Academic literature on the topic 'Cambiamento Clima'

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Journal articles on the topic "Cambiamento Clima"

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Coderoni, Silvia, and Alberto Manelli. "Agricoltura e sviluppo compatibile con il clima: prospettive globali di finanziamento." RIVISTA DI STUDI SULLA SOSTENIBILITA', no. 2 (September 2011): 35–58. http://dx.doi.org/10.3280/riss2011-002004.

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Abstract:
Le complesse relazioni tra i fattori fisici, economici e sociali che riguardano il settore agricolo in un contesto di cambiamenti climatici, fanno sě che le strategie per affrontare tale problematica non possano prescindere da un approccio integrato delle politiche di sviluppo, mitigazione e adattamento. Tale approccio puň essere definito come "sviluppo compatibile con il clima", ovvero una strategia che minimizza i danni causati dagli impatti climatici, mentre massimizza le opportunitŕ di crescita che un futuro a basse emissioni e piů resiliente puň portare. I livelli di finanziamento per lo sviluppo compatibile con il clima, tuttavia, sono ad oggi decisamente insufficienti, nonostante i flussi finanziari verso i PVS possano rappresentare uno dei modi principali per riconciliare equitŕ ed efficienza nell'affrontare i problemi del cambiamento climatico. Le prospettive per la finanza per il clima comprendono sia la creazione di nuovi fondi di finanziamento, sia il miglioramento e potenziamento di quelli esistenti, ma si fondano sul riconoscimento del ruolo del settore nella mitigazione e della sua peculiare vulnerabilitŕ ai cambiamenti climatici.
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Ciccarelli, Serena. "La bellezza della natura in un clima che cambia." RIVISTA DI STUDI SULLA SOSTENIBILITA', no. 2 (September 2011): 79–103. http://dx.doi.org/10.3280/riss2011-002006.

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Abstract:
Il cambiamento climatico č anche una sfida alla protezione dei valori estetici che attribuiamo ai patrimoni naturali dell'umanitŕ. In questo articolo si indaga l'evoluzione recente del concetto di estetica ambientale e il suo legame con l'etica ambientale. La tesi che si sostiene č che ci troviamo di fronte ad un bivio. Se affermiamo l'esistenza di patrimoni naturali dell'umanitŕ basati su un'idea di natura come entitŕ separata e separabile dall'uomo, i criteri estetici si indeboliscono e finiscono per combaciare con una visione ecologica e fisica dell'ambiente. Due le conseguenze: difendere la bellezza della natura diventa un imperativo etico; ci scontriamo con la difficoltŕ di riuscire a trovare oggi, anche di fronte ai cambiamenti ambientali in atto, qualcosa che si possa definire solo natura. L'alternativa č parlare di patrimoni culturali riconoscendo il ruolo fondamentale delle proiezioni culturali nella percezione che abbiamo della natura. Ne deriva la possibilitŕ per l'estetica di tornare ad avere un ruolo importante nella scelta di quali paesaggi, e non piů quale natura, siano belli.
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Pedrocchi, Ernesto. "Alcune riflessioni sul problema del cambiamento del clima globale." ECONOMICS AND POLICY OF ENERGY AND THE ENVIRONMENT, no. 2 (February 2010): 63–75. http://dx.doi.org/10.3280/efe2009-002004.

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Ferrarese, Maria Rosaria. "Francesco Galgano e il suo inesauribile viaggio tra diritto ed economia." SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no. 3 (December 2012): 137–50. http://dx.doi.org/10.3280/sd2012-003008.

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Abstract:
Una parte rilevante del programma scientifico realizzato da Francesco Galgano puň essere descritta come un lungo viaggio nel rapporto tra diritto e mondo economico. Nonostante il profilo di professore di diritto privato e commerciale, egli ha sempre coltivato uno sguardo storico e sociologico sul diritto, che gli ha permesso di cogliere non solo il cambiamento delle tecniche e degli istituti giuridici, ma anche le ricadute in ambito sociale ed economico. Attraverso i suoi molti lavori sul tema, dagli anni settanta del secolo scorso, fino ai recenti anni di globalizzazione, si possono cogliere i profondi cambiamenti non solo nel mondo dell'impresa e delle relazioni giuridiche, ma anche nel clima culturale e negli attori e protagonisti dello scenario giuridico.
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Domiano, Pietro, Rossella Sironi, Anna Maria Gibin, Maristella Milglioli, and Luisa Brunori. "Psicoterapia di gruppo per i DCA: studio sull'efficacia." GRUPPI, no. 2 (April 2011): 69–83. http://dx.doi.org/10.3280/gru2010-002006.

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Abstract:
La ricerca si č posta come obiettivo la valutazione dell'efficacia della terapia gruppoanalitica a tempo limitato su un campione di soggetti con DCA afferenti al Programma di trattamento dell'AUSL di Parma. L'indagine, di tipo quantitativo, ha misurato il cambiamento nel tempo di diverse variabili sia individuali (valutazione del funzionamento globale, sintomatologia clinica, autoefficacia percepita, qualitŕ della vita, autostima) a livello relazionale (Carta di rete) e a livello gruppale (questionari clima di gruppo e di gradimento dell'esperienza). Inoltre, si č voluto verificare se una terapia gruppoanalitica a tempo limitato di 6+6 mesi possa produrre dei sostanziali cambiamenti nelle aree sopraelencate per i diversi sottotipi di DCA. I risultati sottolineano come le modificazioni siano piů evidenti per la Bulimia confermando le ipotesi che alla base di questa sindrome vi siano strutture di personalitŕ piů flessibili rispetto all'Anoressia e ai BED. I gruppi a tempo limitato di 6+6 mesi sono parsi uno strumento terapeutico adeguato per una casistica di pazienti con disturbi alimentari cronici solo rispetto alla sintomatologia di facciata ma č troppo breve perché si possa verificare un cambiamento profondo e permanente della personalitŕ e delle modalitŕ relazionali in pazienti con disturbi alimentari cronici.
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Biancardi, Alberto. "Un nuovo ruolo per consumatori, imprese e finanza nella regolazione dei settori energia-clima." ECONOMIA PUBBLICA, no. 3 (November 2021): 129–58. http://dx.doi.org/10.3280/ep2021-003006.

