Dissertations / Theses on the topic 'Cellule polmonari'

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ZERBONI, ALESSANDRA. "STUDY ON THE BIO-INTERACTION AND TOXIC EFFECTS OF PARTICLES EMITTED FROM DIFFERENT SOURCES: CONTRIBUTION TO RISK MANAGEMENT." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2021. http://hdl.handle.net/10281/314179.

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Abstract:
L'inquinamento atmosferico rimane un problema globale per il 21 °secolo, in quanto causa di malattie cardiovascolari e respiratorie. È urgente stabilire il reale impatto del particolato (PM) sulla salute umana includendo l'analisi delle fonti, la distribuzione delle dimensioni, la composizione fisico-chimica (P-chem) e i meccanismi tossicologici. L'aumento dei dati in vitro per stabilire i meccanismi di tossicità utilizzando linee cellulari umane esposte a specifici inquinanti atmosferici da fonti di emissione rigorosamente caratterizzate, potrebbe aiutare a validare approcci scientifici nella caratterizzazione dei rischi per la salute, che alla fine possono determinare azioni normative potenzialmente più efficaci per proteggere la salute pubblica. Lo scopo di questa tesi è stato quello di studiare gli effetti in vitro delle particelle emesse da diverse fonti di combustione utilizzando cellule polmonari umane, concentrandosi sulla relazione tra le caratteristiche P-chem del PM e i processi cellulari e molecolari che inducono la tossicità. Sono stati utilizzati modelli in vitro rappresentativi del sistema respiratorio umano per studiare la bio-interazione e gli effetti tossicologici delle particelle. Sono state confrontate diverse particelle derivate da combustione, con particolare attenzione alle particelle fini e ultrafini (UFPs), ovvero le particelle emesse allo scarico di veicoli di vecchia e nuova generazione diesel (DEP) e alle particelle emesse dalla combustione di biomassa solida per il riscaldamento residenziale. Le emissioni dei veicoli e delle stufe a biomasse, così come la raccolta del PM, sono state eseguite in collaborazione con INNOVHUB SSI (Area Combustibili), mentre la caratterizzazione P-chem e gli studi tossicologici sono stati effettuati presso il Dipartimento di Scienze della Terra e dell'Ambiente (DISAT) - Centro di ricerca POLARIS (Polveri in Ambiente e Rischio per la Salute) e presso l'Unità Consumer Products Safety del Centro Comune di Ricerca della Commissione Europea. I risultati di questo lavoro mostrano che testare diversi materiali campionati in condizioni realistiche consente di valutare come la tossicità delle particelle possa variare in relazione alla fonte. Questi dati suggeriscono che lo stress ossidativo e il rilascio di citochine infiammatorie sono eventi cruciali dopo l'esposizione a DEP, che possono anche portare all'attivazione dell’endotelio vascolare. Confrontando un veicolo diesel di vecchia generazione senza DPF (Diesel Particulate Filter) e uno di ultima generazione (o “Euro 6”) durante la rigenerazione del DPF abbiamo dimostrato che il DEP Euro 6 determina una minore risposta biologica, ed è caratterizzato da diversa composizione metallica e minore concentrazione di Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) rispetto a quello emesso allo scarico del veicolo di vecchia generazione, sebbene le emissioni da Euro 6 durante la rigenerazione del DPF siano caratterizzate da un maggior numero di particelle in modalità nucleazione. Il DEP emesso da un veicolo diesel di vecchia generazione si è confermato essere un componente molto pericoloso del PM urbano, anche rispetto alle particelle derivate dalla combustione (CDPs) di legna. Tuttavia, non si devono escludere possibili conseguenze sulla salute umana derivanti dall'esposizione cronica alle CDPs da biomassa. Inoltre, sono stati valutati anche gli effetti della co-esposizione di nanoparticelle di ossido di metallo (NPs), rappresentative dell’inquinamento non combustivo in miscela con DEP. La co-esposizione con DEP può ridurre la tossicità delle NPs o aumentarla. Questo risultato indica che è necessario valutare la possibile interazione di diverse particelle pericolose presenti in atmosfera e la tossicità derivante dagli effetti della loro miscela.
Due to cardiovascular and respiratory diseases, air pollution remains a global issue for the 21st century. There is an urgent need to establish the real impact of Particulate Matter (PM) on human health by including the analysis of sources, size distribution, physico-chemical (P-chem) composition, and toxicological mechanisms. Increasing in vitro data for establishing pathways of toxicity in human cell lines exposed to specific air pollutants from rigorously characterized emission sources, could help to improve scientifically sound approaches in health risk characterizations, which finally may result in regulatory actions potentially more effective to protect public health. The aim of this thesis was to study the in vitro effects of particles emitted from different combustion sources using human lung cells, focusing on the relationship between the PM P-chem attributes and the cellular and molecular pathways that drive the toxicity. In vitro models, representative of the human respiratory system, were used to study the bio-interaction and toxicological effects of particles. Different exhaust particles were compared, with special emphasis on fine and ultrafine Particles (UFPs), namely Diesel exhaust particles (DEPs) from old and new generation vehicles and on particles emitted from the combustion of solid biomass fuels for residential heating. The emissions from vehicles and biomass-propelled stoves, as well as the PM collection, were performed in collaboration with INNOVHUB SSI (Fuels Department), while the P-chem characterization and toxicological studies were carried out in the Department of Earth and Environmental Sciences (DISAT)- POLARIS research centre (Polveri in Ambiente e Rischio per la Salute) and at the Consumer Products Safety Unit of the European Commission's Joint Research Centre. The results of this work show that testing different material sampled in realistic conditions allows evaluating how the toxicity of particles may vary in relation to the source. These data suggest that oxidative stress and inflammatory cytokines releases are crucial events after DEP exposure, which can also lead to vascular endothelial activation. Comparing an old generation diesel vehicle without DPF (Diesel Particulate Filter) and last generation (or “Euro 6”) one during regeneration of DPF, we proved that Euro 6 is less powerful in activating the biological response, and it is characterized by different metal composition and less concentration of Polycyclic Aromatic Hydrocarbons (PAHs) than the old generation engine, although the exhaust emission from Euro 6 during DPF regeneration is characterized by a higher number of nucleation-mode particles. DEP emitted from an old generation diesel vehicle was confirmed as a very hazardous component of the urban PM, even when compared to Combustion derived particles (CDPs) from wood burning. However, the possible consequences on human health from chronic exposure to the wood CDPs should not be excluded. Moreover, the co-exposure effects of Metal Oxide Nanoparticles (NPs), representative of non-exhaust sources, and DEP were also evaluated. The co-exposure with DEP can either reduce the toxicity of NPs or enhance it. This finding indicates that the possible interaction of different hazardous airborne particles and the toxicity deriving from the mixture effects should be evaluated.
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Davoli, Fabio <1978&gt. "Carcinoma polmonare non a piccole cellule T1aN0M0: Ruolo prognostico della Microvessel Density." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6341/1/davoli_fabio_tesi.pdf.

