Academic literature on the topic 'Carcere Storia'

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Journal articles on the topic "Carcere Storia"

1

Margara, Alessandro. "Sorvegliare e punire: 50 anni di carcere." QUESTIONE GIUSTIZIA, no. 5 (November 2009): 89–110. http://dx.doi.org/10.3280/qg2009-005007.

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Abstract:
- La sintesi della storia č quella espressa nel titolo: sorvegliare e punire. Ciň č vero nel senso che la organizzazione del controllo, "il sorvegliare", č sempre puntualmente "punire". Ma č vero anche che ciň che č accaduto e accade, per precisa scelta politica, č il punire che si riduce a sorvegliare: non altro, solo sorveglianza, controllo o custodia o sicurezza o come diavolo vogliamo chiamarla. Č la definizione del carcere che non vogliamo e che non vuole la legge, ma che si č realizzato e sta strutturandosi sotto i nostri occhi.
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Falistocco, Giulia. "La scrittura come fuga dal carcere della Storia Il sorriso dell’ignoto marinaio." Recherches, no. 21 (November 6, 2018): 77–85. http://dx.doi.org/10.4000/cher.1189.

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3

Pizzo, Marco. "“Fare digitale”: progetti didattici e sociali nella scuola e nel carcere." DigItalia 16, no. 2 (December 2021): 116–21. http://dx.doi.org/10.36181/digitalia-00040.

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Abstract:
Con l’avvio dell’ampio progetto di digitalizzazione delle fonti documentarie sulla Prima guerra mondiale appartenute dall’Istituto per la storia del Risorgimento e la realizzazione del portale 14-18 – Documenti e immagini della grande guerra si sono svolte una serie di attività didattiche che hanno coinvolto scuole e centri di detenzione. Queste iniziative possono essere raggruppate in due aree: la prima è quella relativa alla rielaborazione dei contenuti digitali presenti sul sito dagli studenti e dai detenuti; la seconda è stata la creazione di contenuti nuovi, realizzati informatizzando e digitalizzando direttamente le fonti d’archivio con la creazione di primi metadati funzionali. Il focus è stato così messo direttamente sul “fare digitale”. Queste attività digitali e “virtuali” si sono così caricate di un nuovo valore sociale.
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Natoli, Claudio. "Le Lettere dal carcere di Antonio Gramsci: una nuova edizione critica nella storiografia e nella storia del Pci." STORIA E PROBLEMI CONTEMPORANEI, no. 85 (March 2022): 153–76. http://dx.doi.org/10.3280/spc2020085011.

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5

Natoli, Claudio. "Le Lettere dal carcere di Antonio Gramsci: una nuova edizione critica nella storiografia e nella storia del Pci." STORIA E PROBLEMI CONTEMPORANEI, no. 85 (March 2022): 153–76. http://dx.doi.org/10.3280/spc2020085009.

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6

Barbini, Daniela, Annalisa Pistuddi, Rachele Desiato, and Jacopo Calderaro. "Carcere e trattamento di gruppo di detenuti con dipendenza da sostanze: l'esperienza dello psicodramma analitico abbinato al test proiettivo di personalità e alla musico." MISSION, no. 55 (July 2021): 62–70. http://dx.doi.org/10.3280/mis55-2020oa12167.

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Abstract:
"Raccontiamo un'altra storia" is the name of a group formed within the penal institute by people motivated to carry out introspective work. This work aimed to stimulate people present to experience and tell their stories from a different point of view. This group explored the integration of different therapeutic techniques such as music therapy, collaborative use of the TEMAS test and analytical psychodrama. At the end of their journey, the group was capable of narrate a "slightly" different personal story from the one they had always told themselves. This has therefore become the moment when their history became a glance of perspectives.
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Redazione, RGI. "Informazione bibliografica." RIVISTA GEOGRAFICA ITALIANA, no. 3 (September 2022): 121–54. http://dx.doi.org/10.3280/rgioa3-2022oa14594.

