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Dissertations / Theses on the topic 'Citochinesi'

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CASSANI, CORINNE. "Regulation of cytokinesis in saccharomyces cerevisiae." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2014. http://hdl.handle.net/10281/50092.

Full text
Abstract:
La citochinesi è quel processo regolato nel tempo e nello spazio tramite cui, dopo la segregazione dei cromosomi, le cellule eucariotiche dividono il loro citoplasma e le membrane per formare due cellule figlie indipendenti l’una dall’altra. Nel lievito gemmante Saccharomyces cerevisiae la citochinesi è promossa da vie finemente regolate che coordinano la divisione cellulare con la divisione nucleare al fine di garantire la stabilità genetica di cellule in crescita. Queste vie promuovono la contrazione dell’anello di actomiosina (AC) accoppiandola rispettivamente con la costrizione della membrana plasmatica e con la deposizione centripeta del setto primario (SP). Le vie che portano alla citochinesi sono parzialmente ridondanti e la loro contemporanea inattivazione causa un blocco della citochinesi e morte cellulare. Nelle cellule animali, il piano di divisione è specificato dal posizionamento del fuso mitotico e la citochinesi avviene grazie alla contrazione dell’anello di actomiosina, seguita dall’invaginazione della membrana plasmatica. In S. cerevisiae, il primo passo verso la citochinesi è l’assemblaggio di un anello rigido di septine attorno al collo della gemma contemporaneamente all’emissione della stessa, non appena le cellule entrano in fase S, definendo la posizione in cui avrà luogo la costrizione tra la cellula madre e la figlia in seguito all’uscita dalla mitosi. L’anello di septine funge da piattaforma di legame, al collo della gemma, per diverse proteine tra cui la catena pesante della miosina di tipo II, Myo1. Myo1 forma un anello al sito di emissione della gemma all’inizio della fase S in modo dipendente dalle septine. Alla fine dell’anafase un anello di actina si sovrappone con quello di Myo1 a generare il risultante anello di actomiosina la cui contrazione è strettamente accoppiata alla deposizione del setto primario. L’anello di septine permette la localizzazione anche di Iqg1 che, insieme a Bni1, è importante per il reclutamento dell’actina al collo della gemma, di Cyk3, richiesto per la corretta formazione del setto primario, e di Hof1, che colocalizza con l’anello di actomiosina durante la citochinesi. La successiva degradazione di Hof1 permette l’efficiente contrazione dell’anello di actomiosina e la separazione cellulare. Durante l’uscita dalla mitosi, la chitina sintasi Chs2 si localizza al sito di divisione e sintetizza il setto primario, composto di chitina, evento cha avviene in contemporanea con la contrazione dell’AC. Infine il setto secondario, che ha composizione simile a quella della parete di lievito, è deposto da entrambi i lati, della madre e della figlia, del setto primario. La successiva degradazione del setto primario dal solo lato della cellula figlia è garantita dal RAM pathway il quale viene attivato solo all’interno della gemma. A questo punto la cellula madre e la cellula figlia si separano definitivamente e questo processo lascia un disco di chitina (bud scar), residuo del setto primario, sulla superficie della cellula madre. Nel primo capitolo è stato descritto il ruolo delle ubiquitine ligasi Dma1 e Dma2 nella citochinesi. Queste proteine, a funzione almeno parzialmente ridondante, appartengono alla stessa famiglia FHA-RING ubiquitina ligasi di Chfr e Rnf8 umane e di Dma1 di Schizosaccharomyce pombe. In particolare abbiamo dimostrato che sia la mancanza di Dma1 e Dma2 che la moderata sovraproduzione di Dma2, nonostante non causino alterazioni nella progressione del ciclo cellulare, inficiano la contrazione dell’anello di actomiosina e la deposizione del setto primario. Inoltre, la moderata sovraproduzione di Dma2 impedisce l’interazione tra Tem1 e Iqg1, la quale è richiesta per la contrazione dell’AC, e causa la deposizione asimmetrica del setto primario nonché la delocalizzazione di Cyk3, un regolatore positivo di questo processo. Nell’insieme queste scoperte suggeriscono che le proteine Dma agiscono come dei regolatori negativi della citochinesi. Nel secondo capitolo è stato mostrato che l’ubiquitinazione della GTPasi Ras-like Tem1 è coinvolta nella regolazione della contrazione dell’anello di actomiosina. Tem1 non è richiesta per l’assemblaggio dell’AC ma per la sua dinamica. Nel primo capitolo abbiamo mostrato come questa proteina venga sottoposta ad ubiquitinazione ciclo-cellulare dipendente, in particolare la quantità di Tem1 ubiquitinata decresce quando le cellule iniziano a contrarre l’anello di actomiosina. In particolare, alti livelli di Dma2 inducono l’ubiquitinazione di Tem1, come anche l’inibizione della contrazione dell’AC. Analizzando le cinetiche di contrazione dell’AC in cellule che esprimono alti livelli di Dma2 e diverse varianti di Tem1 K-R ( in cui i residui di lisina sono stati sostituiti con arginine, rendendo così la proteina non ubiquitinabile), abbiamo dimostrato che l’ubiquitinazione di Tem1 sembra essere importante per l’inibizione Dma-dipendente della contrazione dell’anello di actomiosina. In particolare le lisine 112, 133 e 219 sembrano essere maggiormente implicate in questo processo. Nell’insieme questi dati suggeriscono che le proteine Dma agiscono come regolatori negativi della contrazione dell’AC influenzando in modo indiretto l’ubiquitinazione di Tem1. Nel terzo capitolo è stato mostrato come Dma1 e Dma2 sono coinvolte nel NoCut pathway, un checkpoint la cui attivazione previene la rottura dei cromosomi durante la divisione cellulare. La mancanza delle proteine Dma inficia l’attivazione del checkpoint in presenza di mutazioni che causano la permanenza di cromatina a livello del sito di divisione o danni alla zona centrale del fuso. Inoltre, la mancanza di Dma1 e Dma2 causa difetti di crescita se combinata con la delezione di geni coinvolti nel NoCut pathway o nei meccanismi che permettono la riparazione delle rotture del DNA che si vengono a generare quando il checkpoint non è perfettamente funzionante. Inoltre la mancanza delle proteine Dma, nonostante non sembra alterare la progressione del ciclo cellulare, quando combinata con la mancanza delle proteine Boi (le quali agiscono da inibitori dell’abscissione nel NoCut pathway) causa difetti di crescita dovuti ad un aumento della missegregazione cromosomica. Nell’insieme questi dati suggeriscono che le proteine Dma sono coinvolte nell’attivazione del NoCut pathway. Nell’ultimo capitolo è illustrata l’analisi della funzione di un nuovo fattore che regola la divisione cellulare: Vhs2. Nonostante questa proteina non sia essenziale per la vitalità cellulare, abbiamo dimostrato la sua implicazione nella stabilizzazione delle strutture generate dalle septine. La mancanza di Vhs2 causa difetti di crescita se combinata con diversi mutanti che affliggono la stabilità di queste strutture. Inoltre le cellule vhs2Δ mostrano per se un difetto nella stabilità delle septine infatti queste cellule mostrano un fenotipo tipico: le septine spariscono dal sito di divisione prima che il fuso venga disassemblato, mentre nelle cellule selvatiche le septine permangono fino alla fine della citochinesi. Abbiamo inoltre mostrato che Vhs2 è una proteina fosforilata e la sua fosforilazione decresce all’inizio della citochinesi ed è regolata dalla fosfatasi Cdc14.
Cytokinesis is the spatially and temporally regulated process by which, after chromosome segregation, eukaryotic cells divide their cytoplasm and membranes to produce two daughter cells independent of each other. In the budding yeast Saccharomyces cerevisiae cytokinesis is driven by tightly regulated pathways that coordinate cell division with nuclear division to ensure the genetic stability during cell growth. These ways promote actomyosin ring (AMR) contraction coupled to plasma membrane constriction and to centripetal deposition of the primary septum, respectively. These pathways can partially substitute for each other, but their concomitant inactivation leads to cytokinesis block and cell death. In animal cells, the division plane is defined by the central spindle positioning and cytokinesis occurs through the contraction of the AMR, followed by the membrane furrowing. In S. cerevisiae, the first step towards cytokinesis is the assembly of a rigid septin ring, which forms at the bud neck concomitantly with bud emergence as soon as cells enter S phase and marks the position where constriction between mother and daughter cell will take place at the end of mitosis. The septin ring acts as a scaffold for the recruitment other proteins, among which Myo1, the heavy chain of the type II miosin. Myo1 forms a ring at the site of bud emergence at the onset of S phase in a septin-dependent manner. At the end of anaphase, an actin ring overlaps with that of Myo1 and the resulting contractile actomyosin ring drives primary septum deposition. The septin ring also recruits Iqg1 which is important, together with Bni1, for actin recruitment at the bud neck, Cyk3, required for proper synthesis of the septum, and Hof1, which is phosphorylated in telophase and colocalizes with the actomyosin ring during cytokinesis. The subsequent degradation of Hof1 allows efficient AMR contraction and cell separation. During mitotic exit, Chs2 localizes at the cell division site, where it drives synthesis of the primary septum, composed of chitin, simultaneously with actomyosin ring contraction. Afterwards the secondary septum, which has a similar composition to yeast cell wall, is produced on both the mother and the daughter side of the bud neck. The subsequent degradation of the primary septum from the daughter-side is ensured by the RAM pathway that is activated only in the bud. At this point mother and daughter cell separate permanently from each other leaving a chitin disk, that is the primary septum residue, called “bud scar", on the mother cell surface. In the first chapter we describe the role in cytokinesis of the functionally redundant FHA-RING ubiquitin ligases Dma1 and Dma2, that belong to the same ubiquitin ligase family as human Chfr and Rnf8 and Schizosaccharomyces pombe Dma1. In particular we show that both the lack of Dma1 and Dma2 and moderate Dma2 overproduction affect actomyosin ring contraction as well as primary septum deposition, although they do not apparently alter cell cycle progression of otherwise wild type cells. In addition, overproduction of Dma2 impairs the interaction between Tem1 and Iqg1, which is thought to be required for AMR contraction, and causes asymmetric primary septum deposition as well as mislocalization of Cyk3, a positive regulator of this process. In agreement with these multiple inhibitory effects, a Dma2 excess that does not cause any apparent defect in wild-type cells leads to lethal cytokinesis block in cells lacking the Hof1 protein, which is essential for primary septum formation in the absence of Cyk3. Altogether, these findings suggest that the Dma proteins act as negative regulators of cytokinesis. In the second chapter we show that the Ras-like GTPase Tem1 ubiquitylation is involved in AMR contraction regulation. Tem1 is not required for the actomyosin ring assembly but is required for its dynamics. In the first chapter we show how this protein undergoes cell cycle-regulated ubiquitylation, in particular the amount of ubiquitylated Tem1 decreases concomitantly with cells undergoing AMR contraction. Interestingly, high levels of Dma2 induce Tem1 ubiquitylation as well as inhibit AMR contraction. Analyzing the kinetics of AMR contraction in cells that express high levels of Dma2 and different Tem1 K-R variants (in which lysine residues were replaced by arginine residues, thus becoming not ubiquitylable), we show that Tem1 ubiquitylation seems to be important for Dma2’s AMR contraction inhibition. In particular lysines 112, 133 and 219 are mostly implicated in this regulation. Altogether, these findings suggest that the Dma proteins act as negative regulators of AMR contraction by indirectly influencing Tem1 ubiquitylation. In the third chapter we show that Dma1 and Dma2 are involved in the NoCut pathway, a checkpoint whose activation prevents chromosome breakage during cell division. The lack of Dma proteins affects checkpoint activation in the presence of mutations that cause chromatin persistance at the division site or spindle midzone damage. Moreover, the lack of Dma1 and Dma2 causes cell growth defect in combination with the deletion of genes involved in the NoCut pathway or in the mechanisms that permit DNA breaks repair generated when the checkpoint is not totally functional. Furthermore the lack of Dma proteins, although they do not apparently alter cell cycle progression, when combined with the lack of Boi proteins (that work as abscission inhibitors in the NoCut pathway) causes a growth defect due to an increase in chromosome missegregation. Altogether, these findings suggest that the Dma proteins act in the NoCut pathway. In the last chapther we describe the functional characterization of a new player in cell division control: Vhs2. Despite it is not essential for cells viability, we show how this protein is implicated in septins stabilizaton. The lack of Vhs2 causes cell growth defect in combination with several mutants that affect septin structure. Moreover vhs2Δ cells per se have a defect in septin stability, in fact these cells show a typical phenotype: the septins disappear from the division site before mitotic spindle disassembly, while in wild type cells septins remain until the end of cytokinesis. We also show that Vhs2 is subject to phosphorylations that decrease at the beginning of cytokinesis and that is regulated by Cdc14 phosphatase.
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Giannubilo, Stefano Raffaele. "Espressione placentare di citochine infiammatorie nella Hellp syndrome." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2007. http://hdl.handle.net/11566/242646.

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Landi, Beatrice. "Abortivita' spontanea ricorrente: studio di espressione endometriale delle citochine infiammatorie." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2015. http://hdl.handle.net/11566/242956.

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Taurone, Samanta. "Profilo Immunoistochimico di Citochine Infiammatorie e Fattori di Crescita nell'Occhio Umano." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2016. http://hdl.handle.net/11577/3424330.

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Abstract:
The aim of this experimental thesis focuses on the study of eye diseases related to the involvement of growth factors, of inflammatory cytokines in chronic-inflammatory, and of tissue remodeling. Particular emphasis has been addressed to the physiopathology of the eye surface and the complex relationships existing between cells and mediators in the immune response. Furthermore, the research has been directed to molecular events that control these biological responses. The lost in regulation of the inflammatory processes corresponds to the loss of control of the production/action of cytokines followed by the onset of inflammatory or autoimmune pathologies. Immunohistochemical technique has been performed in order to evaluate the physiopathological behaviour of inflammatory cytokines and of some growth factors (TGF-b1, IL-1b, IL-6, TNF-a and VEGF) located in the ocular tissues. Samples were obtained from human patients affected by glaucoma, diabetic retinopathy and macular degeneration. Our main purpose was to assess the levels of expression and localization of pro-inflammatory cytokines by immunohistochemistry in order to identify their involvement in the pathology, assuming for them a role in the modulation of these factors as a potential therapeutic target. Our study has shown an imbalance between pro- and anti-inflammatory cytokine plays a key role in the pathogenesis of retinal diseases. This disproportion within a complex regulatory network is related to some immunological processes that promote autoimmunity, chronic inflammation and / or tissue destruction. We were able to confirm that the inflammatory process involves a complex cascade of molecular and cellular biological signals, altering the physiological responses of the ocular tissues. The transmission electron microscopy investigation (TEM) showed that at the site of the lesion cells the probable release of molecular signals produces changes in the affected area: dilation of blood vessels resulting in increased blood flow and vascular permeability, exudation of fluid containing proteins such as immunoglobulins and invasion by leukocytes. It is well known that chronic and prolonged inflammation is a fundamental feature in some diseases such as atherosclerosis, obesity, diabetes, rheumatoid arthritis, asthma and various types of cancer. These diseases are strictly connected with their ocular manifestations: diabetic retinopathy, scleritis, uveitis, dry eye syndrome and ocular tumours. It should be noticed that pharmacological and clinical advances occur in areas apparently distant from application in ophthalmology, but they should be potentially used also in the ocular field by a translational application. Since many ocular tissues have a immune-privileged system to protect the delicate visual apparatus, the control of the acute inflammation is regulated by the same pathways and mediators that manage inflammatory responses in other organs. These scientific informations not only provide further support to the chronic inflammation, that plays a significant role in the pathogenesis of diabetic retinopathy, but also suggest that the inflammatory process is active even before retinopathy (diabetic and/or proliferative) is clinically diagnosed. Therefore, the alteration of the profile of some cytokines might be useful both as a predictive marker as well as an important target for the development of new therapeutic treatments. A novel pharmacological approach to treat eye inflammation may be represented by progress in the cellular therapy. In recent years, research has been devoted to the development of cell therapy applied to eye diseases producing a remarkably increased risk of visual impairment. Recently, cellular therapy has evolved into two research pathways: one finalized to a remodeling of the structure and the relative functions of specific tissues using stem cells; the other one has been focused on the restore of the immunological homeostasis controlling the harmful effects caused by inflammatory diseases.
Questo lavoro di tesi sperimentale è rivolto allo studio di alcune patologie oculari e al coinvolgimento di alcuni fattori di crescita e citochine infiammatorie in alcune condizioni cronico-infiammatorie e nel rimodellamento tissutale, con particolare interesse per la fisiopatologia della superficie oculare e al legame complesso tra cellule e mediatori nella risposta immune innata ed acquisita. Nello svolgimento dell’attività di ricerca particolare interesse è stato rivolto agli eventi molecolari deputati al controllo e allo spegnimento di queste risposte biologiche. La mancata regolazione dei processi infiammatori corrisponde infatti alla perdita del controllo della produzione/azione delle citochine e determina come conseguenza l’insorgere di patologie infiammatorie croniche o autoimmuni. In questo lavoro di tesi è stato valutato, mediante l'utilizzo della tecnica immunoistochimica, il ruolo fisiopatologico di alcune citochine infiammatorie e di alcuni fattori di crescita (TGF-b1, IL-1b, IL-6, TNF-a e VEGF) in tessuti oculari umani ottenuti da pazienti affetti da glaucoma, retinopatia diabetica ed degenerazione maculare in confronto ad analoghi tessuti umani normali. Pertanto il nostro principale scopo è stato quello di valutare i livelli di espressione e la localizzazione delle citochine pro-infiammatorie mediante tecnica immunoistochimica in modo da poter identificare il loro coinvolgimento nella patologia ipotizzando per esse un ruolo nella modulazione di tali fattori come potenziale bersaglio terapeutico. Come dimostrato nel nostro studio uno sbilanciamento tra citochine pro- e anti-infiammatorie giuoca un ruolo fondamentale nella patogenesi delle patologie retiniche. Tale sbilanciamento nell’ambito di un complesso network regolatorio è correlato ad alcuni processi immunologici che favoriscono autoimmunità, infiammazione cronica e/o distruzione tissutale. Nello svolgimento del lavoro di tesi è stato ulteriormente confermato come il processo infiammatorio comporti una complessa cascata di segnali biologici molecolari e cellulari, che alterano le risposte fisiologiche del tessuto oculare interessato. L'analisi in microscopia elettronica (TEM) ha evidenziato come presso il sito della lesione le cellule rilascino verosimilmente segnali molecolari che causano una serie di modificazioni nella zona interessata: dilatazione dei vasi sanguigni, con conseguente aumento del flusso sanguigno e della permeabilità vascolare, essudazione di liquidi contenenti proteine come le immunoglobuline ed invasione da parte dei leucociti. Risulta ampiamente noto come l’infiammazione cronica e prolungata sia una caratteristica determinante per malattie come aterosclerosi, obesità, diabete, artrite reumatoide, asma e diversi tipi di tumore. Molte di queste malattie si caratterizzano per una ormai consolidata manifestazione oculare: retinopatia diabetica, sclerite, uveite, sindrome dell’occhio secco e neoplasie oculari. Questo ci porta ad osservare attentamente anche i progressi farmacologici e clinici che si registrano in aree apparentemente distanti dall’applicazione in campo oftalmologico, ma che potenzialmente, per traslazione, potrebbero essere utilizzabili in prospettiva anche in campo oculare. Infatti, nonostante molti tessuti oculari abbiano un sistema immuno-privilegiato o altamente evoluto per proteggere il delicato apparato visivo, l’indispensabile controllo dell’infiammazione acuta è regolato dalle stesse vie generali e da mediatori e cellule effettrici che gestiscono le risposte infiammatorie in altri organi. Queste informazioni scientifiche non soltanto conferiscono ulteriore supporto al fatto che l’infiammazione cronica svolga un ruolo significativo nella patogenesi della retinopatia, ma suggeriscono, inoltre, che il processo infiammatorio si attivi prima ancora che la retinopatia (diabetica e/o proliferativa) sia clinicamente diagnosticata. L’alterazione nel profilo di alcune citochine potrebbe, quindi, diventare sia un marker predittivo, che un importante target per lo sviluppo di future opzioni terapeutiche. Un percorso radicalmente diverso dall’approccio farmacologico nella cura delle patologie infiammatorie oculari potrebbe in futuro essere rappresentato dai progressi dalla terapia cellulare. Negli ultimi anni si è evidenziato un crescente interesse per la possibile applicazione della terapia cellulare ad alcune patologie oculari che incidono maggiormente sul rischio di disabilità visiva. La terapia cellulare si può dividere in due ampie classi: una, attraverso l’impiego di cellule staminali, finalizzata al rimodellamento della struttura e della relativa funzionalità di specifici tessuti e cellule; l’altra, che utilizza cellule immunitarie nel ruolo di potenziali immunomodulatori dell’infiammazione, diretta al ripristino dell’omeostasi immunologica attraverso il controllo degli effetti nocivi provocati dalle patologie infiammatorie.
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Orpianesi, E. "STUDIO DELLE CITOCHINE E DELLE METALLOPROTEASI NELLA LINFANGIOLEIOMIOMATOSI E NELLA SCLEROSI TUBEROSA." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2014. http://hdl.handle.net/2434/230542.

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Abstract:
Tuberous sclerosis complex (TSC), an autosomal dominant disease, is characterized by the formation of hamartomas in various organs such as brain, kidney, skin, retina and heart, and is caused by mutations in TSC1 e TSC2 tumor suppressor genes, encoding hamartin and tuberin, respectively. Lymphangioleiomyomatosis (LAM) is a rare lung disease characterized by cystic lung destruction leading to progressive respiratory failure and formation of abdominal tumors. LAM can be sporadic or associated to TSC and LAM lung alterations resulting from proliferation of neoplastic cells bearing mutations in either TSC1 or TSC2 genes. A metastatic process has been proposed in dissemination of LAM and TSC cells to explain the identical TSC2 mutations and loss of heterozigosity (LOH) patterns in LAM cells of lung nodules, angiomyolipomas and lymph nodes of the same sporadic LAM patients, that is consistent with metastatic spread among organs. The aim of this project is to study the role of cytokines and matrix metalloproteinases in LAM and TSC. LAM/TSC cells, isolated from chylous of a patient affected by LAM associated to TSC, bear a TSC2 germline mutation and do not express tuberin for an epigenetic silencing of the TSC2 second allele that confirms our previously published evidence that an epigenetic alterations of TSC2 can cause the loss of tuberin in TSC cells. Treatment of LAM/TSC cells with 5-azacytidine that inhibits CpG DNA methylation led to the expression of tuberin as consequence of the chromatin remodeling. Proliferation of LAM/TSC cells is epidermal growth factor (EGF)-dependent and blockade of EGF receptor causes cell death, as we previously showed in cells lacking tuberin, while rapamycin, an mTOR inhibitor, significantly reduced proliferation. LAM/TSC cells have the ability to grow independently from adhesion and survive in adherent and nonadherent condition. For these features these cells are a good model to study the mechanisms of motility in LAM and TSC and the relation to tuberin expression. We studied the effect of anti-EGFR Ab and rapamycin on motility, cytokines and MMPs (Matrix metalloproteinases) expression. LAM/TSC cells spontaneously detach and undergo spontaneous cycles of adhesion and nonadhesion conditions likely for the inactivation of the focal adhesion kinase (FAK)/Akt/mTOR pathway. In LAM/TSC cells FAK inhibition caused the reduction of AKT phosphorylation which was followed by inhibition of mTOR phosphorylation and mTOR autophosphorylation and, consequently, by a strong reduction of S6 phosphorilation as it occurs in nonadherent cells. Anti-EGFR antibody and rapamycin reduced the viability of adherent and nonadherent cells while 5-azacytidine slightly increased the percentage of detaching cells. Nonadherent LAM/TSC cells underwent an extremely low proliferation rate consistent with tumour stem cell characteristics. One of the step driving EMT is the repression of E-cadherin, resulting in the loss of cell-cell adhesion. LAM/TSC cells did not express E-cadherin, but they express vimentin, marker of mesenchymal cells. EMT process controls the migration of cancer cells from primary tumors depending on an inflammatory microenvironment. LAM/TSC cells secreted high amount of IL-6, IL-8 and IL-1α, cytokines crucial for a variety of cancer cells. The levels of IL-6, IL-8 and IL-1α were not affected by rapamycin or anti-EGFR antibody but were regulated by tuberin expression since their levels were reduced by 5-azacytidine incubation. MMPs degrade and modify the extracellular matrix (ECM), facilitating detachment of cells from the tissue. Levels of MMP-2 and MMP-9 in urine are predictive of disease status in a variety of cancers and also in LAM. MMP-2 and MMP-9 levels are high in urine of LAM patients and MMP-2 is substantially up-regulated in their lung tissue. Matrilisin (MMP-7) contributes to tumor progression, invasion and is overexpressed in several types of invasive cancers. In adherent status LAM/TSC cells expressed higher levels of MMP-2 mRna and lower of MMP-7 than in nonadherent condition. Consistent with ECM degration and invasive features respectively,. MMP-2 and MMP-7 mRna expression appeared to be related to tuberin since they were significantly reduced by 5-azacytidine incubation. Anti-EGFR Ab and rapamycin significantly decreased MMP-2 mRna expression while their effect was the opposite on MMP-7. Extracellular matrix metalloproteinase inducer (EMMPRIN), is thought to affect tumor progression through its ability to stimulate MMPs expression. EMMPRIN expression, quantified by cytometric analysis, was reduced by 5-azacytidine and was much higher in LAM/TSC cells than in MCF7, breast cancer cells. Anti-EGFR antibody and rapamycin did not change EMMPRIN levels. For the mesenchymal feature of LAM/TSC cells and their ability to survive in adherent and nonadherent conditions, we evaluated LAM/TSC motility in wound healing assay providing an indication of cell migration rate. LAM/TSC cells closed wounds in about 11h, much faster than tumoral cells such as MCF7. Cell motility of LAM/TSC cells is related to tuberin expression since 5-azacytidine treatment, and the consequent induced-tuberin expression, increased the time of wound closure to 19h. However, 5-azacytidine treatment did not have any effect on MMP-2 and MMP-7 mRna expression in wound healing assay. Rapamycin and anti-EGFR Ab decreased the migration rate of LAM/TSC cells leading to the closure of wound in about 25h and causing an induced an increase of MMP-2 and MMP-7 levels. However during wound closure (50%) MMP-2 secretion was increased by anti-EGFR and rapamycin treatments and normalized at complete wound closure. In conclusion, LAM/TSC cells express invasive and migratory features which appear to be related to tuberin expression . Phosphorylation of FAK and MMP-2 expression was reduced in nonadherent LAM/TSC cells compared to adherent cells suggesting that FAK signaling was required for the activation of MMP-2 expression. MMP-2 and MMP-7 are related to the adherent and nonadherent conditions and are involved in the metastatic process proposed in dissemination of LAM cells. LAM/TSC cells have the ability to migrate and their motility is related to tuberin expression and reduced by anti-EGFR antibody and rapamycin. Rapamycin and anti-EGFR Ab control MMP-2 and MMP-7 expression and secretion during cell migration. These data suggest a specific role for MMP-2 and MMP-7 in LAM/TSC cell motility and thereby in the pathogenesis of LAM and TSC indicating their involvement in the metastatic process proposed in dissemination of LAM cells. The understanding of LAM/TSC cell features in motility is important for the assessment of cell invasiveness in LAM and TSC and provide highlights to sustain MMPs pathways as potential target for LAM. TSC and TSC related disorders.
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Bonsi, R. "RUOLO DELL'INFIAMMAZIONE NELLA DEGENERAZIONE LOBARE FRONTOTEMPORALE (MALATTIA DI PICK) A TRASMISSIONE AUTOSOMICA DOMINANTE E SPORADICA." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2015. http://hdl.handle.net/2434/244984.