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Abstract:
Obiettivi. Valutare l’angiogenesi tumorale mediante la Microvessel density (MVD) come fattore predittivo di mortalità per tumore polmonare non a piccole cellule (NSCLC) pT1aN0M0 trattato chirurgicamente. Metodi. I dati demografici, clinici e istopatologici sono stati registrati per 82 pazienti (60 maschi, 22 femmine) sottoposti a resezione chirurgica in due diverse Chirurgie Toraciche tra gennaio 2002 e dicembre 2007 per tumori polmonari non a piccole cellule pT1AN0M0. La MVD è stata valutata mediante il conteggio visivo dei microvasi positivi alla colorazione immunoistochimica con anticorpo monoclonale anti-CD31 e definita come il numero medio di microvasi per 1 mm2 di campo ottico. Risultati. Sono state eseguite 59 lobectomie (72%) e 23 resezioni sublobari (28%). Reperti istopatologici: 43 adenocarcinomi (52%) e 39 neoplasie non- adenocarcinoma (48%) pT1aN0M0; MVD media: 161 (CD31/mm2); mediana: 148; range 50-365, cut-off=150. Una MVD elevata (> 150 CD31/mm2) è stata osservata in 40 pazienti (49%), una MVD ridotta ( ≤ 150 CD31/mm2 ) in 42 pazienti (51%). Sopravvivenze a 5 anni: 70 % e 95%, rispettivamente per il gruppo ad elevata MVD vs il gruppo a ridotta MVD con una p = 0,0041, statisticamente significativa. Il tipo di resezione chirurgica, il diametro del tumore, le principali comorbidità e l’istotipo nono sono stati fattori predittivi significativi di mortalità correlata alla malattia. La MVD è risultata essere superiore nel gruppo “Adenocarcinoma” (MVD mediana=180) rispetto al gruppo “Non-Adenocarcinoma (MVD mediana=125), con un test di Mann-Whitney statisticamente significativo (p < 0,0001). Nel gruppo “Adenocarcinoma” la sopravvivenza a 5 anni è stata del 66% e 93 %, rispettivamente per i pazienti con MVD elevata e ridotta (p = 0.043. Conclusioni. Il nostro studio ha mostrato che la Microvessel density valutata con la colorazione immunoistochimica per CD31 ha un valore prognostico rilevante nel carcinoma polmonare in stadio precoce pT1aN0M0.
Objectives. To evaluate the degree of tumour angiogenesis detected by Microvessel Density (MVD) as a predictor of cancer-related death after surgical treatment in pT1aN0M0 Non-Small-Cell-Lung-Cancer (NSCLC). Methods. Demographic, surgical, and histopathological data, including MVD, were recorded for 82 patients (male, 60; female, 22; median age 68; range 36–82) who underwent surgical resection in two different Thoracic Surgery Units between January 2002 and December 2007 for pT1AN0M0 Non-Small-Cell-Lung-Cancer. MVD was assessed by visual count of microvessels immunostained with anti-CD31 monoclonal antibody and defined as the mean count of microvessels per 1-mm2 field area. MVD was then correlated with demographic and tumour-related variables and survival. Results. Fifty-nine lobectomies (72%) and 23 sublobar resections (28%) were performed; a systematic lymphadenectomy was always accomplished. Histopathological findings showed 43 Adenocarcinoma (52%) and 39 Non-adenocarcinoma (48%) pT1aN0M0 patients; mean tumour diameter was 18mm (range 7-20mm). Mean MVD was 161 (CD31/mm2), median=148, range 50-365. A cut-off was established at 150. High-MVDExpression (>150 CD31/mm2) was observed in 40 patients (49%), Low-MVD-Expression (≤ 150 CD31/mm2) in 42 patients (51%). Survival rates were calculated by the Kaplan–Meier method and compared by the log rank test. 5-years survivals were 70% and 95% for, respectively, the High-MVD-Expression-Group and the Low-MVDExpression- Group with a p=0,0041, statistically significant. Univariate analysis revealed type of surgical resection, tumour diameter , major comorbidities and histotype not to be significant predictors of disease-related death. MVD was found to be higher into the Adenocarcinoma-group (median MVD=180) versus the Non- Adenocarcinoma group (median MVD=125), with a statistically significant Mann-Whitney test (p < 0,0001). According to the Adenocarcinoma-subgroup, 5-years survival rates were 66% and 93% for, respectively, High-MVD-Expression and Low-MVD-Expression patients (p=0,043 statistically significant). Conclusions. Our study indicated that Microvessel Density assessed with CD31 immunostaining has a relevant prognostic value in early lung cancer pT1aN0M0.
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Davoli, Fabio <1978&gt. "Carcinoma polmonare non a piccole cellule T1aN0M0: Ruolo prognostico della Microvessel Density." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6341/.

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Abstract:
Obiettivi. Valutare l’angiogenesi tumorale mediante la Microvessel density (MVD) come fattore predittivo di mortalità per tumore polmonare non a piccole cellule (NSCLC) pT1aN0M0 trattato chirurgicamente. Metodi. I dati demografici, clinici e istopatologici sono stati registrati per 82 pazienti (60 maschi, 22 femmine) sottoposti a resezione chirurgica in due diverse Chirurgie Toraciche tra gennaio 2002 e dicembre 2007 per tumori polmonari non a piccole cellule pT1AN0M0. La MVD è stata valutata mediante il conteggio visivo dei microvasi positivi alla colorazione immunoistochimica con anticorpo monoclonale anti-CD31 e definita come il numero medio di microvasi per 1 mm2 di campo ottico. Risultati. Sono state eseguite 59 lobectomie (72%) e 23 resezioni sublobari (28%). Reperti istopatologici: 43 adenocarcinomi (52%) e 39 neoplasie non- adenocarcinoma (48%) pT1aN0M0; MVD media: 161 (CD31/mm2); mediana: 148; range 50-365, cut-off=150. Una MVD elevata (> 150 CD31/mm2) è stata osservata in 40 pazienti (49%), una MVD ridotta ( ≤ 150 CD31/mm2 ) in 42 pazienti (51%). Sopravvivenze a 5 anni: 70 % e 95%, rispettivamente per il gruppo ad elevata MVD vs il gruppo a ridotta MVD con una p = 0,0041, statisticamente significativa. Il tipo di resezione chirurgica, il diametro del tumore, le principali comorbidità e l’istotipo nono sono stati fattori predittivi significativi di mortalità correlata alla malattia. La MVD è risultata essere superiore nel gruppo “Adenocarcinoma” (MVD mediana=180) rispetto al gruppo “Non-Adenocarcinoma (MVD mediana=125), con un test di Mann-Whitney statisticamente significativo (p < 0,0001). Nel gruppo “Adenocarcinoma” la sopravvivenza a 5 anni è stata del 66% e 93 %, rispettivamente per i pazienti con MVD elevata e ridotta (p = 0.043. Conclusioni. Il nostro studio ha mostrato che la Microvessel density valutata con la colorazione immunoistochimica per CD31 ha un valore prognostico rilevante nel carcinoma polmonare in stadio precoce pT1aN0M0.
Objectives. To evaluate the degree of tumour angiogenesis detected by Microvessel Density (MVD) as a predictor of cancer-related death after surgical treatment in pT1aN0M0 Non-Small-Cell-Lung-Cancer (NSCLC). Methods. Demographic, surgical, and histopathological data, including MVD, were recorded for 82 patients (male, 60; female, 22; median age 68; range 36–82) who underwent surgical resection in two different Thoracic Surgery Units between January 2002 and December 2007 for pT1AN0M0 Non-Small-Cell-Lung-Cancer. MVD was assessed by visual count of microvessels immunostained with anti-CD31 monoclonal antibody and defined as the mean count of microvessels per 1-mm2 field area. MVD was then correlated with demographic and tumour-related variables and survival. Results. Fifty-nine lobectomies (72%) and 23 sublobar resections (28%) were performed; a systematic lymphadenectomy was always accomplished. Histopathological findings showed 43 Adenocarcinoma (52%) and 39 Non-adenocarcinoma (48%) pT1aN0M0 patients; mean tumour diameter was 18mm (range 7-20mm). Mean MVD was 161 (CD31/mm2), median=148, range 50-365. A cut-off was established at 150. High-MVDExpression (>150 CD31/mm2) was observed in 40 patients (49%), Low-MVD-Expression (≤ 150 CD31/mm2) in 42 patients (51%). Survival rates were calculated by the Kaplan–Meier method and compared by the log rank test. 5-years survivals were 70% and 95% for, respectively, the High-MVD-Expression-Group and the Low-MVDExpression- Group with a p=0,0041, statistically significant. Univariate analysis revealed type of surgical resection, tumour diameter , major comorbidities and histotype not to be significant predictors of disease-related death. MVD was found to be higher into the Adenocarcinoma-group (median MVD=180) versus the Non- Adenocarcinoma group (median MVD=125), with a statistically significant Mann-Whitney test (p < 0,0001). According to the Adenocarcinoma-subgroup, 5-years survival rates were 66% and 93% for, respectively, High-MVD-Expression and Low-MVD-Expression patients (p=0,043 statistically significant). Conclusions. Our study indicated that Microvessel Density assessed with CD31 immunostaining has a relevant prognostic value in early lung cancer pT1aN0M0.
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Morganti, Stefano. "Identificazione dell'enzima Nicotinamide N-Metiltrasferasi quale marker molecolare del carcinoma polmonare non a piccole cellule." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2014. http://hdl.handle.net/11566/242767.

