in modo selettivo le sequenze LTR virali per colpire il virus integrato. Fondendo integrasi e l’endonucleasi FokI, abbiamo generato diversi cloni. Questi sono stati transfettati stabilmente in cellule Jurkat, suscettibili all’infezione. Una volta infettate, abbiamo ottenuto una significativa riduzione dei markers di infezione. Successivamente la transfezione nella linea linfoblastica 8E5/LAV, che porta integrata nel genoma una copia di HIV, ha dato risultati molto incoraggianti, come la forte riduzione del DNA virale integrato.
The aim of this thesis is to study HIV-1 virus and its relation with systemic alterations observed in HIV-positive patients, in particular alterations of the skeletal system, induced by the virus or drugs, used in antiretroviral therapy (HAART). The osteoporosis frequency in HIV-positive patients is dramatically higher in respect to healthy people. Clinical studies showed how some drugs (e.g. viral protease’s inhibitors) lead to bone homeostasis impairment, increasing bone fractures’ risk. In our study, we followed up a cohort of naïve patients for 12 months, starting from the beginning of HAART, monitoring several bone markers. Our results evidenced an increase in bone turnover’s metabolic markers, confirming the impact of HAART on bone homeostasis. Later, we focused on osteoblasts, the cell type responsible of new bone matrix’s synthesis. The experiments directed on HOBIT cells revealed how the antiretroviral treatment, particularly protease inhibitors, causes apoptosis in case and higher than physiological drug concentration an had been used. However, even physiological drugs’ concentrations may downregulate bone markers, such as ALP and osteocalcin. Eventually, we have the question of HIV-1’s eradication from viral reservoirs. HAART can successfully control HIV’s viremia. Nevertheless, diverse cell types are thought to be potential reservoirs of infection, thwarting the effects of therapy. That is why we set up a new molecular approach to eradication: taking advantage of the integrase enzyme to specifically recognize the viral LTR sequences, toward hit the integrated provirus. Blending integrase and FokI endonuclease, we obtained various clones. These clones had been stably transfected into Jurkat cells, susceptible to infection. Once infected, we obtained a significant reduction in markers of infection. Thereafter the transfection of the lymphoblastoid cell line 8E5/LAV (which harbours an integrated copy of HIV into cell genome) returned very encouraging results, such as the strong reduction of integrated viral DNA.
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Di, Giacomo Susanna. "Valutazione dell'efficacia clinica della terapia di resincronizzazione cardiaca con cateteri quadripolari mediante deep learning." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amslaurea.unibo.it/16311/.

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Abstract:
La terapia di resincronizzazione cardiaca (CRT) si è dimostrata essere il metodo più efficiente e adeguato nel trattamento di pazienti affetti da insufficienza cardiaca caratterizzata da asincronia ventricolare. Essa consiste in una stimolazione biventricolare mediante pacemaker o defibrillatore impiantabili finalizzata ad aiutare i due ventricoli a pulsare in sincronia. Nonostante i benefici, circa il 30% dei pazienti risulta non responder. Uno dei problemi è l’ottimizzazione del posizionamento dell’elettrocatetere per ventricolo sinistro nel seno coronarico, fattore critico per la riuscita della terapia. Questo lavoro di tesi si concentra sul secondo obiettivo dello studio TRAJECTORIES avviato dal gruppo Corsi et al., ovvero l’analisi delle traiettorie 3D degli elettrodi in cateteri quadripolari per ventricolo sinistro, per valutare se le loro variazioni possano guidare nella selezione della definitiva configurazione di pacing tra quelle possibili. Al fine di individuare gli elettrodi che con più probabilità determineranno una risposta alla terapia di resincronizzazione cardiaca, si sono confrontate le traiettorie pre-accensione (T-1) e post-accensione (T0) del dispositivo di tutti gli elettrodi che sono stati stimolati, utilizzando una metodica che prevede tre fasi: estrazione delle coordinate dei quattro elettrodi mediante segmentazione semantica con rete neurale; ricostruzione tridimensionale delle traiettorie di ogni elettrodo a T-1 e T0; estrazione dei parametri geometrici che descrivono le traiettorie e confronto tra T-1 e T0, in base al quale, per ogni elettrodo stimolato, si potrà classificare il paziente come responder o non responder. In particolare, il parametro indicativo di una risposta o meno alla terapia di resincronizzazione è la variazione percentuale del rapporto tra i due valori singolari, parametri che indicano come la traiettoria sia distribuita lungo le tre direzioni principali.