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Abstract:
Augustin Berque, Essere umani sulla terra. Principi di etica dell'ecumene (Cristiana Zorzi) João Pedro Stedile, a cura di, Experiências historicas de reforma agrária no mundo (Teresa Isenburg) Reza Negarestani, Cyclonopedia. Complicità con materiali anonimi (Andrea Pase) Johny Pitts, Afropean – Mari D'Agostino, Noi che siamo passati dalla Libia. Giovani in viaggio fra alfabeti e multilinguismo (Angelo Turco)  Marco Aime, Andrea de Georgio, Il grande gioco del Sahel. Dalle carovane di sale ai Boeing di cocaina (Mariasole Pepa)  Stefano Malatesta, Marcella Schmidt di Friedberg, Shahida Zubair, David Bowen, Mizna Mohamed, Atolls of the Maldives. Nissology and Geography (Federica Letizia Cavallo)  Valerio Calzolaio, Isole Carcere – Geografia e Storia (Marco Nocente)  Emanuela Casti, Fulvio Adobati, Ilia Negri, a cura di, Mapping the epidemic. A systemic Geography of Covid-19 in Italy (Federica Burini) Alessandro Coppola, Matteo Del Fabbro, Arturo Lanzani, Gloria Pessina, Federico Zanfi, a cura di, Ricomporre i divari. Politiche e progetti territoriali contro le disuguaglianze e per la transizione ecologica (Carlo Salone) Filippo Barbera, Antonio De Rossi (a cura di), Metromontagna. Un progetto per riabitare l'Italia (Silvy Boccaletti)
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8

Gastaldi, Sciltian. "Camosci e girachiavi. Storia del carcere in Italia, by Christian G. De Vito, by preface by Guido Neppi Modena, Bari, Laterza, 2009, xxxviii + 216 pp., €18.00 (paperback), ISBN 978-88-420-8838-7." Modern Italy 18, no. 2 (May 2013): 220–22. http://dx.doi.org/10.1080/13532944.2013.784581.

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9

Benelli, Caterina. "Nascita e sviluppo di un’idea." Mnemosyne, no. 9 (October 15, 2018): 14. http://dx.doi.org/10.14428/mnemosyne.v0i9.14013.

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Abstract:
L’obiettivo dell’articolo è di rintracciare la valenza formativa dei laboratori autobiografici e promuovere la cultura della memoria e dell’autobiografia in carcere: contesto di storie difficili che necessitano, sempre più e con maggiore attenzione, di essere ascoltate e comprese attraverso proposte di percorsi formative sempre più mirate ai nuovi bisogni. D’altra parte anche l’Ordinamento penitenziario raccomanda l’inclusione del detenuto in percorsi trattamentali in carcere finalizzati ad un migliore reinserimento sociale. Ed è per questo che, all’interno del Piano pedagogico degli Istituti penitenziari sono sempre più presenti laboratori autobiografici che permettono ai partecipanti di ripercorrere la propria vicenda esistenziale,di riflettere su di sé per una ri-progettazione in vista del «fine pena» e con l’accompagnamento di esperti in metodologie autobiografiche.
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10

D'Agostino, Alfonso. ""plurale di magnitudo"." Carte Romanze. Rivista di Filologia e Linguistica Romanze dalle Origini al Rinascimento 9, no. 2 (December 30, 2021): 313–23. http://dx.doi.org/10.54103/2282-7447/16659.

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Abstract:
L’autore discute un particolare tipo di plurale, che definisce “di magnitudo”: si tratta di una forma che non indica una pluralità di designata, ma è collegata a un’idea di grandezza o d’importanza storica o sociale e ad altri parametri affini, in riferimento a un unico designatum. Propone tre esempî: le cucine, i giardini, le carceri.
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Dissertations / Theses on the topic "Carcere Storia"

1

RODIGARI, TULLIA. "La personalità culturale e storica di Goliarda Sapienza." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2013. http://hdl.handle.net/10281/42174.

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Abstract:
This research concerns a Sicilian writer, who is not well-known and is little valued, Goliarda Sapienza (1924-1996). My thesis will try to give voice to a writer from the margins of Italian literature and, if possible, try to explain her main literary themes and include her work in the cultural milieu, showing at the same time the originality and creativity. The Art of Joy is her most important and “scandalous” work. What strikes you, above all, is the close rapport that she exhibit between art and life. Through the construction of a grand family saga, that embraces the first fifty years of the twentieth century, Goliarda was able not only to portray herself, but also to deal with the awkward topics of the period such as sexual liberation, physical love, politics and feminism. The Art of Joy could possibly be called The Art of Life; but it is without doubt that “the life” in which Goliarda Sapienza believes is not a pure and natural abstract, because it is always interwoven with history. This history is always conceived with a Marxist accent, even if it is in great part a heretical Marxism (it is spoken of as a Marxism with Nietzschcean echoes).
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2

MATERIA, SIMONA. "CARCERE E CITTADINANZA: L¿ISTITUZIONE PENITENZIARIA NEL PROCESSO DI INCLUSIONE/ESCLUSIONE SOCIALE DEI MIGRANTI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2014. http://hdl.handle.net/2434/232490.