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Abstract:
Le mutazioni nei geni Progranulina (GRN) e C9orf72 sono responsabili della maggior parte dei casi familiari di Degenerazione Lobare Frontotemporale (FTLD), che è il tipo di demenza più frequente in età presenile ed è caratterizzata prevalentemente da disturbi comportamentali. Gli obiettivi di questa ricerca sono stati: 1) effettuare uno screening genetico su una popolazione di pazienti affetti da FTLD, al fine di identificare mutazioni causali 2) valutare i livelli di espressione di citochine e chemochine in pazienti portatori di mutazioni in GRN, c9orf72 e confrontarli con quelli dei casi sporadici e controlli 3) analizzare i livelli proteici di molecole infiammatorie nel liquor e sieri negli stessi gruppi di pazienti e controlli. Venti pazienti sono risultati portatori di mutazioni nel gene GRN, in due è stata rilevata una nuova mutazione, Cys149fs (g. 1159_1160TG), localizzata nell’esone 5 del gene GRN. La presenza dell’espansione della ripetizione G 4 C 2 , localizzata nel primo introne del gene c9orf72, è stata analizzata in un’ampia popolazione (772 pazienti FTLD, 22 con CBD e 33 PSP). Sono stati individuati quarantasei pazienti portatori dell’espansione. L’analisi condotta su pazienti affetti da CBD e PSP non ha prodotto alcun risultato positivo, così come lo screening su 222 controlli sani. Per quanto riguarda l’analisi dei livelli di espressione genica di citochine e chemochine, sono state utilizzate le piastre della Sabioscience selezionando 3 pazienti portatori dell’espansione in c9orf72, 6 pazienti portatori di mutazioni in GRN (3 sintomatici e 3 asintomatici), 3 casi sporadici di FTLD e 3 controlli di pari età. I risultati ottenuti mostrano una diminuzione generalizzata dei livelli di espressione di citochine e chemochine in pazienti portatori di mutazioni in GRN sintomatici rispetto ai controlli; in particolare, è stata rilevata una significativa down-regolazione dei livelli di interleuchina (IL)-4. Al contrario, prendendo in considerazione il profilo delle citochine nei casi sporadici di FTLD rispetto ai controlli, è emersa una tendenza opposta; in particolare, i livelli di espressione di IL-5 e Leukemia Inhibitory Factor (LIF) sono risultati aumentati in maniera statisticamente significativa. Nei pazienti portatori dell’espansione in c9orf72 invece abbiamo costatato un quadro più eterogeneo; in particolare, è emersa una significativa over-espressione dei livelli di chemokine (C-C motif) ligand 2 (CCL-2 o MCP-1) e chemokine (C-X-C motif) ligand 10 (CXCL-10 o IP-10). I risultati di espressione ottenuti mettono in evidenza una tendenza opposta dei livelli di molecole infiammatorie tra i pazienti FTLD portatori di mutazioni in GRN o C9orf72 e casi sporadici di FTLD rispetto ai controlli, suggerendo la presenza di pathways patogenetici differenti tra pazienti portatori di mutazioni e non portatori. Sono stati infine valutati i livelli di citochine e chemochine nei liquor e sieri degli stessi gruppi di pazienti e controlli attraverso l’utilizzo della tecnologia Bioplex. L’analisi dei dati ottenuti mostra un aumento significativo dei livelli di CCL-2 e CXCL10 nel liquor di pazienti FTLD sporadici rispetto ai controlli; la medesima osservazione è stata fatta per i livelli liquorali di IP-10 in pazienti con FTLD portatori di mutazioni in GRN sintomatici rispetto ai controlli. D’altra parte, i livelli liquorali di RANTES sono risultati significativamente aumentati nel liquor di soggetti sani rispetto ai pazienti portatori di mutazione in GRN sintomatici e non portatori. I livelli liquorali di CXCL- 10 e RANTES non sono influenzati dall’età, mentre MCP-1 correla positivamente con l’età. Infine per quanto riguarda i portatori dell’espansione in C9orf72, nessuna molecola infiammatoria è stata trovata alterata in maniera statisticamente significativa.
Mutations in Progranulin (GRN) and Chromosome 9 Open Reading Frame 72 (C9orf72) genes are common causes of familial Frontotemporal Lobar Degeneration (FTLD), which represents the most common cause of dementia in presenile population. This study aimed to 1) perform a genetic screening in a population of patients with FTLD in order to identify pathogenic causal mutations 2) evaluate the expression of cytokines and chemokines in peripheral cells from GRN and C9orf72 carriers as compared with sporadic FTLD and controls 3) analyze protein levels of inflammatory molecules in CSF and sera of the same group of patients and controls. Twenty patients were carriers of GRN gene mutations, two of which had a novel mutation, Cys149fs (g. 1159_1160TG), located in exom 5 of GRN gene. The presence of G4C2 repeat expansion, positioned on the first intron of C9orf72 gene, was analyzed in a larger population (772 FTLD, 22 CBD and 33 PSP patients). Fourty-six patients with FTLD were carriers of pathogenetic repeat expansion, whereas none of CBD and PSP patients as well as 222 controls carried the mutation. Concerning gene expression analysis of cytokines or chemokines, Sabioscience PCR arrays were used in 3 C9orf72 expansion carriers, 6 GRN carriers (3 symptomatic and 3 asymptomatic), 3 sporadic FTLD cases and 3 age- matched controls. We observed a generalized down-regulation of cytokine and chemokine expression levels in GRN symptomatic carriers compared with controls; in particular Interleukin (IL)-4 expression levels showed a significant down- regulation. On the contrary, considering cytokines profiling of sporadic cases compared to controls, the opposite trend was observed; in particular, IL-5 and Leukemia Inhibitory Factor (LIF) expression levels showed a significant overexpression compared to controls. In C9orf72 expansion carriers compared with controls, we showed a more heterogeneous situation; in particular, chemokine (C- C motif) ligand 2 (CCL-2 or MCP-1) and chemokine (C-X-C motif) ligand 10 (CXCL- 10 or IP-10) were significantly over-expressed. These results showed an opposite trend of inflammatory molecules expression levels between FTLD GRN or C9orf72 carriers and sporadic patients compared with controls, suggesting different pathogenic pathways between mutation carriers and sporadic FTLD. To complete the study, we evaluated protein expression levels of cytokines and chemokines in Cerebrospinal Fluid (CSF) and serum from the same group of patients and controls through Bioplex technology. Data analysis showed that CCL- 2 and CXCL-10 levels were significantly increased in CSF from sporadic FTLD patients as compared to controls; the same observation was done for intrathecal CXCL-10 levels in patients with FTLD carrying GRN mutations compared with control subjects. Conversely, RANTES levels were increased in control subjects compared to sporadic FTLD cases and GRN symptomatic carriers. IP-10 and RANTES CSF levels were not likely to be influenced by age, whereas CCL-2 positively correlated with age. Finally regarding c9orf72 expansion carriers, none of inflammatory molecules was found statistically significant altered.
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Cornaghi, L. B. "EFFETTO DI CITOCHINE PRO-INFIAMMATORIE IN COLTURE ORGANOTIPICHE DI CUTE UMANA NORMALE: ANALISI STRUTTURALE E ULTRASTRUTTURALE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2016. http://hdl.handle.net/2434/352980.

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Abstract:
Psoriasis has recently been defined as “a T-cell mediated inflammatory skin disease with T helper cell type 1 (Th1), type 17 (Th17) and IL-22-producing CD4+ T cells as principal mediators”. The interplay between pro-inflammatory cytokines such as Tumour Necrosis Factor (TNF)-alpha, interleukin (IL)-17 and IL-22 and the two main epidermal cytotypes, i.e. keratinocytes and Langerhans cells, is a central issue in the pathogenesis of psoriasis. The aim of our study was to evaluate the early, direct, and specific effect of TNF-alpha, IL-17 and IL-22 alone or in combination by immunofluorescence on keratinocyte proliferation, keratin (K) 10, 14 and 17 expression, the molecular composition of intercellular junctions (desmocollin 1, E-cadherin, occludin and filaggrin), number of epidermal Langerhans cells. Transmission electron microscopy (TEM) was used to analyse the fine structure of the skin. An innovative model of human skin culture standardized in our laboratory, in which a psoriatic microenvironment was reproduced, was used. Skin explants were obtained from plastic surgery of healthy 20-40 year-old women (n = 7) after informed consent. Bioptic fragments were divided before adding TNF-alpha or IL-17 or IL-22 or a combination of the three cytokines (Triple), and harvested 24, 48, and 72 hours after cytokine incubation. Interestingly, keratinocyte proliferation was inhibited after exposure to TNF-alpha, IL-17 and the combination of cytokines while this parameter was not affected by IL-22 incubation. In all experimental groups, starting from 24 hours, occludin immunostaining was not homogeneously distributed. K10 immunostaining gradually decreased in scattered clusters in the spinous layer only after exposure to IL-22 or to a combination of the three cytokines. K14 staining became widely discontinuous with both IL-22 and the triple, starting from 48 hours. K17 expression was induced and progressively increased with time in the suprabasal layers of epidermis in all experimental groups, except TNF-alpha group. No differences were found in the expression of desmocollin 1 and the distribution of E-cadherin, at any time point. By immunofluorescence analysis with anti-human Langerin antibody we calculated the percentage of Langerhans cells/mm2 of living epidermis after 24 and 48 hours of incubation (considering control as 100%). At 24 hours Langerhans cells number was significantly higher in samples treated with a combination of IL-17 and TNF-alpha (216.71 + 15.10%; p < 0.001) and in TNF-alpha (125.74 + 26.24%; p < 0.05). No differences were observed in IL-17- treated samples (100.14 + 38.42%). After 48 hours, the number of epidermal Langerin-positive cells in IL-17- and TNF-alpha treated samples slightly decreased (94.99 + 36.79 % and 101.37 + 23% vs. their controls, respectively). With the combination of IL-17 and TNF-alpha epidermal Langerhans cells strongly decreased (120 +13.36%). At ultrastructural level, after IL-22 incubation we observed keratin aggregates in the perinuclear cytoplasm of cells, while the combination of the three cytokines induced an enlargement of intercellular spaces. By TEM, upon TNF-alpha stimulus, Langerhans cells appeared with few organelles, mostly mitochondria, lysosomes, and scattered peripherical Birbeck granules. Upon IL-17 stimulus, Langerhans cells showed a cytoplasm with many mitochondria and numerous Birbeck granules close to the perinuclear space and Golgi apparatus, but also at the periphery, at the beginning of the dendrites. The addition of a combination of IL-17 and TNF-alpha did not affect Langerhans cells ultrastructure. Altogether, our results support the hypothesis that a synergistic effect exists among the pro-inflammatory cytokines of psoriasis and that they interplay with each other in the microenvironment of the psoriatic plaque, with consequent amplification of the effect of each cytokine.
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Scaparrotta, Giuseppe. "Applicazione clinica e studio di proteomica plasmatica in pazienti con insufficienza epatica in trattamento extracorporeo con il sistema FPSA (PROMETHEUS)." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3422740.

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Abstract:
Liver transplantation has become the standard treatment for patients with terminal liver failure. The different forms of liver injury (acute, subacute, acute on chronic, chronic) are characterized by high mortality rates. The natural course of chronic liver injury is often complicated by acute episodes of potentially reversible decompensation, triggered by a sudden event such as infection or gastrointestinal bleeding. These episodes are defined as acute on chronic liver injury. The willingness to carry out transplants is limited by the shortage of organs resulting in longer waiting times for patients on the transplant list. In 2002, in Western Europe, more than 4,000 liver transplants were made, and the waiting list were more than 5000 patients. The extracorporeal liver support therapies have the aim of preparing the patient for transplantation and provide two different approaches: a biological one and non-organic one type. While biological approaches use hepatocytes or a whole organ (both animal and human), non-biological ones use filtration dialytic techniques and sorption. The aim of our study is to evaluate clinical efficacy of the Prometheus system liver for detoxification, improvement of the indices of nitrogen retention and improvement of the MELD score. We have dealt, with the Prometheus system, 7 patients with acute liver failure, we studied consecutively, for a total of 18 treatments. Primary outcome of treatment with the Prometheus system is to achieve optimal serum bilirubin levels. Was estimated plasma concentration of cytokines in patients treated with the Bio-Plex Suspension Array System. Our experience has confirmed that the Prometheus, while causing achieving the primary outcome to get a significant reduction in serum bilirubin, it does not affect the mortality of patients with terminal liver disease but must be viewed as an important tool in preparation for liver transplantation. The trend of plasma concentrations of cytokines measured by us showed that the prolongation of therapy involves the modulation of a greater number of cytokines, in particular the down-regulation of pro-inflammatory ones, such as IP10, IL-6, IL-8, PDGF bb and RANTES accompanied by a decrease in apoptosis. The system optimization and further results, still being processed, could be developed on two fronts: · Implementation of knowledge on the pathophysiological mechanisms that relate to the inflammatory process metabolic decompensation in the course of acute liver failure from chronic liver disease · Final implementation of the Prometheus system as a bridge to liver transplantation in face of increasingly significant mismatch between the pool of available donors and the number of waiting list patients for liver transplantation
Il trapianto di fegato è diventato il trattamento standard per pazienti con insufficienza epatica terminale. Le differenti forme di danno epatico (acuto, subacuto, acuto su cronico, cronico) sono caratterizzate da alti tassi di mortalità. Il corso naturale del danno epatico cronico è complicato spesso da episodi acuti di scompenso, potenzialmente reversibili, innescati da un evento improvviso quale un’infezione o un sanguinamento gastrointestinale, episodi che vengono definiti come danno epatico acuto su cronico. La disponibilità ad effettuare i trapianti è limitata dalla scarsa disponibilità di organi con conseguente allungamento dei tempi d’attesa per i pazienti in lista di trapianto. Nel 2002 sono stati effettuati, in Europa occidentale, oltre 4000 trapianti di fegato e in lista d’attesa erano presenti più di 5000 pazienti. Le terapie di supporto epatico extracorporeo hanno la scopo di preparare il paziente al trapianto e prevedono due diversi approcci: uno di tipo biologico e uno di tipo non biologico. Mentre quelli di tipo biologico utilizzano epatociti o l’organo intero (sia di origine animale che umana), quelli non biologici utilizzano tecniche dialitiche di filtrazione e adsorbimento. Lo scopo del nostro studio è la valutazione dell’efficacia clinica del sistema Prometheus per la detossificazione epatica, il miglioramento degli indici di ritenzione azotata e miglioramento del MELD score. Abbiamo trattato con il sistema Prometheus 7 pazienti con insufficienza epatica acuta, consecutivamente giunti alla nostra osservazione, per un totale di 18 trattamenti. Outcome primario dei trattamenti con il sistema Prometheus consiste nel raggiungimento di valori sierici di bilirubina ottimali. E’ stata valutata la concentrazione plasmatica delle citochine nei pazienti trattati con il sistema Bio-Plex Suspension Array System. La nostra esperienza ha confermato che il sistema Prometheus, pur determinando il raggiungimento dell’outcome primario di ottenere una importante riduzione dei livelli sierici di bilirubina, non incide sulla mortalità dei pazienti epatopatici terminali ma va considerato come un importante strumento di preparazione al trapianto di fegato. L’andamento delle concentrazioni plasmatiche delle citochine da noi dosate ha evidenziato che il prolungamento della terapia comporta la modulazione di un numero maggiore di citochine, in particolare la down-regolazione di quelle pro-infiammatorie, come IP10, IL-6, IL-8, PDGF bb e RANTES accompagnata da una diminuzione della apoptosi. La ottimizzazione del sistema e gli ulteriori risultati ancora in fase di elaborazione potranno svilupparsi su due fronti: - implementazione delle conoscenze sui meccanismi fisiopatologici che correlano il processo flogistico allo scompenso metabolico in corso di insufficienza epatica acuta da epatopatia cronica - applicazione definitiva del Sistema Prometheus come bridge al trapianto epatico, a fronte del sempre più rilevante mismatch tra il pool dei donatori disponibili e il numero dei pazienti in lista in attesa di trapianto epatico.
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Bonato, Andrea <1980&gt. "Importanza prognostica delle citochine e loro ruolo nell'immunomodulazione: risultati di studi sperimentali in vivo e in vitro." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/738/1/Tesi_Bonato_Andrea.pdf.

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Abstract:
Citokines are proteins produced by several cell types and secreted in response to various stimuli. These molecules are able to modify the behaviour of other cells inducing activities like growth, differentiation and apoptosis. In the last years, veterinary scientists have investigated the role played by these factors; in fact, cytokines can act as intercellular communicative signals in immune response, cell damage repair and hematopoiesis. Up to date, various cytokines have been identified and in depth comprehension of their effects in physiology, pathology and therapy is an interesting field of research. This thesis aims to understand the role played by these mediators during natural or experimentally induced pathologies. In particular, it has been evaluated the genic and protein expressions of a large number of cytokines during several diseases and starting from different matrix. Considering the heterogeneity of materials used in experimentations, multiple methods and protocols of nucleic acids and proteins extractions have been standardized. Results on cytokines expression obtained from various in vitro and in vivo experimental studies have shown how important these mediators are in regulation and modulation of the host immune response also in veterinary medicine. In particular, the analysis of inflammatory and septic markers, like cytokines, has allowed a better understanding in the pathogenesis during horse Recurrent Airway Obstruction, foal sepsis, Bovine Viral Diarrhea Virus infection and dog Parvovirus infection and the effects of these agents on the host immune system. As experimentations with mice have shown, some pathologies of the respiratory and nervous system can be reduced or even erased by blocking cytokines inflammatory production. The in vitro cytokines expression evaluation in cells which are in vivo involved in the response to exogenous (like pathogens) or endogenous (as it happens during autoimmune diseases) inflammatory stimuli could represent a model for studying citokines effects during the host immune response. This has been analyzed using lymphocytes cultured with several St. aureus strains isolated from bovine mastitic milk and different colostrum products. In the first experiment different cytokines were expressed depending on enterotoxins produced, justifying a different behaviour of the microrganism in the mammal gland. In the second one, bone marrow cells derived incubated with murine lymphocytes with colostrum products have shown various cluster of differentiation expression , different proliferation and a modified cytokines profile. A better understanding of cytokine expression mechanisms will increase the know-how on immune response activated by several pathogen agents. In particular, blocking the cytokine production, the inhibition or catalyzation of the receptor binding mechanism and the modulation of signal transduction mechanism will represent a novel therapeutic strategy in veterinary medicine.
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Bonato, Andrea <1980&gt. "Importanza prognostica delle citochine e loro ruolo nell'immunomodulazione: risultati di studi sperimentali in vivo e in vitro." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/738/.

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Abstract:
Citokines are proteins produced by several cell types and secreted in response to various stimuli. These molecules are able to modify the behaviour of other cells inducing activities like growth, differentiation and apoptosis. In the last years, veterinary scientists have investigated the role played by these factors; in fact, cytokines can act as intercellular communicative signals in immune response, cell damage repair and hematopoiesis. Up to date, various cytokines have been identified and in depth comprehension of their effects in physiology, pathology and therapy is an interesting field of research. This thesis aims to understand the role played by these mediators during natural or experimentally induced pathologies. In particular, it has been evaluated the genic and protein expressions of a large number of cytokines during several diseases and starting from different matrix. Considering the heterogeneity of materials used in experimentations, multiple methods and protocols of nucleic acids and proteins extractions have been standardized. Results on cytokines expression obtained from various in vitro and in vivo experimental studies have shown how important these mediators are in regulation and modulation of the host immune response also in veterinary medicine. In particular, the analysis of inflammatory and septic markers, like cytokines, has allowed a better understanding in the pathogenesis during horse Recurrent Airway Obstruction, foal sepsis, Bovine Viral Diarrhea Virus infection and dog Parvovirus infection and the effects of these agents on the host immune system. As experimentations with mice have shown, some pathologies of the respiratory and nervous system can be reduced or even erased by blocking cytokines inflammatory production. The in vitro cytokines expression evaluation in cells which are in vivo involved in the response to exogenous (like pathogens) or endogenous (as it happens during autoimmune diseases) inflammatory stimuli could represent a model for studying citokines effects during the host immune response. This has been analyzed using lymphocytes cultured with several St. aureus strains isolated from bovine mastitic milk and different colostrum products. In the first experiment different cytokines were expressed depending on enterotoxins produced, justifying a different behaviour of the microrganism in the mammal gland. In the second one, bone marrow cells derived incubated with murine lymphocytes with colostrum products have shown various cluster of differentiation expression , different proliferation and a modified cytokines profile. A better understanding of cytokine expression mechanisms will increase the know-how on immune response activated by several pathogen agents. In particular, blocking the cytokine production, the inhibition or catalyzation of the receptor binding mechanism and the modulation of signal transduction mechanism will represent a novel therapeutic strategy in veterinary medicine.
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Cecchini, Paola. "NadA da Neisseria meningitidis interagisce con Hsp90 sulla superficie dei monociti modulando la loro produzione di citochine." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425195.

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Abstract:
Neisseria meningitidis is an encapsulated, Gram-negative bacterium that colonizes the upper respiratory tract of ~10% of humans. With a frequency of one to three cases per 100.000 of the population, the bacterium enters the bloodstream, where it multiplies to high density and cause sepsis. From the bloodstream the bacterium can cross the blood-brain barrier and cause meningitis. The invasive infection is very dramatic, affecting mostly infants, children, and adolescents who do not have bactericidal antibodies against the infecting strains. Immunity against the disease can be acquired naturally or induced by vaccination and correlates with the presence of antibodies able to kill the bacterium in the presence of complement. There are no effective vaccines currently licensed in the Unit States or Europe for prevention of the disease caused by serogroup B meningococcus. The genome sequencing of Neisseria meningitidis, serogroup B, allowed the identification of unknown surface proteins termed GNA (Genome derived Neisseria Antigens) among which NadA (Neisseria Adhesin A). NadA is a highly conserved protein among disease-associated strains and capable of eliciting bactericidal antibodies in mice. Structure prediction and homology comparison with know virulence-associated factors suggest that NadA belongs to the group of OCA (Oligomeric Coiled-coil Adhesin) nonfimbrial adhesins. Recently, NadA has been characterized as a new meningococcic factor, involved in the colonization and the invasion of host cells. Probably there is a unique receptor expressed in different cellular lines. In this thesis, we have focused on unravelling the identity of this possible receptor for NadA in these cells. To identify the specific receptor for NadA, experiments of co-immunoprecipitation and overlay were performed in Chang total cell lysates. Our data suggest as possible receptor a protein of 90 kDa, that was present in the co-immunoprecipitation samples incubated with NadA and absent in controls. Subsequently, this protein obtained by co-immunoprecipitation of NadA, was enriched, separated by 12% SDS-PAGE, then excised from the gel and subjected to tryptic proteolysis; resulting peptides were analyzed by liquid chromatography/MS and data were analyzed with the Mascot software. In this way, we identified the human Heat shock protein 90\beta, as the recognized peptides provide a coverage of 25% of the total protein sequence . To confirm the MS data, co-immunoprecipitation samples and membrane proteins from Chang cells were incubated with antibody anti-Hsp90, in order to demonstrate a membrane localization of Hsp90, which is generally known as a cytoplasmic protein. However, as described in the literature, Hsp90 can be expressed on the surface of various cell types, such as tumor and apoptotic cells, but also on HeLa cells, monocytes, macrophages and dendritic cells. Our results confirm that Hsp90 is also found in the cell membrane of Chang cells. Moreover, we found that in co-immunoprecipitation experiments addition of polymyxin B, a cationic antibiotic similar to antimicrobic peptides produced by monocytes that binds both to NadA and Hsp90, is able to interfere in the interaction of NadA with Hsp90. In order to investigate the effect of the association between NadA and Hsp90 in cells, we quantified the superficial expression of Hsp90 on Chang cells and on human monocytes, isolates from Buffy coat , which were found to be 2% and 5% of total cell surface protein, respectively Since the mechanism of transport to the plasma membrane remains enigmatic, we quantified the superficial expression of Hsp90 in Chang cells after the incubation with rHsp90, but we didn’t see an increase of protein expression. We also performed experiments on human monocytes, which are the main agonist of the innate immune system, in order to study the receptorial function of this association, and also the involvement of the immune system. Monocytes were incubated with antibodies anti-Hsp90, with or without Polymyxin B, and then they were analyzed by FACS, to quantify the binding of NadA-alexa. These experiments showed that the NadA binding to the cells is not influenced by the presence of the anti-Hsp90 antibody. We also investigated whether the superficial expression of Hsp90 in monocytes changed after pre-incubation with NadA. By FACS analysis, we quantified the fluorescence of a PE conjugated secondary antibody after the incubation with anti-Hsp90 antibodies. The results showed that pre-incubation with NadA interferes with the recognition of the superficial Hsp90 by its specific antibodies, showing a decrease of 40%, which could be explained by the competive association between NadA and Hsp90 on the plasmatic membrane. Moreover, when monocytes were incubated with NadA for 3h at 37°C in presence of Polymyxin B, we did not observe decrease on the signal. Taken together, these data indicate that NadA-Hsp90 association is not a receptorial one, indicating that, under physiological conditions, these proteins bind closely and strongly each others, probably producing clusters on the plasma membrane. Finally, to analyze the effect of these complexes on the activation of the immune system, we analyzed the pattern of cytokines produced by human monocytes stimulated for 24h with NadA, antibodies anti-Hsp90 and antibodies anti-TLR2 and 4, and with or without Polymyxin B. These results show a synergic effect of NadA and antibody anti-Hsp90 on cytokines production, mainly IL-6, TNF? and MCP-1; on the contrary, Polymyxin B and antibody anti-TLR4 inhibited cytokines production. The cytokine pattern secreted demonstrated that NadA and Hsp90 induce a macrophage-like phenotype and that these two agonists promote a Th2 response.
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Prencipe, Sabino <1985&gt. "Studio delle citochine nella distrofia muscolare di Emery-Dreifuss: Possibili marker patogenetici e bersagli di cura della malattia." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6748/1/TESI_dottorato_Prencipe_Sabino.pdf.