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Abstract:
Il carcinoma polmonare rappresenta la neoplasia più diffusa a livello mondiale e la principale causa di morte per cancro. L’aumento del tasso di sopravvivenza dei pazienti affetti da tale patologia è affidato ai progressi compiuti in campo chirurgico e terapeutico, nonché all’identificazione di nuovi marcatori per una diagnosi precoce. Oggetto del presente lavoro di ricerca è l’enzima nicotinamide N-metiltrasferasi (NNMT). I livelli di espressione dell’NNMT sono stati valutati nel tessuto polmonare tumorale e nel tessuto peritumorale prossimo e lontano, rispetto al margine della neoplasia, di 36 pazienti affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) mediante Real-Time PCR, Western blot, analisi immunoistochimica e saggio di attività catalitica. Allo scopo di esplorare il coinvolgimento dell’NNMT nel metabolismo della cellula tumorale, è stato effettuato il silenziamento dell’NNMT mediante l’impiego di plasmidi codificanti shRNA ed è stato valutato l’effetto di tale downregolazione sulla proliferazione cellulare e sul potenziale tumorigenico della linea cellulare di carcinoma polmonare A549. I risultati ottenuti evidenziano un aumento dell’espressione dell’NNMT (mRNA e proteina) nel tessuto tumorale rispetto al tessuto peritumorale prossimo e lontano dal margine della neoplasia. Inoltre, il tessuto tumorale mostra livelli di attività specifica significativamente più elevati rispetto al tessuto peritumorale prossimo e lontano dalla neoplasia. In particolare, il tessuto polmonare peritumorale, sia prossimo che lontano dal margine della neoplasia dei casi sfavorevoli (N+), mostra livelli di attività nicotinamide N-metiltrasferasica più elevati rispetto a quelli rilevabili a carico degli stessi tessuti relativi ai casi favorevoli (N0), suggerendo che a livello molecolare il tessuto peritumorale dei casi sfavorevoli (N+) si trova in una fase, seppur estremamente precoce, della trasformazione neoplastica. Il silenziamento dell’NNMT ha determinato una diminuzione significativa della proliferazione cellulare e della capacità di formare colonie in assenza di adesione al substrato. I dati riportati nel presente lavoro indicano che l’NNMT rappresenta un marcatore molecolare del carcinoma polmonare non a piccole cellule e supportano l’ipotesi secondo la quale esso possa svolgere un ruolo importante nella crescita del tumore e nell’invasione neoplastica. Successivi studi saranno rivolti a chiarire se l’NNMT possa rappresentare un potenziale bersaglio di una terapia antineoplastica.
Lung cancer is the most common neoplasm worldwide and the leading cause of tumor death. Improvements in surgery and therapy, as well as the discovery of new and effective markers for an early diagnosis, are necessary to increase the overall survival rate. This study is focused on the enzyme nicotinamide N-methyltransferase (NNMT). NNMT expression levels were evaluated in tumor, tumor-adjacent and surrounding tissue samples of 36 patients with non-small cell lung carcinoma (NSCLC) by Real-Time PCR, Western blot analysis, catalytic activity assay and immunohistochemical analysis. To explore the involvement of NNMT in tumor cell metabolism, we evaluated the effect of shRNA-mediated inhibition of NNMT on cell proliferation and tumorigenic potential of A549 lung cancer cell line. Results obtained showed NNMT upregulation (mRNA and protein) in tumor compared with both tumor-adjacent and surrounding tissue. Moreover, NSCLC displayed significantly higher activity levels than those determined in both tumor-adjacent and surrounding tissue. Interestingly, both tumor-adjacent and surrounding tissue samples of unfavorable cases (N+) seem to display higher activity levels than those of favorable NSCLCs (N0), suggesting that normal-looking tissue of unfavorable cases seems to change toward cancer. NNMT downregulation significantly inhibited cell proliferation and reduced colony formation ability on soft agar. Reported data indicate that NNMT represents a molecular marker for non-small cell lung carcinoma and support the hypothesis that it could play an important role in tumor growth and invasion. Further studies may establish whether NNMT could represent a target for an effective anti-cancer therapy.
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Brand, Thomas. "Studio della correlazione fra la percentuale di cellule neoplastiche mutate in EGFR e la risposta a farmaci TKI nell'adenocarcinoma polmonare." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amslaurea.unibo.it/11148/.

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Abstract:
Il gene EGFR e' un marcatore molecolare fondamentale per determinare la sensibilita' o meno ai farmaci inibitori delle tirosin-chinasi (TKI) in pazienti affetti da adenocarcinoma polmonare. Lo scopo del lavoro e' di determinare se la percentuale di cellule neoplastiche mutate in EGFR correli con la risposta ai farmaci TKI. Sono stati analizzati 18 casi; di ogni caso e' stato analizzato il gene EGFR (esoni 18, 19, 20 e 21) mediante Next Generation Sequencing (NGS). La quantita' di cellule neoplastiche presenti nell'area analizzata e' stata valutata da un patologo, su un vetrino colorato con Ematossilina-Eosina, e tale quantita' e' stata normalizzata alla percentuale di alleli mutati rilevata mediante NGS. E' stata rilevata una correlazione fra la percentuale di cellule neoplastiche mutate in EGFR e la risposta ai TKI, ed e' stato osservato che pazienti con una percentuale di cellule neoplastiche mutate al di sopra del 56% presentano una migliore "overall survival" rispetto ai pazienti con una percentuale inferiore. I dati suggeriscono che, oltre al valore predittivo, la definizione della percentuale di cellule neoplastiche mutate in EGFR potrebbe avere un valore prognostico.
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Amico, Donatella. "Effetti biologici degli autoanticorpi anti-recettore del PDGF isolati dai pazienti sclerodermici sulle cellule muscolari lisce umane di arteria polmonare." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2012. http://hdl.handle.net/11566/242036.

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Abstract:
Il danno microvascolare è un evento precoce nella sclerodermia (SSc, Sclerosi Sistemica) ed è noto come lo stress ossidativo sia implicato nella patogenesi della malattia. I radicali liberi dell’ossigeno (ROS) sono ampiamente riconosciuti come importanti secondi messaggeri cellulari nell’ambito della parete vascolare e la NADPH ossidasi rappresenta la principale fonte di radicali liberi a questo livello; in particolare NOX 4 è la principale isoforma di NADPH oxidasi espressa nelle cellule muscolari lisce vascolari. Poiché il nostro gruppo ha di recente identificato la presenza di auto anticorpi attivatori diretti contro il recettore del PDGF nel siero dei pazienti sclerodermici, in questa tesi si è voluto verificare quali fossero gli effetti biologici di questi autoanticorpi sulle cellule muscolari lisce di arteria polmonare valutando l’implicazione relativa di NOX4 e dei ROS. I risultati ottenuti mostrano chiaramente che le pareti dei vasi dei pazienti affetti da Sclerodermia sono caratterizzate da un abnorme stress ossidativo e da un aumento dell’espressione di NOX4. Inoltre, in vitro, le immunoglobuline sclerodermiche sono in grado di indurre la produzione di radicali libero dell’ossigeno, la proliferazione, la migrazione e la produzione di collagene 1 (alpha1) nelle cellule muscolari lisce di arteria polmonare attraverso l’interazione con il recettore del PDGF e l’induzione di NOX4. Per concludere, quindi, possiamo affermare che gli autoanticorpi anti-recettore del PDGF costituiscono una nuova fonte di danno nella sclerodermia, contribuendo alla patogenesi delle lesioni vascolari tipiche della malattia.
Microvasculature damage is one of the earliest events in the onset of Scleroderma (SSc, Systemic sclerosis). Oxidative stress has been implicated in the pathogenesis of SSc and reactive oxygen species (ROS) have been recognized as important signaling molecules in the vascular wall. The NADPH oxidase family is the major source of ROS in the vasculature. Between the various existing NADPH oxidase isoformes, NOX4 is the predominant form in vascular smooth muscle cells. Since we have already identified the presence of anti PDGF receptor (PDGFR) stimulatory antibodies in patients with Systemic Sclerosis, in this study we sought to investigate the effects of these autoantibodies on human vascular smooth muscle cells (HPASMC), in order to understand the biological effects and the implication of ROS and NOX4. With this work we were able to show ex vivo that SSc is characterized by excessive oxidative stress and upregulation of NOX4 within the vascular wall. In vitro, Scleroderma immunoglobulins induce ROS production in HPASMC. This effect is mediated through the PDGFR and NOX4. Furthermore PDGF and SSc immunoglobulins mediate NOX4 upregulation which in turns determines a ROS mediated mitogenic and pro-migratory effect on human pulmonary artery smooth muscle cells and a significant induction in collagen I (alpha1) gene expression. In conclusion Anti PDGFR autoantibodies may contribute to the pathogenesis of this disease through their effects on vascular damage typically observed in Scleroderma.
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Galetta, Domenico <1971&gt. "Profilo farmacogenetico di determinanti molecolari dell'attività di cisplatino e gemcitabina in pazienti affetti da tumore polmonare non a piccole cellule." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2000/1/GALETTA_DOMENICO_tesi.pdf.