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Abstract:
Questo articolo prende avvio da una sintetica illustrazione del ruolo e degli obiet-tivi che le liberalizzazioni e la regolazione economica hanno avuto dagli ultimi due decenni del secolo scorso a oggi. Tutto ciò anche perché questo è ancora il modello di riferimento contenuto nelle norme comunitarie vigenti per i settori dell'energia e che resta parte integrante del Green New Deal. La crescente consapevolezza delle conseguenze derivanti dal climate change e della disponibilità di nuove tecnologie nei settori energetici, nonché in quelli a questi contigui, fra i vari impulsi al cambiamento che sta generando, sta metten-do in discussione anche questo modello di riferimento. L'articolo, illustrati i motivi che stanno alla base di questa messa in discussione e i principali punti aperti di questo confronto, si focalizza sul nuovo ruolo che consumatori, imprese e settore finanziario possono avere nella gestione del cambiamento climatico e della adozione delle medesime nuove tecnologie.
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Celaschi, Flaviano, and Elena Formia. "Progettare la ‘casa del consumo’: dall’avvento della grande distribuzione al nuovo umanesimo commerciale." i+Diseño. Revista Científico-Académica Internacional de Innovación, Investigación y Desarrollo en Diseño 1 (March 8, 2009): 80–88. http://dx.doi.org/10.24310/idiseno.2009.v1i.12739.

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Abstract:
Divenuto il non-luogo consumato, il centro commerciale è stato spesso oggetto di studi da parte di autori che cercano di definire l'impatto di una cultura di massa sempre più sfuggente. Attraverso una lettura storica di casi emblematici italiani, l'articolo cerca di definire come, in un clima di affermazione della cultura dell'outlet mall e di appropriazione del tema del retail da parte dello star-system architettonico, stia emergendo un progressivo cambiamento. Questo cambiamento apre nuove prospettive progettuali che sfidano l'interpretazione che è stata formulata dalla cultura postmoderna. Partendo dalla ricerca sopra citata, insieme al lavoro sul campo svolto per Cean SpA (Torino) e per il gruppo italiano Carrefour, l'articolo si conclude tracciando le linee guida che possono orientare il progettista nello sviluppo di un nuovo format di outlet all'interno della grande distribuzione.
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Cristiani, Eloisa. "Modelli di agricoltura “sostenibile” con particolare attenzione al settore vitivinicolo." Przegląd Prawa Rolnego, no. 1(22) (June 1, 2018): 133–41. http://dx.doi.org/10.14746/ppr.2018.22.1.9.

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Abstract:
Il 25 settembre 2015, le Nazioni unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile indicando 17 Obiettivi (Sustainable Development Goals – SDGs nell’acronimo inglese), articolati in 169 Target da raggiungere entro il 2030 tra i quali compare la promozione di un’agricoltura sostenibile. Questo nuovo modello di crescita mette in luce il ruolo chiave dell’agricoltura nell’attenuazione dei cambiamenti climatici e nell’adattamento ad essi. Alla Conferenza di Marrakech (novembre 2016) delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP22), è emersa la necessità di “mettere l’agricoltura al centro degli interventi sul clima”: se è vero infatti che l’agricoltura contribuisce per quasi il 20% alle emissioni di gas serra, è essa stessa una parte fondamentale della soluzione in termini di mitigazione degli impatti, di esternalità positive per aumentare la resistenza e combattere l’impatto del cambiamento climatico. Ma a quale tipo di agricoltura ci riferiamo? Esiste una definizione condivisa e univoca di agricoltura “sostenibile”, la sola che sembra capace di migliorare la gestione di risorse naturali come l’acqua, di conservare la biodiversità e i servizi eco-sistemici? La scelta del case study dedicato al vino deriva dalla circostanza che in tale settore è possibile individuare oltre 15 forme di disciplinari, protocolli o certificazioni che in qualche modo si richiamano al concetto di “sostenibilità” e intendono comunicarlo al consumatore.
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Braga, Caterina. "Participation and co-creative planning for urban sustainability. The Clic-Plan project educational case." Form@re - Open Journal per la formazione in rete 21, no. 2 (July 31, 2021): 151–59. http://dx.doi.org/10.36253/form-11326.