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Abstract:
Gli ultimi decenni sono stati contraddistinti da un notevole aumento della percentuale di migranti detenuti all’interno delle carceri europee, sproporzionato rispetto all’incidenza degli stranieri all’interno dei territori considerati. In Italia questo fenomeno di sovra-rappresentazione dei migranti all’intero dei penitenziari ha una dimensione particolarmente importante, che ha suscitato l’interesse della letteratura sociologica e criminologica, interesse orientato alla ricerca delle sue cause. Il presente lavoro si propone di indagare quali siano non già le cause, quanto gli effetti dell’esperienza detentiva sui migranti, con particolare riferimento alla sua influenza nei percorsi di vita successivi dei migranti, alla luce di due principali orientamenti interpretativi, entrambi inseriti all’interno della corrente di pensiero di stampo marxista, e quindi attenti alle correlazioni tra il mercato del lavoro e il sistema penitenziario. Secondo parte della letteratura il carcere costituisce un portone di ingresso al contratto sociale per la nuova classe lavoratrice, oggi costituita dai migranti. Infatti al suo interno essi hanno modo di beneficiare di alcune forme di welfare, accedendo a servizi ed opportunità (assistenza sanitaria, istruzione e alfabetizzazione, lavoro regolare e formazione al lavoro) dalle quali - specialmente se irregolari - essi generalmente sono esclusi in condizione di libertà nel territorio italiano. Un diverso orientamento ha sostenuto invece che la prigionizzazione dei migranti svolga una funzione meramente neutralizzante, finalizzata alla loro esclusione definitiva dal contesto sociale. Alla luce dell’analisi di quanto “offre” il penitenziario ai migranti e delle storie di vita raccolte tra migranti recidivi nel Carcere di Capanne (PG), questo lavoro ha lo scopo di capire quale funzione svolga oggi il carcere nei confronti dei migranti, ed in particolare se esso rappresenti anche oggi una prima tappa nel processo di inclusione della nuova classe lavoratrice, ovvero sia diventato un luogo di mera neutralizzazione.
The past few decades have been marked by a significant increase in the percentage of immigrants detained in prisons in Europe, disproportionate incidence of foreigners in the concerned territory. In Italy the phenomenon of over- representation of immigrants in prisons has a vey important dimension , that has attracted the interest of the sociological and criminological literature , research-oriented interest of its causes. The present work aims to investigate not the causes, but the effects of the experience of imprisonment on immigrants’s lives. Specifically, we’ll examine two main lines of interpretation, both included inside the internal current of Marxism, and we’ll pay attention to the correlation between the labor market and the prison system . According to the literature, the prison is a main entrance to the Social Contract for the new working class , made up of immigrants now a days. In fact, inside the jail, they have the opportunity to benefit from certain forms of welfare , accessing services and opportunities (health care , education and literacy , regular employment and job training ) from them - especially if irregular - they generally are excluded in condition of freedom in Italy. A different approach has argued instead that the detention of immigrants performs a function merely neutralizing aimed at their definitive exclusion from the social context . Inquire to what " offers " the penitentiary to immigrants and migrant life stories collected from offenders in the Prison of Capanne ( PG ), this work aims to understand what function the prison plays today against immigrants , and especially if it represents today a first step in the process of inclusion of the new working class , which has become a place of neutralization , with the advent of post-Fordist production system, a place of storage of excess workers.
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Andrani, Ilario. "La modellazione informativa per lo studio e l'analisi delle architetture storiche - La ricostruzione digitale di Santa Maria delle Carceri di Giuliano da Sangallo." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amslaurea.unibo.it/12542/.

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Abstract:
L’elaborato ha come tema principale la modellazione informativa per lo studio e l’analisi delle architetture storiche, cioè una metodologia che ci permette, partendo da un’analisi approfondita, di comprendere il modo di operare degli architetti delle varie epoche e le loro opere. Questo processo si conclude con la realizzazione di un modello 3D documentale nel quale sono insite tutte le informazioni ricavate dallo studio dell’opera e una ricostruzione digitale della stessa nel suo stato originario. Al fine di raggiungere questo obbiettivo abbiamo studiato le opere di Giuliano da Sangallo in particolare la Basilica di Santa Maria delle Carceri, e la sua facciata incompiuta, proponendo un' attendibile ricostruzione di quest’ultima.
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SUZZI, CLAUDIO. "Per una storia del teatro in carcere: la Regione Toscana. Origini, percorsi, esperienze." Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/2158/1150805.