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Abstract:
Il carcinoma polmonare rappresenta un problema socio-sanitario di grande rilievo, essendo la prima causa di morte per neoplasia. Il carcinoma polmonare non a piccole cellule (non small cell lung cancer - NSCLC) rappresenta la variante istologica più frequente (80% dei casi di tumore polmonare). Al momento della diagnosi circa il 60-70% dei pazienti presenta una malattia in stadio avanzato o metastatico non essendo suscettibile di trattamento chirurgico. Per questi pazienti il trattamento chemioterapico determina un prolungamento della sopravvivenza e un miglioramento della qualità  della vita rispetto alla sola terapia di supporto, identificandosi come standard terapeutico. L'individuazione del migliore trattamento chemioterapico per questo subset di pazienti rappresenta pertanto una delle principali sfide della ricerca oncologica. I regimi polichemioterapici si possono dividere schematicamente in tre generazioni in relazione all'introduzione nel corso degli anni di nuovi agenti chemioterapici. Con l'avvento dei regimi di terza generazione, il trattamento del NSCLC avanzato sembra aver raggiunto un plateau, mancando infatti chiare dimostrazioni di superiorità  di un regime di ultima generazione rispetto ad un altro. Tra questi l'associazione cisplatino e gemcitabina rappresenta uno dei regimi standard più utilizzati in considerazione del suo favorevole rapporto costo-beneficio. Al fine di migliorare i risultati del trattamento chemioterapico in termini di attività  ed efficacia, una possibilità  consiste nell'individuazione di parametri predittivi che ci consentano di identificare il miglior trattamento per il singolo paziente. Tra i vari parametri predittivi valutabili, un crescente interesse è stato rivolto a quelli di carattere genetico, anche grazie all'avvento di nuove tecniche di biologia molecolare e al sequenziamento del genoma umano che ha dato nuovo impulso a studi di farmacogenetica e farmacogenomica. Sulla base di queste considerazioni, in questa tesi è stato effettuato uno studio mirato a valutare l'espressione di determinanti molecolari coinvolti nel meccanismo di azione di gemcitabina e cisplatino in pazienti affetti dai due tipi istologici principali di NSCLC, adenocarcinomi e carcinomi squamocellulari. Lo studio dei livelli di espressione genica è stata effettuata in tessuti di 69 pazienti affetti da NSCLC arruolati presso l'Istituto Europeo di Oncologia di Milano. In particolare, mediante Real Time PCR è stata valutata l'espressione genica di ERCC1, hENT1, dCK, 5'-NT, CDA, RRM1 e RRM2 in 85 campioni isolati con microdissezione da biopsie provenienti dai tessuti polmonari normali o tumorali o dalle metastasi linfonodali. Le analisi di questi tessuti hanno mostrato differenze significative per i pattern di espressione genica di diversi determinanti molecolari potenzialmente utile nel predire l'efficacia di gemcitabina/cisplatino e per personalizzare i trattamenti in pazienti affetti da cancro. In conclusione, l'evoluzione delle tecniche di biologia molecolare promossa dagli studi di farmacogenetica racchiude in sè notevoli potenzialità  per quanto concerne l'ideazione di nuovi protocolli terapeutici. Identificando le caratteristiche genotipiche e i livelli di espressione geniche di determinanti molecolari implicati nella risposta ai farmaci potremmo infatti predisporre delle mappe di chemiosensibilità-chemioresistenza per ciascun paziente, nell'ottica di approntare di volta in volta le più appropriate terapie antitumorali in base alle caratteristiche genetiche del paziente e della sua patologia neoplastica.
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Galetta, Domenico <1971&gt. "Profilo farmacogenetico di determinanti molecolari dell'attività di cisplatino e gemcitabina in pazienti affetti da tumore polmonare non a piccole cellule." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2000/.

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Abstract:
Il carcinoma polmonare rappresenta un problema socio-sanitario di grande rilievo, essendo la prima causa di morte per neoplasia. Il carcinoma polmonare non a piccole cellule (non small cell lung cancer - NSCLC) rappresenta la variante istologica più frequente (80% dei casi di tumore polmonare). Al momento della diagnosi circa il 60-70% dei pazienti presenta una malattia in stadio avanzato o metastatico non essendo suscettibile di trattamento chirurgico. Per questi pazienti il trattamento chemioterapico determina un prolungamento della sopravvivenza e un miglioramento della qualità  della vita rispetto alla sola terapia di supporto, identificandosi come standard terapeutico. L'individuazione del migliore trattamento chemioterapico per questo subset di pazienti rappresenta pertanto una delle principali sfide della ricerca oncologica. I regimi polichemioterapici si possono dividere schematicamente in tre generazioni in relazione all'introduzione nel corso degli anni di nuovi agenti chemioterapici. Con l'avvento dei regimi di terza generazione, il trattamento del NSCLC avanzato sembra aver raggiunto un plateau, mancando infatti chiare dimostrazioni di superiorità  di un regime di ultima generazione rispetto ad un altro. Tra questi l'associazione cisplatino e gemcitabina rappresenta uno dei regimi standard più utilizzati in considerazione del suo favorevole rapporto costo-beneficio. Al fine di migliorare i risultati del trattamento chemioterapico in termini di attività  ed efficacia, una possibilità  consiste nell'individuazione di parametri predittivi che ci consentano di identificare il miglior trattamento per il singolo paziente. Tra i vari parametri predittivi valutabili, un crescente interesse è stato rivolto a quelli di carattere genetico, anche grazie all'avvento di nuove tecniche di biologia molecolare e al sequenziamento del genoma umano che ha dato nuovo impulso a studi di farmacogenetica e farmacogenomica. Sulla base di queste considerazioni, in questa tesi è stato effettuato uno studio mirato a valutare l'espressione di determinanti molecolari coinvolti nel meccanismo di azione di gemcitabina e cisplatino in pazienti affetti dai due tipi istologici principali di NSCLC, adenocarcinomi e carcinomi squamocellulari. Lo studio dei livelli di espressione genica è stata effettuata in tessuti di 69 pazienti affetti da NSCLC arruolati presso l'Istituto Europeo di Oncologia di Milano. In particolare, mediante Real Time PCR è stata valutata l'espressione genica di ERCC1, hENT1, dCK, 5'-NT, CDA, RRM1 e RRM2 in 85 campioni isolati con microdissezione da biopsie provenienti dai tessuti polmonari normali o tumorali o dalle metastasi linfonodali. Le analisi di questi tessuti hanno mostrato differenze significative per i pattern di espressione genica di diversi determinanti molecolari potenzialmente utile nel predire l'efficacia di gemcitabina/cisplatino e per personalizzare i trattamenti in pazienti affetti da cancro. In conclusione, l'evoluzione delle tecniche di biologia molecolare promossa dagli studi di farmacogenetica racchiude in sè notevoli potenzialità  per quanto concerne l'ideazione di nuovi protocolli terapeutici. Identificando le caratteristiche genotipiche e i livelli di espressione geniche di determinanti molecolari implicati nella risposta ai farmaci potremmo infatti predisporre delle mappe di chemiosensibilità-chemioresistenza per ciascun paziente, nell'ottica di approntare di volta in volta le più appropriate terapie antitumorali in base alle caratteristiche genetiche del paziente e della sua patologia neoplastica.
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Grisafi, Davide. "Possibile impiego delle cellule staminali del fluido amniotico per la riparazione del danno polmonare in un modello animale per broncodiplasia: valutazione in vitro e in vivo." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3426276.