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Abstract:
The environmental degradation and climate change are the contemporary contexts in which educational processes take place. New forms of knowledge are therefore necessary, which place individuals, groups, as well as those responsible for social life at all levels (economic-political, institutional, administrative, productive, cultural), in the condition of not ignoring the consequences of human actions, also on the environment. Educating to participation, in contrast to delegation, promotes a sense of belonging and makes citizens responsible actors within the decision-making processes for managing their own territory. This, in the epistemological relevance of the pedagogical discourse, takes shape in the dimension of engagement for the benefit of the person and the community and is realized in active participation to the so-called smart city. This discussion can occur within an on-going project, CLIC-PLAN: Changing Climate: Local Adaptation Plan for sub-alpine lake districts with a strong commitment to tourism led by the Catholic University, with activities on climate change. Partecipazione e progettazione condivisa per la sostenibilità urbana. Il caso formativo del progetto Clic-plan Il degrado ambientale e i cambiamenti climatici sono il contesto in cui si svolgono oggi i processi educativi. Sono dunque necessarie nuove forme di conoscenza, che pongano gli individui, i gruppi, i responsabili della vita sociale a tutti i livelli (economico-politico, istituzionale, amministrativo, produttivo, culturale), nella condizione di non ignorare le conseguenze delle azioni umane, anche sull’ambiente. Educare alla partecipazione, in contrasto con la delega, promuove il senso di appartenenza e rende i cittadini attori responsabili dei processi decisionali di gestione del proprio territorio. Questo, nella rilevanza epistemologica del discorso pedagogico, trova forma nella dimensione di engagement a beneficio della persona e della comunità e si realizza nella partecipazione attiva all’interno della cosiddetta smart city. Può contribuire ad alimentare la riflessione il progetto CLIC-PLAN: CLIma in Cambiamento. Piano Locale di AdattameNto per comuni lacustri in territorio subalpino con forte vocazione turistica dell’Università Cattolica, inerente al cambiamento climatico.
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Pizi, Chiara. "Dal PNRR alla giustizia climatica: le risposte dell'ordinamento italiano al climate change." CITTADINANZA EUROPEA (LA), no. 2 (December 2022): 219–34. http://dx.doi.org/10.3280/ceu2022-002009.

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Abstract:
Per realizzare il processo di transizione climatica, le politiche internazionali ed europee si stanno muovendo verso traguardi di riduzione dell'anidride carbonica e di gas serra nel-l'atmosfera, coordinando l'azione degli Stati membri che, attraverso lo strumento della legislazione ordinaria, si mostrano sempre più determinati nel combattere le sfide del climate change. L'ordinamento italiano, tuttavia, si mostra ancora restio ad adottare misure concrete in materia. Rispetto ad altri Stati, il Decreto Clima e gli obiettivi del PNRR appaiono timidi passi verso la lotta al cambiamento climatico. Il presente lavoro si propone di analizzare i profili di criticità e le prospettive future in materia di normazione climatica statale e della sua applicazione, sullo sfondo delle rinnovate speranze che la riforma in materia ambientale della Costituzione del 2022 possa dare nuova forza alla - ancora embrionale - giustizia climatica italiana.
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Dissertations / Theses on the topic "Cambiamento Clima"

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BINCI, DANIELE. "Clima organizzativo ed innovazione nelle Pubbliche Amministrazioni: uno studio della Provincia di Ascoli Piceno." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2010. http://hdl.handle.net/2108/1363.

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Abstract:
Questa tesi analizza il clima organizzativo in una pubblica amministrazione locale con due finalità principali, la prima relativa a fornire un avanzamento nella teoria circa il rapporto tra innovazione, clima ed equilibrio organizzativo, e la seconda relativa ad un contributo per l'ente in cui la tesi si è realizzata. Per quanto riguarda il primo aspetto, la letteratura italiana evidenzia che le riforme del settore pubblico, presentano sotto il profilo empirico un gap di implementazione. L'obiettivo è quindi quello di analizzare il gap della riforma della pubblica amministrazione attraverso il concetto di clima per l'innovazione, in relazione alla efficacia di di implementazione delle ICT. Inoltre, si propone in questa tesi il concetto di clima come variabile proxy dell'equilibrio organizzativo. La letteratura non analizza direttamente i due costrutti ma ci sono evidenze di analisi indiretta tra i due concetti derivanti ad esempio dalla teoria dello scambio sociale e lo scambio leader-member. Per quanto riguarda il secondo aspetto, il lavoro ha fornito un supporto alla direzione generale dell'ente in cui la ricerca si è realizzata nel comprendere e decidere come risolvere le principali problematiche organizzative, attraverso l'analisi del clima.
This thesis has two purposes. The first is a contribution to theory, to advance in the knowledge of organizational climate and organizational equilibrium in a public sector context. With regards to the first topic, the starting point is that Italy is very oriented to introducing new reforms but often weak in their implementation. Furthermore, the public management literature does not seem to analyze in depth the issues related to values, culture and climate in order to better understand their effective implementation. So we aim at analyzing implemention gap of public reform through the concept of climate for innovation, in relation to implementation effectiveness of Information and Communication Technologies (ICT). With regards to the second topic, we propose the concept of organizational equilibrium in relation with the concept of climate. There are evidences of indirect link between the two constructs, derived for example from social exchange theory and leader-member exchange. So we develop the idea that organizational climate can be used as a proxy to evaluate organizational equilibrium. The second is a contribution to practice where research project is realized (with a practitioners audience) to support the general management, to better understand organizational problems and decide how to solve it, trough an organizational climate analisys.
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PANZERI, DAVIDE. "A Bioprospecting Multidisciplinary Approach to Valorise Biodiversity: The Case of Bowman-Birk Protease Inhibitors in Vigna unguiculata (L.) Walp." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2023. https://hdl.handle.net/10281/404605.