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Fogar, Paola. "Modulazione termica dell'espressione della subunità catalitica della tossina difterica e delle sue varianti CRM176 e CRM197 nella terapia genica del carcinoma del pancreas." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425098.

Full text
Abstract:
Despite surgery and/or chemotherapy more than 80% of patients affected by pancreatic cancer do not survive more than 5 years after diagnosis. Gene therapy with bacterial toxins might be an effective approach for pancreatic cancer treatment. The aims of the present study were: 1. to create expression vectors, encoding highly toxic compounds, which can be activated and modulated by heat; 2. to verify, in vitro, their possible application in pancreatic cancer gene therapy. First objective The catalytic domain of diphtheria toxin (DTA) and of its variants CRM176 and CRM197 have been employed in this study as potent inhibitors of protein synthesis. To confine the expression of these cytotoxic agents to neoplastic tissue we focused our attention on heat inducible promoters, which allow a selective spatial and time control of gene induction by external heat. We chose the promoter of HSPA6 (encoding Hsp70B' protein) because it is strictly inducible, its basal expression levels being barely detectable in most tissues. We engineered three expression vectors with different heat-inducible HSPA6-derived promoter sequences driving the reporter gene eGFP: V1 containing a 473bp commercial sequence with a 91% homology to HSPA6; V2 with a 104bp sequence designed by us containing five Heat Shock Elements in tandem and the minimal promoter of HSPA6; V3 containing the 104bp sequence located downstream the 473bp promoter. In order to define the optimal heat shock temperature and exposure time we used four pancreatic cancer cell lines stably transfected with V1: the highest levels of eGFP expression (measured by Q-RT-PCR and FACS analysis) were obtained with a heat shock of 42,5°C for 1,5 hours. After setting the experimental conditions we compared the eGFP protein and mRNA levels in V1, V2 and V3 transfected pancreatic cancer cell lines. At 37°C there were minimal eGFP expression levels in cells transfected with all three vectors. After heat shock, however, V1, V2 and V3 transfected cells behaved differently: V1 and V2 transfected lines showed low and similar levels of expression (fold increase in mRNA about 8) while V3 transfected cells were highly induced by heat reaching up to 30 times the basal levels. V3, therefore, was shown to offer the best combination of high transciption efficiency and low background levels and was selected to drive the expression of DTA and its less toxic variants. Second objective The growth of all cell lines, transfected with DTA or its twenty fold less active variant CRM176, was significantly delayed even at 37°C. In other words the basal transcription levels of these toxins are sufficient to cause cell death; therefore DTA and CRM176 cannot be considered suitable candidates for gene therapy protocols using V3 promoter. At 37°C the supposedly inactive toxin CRM197 caused mild distress in transfected cells. After heat shock this phenomenon was amplified: cell growth was reduced in all CRM197 transfected cell lines. These findings indicate that the lethal effects of CRM197 are probably dose correlated. A spatial and time controlled expression of this toxin variant might offer the opportunity of combining its cytotoxic effects with its immunogenic properties, which may help antitumor immune system reaction. Conclusions The expression vector with the V3 heat-inducible promoter driving the CRM197 variant can be considered a promising starting point for future in vivo applications of pancreatic cancer gene therapy.
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PIRANI, VITTORIO. "Terapia combinata nella gestione delle complicanze in dome-shaped macula: esperienza della clinica oculistica di Ancona." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2020. http://hdl.handle.net/11566/273673.