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Abstract:
Introduction. Since our knowledge on the replication and differentiating capability of the respiratory tract is still limited, the therapeutic potential of this system is quite unexplored. The respiratory disease in pediatric age concerns several pathologies among which broncopulmonary dysplasia (BPD) in neonate and premature newborns, asthma and cistyc fibrosys are the most studied because of their diffusion among children and their infaust prognosis.. In the last few years some studies have shown the possibility of deriving progenitors with various potential from the amniotic fluid. Amniocentesis is a widely accepted method for prenatal diagnosis; it is associated with low risk both for the mother and the fetus and overcomes the ethical problems commonly associated to other sources. Recently, it has been described that amniotic fluid stem (hAFS) cells, for their ability to differentiate to various lineages, could represent a good candidate for therapeutic applications. The recent characterization of hAFS and the consolidation of the techniques for intratracheal transplantation have shown new perspectives for gene and cell therapy applications. In particular, for these purposes hAFS cells should be genetically modified with a therapeutic gene and delivered systematically or injected directly into the tissue of interest. Materials and methods The in vitro phase has evaluated for the first time the possibility to infect hAFS with first generation E1-deleted adenoviral vectors, and the mantainence of the stemness and differentiating capability even after transduction with foreign gene sequences. In the in vivo phase of the project we verified the pulmonary homing and the eventual engraftment of hAFS cells, after intratracheal administration, in a 60% O2 rat model presenting a respiratory disease similar to the one observed in human patients affected by broncopulmonary dysplasia (BPD) and cystic fibrosis. The symptoms were reproduced by using OXYCYCLER, with two pressurized rooms in which animals are exposed at controlled percentages of O2 and CO2. In this trial, hAFS cells have been infected AdHCMVsp1LacZ, a first generation E1 deleted viral vector transducing LacZ, the β-gal specific gene used as marker. Results At first, we investigated the feasibility of transducing hAFS cells with adenoviral vectors and to determine whether transduced stem cells retain the ability to differentiate into different lineages. Herein, we showed that hAFS cells could be efficiently infected by first generation adenovirus vectors. In addition, we demonstrated that infection and expression of two different marker genes, LacZ and EGFP, have no effect on cells phenotype and differentiation potential. In particular, on undifferentiated status, hAFS cells continued to express both the transgenes and stemness cell markers OCT4 and SSEA4 (stage-specific embryonic antigen 4). When cultured under mesenchymal conditions, infected cells could still differentiate into osteocytes and adipocytes expressing lineage specific genes. Differently to what observed in embryonic stem cells, the amniotic fluid stem cells easily infect very efficiently. This could represent an excellent starting point for gene therapy studies in which a transient expression would be a necessary condition to the therapeutic approach. In the in vivo phase we transplanted hAFS cells with an intratracheal administration in a rat model generated exposing newborns at 60% O2 for two weeks, reproducing in this way the chronic damage that can be seen in human patients affected by BPD. The results show that the model for chronic lung damage has been properly implemented; specific staining for lacZ performed three weeks post-transplant confirmed for hAFS cells a bronchiolar homing. After four weeks transplantation LacZ positive cells have been detected inside alveolis. Finally, an important phenomenon of damage repair was observed in the treated animals as compared to untreated controls.
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Privitera, Giovanna. "Studio di nuovi approcci farmacologici in grado di inibire l'attivazione dei recettori del fattore di crescita epidermico (EGF) in linee cellulari di carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC)." Doctoral thesis, Università di Catania, 2013. http://hdl.handle.net/10761/1436.

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Abstract:
Il carcinoma del polmone rappresenta attualmente la neoplasia più frequentemente diagnosticata e costituisce la principale causa di morte per tumore solido al mondo. E una malattia multifattoriale che riconosce nella cancerogenesi cause ambientali e cause genetiche. L istotipo più frequente è il carcinoma non a piccole cellule (NSCLC) che rappresenta circa il 75-80% delle diagnosi. Il principale approccio terapeutico consiste nella resezione chirurgica (eventualmente preceduta e/o seguita da chemioterapia) limitata però ai soli stadi iniziali. Studi precedenti hanno dimostrato che l iper-espressione o l attivazione costitutiva dei recettori del fattore di crescita epidermico (EGF) è coinvolta nella crescita dei carcinomi umani, incluso quello polmonare. In questo lavoro sperimentale è stato studiato l effetto del blocco di due recettori dell EGF, EGFR e HER-2, sulla proliferazione delle cellule A549 e NCI-H226 di carcinoma polmonare. Sono stati utilizzati, a tale scopo, cetuximab, anticorpo monoclonale diretto contro l EGFR e trastuzumab, anticorpo monoclonale diretto contro l HER-2, a diverse concentrazioni per 72 h. Mediante il saggio di proliferazione MTT (3,(4,5-dimethylthiazol-2)2,5 difeniltetrazolium bromide) è stato osservato il 91,4% di inibizione della proliferazione delle cellule A549 trattate con una combinazione di cetuximab e trastuzumab alla concentrazione di 40 ug/ml, mentre le cellule NCI-H226 hanno mostrato una resistenza allo stesso trattamento combinato. Sono state successivamente valutate le eventuali variazioni di espressione dei livelli di mRNA dei recettori EGFR e HER-2 di entrambe le linee cellulari. Nelle cellule A549 è stato osservato un significativo incremento dei livelli di mRNA di EGFR dopo 30 h dal trattamento farmacologico, spiegabile considerando il meccanismo di azione del cetuximab, che determina internalizzazione e degradazione del recettore in tempi brevi. A questa segue quindi nuova sintesi di proteine recettoriali. Questi livelli di mRNA diminuiscono dopo 48 h e 72 h dal trattamento per avvicinarsi poi ai valori normali. Un comportamento analogo è stato osservato nei livelli di mRNA del recettore HER-2, in cui l internalizzazione del recettore, conseguente all interazione con il trastuzumab, determina già a 18 h di trattamento un incremento dell espressione di tale recettore. Le cellule NCI-H226 hanno mostrato invece un aumento di circa 3,5 volte dei livelli di mRNA dell EGFR dopo 48 h dal trattamento e il mantenimento di alti livelli anche dopo 72 h. Il recettore HER-2 non sembra essere invece influenzato dal trattamento farmacologico e, almeno nei primi tempi della somministrazione, i livelli di mRNA non vengono alterati. Solo dopo 72 h di trattamento è stato osservato un aumento di tali livelli, che vengono circa raddoppiati, ad indicare un possibile coinvolgimento tardivo di tale recettore nella risposta al trattamento combinato. L iniziale scarso coinvolgimento del recettore HER-2 potrebbe quindi essere responsabile della resistenza delle cellule NCI-H226. E pertanto nostro obiettivo futuro prolungare il tempo di trattamento delle cellule NCI-H226 con cetuximab e trastuzumab allo scopo di valutare un effetto antiproliferativo più tardivo. La differenza di sensibilità al cetuximab e al trastuzumab, nelle due linee cellulari prese in esame, non dipende invece dal numero di copie del gene, in quanto, mediante la tecnica di ibridazione in situ fluorescente (FISH), abbiamo osservato lo stesso incremento del numero di copie dei geni EGFR e HER-2 e quindi una condizione di polisomia, in entrambe le linee cellulari. La strategia di agire su entrambi i recettori potrebbe quindi migliorare il trattamento del carcinoma polmonare, aumentare la sopravvivenza e ridurre gli effetti collaterali della terapia, garantendo così al paziente un sensibile miglioramento della qualità di vita.
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QUAQUARINI, ERICA. "FATTORI CLINICI DI EFFICACIA DELLE TERAPIE IMMUNOTERAPICHE ANTI-PD-1/PD-L1 IN PAZIENTI AFFETTI DA CARCINOMA POLMONARE NON A PICCOLE CELLULE IN STADIO AVANZATO: STUDIO REAL-LIFE MULTICENTRICO." Doctoral thesis, Università degli studi di Pavia, 2021. http://hdl.handle.net/11571/1434016.