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Abstract:
La biodiversità naturale è un’importante risorsa per l’uomo sin da tempi antichi. Tuttavia, sta sperimentando un critico declino e molte specie sono a rischio estinzione. Il cambiamento climatico e l’attività umana sono i maggiori drivers di una conservazione e gestione del territorio non sostenibili. L’opportunità di ammortizzare gli effetti del cambiamento climatico è fornita da specie indigene, domesticate in contesti locali ma poco investigate. In questo contesto, questa tesi mira a sviluppare strategie per valorizzare la biodiversità naturale, considerando diversi e integrati aspetti scientifici. Il primo obiettivo è quello di riscoprire un legume tradizionale africano, Vigna unguiculata (L.) Walp., e verificare la sua adattabilità a condizioni di stress tipiche del cambiamento climatico o pratiche agricole poco esigenti. La ricerca di composti bioattivi è un valore aggiunto al fine di dare coscienza della potenzialità della specie. Per questa ragione, i successivi obiettivi della tesi sono l’esplorazione della diversità genetica di composti bioattivi dei legumi, gli inibitori delle proteasi Bowman-Birk (BBIs), e la valutazione delle proprietà nutraceutiche. Un design sperimentale multidisciplinare è stato applicato integrando diversi approcci per creare un flusso di lavoro coerente. Un esperimento di campo e analisi di produzione e metaboliti è stato organizzato per dimostrare l’adeguatezza di Vigna unguiculata come coltivazione per il cambiamento climatico. La diversità genetica di questa specie è stata esplorato con tecniche di biologia molecolare e analisi computazionali e filogenetiche. Le proprietà nutraceutiche sono state determinate grazie a procedure biochimiche e test su modelli, cellulari e in vivo, di cancro ed invecchiamento. Dal punto di vista della coltivazione, Vigna unguiculata può essere considerata una specie poco esigente in termini di richiesta d’acqua e pratiche agronomiche. Ciò rende questo legume adatto a pratiche di agricoltura conservativa in paesi in via di sviluppo o in quei paesi colpiti fortemente dal cambiamento climatico. Questo legume si dimostra importante come risorsa di macronutrienti essenziali, e, per promuovere la sua diffusione a livello globale, abbiamo indagato anche la presenza di molecole con azione dirette per la salute umana. L’esplorazione genetica ha considerato quasi 200 accessioni, tovando13 diverse isoforme di BBI tra accessioni selvatiche e domesticate distribuite sul continente Africa e in altre parti del mondo. In aggiunta, abbiamo sviluppato una metodica estrattiva e purificative che ha permesso l’isolamento e caratterizzazione delle singole isoforme di BBI. La dimostrazione di attività correlate a BBI nei diversi modelli, rende questa famiglia di proteine un valore aggiunto per la salute umana. L’azione verso linee cellulari tumorali suggerisce possibili applicazioni terapeutiche anche in sinergia con farmaci d’elezione. Ciò apre opportunità per la futura ricerca in specie e generi affini e la valutazione di isoforme maggiormente efficaci anche in sistemi in vivo. Concludendo, questo progetto dimostra che i) la bioprospezione per la ricerca di molecole bioattive in specie regionali è un importante passo per la loro salvaguardia, ii) conoscere evoluzione e diversificazione di piante di interesse è uno strumento per migliorare azioni bioprospettive e identificare migliori varianti di composti bioattivi, iii) analisi di efficacia funzionale in vitro e in vivo è un passaggio fondamentale per dedicare ricerca scientifica al miglioramento della biodiversità in contesti operativi. Quest’ultima è una fase importante per stimolare investitori, sia privati che pubblici, al fine di portare valore economico e sociale alla conservazione della biodiversità.
Natural biodiversity is an important source for humans since ancient times. However, biodiversity is experiencing a dramatic decline and many species are at extinction risk. Climate change and human activity are the main drivers of non-sustainable landscape conservation and management. The opportunity to dampen climate change effects is provided by indigenous species, domesticated in local contexts but are little investigated. In this framework, this PhD thesis aims at developing strategies to valorise natural biodiversity, considering different integrative scientific aspects. The first objective of this thesis is the rediscovery of a traditional African legume, Vigna unguiculata (L.) Walp., and assess its adaptability to stressful conditions typically caused by climate change or undemanding agricultural practices. Moreover, the research for bioactive compounds is an added value to give consciousness of the species potential. For this purpose, exploration of genetic diversity of known legume bioactive compounds, the Bowman-Birk protease inhibitors (BBIs) and appraisal of their nutraceutical properties are the second objectives of the project. A multidisciplinary experimental overview has been applied by integrating different approaches to create a coherent workflow. The demonstration of Vigna unguiculata L. as suitable species for climate change was carried out with a field experiment and subsequent laboratory analyses to evaluate production parameters and metabolic features. The genetic diversity of this species was explored through molecular biology techniques and in silico computational and phylogenetic analyses. The nutraceutical features were established by biochemical procedures and cellular biology by testing compounds on different ageing and cancer models. From the point of view of cultivation needs, it is possible to consider V. unguiculata (L.) Walp. as undemanding in terms of water demand and agronomic practices. This makes this legume suitable for conservation agriculture practices in developing countries and where climate change is having a dramatic impact on indigenous crop. This legume is also an important resource of essential macronutrients and to enhance this species and promote its cultivation globally, we also wanted to focus on the presence of bioactive molecules with direct action on humans. The genetic exploration considered almost 200 accessions and found 13 isoforms of BBI were identified in different wild and cultivated accessions, distributed in the African continent and in other areas of the world. Furthermore, we managed to develop an extraction and purification procedure to isolate single isoforms and characterise them. Our data suggest that V. unguiculata BBIs possess a great natural genetic and biochemical diversity. Moreover, the demonstration of BBI-related bioactivities on different models makes them very promising as a high-value natural compound for human wellbeing. The direct action on different tumour cell lines suggests a possible therapeutic application also in synergy with some drugs (i.e. Cetuximab). This opens opportunities for future research on similar related species and genera, and on the analyses to evaluate the most effective isoforms also in in vivo systems. In conclusion, this PhD project demonstrates that i) bioprospection of local species directed to the search for bioactive molecules represents an important lever for safeguarding; ii) the knowledge of evolution and diversification of the plants of interest is a tool to improve bioprospecting actions and identify molecular variants of bioactive compounds; iii) analyses of functional efficacy of bioactive compounds in in vitro and in vivo systems is a fundamental step to dedicate scientific research to the enhancement of biodiversity in an operational context. This is an essential phase to stimulate private investors and businesses to bring economic and social value and biodiversity conservation.
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Acciarri, Filippo. "Analisi di laboratorio sull'efficacia di additivi antighiaccio innovativi per pavimentazioni stradali in climi rigidi." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2022.