Full text
Abstract:
Obiettivo: valutare la variazione di spessore retinico maculare dopo trattamento combinato: fotodinamica (pdt) e laser giallo sotto soglia micropulsato nei pazienti con distacco sieroso del neuroepitelio (DNE) secondario a “dome shaped “refrattari a light fotodinamica(PDT), sicurezza ed efficacia di tali trattamenti. materiali e metodi: pazienti con diagnosi di DNE secondaria a dome shaped macula trattati presso la Clinica Oculistica di Ancona. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a visita oculistica ,retinografia , autofluorescenza retinica,fluorangiografia (fag), esame al verde indocianina(icga),sd-oct,EDI-oct. 11 occhi miopi di 11 pazienti 8 di sesso femminile e 3 maschile con un’età media di 48 anni già sottoposti, almeno nei 3 mesi antecedenti, a light PDT e scarsamente responsivi a tale terapia sono stati oggetto di studio. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a light PDT ICGA-guidata e dopo 2 settimane ad una seduta di laser giallo micropulsato sottosoglia 577. Risultati: alll’ultimo follow-up si mostravano uno spessore coroideale medio pari a 183.3μm (SD 75 .41μm) e uno spessore retinico foveale pari a 271.8μm (SD 64.19μm). Sono stati considerati responders i pazienti che mostravano una riduzione del DSNF > 30% rispetto al baseline. I responders al follow-up dei 6 mesi risultavano essere 5 occhi di 5 pazienti, con risoluzione del distacco sieroso in 2 occhi già rilevabile all’OCT eseguito alla visita di follow-up dei 3 mesi. Per quanto concerne l’acuità visiva in 6 occhi si è riscontrato un aumento di almeno 2 linee della BCVA, nessun peggioramento della BCVA né un aumento dello spessore retinico foveale è stato osservato Conclusioni:. Nel nostro studio abbiamo utilizzato la “combo therapy” ,PDT con effetto angio- occlusivo coroideale e laser giallo 577 micropulsato sottosoglia volto a stimolare l’attività di pompa dell’EPR i quali sembrano avere un effetto sinergico su due vie eziopatogenetiche alla base del distacco sieroso in dome shaped macula. Tale approccio si è rivelato sicuro nei pazienti presi in esame in quanto nessun paziente ha mostrato un peggioramento della BCVA né un aumento del DSNF né comparsa di neovascolarizzazione coroideale.
Purpose: the aim of the present study is to report on the results obtained in a pilot study with a combined treatment of half-fluence half-dose photodynamic therapy (PDT) and subthreshold 577 nm micropulse laser treatment (STLT) for SRD(sub retinal detachment) related to DSM(dome shaped macula) poorly responsive to previous LIGHT-PDT: Efficacy and Safety. Methods : 11 Patients (8 females and 3 males) referred to the Department of Ophthalmology of University Politecnica delle Marche with the diagnosis of symptomatic DSM were prospectively enrolled in the study. Inclusion criteria included the diagnosis of symptomatic DSM, associated with SRD; DSM was regarded as symptomatic whenever associated with visual acuity deterioration and distortion. DSM definition was based on the OCT identification of an inward bulge inside the chorioretinal posterior concavity of the macular area, according to Gaucher’s description. Patients who had undergone any previous treatment in the last 3 months or were affected by any other ocular disease were excluded from the study.Each patient underwent a complete ophthalmologic examination, including best-corrected visual acuity(BCVA) on standard Early Treatment Diabetic Retinopathy Study (ETDRS) charts, blue-light fundus autofluorescence, fluorescein angiography ( FA), indocyanine green angiography (ICGA), OCT and OCT Angiography (OCTA). The patients were regularly scheduled. Each patient was first treated with half-fluence half-dose photodynamic therapy; after two weeks subthreshold 577 nm micropulse laser treatment was performed. Results :Overall, 11 eyes of 11 patients were included in the study. Subfoveal choroidal thickness was 183μm(SD 75.41μm ) and mean Central foveal thickness was 271.8μm (SD 64.19μm) to the last follow-up.Half-fluence half-dose photodynamic therapy and subthreshold micropulse laser treatment were uneventfully performed in all the cases, and were addressed to the ICGA- detected hyperfluorescent area. Serous retinal detachment diminished in all cases, and 5 eyes registered complete resolution at the end of the 6 month follow-up. No case showed enlargement of atrophic alterations, as assessed on blue-light fundus autofluorescence, or development of choroidal neovascularization at the end of the follow-up.Conclusions :a multimodal imaging evaluation is mandatory in order to better evaluate the patient with dome-shaped macula and its complications and to choose the best treatment in each case. To date, there is no validated therapy leading to DSM-related SRD resolution. Many different therapeutic approaches to SRD secondary to DSM have been attempted, with variable results.A combined treatment PDT and subthreshold 577 nm micropulse laser, with different therapeutic targets, has not been evaluated yet. In our experience, “combo therapy” can be considered an effective and safe therapy in the treatment of SRD secondary to DSM.