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Abstract:
La distrofia muscolare di Emery-Dreifuss (EDMD) è una miopatia degenerativa ereditaria caratterizzata da debolezza e atrofia dei muscoli senza coinvolgimento del sistema nervoso. Individui EDMD presentano, inoltre, cardiomiopatia con difetto di conduzione che provoca rischio di morte improvvisa. Diversi studi evidenziano un coinvolgimento di citochine in diverse distrofie muscolari causanti infiammazione cronica, riassorbimento osseo, necrosi cellulare. Abbiamo effettuato una valutazione simultanea della concentrazione di citochine, chemochine, fattori di crescita, presenti nel siero di un gruppo di 25 pazienti EDMD. L’analisi effettuata ha evidenziato un aumento di citochine quali IL-17, TGFβ2, INF-γ e del TGFβ1. Inoltre, una riduzione del fattore di crescita VEGF e della chemochina RANTES è stata rilevata nel siero dei pazienti EDMD rispetto ai pazienti controllo. Ulteriori analisi effettuate tramite saggio ELISA hanno evidenziato un aumento dei livelli di TGFβ2 e IL-6 nel terreno di coltura di fibroblasti EDMD2. Per testare l’effetto nei muscoli, di citochine alterate, abbiamo utilizzato terreno condizionante di fibroblasti EDMD per differenziare mioblasti murini C2C12. Una riduzione del grado di differenziamento è stata osservata nei mioblasti condizionati con terreno EDMD. Trattando queste cellule con anticorpi neutralizzanti contro TGFβ2 e IL-6 si è avuto un miglioramento del grado di differenziamento. In C2C12 che esprimevano la mutazione H222P del gene Lmna,non sono state osservate alterazioni di citochine e benefici di anticorpi neutralizzanti. I dati mostrano un effetto patogenetico delle citochine alterate come osservato in fibroblasti e siero di pazienti, suggerendo un effetto sul tessuto fibrotico di muscoli EDMD. Un effetto intrinseco alla mutazione della lamina A è stato rilevato sul espressione di caveolina 3 in mioblasti differenziati EDMD. I risultati si aggiungono a dati forniti sulla patogenesi dell' EDMD confermando che fattori intrinseci ed estrinseci contribuiscono alla malattia. Utilizzo di anticorpi neutralizzanti specifici contro fattori estrinseci potrebbe rappresentare un approccio terapeutico come mostrato in questo studio.
Emery-Dreifuss muscular dystrophy is a degenerative myopathy characterized by weakness and atrophy of muscle without involvement of the nervous system. Moreover, EDMD patients present cardiomypathy with conduction defects causing risk of sudden death. Different studies highlighted cytokine involvement in muscular dystrophy, causing chronic inflammation, bone resorption or cellular necrosis. We carried out a simultaneous assessment of the concentration of 24 secreted molecules using a wide screening approach. We tested serum concentrations of cytokines, chemokines and growth factors in 25 EDMD patients. Analysis showed an increase of IL-17, TGFβ2, INFγ, and TGFβ1. Furthermore, decrease of VEGF and of the chemokine Rantes was observed in EDMD patients. Further analysis displayed an increase of TGFβ2 and IL-6 levels in culture medium of EDMD skin fibroblasts. To test the effect of altered cytokine levels in muscle, we used conditioned medium from EDMD fibroblasts to culture differentiating mouse myoblasts. Reduced rate of myoblast differentiation was observed in the presence of EDMD conditioning media. Moreover, neutralizing antibodies against TGFβ2 and IL-6 rescued myogenic differentiation. In C2C12 mouse myoblasts expressing the H222P Lmna mutation, we did not observe altered cytokine levels or beneficial effects of neutralizing antibodies. These results show a pathogenetic effect of the altered secretory phenotype here observed in fibroblasts and serum from EDMD patients, hinting at a major role of fibrotic tissue in muscle misfunctioning in EDMD. Furthermore, we observed an intrinsic effect of lamin A mutations on the expression of caveolin 3 in differentiating EDMD myoblasts. Our data add to the existing knowledge on the complex EDMD pathogenesis and confirm that cell intrinsic and extrinsic factors contribute to disease. Neutralization of extrinsic factors by specific antibodies, as shown in this study, may represent a possible therapeutic perspective.
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Prencipe, Sabino <1985&gt. "Studio delle citochine nella distrofia muscolare di Emery-Dreifuss: Possibili marker patogenetici e bersagli di cura della malattia." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6748/.

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Abstract:
La distrofia muscolare di Emery-Dreifuss (EDMD) è una miopatia degenerativa ereditaria caratterizzata da debolezza e atrofia dei muscoli senza coinvolgimento del sistema nervoso. Individui EDMD presentano, inoltre, cardiomiopatia con difetto di conduzione che provoca rischio di morte improvvisa. Diversi studi evidenziano un coinvolgimento di citochine in diverse distrofie muscolari causanti infiammazione cronica, riassorbimento osseo, necrosi cellulare. Abbiamo effettuato una valutazione simultanea della concentrazione di citochine, chemochine, fattori di crescita, presenti nel siero di un gruppo di 25 pazienti EDMD. L’analisi effettuata ha evidenziato un aumento di citochine quali IL-17, TGFβ2, INF-γ e del TGFβ1. Inoltre, una riduzione del fattore di crescita VEGF e della chemochina RANTES è stata rilevata nel siero dei pazienti EDMD rispetto ai pazienti controllo. Ulteriori analisi effettuate tramite saggio ELISA hanno evidenziato un aumento dei livelli di TGFβ2 e IL-6 nel terreno di coltura di fibroblasti EDMD2. Per testare l’effetto nei muscoli, di citochine alterate, abbiamo utilizzato terreno condizionante di fibroblasti EDMD per differenziare mioblasti murini C2C12. Una riduzione del grado di differenziamento è stata osservata nei mioblasti condizionati con terreno EDMD. Trattando queste cellule con anticorpi neutralizzanti contro TGFβ2 e IL-6 si è avuto un miglioramento del grado di differenziamento. In C2C12 che esprimevano la mutazione H222P del gene Lmna,non sono state osservate alterazioni di citochine e benefici di anticorpi neutralizzanti. I dati mostrano un effetto patogenetico delle citochine alterate come osservato in fibroblasti e siero di pazienti, suggerendo un effetto sul tessuto fibrotico di muscoli EDMD. Un effetto intrinseco alla mutazione della lamina A è stato rilevato sul espressione di caveolina 3 in mioblasti differenziati EDMD. I risultati si aggiungono a dati forniti sulla patogenesi dell' EDMD confermando che fattori intrinseci ed estrinseci contribuiscono alla malattia. Utilizzo di anticorpi neutralizzanti specifici contro fattori estrinseci potrebbe rappresentare un approccio terapeutico come mostrato in questo studio.
Emery-Dreifuss muscular dystrophy is a degenerative myopathy characterized by weakness and atrophy of muscle without involvement of the nervous system. Moreover, EDMD patients present cardiomypathy with conduction defects causing risk of sudden death. Different studies highlighted cytokine involvement in muscular dystrophy, causing chronic inflammation, bone resorption or cellular necrosis. We carried out a simultaneous assessment of the concentration of 24 secreted molecules using a wide screening approach. We tested serum concentrations of cytokines, chemokines and growth factors in 25 EDMD patients. Analysis showed an increase of IL-17, TGFβ2, INFγ, and TGFβ1. Furthermore, decrease of VEGF and of the chemokine Rantes was observed in EDMD patients. Further analysis displayed an increase of TGFβ2 and IL-6 levels in culture medium of EDMD skin fibroblasts. To test the effect of altered cytokine levels in muscle, we used conditioned medium from EDMD fibroblasts to culture differentiating mouse myoblasts. Reduced rate of myoblast differentiation was observed in the presence of EDMD conditioning media. Moreover, neutralizing antibodies against TGFβ2 and IL-6 rescued myogenic differentiation. In C2C12 mouse myoblasts expressing the H222P Lmna mutation, we did not observe altered cytokine levels or beneficial effects of neutralizing antibodies. These results show a pathogenetic effect of the altered secretory phenotype here observed in fibroblasts and serum from EDMD patients, hinting at a major role of fibrotic tissue in muscle misfunctioning in EDMD. Furthermore, we observed an intrinsic effect of lamin A mutations on the expression of caveolin 3 in differentiating EDMD myoblasts. Our data add to the existing knowledge on the complex EDMD pathogenesis and confirm that cell intrinsic and extrinsic factors contribute to disease. Neutralization of extrinsic factors by specific antibodies, as shown in this study, may represent a possible therapeutic perspective.
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Amabile, Gerardo. "SVILUPPO DI SISTEMI MICROPARTICELLARI PER IL RILASCIO INTRAARTICOLARE PROLUNGATO DI CITOCHINE ANTIINFIAMMATORIE PER LA TERAPIA DELLE PATOLOGIE REUMATICHE." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3427552.

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Abstract:
Purpose: The aim of our study is to develop a long lasting biotech drug delivery system for intraartcular (IA) treatment of rheumatic diseases as rheumatoid arthritis and osteoarthritis. The study was focused on preparation of microparticles formulated with biocompatible/biodegradable polymers (PLGA and PLA). Recombinant Human IL-1Ra was used as biotechnological drug model. Introduction: Polymeric microparticles have been widely studied as drug delivery systems for biotech drugs. These formulation can guarantee long term stability of the drug and sustained release allowing for therapeutic protocol optimisation. Nevertheless, protein formulation is usually complicated by the low stability of these fragile molecules which easily undergo denaturation and inactivation under harsh manipulation conditions. The set up of proper procedures which preserve the protein activity is essential to achieve effective products. Experimental: In the present research work, the preparation of biodegradable polymeric microparticles was investigated by using several techniques: emulsion/evaporation, double emulsion/evaporation, suspension/evaporation, nanoprecipitation, spray-drying. In a systematic study, various excipient combinations (PLA, PLGA, PLGAH, PEG, Tristearin, Hyaluronic Acid, Poloxamers etc.) and operative conditions (polymer and protein concentration, instrument set up etc.) were evaluated in order to point out the main critical parameters which dictate the physicochemical properties of the preparations. The products were characterised for their morphological and dimensional properties, drug loading and release were assessed. In vitro release of Il-1Ra from microparticles was evaluated by suspension in buffer and synovial fluid using RP-HPLC and ELISA methods. Pharmacokinetic of IL-1Ra was studied in mice using ELISA methods. Therapeutic efficacy of IL-1Ra loaded microspheres was tested using an animal model of collagen inducted arthritis. Results: Many kind of formulations were obtained using different kind of biocompatible polymers, different ratios between components, different polymers concentrations and procedures of preparation. Spray-drying techniques were the most efficient as they achieved for product yeld, drug loading and narrow dimensional polydispersivity. The preparation of protein suspensions in organic solvent solution of PLA or PLGA and PEG yielded microparticles with size ranging from 1 to 30 m which were suitable for IA administration. The main critical parameters affecting the biopharmaceutical properties of the formulations were: PEG molecular weight and content in the organic solution, PLA or PLGA concentration in the organic solution, type of PLGA and spray feed rate. Under optimized conditions, spherical and homogeneous microparticles in a size range between 2 and 15m were obtained with about 70% drug loading; the microspheres were formed by PLGA (75%), Epikuron 200SH (5%), PEG 5kDa (10%) and IL-Ra (10%). Pharmacokinetic studies demonstrated that microsphere formulation permitted a prolonged in vivo release of IL-1Ra. The use of animal model of collagen inducted arthritis underlined that the injection of IL-1Ra loaded microspheres permits the reduction of Anakinra treatment rate. Conclusion: Spray Drying is a suitable method to obtain drug delivery systems for the prolonged release of biotechnological products such as cytokines and monoclonal antibodies. The physicochemical properties of the products can be tailored by changing different process conditions and formulation composition.
Scopo: Lo scopo di questo studio è stato quello di sviluppare un sistema a rilascio prolungato per il delivery di farmaci biotecnologici per il trattamento intraarticolare (IA) delle patologie infiammatorie croniche come l’artrite reumatoide e l’osteoartrosi. Lo studio è stato focalizzato sulla preparazione di microparticelle costituite da polimeri biodegradabili e biocompatibili (PLGA, PLA e derivati dell’acido ialuronico). IL-1Ra umano ricombinante (anakinra) è stato utilizzato come modello di farmaco biotecnologico ad azione antiinfiammatoria per il suo ruolo fondamentale di antagonista del recettore per l’IL-1, citochina della quale è noto il ruolo chiave proinfiammatorio nelle patologie reumatiche croniche. Introduzione: Le microparticelle polimeriche sono state ampiamente studiate come sistemi di drug delivery per i farmaci biotecnologici. Questo tipo di formulazioni può garantire la stabilità nel tempo del farmaco e un lento rilascio che consente di ottimizzare il protocollo terapeutico. Tuttavia, la formulazione di proteine è solitamente complicata dalla scarsa stabilità di queste fragili molecole che vanno incontro a denaturazione ed inattivazione se sottoposte a condizioni operative drastiche. La messa a punto di opportune procedure che conservino l’attività delle proteine è essenziale per ottenere prodotti efficaci. Materiali e Metodi: La preparazione di microparticelle a base di polimeri biodegradabili è stata studiata utilizzando diverse tecniche: nanoprecipitazione, emulsione ed estrazione della fase interna, emulsione ed evaporazione, doppia emulsione ed evaporazione, spray drying. Varie combinazioni di eccipienti (PLA, PLGA, PLGA-H, PEG, tristearina, acido ialuronico e derivati, Polossamero, fosfatidilcolina) e diverse condizioni operative (concentrazione del polimero e della proteina, settaggio della strumentazione ecc) sono state valutate al fine di evidenziare i principali parametri critici che determinano le proprietà chimico-fisiche della preparazione. I prodotti sono stati caratterizzati per le loro proprietà morfologiche e dimensionali, e sono stati valutati il caricamento e il rilascio del farmaco. Il rilascio in vitro di IL-1RA dalle microparticelle in tampone fisiologico o liquido sinoviale è stato valutato utilizzando tecniche come RP-HPLC ed ELISA. La cinetica di rilascio in vivo di IL-1Ra dalle microsfere è stata valutata mediante metodi ELISA. Sono stati effettuati degli studi di efficacia terapeutica della formulazione utilizzando un modello animale di artrite da collagene (C.I.A.); i diversi gruppi di animali sono stati trattati con diverse dosi di microsfere o di Kineret, e con frequenze diverse di somministrazione. Sono stati valutati il paw score, il peso, diametro dell’articolazione della caviglia e la tumefazione del femore. Risultati: Sono stati ottenute tipologie differenti di formulazioni utilizzando diversi tipi di polimeri biocompatibili, diversi rapporti tra i componenti, diverse concentrazioni di polimero e differenti procedure di preparazione. La tecnica di spray drying è risultata la più efficace in termini di resa, di caricamento del farmaco e di polidispersività dimensionale. La preparazione mediante spray drying di microsfere a partire da sospensioni di liofilizzati di IL-1Ra/PEG in soluzioni organiche di PLA o PLGA ha permesso l’ottenimento di microparticelle con dimensioni comprese tra 1 e 30m, compatibili con l’uso iniettabile. Si è verificato che i principali parametri critici che possono influenzare le proprietà biofarmaceutiche delle formulazioni sono: peso molecolare del PEG utilizzato e rapporto PEG/IL-1Ra nel liofilizzato, concentrazione di PLA o PLGA nel solvente organico, tipo di PLGA e velocità di alimentazione dell’ugello dello strumento. L’ottimizzazione di questi parametri ha permesso di ottenere microsfere di dimensioni adatte all’iniezione intraarticolare (2-15m) e con un elevata efficienza di caricamento del farmaco (50-70%); queste microparticelle sono costituite da 75% p/p di PLGA (in soluzione organica al 4%), 5% p/p di Epikuron 200SH (fosfatidilcolina), 10% p/p di PEG 5kDa e 10% p/p di IL-1Ra. Gli studi di farmacocinetica in topi Balb/c hanno evidenziato che, negli animali trattati con microsfere caricate con citochina, la concentrazione plasmatica di IL-1Ra decresce molto più lentamente che negli animali trattati con il prodotto commerciale Kineret® (anakinra); dopo 24h dalla somministrazione di Kineret, infatti, non vi è più traccia rilevabile di IL-1Ra nel plasma, mentre, dopo somministrazione di microsfere caricate con IL-1Ra, si rileva presenza di citochina per tempi superiori alle 48h. L’utilizzo del modello animale di artrite sperimentale ha permesso di valutare l’efficacia terapeutica delle microsfere: la somministrazione di microsfere caricate con IL-1Ra consente di ridurre la frequenza di trattamento ottenendo risultati confrontabili ad una iniezione giornaliera di Kineret. Conclusione: Il metodo di sospensione e spray drying sviluppato è adatto all’ottenimento di sistemi per il rilascio prolungato di prodotti biotecnologici come citochine, anticorpi monoclonali e proteine di fusione. Le caratteristiche chimico-fisiche dei prodotti possono essere modificate e adattate allo scopo desiderato variando le condizioni di processo e la composizione della formulazione.
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Duro, Laura Rita. "Analisi del profilo di espressione dei microRNA in cellule alfa e beta pancreatiche di topo dopo trattamento con citochine." Thesis, Universita' degli Studi di Catania, 2011. http://hdl.handle.net/10761/127.

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Abstract:
Premessa I microRNA occupano una posizione gerarchicamente critica nella regolazione delle networks cellulari e sono quindi candidati di rilievo per un coinvolgimento patogenetico in patologie sistemiche, quali le neoplasie e le malattie degenerative. Di conseguenza, queste molecole sono concordemente ritenute i biomarcatori di nuova generazione piu' promettenti per la diagnosi, per la prognosi ed il disegno di interventi terapeutici innovativi: e' facile ipotizzare che la disponibilita ' di batterie di microRNA, ben caratterizzati dal punto di vista molecolare, strettamente associati alla patologia di interesse, e presenti nel siero, dovrebbe modificare in modo radicale le modalita' operative e le prospettive di successo nell' ambito della Medicina clinica. Obiettivo del nostro lavoro e' stato quello di contribuire alla caratterizzazione del ruolo dei microRNA nella patogenesi del Diabete Mellito (DM), ed identificare e caratterizzare un set di microRNA da utilizzare quali biomarcatori molecolari e potenziali bersagli terapeutici di tale patologia, la cui incidenza e' aumentata a livello mondiale a tal punto da giustificare l ' utilizzo del termine epidemia. Nonostante una estesa bibliografia, e' evidente che le basi molecolari del DM non sono state sufficientemente studiate a livello di sistema. Materiali e Metodi Abbiamo sfruttato un sistema modello che mima gli eventi infiammatori occorrenti in vivo in pazienti diabetici. In particolare abbiamo analizzato il trascrittoma di 518 microRNA in cellule alfa e beta pancreatiche murine (alfaTC1 e betaTC1), mediante analisi High Throughput (HT) effettuata con TaqMan Low Density Arrays per la PCR Real-Time. Le cellule sono state analizzate sia a steady state che dopo induzione di apoptosi con un cocktail di citochine (IFN-gamma, IL-1beta, TNF-alfa) per diversi tempi di esposizione (24h e 48h). Sono stati considerati differenzialmente espressi (DE) i microRNA che presentavano variazioni nell ' espressione (Fold change) di almeno 3 volte (verso l ' alto o verso il basso) nei trattati rispetto ai relativi controlli (FC maggiore o uguale a 3 o minore o uguale a 0.33) e comuni a tre controlli endogeni (snoRNA135, snoRNA202 e MammalU6). I microRNA differenzialmente espressi ottenuti sono stati ulteriormente filtrati effettuando un Paired T-Test. Una successiva analisi in silico ci ha permesso di individuare i targets predetti e validati dei miRNA DE. Risultati e Discussione Le nostre analisi hanno permesso di verificare che l ' esposizione prolungata e ad alte concentrazioni delle linee cellulari murine di glucagonoma (alfaTC1) e di insulinoma (betaTC1) al cocktail di citochine pro-infiammatorie induce marcati cambiamenti nell ' espressione dei microRNA rispetto a quanto avviene nelle stesse cellule in condizioni non perturbate ed in misura maggiore nelle betaTC1 piuttosto che nelle alfaTC1. Abbiamo identificato, nel complesso, il 6,18% (32/518) di microRNA con espressione significativamente alterata in entrambe le linee cellulari (tra questi il miR-146a, il miR-21 e il miR-34a risultano essere gia' noti in letteratura come coinvolti nel processo di secrezione insulinica nelle beta cellule e nella loro proliferazione e apoptosi). Nelle alfaTC1 sono risultati differenzialmente espressi 12 miRNA, di cui 4 risultano essere specifici del time point a 24h, 6 del time point a 48h, e 2 presentano una disregolazione costante durante l ' intero time course. Nelle betaTC1 mostrano espressione differenziale 25 miRNA, di cui 2 risultano essere specifici del time point a 24h, 13 del time point a 48h, e 10 mostrano una espressione alterata sia a 24h che a 48h. La costante disregolazione nei due time point suggerisce che tali miRNA possano avere un importante ruolo nella cascata di segnali scatenata dalle citochine. Considerando l ' intero time course si nota che 7 miRNA sono alterati in maniera specifica nelle alfaTC1, 20 nelle betaTC1 e 5 (miR-125b-5p, miR-146a, miR-155, miR-203 e miR-21) sono sovraespressi in entrambi i fenotipi cellulari. L ' induzione di miRNA sia nelle alfaTC1 che nelle betaTC1 potrebbe rappresentare un meccanismo fisiologico di risposta all ' azione delle citochine comune fra due fenotipi cellulari che condividono la stessa origine endodermica. La nostra attenzione si e' rivolta in modo particolare ai miRNA che presentano una importante alterazione dell ' espressione in una linea rispetto all ' altra, considerando anche il confronto tra i due fenotipi cellulari a steady state; maggiore importanza e' stata data ai microRNA che mostrano variazione di espressione di segno opposto nelle due linee cellulari dopo trattamento, e livelli di espressione opposti nella stessa linea cellulare prima e dopo l ' esposizione a citochine. Da questo punto di vista miR-216a, miR-216b e miR-217 rappresentano microRNA particolarmente interessanti sui quali svolgere esperimenti di genomica funzionale ai fini di verificare un possibile coinvolgimento nel Diabete Mellito (in letteratura non e' attualmente riportata alcuna correlazione tra questi miRNA e la malattia). Inoltre alcuni tra i targets predetti e validati dei DE miRNA ottenuti mediante analisi in silico sono risultati appartenere al set di geni di seconda classe candidati per il Diabete ottenuto in un lavoro recentemente completato dal nostro gruppo di ricerca [Barbagallo et al., in preparazione]: tra questi Stat3 (bersaglio dei miR-125b-5p e miR-21) e Bbc3, target del miR-148a. Conclusioni I nostri dati hanno descritto per la prima volta l ' assetto molecolare dei microRNA nelle alfa cellule pancreatiche dopo loro esposizione ad un cocktail di citochine pro-infiammatorie, oltre che gettare le basi per una migliore comprensione dei meccanismi molecolari responsabili della morte delle beta cellule. Prospettive future di questo lavoro sono: l ' identificazione delle alterazioni di pathways e networks coinvolte dopo trattamento delle cellule in vitro; la validazione dei piu' credibili tra i microRNA candidati mediante trasfezione di anti- o di pre-miRNA per determinarne il silenziamento o l ' attivazione funzionale. Mediante l ' integrazione dei dati ottenuti verra' prodotta una lista completa di microRNA, dei loro potenziali bersagli proteici e delle pathways coinvolte nell ' alterazione del fenotipo cellulare e molecolare delle cellule alfa e beta pancreatiche, in un sistema in vitro che riproduce in modo credibile le condizioni che si verificano in vivo nei pazienti durante l ' insorgenza del Diabete Mellito.
Background MicroRNAs are in a critically hierarchic position within cellular networks, whose functioning they regulate: therefore, they are important candidates for being involved in the pathogenesis of complex systemic diseases like cancer and degenerative diseases. Accordingly, these molecules are unanimously considered the most promising new generation ' s biomarkers for diagnosis, prognosis and designing novel therapeutic interventions: it is easy to expect that the availability of batteries of well characterized microRNAs, closely associated to the disease of interest and present in the serum, would radically change the operating modes and the prospects of success in Clinical Medicine. The main aims of this project was to contribute to the characterization of microRNAs' role in the pathogenesis of Diabetes Mellitus (DM) and to identify and characterize a set of microRNAs to be used as molecular biomarkers and potential therapeutic targets of DM. The incidence of this disease is increasing worldwide, so that many authors have defined this phenomenon an epidemy. Despite the large volume of literature data on DM, it is evident that our knowledge of its pathogenetic mechanisms should be greatly expanded. Methods We used a model system that mimics the inflammatory events occurring in vivo in diabetic patients. In particular, we analyzed the transcriptome of 518 microRNAs in mouse pancreatic alpha and beta cells (alphaTC1 and betaTC1), by performing a High Throughput (HT) analysis with TaqMan Low Density Arrays (TLDA) for PCR Real-Time. We analyzed cells both at steady state and after inducing apoptosis with a cocktail of cytokines (IFN-gamma, IL-1beta, TNF-alpha) for different times of exposure (24h and 48h). We considered as up- or downregulated those miRNA that have a natural logarithm of expression fold change of at least 1 or greater and -1 or less, respectively. Data normalization was performed by using snoRNA135, snoRNA202 and MammalU6 as endogenous controls. Differentially expressed microRNAs (DE miRNAs) obtained were further filtered by performing a Paired T-Test. A subsequent in silico analysis allowed us to identify the predicted and validated targets of DE miRNAs. Results and Discussion Our experimental data demonstrate that prolonged exposure of alphaTC1 and betaTC1 to high concentrations of pro-inflammatory cytokines induces marked changes in miRNAs expression compared to the same cells under physiological conditions, and to a greater extent in betaTC1 than in alphaTC1. We identified 6.18% (32/518) of microRNAs with significantly altered expression in both cell lines (miR-146a, miR-21 and miR-34a had been previously reported to be involved in beta cells insulin secretion, proliferation and apoptosis). In alphaTC1 post treatment (PT) we found 12 differentially expressed miRNAs, 4 of which are specifically altered at 24h and 6 specifically altered at 48h, whereas 2 miRNAs show a constant dysregulation throughout the time course. In betaTC1 we observed that 25 miRNAs show differential expression post cytokines treatment, 2 of which are specifics of 24h time point, 13 are specifics of 48h and 10 show altered expression in both time points. The altered expression of these miRNAs at 24h and 48h PT in the 2 cell lines could suggest their important role within the signaling cascade triggered by cytokines. Considering the entire time course, 7 miRNAs are specifically altered in alphaTC1, 20 are specifically altered in betaTC1, and 5 miRNAs (miR-125b-5p, miR-146a, miR-155, miR-203 and miR-21) are over expressed in both cell phenotypes. The induction of some miRNAs in both alphaTC1 and betaTC1 could be a physiological response to cytokines action common to both cell phenotypes sharing the same endodermal origin. We have focused our attention particularly to miRNAs with an important altered expression in a cell line compared to the other, considering also the comparison between the two cell phenotypes at steady state; we gave more importance to microRNAs showed expression variation of opposite sign in the two cell lines after treatment, and opposite expression levels in the same cell line before and after cytokines exposure. From this point of view, miR-216a, miR-216b and miR-217 are particularly interesting DE miRNAs; these miRNAs will be selected to perform functional genomics experiments in order to verify a possible involvement in Diabetes (in literature is not currently reported any correlation between these miRNAs and Diabetes). In addition, some of the DE miRNAs predicted and validated targets obtained by in silico analysis were found to belong to the set of Diabetes candidate genes obtained in a work recently completed by our research group [Barbagallo et al., manuscript in preparation]: these include Stat3 (target of miR-125b-5p and miR-21) and Bbc3, target of miR-148a. Conclusions and Perspectives It is important to emphasize that this is the first HT profiling study of microRNAs in pancreatic alpha cells, both at steady state and after treatment with cytokines; we have also contribute to a better understanding of the molecular mechanisms responsible for beta cells death. Future aims of this project are to reconstruct through computational analysis the pathways and networks involved and to identify their alterations after apoptosis induction, and validate the most credible among candidates microRNAs by transfection of anti- or pre-miRNA to determine silencing or functional activation. Through the integration of these data we will obtain a complete list of microRNAs, their targets proteins and corresponding pathways, involved in alteration of the cellular and molecular phenotype of pancreatic alpha and beta cells, in an in vitro system that credibly reproduces the conditions that occur in vivo in patients during the onset and progression of Diabetes.
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Arcidiacono, Diletta. "VCC, citolisina di Vibrio cholerae,promuove secrezione di cloruro dalle cellule intestinali e produzione di citochine TH2 nei mastociti." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425205.