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Abstract:
Numerosi studi clinici hanno valutato l’efficacia e la tollerabilità del trattamento con inibitori dei checkpoint immunitari nei pazienti affetti da tumore del polmone non a piccole cellule in fase avanzata. Esistono, tuttavia, ancora molte incertezze in merito alla selezione del paziente che potrebbe trarre il maggiore beneficio da questo trattamento. In un contesto in cui si assiste ad un lento ma costante miglioramento della prognosi di una malattia tradizionalmente considerata infausta nel breve termine, si accresce il peso di quelle variabili, innanzitutto “cliniche”, legate al paziente e alla sua anamnesi non oncologica, che possono contribuire alla predizione del beneficio dei trattamenti così come dei loro potenziali effetti tossici. Il presente studio si propone di valutare in una popolazione non selezionata il peso prognostico e predittivo di diverse variabili umorali (istologia e valore di PD-L1 su pezzo tumorale, presenza di anemia, valore di LDH, rapporto neutrofili/linfociti) e cliniche (performance status, età, stato di fumatore, tipo di correzioni dell’anemia, sedi di malattia, carico di comorbidità) in pazienti affetti da NSCLC avanzato candidati a immunoterapia secondo indicazioni AIFA. Sono stati arruolati un totale di 166 pazienti provenienti da due Ospedali universitari di Pavia. L'età mediana dell'intera popolazione era di 68.5 anni. Il 71% dei pazienti erano maschi e il 29% femmine. Il 92% erano fumatori attivi o ex fumatori. Circa la metà dei pazienti (45-18%) aveva un punteggio ECOG PS pari a 0, mentre il 43.37% aveva un punteggio ECOG PS di 1 e l’11.45% di 2-3. Il 25.3% dei pazienti erano affetti da NSCLC squamoso, mentre il 74.7% avevano un carcinoma non squamoso, istotipo adenocarcinoma. Il 27.16% dei pazienti aveva un’espressione immunoistochimica su tessuto tumorale di PD-L1 < 1%, il 45.68% tra 1 e il 49%, il 44% ≥ al 50%. All’avvio del trattamento immunoterapico, la maggior parte dei pazienti (76.51%) presentava una malattia in stadio IV. Nivolumab è stato somministrato al 50% dei pazienti, pembrolizumab al 34%, atezolizumab a meno del 4% e durvalumab al 12% dei pazienti. Nella maggior parte dei casi, i pazienti hanno ricevuto il trattamento immunoterapico in 2° (57.23%) o 3° (13.86%) linea di trattamento. Poco meno del 50% dei pazienti presentava anemia all’avvio del trattamento e nella maggior parte dei casi la causa dell’anemia era rappresentato dalla malattia cronica sottostante. In merito alle sedi di malattia interessante, circa 12% dei pazienti presentavano metastasi a livello encefalico, 11% malattia a livello epatico, 23% a livello scheletrico, 87% a livello linfonodale e 9% a livello pleurico. I risultati di questa tesi hanno mostrato come l’immunoterapia si conferma un trattamento efficace e ben tollerato in una popolazione non selezionata di pazienti con neoplasia polmonare avanzata non a piccole cellule. Il nostro studio suggerisce come alcune variabili cliniche siano particolarmente influenti sulla probabilità di risposta al trattamento nonché sul rischio di progressione a 6 mesi e sul rischio di morte a 6 e 12 mesi. Tali variabili sono rappresentate dal performance status del paziente, dal valore di espressione immunoistochimica di PDL 1 sul pezzo tumorale, dalla presenza di anemia prima dell’avvio del trattamento e dai valori di LDH e rapporto neutrofili/linfociti su siero. In un’epoca in cui le ricerche si stanno concentrando sulle alterazioni molecolari tumorali prognostiche o predittive di risposta nonché sul carico mutazionale del tumore, questo studio evidenzia come le caratteristiche cliniche del paziente siano ancora una base influente per poter predire la risposta alle cure antiblastiche e la prognosi, a maggior ragione con un trattamento come quello con inibitori dei checkpoint immunitari, in cui è proprio il sistema immunitario del paziente a dover guidare la risposta al trattamento.
Several clinical studies have evaluated the efficacy and tolerability of treatment with immune checkpoint inhibitors in patients with advanced stage non-small cell lung cancer. However, there are still many uncertainties regarding the selection of the patients who could benefit the most from this treatment. In a context in which there is a slow but constant improvement in the prognosis of a disease traditionally considered poor in the short term, the weight of those variables, above all "clinical" ones, linked to the patient and his non-oncological anamnesis, can contribute to predicting the benefit of treatments as well as their potential toxic effects. The present study aims to evaluate in an unselected population the prognostic and predictive weight of different humoral variables (histology and PD-L1 value on tumour biopsy, presence of anemia, LDH value, neutrophil/lymphocyte ratio) and clinical ones (performance status, age, smoking status, type of anemia corrections, disease sites, comorbid burden) in patients with advanced NSCLC candidates to receive immunotherapy according to AIFA indications. A total of 166 patients from two University Hospitals of Pavia were enrolled. The median age of the entire population was 68.5 years. 71% of the patients were male and 29% female. 92% were active smokers or former smokers. About half of the patients (45-18%) had an ECOG PS score of 0, while 43.37% had an ECOG PS score of 1 and 11.45% of 2-3. 25.3% of patients had squamous NSCLC, while 74.7% had non-squamous carcinoma, histotype adenocarcinoma. 27.16% of patients had an immunohistochemical expression of PD-L1 on tumour biopsy <1%, 45.68% between 1 and 49%, 44% ≥ 50%. At the start of immunotherapy treatment, most of the patients (76.51%) presented with stage IV disease. Nivolumab was administered to 50% of patients, pembrolizumab to 34%, atezolizumab to less than 4% and durvalumab to 12% of patients. In most cases, patients received immunotherapy treatment in the 2nd (57.23%) or 3rd (13.86%) line of treatment. About 50% of patients had anemia at the start of treatment and in most cases the cause of the anemia was the underlying chronic disease. Concerning the sites of disease of interest, about 12% of patients had brain metastases, 11% liver disease, 23% skeletal metastasis, 87% lymph node metastasis and 9% pleural metastasis. The results of this study show that immunotherapy is confirmed to be an effective and well tolerated treatment in an unselected population of patients with advanced non-small cell lung cancer. Our study suggests that some clinical variables are particularly influencing the probability of response to treatment as well as the risk of progression at 6 months and the risk of death at 6 and 12 months. These variables are represented by the patient's performance status, the immunohistochemical expression value of PDL 1 on the tumour piece, the presence of anemia before starting treatment and the LDH values ​​and the neutrophil/lymphocyte ratio. In an era in which research is focusing on prognostic or predictive tumour molecular alterations as well as tumour mutational burden, this study highlights how the clinical characteristics of the patient are still an influential basis for predicting the response and the prognosis to oncological treatments, even more with immune checkpoint inhibitors, in which patient's immune system must guide the response to the treatment itself.
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Forgiarini, Alessia. "Tossicità di inquinanti ambientali correlati ai processi di incenerimento dei rifiuti solidi urbani: studio dei meccanismi molecolari su cellule del tratto respiratorio." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2014. http://hdl.handle.net/11577/3423654.