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D'Arpe, Lorenzo. "Impiego diagnostico della venografia digitale in vivo in corso di laminite nel cavallo. Terapia biomeccanica." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3426093.

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Abstract:
The candidate has put in evidence the clinical exam diagnostic value of the Laminitic equine foot. The physical examination has been associated with X-Ray and Venography exams. The radiographic technique suggested by Redden R.F. (2002) has been used and partially modified in order to achieve more detailed measurements. An ex vivo study has been performed to compare the radiographic measurements (palmar angle, sole depth, wall depth, coronet-extensor distance, break-over) and the anatomy to evaluate the magnification and distortion effect. The Venography technique in the standing horse with an injection of contrast liquid provides the clinician a full diagnostic visualization of the micro vascular venous (arterials) foot architecture. The procedure described by Redden R.F. (1993) has been standardized and simplified in order to better evaluate the weight load force venocompression. This technique is an indispensable instrument in the clinical evaluation also of the inner phases of Laminitis and to monitor the Equine foot damage evolution. Venograms interpretation has provided a better understanding of equine digit vascular abnormalities, damage extension, level and speed evolution. These precious informations provide the candidate the knowledge to set an innovative chronological table of the phases of Laminitis (Developmental, Acute, Sub-Acute and Restitutio or Chronic Asymptomatic and /or Recidive). Venography study showed the dermo-epidermal gear separation severity inside the hoofcapsule giving a great standard of prognostic value in Laminitic horses. The cases reported showed that Venograms interpretation has given indispensable informations in the choice of the therapeutic protocol (biomechanical, surgical, pharmacological, nutritional, etc.) using a focused and high quality clinical approach. Currently, there is no single treatment that can be recommended for all cases of laminitis. Successful therapy of Laminitis requires teamwork between the horse, the owner, the specialist, the referring veterinarian and the referring ferrier. When this team is willing to spend the time and effort, treatment of these cases can be successful. However, without their joint dedication, treatment can be frustrating and usually ends with euthanasia of the horse.
Il dottorando ha evidenziato l’importanza diagnostica dei reperti forniti dalle indagini fisico/dirette del piede del cavallo in corso di Laminite. L’esame semiologico diretto è stato associato sia all’analisi radiografica che all’indagine venografica. E’ stata utilizzata la tecnica radiografica nel rispetto di quanto suggerito da Redden R.F. (2002) rettificando però il protocollo metodologico allo scopo di poter ottenere misurazioni ed informazioni più precise nell’interpretazione radiografica e confortando tali misurazioni (angolo palmare, profondità della suola, spessore della parete, distanza corona-estensore, punto di rullamento) con uno studio ex vivo. L’utilizzo dell’esame venografico ha permesso la visualizzazione nel cavallo in stazione quadrupedale del microcircolo venoso (arterioso) del piede tramite l’iniezione di liquido di contrasto ed ha consentito al clinico di poter completare il quadro diagnostico. E’ stato modificato il protocollo metodologico descritto da Redden R.F. (1993) allo scopo di standardizzarlo, semplificarlo ed ottenere informazioni più mirate alla valutazione dell’eefetto statico di venocompressione esercitato dalla Forza peso. Tale tecnica, scevra da effetti secondari, può essere ritenuta, in relazione alla casistica riportata, un indispensabile strumento nella valutazione diagnostica anche delle fasi precoci di Laminite e nel monitoraggio del danno podale. L’interpretazione dei venogrammi ha consentito di poter ottenere una visione completa delle turbe vascolari della circolazione digitale, della loro estensione, della loro