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Abstract:
Cholera has long been considered a classic paradigm of a non-inflammatory toxigenic diarrhoea until Vibrio cholerae infection was found to induce a TH2-type of immune profile and the recruitment of inflammatory cells in the intestinal mucosa (Mathan MM, 1995; Qadri F, 2000). Recent reports indicate increased levels of inflammatory mediators in patients infected by Vibrio cholerae that occur in parallel with recruitment of innate immune cells, including mast cells and neutrophils, in the crypt and villus lamina propria (Qadri F, 2004). Enteropathogenic Vibrio cholerae can elaborate different exotoxins: cholera toxin (CT), zonula occludens toxin and a membrane damaging toxin, referred to as haemolysin or Vibrio cholerae cytolysin (VCC). VCC is a water soluble toxin secreted as a 79 kDa inactive pro-hemolysin (Alm RA, 1988; Yamamoto K, 1990), which is proteolytically cleaved within its N-terminal part (Nagamune K, 1997) to generate the mature toxin of 63 kDa. In cholesterol-and ceramides-rich membranes (Zitzer A, 1999) VCC forms heptameric channels, with a moderate anion preference, responsible for vacuolization and eventual lysis of several cell types in culture (Coelho A, 2000; Figueroa-Arredondo P, 2001; Moschioni M, 2002; Pantano S, 2006). VCC is believed to contribute to the development of cholera diarrhoea (Ichinose Y, 1987). On the basis of its channel property and considering that the majority of the diarrhogenic toxins affect chloride secretion in the intestine (Laohachai KN, 2003), we have investigated whether VCC was able to promote an efflux of chloride from intestinal epithelial cells. We find that the hemolysin induces an efflux of chloride from intestinal epithelial cells; consequently it might either cause diarrhoea per se, in the non producing cholera toxin strains, or contribute to cause diarrhoea when the toxin is present. Considering the recent demonstration of the abundance of mast cells in cholera patients and on the basis that no other bacterial factors have been identified as immune modulator so far, we decided to address the possibility that VCC could be such a factor, by evaluating its ability in activating mucosal mast cells. Here we suggest that VCC could contribute to the T helper 2 (TH2) response seen in the natural infection; acting through TLR2, VCC enhances mast cells secretion of IL-4, IL-6 and TNF-alpha by 330-, 290- and 550-fold respectively. Moreover, VCC-induced cytokine production is dependent on increased cytosolic Ca2+ and on the presence of the Src family kinases Lyn and Fyn, known to be required for FcepsilonRI-dependent activation of mast cells. These findings strongly suggest that VCC has a pro-inflammatory activity promoting a TH2-type immune profile.
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Chieregato, Katia. "Definizione di cocktail citochinici per l'espansione, in condizioni FBS-free, di cellule stromali mesenchimali isolate da tessuto adiposo e cordone ombelicale." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3426535.

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Abstract:
Human mesenchymal stromal cells (hMSCs) are multipotent cells isolated from several tissues that possess self-renewal capacity, long term viability and are capable to differentiate into several cell lineages (osteoblasts, chondrocytes, adipocytes, etc.). They interact with hematopoietic stem cells (HSC) and exert immunoregulatory function. These characteristics make MSCs excellent candidates for regenerative medicine and gene therapy. To date, bone marrow (BM) has been the main source for the isolation of hMSCs,but in the last decade some drawbacks arose: 1) the cells low number that requires an ex vivo expansion; 2) the BM MSCs senescence with increasing of donor age; 3) the invasive procedure. This has led many researchers to investigate alternative MSCs sources and new expansion protocols to bypass FBS/human platelet rich plasma (hPRP) limitations: 1) the risk of prion diseases and immunological reactions associated with the use of FBS; 2) the decreased proliferative effect of hPRP after high g rate centrifugation to purify it, its undefined composition and its full clinical impact that remains to be investigated. In addition, its use is limited by the amount of whole blood necessary to obtain a sufficient quantity of autologous hPRP for cell expansion. In this study we focused on: 1) adipose tissue derived-MSCs (AT MSCs) because of the high number of cells that can be obtained and the easy enzyme-based procedures; 2) umbilical cord derived-MSCs (UC MSCs) which possess greater and faster expansion capability, higher frequency of colony forming unit fibroblast (CFU-F) than BM MSCs. For the first time, we evaluated, measuring bromo-deoxyuridine incorporation in neosynthesized DNA, the effects on AT and UC MSCs expansion of a pool of seven human recombinant growth factors: epidermal growth factor (EGF), basic-fibroblast growth factor (bFGF), granulocyte colony-stimulating factor (G-CSF), hepatocyte growth factor (HGF), insulin-like growth factor I (IGF I), platelet-derived Growth factor-bb (PDGFbb) and transforming growth factor β1 (TGFβ1). We defined two cytokines cocktails based on EGF-bFGF-PDGFbb for AT MSCs, and EGF-PDGFbb for UC MSCs expansion in a FBS-free medium supplemented with hPPP (3%), which allows a normal MSCs expansion with a minimal apoptosis and supports GFs proliferative effect. These mixtures permitted us, starting from about 100-150 cm3 of AT and 30 cm of UC, to obtain after 21 days of culture a sufficient number of cells for clinical applications, for example in graft versus host disease (GvHD). Furthermore, in our expansion conditions, we required about 80 ml of hPPP obtainable from 150-200 ml of whole blood, as opposed to 350 ml of hPRP which requires 1000-1200 ml of whole blood. The mitogenic response decreases when MEK signaling is inhibited by U0126, a MEK1/2 inhibitor. This result suggests that MEK 1/2 pathway is required to mediate a maximum mitogenic response of cells to GFs. Our cocktails do not influence surface markers expression. AT and UC MSCs highly expressed CD 105, CD 90, and CD 44, whereas cells expressing CD 31, CD 34, CD 117 and CD 45 were lost with progressive passages, in line with the parameters proposed for MSCs by International Society for Cellular Therapy. High levels of the enzyme aldehyde dehydrogenase (ALDH) have proven to be a novel marker for the identification and isolation of hematopoietic stem cells (HSCs). Co-staining experiments revealed that >80% of ALDH+ umbilical cord blood cells were CD 34+. Based on our studies, ALDH combined with other surface markers (CD 45 and CD 105) can not be used exclusively to define MSCs derived from AT and UC in a manner similar to HSCs because of its low level (less than 50%). Differentiation capacity into adipogenic and osteogenic lineage, tested at the end of P2, was confirmed only for AT MSCs. The exposure to EGF-bFGF-PDGFbb increased adipogenic differentiation as well as osteogenic one respect to cultures in FBS and hPPP, likely because these GFs commit MSCs to specific mesodermal differentiation. This could represent a highly promising approach in tissue engineering for breast soft tissue reconstruction after mastectomy, tissue and subdermal defects after trauma or burn injury. AT MSCs were reported to have a slightly inferior potential for osteogenesis, with our GFs cocktail this “problem” could be overcome, a normal osteogenesis could take place and it could guarantee a large amount of osteogenic precursors for scaffold population. UC MSCs, probably due to their ontogenetic age, did not show mineralization and the formation of lipid vacuoles, but they were more immunocompetent than AT ones in the presence of GFs. UC MSCs immunosuppressive effect, on T cells stimulated with phytohemagglutinin, was confirmed in all tested supplements and was significant when MSCs:T cell ratio was 1:10. AT MSCs immunomodulation was detectable at 1:5 ratio in the presence of GFs cocktail and it was less marked than in FBS, likely because GFs, inducing cell maturation, reduce immunomodulatory potential. Whereas, UC MSCs, having relatively primitive nature, seem to be less influenced by cytokines than mature MSCs. We did not measure a significant immunosuppression when AT/UC MSCs and lymphocytes were separated by transwell. This suggests that the suppressive factor(s) are not constitutively secreted by MSCs and probably a pre-activation mediated by cell contact is required. Recently, a number of clinical trials used cytokine induced killer (CIK) cells in an attempt to improve the effectiveness of HSC transplantation. CIK cells are a population of immune-effector cells CD 3+ CD 56+, expanded in vitro by exposure to interferon γ, monoclonal anti CD3 and interleukin 2. They show cytotoxicity against a broad range of malignant cell targets, but not against normal CD 34+ stem cells. In view of relevant role of both MSCs and CIK cells, we explored the interactions between the two cell types. We found that CIK cells lysed UC MSCs in dose dependent manner, while UC cells killed CIK ones and suppressed their cytotoxicity against K562, a tumour target. These effects required cell to cell contact. Our results should be taken into account in evaluating novel protocols of adoptive immunotherapy. They suggest to administer, at first, mesenchymal cells to optimize engraftment and to prevent GvHD, and then CIK cells to mediate graft versus leukemia. In conclusion, our cocktails guarantee the expansion of an extremely homogeneous population of MSCs and a sufficient number of cells for clinical applications: committed AT MSCs in reconstructive medicine, and UC MSCs in hematologic context in combination with CIK cells.
Le cellule stromali mesenchimali umane (hMSC) sono cellule multipotenti, isolate da numerosi tessuti, con capacità di autoreplicarsi e di differenziarsi in più linee cellulari (osteoblasti, condrociti, adipociti, ecc.). Interagiscono con le cellule staminali ematopoietiche (HSC) e hanno proprietà immunomodulanti. Queste caratteristiche hanno reso le MSC eccellenti candidate per la medicina rigenerativa e la terapia genica. Fino ad oggi il midollo osseo (BM) ha rappresentato la fonte principale di MSC, ma nell’ultimo decennio sono state sollevate delle riserve: 1) la bassa frequenza che richiede un’espansione ex vivo; 2) la comparsa di senescenza con il progredire dell’età del donatore; 3) la procedura di prelievo invasiva. Questo ha spinto i ricercatori ad investigare, da una parte, fonti alternative e, dall’altra, nuovi protocolli di espansione per bypassare gli inconvenienti associati all’uso del siero fetale bovino (FBS) e di plasma umano arricchito di piastrine (hPRP). Le principali limitazioni sono legate, per l’FBS, al rischio di trasmissione di malattie prioniche e di reazioni immunitarie causate dalle proteine xenogeniche; per hPRP, alla sua composizione variabile, ad un effetto clinico poco conosciuto e, soprattutto, all’alta quantità di sangue intero richiesto per ottenere un volume di hPRP autologo sufficiente per l’espansione ex vivo delle MSC. In più, la centrifugazione ad alte g, nel tentativo di rimuovere le membrane delle piastrine, decresce l’effetto proliferativo di hPRP. In questo studio sono state prese in esame due fonti alternative: 1) il tessuto adiposo (AT), da dove le MSC sono ottenibili in alto numero e con una facile procedura enzimatica; 2) il cordone ombelicale (UC), dal quale sono isolabili, come riportato in letteratura, MSC caratterizzate da frequenza e capacità replicativa maggiori rispetto alle BM MSC. Per la prima volta è stato valutato, misurando l’incorporazione della bromo-deossiuridina nel DNA neosintetizzato, l’effetto sulla proliferazione di AT e UC MSC di un pool di sette fattori di crescita (GF) umani ricombinanti: epidermal growth factor (EGF), basic-fibroblast growth factor (bFGF), granulocyte colony-stimulating factor (G-CSF), hepatocyte growth factor (HGF), insulin-like growth factor I (IGF I), platelet-derived growth factor-bb (PDGFbb) e transforming growth factor β1 (TGFβ1). Sono stati così definiti due cocktail a base di EGF-bFG-PDGFbb per le AT MSC e EGF-PDGFbb per espansione delle UC MSC in un mezzo FBS-free supplementato con plasma umano povero di piastrina (hPPP, 3%), che supporta la crescita delle mesenchimali minimizzando l’apoptosi e consente l’azione dei GF. Queste combinazioni di citochine sono state in grado di fornire, dopo 21 giorni di coltura, un numero sufficiente di cellule per un eventuale trattamento, ad esempio, della graft versus host disease (GvHD), partendo da 100-150 cm3 di AT e 20-30 cm di UC. Inoltre, nelle condizioni di coltura definite, sono serviti circa 80 ml di hPPP ottenibili da 150-200 ml di sangue intero, invece dei 350 ml di hPRP ricavabili da 1000-1200 ml di sangue. La risposta mitogenica riscontrata sembra coinvolgere due protein-kinasi specifiche, MEK1 e MEK2, come evidenziato in presenza di un loro inibitore specifico (U0126). Questo suggerisce la priorità di questa via nel mediare la risposta mitogenica massima delle citochine. I cocktail, inoltre, non influenzano l’espressione dei marker di superficie caratteristici delle mesenchimali. CD 105, CD 90 e CD 44 sono risultati altamente espressi sia sulle AT che sulle UC MSC, mentre la percentuale di cellule positive al CD 31, CD 34, CD 117 e CD 45 decresceva con il progredire dei passaggi, in linea con i criteri definiti dall’International Society for Cellular Therapy. Le aldeidi deidrogenasi (ALDH), una classe di enzimi ossidativi, sono state di recente proposte come marker per l’identificazione e l’isolamento delle HSC dove sono espresse ad alti livelli (>80% nelle cellule CD 34+ isolate dal sangue della vena del cordone ombelicale). In questo studio si è indagato se le ALDH potessero svolgere un ruolo analogo per le MSC. I risultati ottenuti hanno evidenziato che le ALDH, combinate con CD 45 e CD 105, non possono essere usate come marker identificativi per le MSC derivate da AT e UC a causa della loro bassa espressione (inferiore al 50%). La capacità differenziativa in senso adipogenico ed osteogenico, testato a fine del secondo passaggio (P2), è stata confermata per la AT MSC. L’esposizione a EGF-bFGF-PDGFbb ha incrementato l’adipogenesi e l’osteogenesi rispetto alla coltura in FBS e hPPP, probabilmente le citochine stimolano l’attivazione dei pathway coinvolti nel differenziamento adipogenico ed osteogenico. L’utilizzo di cellule mesenchimali “indirizzate” al differenziamento adipogenico potrebbe rappresentare una promettente risorsa in chirurgia plastica e ricostruttiva per la ricostruzione del seno dopo mastectomia, per la riparazione di difetti tissutali e subdemici conseguenti a traumi o ustioni. Per le AT MSC è stata riferita una potenzialità osteogenica inferiore alle altre MSC adulte. Con il cocktail definito, che predispone le AT MSC anche all’osteogenesi, questo “problema” potrebbe essere superato, garantendo un numero sufficiente di precursori osteogenici per il popolamento di uno scaffold. Le UC MSC, forse a causa della loro età ontogenia, non hanno evidenziato mineralizzazione e la formazione di vacuoli lipidici, ma si sono dimostrate più immunocompetenti delle AT MSC in presenza dei GF. L’effetto immunomodulante, a carico dei linfociti T attivati con fitoemagglutinina, è stato registrato per le UC MSC ad un rapporto MSC: cellule T pari a 1:10 in tutte le condizioni testate. L’immunomodulazione indotta dalle AT MSC è stata invece riscontrata a 1:5 in presenza del cocktail risultando così più blanda di quella in FBS. Probabilmente i fattori di crescita, inducendo la maturazione e predisponendo le cellule al differenziamento, compromettono le potenzialità immunomodulanti delle mesenchimali isolate da AT. Le UC MSC, essendo invece più immature, sono forse meno suscettibili all’azione dei GF rispetto alle MSC adulte. Quando tra mesenchimali e linfociti si è interposta una “barriera” che ne impediva il contatto “fisico”, non è stato rilevato alcun blocco significativo della proliferazione delle cellule T. Si può concludere che il contatto cellulare rappresenti la condizione necessaria per attivare i meccanismi di immunosoppressione come la produzione di fattori solubili. Recentemente, si sono moltiplicati i trial clinici dove si vanno ad infondere cellule CIK (cytokine induced killer) con lo scopo di aumentare l’efficienza del trapianto di HSC. Le cellule CIK sono una popolazione linfocitaria CD 3+ CD 56+, espanse in vitro con interferone γ, anti CD3 e interleuchina 2, e dotate di azione citotossica verso numerosi target tumorali, ma non sulle staminali CD 34+. Visto il ruolo rilevante in campo ematologico sia delle MSC che delle CIK, è stata indagata l’interazione tra le due popolazioni cellulari. Le CIK hanno mostrato un’azione citotossica sulle UC MSC dose dipendente, mentre le mesenchimali hanno determinato la soppressione delle CIK e la riduzione della loro potenzialità citotossica a carico della K562, un target tumorale. Questi risultati dovrebbero essere tenuti presenti nella definizione di nuovi protocolli clinici di immunoterapia. Essi suggeriscono di somministrare prima le mesenchimali al fine di supportare l’attecchimento delle HSC e prevenire la GvHD, e solo in un secondo tempo le CIK ad azione antitumorale. In conclusione, i cocktail definiti garantiscono l’espansione di una popolazione omogenea di mesenchimali e in numero sufficiente per l’uso clinico delle AT MSC “committed” in medicina ricostruttiva, e delle UC MSC in un contesto ematologico in combinazione con le cellule CIK a patto di una somministrazione in due tempi.
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MICELI, Giuseppe. "Il “milieu” citochinico del paziente cirrotico tra circolazione iperdinamica e bilancio simpato-vagale: il ruolo di Osteopontina, IL-22, IL-6, IL-17, IL1Ra quali indicatori biomolecolari di severità d’ipertensione portale e markers predittivi di rischio di sanguinamento di varici esofagee." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2022. https://hdl.handle.net/10447/533498.

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Taglioli, Valentina <1990&gt. "Studio degli effetti di citochine a basso dosaggio (LOW DOSE) su cellule di origine animale (3T3-L1) ed umana (hASC)." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2022. http://amsdottorato.unibo.it/10049/1/Tesi%20Taglioli%20Valentina.pdf.

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Abstract:
Nella sindrome metabolica l’insulino-resistenza e l’obesità rappresentano i fattori chiave nello sviluppo di tale patologia, ma il principale player risulta un’infiammazione cronica di basso grado (Chronic Low Grade Inflammation) a carico del tessuto adiposo. Lo scopo di questo progetto di ricerca è quindi stato quello di testare citochine a basso dosaggio come possibile trattamento dell’infiammazione cronica. Le citochine utilizzate (GUNA®-Interleukin 4 (IL-4), GUNA®-Interleukin 10 (IL-10), GUNA®-Melatonin, GUNA®-Melatonin+GUNA®-IL-4.) sono state fornite dall’azienda GUNA S.p.a. Poiché l’infiammazione cronica a basso grado inizia in seguito ad un aumento eccessivo del tessuto adiposo, inizialmente si è valutato l’effetto su una linea di preadipociti murini (3T3-L1). Questa prima parte dello studio ha messo in evidenza come le citochine a basso dosaggio non modificano la vitalità cellulare, anche se agiscono sull’espressione e la localizzazione di vimentina e E-caderina. Inoltre IL-4 e IL-10 sembrano avere una parziale attività inibitoria, non significativa, sull’adipogenesi ad eccezione dell’espressione dell’adiponectina che appare significativamente aumentata. In ultimo i trattamenti con IL-4 e IL-10 hanno mostrato una diminuzione del contenuto di ROS e una ridotta attività antiinfiammatoria dovuta alla diminuzione di IL-6 secreto. Un’altra popolazione cellulare principale nel tessuto adiposo è rappresentata dalle ASC (Adipose Stem Cell). Per tale motivo si è proseguito valutando l’effetto che le citochine low-dose su questo citotipo, evidenziando che il trattamento con le citochine non risulta essere tossico, anche se sembrerebbe rallentare la crescita cellulare, e determina un’inibizione del processo adipogenico. Inoltre il trattamento con IL-10 sembra stimolare le ASC a produrre fattori che inducono una maggiore vasculogenesi e le induce a produrre fattori chemiotattici che determinano una maggiore capacità di rigenerazione tissutale da parte di MSC da derma. Infine, il trattamento con IL-4 e IL-10 stimola probabilmente una minore produzione di citochine pro-infiammatorie che inducono in maniera significativa una minore mobilità di cellule MSC.
Despite insulin-resistance and obesity represent the key factors in onset and progression of the metabolic syndrome, the main player of related disorders seems to be chronic low-grade inflammation of the adipose tissue. There is evidence that cytokines are relevant regulatory factors of metabolism, in physiological as well as pathological conditions. The aim of our research was to verify if low-dose cytokine administration (lower than fg) could be a possible treatment to counteract chronic inflammation. The tested cytokines, purchased by GUNA S.p.a., were IL-4, IL-10, Melatonin, and a combination of Melatonin and IL-4. Given that chronic low-grade inflammation depends on excessive adipose tissue growth, the effects of cytokines were evaluated on a murine preadipocyte line (3T3-L1). Low-dose cytokines did not modify cell viability, even if they affected the expression and localization of Vimentin and E-cadherin. Furthermore, IL-4 and IL-10 seemed to have a partial inhibitory effect on adipogenesis, although, surprisingly, Adiponectin appeared significantly increased. Furthermore, treatments with IL-4 and IL-10 induced a decrease in ROS content and displayed an anti-inflammatory activity, probably due to the decrease of IL-6 secretion. Adipose tissue, as demonstrated by recent studies, contains a population of stem cells, namely ASCs (Adipose Stem Cells), with a prominent role in homeostatic regulation of the tissue itself. For this reason, the effect of low-dose cytokines on this cytotype has been evaluated, highlighting that the treatment with cytokines was not toxic, even if it seemed to slow down the cell growth, by determining an inhibition of the adipogenic process. In addition, ASCs treated with IL-10 secreted factors able to induce vasculogenesis in Huvec and cell migration in human Mesenchymal Stem Cells. On the contrary, treatments with IL-4 and IL-10 led to a lowering of pro-inflammatory cytokine secretion and a consequent decrease in MSC migratory responses.
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DETTORI, BEATRICE. "Effetti immunoregolatori degli interferoni di prima classe sull’attivita’ delle cellule CD4+CD25- t helper e delle cellule CD4+CD25+ Treg." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2010. http://hdl.handle.net/2108/1277.

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Abstract:
L’IFN-α è un mediatore di notevole importanza della risposta immunitaria. Tale citochina è in grado di indurre la risposta innata, fornendo lo stimolo per l’attivazione e la formazione della risposta immunitaria acquisita. Lo scopo principale di questo lavoro è determinare se e come IFNα è coinvolto nell’attivazione delle cellule CD4+CD25- T helper (Th) e valutare l’effetto dell’IFN-α sull’attività soppressoria delle cellule CD4+CD25+ T regolatorie (Treg) murine. I nostri risultati mostrano come IFNα promuova la produzione di IL-2 da parte delle cellule CD4+CD25- Th, quando stimolate in presenza di APC. Nonostante ciò, l’abilità di queste cellule nel rispondere allo stimolo proliferativo trasdotto da IL-2 viene inibito. IL-2 è una citochina nota per essere stimolo proliferativo per le cellule CD4+CD25+ Treg. Quando le cellule CD4+CD25+ Treg vengono co-incubate in presenza di IFNα e IL-2, la proliferazione cellulare appare inibita. Inoltre IFNα sembra ridurre l’attività soppressoria delle cellule Treg. In conclusione i nostri risultati dimostrano che IFNα agendo direttamente sulle cellule APC e riducendo l’attività delle cellule CD4+CD25+ Treg sostengono e guidano l’attivazione delle cellule CD4+CD25- Th.
Type I IFNs are central to a vast array of immunological functions. Their early induction in innate immune responses provides one of the most important priming mechanisms for the subsequent establishment of acquired immune responses. The outcome is either promotion or inhibition of these responses, but the conditions under which one or the other prevails remain to be defined. The main objective of the present study has been to determine the involvement of IFN on murine CD4+ CD25- Th cell activation, as well as to define the role played by this cytokine on CD4+ CD25+ Treg cell proliferation and function. Although IFN induces CD4+ CD25- Th cells co-incubated with APCs to produce large amounts of IL-2, at the same time their ability to respond to its proliferative effects is prevented. Moreover, in medium supplemented with IFN, IL-2 induced CD4+ CD25+ Treg cell proliferation is also inhibited. Notably, IFN also leads to a decrease of the CD4+ CD25+ Treg cell suppressive activity. Altogether, these findings indicate that trough a direct effect on APC activation and by affecting CD4+ CD25+ Treg cell- mediated suppression, IFN promotes and drives CD4+ CD25- Th cell activation.
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Carrabba, M. D. R. "ANEMIA OF INFLAMMATION: INVESTIGATION ON HEPCIDIN IN ACUTELY ILL PATIENTS AND THEIR CLINICAL OUTCOME." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2013. http://hdl.handle.net/2434/217439.