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Abstract:
The demands of our society generate wastes that tend to increase in quantity as the standard of living increases. The most effective means of dealing with this problem is to reduce the amount of wastes generated (McKay, 2002). Solid waste incinerators reduce the volume and the mass of wastes, but emissions could contain highly toxic components. Major problems regarding the operation of incineration are by-products, especially the lightest fraction (Fly Ash), that contains the highest amount of volatile heavy metals, such as Cd, Pb and Zn, and polychlorinated dibenzo-p-dioxins and dibenzofurans (Yao et al., 2012). Particulate air pollution (PM) is an important environmental health risk factor for many different diseases. This is indicated by numerous epidemiological studies on associations between PM exposure and occurrence of acute respiratory infections, lung cancer and chronic respiratory and cardiovascular diseases (de Kok et al., 2006). The pulmonary epithelium represents a primary barrier preventing the entry of inhaled compounds into the body. As a consequence, lung epithelial cells are also a primary target of many inhaled noxious substances (Ovrevik et al., 2009). Fly Ash collected from the electrostatic precipitator of Bozen’s municipal solid waste incinerator was taken as an example for real particles with complex composition released into the atmosphere to study the mechanism of early biological responses of BEAS-2B and A549 human lung epithelial cells. Furthermore, some different air samples were collected in Bozen area and their cellular effects were studied. Chemical and physical analysis identified and quantified the pollutants, and in vitro cellular assays were used to estimate some toxic effects of Fly Ash (Total Fraction) and air samples. The studies include also the effects of Water-soluble, Water-insoluble and DMSO-soluble Fractions of the Fly Ash. The Total Fraction induced a concentration-dependent reduction on cell viability (mostly on BEAS-2B cells, as compared with A549 cells) and increased ROS generation. The Fly Ash-induced oxidative stress was correlated with diminution of tGSH content and induction of heme oxygenase-1. Data confirmed a strong correlation between samples’ composition and their biological effects, in fact Total and Water-insoluble Fractions were the most toxic and responsive, instead Water and DMSO-soluble Fractions were less active. Fly Ash was also able to induce inflammatory responses through NF-kB activation, followed by enhancement of IL-6 and IL-8 levels. ROS generation, tGSH reduction and IL secretion were markedly inhibited by preincubation of the cells with the anti-oxidant N-acetylcysteine, which confirmed the involvement of oxidative stress in Fly Ash toxicity. The study of the toxicity of air samples revealed that there was a significant diminution of cellular viability only after 72 hours of exposition. The sample containing the incinerator’s chimney emissions increased ROS production and IL-6 and IL-8 secretion. This underlined that oxidative stress was probably related to the inflammatory responses and cleared how the cellular response is closely linked with the content of toxic substances of the samples.
I moderni stili di vita portano alla produzione di una grande quantità di rifiuti, che tende costantemente ad aumentare (McKay, 2002). Il modo più efficace per tentare di risolvere questo problema è quello di ridurne il volume. Gli odierni inceneritori di rifiuti solidi urbani sono in grado di diminuire il volume e la massa dei rifiuti, ma le sostanze che vengono emesse possono essere altamente tossiche. I sottoprodotti che si formano, in particolare la frazione più leggera delle ceneri (Fly Ash), possono contenere alte quantità di metalli pesanti volatili, come Cd, Pb e Zn, oltre a diossine e furani (Yao et al., 2012). Il particolato atmosferico (PM) è un importante fattore di rischio ambientale e per la salute. Molti studi epidemiologici hanno infatti evidenziato una correlazione diretta tra l’esposizione al PM e l’insorgere di infezioni respiratorie acute, tumore polmonare e malattie croniche del tratto respiratorio e del sistema cardiovascolare (de Kok et al., 2006). Il Fly Ash, raccolto dal filtro a manica dell’inceneritore dei rifiuti solidi urbani di Bolzano, è stato utilizzato come modello di miscela di particelle a composizione complessa rilasciata in atmosfera, al fine di studiare il meccanismo delle risposte biologiche precoci di cellule epiteliali polmonari umane BEAS-2B e A549. Sono stati inoltre studiati alcuni campioni ottenuti da filtri di aria posti in diverse posizioni della città di Bolzano. Le analisi chimico-fisiche hanno permesso di identificare e quantificare gli inquinanti presenti, mentre i test in vitro di valutare gli effetti tossici del Fly Ash (Frazione Totale) e dei campioni d'aria. Gli studi hanno riguardato anche gli effetti di alcune frazioni derivate dal Fly Ash: Frazione Idrosolubile, Non-Idrosolubile e DMSO-solubile. L’esposizione alla Frazione Totale ha indotto una riduzione concentrazione-dipendente della crescita cellulare (in modo particolare delle cellule BEAS-2B) e un’aumentata produzione di ROS. Lo stress ossidativo indotto è stato confermato anche dalla diminuzione del contenuto di tGSH e dall’induzione dell’eme ossigenasi-1. Inoltre è in grado di innescare risposte infiammatorie con attivazione di NF-kB e aumento dei livelli di IL-6 e IL-8. I dati hanno confermato una forte correlazione tra la composizione dei campioni e i loro effetti biologici, infatti le frazioni Totale e Non-Idrosolubile si sono rivelate quelle più tossiche, mentre le frazioni Idrosolubile e DMSO-solubile sono quelle meno attive. Il pre-trattamento delle cellule con l'antiossidante N-acetilcisteina inibisce nettamente la produzione di ROS, la riduzione dei livelli di tGSH e la secrezione di IL, confermando così il coinvolgimento dello stress ossidativo nei meccanismi di tossicità indotti dal Fly Ash. I risultati ottenuti studiando alcuni campioni ottenuti da filtri di aria posti in diverse posizioni della città, sottolineano innanzitutto la buona efficienza dei sistemi di filtrazione dei fumi dell’inceneritore, in grado di diminuire notevolmente la quantità di IPA, diossine e soprattutto metalli emessi in atmosfera e quindi di limitarne i possibili danni. Tra i campioni studiati, influenzati in maniera più o meno importante dalla presenza di diverse fonti di emissione, tra cui l’inceneritore, solo quello ottenuto dal filtro posto a camino dell’impianto è in grado di attivare un’importante risposta ossidativa e infiammatoria, indicando un significativo contributo delle emissioni, in ogni caso inferiori ai limiti imposti dalle vigenti normative.
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MARCHETTI, SARA. "A CASE STUDY ON COMBUSTION-DERIVED PARTICLES: EVALUATION OF THE BIOLOGICAL EFFECTS ON HUMAN PULMONARY CELL LINES." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2020. http://hdl.handle.net/10281/261925.

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Abstract:
L'inquinamento atmosferico è una considerevole minaccia, sia per l’ambiente che per la salute. È stato classificato come cancerogeno per l'uomo (gruppo 1) e contribuisce notevolmente all’aumento di morbilità, mortalità e all'esacerbazione delle malattie respiratorie e cardiovascolari. L'inquinamento atmosferico può essere generato sia da fonti naturali che antropogeniche. Tra le fonti antropogeniche i principali contribuenti sono le particelle emesse dalla combustione di biomassa e motori a diesel. Numerosi studi sperimentali ed epidemiologici sono stati condotti su queste particelle, considerate tra le principali responsabili degli effetti avversi sulla salute dopo l'esposizione al particolato (PM). Questi studi descrivono gli effetti tossicologici delle particelle riportando risposte diverse in funzione di specifici endpoint biologici studiati in sistemi in vitro e in vivo. Le proprietà del PM possono infatti variare in base a diversi parametri, tra cui le fonti di emissione. Infatti, in base alle fonti di emissione le particelle possono mostrare diverse proprietà fisico-chimiche, come dimensioni, forma, superficie, solubilità e composizione chimica. Tutte queste proprietà possono influenzare in maniera significativa la riposta biologica e quindi l'impatto finale sulla salute umana. Tuttavia, la nostra conoscenza delle diverse risposte biologiche e dei meccanismi molecolari innescati da particelle con proprietà fisico-chimiche variabili è ancora scarsa. Nella presente tesi sono state studiate le proprietà citotossiche, genotossiche e cancerogene delle particelle raccolte durante la combustione di diverse fonti di biomassa e diesel (CDP): - particelle di biomassa raccolte dall'emissione di un sistema di riscaldamento funzionante rispettivamente con pellet, carbone o legno; - particelle ultrafini di diesel (DEP) campionate direttamente da un motore leggero Euro IV senza filtro antiparticolato. Nella prima parte del lavoro, è stata prestata attenzione alle particelle raccolte dalla combustione della biomassa. È stato studiato il ruolo possibilmente svolto dalle particelle, raccolte durante la combustione di differenti biomasse in condizioni identiche nella stessa stufa (comunemente utilizzata), su diversi processi tossicologici e cancerogeni. Per esplorare ulteriormente il ruolo relativo del nucleo carbonioso delle particelle, rispetto ai composti chimici adsorbiti su di esso, nella risposta delle cellule epiteliali polmonari sono state testate anche le rispettive frazioni organiche e le rimanenti particelle lavate. Per valutare gli effetti della biomassa dopo esposizione acuta e prolungata sono state utilizzate due diverse linee cellulari: cellule epiteliali alveolari A549 (Capitoli 1 e 2) e cellule epiteliali bronchiali HBEC-3KT (Capitolo 3). Nella seconda parte del lavoro (capitolo 4), sono stati descritti gli effetti biologici indotti dalle particelle derivanti dalla combustione di diesel (DEP) focalizzandosi sugli effetti prodotti a livello respiratorio e vascolare. È stato studiato anche uno dei possibili meccanismi molecolari coinvolti nell’insorgenza degli effetti cardiovascolari indotti dal DEP. In conclusione, la presente tesi sottolinea il ruolo centrale della composizione chimica delle particelle nella manifestazione di importanti effetti sulla salute. I risultati ottenuti dimostrano che le particelle provenienti da diverse fonti di emissione e da carburanti possono influire in modo diverso sulla salute umana, sia a livello respiratorio che a livello cardiovascolare, in base alla loro composizione chimica. Pertanto, sono necessarie strategie avanzate per ridurre l'impatto biologico innescato dall'emissione di motori diesel e sistemi di riscaldamento a biomassa e per prevenire effetti dannosi sulla salute.
Airborne pollution is a noteworthy environmental and health threat. It has been classified as carcinogenic to humans (Group 1) and greatly contributes to increased morbidity, mortality and respiratory and cardiovascular diseases exacerbation. Air pollution can be generated both by natural and anthropogenic sources. Among anthropogenic sources the main contributors are diesel exhaust and biomass-derived particles. Several experimental and epidemiological studies have been performed on traffic-related and biomass burning-derived particles as chief contributors to the adverse health effects reported after exposure to particulate matter (PM). These studies describe the particle toxicological effects reporting different responses on the biological endpoints investigated on in vitro and in vivo systems. PM properties indeed may vary depending on several parameters, including emission sources. According to the different emission sources, particles can show different physico-chemical properties, such as size, shape, surface area, solubility and chemical composition. All these properties might seriously affect the biological reactivity and thus the final impact on human health. Nevertheless, our knowledge on the different biological responses and molecular mechanisms triggered by particles with variable physico-chemical properties is still poor. In the present thesis, the cytotoxic, genotoxic and pro-carcinogenic properties of particles collected during combustion of different biomass and diesel sources (CDPs) have been investigated: - biomass particles collected from the emission of a heating system operating with pellet, charcoal or wood respectively; - diesel exhaust ultrafine particles (DEP) directly sampled from a Euro IV vehicle run over a chassis dyno. In the first part of the work, attention was given to particles collected from biomass combustion. The role possibly played by biomass particles collected during the combustion of different fuels under identical conditions in the same stove (commonly used) on different toxicological and pro-carcinogenesis processes was investigated. To further explore the relative role of the particle core versus particle-adsorbed compounds in the lung epithelial cells response, the respective organic fractions and the remaining washed particles were also tested. Two different cell lines were used to assess biomass effects after acute and prolonged exposure: A549 alveolar epithelial cells (Chapters 1 and 2) and HBEC-3KT bronchial epithelial cells (Chapter 3). In the second part of the work (Chapter 4), the biological effects induced by diesel combustion particles (DEP) were described, focusing on their health hazard at both respiratory and vascular levels. Moreover, a possible molecular mechanism leading to cardiovascular effects induced by DEP has been explored. In conclusion, the present thesis points out the central role of the particle chemical composition in generating significant adverse outcomes. These results demonstrated that particles from different emission sources and fuels may differently affect human health at respiratory and cardiovascular levels according to their composition. Thus, advanced strategies are needed to reduce the biological impact triggered by the emission of diesel engine and biomass-propelled heating systems and prevent harmful health effects.
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POGGI, CAMILLA. "Adenocarcinoma polmonare: interazione tra microambiente e cellule staminali mesenchimali." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11573/1309501.