gravità e della loro evoluzione consentendo di poter approntare una tabella cronologica riassuntiva innovativa delle fasi della Laminite (Sviluppo, Acuta, Sub-Acuta ed in seguito Restitutio o Cronica Asintomatica e/o Recidiva). La venografia ha permesso di quantificare il danno dell’ingraggio dermo-ungueale all’interno dell’ermetica scatola di matrice cornea ed ha favorito l’accuratezza di informazione prognostica nei cavalli laminitici. La casistica riportatata ha mostrato che i reperti venografici possono essere inoltre indispensabili nella scelta dell’intervento terapeutico (di ordine biomeccanico, chirurgico, farmacologico, alimentare, ecc.) consentendo al clinico di poter effettuare un approccio mirato e rigoroso. Attualmente non esiste un unico trattamento che possa essere raccomandato per tutti i casi di Laminite. Il successo della terapia nei casi di Laminite richiede una lavoro di squadra tra il cavallo, il proprietario, lo specialista, il veterinario referente ed il maniscalco referente. Quando questo gruppo di lavoro è pronto a spendere il proprio tempo e dedizione al trattamento di questi casi allora può essere vincente, altrimenti, senza una dedizione congiunta di tutti gli indidui del gruppo il trattamentopuò risultare frustrante e terminare con l’eutanasia del paziente.
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Carli, Ilaria. "analisi del contributo delle poliproteine GAG e POL nello sviluppo della resistenza in pazienti HIV-1 positivi sottoposti a terapia antiretrovirale." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3423591.

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Abstract:
The introduction in the mid 1990s of Antiretroviral Therapy in the cure of AIDS has dramatically decreased the morbidity and mortality rate and has significantly extended the lifespan and the quality of life of HIV-1 positive patients. Today there are more than 20 drugs licensed for clinical use, targeting different steps of viral life cycle including viral entry (coreceptor antagonists and fusion inhibitors), reverse transcription (nucleoside, NRTIs, and non-nucleoside inhibitors, NNRTIs, of the viral reverse transcriptase), integration (integrase inhibitors) and viral maturation (protease inhibitors, PIs). Current Guidelines recommend the use of combination therapies, including drugs of almost two classes, in particular one or two NRTIs and one NNRTIs or one PIs, those are considered the standard of care for the treatment of HIV infection. Despite the success of pharmacological combination strategy, the emergence of drug resistance is still a major factor contributing to the therapy failure. The mechanisms of resistance mainly involve mutations directly altering the interaction of viral enzymes and inhibitors (Menéndez-Arias, 2010). Nowadays, most of these mutations, defined drug resistance mutations, are well characterized (Johnson et al., 2010) and are used in standard genotypic tests as predictive clues of treatment failure, but in some cases such limited information is not sufficient to explain the virological failure. Emerging studies reveal that, besides the ones encoding Gag and Pol polyproteins, other regions might contribute to the development of resistance. In particular, some specific cleavage sites and non-cleavage site mutations (Ho et al., 2008; Parry et al., 2009; Dam et al., 2009; Nijhuis et al., 2007), as well as frameshift-regulating site mutations in Gag (Doyon et al., 1998), increase cleavage sites accessibility and polyprotein processing, thus compensating for the catalytic loss of function of the viral Protease (PR) induced by primary resistance mutations. Moreover, some residues in the HIV-1 Reverse Transcriptase (RT) are critical for proteolytic processing of Gag-Pol precursors (Nishitsuji et al., 2011; Chiang et al., 2012). Although the augmenting consciousness of the relevance of other viral protein domains, besides PR and RT enzymes, in the prediction and acquisition of resistance to the antiviral formulations, little is known about the function of such specific mutations in the viral life cycle. Moreover, the available data are not unanimous in defining