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Abstract:
The anaemia of inflammation is a normochromic, normocytic anaemia, associated with abnormal iron utilization, erythropoietin hyporesponsiveness, and decreased red blood cells (RBC) survival. It is a very common problem in hospitalized patients for acute inflammatory diseases and develops within few days from the onset of illness. Hepcidin is an interleukin-6 induced hormone previously identified as an antimicrobial peptide. Now it is recognized as the master regulator of iron homeostasis in mammals allowing iron adaptation according to the body iron needs and as the key modulator of inflammation-associated anaemia. Hepcidin is found in the circulation, it is secreted mainly by hepatocytes and to a lesser extent by macrophages, T-lymphocytes and adipocytes. In 60 acutely ill patients (95% affected by infections), the degree of inflammation, indicated by IL-6 and C-RP levels, is associated with elevated concentrations of hepcidin, low iron serum levels, high transferrin saturation and very high ferritin serum levels. Moreover, persistently increased levels of hepcidin-25 on T1 and on T6 are associated with a decrease in haemoglobin during hospitalization. Patients (N=26) anaemic on T1 were still anaemic after one week. Erythropoiesis was still blunted in these patients, despite higher erythropoietin serum levels than notanaemic patients. The high levels of GDF-15 and hepcidin could have a role in the ineffective erythropoiesis. We observed that acute ill patients (N=31) admitted with normal haemoglobin levels develop anaemia after the first week of hospitalization. Analysing hepcidin levels of this subset of patients, we found that a cut-off level of hepcidin concentration of 23 nM/L was able to predict anaemia occurrence after one week with 100% of sensitivity and 90% of specificity. The inflammatory cytokines pattern and its consequence on hepcidin and iron observed in vivo in this study resembles the one described in experimental models of endotoxemia showed by Kemna et al. and by Theurl et al. Also hepcidin serum levels, haemoglobin and iron parameters are very similar to the ones found by van Eijk et al. in their investigation in septic patients admitted to intensive care units. As described in previous studies, we also demonstrated expression of hepcidin mRNA in circulating monocytes of these acutely ill patients. We found that the higher was the inflammation on admission, the higher was hepcidin mRNA expression in circulating monocytes after one week. Moreover we found negative correlation between mRNA levels of monocytes-derived hepcidin and serum ferritin, especially after one week of inflammation persistence. Analysis of interleukin-6 functional receptor (CD126 and gp130) on circulating monocytes showed a negative correlation with monocytes-derived hepcidin mRNA, and positive correlation with serum ferritin levels. These insights in anaemia of inflammation molecular mechanisms will help clinicians to better identify anaemia causes and adequately restore haemoglobin concentration with target therapies, reducing health-care requirements and healthcare costs, in-hospital stay and, finally, ameliorate health of patients.
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Martucci, C. "PPADS un antagonista dei recettori purinergici modula le citochine IL-1 beta e IL-6 in un modello di neuropatia murino." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2006. http://hdl.handle.net/2434/63222.

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Ramoni, Stefano <1978&gt. "Il ruolo delle cellule infiammatorie, delle citochine e delle metalloproteinasi di matrice nella pustolosi amicrobica delle pieghe e in altre dermatosi neutrofiliche." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3389/1/RAMONI_STEFANO_TESI.pdf.

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Ramoni, Stefano <1978&gt. "Il ruolo delle cellule infiammatorie, delle citochine e delle metalloproteinasi di matrice nella pustolosi amicrobica delle pieghe e in altre dermatosi neutrofiliche." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3389/.

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TROMBELLI, Leonardo. "Suscettibilità Genetica alla Parodontite Aggressiva: Analisi di Polimorfismi in Geni Candidati." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2009. http://hdl.handle.net/11392/2389152.

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Abstract:
BACKGROUND & RATIONALE Aggressive Periodontitis (AgP) is a complex multifactorial periodontal disease where genetic and environmental factors are thought to play a paramount pathogenic role. Patients with AgP are characterized by a rapid and severe periodontal destruction in mainly younger individuals. While putative perio-pathogenic bacteria constitute the primary extrinsic agent in the etiology of AgP, the risk of developing periodontal disease is not the same for all individuals, suggesting that host factors, potentially related to the genetic make-up, are involved in determining the disease susceptibility. IL-1a and IL-1b, two functionally similar molecules, have been recognized as central proinflammatory cytokines. IL-1ra is an anti-inflammatory non-signaling molecule that competes for receptor binding with IL-1a and IL-1b. The overall contribution of IL-1 to the pro-inflammatory response depends on the balance between these three molecules. Polymorphisms of the Interleukin-1 (IL-1) gene cluster family have been described in association with inter-individual differences of IL-1 levels upon bacterial challenge and they have been proposed as potential genetic markers for periodontal diseases. AIM OF THE STUDY In our previous studies, we have investigated the role of IL-1 genes in explaining the individual susceptibility to both plaque-induced gingivitis and AgP. With respect to AgP, we examined 6 polymorphisms derived from genes of the IL-1 cluster comparing 40 AgP patients with 96 periodontally healthy controls. We tested the association through both the analysis of allelic/genotypic distributions as well as by constructing a map in LD units of the candidate region 2q13–14. Our analyses highlighted the presence of recombination hot spots between the IL-1B+3954 and IL-1B-511 variants and around the IL-1RN (VNTR) marker. The multilocus modelling of association with disease gave a location for the association peak at the IL-1B+3954 marker. Moreover, haplotype analysis identified the IL-1B+3954-IL-1B-511 haplotype as the one having the lowest p-value in the region. In view of this preliminary results, we decided to further investigate the role of IL-1 cluster genes in the pathogenesis of generalized AgP. In particular, we were aware that the main limitations of our previous studies were the small number of the genetic variants investigated and the limited size of the study population. Thus, for the present study, these two constrains have been settled by implementing the study cohort as well as by covering the chromosomal region of interest with an adequate number of single nucleotide polymorphisms (SNPs). MATERIALS AND METHODS Study Population A total of 95 generalized AgP patients (29 males and 66 females, mean age 43.4 ± 7.7) were recruited among those seeking care for periodontal treatment at two different University centers: the Research Center for the Study of Periodontal Diseases, University of Ferrara (56 subjects) and the Department of Odontostomatological, Orthodontic and Surgical Disciplines, Second University of Naples, (39 subjects). Patients were enrolled for genetic genotyping only if they fulfilled the criteria for a clinical diagnosis of generalized AgP at the time of the first (initial) examination according to AAP World Workshop definition. 121 systemically healthy individuals, (60 males and 61 females, mean age 30.1 ± 4,7), were recruited as controls. They were selected if they showed no interproximal attachment loss greater than 2 mm at any of the fully erupted teeth. All subjects enrolled for the study were unrelated Caucasian Italian and chosen among current and permanent residents of Ferrara and Naples areas, respectively. Written informed consent was provided by all participants before study inclusion. The study protocol was approved by the respective local ethical committees. Genotyping Genomic DNA was extracted from peripheral blood leukocyte using the QIAamp blood Kit (QIAGEN Inc., Germany) or a standard proteinase K digestion and phenol/chloroform extraction method. A minimum of 1g of genomic DNA (diluted in 0,2x TE buffer at 10 ng per microliter) from patients and controls was arrayed on 96-well plates and DNA concentrations were determined by fluorescence measurement with molecular probes (Invitrogen, Molecular Probes, USA). For each of the 216 samples of DNA extracted, the genotyping of the 70 polymorphisms selected was realized on Sequenom MassARRAY® platform (Sequenom, San Diego, CA), using protocol iPLEXTM. Statistical analysis A c2 test (p>0.05) was used to assess that the genotype distributions of the polymorphisms fulfilled the criteria of Hardy–Weinberg equilibrium (HWE). The analysis of the potential association between the candidate genes/regions and AgP, in the two samples considered, was verified through the application of the following specific statistical programs: The PLINK software [version 1.00] (http://pngu.mgh.harvard.edu/~purcell/plink/) was used to compare the allele counts in cases and controls by Fisher’s exact test and to calculate odds ratios (OR) with 95% confidence intervals. PLINK was also used to test for population stratification and for allelic heterogeneity between the two subgroups of subjects (from Ferrara and Naples area). From population genotype data, haplotypes were reconstructed by using PLINK toolset which implements a Expectation Maximization (EM) algorithm and performs the sliding window haplotype association analysis by the Chi square test. The CHROMSCAN program (http://cedar.genetics.soton.ac.uk/pub/PROGRAMS), was used to construct a LD map in Linkage Disequilibrium Units (LDUs) which has additive distances and locations monotonic with physical and genetic maps. The level of significance was chosen as P<0.05. When necessary, P values were subject to Bonferroni’s correction for multiple comparisons. RESULTS Control for Hardy-Weinberg Equilibrium After quality control, among the 70 markers selected, eight polymorphisms were excluded from further analysis because two SNPs were found to be monomorphic and six markers had a call rate less than 20%. Among the remaining sixty-two SNPs successfully characterized, three markers in the sample of affected subjects and four SNPs in the group of controls showed significant deviation from HWE. These latter SNPs were excluded from the subsequent analyses. Test for population stratification Based on the whole genome SNPs data, the 216x216 matrix of the pairwise identity-by-state (IBS) genetic distances was constructed using PLINK and used for Multidimensional Scaling (MDS). Through MDS, it was possible to obtain a graph where each point represented an individual and the two axes generated an image of the data reduced in two dimensions. The uniform distribution of points on the graph clearly indicated the absence of heterogeneity between the two subpopulations. To further check for homogeneity among populations, the Cochran-Mantel-Haenszel (CMH) test for stratified samples was also performed. At the CMH test, the most heterogeneous marker observed was the rs895497 variant which resulted not significant different in the two populations [c2 [CMH] = 2.1, p-value=0.146, OR[CMH] = 1.4 (95%CI 0.90-2.08)]. From these tests it was possible to assume that the two subpopulations sampled, Ferrara and Naples, were nearly genetically homogeneous for the investigated chromosomal region and, therefore, in the subsequent analyses, could be considered as a single group divided into cases and controls. Single-point analysis From all allelic and genotypic tests, a significant level less than 5% was found only for genotypic distribution of rs6751201 polymorphism, which maps in the tenth intron of the SEC7 homolog gene (p-value=0,025). However, this association did not hold the statistical significance after Bonferroni correction. LD structure of 2q13-14 region From the CHROMSCAN program, an LD map of the region 2q13–14 under the Malécot model for multiple markers was constructed. The coverage choice for each LDU was of four SNPs, with a mean distance between SNPs of 15.75 ± 11 Kb. The block-step structure of the candidate region was built by plotting, on the kb distances, the LDU locations obtained from: a) HapMap public data from Caucasian population, b) the entire Italian dataset, c) unaffected Italian subjects and d) AgP patients. LD maps showed very similar profiles and a close correspondence was found between the four LD maps. The chromosomal structure of the 2q13- 14 region obtained from Italian Caucasian data, that shows a total length of 16 LDUs, confirmes the profile obtained from the HapMap database. Haplotypic reconstruction On the basis of the "block-step" pattern obtained both from the LD map and from pairwise analysis, the 58 polymorphisms used have been subdivided in four regions grouping 15 (blocks 1 to 4), 10 (Blocks 5 to 8), 13 (Blocks 9 to 13) and 16 (Blocks 14 to 17) SNPs respectively. Within each region, the haplotypes have been reconstructed using the Expectation-Maximization algorithm implemented in PLINK software by means of sliding windows of size three and six (shifting 1 SNP at a time). Haplotype distributions were compared in cases and controls to test for haplotypic association with AgP. None of the possible inferred haplotypes showed a significant association with AgP at the global test. Inferred haplotypes, which contained the gene variants mapping within IL1F6 and IL1F8 (region 1, block 4, SNPs: rs879711, rs895497, rs2305150, rs1562302), demonstrated a significant or borderline association with disease (pvalues ranging from 0.028 to 0.058) both using 3 and 6 windows. Combined haplotypes consisting of SNPs mapping within IL1B (SNPs: rs3917368, rs1143634, rs1143627, rs16944) demonstrated only a very weak association with disease (p-values: 0.046 and 0.053) only for windows of size six. No significant association was found in the region where IL1A and IL1RN map. CONCLUSIONS In conclusion, within the limitation of the present study, our findings failed to support the existence of a causative variant for generalized AgP within the candidate region, where IL-1A, IL-1B and IL1RN genes reside, in an Italian Caucasian population.
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Condorelli, Angelo Giuseppe. "Basi molecolari della differente risposta delle cellule alpha e beta del pancreas di mammifero all apoptosi mediata da citochine: implicazioni patogenetiche nel Diabete Mellito." Doctoral thesis, Università di Catania, 2015. http://hdl.handle.net/10761/1683.

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Abstract:
L apoptosi è considerata la forma principale di morte delle beta cellule pancreatiche produttrici di insulina nel Diabete mellito di tipo 1 (T1DM) e di tipo 2 (T2DM). Nel T1DM, la forma autoimmune della patologia, l apoptosi è il risultato di una complessa cascata di eventi che inizia con l esposizione delle beta cellule pancreatiche a molecole citotossiche espresse o secrete dalle cellule del sistema immunitario ed infiltranti l isola del Langerhans nel corso dell insulite; tra le citochine pro-infiammatorie l IL-1b, l IFNg ed il TNFa rappresentano i principali effettori degli eventi descritti. E interessante notare come l azione deleteria delle citochine sia specificatamente rivolta alle cellule beta pancreatiche, mentre le cellule alpha risultano più resistenti ai loro effetti citotossici. Sebbene le pathways proapoptotiche innescate dalle citochine nelle beta cellule siano state ampiamente (anche se non completamente descritte), i meccanismi molecolari alla base della risposta differenziale dei due tipi cellulari erano quasi del tutto inesplorati. Mediante un approccio sperimentale di tipo sistemico, per la prima volta abbiamo indagato il profilo di espressione e la funzione biologica di microRNA e geni codificanti per proteine in cellule aTC1-6 e bTC1 trattate con citochine proinfiammatorie, un sistema modello che mima in vitro lo stato infiammatorio cronico del Diabete Mellito. Scopo di questo lavoro è stato: (i) descrivere i meccanismi molecolari responsabili della resistenza delle cellule alpha pancreatiche e della suscettibilità della controparte beta cellulare all apoptosi indotta dalle citochine pro-infiammatorie (IL-1b, IFNg e TNFa); (ii) identificare nuovi marcatori beta cellulari di disfunzione. L analisi dell espressione genica differenziale nelle due linee cellulari in condizioni fisiologiche (steady state) e dopo trattamento con citochine ci ha permesso di caratterizzare il ruolo dei microRNA 296-3p e 298-5p nella resistenza all apoptosi citochino-mediata delle cellule aTC1-6 [Barbagallo D, Piro S, Condorelli AG et al. miR-296-3p, miR-298-5p and their downstream networks are causally involved in the higher resistance of mammalian pancreatic alpha cells to cytokine-induced apoptosis as compared to beta cells. BMC Genomics, 2013] e del fattore trascrizionale C/EBPa nell apoptosi delle cellule bTC1 [Barbagallo D, Condorelli AG, Piro S et al. CEBPA exerts a specific and biologically important proapoptotic role in pancreatic beta cells through its downstream network targets. Mol Biol Cell, 2014].
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MAIDA, Carlo Domenico. "VALUTAZIONE DEI MARKERS INFIAMMATORI E DEGLI INDICI DI DISFUNZIONE ENDOTELIALE IN UNA POPOLAZIONE DI PAZIENTI CON FIBRILLAZIONE ATRIALE PERMANENTE CON E SENZA CARDIOPATIA ORGANICA." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2022. https://hdl.handle.net/10447/554873.

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Abstract:
Negli ultimi anni un numero crescente di studi ha sostenuto il ruolo dell'infiammazione nell'inizio, nel mantenimento e nell'outcome della fibrillazione atriale (FA). Tuttavia, nonostante una grande quantità di informazioni, è ancora oggetto di discussione se la fibrillazione atriale o la cardiopatia strutturale sottostante (SHD) sia la causa del processo infiammatorio. Abbiamo quindi cercato di determinare se il processo infiammatorio riflette una malattia sottostante o l'aritmia "di per sé". Pertanto abbiamo valutato i livelli plasmatici del recettore alfa solubile dell'interleuchina 2 (sIL-2Rα), TNF-α e IL-18 in una coorte di 100 pazienti con FA permanente arruolati consecutivamente (43 con SHD e 57 senza SHD) e confrontati con 121 controlli in ritmo sinusale normale corrispondenti per età e sesso. Abbiamo anche valutato la funzione endoteliale in entrambi i gruppi di pazienti utilizzando i valori dell'indice di iperemia reattiva (RHI) misurati con la metodica Endo-PAT2000. Rispetto ai controlli, i pazienti con FA hanno mostrato livelli circolanti più elevati di marcatori infiammatori e un valore medio inferiore di RHI. All'analisi di regressione logistica multipla, i marker infiammatori e l'RHI erano significativamente associati alla presenza di FA, mentre l'analisi della curva ROC mostrava una buona sensibilità e specificità nelle variabili infiammatorie e RHI per la presenza di FA. Nessuna associazione significativa è stata osservata nel gruppo di pazienti con FA permanente, tra i marker infiammatori e la presenza di una SHD sottostante. Questi risultati potrebbero aiutare a chiarire il ruolo dell'infiammazione nei soggetti con FA e suggeriscono che i marcatori dell'infiammazione sistemica non sono associati alla malattia cardiovascolare sottostante, piuttosto alla fibrillazione atriale "di per sé".
In recent years a growing body of evidence supported the role of inflammation in the initiation, maintenance and outcome of atrial fibrillation (AF). Nevertheless, despite a large amount of information, whether AF or the underlying structural heart disease (SHD) is the cause of the inflammatory process is still under debate. We, therefore, sought to determine if the inflammatory process reflect an underlying disease or the arrhythmia ‘per se’. We evaluated plasma levels of soluble Interleukin 2 Receptor Alpha (sIL-2Rα), TNF-α and IL-18 in 100 consecutive patients with permanent AF, (43 with a SHD and 57 without a SHD) compared to 121 age and sex- matched controls which had normal sinus rhythm. We also evaluated the endothelial function in both groups of patients using reactive hyperemia index (RHI) values measured by Endo-PAT2000. Compared to controls, AF patients showed higher circulating levels of inflammatory markers and a lower mean value of RHI. At multiple logistic regression analysis, the inflammatory markers and RHI were significantly associated with AF presence, whereas ROC curve analysis had good sensitivity and specificity in inflammatory variables and RHI for AF presence. No significant association was observed in the group of permanent AF patients, between inflammatory markers and the presence of an underlying SHD. These findings could help to clarify the role of inflammation in subjects with AF and suggest that the markers of systemic inflammation are not associated with the underlying cardiovascular disease, rather with the atrial fibrillation ‘per se’.
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Vocca, L. "ASMA BRONCHIALE E RINITE ALLERGICA: RUOLO DEL RECETTORE ST2 SUI LINFOCITI T HELPER 2." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2014. http://hdl.handle.net/2434/229431.

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Abstract:
Asma bronchiale e rinite allergica: ruolo del recettore ST2 sui linfociti T helper 2 Introduzione: Secondo recenti ricerche i linfociti T helper 2 (Th2) sono coinvolti nello stato infiammatorio cronico associato all'asma bronchiale e alla rinite allergica (1). Un ruolo importante nella patogenesi è stato attribuito alla produzione epiteliale di alcune nuove citochine, come l’IL-17A e l’IL-33 con il suo peculiare recettore ST2 espresso selettivamente sulle cellule Th2 (2,3). L’IL-17A e l’IL-33 sono implicate nell’indurre l’infiammazione Th2 dipendente della mucosa bronchiale e nasale innescando la produzione di altre citochine infiammatorie tra cui l’IL-31(4). Materiali e Metodi: Campioni di plasma sono stati raccolti da pazienti con rinite allergica, da pazienti con comorbidità asma/rinite e da soggetti controllo, reclutati per lo studio in seguito ad anamnesi fisiopatologica, intervista preliminare, spirometria e Prick Test. Le concentrazioni plasmatiche dell’IL-31, dell’IL-33 e dell’IL-17A sono state misurate con dosaggio ELISA. Inoltre, l’IL-17A, l’IL-31 e il recettore ST2 sono stati acquisiti e valutati mediante analisi al citofluorimetro sui PBMC isolati dal sangue periferico di alcuni dei suddetti pazienti. Infine, si è proceduto alla valutazione dell’attività in vitro di uno steroide, il Beclometasone Dipropionato (BDP) (10−8M e 10−7M), sull’espressione delle citochine intracellulari IL-17A e IL-31 in associazione con il recettore ST2 in colture di PBMCs. Risultati: È stato osservato che i livelli plasmatici di IL-17A, IL-31 e IL-33 sono aumentati in maniera statisticamente significativa sia nei pazienti con rinite allergica che nei pazienti con comorbidità asma/rinite rispetto ai controlli. I dati ottenuti dall'analisi al citofluorimetro hanno rivelato incrementi statisticamente significativi di espressione delle citochine intracellulari IL-17A e IL-31 in ognuno dei gruppi di pazienti allergici rispetto al gruppo controllo. Allo stesso tempo, i livelli di espressione del recettore ST2 sulle cellule degli stessi pazienti sono risultati considerevolmente più bassi rispetto ai controlli. Infine, è stato osservato che il BDP riduce significativamente i livelli intracellulari di IL-17A e di IL-31 nei PBMCs di questi pazienti in confronto alla baseline e che, per quanto riguarda invece l’espressione del recettore ST2 sulla membrana delle cellule T, è stato riscontrato un aumento dose-dipendente, che diventa significativo alla concentrazione di BDP 10-7M. Conclusioni: In base ai dati sperimentali ottenuti, si è potuto quindi concludere che esiste una correlazione tra l’aumento di IL-17A, l’attivazione dell’asse IL-33/ST2 e l’incremento di IL-31 nell’asma bronchiale e nella rinite allergica e che queste tre nuove citochine potrebbero quindi rappresentare dei validi biomarcatori valutabili per la patogenesi e per la diagnosi di asma e rinite. Infine, i risultati di questo studio hanno supportato il potenziale approccio terapeutico mediante l’impiego di BDP nel controllo dell’infiammazione locale e sistemica, generata dalla risposta immunitaria Th2- e Th17-mediata, in pazienti con malattie infiammatorie allergiche delle vie aeree. 1. Saenz SA et al. IL25 elicits a multipotent progenitor cell population that promotes T(H)2 cytikine responses. Nature. 2010;464(7293):1362-6. 2. Glück J. et al. Serum IL-33 but not ST2 level is elevated in intermittent allergic rhinitis and is a marker of the disease severity. Inflamm. Res. 2012;61:547-550. 3. Kamekura R. et al. The role of IL-33 and its receptor ST2 in human nasal epithelium with allergic rhinitis. Clin. Exp.Allergy. 2012;42(2):218-228. 4. Okano M. et al. Characterization of pollen antigen-induced IL-31 production by PBMCs in patients with allergic rhinitis. JACI. 2010;127(1):277-9.
Bronchial Asthma and Allergic Rhinitis: Role of ST2 receptor on T helper 2 lymphocytes. Introduction: T helper 2 (Th2) lymphocytes play an important role in the chronic inflammatory process concerning bronchial asthma and allergic rhinitis (1), regulating the production of some new cytokines, IL-17A and IL-33 with ST2 receptor, selectively expressed on the Th2 cells surface (2, 3), by the airway epithelium. IL-17A and IL-33 are involved in the Th2 cells-mediate induction of the bronchial and nasal mucosa inflammation, triggering the production of more inflammatory cytokines, including IL-31 (4). Materials and Methods: Plasma samples from allergic rhinitis, both asthma and rhinitis patients and control subjects were collected. These subjects were recruited for this study following pathophysiological history, preliminary interview, spirometry and Prick Test. Plasma concentrations of IL-31, IL-33 and IL-17A were measured by ELISA. Also, IL-17A, IL-31 and ST2 receptor were evaluated by flow cytometric analysis on peripheral blood mononuclear cells (PBMC) of some of these patients. After all, the in vitro activity of a steroidal drug, Beclomethasone Dipropionate (BDP) (10−8M e 10−7M), was evaluated on the intracellular cytokines IL-17A and IL-31 expression, together with ST2 receptor levels in PBMCs cultures. Results: IL-17A, IL-31 e IL-33 plasma levels were significantly higher in patients with allergic rhinitis and in those with both asthma and rhinitis than in control subjects. Flow cytometer data show that the expression of the intracellular cytokines IL-31 and IL-17A were increased in all patients categories compared to controls. At the same time, ST2 receptor expression levels, on T cells surface of these same patients, were significantly lower than those in control subjects. Finally, has been observed that BDP substantially decreases intracellular levels of IL-17A and IL-31 cytokines in PBMCs of these patients compared to baseline. Rather, the ST2 receptor surface expression was increased in a dose-dependent manner and, significantly, at BDP concentration 10-7M. Conclusions: In the present study, the experimental data suggest that there is a correlation between higher levels of IL-17A, activation of IL-33/ST2 axis and increased concentration of IL-31 in bronchial asthma and allergic rhinitis and that these three new cytokines could therefore represent valid biomarkers evaluable in the pathogenesis and diagnosis of both diseases. At last, the results of this study supported the potential therapeutic approach by BDP in local and systemic inflammation control, of Th2 and Th17 immune response, in patients with inflammatory diseases of allergic airways. 1. Saenz S.A. et al. IL25 elicits a multipotent progenitor cell population that promotes T(H)2 cytokine responses. Nature. 2010;464(7293):1362-6. 2. Glück J. et al. Serum IL-33 but not ST2 level is elevated in intermittent allergic rhinitis and is a marker of the disease severity. Inflamm. Res. 2012;61:547-550. 3. Kamekura R. et al. The role of IL-33 and its receptor ST2 in human nasal epithelium with allergic rhinitis. Clin. Exp.Allergy. 2012;42(2):218-228. 4. Okano M. et al. Characterization of pollen antigen-induced IL-31 production by PBMCs in patients with allergic rhinitis. JACI. 2010;127(1):277-9.
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Angelica, Rosario. "Struttura genomica ed analisi del trascrittoma dei geni parp nelle cellule alfa e beta del pancreas di mammifero a steady state e dopo trattamento con citochine." Doctoral thesis, Università di Catania, 2012. http://hdl.handle.net/10761/1014.