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Abstract:
Nell’ambito delle costruzioni stradali ha grande rilevanza garantire delle soglie di sicurezza d’esercizio viario anche nelle condizioni climatiche più avverse. Il problema è più sentito durante i mesi invernali, quando le precipitazioni e le temperature rigide possono causare accumulo di neve e ghiaccio sulle strade. Questi fenomeni hanno conseguenze di tipo funzionale e, a lungo termine, strutturale sulle sovrastrutture stradali. Nel tempo si sono proposte soluzioni diverse al problema, a partire dal tradizionale utilizzo di fondenti sparsi sulle pavimentazioni, sino alle più sofisticate ricerche nell’ingegneria dei materiali. Oggi l’emergenza climatica ci ha abituato a eventi atmosferici sempre più violenti e a un ecosistema sempre più fragile, per cui le nuove ricerche sono volte a minimizzare l’impatto ambientale della manutenzione invernale e a garantire prestazioni migliori e durature. Uno dei filoni di ricerca più promettenti, indagato in questa tesi, è quello delle AIAP, Anti-Icing Asphalt Pavements, e degli SSA, Salt Storage Additives. Lo scopo di questi ultimi, inseriti in un conglomerato bituminoso, è quello di abbassare il punto di congelamento dell’umidità che per vari motivi, si trova sulla strada. Nonostante queste tecnologie siano una realtà applicabile da più di 20 anni, non esiste ancora tra le norme tecniche un protocollo di verifica e utilizzo in opera di tali materiali da costruzione. Nel presente elaborato, a partire dalla letteratura scientifica, si sono indentificati alcuni metodi d’indagine per le AIAP, da condurre in laboratorio su campioni confezionati con un prodotto di tipo SSA. Le prove svolte mirano a determinare l’efficacia anti-ice, la vita utile, l’influenza sulle proprietà fisiche, meccaniche e funzionali delle sovrastrutture stradali. Lo studio tratta tutte le fasi di valutazione, dalla miscela di progetto, al confezionamento di campioni, alla messa a punto delle prove, all’esecuzione e all’interpretazione dei risultati finali.
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DI, PIERRI Marica. "Cambiamenti climatici e diritti umani. Il paradigma della Giustizia climatica e il ruolo delle climate litigations per la protezione dei diritti umani nel contesto clima-alterato." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2021. https://hdl.handle.net/10447/514951.