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Abstract:
Il teatro in carcere si pone oggi come un fenomeno in estremo movimento in quanto, a livello storiografico, data la sua recente formalizzazione, non è stato ancora osservato in una prospettiva critica tale da inserirlo in un discorso ampio, svincolato dalle manifestazioni in atto che lo hanno caratterizzato e che lo pongono oggi come una delle forme teatrali di ricerca maggiormente fertili di novità. La ricerca si pone quindi l’intento di voler inserire tale campo d’indagine in un quadro storico maggiormente dettagliato, procedendo dalle sue origini, per poi analizzare quella che è stata una delle esperienze fondamentali per la sua evoluzione, sia in ambito nazionale che europeo, e cioè quella della Regione Toscana. Partendo dal supporto dell'Ente regionale al teatro in carcere, che ha permesso sul piano strutturale l’affermazione della Compagnia della Fortezza di Volterra, fino ad arrivare alla costituzione del primo Coordinamento Regionale del Teatro in Carcere, in una visione di rete che ha riunito quattordici compagnie teatrali che nel tempo hanno abitato le carceri del territorio, la Regione Toscana nel corso di un trentennio è divenuta un «modello», alla quale si sono ispirati altri enti a carattere nazionale e internazionale. Il piano dell’opera si divide in cinque capitoli attraverso i quali, come espresso nel titolo, si sono approfondire le origini, i percorsi e alcune esperienze di rilievo, nate intorno a di questa complessa forma artistica.
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MISCIOSCIA, SARA. "Chiuse fuori. Storie di devianza e discriminazioni delle donne rom in Italia, fuori e dentro il carcere." Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11573/1011876.