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Abstract:
La poli(ADP-ribosilazione) è una modifica post-traduzionale del proteoma, che svolge un ruolo importante nell ambito di diverse funzioni cellulari (e.g., la regolazione della struttura della cromatina a steady state e durante lo sviluppo ed il differenziamento, la modulazione della espressione genica, i meccanismi di riparazione del DNA, l attivazione e la regolazione del processo apoptotico, la necrosi). La reazione è catalizzata dalle proteine PARP [Poly(ADP-ribose)Polymerases], una famiglia di enzimi che catalizzano l aggiunta di polimeri di poli(ADP-ribosio) alle proteine bersaglio, le cui attività molecolari e funzioni biologiche vengono di conseguenza modulate. Nell ambito di questo progetto di ricerca, abbiamo determinato la struttura genomica dei geni della famiglia PARP in Homo sapiens e in Mus musculus ed abbiamo analizzato la loro espressione in cellule alfa e beta del pancreas di topo, sia a steady state che dopo trattamento con citochine con la conseguente induzione di apoptosi: secondo un consenso generale, questo modello sperimentale consente di riprodurre in vitro alcuni dei fenomeni che sono correlati all insorgenza del Diabete Mellito (DM). I nostri risultati dimostrano una notevole attivazione della espressione di diverse PARP, soprattutto nelle cellule beta, e suggeriscono quindi un loro possibile ruolo nella patogenesi del DM. Per converso, questi stessi dati dovrebbero consentire anche una ulteriore definizione delle funzioni biologiche e del ruolo fisiologico di queste proteine, Infine, questi dati suggeriscono il possibile utilizzo di inibitori delle PARP per applicazioni di Medicina Traslazionale al trattamento clinico del Diabete Mellito.
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ALMERIGHI, CRISTIANA. "Ruolo immunomodulatorio della 1,25(OH)2D3 con particolare attenzione ai pazienti affetti da epatopatia HCV-positiva." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2009. http://hdl.handle.net/2108/1095.

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Abstract:
Introduzione. La forma attiva della vitamina D3, 1,25(OH)2D3, oltre alla classica funzione sulla mineralizzazione ossea svolge un’azione immunomodulatoria indirettamente dimostrata dalla presenza del recettore della Vitamina D (Vitamin D receptor, VDR) nel timo umano e nei leucociti periferici e dai disordini immunitari in animali e pazienti con deficit di vitamina D. 1,25(OH)2D3 produce: 1) Inibizione della maturazione delle CD attraverso un meccanismo VDR-dipendente; 2) Riduzione dell’espressione delle MHC di classe II, di CD80, CD86, CD40, CD1a e CD83; 3) Potente inibizione delle risposte di tipo Th1; 4) Emergenza di un predominante fenotipo Th2; 5) Inibizione produzione di IFN-g; 6) Inibizione di produzione di immunoglobuline IgM e IgG. Scopo dello studio. Sulla base di queste premesse si è concretizzato il progetto di ricerca sulla 1,25(OH)2D3 che si è svolto seguendo tappe successive: Parte prima. Effetto della 1,25(OH)2D3 sulla funzione dei monociti di soggetti sani, in particolare sulla capacità di inibire l’attività pro-infiammatoria CD40L-mediata. Parte seconda. Effetto della 1,25(OH)2D3 sulla capacità proliferativa e sulla produzione di citochine da parte dei linfociti di soggetti trapiantati per cirrosi epatica HCV-positiva. Parte terza. Studio degli effetti clinici prodotti dalla supplementazione con 1,25(OH)2D3 in soggetti affetti da epatopatia cronica da virus C. Materiali e metodi. Pazienti. Parte prima. Dodici donatori sono stati inclusi nello studio. Parte seconda. Sedici pazienti trapiantati per cirrosi da virus C fra il 1995 e il 2004 presso il nostro Centro e 10 controlli sani sono stati arruolati nello studio. Parte terza. Sette pazienti di cui sei affette da epatite cronica da virus C e una con ricorrenza di malattia da virus C dopo trapianto di fegato sono state incluse nello studio. Cellule. Le cellule mononucleate da sangue periferico (PBMC) sono state separate mediante centrifugazione su gradiente di densità. I monocito-macrofagi sono stati successivamente purificati mediante centrifugazione contro-corrente. Le cellule T sono state isolate dalle PBMC attraverso un processo di selezione negativa usando biglie magnetiche. Le cellule sono state coltivate in RPMI con aggiunta di 1,25(OH)2D3 a concentrazioni comprese fra 0.001 e 10nM. Per la stimolazione è stato utilizzato CD40L trimerico solubile ricombinante, la PHA, il CD3/CD28 e la PMA/IO per gli esprimenti di citofluorimetria. La produzione intracellulare di citochine e l’espressione di membrana di CD3, CD4,CD40, CD86 e CD80 sono state valutate al citofluorimetro (FACS). Risultati. Parte prima. 1,25(OH)2D3 inibisce la risposta citochinica dei monociti CD40L-attivati, inibisce la produzione di TNF-α e IL-1β, riduce l’espressione delle molecole di superficie, nterferisce con l’abilità da parte del CD40L di indurre funzioni di costimolo. Parte seconda. 1,25(OH)2D3 inibisce la proliferazione linfocitaria T in modo dose-dipendente e la duzione di IFN-g e TNF-α nei pazienti trapiantati. Non sono state trovate correlazioni significative fra i livelli sierici di 25(OH)D e la risposta proliferativa T cellulare o la produzione citochinica PMA/IO indotta. Parte terza. La supplemetazione con 1,25(OH)2D3 produce una significativa riduzione dell’IFN-γ plasmatico nelle pazienti HCV positive. Discussione. 1,25(OH)2D3 esplica un’azione immunomodulante di alcune importanti vie di attivazione immunitaria. Gli effetti sono dose-dipendenti. 1,25(OH)2D3 produce effetti nei linfociti T di pazienti trapiantati per cirrosi epatica da virus C. Questi effetti sono simili a quelli ottenuti nei controlli. I risultati preliminari ottenuti mediante supplementazione con 1,25(OH)2D3 nei pazienti HCV-positivi hanno mostrato alcuni dati incoraggianti.
Background. In addition to the classical mineralizing action, the active form of Vitamin D3, 1,25(OH)2D3, has also an immunomodulatory function, as suggested by the presence of Vitamin D receptor (VDR)in human thymus and in peripheral leukocytes, and by the immune disorders in subjects with Vitamin D defects. 1,25(OH)2D3 leads to: 1) Inibition of dendritic cell maturation; 2) Reduction of the expression of MHC class II molecules, CD80, CD86, CD40, CD1a and CD83; 3) Powerful inhibition of type Th1 responses; 4) Predominance of Th2 phenotype; 5) Inhibition of IFN-g production; 6) Inhibition of IgM and IgG production. Aims. To study: First: the effect of 1,25(OH)2D3 on monocyte function, in particular on the inhibitory function on CD40L-mediated pro-inflammatory activity. Second: The effect of 1,25(OH)2D3 on proliferation and cytokine production of lymphocytes from HCV-positive transplanted patients. Third: The clinical effects of 1,25(OH)2D3 supplementation in HCV-positive chronic hepatopathic patients. Material and methods. Peripheral blood mononuclear cells were obtained by centrifugation over Ficoll-Hypaque density gradient solution. The effect of VitD3 to affect the ability of CD40L to induce tumour necrosis factor (TNF)-α, and interleukin (IL)-1b production and to up-modulate surface expression of CD40, CD80 and CD86 was evaluated in three days old monocyte. Also, the effect of VitD3 to down-regulate the co-stimulatory activity of CD40L-stimulated monocytes was studied in T lymphocytes stimulated by immobilized anti-CD3. Surface markers expression and cytokine production was evaluated by FACS. To assess proliferation, T lymphocytes were stimulated with phytohemagglutinin (PHA) in the presence or absence of vitD3 and pulsed at day 4 with 3H-thymidine for 18 hours. The effect of vitD3 on intracellular interferon (IFN)-g, tumour necrosis factor (TNF)-α production was evaluated by FACS in T lymphocytes after either phorbol 12-myristate 13-acetate (PMA)/Ionomicin stimulation. Results and Conclusions. 1,25(OH)2D3 exherts modulatory effects on important immune activation pathways. These effects are dose-dependent. 1,25(OH)2D3 has immunomodulatory effects on T-lymphocytes of patients transplanted for HCV-positive liver cirrosis. These effects are similar in patients and controls. Preliminary data on 1,25(OH)2D3 supplementation in HCV-positive patients have shown encouraging results.
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Rossi, Melissa. "Realizzazione di un protocollo di coltura in vitro di tessuto endometriale equino e studio dell'espressione di geni correlati alla produzione di citochine infiammatorie dopo co-coltura dei campioni con due diverse dosi di cellule staminali mesenchimali." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2017. http://hdl.handle.net/11577/3426786.

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Abstract:
Despite the presence of an intense research in the field of the equine reproduction over recent decades, there has been no significant increase in the population's fertility. To date, few therapeutic protocols are available for the treatment of equine reproductive disorders because of the peculiarities of species but also for the ethical, clinical and economical reasons adressed to the in vivo tests. An easily obtainable sample for performing reliable in vitro tests is the endometrial biopsy; however, the lack of studies regarding the maintenance of the vitality for this sample is still an obstacle. For this purpose, the first aim of the present work has been the creation of a protocol for the culture of equine endometrial biopsies; moreover, we assessed the survival of two different kind of biopsy (incisional and excisional) by the estimation of mitochondrial activity, DNA quantity and the histology of the samples at 3 and 7 days of in vitro culture at 37°C and 5% CO2. Results show that incisional biopsies maintain an adequate level of vitality up to 3 days, representing a valid sample to be used for in vitro testing. In addition, the method allows the evaluation of innovative therapies such as mesenchymal stem cells (MSCs). MSCs have been shown to support tissue regeneration and to modulate inflammatory processes. For these reasons, MSCs could be used in equine endometritis and/or endometrosis, inflammatory-based pathologies that represent one of the major reproductive diseases for horse because of reducing the fertility of the animal and increasing costs for breeders. However, further insights are needed to improve the knowledge about their mechanism of action and their practical use. On the light of that, the second aim of this project has been the evaluation of the expression of genes related to the production of inflammatory cytokines after co-culture for 3 days of incisional endometrial biopsies with two different doses of adipose derived stem cells (ADSCs) (1x10^5 and 3 x 10^5 cells). The preliminary results allow us to hypothesize that the presence of ADSCs modifies the expression of genes involved in the production of cytokines with an immunomodulatory effect and possible activation of anti-bacterial and anti-fibrotic mechanisms that could be the starting point for the restoration of damaged endometrium. In addition, for some cytokines this immunomodulatory effect seems to be dose-dependent and deserves further studies.
Negli ultimi decenni, nonostante si sia registrata un'intensa attività di ricerca nell'ambito della riproduzione equina, non si è verificato un significativo aumento della fertilità della popolazione. A oggi, le terapie disponibili per il trattamento di patologie della sfera riproduttiva sono limitate a pochi protocolli sia per le peculiarità di specie ma soprattutto per le difficoltà etiche, cliniche ed economiche che si devono affrontare per la sperimentazione di nuovi trattamenti in vivo. Un campione facilmente reperibile per eseguire tests da utilizzare in ambito riproduttivo è la biopsia endometriale; tuttavia, la mancanza di studi riguardanti il mantenimento della vitalità di questo tipo di campione quando coltivato in vitro rappresenta ancora un ostacolo. A questo scopo, il presente lavoro si è posto come primo obiettivo l’ideazione di un protocollo di coltura di tessuto endometriale equino e la valutazione della sopravvivenza di due diversi tipi di biopsia endometriale (incisionale ed escissionale) mediante stima dell'attività mitocondriale, della quantità di DNA e dell'aspetto istologico del campione a 3 e 7 giorni di coltura in vitro a 37°C e 5% CO2. I risultati dimostrano che con il protocollo testato le biopsie incisionali mantengono un livello adeguato di vitalità fino ai 3 giorni rappresentando un campione valido da utilizzare per prove in vitro. Inoltre, la metodica consente la valutazione di innovativi fronti terapeutici come quello delle cellule staminali mesenchimali (MSCs). Tali cellule si sono dimostrate capaci di favorire la rigenerazione tissutale e modulare i processi infiammatori. In quest’ottica le MSCs potrebbero trovare impiego nella terapia di cavalle affette da endometrite e/o endometriosi, patologie su base infiammatoria che rappresentano uno dei principali problemi in ambito riproduttivo andando a ridurre la fertilità dell'animale e ad aumentare i costi per gli allevatori. Tuttavia, le conoscenze riguardanti il loro meccanismo d'azione e il loro impiego pratico richiede ulteriori approfondimenti. A tal scopo, la seconda parte di questo progetto ha valutato l'espressione di geni correlati alla produzione di citochine infiammatorie dopo co-coltura per 3 giorni di biopsie incisionali endometriali con due diverse dosi di cellule staminali equine di origine adiposa (ADSCs) (1x10^5 e 3 x 10^5 cellule). I risultati, seppur preliminari, permettono di ipotizzare che la presenza delle ADSCs modifichi l'espressione di geni coinvolti nella produzione di citochine con effetto finale immunomodulante e con possibile attivazione di meccanismi anti-batterici e anti-fibrotici che potrebbero essere alla base del ripristino della funzionalità endometriale. Inoltre, per alcune citochine questo effetto immunomodulatorio sembra essere dose-dipendente e merita ulteriori approfondimenti.
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GUBBIOTTI, ALESSANDRA. "Ricerche sulle conseguenze degli stati infiammatori nel periparto. Effetti a livello dell'ingestione di alimenti, delle riserve corporee, della produzione quanti-qualitativa di latte e dell'efficienza alimentare." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2008. http://hdl.handle.net/10280/271.

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Abstract:
L'ampia letteratura sul periodo di transizione delle bovine richiama sempre più ai rapporti negativi fra problemi di salute e performance delle bovine. Dimostrazioni sempre più numerose confermano l'instaurarsi, soprattutto nel primo mese di lattazione, di una condizione di “stress da malattia”, non sempre associata a manifestazioni cliniche, ma con le stesse conseguenze: i fenomeni infiammatori. I principali obiettivi dei nostri studi, sono stati quelli di meglio caratterizzare gli stati infiammatori puntando l'attenzione su due aspetti: 1°) le cause di variazione della risposta infiammatoria alla infezione microbica e i suoi rapporti con la produzione di latte, 2°) le conseguenze che i fenomeni infiammatori hanno a livello di ingestione degli alimenti, delle riserve corporee, della produzione quanti-qualitativa e quindi dell'efficienza alimentare. relativamente al primo aspetto, nelle bovine sottoposte ad analoga infezione si è osservata una risposta infiammatoria di intensità diversa e che pare in buona relazione con precedenti fenomeni infiammatori in atto o pregressi; inoltre la risposta più intensa ha portato ad un maggior calo produttivo. Le conseguenze sulla efficienza energetica sono state studiate comparando due gruppi di bovine caratterizzate da minori (Lo-lfi) o maggiori (UP-lfi) valori di un indice di funzionalità epatica (lfi). Da ciò è emerso che, nel primo mese di lattazione, specie dopo avvenuta correzione per l'energia mobilizzata delle riserve corporee, l'efficienza è minore nei soggetti con basso lfi per il probabile aumento dei costi del sistema immunitario, aumento che pare prolungarsi ben oltre il fenomeno infiammatorio.
The extensive literature on transition period of the cows suggests the growing frequency of negative relationship between health problems and performance. Many evidences confirm during the first month of lactation, the presence of a particular condition named “stress disease”, which is not always associated to clinical symptoms but has the same consequences: the inflammatory processes. The principal objective of this study was to better characterize the inflammatory processes with particular attention to: 1) cause of the changes in inflammatory response to a bacterial infection and its relationship with the milk production, 2) consequences of the inflammatory processes on feed intake, body reserves, quantity and quality of milk production and then on feed efficiency. relatively to the first, we have observed a different intensity of the inflammatory response (in bovine submitted at the same infection), and this response seems correlated to previous inflammatory processes, probably not resolved; moreover, the higher intensity in the inflammations response can be responsible of the milk production decline. The consequences on feed efficiency have been studied through the comparison between two groups of cows characterized by higher (up-lfi) or low (lo-lfi) values of the liver functionality index; from that was demonstrated that during the first month of lactation, the cows with low lfi had lower efficiency values, probably caused increased charge of the immunitary system and prolonged beyond the inflammatory status itself.
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SINISTRO, ANNA. "Meccanismi di immunosoppressione in corso di sepsi: ruolo del sistema monocito-macrofagico." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2008. http://hdl.handle.net/2108/403.

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Abstract:
Introduzione. Durante le fasi avanzate della sepsi è presente uno stato di immunosoppressione caratterizzato da alterazione della funzionalità sia dei macrofagi che dei linfociti. Di fatto, la principale causa di morte nei pazienti settici non è l'insufficienza d’organo multisistemica, associata a shock quanto piuttosto le conseguenze dello sviluppo incontrollato di infezioni secondarie di tipo “opportunistico”. Nelle sepsi da batteri Gram-negativi il lipopolisaccaride (LPS) batterico svolge un ruolo chiave nel determinare questa disfunzione immunitaria. A questo riguardo, il nostro Gruppo di Ricerca ha recentemente dimostrato che LPS è in grado di interferire con la produzione di l'interleuchina 12 (IL-12) e del fattore di necrosi tumorale (TNF-α) e con l'espressione di molecole co-stimolatorie (CD40, CD80 e CD86) indotte daCD40L. L'interazione tra il CD40L, espresso dai linfociti T attivati ed il CD40, un recettore presente sulla membrana dei monocito-macrofagi, determina un’attivazione delle cellule monocito-macrofagiche che si concretizza nella produzione di citochine (IL-12 e TNF-α), nell'aumento di espressione di molecole costimolatorie (CD40, CD80, CD86) ed, in ultima analisi, nel corretto sviluppo della risposta immune umorale e cellulare. Alterazioni, congenite o acquisite del meccanismo di attivazione macrofagico mediato dal CD40L si riflettono in stati di grave immunosoppressione. L'obiettivo di questa ricerca è di verificare se nei pazienti settici si verifichi una alterazione della capacità dei monocito-macrofagi di rispondere all'attivazione con CD40L. Materiali e metodi Pazienti. Sono stati arruolati 20 pazienti con sepsi e 15 controlli sani paragonabili per età e sesso. Criteri di inclusione: evidenza microbiologica di infezione presenza di SIRS e almeno due dei seguenti segni di disfunzione d’organo: pressione arteriosa sistolica <90mmHg o pressione arteriosa media <70 mmHg, stabilizzabile mediante fluido-terapia; diuresi <0.5mL/kg/ora; PaO2/FiO2<250, conta piastrinica <80,000/μL; pH <7,30 o deficit di basi >5,0 mEq/L o lattati aumentati di 1,5 volte. Criteri di Esclusione: età <18 anni; infezione da HIV, storia di trapianto d’organo,neoplasie metastatiche; trattamento con farmaci immunosoppressori, insufficienza renale cronica in fase dialitica, gravidanza in atto. Cellule. Le cellule mononucleate da sangue periferico (PBMC) sono state separate mediante centrifugazione su gradiente di densità. I monocito-macrofagi sono stati successivamente purificati mediante centrifugazione contro-corrente. Le cellule sono state coltivate in RPMI con aggiunta di Granulocyte Macrophage-Colony Stimulating Factor (100 UI). Per la stimolazione è stato utilizzato CD40Ltrimerico solubile ricombinante. Citofluorimetria. La produzione intracellulare di citochine e l’espressione di membrana di CD40, CD86 e CD80 sono state valutate al citofluorimetro (FACS). Risultati. I monocito-macrofagi prelevati da pazienti con sepsi presentavano una grave riduzione della capacità di rispondere alla stimolazione con CD40L sia per quanto riguarda la produzione di citochine che per quanto concerne l’espressione di CD40, CD86 e CD80, rispetto a monocito-macrofagi espiantati da donatori sani. Di conseguenza, anche la capacità di co-stimolazione dei linfociti T da parte dei macrofagi prelevati da pazienti con sepsi era gravemente compromessa rispetto a quella osservata nei macrofagi ottenuti da soggetti sani. Da rilevare il fatto che non era stato possibile evidenziare alcuna alterazione nella capacità dei linfociti T da pazienti settici di rispondere con la produzione di interferone (IFN)-γ alla stimolazione con CD3/CD28. Quest'ultimo dato suggerisce che l'alterazione funzionale dei macrofagi del paziente settico sia specifica e non dovuta ad una generale tossicità cellulare legata alla sepsi stessa. Discussione I dati presentati in questo lavoro mettono in evidenza, per la prima volta, la presenza in corso di sepsi di una alterazione della trasduzione del segnale mediato dal CD40 che condiziona la possibilità da parte delle cellule monocito-macrofagiche di rispondere con appropriatezza alla stimolazione da parte del CD40L. I risultati di questo lavoro possono contribuire in maniera sostanziale a definire i meccanismi che sono alla base dell'immunosoppressione in corso di sepsi e fornire possibili indicazioni per eventuali interventi di tipo terapeutico.
Background. During the late stages of sepsis, deterioration of the immune response occurs, which is characterized by suppression of both macrophage and lymphocyte immune function. CD40 is a 50- kD molecule expressed on different cell types including monocyte-macrophages. Human form of a ligand for CD40 (CD40L) is a type II integral membrane protein expressed primarily on activated CD4+ T cells. Upon CD40 engagement, monocytic cells secrete a vast array of cytokines, among them, interleukin (IL)-12 and tumor necrosis factor (TNF)-α, which are important in promoting and maintaining T-helper (Th)1 and pro-inflammatory responses during bacterial infection. CD40L activation of macrophages also results in the up-regulation of surface molecules, such as CD40, CD80 and CD86, which play a critical role in T cell activation. Thus, CD40-CD40L interaction is an essential step for triggering the adaptive immune response, and is very likely to play a prominent role during sepsis, as demonstrated by the increased mortality observed in septic animals with mutations of the CD40L gene. Recently, our Group of research reported that Lipopolysaccharide (LPS), a major cell wall component of Gram-negative bacterial organisms interfere with the ability of CD40L to activate macrophages to produce IL-12 and TNF-α and to up regulate CD40, CD80 and CD86. Aims. To study the responsiveness of macrophages to CD40L in patients with sepsis. Material and methods. Patients. Twenty patients_with gram-negative sepsis_ and 15 healthy controls were enrolled in this study. Inclusion criteria microbiologically proved infection, evidence of systemic inflammatory reaction syndrome (SIRS) plus two or more of the following: systolic pression <90 mmHg or mean arterial pression <70 mmHg, responsive to normal saline administration; diuresis <0.5 mL/kg/h; PaO2/FiO2<250, platelets <80,000/μL; pH <7,30 o base deficit >5,0 mEq/L or lactate >1,5 fold. Exclusion criteria: age <18 anni; HIV infection, previous organ transplantation, metastatic neoplasms; immunosoppressive therapy, chronic renal failure, pregnancy. Cells. Peripheral blood was enriched for PBMC by centrifugation over Ficoll Hypaque. PBMC were then further enriched for monocytes by elutriation. Cell stimulation. To evaluate the ability of CD40L to induce IL-12 and TNF-α production, freshly elutriated cells were cultured for 24 hours in the presence of 500 ng/ml CD40L. Thirty minutes after CD40L stimulation, 1 μg/ml brefeldin A was added. To evaluate the ability of CD40L to modulate the expression of CD40, CD80 and CD86, elutriated cells were cultured for 7 days in the presence of 500 ng/ml CD40L. At the end of the incubation period the cells were analyzed by FACS for CD40, CD80 and CD86 expression. FACS analysis. Flow cytometry was performed using a FACScan flow cytometer and analyzed with Cell Quest software (Beckton Dickinson). Results. The CD40L-induced production of both IL-12 and TNF-α was severely impaired (more than 60%) in macrophages from septic patients as compared to controls. Similarly, CD40L failed to induce an increase of CD40, CD80 and CD86 surface expression comparable to that obtained in macrophages from healthy subjects. Consequently, the co-stimulatory ability of CD40Lstimulated macrophages from septic patients was significantly lower than that observed in macrophages from controls. Interestingly, no alteration of the ability of T lymphocytes to produce interferon (IFN)-γ upon CD3/CD28 stimulation was demonstrated in septic patients ac compared to controls. Conclusions. Death due to hyper activation of the innate immune system is an uncommon result of sepsis. Moreover, immunomodulatory therapy directed at inhibition of the inflammatory response has been largely unsuccessful. Indeed, it has been observed that subsequent to septic shock there often follows a clinical state characterized by profound immunosuppression. Modern medicine is now able to potentially control acute hyperinflammatory situations, but there is no established therapy to deal with the high risk associated with immunosuppression. We propose that CD40L tolerance may explain some of the immunological dysfunction during sepsis and may individuate a possible pathway to be addressed in the development of novel therapeutic strategies.
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BUTTARI, BRIGITTA. "Chronic and acute alcohol exposure prevents monocyte-derived dendritic cells from maturing in response to microbial stimuli." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2009. http://hdl.handle.net/2108/1029.