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Abstract:
Il tumore del polmone è il più frequente cancro per incidenza e mortalità. Sebbene la prevenzione ed un precoce intervento possono migliorare la prognosi dei pazienti, la biologia del tumore polmonare rimane ancora non del tutto conosciuta. Negli ultimi anni l’attenzione è stata spostata sul ruolo del microambiente tumorale e delle nicchie tumorali all’interno dei tessuti. All’interno del microambiente tumorale la componente stromale esercita un ruolo regolatorio fondamentale; tra i vari elementi presenti le cellule staminali mesenchimali (MSCs) sono considerate di particolare rilevanza. Le MSCs sono cellule multipotenti che manifestano svariate importanti proprietà che vanno dalla capacità di differenziarsi in molti tipi cellulari, alla immunomodulazione, fino a proprietà di trofismo tumorale . Infatti negli ultimi anni le MSCs sono state considerate i candidati ideali per numerose applicazioni cliniche e terapeutiche, includendo una loro possibile applicazione anche nel trattamento della patologia neoplastica. L’interazione tra MSCs ed il tumore è complessa e ampiamente dibattuta. Non è chiaro se le MSCs abbiano una azione favorente lo sviluppo e la progressione del tumore polmonare o se ne arrestino la tumorogenesi. Infatti l’azione delle MSCs nel microambiente tumorale favorisce l’evoluzione del tumore stesso mediante meccanismi di neo-angiogenesi . Le capacità di trans-differenziazione di queste cellule nei fibroblasti associati al tumore del polmone sembra favorisca sia il processo di metastatizzazione sia il fenomeno di farmaco-resistenza - . Inoltre è stato riconosciuto che il reclutamento endogeno di MSCs (di diversa origine, comprese quelle di derivazione adiposa) da nicchie tumorali remote si verifichi in seguito al rilascio di fattori infiammatori solubili tumorali e che esista una correlazione tra le cellule mesenchimali tumorali circolanti e lo stadiazione patologica della neoplasia . D’altra parte le proprietà immunomodulatorie della MSCs, che specificamente ospitano il tumore in numerose patologie neoplastiche tra cui il polmone, (attraverso l’espressione di citochine tra cui SDF-1, TNF-alfa, molte interleuchine e o attraverso l’attivazione di specifici recettori ) possono essere sfruttate dalle MSCs stesse come veicoli per geni anticancerogeni e anche per migliorare il danno causato da chemio e radioterapia sul tumore stesso1. Di conseguenza a causa del ruolo sfaccettato delle MSCs e del loro doppio comportamento biologico, il loro utilizzo clinico nella patologia neoplastica è tuttora dibattuto. Questo scenario è ancora complicato da potenziali alterazioni fenotipiche e funzionali delle MSCs causate dal tumore. Infatti le MSCs derivate dal tessuto adiposo e dal midollo osseo hanno presentato differenze nel contenuto cellulare e nello stato epigenetico . Oltretutto, MSCs derivanti da differenti tessuti come cuore, derma, midollo osseo e tessuto adiposo, è stato dimostrato presentino differenze genotipiche che esprimono diversi livelli di markers di cellule staminali embrionali come OCT-4 NANOG e SOX-2 . Quando le MSCs sono derivate del tessuto tumorale mostrano alterazione molecolari e funzionali, suggerendo che caratteristiche tumorali come benignità o malignità possano essere influenzate dall’ambiente da cui provengono le MSCs. - Inoltre, diversi metodi di isolamento e coltura di MSCs, nonché le caratteristiche fenotipiche, funzionali e molecolari ancora scarsamente studiate, hanno contribuito a confondere i risultati, impedendo così ulteriori progressi nella conoscenza di queste cellule. Ad oggi non è ancora chiaro se l'origine tissutale delle MSCs possa svolgere un ruolo chiave nella comunicazione tra neoplasia e MSCs. Infatti le popolazioni di MSCs all'interno dello stroma tumorale sono influenzate dal tumore stesso, ma possono anche essere mobilitate da nicchie locali e remote. Inoltre, le caratteristiche del tumore come la sua benignità o malignità potrebbero influenzare potenzialmente ambienti cancerogeni. Possiamo quindi ipotizzare che i microambienti sviluppati dalle MSCs, in presenza di tumore, possano anche essere modificati in funzione sia del tipo di MSCs che dalla istologia del tumore. . In particolare quello ancora da determinare è il ruolo del micro e macro ambiente come prodotto finale dell’interazione tra il tumore del polmone e le cellule staminali mesenchimali. Una profonda conoscenza delle dinamiche biologiche e molecolari tra il cancro e le MSCs in nicchie remote potrebbe rivelarsi essenziale nel fornire una nuova visione sulla patogenesi e progressione del cancro del polmone e nel determinare nuove strategie diagnostiche e terapeutiche.
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PASSARO, ANTONIO. "Valutazione prospettica di una signature circolante come fattore predittivo di risposta nel carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) trattato con Nivolumab in seconda linea." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11573/1062357.

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Abstract:
Background: Nivolumab is the first checkpoint inhibitor approved for the treatment of Squamous (Sq) and non-Squamous (non-Sq) metastatic NSCLC in secondline setting, showing a survival benefit in randomized phase III trials. The aim of this study is to investigate the potential role of baseline peripheral blood cells in relation to clinical outcomes following nivolumab treatment. Methods: From November 2015 to to June 2017, we evaluated 45 patients with Sq (n ¼ 10) and non-Sq (n ¼ 35) NSCLC, previously treated with first-line platinumbased chemotherapy, that received nivolumab 3 mg/kg IV on day 1 of each 2 week treatment cycle. Clinical characteristics (T-Stage, lymph nodes involvement, M-Stage) were assessed. Total numbers of leukocytes, myeloidderived suppressor cells (MDSCs), including both monocytic (Mo-MDSC) and granulocytic (Gr-MDSC) type, regulatory T cells (T-regs), and serum lactate dehydrogenase (LDH) were assessed. Endpoints were correlation with objective response (OR), progression-free survival (PFS, categorized as 3 or > 3 months) and overall survival (OS). Tumor response was assessed using RECIST criteria, version 1.1, at week 9 and every 6 weeks thereafter until disease progression. Statistical methods were based on univariate analyses (Wilcoxon rank test). Results: The median PFS of the overall study population was 3 months. Data about Gr-MDSCs (identified by flow cytometry as Lin-CD15+CD14-CD11b+HLA-DRlow/-), MoMDSCs (Lin-CD14-CD11b+HLA-DRlow/-) and absolute eosinophil counts (AEC) were available in 37/45 patients (82%) of treated patients. Baseline absolute numbers of Gr-MDSCs, Mo-MDSCs and AEC were greater in patients with good prognosis (PFS > 3 months) and better outcomes. In particular among patients with shorter PFS, the median numbers of Gr-MDSCs, MoMDSCs and AEC were significantly lower than those detected in patients with longer PFS (4 vs 13 cell/ml, p¼0.01; 4 vs 21 cell/ml, p¼0.06; 55 vs 155 cell/ml; p¼0.02, respectively). No correlation was observed between T-regs, LDH, absolute neutrophil, monocyte, lymphocyte counts and clinical outcomes. Conclusion: A baseline blood signature characterized by low levels of Gr-MDSCs, Mo-MDSCs and AEC is associated with poor outcome (median PFS of 3 months) in 67.6% of patients treated with nivolumab. In contrast, patients (32.4%) with high levels of these three biomarkers showed a median PFS significant longer than 3 months. Overall survival analysis is ongoing.
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