the relative importance of each analyzed region, for example within the Gag protein (Dam et al., 2009; Parry et al., 2007). In this context, we are interested in studying the functional role of HIV-1 Pr55Gag protein as natural substrates of PR and its contribution in resistance mechanisms. We optimized PCR amplification experimental settings and sequencing conditions of the gag gene from clinical isolates of different subtypes. In collaboration with Professor Parisi, University of Padua, we analyzed the gag sequence derived from clinical samples of HIV-1 infected patients failing PR Inhibitors (PIs) and RT Inhibitors (RTIs), selected among a cohort of five infectious diseases units located in Veneto in Northeastern Italy. In order to determine the contribution of the Pr55Gag protein to the resistance mechanisms and its specific function in the viral life cycle, we designed a cloning strategy that allows to analyze the differential contribution of N-terminal and/or C-terminal regions of Gag in the presence or in the absence of the mutated PR-RT. Indeed, each patient derived PCR products could be inserted in an HIV-1 proviral genome. In particular, we used a modified version of the previously described env-complementation system, in which an env-deleted provirus expresses a reporter gene under the transcriptional control of the viral LTR and it is capable of one single round of replication. The HIV-1 envelope glycoprotein is given in trans along with the Rev protein. Among all the patient samples sequenced so far, we selected one characterized by resistant mutations only in the PR coding region to analyze the effect of the mutated N-terminal region of Pr55Gag protein. Our results indicated that: (i) the patient-derived mutations in the N-terminal region of Pr55Gag enhance the RT activity and the p24 content in the supernatant of producing cells in comparison to the wild type context; (ii) the patient-derived MA/CA cleavage site amino acid sequence doesn’t affect the processing ability of the wild type PR; (iii) the infectivity of virions carrying the patient-derived N-terminal region of Pr55Gag is reduced. Our results would contribute to better characterize the role of Gag and the relations with PR and RT in resistance development, their relevance in viral replication and evolution in the presence or in the absence of drugs
L’introduzione della Highly Active Antiretroviral Therapy (HAART) a metà degli anni Novanta per la cura dell’AIDS ha fortemente ridotto la morbosità e la mortalità ad essa associate e sensibilmente esteso l’aspettativa e la qualità della vita dei pazienti HIV-1 positivi. Attualmente sono più di 20 gli inibitori approvati per l’uso clinico e sono in grado di agire negativamente in diverse fasi del ciclo replicativo virale, quali l’ingresso del virus nella cellula ospite (antagonisti dei corecettori ed inibitori di fusione), la retrotrascrizione (inibitori nucleosidici, NRTIs, e non nucleosidici, NNRTIs, della retrotrascrittasi) e l’integrazione del genoma virale (inibitori dell’integrasi) ed il processo di maturazione della particella virale (inibitori della proteasi, PIs). Le attuali Linee Guida raccomandano strategie terapeutiche che prevedono la combinazione di farmaci appartenenti ad almeno due classi distinte, generalmente due NRTIs in associazione ad un PI o un NNRTI, considerati lo standard of care per il trattamanto dell’infezione da HIV-1. Nonostante il successo dell’approccio combinatorio, il maggior fattore che contribuisce al fallimento terapeutico rimane lo sviluppo di resistenze. La perdita di sensibilità ai farmaci è dovuta principalmente all’insorgenza di mutazioni che alterano il sito di legame degli enzimi virali agli inibitori (Menéndez-Arias, 2010). Attualmente, molte di queste mutazioni, definite mutazioni di resistenza, sono ben caratterizzate (Johnson et al., 2010) e vengono utilizzate nei test genotipici di routine per identificare le cause del fallimento terapeutico, anche se in alcuni casi queste informazioni non sono sufficienti a spiegare il quadro clinico osservato. Studi recenti indicano che, oltre alle sequenze codificanti gli enzimi virali bersaglio