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Abstract:
La donna rom incarna in una sola persona tutti i peggiori stereotipi negativi tipici delle società occidentali. Con queste premesse, non stupisce che le romnià siano così presenti nelle cronache sulla devianza femminile, negli istituti di pena minorili e nelle carceri. Il titolo della tesi, “chiuse fuori”, è teso ad indicare le condizioni di esclusione e preclusione, oltre che di reclusione, che queste donne vivono. Dalle informazioni quantitative che ho raccolto è emerso che un terzo delle detenute di Rebibbia è rom, così come il 95% delle madri dei reparti nido e il 60-80% delle ragazze che transitano dal circuito penale minorile. In Europa, come mostrerò, con i rom avviene quello che negli Stati Uniti accade con neri e latinoamericani: “la prigione diviene così un prolungamento-sostituto del ghetto”, come evidenzia Loic Wacquant. Oltre ad essere sovrarappresentate negli istituti di pena le donne rom sono di fatto chiuse fuori dalla nostra società, vivono in insediamenti ghettizzanti, non hanno documenti d’identità e di soggiorno, sono quotidianamente discriminate. Alcuni rom entrano negli istituti di pena ancora prima di nascere, quando sono nella pancia delle loro mamme. Altri trascorrono i loro primi tre anni di vita in carcere e poi vi tornano per i colloqui, una volta a settimana. Alcuni entrano negli istituti di pena a quattordici anni, quando la legge italiana li riconosce imputabili. Quando arrivano a Rebibbia, molte donne rom hanno già avuto esperienze di detenzione e ritrovano parenti e vecchie amicizie. Ho conosciuto una donna che ha incontrato sua figlia a Rebibbia dopo anni, perché la mancanza di permesso di soggiorno non aveva reso possibili le visite e solo la comune detenzione ha potuto riportarle nuovamente vicine. In carcere la mancanza della famiglia si sente, ed è il dolore più grande. Fuori dal carcere la mancanza delle donne detenute è forte e costringe riassetti familiari dolorosi. “Qui è dura, -ha riferito una donna intervistata- adesso siamo in quattro, hanno tolto una rete, prima eravamo in cinque, io sto con due rom e con una di colore. Poi lo sai cos’è, conosci persone... tutte cose diverse no? È brutto stare qua dentro, perché è brutto, però il tempo passa così, parlando, si gioca a carte, una cucina, una fa la doccia, ti guardi un film un giorno, piangi un giorno, ridi, è così la vita qua dentro. Io l’unica cosa che mi fa paura che quando esco fuori da qui è come dovrò riprendere i rapporti con i miei figli, che sono arrabbiati con me. E mi fa male, mi fa veramente male.” La ricerca svolta ha come tematica centrale lo studio della situazione delle donne rom detenute a Rebibbia, per realizzare tale studio ho frequentato il carcere, a fasi alterne, per quasi due anni. Ho realizzato interviste e focus group, ho seguito la maggior parte dei momenti della quotidianità delle donne detenute ed ho avuto numerosi confronti con il personale che lavora nell’Istituto. Parallelamente ho seguito la situazione dei rom fuori dal carcere, ho incontrato le donne che finivano il periodo di reclusione, ho frequentato i campi e monitorato costantemente le progettualità e gli eventi che sono successi negli ultimi anni. Ho inoltre deciso di approfondire la ricerca anche sulla situazione dei minori che transitano dal circuito penale minorile attraverso interviste e focus group ai giovani ed agli operatori. Nel testo ho cercato di introdurre chi legge nel complesso tema della devianza femminile rom a piccoli passi iniziando col raccontare il mio percorso personale di studio e lavoro e spiegando la cornice teorica nella quale ho cercato di inquadrare la ricerca. Il cammino attraverso il quale ho voluto condurre il lettore in carcere è volutamente lento ed ha un andamento a spirale, le storie descritte sono complesse e in questo modo ho cercato di scongiurare i pericoli dei percorsi ripidi e veloci che rischiano di far cadere nella trappola del sensazionalismo mediatico o degli slogan. Prima di entrare in carcere ho voluto far ripercorrere il tragitto storico che ha condotto i rom nell’attuale condizione accompagnando chi legge attraverso le mappe dei luoghi e delle politiche per i rom, collocati sempre ai margini, chiusi fuori. Per disporre in una dimensione storica e geografica la condizione delle donne rom detenute ho quindi deciso di dedicare la prima parte della tesi alla storia dei rom ed all’evoluzione dello stereotipo dello “zingaro criminale” in Europa. Per inquadrare la situazione generale dei rom in Italia e a Roma in particolare ho riservato il secondo capitolo alla descrizione delle condizioni di vita fuori dal carcere, raccontando la storia dei campi e l’evoluzione delle progettualità sull’inclusione delle popolazioni romanì. Inquadrare in senso diacronico e spaziale la situazione è importante perché, come mostrerò, queste premesse strutturano e distinguono le attuali condizioni delle donne rom conducendole, mano nella mano, in carcere. I due capitoli centrali sono stati dedicati alla descrizione delle storie di vita e della quotidianità dei minori e delle donne transitati dal circuito penale italiano. Ho raccontato i percorsi che hanno portato alla condizione di devianza, le progettualità presenti nel carcere, i rapporti fra le detenute ed i contatti con le famiglie. Nella parte conclusiva, ho approfondito i temi dell’antiziganismo seguendo principalmente gli studi di Piasere, ho poi analizzato l’immagine dei rom nei mass media, nei discorsi politici e fra le giovani generazioni attraverso la ricerca diretta nelle scuole e sul web. Infine ho parlato della tendenza a sopperire alle mancanze dello stato sociale attraverso lo stato penale, citando principalmente gli studi di Wacquant. La ricerca sulle romnià in carcere mi ha permesso di osservare le popolazioni rom in una prospettiva nuova e interessante. La dimensione “ristretta” offre un’immagine speculare ribaltata di quelle che sono le rappresentazioni dei rom nella diffusa opinione pubblica. Se fuori sono criminali, asociali, sporchi, scansafatiche, problematici e inclini a non rispettare le leggi, in carcere le romnià sono le detenute che hanno commesso reati meno gravi, quindi le “meno criminali fra i criminali”, sono le più instancabili al lavoro, collaborative, socievoli e benvolute dalle altre detenute, sono affettuose e attaccate ai figli, mai soggette a rapporti disciplinari, mantengono le celle pulite, sono poco interessate dal fenomeno delle dipendenze e da tutto ciò che ne consegue, non hanno mai commesso omicidi e non sono mai entrate nelle sezioni del 41 bis. I rom commettono prevalentemente reati contro il patrimonio, soprattutto furto e rapina. Le interviste che ho raccolto confermano questo dato e fanno emergere un fenomeno che sembra particolarmente diffuso: in molti casi il reato effettivamente commesso è meno grave di quello che viene imputato e scontato, come nel caso dei semplici furti che diventano rapine aggravate. Gli indicatori di cui disponiamo sulla condizione dei rom e sinti che entrano nel circuito penale mostrano che essi non solo sono fortemente discriminati rispetto agli italiani, ma ricevono anche un trattamento peggiore di quello solitamente riservato agli stranieri. "Il carcere per i ragazzi rimane fortunatamente una extrema ratio -spiega Antigone- sebbene meno estrema per i rom, per i giovani immigrati e per coloro che provengono dalle fasce deboli della società". Un caso particolarmente emblematico riguarda le ragazze rom, che rappresentano la quasi totalità delle detenute degli istituti di pena minorili. Queste minori sono detenute non perché hanno commesso reati più gravi delle coetanee che invece riescono ad uscire dal circuito penale, si trovano in un istituto detentivo nella maggioranza dei casi, perché non hanno una situazione socio-familiare che corrisponda ai requisiti per assegnare una misura diversa dalla carcerazione. Gli stranieri e i rom vengono condannati più spesso degli italiani e hanno periodi di detenzione cautelare più lunghi. Inoltre, la carenza di prospettive legali di permanenza sul territorio italiano rischia di vanificare qualsiasi percorso di inserimento sociale avviato durante i periodi di detenzione o misure cautelari. Secondo Wacquant, la carcerazione non riguarda solo chi commette un reato, ma anche gli homeless, i vagabondi, i poveri, i migranti. La concomitanza tra ridimensionamento del settore sociale e accrescimento del settore penale non deriva da mutamenti della povertà o della criminalità, ma è alimentata da una politica del risentimento nei confronti di categorie sociali considerate immeritevoli e indisciplinate, prime fra tutte quelle dei beneficiari di assistenza pubblica e dei criminali di strada che diventano immagini-simbolo. Le popolazioni romanì rientrano perfettamente in queste categorie. Negli Istituti penitenziari italiani ed europei, la sovrarappresentazione di rom e stranieri risulta ancor più marcata in riferimento al genere femminile e ai minori. Interessante il termine usato da Re, che riconduce il problema ad una “discriminazione strutturale” di tali soggetti dovuta sia alle modalità di intervento delle istituzioni penali, sia alla condizione di esclusione nella quale essi si trovano a vivere. "La giustizia penale opera una selezione sociale individuando come utenti privilegiati i minori appartenenti alle categorie più disagiate. Questa discriminazione strutturale è collegata ad una generale trasformazione sociale. Le grandi città del centro-nord ospitano un gran numero di migranti che si insediano nelle periferie e subiscono un processo di ghettizzazione. Questo fenomeno raggiunge il massimo livello con i campi rom”. Sarebbe però riduttivo limitare il concetto di povertà solo alla questione economica. A caratterizzare queste persone, come evidenziato da Campesi, è soprattutto l’isolamento sociale e culturale di cui sono vittime, le difficoltà di accesso ai servizi pubblici e la scarsa qualità delle condizioni abitative. La risposta penale in senso repressivo è frutto di una cultura che tende a colpevolizzare gli individui per la loro condizione disagiata piuttosto che elaborare progetti politici e sociali a loro favore. Le popolazioni rom e le donne rom in particolare sono escluse dalla nostra società. Sono “chiuse fuori”.
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Books on the topic "Carcere Storia"