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Abstract:
In che misura i sempre più diffusi, pervasivi e drammatici impatti dei cambiamenti climatici, che interessano con geometrie variabili tutte le latitudini e longitudini del globo, mettono a rischio la tenuta del sistema dei diritti umani universalmente riconosciuti? La ricerca si pone l'obiettivo di rispondere a tale quesito ragionando su quali sfide essi pongano e su quali siano, nell'attuale panorama, gli strumenti giuridici utili a garantire la piena tutela dei diritti fondamentali nel nuovo contesto clima- alterato. La fondatezza e l’attendibilità delle ricerche scientifiche che avvalorano l’esistenza del cambiamento climatico antropogenico si pongono come presupposto fattuale dell'intero lavoro: la rilevanza dell'emergenza climatica nell'attuale scenario globale è infatti documentata da decenni di evidenze e serie di dati accreditati, sistematizzati e diffusi da enti di ricerca e organismi internazionali. In tal senso, il passaggio in rassegna della gran quantità di report disponibili e la selezione dei dati più rilevanti costituiscono lo scheletro di evidenze da cui muove l'indagine. Se a partire dal Rapporto The limits to growth del 1972, innumerevoli pubblicazioni hanno messo in luce i pericoli posti dall'incompatibilità ambientale del modello economico alla piena tutela dei diritti umani, tale incompatibilità è resa con particolare efferatezza dalla minaccia rappresentata dai cambiamenti climatici per il godimento di gran parte dei diritti fondamentali tra cui spiccano il diritto alla vita, alla salute, all'ambiente salubre, a un tenore di vita adeguato, all'alimentazione, all'acqua pulita, all'autodeterminazione. Gli organismi internazionali, tra cui di particolare rilevanza appare il lavoro del Consiglio per i Diritti Umani dell'ONU, hanno progressivamente affermato e definitivamente riconosciuto che gli impatti climatici hanno implicazioni dirette ed indirette sull'effettivo godimento dei diritti universalmente riconosciuti. Da almeno due decenni le Nazioni Unite tentano, attraverso le proprie agenzie, organismi e attività, di indurre gli Stati membri a coordinare e moltiplicare gli impegni per il contrasto ai cambiamenti climatici, anche nell'ottica di garantire protezione ai diritti connessi al clima. La discussione dottrinale nata attorno alle emergenti necessità di tutela si è orientata – ricalcando quanto avvenuto con il diritto umano all'ambiente salubre – per la rilettura delle fattispecie esistenti alla luce dei profili climatici attuali. Accanto a questo sforzo di ri-significazione e di specificazione, assai rilevante appare la spinta, da più parti proveniente, tesa al riconoscimento di uno specifico “diritto umano al clima sicuro”. L'approccio teorico attraverso cui si analizza il processo di affermazione delle nuove istanze è quello dell'Ecologia politica, che fornisce un approccio integrato alla lettura delle questioni ambientali, ricorrendo ad elementi di analisi mutuati dagli studi sociologici, antropologici, dalle scienze politiche, dalle scienze economiche e dalle scienze giuridiche. La scelta risponde all'esigenza di mettere in luce le connessioni tra fattori politici, sociali ed economici e sfide ecologiche, prestando particolare attenzione alle ricadute delle minacce ambientali in termini di giustizia, discriminazione, impoverimento socio-economico nonché sul ruolo degli attori sociali. Tale relazione appare particolarmente rilevante ai fini della piena comprensione del fenomeno dei cambiamenti climatici (tanto in termini di asimmetria delle responsabilità quanto di asimmetria degli impatti) e dell'individuazione di risposte efficaci a contrastare le molteplici implicazioni sociali del riscaldamento globale. Lo stesso tipo di prospettiva integrata tra ambiente, diritti, vulnerabilità, fattori sociali, politici ed economici, pur con origini e finalità da principio differenti, ha portato all'affermazione del paradigma della Giustizia ambientale prima e della Giustizia climatica poi. Si tratta di nozioni fondate sulla constatazione di una ripartizione iniqua dei rischi e degli impatti ambientali e climatici – che penalizza in modo sistematico con maggior gravità le fasce più vulnerabili della popolazione mondiale – e costituiscono riferimento teorico dell'intero lavoro. Dal punto di vista più strettamente giuridico, oltre alla ricostruzione delle tappe salienti del dibattito internazionale inerente la relazione tra essere umano e ambiente, viene ripercorso il cammino che ha portato dall'affermazione del concetto di sviluppo sostenibile alla possibilità di qualificare giuridicamente – e azionare in giudizio – i diritti delle generazioni future. Punto nodale dell'excursus è la disamina - con particolare riferimento ai documenti elaborati dagli organismi delle Nazioni Unite (Consiglio Diritti Umani, Assemblea Generale, Report Relatori Speciali etc.) - degli stratificati legami esistenti tra climate change e tutela dei diritti umani nonché dell'esistenza e configurabilità di un diritto umano al clima stabile e sicuro. I fondamenti giuridici, i contenuti e le potenzialità in termini di effettività della tutela di un siffatto diritto sono ampiamente argomentati nella ricerca. La declinazione del nesso tra diritti umani e cambiamenti climatici, anche attraverso la già citata possibilità di riconoscere uno specifico diritto umano al clima, assume forza anche alla luce della rilevanza assunta dalla via giudiziaria alla Giustizia climatica. Nell'ultimo decennio le azioni legali in ambito climatico sono divenuti strumento di rivendicazione e di affermazione delle istanze di protezione di individui e comunità dagli impatti del climate change, utilizzato dalla società civile con sempre maggior frequenza e capillarità. Le evidenze scientifiche segnalano come una drastica e rapida riduzione delle emissioni di gas serra sia imprescindibile per evitare uno squilibrio irreversibile del sistema climatico e scongiurare le conseguenze che ne derivano. Nonostante gli strumenti internazionali approntati e le normative nazionali esistenti, tale riduzione non è ancora avvenuta, sintomo di un’inerzia diffusa incompatibile con un’inversione di tendenza tempestiva. Di conseguenza, questo tipo di controversia legale mira a coinvolgere gli organismi giudiziari chiamando i giudici a svolgere un ruolo attivo nel contrasto al riscaldamento globale. L'esame degli orientamenti teorici e lo studio approfondito delle diverse impostazioni e culture giuridiche rilevabili nel campo (vasto e in continua evoluzione) del contenzioso climatico, effettuata tramite una corposa casistica internazionale, traccia una complessiva panoramica del nuovo ambito legale, evidenziandone rilevanza, tendenze, sfide, questioni giuridiche e prospettive. In conclusione, il ripensamento del ruolo del diritto in funzione del contenimento delle incertezze sul futuro poste dai cambiamenti climatici appare come prospettiva centrale cui la ricerca mira a contribuire; la domanda di fondo da cui partire è se in un sistema giuridico in grado di riflettere a pieno la portata di tale urgenza, l’inazione possa essere considerata, e con che conseguenze, una violazione dei diritti umani. In questo scenario, il contenzioso climatico si pone come elemento nuovo e utile in un sistema di governo multi-dimensionale del clima, costituendo strumento prezioso, in questa fase storica, per la realizzazione della Giustizia climatica.