della terapia, altre regioni del genoma virale possono contribuire allo sviluppo di resistenze. In particolare, la perdita di attività catalitica della proteasi dovuta alle mutazioni di resistenza può essere compensata da sostituzioni amminoacidiche presenti nelle vicinanze o a livello dei siti di taglio in Gag (Parry et al., 2009; Dam et al., 2009; Nijhuis et al., 2007), così come da sostituzioni a carico del segnale di scorrimento dei ribosomi tra i geni gag e pol (Doyon et al., 1998), che favoriscono il processamento dei precursori poliproteici virali. Inoltre, alcuni residui della retrotrascrittasi sembrano svolgere un ruolo critico nella corretta regolazione della maturazione dei precursori Gag e Gag-Pol (Nishitsuji et al., 2011; Chiang et al., 2012). Sebbene sia aumentata la consapevolezza della rilevanza che hanno altri domini proteici di HIV-1, oltre agli enzimi PR ed RT, nella predizione ed acquisizione delle farmacoresistenze, non sono ancora chiarite le ricadute funzionali che tali specifici mutazioni hanno nel ciclo biologico del virus. Inoltre, i dati disponibili non sono ancora unanimi nel definire l’importanza relativa di ciascuna regione analizzata, ad esempio nella proteina Gag (Dam et al., 2009; Parry et al., 2007). In tale contesto, abbiamo voluto investigare il ruolo svolto dalla proteina Gag come substrato naturale della proteasi virale ed il suo contributo nei meccanismi di resistenza. Sono state quindi ottimizzate le condizioni di amplificazione e di sequenziamento del gene gag a partire da isolati virali di diverso sottotipo. In collaborazione con il Professor Parisi, Università degli Studi di Padova, sono stati selezionati dei pazienti HIV-1 positivi che hanno fallito il trattamento terapeutico basato su PIs e RTIs all’interno della coorte Veneta CAVeAT, comprensiva di cinque Unità di Malattie Infettive. Di ciascuno di questi sono stati analizzati i profili di resistenza e le sequenze del gene gag per identificare le posizioni variabili. Allo scopo di determinare il contributo della proteina Pr55Gag nei meccanismi di resistenza e la sua specifica funzione nel ciclo biologico del virus, è stata disegnata una strategia di clonaggio che permette di analizzare il contributo differenziale della regione ammino- o carbossi-terminale di Gag in presenza o in assenza degli enzimi PR-RT mutati. Con questo sistema ciascun prodotto di amplificazione ottenuto dall’RNA estratto dal paziente può essere inserito direttamente nel genoma provirale di HIV-1. Nello specifico, è stato utilizzato un sistema di trans-complementazione dell’envelope, sviluppato in precedenza nel nostro laboratorio, che permette la pseudotipizzazione con envelope eterologhi espressi in trans di virioni competenti per un solo ciclo replicativo. Tra tutti i pazienti analizzati, è stato scelto di analizzare l’effetto di specifiche mutazioni a carico della regione N-terminale di Gag di quello che presentava un’unica mutazione di resistenza in PR. Dai risultati ottenuti è emerso che: (i) la presenza della regione N-terminale derivata dal paziente porta ad un aumento dell’attività retrotrascrittasica e del contenuto di p24 nel suranatante delle cellule utilizzate per la produzione dei virioni ricombinanti rispetto a quanto osservato nel virus wild type; (ii) nel sistema utilizzato la sequenza amminoacidica del sito di taglio MA/CA derivata dal paziente non sembra influenzare l’accessibiltà del sito per la proteasi wild type; (iii) le mutazioni a carico della regione N-terminale di Gag derivata dal paziente riducono l’infettività dei virioni ricombinanti che la esprimono. Nel complesso, i risultati ottenuti possono contribuire a caratterizzare le relazioni funzionali che intercorrono tra Gag e gli enzimi PR ed RT nei meccanismi di resistenza e nel ciclo biologico del virus
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PROVENZI, LIVIO. "Epigenetica comportamentale della prematurità: Come la metilazione del DNA media l'impatto di precoci esperienze avverse sullo sviluppo socio-emozionale in bambini nati fortemente pretermine." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2016. http://hdl.handle.net/10280/10788.