1

Caminiti, Lanfranco. La fuga dal carcere: Le evasioni diventate storia. Roma: DeriveApprodi, 2011.

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2

Bacci, Renzo. Dalla bottega al carcere fascista: Storia di tre ragazzi livornesi. Firenze: Edizioni Polistampa, 2013.

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3

Camosci e girachiavi: Storia del carcere in Italia : 1943-2007. Roma: Laterza, 2009.

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4

editor, Natoli Claudio 1949, ed. Lettere dal carcere (1939-1942): Storia corale di una famiglia antifascista. Roma: Viella, 2020.

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5

Studi su Gramsci: Americanismo, democrazia e teoria della storia nei Quaderni del carcere. Lecce: Pensa multimedia, 2002.

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6

Campetella, Paola. Qui nacque l'Europa: Il carcere di Santo Stefano a Ventotene : una proposta di riuso tra storia, conservazione, ed eco-energia. Roma: GBE/Ginevra Bentivoglio editoriA, 2016.

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7

Il Sud: Dalla Borbonia felix al carcere di Fenestrelle : perché non sempre la storia è come ce la raccontano. Milano: Magenes, 2014.

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8

Adinolfi, Giuseppe. Storia di Regina Coeli e delle carceri romane. Roma: Bonsignori, 1998.

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9

Lombroso, Cesare. Palimsesti del carcere: Storie, messaggi, iscrizioni, graffiti dei detenuti delle carceri alla fine dell'Ottocento : le voci di una realtà senza tempo. Firenze: Ponte alle Grazie, 1996.

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10

Castellano, Lucia. Diritti e castighi: Storie di umanità cancellata in carcere. Milano: Il saggiatore, 2009.

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Book chapters on the topic "Carcere Storia"

1

Keane, Kate. "Stories from the Cells: The Role of the Maze and Long Kesh Prison in Peace Time Northern Ireland." In The Carceral Network in Ireland, 179–204. Cham: Springer International Publishing, 2020. http://dx.doi.org/10.1007/978-3-030-42184-7_9.

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2

Speed, Shannon. "Carceral Containments." In Incarcerated Stories, 68–91. University of North Carolina Press, 2019. http://dx.doi.org/10.5149/northcarolina/9781469653129.003.0004.