To what extent do the increasingly widespread, pervasive and dramatic impacts of climate change, jeopardise the resilience of the universally recognised human rights system? This research aims to discuss climate change challenges and what legal instruments are currently available to guarantee the full protection of fundamental rights in the new climate-altered context.  The anthropogenic nature of climate change is a fundamental ground of this research: the relevance of the climate emergency in the current global scenario is in fact documented by decades of scientific evidence and series of accredited data, systematised and disseminated by research entities and international organisations. The review of the large number of available reports and the selection of the most relevant and accredited data constitute the skeleton of solid evidence on which this research is based.  Since The Limits to Growth Report in 1972, countless publications have highlighted the dangers posed by the environmental incompatibility of the economic model with the full protection of human rights. Climate change emphasizes such incompatibility and increasingly threatens the enjoyment of most fundamental rights, including the right to life, health, a healthy environment, food, clean water and self-determination.  International organisations, including the UN Human Rights Council, have affirmed and recognised that climate impacts have direct and indirect implications on the effective enjoyment of universal rights. For at least two decades, the United Nations, through its agencies, bodies and activities, have been trying to induce member states to coordinate and multiply their efforts to combat climate change to guarantee the protection of climate-related rights.  Following the evolution of the human right to a healthy environment, the doctrinal discussion that arose around the emerging need for protection has been oriented towards the reinterpretation of existing cases in the light of current climate profiles. Alongside this effort of re-signification and specification, the push, coming from many sources, for the recognition of a specific "human right to a safe climate" appears very relevant.   The theoretical register through which the analytical reading of the process of affirmation of the new demands is presented is that of Political Ecology, which provides an integrated approach to the reading of environmental issues, using elements of analysis borrowed from sociological and anthropological studies, political science, economics and legal science. Such perspective responds to the need to highlight the connections between political, social and economic factors and ecological challenges, paying particular attention to the effects of environmental threats in terms of justice, discrimination, socio-economic impoverishment and the role of social actors. This relationship is particularly relevant for the full understanding of the climate change phenomenon (both in terms of asymmetry of responsibilities and asymmetry of impacts) and for the identification of effective responses to counter the multiple social implications of global warming.  The same kind of integrated perspective between environment, rights, vulnerability, social, political and economic factors, although with different origins and aims in principle, has led to the affirmation of the paradigm of first Environmental Justice and then Climate Justice. These notions are based on the observation of an unequal distribution of environmental and climate risks and impacts - which systematically penalises the most vulnerable sectors of the world's population with greater severity - and constitute the theoretical reference for this study.  From a more strictly legal point of view, in addition to the reconstruction of the main stages of the international debate on the relationship between human beings and the environment, this research traces the path that led from the affirmation of the concept of sustainable development to the possibility of legally qualifying - and defend in court - the rights of future generations.  The focal point of the excursus is the examination - with particular reference to the documents drawn up by UN bodies (Human Rights Council, General Assembly, Special Rapporteurs' Reports, etc.) - of the stratified links between climate change and the protection of human rights, as well as the existence and configurability of a human right to a stable and safe climate. The legal foundations, the contents and the potential in terms of effectiveness of the protection of such a right are widely argued in this study. The declination of the link between human rights and climate change through the recognition of a specific human right to a safe climate becomes stronger also in the light of the importance assumed by the judicial route to climate justice.  In the last decade, legal actions in the climate field have become a tool for claiming and asserting the protection of individuals and communities from the impacts of climate change, used by civil society with increasing frequency and capillarity. The aforementioned scientific evidence shows that a drastic and rapid reduction in greenhouse gas (GHG) emissions is essential to avoid an irreversible imbalance in the climate system and to avert the consequences that ensue. Despite the international instruments in place and the existing national regulations, GHG emissions’ reduction has not yet taken place, a sign of the widespread inertia that is incompatible with a timely reversal of climate change. Consequently, this type of legal dispute aims to involve judicial bodies by calling on judges to play an active role in combating global warming.  The examination of the theoretical orientations and the in-depth study of the different legal approaches and cultures from the vast and constantly evolving field of climate litigation, carried out by means of an extensive international cases study, traces a comprehensive overview of the new legal field, highlighting its relevance, trends, challenges, legal issues and perspectives.  The rethinking of the role of law as a function of the containment of uncertainties about the future posed by climate change appears to be a central perspective to which this study aims to contribute; the basic question to be addressed is whether in a legal system capable of fully reflecting the scope of such urgency, climate inaction can be considered a violation of human rights and with what consequences. In a multi-dimensional climate governance system, climate litigation stands as a new and useful element  and constitutes a valuable tool for the realisation of Climate Justice.
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Semenzato, Paola. "Movement ecology of female alpine ibex (Capra ibex): influence of resources, climate, and reproductive constraints." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2017. http://hdl.handle.net/11577/3422315.