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Abstract:
Nel presente lavoro di tesi sono riportati i risultati di un innovativo progetto di ricerca longitudinale nell'ambito della psicobiologia. I recenti progressi nel campo dell'epigenetica sono stati applicati allo studio delle conseguenze di esperienze avverse precoci sullo sviluppo socio-emozionale in bambini nati fortemente pretermine. La nascita pretermine costituisce un fattore di rischio per lo sviluppo socio-emozionale, in parte per l'esposizione ad eventi stressanti (es.: dolore neonatale) durante l'ospedalizzazione in terapia intensiva neonatale (TIN). L'epigenetica si riferisce a processi biochimici altamente sensibili alle esperienze ambientali e che alterano la funzione di trascrizione di specifici geni, senza modificare la struttura della sequenza di DNA. Il candidato ha sviluppato un razionale clinicamente rilevante per la ricerca epigenetica comportamentale della prematurità. Inoltre il progetto di ricerca ha dimostrato che il livello di esposizione a procedure dolorose si associa a esiti avversi sul piano temperamentale e della risposta allo stress a tre mesi e che tale associazione è mediata da alterazioni epigenetiche a livello del gene che codifica per il trasportatore della serotonina. Le implicazioni teoriche, cliniche ed etiche di questi risultati sono trattate nella sezione conclusiva. Il progetto di epigenetica comportamentale della prematurità fornisce una nuova prospettiva teorica ed empirica sul tema dell’interazione tra genetica ed ambiente.
In the present work, the candidate reports the results of an innovative longitudinal research project in the field of psychobiology. The recent epigenetic progresses have been applied to the study of the consequences of early adverse event exposures on the socio-emotional development of very preterm infants. Preterm birth is a major concern for socio-emotional development, partly due to the exposure to adverse stressful stimulations (i.e., skin-breaking procedures) during the Neonatal Intensive Care Unit (NICU) stay. Epigenetics refers to biochemical processes which are sensitive to environmental cues and which alter the transcriptional activity of specific genes without changing the DNA structure. The candidate has developed a clinically relevant rationale for preterm behavioral epigenetics (PBE). The research project has demonstrated that the early exposure to high levels of skin-breaking procedures during NICU stay associate with non-optimal temperamental profile and stress regulation at 3 months of age. This association was mediated by epigenetic modifications (DNA methylation) of the stress-related gene encoding for serotonin transporter. The theoretical, clinical and ethical implications of these findings are discussed further in the final section of the thesis. The PBE project provides a new framework for the issue of the interconnections between nature and nurture.
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Books on the topic "Clinica e terapia della scrittura"

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Gensini, Gian Franco, and Augusto Zaninelli, eds. Progetto RIARTE. Florence: Firenze University Press, 2015. http://dx.doi.org/10.36253/978-88-6655-906-1.

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Abstract:
Le malattie cardiovascolari rappresentano un’area clinica in cui maggiormente si avverte la necessità dello sviluppo di risposte assistenziali efficaci e sostenibili, nel cui ambito lo specialista deve svolgere un ruolo determinante, contribuendo a mettere in atto strategie gestionali condivise dalle diverse professionalità sanitarie e sostenute a livello istituzionale. I 200 casi clinici riportati dal progetto RIARTE sono, senza dubbio, una fotografia fedele, reale e pratica della realtà clinica in Italia per quanto attiene alle due categorie osservate: pazienti con rischio cardio e cerebrovascolare superiore al 20% secondo le tabelle del rischio SCORE e pazienti con ipertensione di difficile controllo. In entrambi i casi clinici l’adozione, nelle misure farmacologiche, della terapia a base di calcio-antagonisti diidropiridinici è apparsa efficace, sicura, di facile associazione con altre terapie e caratterizzata da un rapporto costo-efficacia particolarmente favorevole.
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Book chapters on the topic "Clinica e terapia della scrittura"

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Peppe, Antonella. "Clinica e terapia della malattia di Parkinson." In Malattia di Parkinson e parkinsonismi, 1–22. Milano: Springer Milan, 2009. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-1490-9_1.

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