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Abstract:
This chapter examines women’s experience in the United States, particularly in immigration detention. It considers the expansion of immigration into private, for-profit prison industry and outlines the multiple violences and human rights violations that the detention of refugees imply.
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3

Miller, D. Quentin. "Wideman’s Family Stories and the Carceral Archipelago." In African American Literature in Transition, 1980–1990, 56–76. Cambridge University Press, 2023. http://dx.doi.org/10.1017/9781009179355.005.

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4

Schliehe, Anna. "Of Moving Stories and Young Women’s Journeying." In Young Women's Carceral Geographies: Abandonment, Trouble and Mobility, 133–59. Emerald Publishing Limited, 2021. http://dx.doi.org/10.1108/978-1-83909-049-320211006.

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5

Gibson-Light, Michael. "I Owe My Soul to the Commissary Store." In Orange-Collar Labor, 92—C5.P67. Oxford University PressNew York, 2023. http://dx.doi.org/10.1093/oso/9780190055394.003.0005.

Full text
Abstract:
Abstract This chapter examines material disparities resulting from unequal prison labor sorting. It describes the formal economy—centered on the commissary store and institutional services—and the informal economy—comprised of black-market stores, shadow labor, and its own informal currency—within the prison. Across these internal marketplaces, those atop the status hierarchy of prison jobs are often better positioned to provide for themselves, avoid additional scrutiny from security staff, and potentially prepare for their eventual release. Those in less privileged positions, on the other hand, frequently struggle against additional hardships in the face of cost-shifting and other predatory practices. Labor processes thus impact carceral experiences in several overlapping ways.
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Hernández, Kelly Lytle. "Scorpion’s Tale." In Caging Borders and Carceral States, 125–48. University of North Carolina Press, 2019. http://dx.doi.org/10.5149/northcarolina/9781469651231.003.0004.

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Abstract:
This chapter offers a transnational and borderlands framework to reveal how the U.S. and Mexican governments conspired together to use the jail system to quell Mexico’s political revolution. The chapter chronicles the story of Ricardo Magonista’s incarceration in the U.S. from 1907 to 1910 and the ways in which the Mexican and U.S. governments had a shared interest in Magonista’s prolonged incarceration. The chapter takes up a transnational approach to incarceration that demonstrates the ways in which opposing states hoped to silence political radicals through criminalization across national borders. Yet even as states collaborated across borders to use jails and prisons as a place to silence dissent, this chapter reveals how incarceration had the ironic effect of creating new opportunities to orchestrate political and military assaults against the Porfirio Díaz regime. The chapter concludes that the U.S. jailing of Magonistas failed to silence them as they fanned the flames of revolution from jail cells.
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Dubler, Joshua, and Vincent W. Lloyd. "Introduction." In Break Every Yoke, 1–24. Oxford University Press, 2020. http://dx.doi.org/10.1093/oso/9780190949150.003.0001.

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Abstract:
Contemporary American culture is infused with carceral logics that foreground punishment. However, the United States also has a rich tradition of abolitionism, which catalyzes social movements against entrenched injustice. Just as American prison culture is imbued with religion, American abolition culture is also imbued with religion. For this reason, the authors ask what role religion played in underwriting the explosive growth of prisons over the last five decades, as well as what role religion plays in sustaining mass incarceration today. In doing so, the authors weave religion into stories about economics, race, and politics that are told to explain the explosive growth of prisons in the United States. For the movement to “end mass incarceration” to win, this book argues, it must embrace abolitionism, not just reform. Religious ideas and rituals have much to contribute to this process, resourcing a social movement to end the carceral state and its attendant injustices.
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Visperas, Cristina Mejia. "The Skin of Architecture." In Skin Theory, 83–124. NYU Press, 2022. http://dx.doi.org/10.18574/nyu/9781479810772.003.0004.

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Abstract:
Complicating the boundaries between art, scientific representation, and popular culture, chapter 3 takes up the skin as the space or surface of architecture, where intersecting geographies of the prison and the laboratory reveal how complex relations of power/knowledge are encoded in the built environment. Decommissioned in 1995, Holmesburg Prison’s new uses in memory work comprises this chapter’s focus, which includes televisual ghost stories from the TV miniseries Ghost Stalkers, the ruin photography of Matthew Christopher documenting the prison’s deterioration, and large-scale monoprints by Spanish artists Patricia Gómez and María Jesús González that seek to preserve graffiti slowly disappearing from prison walls. Each artefact constitutes a restaging not of the prison’s unsettled past but of its remarkable efficacy in the present: a haunted monument to mass incarceration or a relic in the carceral evolution toward the prison-industrial complex.
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Young, Elliott. "Nathan Cohen, the Man without a Country." In Forever Prisoners, 54–85. Oxford University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.1093/oso/9780190085957.003.0003.