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Abstract:
Gli alcolisti sono soggetti immunocompromessi per stile di vita caratterizzati da una disregolazione del sistema immunitario e quindi da una maggiore suscettibilità all’insorgenza di malattie infettive. L’alcol interferisce con le funzioni di cellule e molecole del sistema immunitario, compromettendo i meccanismi dell’immunità innata ed acquisita, umorale e cellulare, e determinando alterate risposte infiammatorie spesso associate a danni organo-specifici. Tuttavia i meccanismi che determinano la disfunzione immunitaria non sono ancora del tutto chiariti. Studi clinici e sperimentali hanno messo in evidenza che l’abuso cronico di alcol è associato ad una aumentata incidenza di infezioni polmonari da Streptococcus pneumoniae e Mycobacterium tuberculosis, di infezioni epatiche da HBV e HCV. L'associazione tra abuso d’alcol ed aumento dei decessi per infezioni è nota da più di 75 anni, ma solo negli ultimi 15 anni seri sforzi investigativi sono stati fatti per comprendere il ruolo dell’abuso alcolico nelle disfunzioni immunitarie. Gli alcolisti, la cui maggioranza ricade nella fascia socioeconomica povera, spesso soffrono condizioni di sovraffollamento e d’accesso limitato alle cure sanitarie, che possono aumentare la probabilità di contrarre e diffondere malattie infettive. Inoltre, molti alcolisti soffrono di malnutrizione e di malattie epatiche condizioni che possono compromettere il sistema immunitario e la sua capacità di resistere all’infezione. Le disfunzioni immunitarie indotte dall’alcol dipendono da vari fattori, tra cui la dose d’alcol e la durata d’esposizione (cronica vs acuta), dalla presenza e caratteristiche d’altri stimoli come le molecole microbiche. I difetti a carico delle cellule presentanti l'antigene (APC) sembrano giocare un ruolo fondamentale nell’alterazioni delle risposte dell’immunità cellulo-mediata e nella riduzione della proliferazione linfocitaria antigene specifica. Le cellule dendritiche (CD), cellule professionali presentanti l’antigene, sono tra le più potenti APCs, il loro grado di maturazione fenotipica e funzionale regola il grado e la tipologia della risposta immune che porta all’attivazione e la tolleranza. Tra gli obbiettivi della ricerca sugli effetti dell’alcol sulla salute umana, c’è grande necessità di sviluppare approcci multimodali in grado di modulare e recuperare la funzionalità del sistema immune dai danni indotti dall’abuso di alcol. Lo scopo principale della presente tesi è stato quello di approfondire lo studio dei meccanismi molecolari e cellulari indotti dall’alcol sulle cellule dell’immunità innata al fine di promuovere un’immunità protettiva specifica. Per raggiungere questi obiettivi specifici è stato valutato i) il grado d’alterazione dell’immunità innata in soggetti immunocompromessi per abuso d’alcol (esposizione cronica) ed il grado d’alterazione di monociti e CD esposte in vitro all’etanolo (esposizione acuta); ii) l’efficacia del trattamento in vitro con cromoglicato sodico di monociti e CD come strategia adiuvante ad uso umano nel modello di differenziazione e maturazione delle CD. In particolare, sono stati studiati gli effetti in vivo dell’esposizione cronica all’alcol sulla capacità dei monociti, ottenuti da soggetti alcolisti, di differenziare e maturare in vitro in CD funzionali. Per ampliare le attuali informazioni sui cambiamenti indotti dall’esposizione acuta all’alcol sulle cellule dendritiche è stato valutato il grado di alterazione delle CD esposte in vitro all’etanolo dopo induzione del processo di maturazione. In questo studio sono state allestite colture di CD generate da soggetti alcolisti cronici e da soggetti sani non bevitori. Mediante tecniche di immunochimica e di citometria a flusso è stata eseguita una caratterizzazione fenotipica e funzionale delle CD generate da monociti in presenza dei fattori di crescita IL-4 e GM-CSF. Le cellule dendritiche sono state caratterizzate a livello fenotipico e funzionale prima e dopo stimolazione con LPS (endocitosi, migrazione, produzione di citochine, capacità allostimolatoria), E’ stato inoltre valutata la capacità di cellule dendritiche esposte in vitro all’etanolo di polarizzare linfociti T naïve ed il tipo di polarizzazione indotto. Come possibile approccio alla prevenzione degli effetti negativi dell’alcol sul sistema immunitario, è stata valutata la capacità del cromoglicato, farmaco utilizzato nella terapia anti-allergica e noto per la sua capacità di stabilizzare la polarità delle membrane cellulari, di esercitare in vitro un effetto adiuvante sulla funzionalità dei monociti e CD esposte all’etanolo. Per questo scopo abbiamo valutato in vitro l’attività del cromoglicato sul fenotipo e la funzione delle CD esposte all’etanolo, nel modello di differenziazione e di maturazione delle CD. I risultati della presente tesi dimostrano come l'esposizione cronica e acuta all'alcol, anche a dosi moderate, influenza in vitro la maturazione fenotipica e funzionale delle cellule dendritiche in risposta ad uno stimolo maturativo microbico, quale LPS, suggerendo una ridotta capacità degli alcolisti cronici a controllare le infezioni. Inoltre, i risultati della presente tesi mettono in evidenza il possibile ruolo di adiuvante del cromoglicato nel processo di differenziazione e maturazione delle CD, suggerendo come questo farmaco possa rappresentare uno strategia innovativa in grado di ripristinare la corretta funzionalità dell’immunità innata nei soggetti alcolisti e in tal modo migliorare la capacità del sistema immunitario a resistere all’infezioni.
Research demonstrating alcohol's adverse effects on functions of the immune system supports clinical evidence of an increased incidence of infectious diseases, such as pneumoniae, tuberculosis and hepatitis C, as well as a greater susceptibility to cancer in humans chronically abusing alcohol. While the association of alcohol abuse with increased deaths from infections was made over 75 years ago, only in the past 15 years has serious investigative efforts been made to understand the role of alcoholic exposure on immune dysfunction. Among the many alcoholics whose socioeconomic status is poor, overcrowded living conditions and limited access to health care may increase the likelihood of contracting and spreading disease. In addition, many alcoholics suffer from malnutrition and liver disease, conditions that may themselves compromise the immune system's capacity to resist infection. Evidence from human and animal studies in vivo as well as from experiments in vitro suggests that alcohol abuse may exert adverse immunomodulatory effects on innate and adaptive immune responses. Alcohol-induced immune dysfunctions depend on various factors including the dose and duration of alcohol exposure (chronic vs acute) and on the presence and characteristics of additional stimuli such as microbial molecules. Defects of antigen presenting cells (APC) appear to be pivotal in the alcohol-induced alterations of cell-mediated immunity and in decreased antigen (Ag)-specific T cell proliferation. Dendritic cells (DCs) are the most potent APCs. The functional state of DC maturation and their activation degree control immunity and tolerance. The complex nature of the linkage between alcohol consumption, altered host immune responses, and infection remains controversial and incompletely understood. Most importantly, there is a need to develop a multimodal approach, including components of immune modulation and immune restoration, to repair possible damages in the host defence system induced by alcohol ingestion. In this study we addressed this research need in: 1) to understand how alcohol exposure induces immune alterations that contribute to the occurrence of particular kinds of infectious diseases showing a higher incidence in alcohol abuser population than in the general population and 2) to develop strategies to reduce the occurrence of alcohol-induced immune alterations. To clarify the immunological effects exerted by alcohol abuse on human monocyte-derived DCs we investigated whether in vivo chronic alcohol exposure alters the ability of monocytes from alcoholics to differentiate and mature in vitro into functional DCs. To extend current information on direct alcohol-induced changes in DCs, we evaluated whether in vitro acute ethanol (EtOH) treatment of differentiated immature DCs (iDCs) generated from chronic alcoholics and healthy control subjects impairs DC maturation. Using immunochemical and cytofluorimetric analysis we determined the phenotype and functions (endocytosis, migration, cytokine production and allostimulatory ability) of monocyte-derived DCs and analyzed the ability of iDCs to respond to the microbial product lipopolysaccharide (LPS). We also wanted to find out whether EtOH-treated antigen-stimulated DCs correctly primed naïve T lymphocytes, thus inducing T helper 1 (Th1) cell polarization. As a possible approach in the prevention of alcohol's adverse effects on the immune system we investigated whether cromoglycate-like’ anti-allergic drugs -- by their well established property to stabilize membrane lipid polarity -- might exert in vitro an adjuvant effect on monocytes and DCs exposed to EtOH. For this purpose we evaluated in vitro activity of cromoglycate on DC phenotype and function exposed to EtOH in the well-established model of DC differentiation and maturation. Our results showed that alcoholics’ monocytes differentiated into immature DCs with an altered phenotype and functions (alc-iDCs). Alc-iDCs showed fewer CD1a+ cells, weaker CD86 expression and higher HLA-DR expression associated with lower endocytosis and allostimulatory functions than did iDCs from healthy subjects (control-iDCs). Despite these impairments, alc-iDCs produced tumour necrosis factor-alpha (TNF-α) and interleukin-6 (IL-6) in large amounts. LPS stimulation failed to induce full phenotypical and functional alc-iDC maturation. In vitro acute EtOH exposure also prevented alc-iDCs and control-iDCs from maturing in response to LPS. T-cell priming experiments showed that EtOH treatment prevented LPS-stimulated control-DCs from priming and polarizing naïve allogeneic T cells into T helper 1 (Th1) cells, thus favouring a predominant T helper 2 (Th2) environment. Furthermore, this thesis establishes a new adjuvant effect of cromoglycate on the level of DC differentiation and maturation and suggests that cromoglycate may represent an innovative strategy to reverse the impaired immune response in alcoholics thus improving the immune system's capacity to resist infection.
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CERAVOLO, PASQUALE. "Il ruolo della modulazione del sistema immunitario in seguito alla rottura della placca aterosclerotica durante IMA." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2010. http://hdl.handle.net/2108/1354.

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Abstract:
L’aterosclerosi, a lungo considerata una patologia essenzialmente legata all’ accumulo di lipidi all’interno della tonaca intima, oggi è riconosciuta come un processo degenerativo infiammatorio cronico ad eziologia multifattoriale che, pur manifestandosi clinicamente nell’adulto, trova prodromi sin dalla giovane età. Il nostro studio, condotto sui pazienti arruolati dopo infarto STEMI e sottoposti a intervento di angioplastica coronarica primaria, è finalizzato a valutare il ruolo della modulazione del sistema immunitario in seguito alla rottura della placca aterosclerotica durante l’infarto. Lo studio ancora in corso, ha evidenziato una presenza massiva dell’ IFN-γ, dell’IL-17 e dell’IL- 21 nelle coronarie affette dalla lesione rispetto a quelle esenti e alle arterie periferiche. Gli elevati livelli di citochine osservati nelle arterie danneggiate non sono dovuti all'aumento del numero delle cellule leucocitarie presenti, ma sono riconducibile all’attivazione cellulare delle stesse e all’espressione del loro pattern citochinico. Nella fase acuta dell’infarto inoltre, i livelli sierici dei fattori proinfiammatori come IL-6 e antiinfiammatori come IL-10 sono aumentati, tuttavia, l'aumento di IL-6 è sensibilmente superiore a quello di IL-10. Dopo un mese dalla lesione i livelli sierici di IL-6 e IL-10 osservati risultano bilanciati. A nostro avviso, l’attivazione prevalente dei fattori proinfiammatori è rilevante nella progressione della lesione e nello sviluppo di complicanze associate all’infarto miocardico acuto.
Atherosclerosis, once considered a disease mainly linked to accumulation of lipids within the inner tunic, is now recognized as a chronic inflammatory degenerative process with a multifactorial etiology that, even if occurs clinically in adults, shows prognostic signs at an early age. Our study, performed on patients enrolled after acute myocardial infarction with ST elevation (STEMI) undergoing primary coronary angioplasty, aims to assess the role of the immune system modulation during the atherosclerotic plaque rupture due to myocardial infarction. Preliminary data, showed a massive presence of IFN-γ, IL-17 and IL-21 in coronary arteries affected by lesion compared to those exempt and to peripheral arteries. The high levels of cytokines observed in damaged arteries are not due to the increase in the number of leukocyte cells present, but are due to activation of the same cell and expression of their cytokine pattern. Moreover, in the acute myocardial infarction the serum levels of pro-inflammatory factors such as IL-6 and anti-inflammatory such as IL-10 increased. However, the increase of IL-6 was significantly higher than that of IL-10. After a month of the injury, the observed serum levels of IL-6 and IL-10 are balanced. In our view, the main activity of pro-inflammatory factors is relevant in the progression of the lesion and in the development of complications associated with acute myocardial infarction.
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VITALE, SARA. "Ruolo dell' IFN-a nell'equilibrio tra tolleranza ed infiammazione." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2010. http://hdl.handle.net/2108/1241.

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Abstract:
Gli IFN di tipo I sono coinvolti in diverse funzioni immunologiche. La produzione di IFN-alfa/beta è indotta nelle prime fasi dell' immunità innata e successivamente diviene un fattore dominante nella risposta innata e adattativa. Infatti l'IFN-alfa/beta ha un ruolo fondamentale nell'induzione di uno stato di attivazione, attraverso la produzione e regolazione di mediatori, come le citochine (ad esempio IL-6 e IL-15), l' aumento dell' espressione dell' MHC e delle molecole costimolatorie, chemochine e recettori per chemochine. L'obiettivo principale del presente studio è stato determinare il ruolo dell'IFN-alfa nell' attivazione delle cellule CD4+CD25- T helper (Th) murine e l' effetto di questa citochina sulla proliferazione e funzionalità delle cellule CD4+ CD25+ T regolatorie (Treg). Sebbene l' IFN-alfa promuova nelle cellule Th CD4+CD25- co-incubate con le APC la produzione di elevati livelli di IL-2, tuttavia queste cellule non proliferano in maniera comparabile alla quantità di IL-2 presente nel mezzo. Inoltre in presenza di IFN-alfa, la proliferazione delle cellule Treg indotta da IL-2 risulta inibita. In particolare l'IFN-alfa inibisce l' attività soppressoria delle cellule Treg CD4+CD25+. I risultati suggeriscono quindi che l' IFN-alfa esercita un duplice ruolo sull' attività delle cellule Th CD4+CD25-, attraverso un controllo diretto dell 'attivazione delle APC e indirettamente influenzando la soppressione mediata dalle cellule Treg CD4+CD25+. E' stato inoltre analizzato se l'IFN-alfa possa condizionare il differenziamento in vitro delle cellule Treg, in seguito a stimolazione policlonale delle cellule T naive in presenza di TGF-beta e IL-2. I risultati dimostrano che l' IFN-alfa, agendo in sinergia con il TGF-beta e IL-2, influenza il balance Treg/Th-17, inducendo una quasi completa conversione delle cellule T naive in cellule iTreg CD4+CD25+Foxp3+, sostenendo l' espressione sia del CD25 che di Foxp3 e inibendo reciprocamente il differenziamento delle cellule Th17.
Type I IFNs are central to a vast array of immunological functions. IFN-alpha/beta production is initiated at the early stages of the innate immune response and, therefore, it is likely to be the dominant factor in shaping downstream events in the innate and adaptive immune responses. Indeed, the major role of IFN-alpha is the induction of the priming state through the production and regulation of other mediators, including cytokines (i.e., IL-6 and IL-15), the up-regulation of MHC and costimulatory molecules, chemokines and chemokine receptors. The main objective of the present study was to determine the involvement of IFN-alpha on murine CD4+CD25- T helper (Th) cell activation, as well as to define the role played by this cytokine on CD4+ CD25+ regulatory T (Treg) cell proliferation and function. Although IFN-alpha promotes CD4+CD25- Th cells co-incubated with APCs to produce large amounts of IL-2, the ability of these cells to respond to IL-2 proliferative effects is prevented. Moreover, in medium supplemented with IFNalpha, IL-2 induced CD4+CD25+ Treg cell proliferation is inhibited. Notably, IFN-alpha also leads to a decrease of the CD4+CD25+ Treg cell suppressive activity. Altogether, these findings indicate a dual pivotal role of IFN-alpha¡ on CD4+CD25- Th cell activity by a direct control on APCs activation and indirectly by affecting CD4+CD25+ Treg cell-mediated suppression. Moreover, we also analysed if IFN-alpha could affect in vitro Treg cell differentiation after polyclonal stimulation of naive T cells in the presence of TGF-beta and IL-2. IFN-alpha, synergizing with TGF-beta and IL-2, might influence the Treg/Th-17 balance, leading to almost total conversion of naive T cells in CD4+CD25+Foxp3+ iTreg, sustaining both Foxp3 and CD25 expression and reciprocally inhibiting Th-17 cell differentiation.
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GIANNICE, RAFFAELLA. "Il microambiente peritumorale nel carcinoma dell'endometrio." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2012. http://hdl.handle.net/10281/31294.

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INTRODUZIONE Sempre maggiori evidenze scientifiche confermano che il microambiente peri tumorale gioca un ruolo importante nello sviluppo e nel comportamento dei tumori solidi. Nelle ultime decadi la correlazione tra tumore e risposta infiammatoria peritumorale è stata ampiamente accettata indicando il ruolo centrale del sistema immunitario nella progressione tumorale e nella prognosi. Obiettivo primario dello studio è stato analizzare l’espressione dell’mRNA di alcune citochine, chemochine e loro recettori e di alcuni fattori di crescita, estratti da campioni di carcinoma originato da endometrio umano e confrontarli con l’ mRNA estratto da campioni di tessuto endometriale normale omologo al fine di caratterizzare le variazioni del microambiente tumorale del carcinoma endometriale rispetto al tessuto endometriale sano. L’obiettivo secondario è stato evidenziare i fattori più interessanti presenti nell’ambiente peritumorale del carcinoma endometriale per programmare uno studio prospettico con una casistica maggiore. MATERIALE E METODO. Presso l’istituto Clinico di Ricerca a Carattere Scientifico IRCCS Humanitas di Rozzano, da pazienti sottoposte a chirurgia primaria per carcinoma dell’endometrio, sono stati prelevati: un campione di carcinoma endometriale (A) e un campione da tessuto endometriale sano della stessa paziente (B) trattati con RNA later e conservati a –80°C. I parametri clinici e chirurgici sono stati raccolti. L’RNA è stato estratto, quantificato, retrotrascritto in cDNA ed infine quantificato mediante una RQ-PCR. RISULTATI. Dodici pazienti con carcinoma endometriale sono state arruolate nello studio. Nel tessuto tumorale endometriale umano, rispetto al tessuto di controllo sano, sono state osservate i risultati statisticamente significativi che seguono. Un’inibizione del CXCL12 mRNA nelle pazienti con infiltrazione del miometrio > 50% (P= .003). Il CXCL12 era direttamente correlato a quello del CXCR7 nel 100% dei casi (P=0.000). L’mRNA del TNF è risultato down-regolato nel 67% dei casi, ed in particolare, nel 100% delle pazienti in cui l’invasione miometriale era > 50% versus il 50% delle pazienti con infiltrazione del miometrio < 50% (P<.09) . Un basso livello di espressione dell’mRNA dell’ IL6 è stato evidenziato nel 100% degli stadi avanzati versus il 45% degli stadi iniziali nel tessuto tumorale rispetto al tessuto sano, (P< .05). Il MIF mRNA aveva un’ aumentata espressione nel 100% dei casi, (P<.001). L’up-regolazione del MIF mRNA era indirettamente proporzionale a quella del TGFb (P<.05). CONCLUSIONI. In base ai risultati di questo studio, tutti i fattori dell’ambiente peritumorale del carcinoma endometriale esaminati hanno dimostrato livelli di espressione interessanti e meritevoli di approfondimento. Tutti potrebbero essere presi in considerazione quali nuovi target di terapia antitumorale per prolungare l’intervallo libero da malattia o addirittura portare alla guarigione, mediante l’utilizzo di farmaci o anticorpi bloccanti soprattutto nei pazienti a rischio medio-alto ma con stadio del tumore ancora precoce. Il dosaggio dei fattori di crescita, citochine e chemochine esaminati nel nostro studio potrebbe essere utilizzato anchecome fattore prognostico per il tipo di terapia adiuvante, soprattutto negli stadi iniziali. Questi risultati, anche se devono essere confermati in una popolazione piu’ ampia e con un FU maggiore, forniscono un evidenza scientifica che individua nuovi obiettivi per la terapia anti-tumorale per il futuro.
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Tossetta, Giovanni. "Analysis of tight junctions in placentas affected by chorioamnionitis: in vivo and in vitro analysis." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2016. http://hdl.handle.net/11566/243151.

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Abstract:
La corionamnionite è una patologica gestazionale dovuta alla presenza di batteri, provenienti dal tratto vaginale, nel liquido amniotico. Questa patologia è caratterizzata da infiammazione acuta della membrana amniocorionica, della placenta e da elevate concentrazioni di citochine infiammatorie come IL-1β, IL-6, IL-8 e TGF-β nel liquido amniotico. È noto che le molecole infiammatorie sono coinvolte nelle alterazioni delle giunzioni cellulari ma, ad oggi, non è mai stato studiato il ruolo di queste citochine nella corionamnionite. Le giunzioni strette (Tight Junctions) e le giunzioni aderenti (Adherens Junctions) sono giunzioni intercellulari cruciali per l’adesione e la regolazione della permeabilità degli epiteli in una vasta gamma di tessuti e organi. In questo studio abbiamo analizzato l’espressione delle proteine e dei rispettivi mRNA che compongono le giunzioni strette (zonula occludent-1 e Occludina) e le giunzioni aderenti (VE-caderina e β-catenina) nelle placente e membrane fetali in gravidanze complicate da corionamnionite rispetto a gravidanze idiopatiche. I risultati ottenuti hanno mostrato una significativa diminuzione dell’occudina nelle placente e membrane affette da corioamnionite mentre non sono state evidenziate differenze significative per le proteine ZO-1, VE-caderina e β-catenina. Dal momento che le concentrazioni di IL-1β, IL-6, IL-8 e TGF-β sono elevate nel liquido amniotico delle gravidanze con corioamnionite, abbiamo valutato il ruolo di queste citochine sull’espressione dell’occludina utilizzando colture HUVEC. I nostri risultati hanno evidenziato un ruolo chiave dell’ IL-1β e TGF-β nel regolare la localizzazione dell’occludina. In conclusione, in questo studio abbiamo evidenziato un ruolo dell’ IL-1β e del TGF-β nel regolare le giunzioni strette, facilitando le infezioni intra-placentari e alterando le membrane amniotiche portando alla rottura della membrana amniotica e parto pretermine.
Chorioamnionitis is a gestational pathological condition characterized by acute inflammation of the amniochorionic membranes and placentas leading to high concentrations of some cytokines such as IL-1β, Il-6, Il-8 and TGF-β in the amniotic fluid due to the invasion of bacteria from the vaginal tract. It is known that inflammatory molecules have a role in cell-cell junctions alteration but no data are available on the role of the above mentioned molecules in chorioamnionitis. Tight junctions (TJ) and adherent junctions (AJ) are intercellular junctions crucial for epithelia adhesion and permeability regulation in a wide variety of tissues and organs. Using immunohistochemistry, western blotting and real time PCR, we evaluate the protein and mRNA expression levels of the molecular components of tight junctions (Zonula occludens-1 and occludin), and of adherent junctions (VE-cadherin and β-catenin) in placentas and fetal membranes from women with chorioamnionitis compared to those membranes derived from idiopathic pregnancies. Immunohistochemical and Western blotting results showed a significant down-regulation of occludin in placentas and placental membranes affected by chorioamnionitis, whereas ZO-1, VE-cadherin and β-catenin (proteins and mRNAs) showed no significant differences. Since concentrations of IL-1β, Il-6, Il-8 and TGF-β in the amniotic fluid are elevated in chorioamnionitis, we evaluated whether occludin expression was regulated by IL-1β, IL-6, IL-8 and TGF-β by means of in vitro studies using HUVEC cultures. Out findings demonstrated a key role of IL-1β and TGF-β in regulating occludin localization. We conclude by suggesting a pivotal role of these two cytokines in facilitating intra-placental infection via para-cellular way disassembling tight junctions of the trophoblastic and endothelial cells in placental tissues. Moreover, decreased occludin in amnion may be the first change leading to the rupture of the amniotic membrane in this pathology.
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JAHAN, NUSRAT. "PARAMETRI IMMUNITARI E INFIAMMATORI NELLA VACCA DA LATTE IN TRANSIZIONE COME MARCATORI PREDITTIVI DI PROBLEMI DI SALUTE." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2014. http://hdl.handle.net/10280/2460.

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Abstract:
Il periodo di transizione (TP) delle vacche da latte è caratterizzata da disfunzione del sistema immunitario e dalla comparsa di fenomeni infiammatori. La tesi ha presentato una vasta revisione della letteratura seguita da 3 articoli sperimentali. Nel capitolo II sono stati investigati i cambiamenti delle citochine pro-infiammatorie (PIC) nel TP. I livelli di PIC hanno mostrato una elevata variabilità in tarda gravidanza, ma i livelli più alti hanno mostrato un’associazione con i problemi di salute e le prestazioni dopo il parto. Nel capitolo III, l'attività immunitaria di vacche in transizione è stata valutata utilizzando un test ex vivo di stimolazione del sangue con lipopolisaccaridi (WBA) e un test cutaneo alla carragenina. I risultati hanno rivelato che il sistema immunitario è molto sensibile in prossimità del parto. Entrambi i test descrivono i cambiamenti del sistema immunitario durante il TP. Nel capitolo IV, è stata valutata l’espressione genica dei leucociti durante il TP con la tecnica dell’ RNA-Seq. Confrontando i geni differenzialmente espressi con i risultati del capitolo II e III sono stati resi noti i cambiamenti funzionali dei leucociti. Complessivamente, queste ricerche contribuiscono a definire meglio la fisiologia della fase di transizione della vacche da latte.
The transition period of dairy cows is characterized by immune dysfunction and inflammatory like conditions. The thesis presented a wide review literature followed by 3 research papers. Chapter II investigated the pattern of changes of pro-inflammatory cytokines (PIC) around parturition and discovered an association with periparturient health status. PIC levels showed a high variability in late pregnancy but the highest levels demonstrated a good relationship with health troubles and performance after calving. In Chapter III, immune activity of transition cows were evaluated using: an ex vivo whole blood stimulation assay (WBA) with lipopolysaccharides and a carrageenan skin test. Results revealed that immune system is very sensitive around calving in respect to both tests, with a significant increase of pro-inflammatory cytokines and a reduction of the skin thickness after carrageenan challenge. Thus, both tests are able to describe the complex changes of the immune system combined to conventional metabolic and immune parameters. In Chapter IV, changes of leukocyte gene expression were evaluated from 20 days before to 7 days after calving using RNA-seq technique. Comparing the differentially expressed genes with the results of Chapter II and III were disclosed fundamental functional changes in leukocytes. Overall, these researches contribute to define better the physiology of the most vulnerable phase of dairy cows.
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DE, MATTEIS LUISA. "Studio dei processi infiammatori nel periodo di transizione e dopo LPS "Challenge" in bovine sottoposte a diversi stressmetabolici." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2012. http://hdl.handle.net/10280/1311.