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Abstract:
Nathan Cohen, a Russian-Brazilian Jew, was declared insane and deported from the United States in 1914. After being twice refused landing in Brazil and Argentina, Cohen remained trapped on a ship in New York’s harbor with no country willing to accept him. Cohen’s well-publicized story reflected Americans’ fear of immigrants and immigrants’ difficulty navigating increasingly restrictive immigration policies. This episode also reveals how psychiatric evaluations were used at the beginning of the twentieth century to identify, detain, and deport supposedly “unfit” and “mentally defective” immigrants. At the beginning of the twentieth century, the mental hospital was by far the carceral institution most likely to hold both immigrants and citizens, and the rate of mental hospital incarceration then is equivalent to the rate in the more recent era of mass incarceration in jails and prisons.
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Martin, Liam. "A Blessing in Disguise." In Halfway House, 24–41. NYU Press, 2021. http://dx.doi.org/10.18574/nyu/9781479800681.003.0002.

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Abstract:
This chapter locates Joe’s unfolding reentry experience within a longer biography and wider context. His official criminal record is used to reconstruct a cycle of confinement that includes sentences of incarceration being imposed on twelve occasions spread across more than two decades. This cycle is located within the broader history of the rise of racialized mass incarceration and the war on drugs. A long passage of extended dialogue allows Joe to tell the story of his trajectory leading up to arriving at Bridge House, centering on a dramatic account of contracting a life-threatening spinal abscess while incarcerated at the Richmond county jail and, after being denied treatment there, almost being paralyzed by the surgery used to remove the infection. The chapter concludes by examining the tension-filled role of Bridge House as a site of ongoing carceral control as well as crucial support at a moment of extreme vulnerability.
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Reports on the topic "Carcere Storia"

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Jorgensen, Frieda, John Rodgers, Daisy Duncan, Joanna Lawes, Charles Byrne, and Craig Swift. Levels and trends of antimicrobial resistance in Campylobacter spp. from chicken in the UK. Food Standards Agency, September 2022. http://dx.doi.org/10.46756/sci.fsa.dud728.

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Abstract:
Campylobacter spp. are the most common bacterial cause of foodborne illness in the UK, with chicken considered to be the most important vehicle of transmission for this organism. It is estimated there are 500,000 cases of campylobacteriosis in the UK annually, with Campylobacter jejuni (C. jejuni) and Campylobacter coli (C. coli) accounting for approximately 91% and 8 % of infections, respectively. Although severe infection in humans is uncommon, treatment is seldom needed for human infection but usually involves the administration of a macrolide (e.g., azithromycin) or a fluoroquinolone (e.g., ciprofloxacin). An increased rate of resistance in Campylobacter in chicken to such antimicrobials could limit effective treatment options for human infections and it is therefore important to monitor changes in rates of resistance over time. In this report we analysed trends in antimicrobial resistance (AMR) in C. jejuni and C. coli isolated from chicken in the UK. The chicken samples were from chicken reared for meat (ie. broiler chicken as opposed to layer chicken (ie. egg-laying chicken)) and included chicken sampled at slaughterhouses as well as from retail stores in the UK. Datasets included AMR results from retail surveys of Campylobacter spp. on chicken sampled in the UK from various projects in the time period from 2001 to 2020. In the retail surveys, samples were obtained from stores including major and minor retail stores throughout the UK (in proportion to the population size of each nation) and Campylobacter spp. testing was performed using standard methods with the majority of isolates obtained from direct culture on standard media (mCCDA). Data from national scale surveys of broiler chicken, sampling caecal contents and carcase neckskins at slaughterhouses, undertaken by APHA in 2007/2008, and between 2012 and 2018 were also included in the study. In the APHA-led surveys, Campylobacter were isolated using standard culture methods (culture onto mCCDA) and antimicrobial susceptibility testing was performed by a standard microbroth dilution method to determine the minimum inhibitory concentration (MIC) of isolates. Care was taken when comparing data from different studies as there had been changes to the threshold used to determine if an isolate was susceptible or resistant to an antimicrobial in a small number of scenarios. Harmonised thresholds (using epidemiological cut-off (ECOFF) values) were employed to assess AMR with appropriate adjustments made where required to allow meaningful comparisons of resistance prevalence over time. Data from additional isolates where resistance to antimicrobials were predicted from genome sequence data were also considered.
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