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Abstract:
Il processo infiammatorio è un meccanismo di difesa aspecifico innato, che costituisce una risposta protettiva dell’organismo a vari tipi di insulto (infezione, danno tissutale, trauma, stress, malattie autoimmune,). Esso comporta il rilascio in circolo di mediatori pro-infiammatori (es. citochine) and anti-infiammatori (es lipossine ed alcune citochine). Le citochine pro-infiammatorie inducono effetti infiammatori (es. anoressia e febbre) e stimolano la risposta di fase acuta (APR). Invece, le lipossine e le citochine anti-infiammatorie tendono ad attenuare l’infiammazione. Gli scopi di questa ricerca erano due: distinguere i soggetti in base al grado di severità della APR dopo il parto, e dopo stimolazione intramammaria con lipopolisaccaride (LPS) in bovine da latte sottoposte a diversi stress metabolici (NaCl, BHB, EuG e IpoG). I soggetti EuG e BHB hanno mostrato una APR più severa rispetto a IpoG e NaCl. Un ulteriore scopo è stato proposto un indice composto da alcune proteine di fase acuta al fine di stimare i processi infiammatori e le conseguenze epatiche (PICE). Le bovine con PICE più basso prima del parto, avevano più alti livelli plasmatici di citochine pro-infiammatorie e lipossine prima del parto (e mostravano una APR più severa dopo il parto), anche in assenza di sintomi clinici.
Inflammation is the innate, non-specific response of the host to disturbances in his homeostasis caused by infection, tissue injury, stress, trauma, neoplastic growth, immunological disorders. It involves pro- (e.g. cytokines) and anti-inflammatory mediators (e.g. lipoxins, some cytokines). The pro-inflammatory cytokines induce inflammatory effects (e.g. anorexia, fever) and play key roles in the stimulation of acute phase response (APR). The lipoxins and anti-inflammatory cytokines tend to mitigate the inflammation. Two were the aims of this research: to investigate in dairy cows the severity of APR at calving time as well as after intramammary lypopolysaccharide (LPS) administration in cows challenged with hyperinsulinemic hypoglycemic (HypoG, n=4), hyperinsulinemic euglycemic (EuG, n=5), hyperketonemic (BHB, n=4) and control (NaCl, n=6) clamps. Plasma samples were assayed for a wide metabolic and inflammatory profile. With respect to HypoG and NaCl animals, more severe APR was observed in EuG and BHB. A further aim was the proposal of an Index, composed by several acute phase proteins, to estimate Inflammatory Processes and Hepatic Consequences (IPHC). The dairy cows with lower IPHC after calving, had higher plasma levels of pro-inflammatory cytokines and of lipoxins before calving (and showed a stronger APR after calving); this was seen also in absence of clinical symptoms.
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Fedeli, Chiara. "The role of specific serum/plasma proteins in the modulation of the cellular response to amorphous silica nanoparticles." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3423373.

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Abstract:
Nanoparticles are structures of different dimensions (1-100 nm) and composition (metal oxides, organic acid polymers, silica polymers) present in the environment as a consequence of natural processes (such as volcanic eruptions or dusts erosion) or anthropogenic activities (industrialization or pollution). In the last decades they have been intensely studied and engineered for industrial applications (as additive of food, cosmetics and building materials) and medical purposes, where they can be employed as drug carriers or imaging agents. Thanks to its abundance, cheapness and resistance to a variety of environmental perturbations, silicon dioxide (SiO2) is one of the most widely used materials in both industrial and biomedical fields in its amorphous form (contrary to crystalline silica that causes silicosis, a chronic pulmonary disease common in occupational categories largely exposed to silica crystals, such a miners and ceramic workers). Despite amorphous silica is considered much less dangerous than crystalline silica, recent evidences have shown cytotoxic and pro-inflammatory potential in in vitro and animal models. To shed more light on this topic, in the first part of my PhD work I have characterized amorphous silica toxicity and inflammatory effects in primary human monocytes and macrophages (myeloid professional phagocytic cells) and on primary human lymphocytes and HeLa cells (lymphoid and epithelial non-phagocytic cells), using as nanoparticles model the commercial non labeled Ludox TM40 (29 nm Ø) and the fluorescein labeled Stöber (35 nm Ø). In particular, the influence of serum and the possible mechanisms determining silica nanoparticles (SiO2-NPs) effects have been investigated. I have found that SiO2-NPs toxicity (evaluated as mitochondrial dysfunction and plasma membrane permeabilization) was stronger in phagocytes (LD50 after 18 h exposure 40 µg/ml) and, in these cells, associated to the production of the three main inflammatory cytokines (IL-1 beta, TNF- alpha and IL-6). On the contrary, non phagocytic cells were much more resistant (LD50 after 18 h exposure 300-500 µg/ml) and, curiously, HeLa cells were subjected apoptosis after SiO2-NPs treatment (while monocytes, macrophages and lymphocytes became necrotic). Cytofluorimetric and confocal microscopy analysis have shown that SiO2-NPs were engulfed in acidic compartments (phagolysosomes) in monocytes and macrophages, while they mostly localized onto plasma membrane in HeLa cells. This suggested that the higher sensitivity of the two phagocytic models could be due to the more efficient internalization of the particles, followed by lysosomal rupture (as indicated by experiments showing the decrease of the fluorescence associated to the lysosomotropic agent Lysotracker upon cellular exposure to high NPs doses) and the consequent liberation of lysosomal proteases (as reported in literature for crystalline silica). To investigate if acidic lysosomal pH could influence SiO2-NPs cytotoxicity in phagocytes, cells were treated with silica in the absence or in the presence of two pH neutralizing agents (NH4Cl and Bafilomycin AI), resulting in a significant protective effect in monocytes and in a negligible protection in macrophages. As mentioned above, we found that in myeloid cells SiO2-NPs induced an inflammatory response (more pronounced in monocytes), starting in the correspondence of the beginning of cytotoxicity, reaching a peak and decreasing at high NPs doses because of the strong and anticipated cellular death. In particular, IL-1b was the cytokine most represented in both cellular types, while TNF-alpha and IL-6 levels were lowers. Moreover, in monocytes (and, in less degree in macrophages) IL-1beta production was synergized by the co-stimulation with silica and lypopolisaccharide (LPS). Since crystalline silica is known to activate the NLRP3 inflammasome (a cytosolic multiprotein complex responsible of the production of some inflammatory cytokines, primarily IL-1beta) we investigated NLRP3 activation by amorphous SiO2-NPs in our myeloid cellular models. We found that monocytes and macrophages treatment with SiO2-NPs increased pro-IL1beta levels, and that its conversion into mature IL-1beta involved caspase 1 activation, intracellular ATP release and subsequent binding to ATP receptor P2X7. Interestingly, P2X7 blockage did not affect SiO2-NPs induced cellular death in both cells, and caspase 1 inhibition did not reduce SiO2-NPs toxicity in macrophages but showed a protective effect in monocytes, suggesting that amorphous silica might induce pyroptosis (a caspase 1 dependent cellular death) in these cells. Afterwards, I have studied how serum could modulate SiO2-NPs toxicity and pro inflammatory effects. In the presence of increasing FCS amount both SiO2-NPs cytotoxicity threshold and LD50 were shifted to higher NPs doses, indicating a serum protective action (more pronounced in non-phagocytic cells in comparison to phagocytes). In parallel, also inflammatory cytokines production in myeloid cells occurred at higher NPs concentrations with the increment of FCS percentage. To investigate if the protective serum effect reflected a modification in NPs cellular association I have performed experiments with the fluorescent Stöber NPs, finding that the presence of serum strongly decreased NPs cellular binding in lymphocytes and HeLa, with a moderate reduction in monocytes and macrophages. This result was in accord with the stronger serum protection in non phagocytic cells, and consolidated the hypothesis that SiO2-NPs toxicity depends on their interaction level with cells. Also SiO2-NPs cellular localization was affected by different serum concentrations. In particular, I have found that in the absence of serum SiO2-NPs mostly localized onto the plasma membrane in monocytes and HeLa, while in macrophages they were still internalized into phagolysosomes, even if with a lower efficiency. Considering this different NPs sub-cellular localization, I have investigated if the protective effect of NH4Cl, Bafilomycin AI and caspase 1 inhibitor observed in monocytes in standard culture conditions (10% FCS) was maintained also in the absence of serum. Interestingly, neither acidic compartments neutralization nor caspase 1 blockage were able to reduce SiO2-NPs toxicity in serum free conditions, suggesting that monocytes cellular death mechanism was different with or without serum. In the second part of my PhD work I have studied several aspects of nanoparticles interaction with plasma and serum proteins, since this is a very important point in nanomaterials biomedical applications. Indeed, when nanoparticles (functioning as drug-gene vectors or imaging agents) are introduced in the human body (primary, into the bloodstream), they are rapidly coated by a series of specific proteins, forming the so called “ nanoparticles corona” and mediating cellular response to nanomaterial. This problematic was approached by using Ludox TM40 as nanoparticles model (to maintain the continuity with the previous characterization work), and performing a comparative analysis between fetal calf serum and human plasma. I have found that the main proteins adsorbed to NPs surface were plasminogen, albumin, apolipoprotein AI (ApoAI), hemoglobin and apolipoprotein AII (ApoAII) from FCS, and immunoglobulins (IgG), histidine rich glycoprotein (HRG), albumin, apolipoprotein AI, apolipoprotein AII and apolipoprotein CIII (ApoCIII) from human plasma. In both situations, albumin (the most abundant plasma/serum protein) was the principal polypeptide bound to NPs at very low serum/plasma concentrations, while at greater serum/plasma doses it was displaced by less plentiful proteins (over all, apolipoproteins), indicating an higher affinity of these latter for SiO2-NPs surface. Congruent with this, NPs firstly absorbed plasminogen, apolipoproteins and hemoglobin, while once these proteins were depleted from serum albumin started to bind NPs surface proportionally to NPs dose. I have also found that the serum proteins pattern associated to NPs surface was not rearranged from a neutral environment (representative of cytosol) to an acidic environment (representative of endo-lysosomes). Finally, I have investigated how single plasma opsonines could influence SiO2-NPs biological activity, finding that IgG and HRG did not protect cells against NPs toxicity, while albumin and, over all, high density lipoproteins (the complexes containing ApoAI, ApoAII and ApoCIII) strongly reduced NPs adverse effects by inhibiting NPs cellular association
Le nanoparticelle sono strutture di diverse dimensioni (1-100 nm) e varia composizione (ossidi metallici, polimeri di silice, polimeri di acidi organici), presenti nell’ambiente come conseguenza di processi naturali (eruzioni vulcaniche, erosione di rocce) o antropogenici (inquinamento, attività industriale). Negli ultimi decenni esse sono state intensamente studiate e ingegnerizzate a scopo industriale (come additivi di cibi, cosmetici e materiali utilizzati nell’edilizia) e nell’ambito biomedico, in cui possono essere impiegate come vettori per farmaci o agenti di imaging. Grazie alla sua abbondanza, economicità e resistenza, il biossido di silicio (SiO2) è, nella sua forma amorfa, uno dei materiali maggiormente usati sia in ambito industriale che biomedico (contrariamente alla forma cristallina che provoca l’insorgenza della silicosi, una malattia polmonare cronica molto diffusa nei minatori, lavoratori di ceramica e altre categorie occupazionali quotidianamente esposte a cristalli/fibre di silicio). Nonostante la silice amorfa sia considerata molto meno pericolosa di quella cristallina, studi recenti condotti in vitro e su modelli animali hanno messo in luce un potenziale citotossico e pro infiammatorio. Per chiarificare questo aspetto, nella prima parte del mio dottorato ho caratterizzato la citotossicità e l’induzione di una risposta pro infiammatoria di nanoparticelle di silice amorfa (la variante commerciale non fluorescente Ludox TM40 e la variante fluorescente Stöber) su due modelli di cellula fagocitica (monociti e macrofagi primari umani) e in due modelli di cellula non fagocitica (linfociti primari umani e la linea stabile epiteliale HeLa). In particolare, mi sono concentrata sui possibili meccanismi coinvolti nell’azione delle nanoparticelle e su come il siero possa influenzarli. Un primo risultato ha indicato una maggior tossicità delle nanoparticelle di silice (valutata in termini di disfunzione mitocondriale e permeabilizzazione della membrana) nelle cellule fagocitiche, associata anche alla produzione delle tre principali citochine pro infiammatorie (IL-1beta, TNF-alfa and IL-6). Più in dettaglio, la dose di nanoparticelle in grado di uccidere il 50% delle cellule (LD50) dopo un trattamento di 18 h è risultata essere di 40 µg/ml, mentre le cellule non fagocitiche hanno mostrato una maggior resistenza alle nanoparticelle (LD50 300-500 µg/ml). Analizzando il tipo di morte indotta dalle nanoparticelle di silice, le cellule HeLa hanno mostrato un fenotipo apoptotico, mentre i monociti, macrofagi e linfociti sono risultati andare incontro a necrosi. Da una valutazione al citofluorimetro e al microscopio confocale dell’associazione e della localizzazione cellulare delle nanoparticelle è emerso che queste venivano internalizzate in compartimenti acidi nelle due cellule fagocitiche, mentre nelle cellule HeLa rimanevano legate alla membrana plasmatica. Questo risultato ha suggerito che la maggior sensibilità dei fagociti fosse dovuta a una maggior captazione delle nanoparticelle che, una volta accumulate all’interno di endo-lisosomi, potessero provocarne la rottura con la conseguente liberazione di enzimi litici (proteasi, idrolasi, lipasi) in grado di danneggiare la cellula. A questo proposito, è stato valutato il contributo dell’ambiente acido degli endo-lisosomi alla tossicità delle nanoparticelle di silice nei fagociti trattando le cellule in presenza o in assenza di due agenti neutralizzanti (NH4Cl o Bafilomicina AI), ottenendo una diminuzione della citotossicità della silice nei monociti e solo un lieve effetto nei macrofagi. Come anticipato precedentemente, le nanoparticelle di silice si sono mostrate in grado di indurre una risposta infiammatoria (più evidente nei monociti) caratterizzata da un’iniziale fase di latenza fino al raggiungimento della soglia di tossicità, un picco centrale e una fase finale decrescente (in corrispondenza delle dosi più alte di nanoparticelle) a causa della forte e anticipata morte cellulare. In particolare, l’ IL-1beta è risultata essere la citochina prodotta più abbondantemente, seguita dal TNF-alfa e dall’IL-6; inoltre, in copresenza di nanoparticelle e LPS essa veniva secreta in modo sinergico. Dal momento che la silice cristallina è in grado di attivare l’inflammasoma NLRP3 (un complesso multi proteico citosolico responsabile della produzione di alcune citochine pro infiammatorie, prima fra tutte l’ IL-1beta una parte del lavoro di tesi è stata dedicata allo studio dell’attivazione di NLRP3 da parte di nanoparticelle di silice amorfa nei nostri due modelli di cellula fagocitica. Inizialmente è stata evidenziata sia in monociti che in macrofagi la capacità delle nanoparticelle di silice amorfa di aumentare i livelli di pro IL1-beta e stimolarne la conversione nella forma matura IL-1beta tramite un processo dipendente dall’attivazione della caspasi 1, della secrezione di ATP ed dal successivo legame di ATP al suo recettore P2X7. Inoltre, a seguito del blocco di P2X7 con uno specifico inibitore la mortalità indotta dalle nanoparticelle di silice non ha subito variazioni sia nei monociti che nei macrofagi, mentre i monociti hanno mostrato una maggior resistenza alle nanoparticelle in presenza di un inibitore della caspasi 1, segno di una possibile morte per piroptosi causata dalle nanoparticelle in queste cellule. Un altro aspetto importante presentato in questa tesi di dottorato riguarda l’influenza del siero (FCS) sugli effetti citotossici e pro infiammatori indotti dalle nanoparticelle di silice amorfa. Innanzitutto, all’aumentare della concentrazione del siero sia la soglia di tossicità sia l’LD50 delle nanoparticelle di silice sono risultate spostate verso valori più alti, indicando un effetto protettivo dell’ FCS (più evidente nei non fagociti rispetto ai fagociti), cosi come la produzione di citochine pro infiammatorie nei monociti e nei macrofagi. Per capire se questo spostamento fosse dovuto a una diversa associazione delle nanoparticelle alle cellule sono stati fatti esperimenti con le nanoparticelle fluorescenti Stöber, che hanno evidenziato come la presenza di siero fosse in grado di diminuire il legame fra la nanoparticelle e le cellule, in particolare nel caso dei linfociti e delle HeLa. Questo risultato è in accordo con la precedente osservazione di un maggior effetto protettivo del siero nei non fagociti, e rafforza l’ipotesi che la tossicità delle nanoparticelle sia in qualche modo legata al loro livello di interazione con le cellule. Inoltre, anche la localizzazione intracellulare delle nanoparticelle è risultata essere influenzata dalla concentrazione di siero. In particolare, in assenza di siero le nanoparticelle erano prevalentemente distribuite sulla membrana cellulare nei monociti e nelle HeLa, mentre nei macrofagi venivano internalizzate in fago-lisosomi, anche se meno efficientemente che con 10% FCS. Vista la diversa localizzazione subcellulare nelle due diverse condizioni di siero, ci si è chiesti se l’effetto protettivo dell’ NH4CL, Bafilomicina AI e dell’inibitore della caspasi 1 osservato nei monociti nelle condizioni di coltura standard (10% FCS) venisse mantenuto anche in assenza di siero. Né la neutralizzazione dei compartimenti acidi né l’inibizione della caspasi 1 si sono dimostrati efficaci nel prevenire la tossicità, indicando che nei monociti il meccanismo di morte cellulare fosse diverso in assenza o in presenza di siero. Nella seconda parte della mia tesi di dottorato ho analizzato diversi aspetti dell’interazione delle nanoparticelle con le proteine del plasma e del siero, essendo questo un aspetto cruciale nell’applicazione dei nanomateriali in campo biomedico. Infatti, nanoparticelle introdotte nell’organismo (in particolare del circolo sanguigno come vettori per farmaci o agenti d’immagine) vengono rapidamente rivestite da una serie di proteine (costituenti la cosiddetta “corona di proteine”) in grado di mediare l’interazione cellula-nanoparticella. Questa problematica è stata affrontata utilizzando come nanoparticelle modello le Ludox TM40 (per mantenere la continuità con la caratterizzazione fatta in precedenza) ed eseguendo esperimenti in parallelo con il siero fetale bovino ed il plasma umano. Le principali proteine del siero bovino legate alle nanoparticelle di silice sono risultate essere il plasminogeno, l’albumina, le apolipoproteine AI e AII e l’emoglobina, mentre quelle del plasma umano le immunoglobuline, l’histidine rich glycoprotein, l’albumina e le apolipoproteine AI, AII e CIII. Il pattern di proteine adsorbite alle nanoparticelle di silice ha evidenziato che a basse concentrazioni di siero/plasma la principale proteina legata era l’albumina (la proteina più abbondante del siero/plasma), mentre all’aumentare della concentrazione di siero/plasma essa veniva “spiazzata” da proteine meno abbondanti (in primis dalle apolipoproteine), suggerendo una maggiore affinità di queste ultime per la superficie di nanoparticelle di silice amorfa. In accordo con questa ipotesi, le nanoparticelle inizialmente legavano il plasminogeno, l’emoglobina e le apolipoproteine, mentre solo quando queste proteine venivano esaurite dal siero (in presenza di alte dosi di nanoparticelle) iniziava a legarsi l’albumina, proporzionalmente alla quantità di nanoparticelle presenti. Dall’analisi del pattern di proteine legate alla silice in presenza di differenti pH è emerso che esso non subiva variazioni rilevanti in presenza di un ambiente neutro (rappresentativo del citoplasma) o di un ambiente acido (rappresentativo degli endo-lisosomi). Infine, esperimenti preliminari su come le singole proteine della corona potessero influenzare l’attività biologica delle nanoparticelle hanno indicato né le immunoglobuline né l’HRG erano in grado di diminuire gli effetti citotossici delle nanoparticelle, mentre l’albumina e, in particolare, le HDL erano fortemente protettive, riducendo l’associazione delle nanoparticelle alle cellule
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VOLPE, ELISABETTA. "Gene expression profiling of mycobacterium tuberculosis and human macrophage during host-pathogen interaction." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2004. http://hdl.handle.net/2108/208538.

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Abstract:
I macrofagi giocano un ruolo essenziale nella risposta immune a Mycobacterium tuberculosis (Mtb), ma Mtb ha evoluto una serie di meccanismi per superare le risposte macrofagiche e può sopravvivere a lungo all’interno del macrofago umano. Lo studio della risposta trascrizionale all’infezione sia dell’ospite che del patogeno, potrebbe essere interessante per conoscere meglio questa interazione. Con questo scopo noi abbiamo analizzato, a livello trascrizionale, la relazione tra virulento Mtb e macrofago umano dopo 7 giorni di infezione, usando la tecnica del macroarray. Noi abbiamo settato una procedura sperimentale per arricchire di RNA micobatterico, l’RNA totale estratto dalle cellule infettate. Inoltre abbiamo ottimizzato il processo di retrotrascrizione per la generazione del cDNA di Mtb, usando primers specifici per il batterio. Quindi abbiamo analizzato le alterazione di Mtb intracellulare rispetto a Mtb cresciuto in un terreno di coltura sintetico, usando un macroarray con l’intero genoma di Mtb, e abbiamo studiato il profilo di espressione genica dei macrofagi infettati, rispetto ai non infettati, usando un macroarray contenente 858 geni umani coinvolti in processi immunoregolatori. L'analisi globale del trascrittoma di Mtb descritta in questo studio evidenzia un batterio che sente attivamente l’ambiente che lo circonda e che si adatta alle condizioni ostili intracellulari. Dal punto di vista del macrofago, invece, l’infezione determina un’up-regolazione di geni codificanti principalmente molecole con ruolo chemotattico, indicando che il macrofago umano mantiene, dopo 7 giorni di interazione col patogeno, la propria capacità di reclutare altre cellule al sito di infezione. I dati di alcuni geni ottenuti dall’ array sono stati confermati in real-time polymerase chain reactions (PCR). In questo contesto noi abbiamo sviluppato un saggio SYBR Green real-time PCR più specifico e sensibile per rilevare mRNAs micobatterici, rari e ricchi in GC, da campioni di cellule infettate.
Macrophages play an essential role in the immune response to Mycobacterium tuberculosis (Mtb), but Mtb evolved effective mechanisms to survive most macrophage effector functions and it can persist within macrophage longtime. The study of transcriptional response to infection of both host and pathogen, should be interesting to better understand this interaction. To this aim we analyzed, at transcriptional level, the relationship of virulent Mtb and human macrophages after 7 days of infection by macroarrays technique. We set up the experimental procedure to enrich in mycobacterial RNA the total RNA extracted from Mtb-infected cells. We optimized also, the reverse transcription process for Mtb cDNA generation, using Mtb specific primers. Then, we studied simultaneously the gene expression profile of the host and the pathogen. We analyzed the alterations in intracellular Mtb, respect to Mtb grown in synthetic medium, using a macroarray with the whole Mtb genome and the gene expression profile of infected macrophages, versus uninfected ones, using a macroarray containing 858 human genes involved in immunoregulation. The global Mtb transcriptome described in this study suggests an intracellular Mtb that actively sense and adapt itself to hostile environment. On the other hand, human macrophages up-regulate, mainly, genes encoding for molecules with a chemotactic role, indicating their maintenance of capacity to recruit other cells at the site of infection, after 7 days of interaction with the pathogen. The data for a selected group of the modulated genes were confirmed by real-time polymerase chain reactions (PCR). In this context we developed a more sensitive and more specific SYBR Green real-time PCR assay to detect rare and GC-rich mycobacterial mRNAs from infected samples.
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SANFRATELLO, Maria Antonietta. "Citochine nell'ascidia Ciona intestinalis." Doctoral thesis, 2011. http://hdl.handle.net/10447/105065.

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Ricchio, Emilia, Diego Sisci, and Loredana Mauro. "Effects of adiponectin on the progression of breast cancer: role of Estrogen Receptor alpha." Thesis, 2014. http://hdl.handle.net/10955/1285.

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Abstract:
Dottorato di Ricerca in Biochimica Cellulare ed Attività dei Farmaci in Oncologia, XXVII Ciclo, a.a. 2013-2014
Adipose tissue is no longer considered an inert tissue for storing energy but is now recognized as an active endocrine organ secreting adipokines, cytokines and a diverse range of inflammatory markers. Adiponectin is one of the adipokines secreted by white adipose tissue and has been suggested to improve insulin sensitivity, regulate glucose and lipid metabolism and might play a role in the development of diabetes and atherosclerosis. In addition, it appears to play an important role also in the development and progression of several obesity-related malignancies, including breast cancer. In the present study, we demonstrated that adiponectin induces a dichotomic effect on breast cancer growth. Indeed, it stimulates growth in ERα-positive MCF- 7 cells while it inhibits proliferation of ERα-negative MDA-MB-231 cells. Notably, only in MCF-7 cells adiponectin exposure exerts a rapid activation of MAPK phosphorylation, which is markedly reduced when knockdown of the ERα gene occurred. In addition, adiponectin induces rapid IGF-IR phosphorylation in MCF-7 cells, and the use of ERα siRNA prevents this effect. Moreover, MAPK activation induced by adiponectin was reversed by IGF-IR siRNA. Coimmunoprecipitation studies show the existence of a multiprotein complex involving AdipoR1, APPL1, ERα, IGF-IR, and c-Src that is responsible for MAPK signaling activation in ERα-positive breast cancer cells. It is well known that in addition to the rapid effects through non-genomic mechanisms, ERα also mediates nuclear genomic actions. In this concern, we demonstrated that adiponectin is able to transactivate ERα in MCF-7 cells. We showed the classical features of ERα transactivation: nuclear localization, downregulation of mRNA and protein levels, and upregulation of estrogen dependent genes. Finally we demonstrate that in vivo adiponectin (1 and 5 μg/ml) induces a significant reduction (60 and 40%, respectively) in tumor volume in animals injected with human ERα-negative MDA-MB-231 cells, whereas an increased tumor growth (54 and 109%, respectively) is observed in the animals receiving human ERα-positive MCF-7 cells. Moreover, cyclin D1 (CD1) mRNA and protein levels are decreased in MDA-MB-231 cells, while they are upregulated in MCF-7 cells by adiponectin. Collectively, this study clarifies the molecular mechanism through which adiponectin modulates breast cancer cell growth, providing evidences on the celltype dependency of adiponectin action in relationship to ERα status.
Università della Calabria
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DI, LIBERTO Diana. "RUOLO DEI "RECETTORI ATIPICI" PER CITOCHINE E CHEMOCHINE, TIR8 E D6, NELLA REGOLAZIONE DELLE RISPOSTE INFIAMMATORIE INDOTTE DA MYCOBACTERIUM TUBERCULOSIS." Doctoral thesis, 2011. http://hdl.handle.net/10447/95385.

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