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Abstract:
There is now ample evidence of the ecological impacts of recent climate change on Alpine ecosystems. Animal populations, and in particular herbivores, can be affected directly, through modifications of the environmental temperature, and indirectly, through alteration of both distribution and phenology of plant communities. Understanding the behavioral strategies and tactics that populations and individuals use to buffer climatic variability and its impacts are particularly relevant in order to evaluate their vulnerability to climate change and develop incisive management and conservation actions. This dissertation investigates how females of Alpine ibex (Capra ibex) taken as a model for specialized Alpine large herbivore species, shape their behavior to deal with environmental and climatic variation and reproductive constraints during summer, a crucial period for the fitness of females of a capital breeder species. For this purpose, I used GPS locations and activity data of 22 females monitored in the Marmolada massif (northeastern Italian Alps) from 2010 to 2016. I tested for differences in space use and activity patterns of female ibex at different temporal scales (annual, intra-seasonal and hourly), in relation with changes in temperature, habitat type, and food resource availability -productivity (NDVI) and green up (?NDVI) of vegetation-. In addition, I evaluated anti-predator behavior contrasting the tactics of use of refuge areas and habitat types of females with different reproductive status. My findings showed how female ibex vary the use of space, habitat selection and rhythms of activity in a continuous trade off that allow them to fulfill different physiological needs in response to variation in environmental and climatic conditions, and under reproductive constraint. Ibex females responded to the altitudinal gradient in vegetation productivity with an altitudinal shift in spring and summer, to exploit the vegetation in earlier phenological stages. At the same time, females avoided thermal stress and maintained constant the daily foraging time through adjustments in circadian activity rhythms and altitudinal shifts. Moreover, during the reproductive period females with kids modified their movement patterns, feeding activity, and habitat use cope with increased energetic demands and the need of protecting kids with their limited locomotion capacity. My results have shown that the spatial behaviors that act at different scales were an effective strategy to optimize thermoregulation needs and forage acquisition while reducing predation risk. This thesis enriches knowledge on the influence of resources, climate, and reproductive constraints on behavioral strategies and tactics of female ibex. It represents the first attempt for this species, to my knowledge, to describe these behavioral responses as part of a complex trade-off mechanism, which occurs across different temporal scales, highlighting a presence of behavioral plasticity in ibex females. Such behavioral plasticity may allow them to buffer the environmental variations associated with current climate change.
Risulta ormai evidente come il cambiamento climatico in atto stia avendo un forte impatto sull’ecosistema alpino. Le popolazioni animali, ed in particolare su gli erbivori possono essere influenzati direttamente, delle variazioni delle temperature ambientali, e indirettamente, dalle alterazioni nella distribuzione e nelle fasi fenologiche della vegetazione. La comprensione delle strategie comportamentali, utilizzate dagli animali per rispondere al cambiamento climatico è particolarmente rilevante per valutare la loro vulnerabilità a tali modifiche, permettendo così di sviluppare azioni di gestione e conservazione efficaci. Questa tesi esamina come le femmine di stambecco Capra ibex (prese come specie modello specializzata all’ambiente alpino di alta quota) variano il loro comportamento spaziale e i ritmi di attività in risposta ai cambiamenti ambientali e climatici, nonché ai vincoli riproduttivi durante il periodo primaverile e estivo. Per raggiungere gli obiettivi della mia tesi, ho utilizzato le localizzazioni raccolte attraverso collari GPS e i dati di attività del sensore di movimento posizionato sui collari di 22 femmine monitorate dal 2010 al 2016 nel massiccio della Marmolada (Alpi nord-orientali). Ho analizzato le variazioni a diverse scale temporali (annuale, intra - stagionale e oraria) del comportamento spaziale e dei pattern di attività delle femmine di stambecco in relazione ai cambiamenti nella disponibilità delle risorse trofiche - produttività (NDVI) e green-up (?NDVI) della vegetazione -, della temperatura ambientale e all’uso dei diversi tipi di habitat. Inoltre, ho valutato il comportamento anti-predatorio confrontato l'uso delle aree di rifugio delle femmine a diverso stato riproduttivo. I risultati dimostrano come le femmine di stambecco abbiano variato l'uso dello spazio, della selezione degli habitat e dei ritmi di attività, in un meccanismo di trade-off, per soddisfare diverse esigenze fisiologiche in risposta alla variazione delle condizioni ambientali, climatiche e al loro stato riproduttivo. Durante la stagione primaverile e estiva le femmine di stambecco hanno risposto al gradiente altitudinale della produttività della vegetazione con uno spostamento verso le quote più alte, per sfruttare la vegetazione nei primi stadi fenologici. Allo stesso tempo, hanno evitato lo stress termico e hanno mantenuto costante l'attività di alimentazione regolando, a scala giornaliera, i ritmi di attività e gli spostamenti altitudinali. Lo studio ha premesso di descrivere come la variazione circadiana e stagionale dell’uso dei diversi tipi di habitat rappresenti una strategia ottimale di uso dello spazio, minimizzando lo stress termico e massimizzando l'acquisizione delle risorse trofiche. Inoltre è stato messo in luce come, durante il periodo riproduttivo le femmine con il piccolo modifichino il loro comportamento spaziale e l’attività di alimentazione, variando altresì l’uso dell’habitat in risposta all'aumento delle esigenze energetiche e delle necessità di protezione dei piccoli, nonché la loro minore capacità di locomozione. I risultati hanno dimostrato come strategie comportamentali che agiscono a diverse scale rappresentano un modo efficace per ottimizzare le esigenze di termoregolazione, l'acquisizione di risorse alimentari e per ridurre il rischio di predazione. Questa tesi arricchisce le conoscenze sull'influenza delle risorse trofiche, del clima e dei vincoli riproduttivi sulle strategie e tattiche comportamentali delle femmine di stambecco. Essa rappresenta il primo tentativo per questa specie, secondo le mie conoscenze, di descrivere queste risposte comportamentali come parte di un complesso trade-off che si verifica a diverse scale temporali, evidenziando una presenza di plasticità comportamentale nelle femmine di stambecco. Tale plasticità comportamentale potrebbe consentire a questa specie di tamponare le variazioni ambientali associate agli attuali cambiamenti climatici.
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SBRANA, ALESSANDRO. "Faculty Development Centri di Professionalità Accademica (CPA)." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251175.

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Abstract:
mondo universitario ha subito un’ondata di cambiamenti che si possono ricondurre alla ricerca dell’eccellenza, declinata secondo le due dimensioni della valutazione e della rendicontazione. Tre sono quelli più evidenti: il primo, il passaggio da una ricerca curiosity driven a una ricerca funzionale al raggiungimento di risultati valutabili in tempi brevi; dalla ricerca pura a quella applicata, da un approccio problem-making a uno problem-solving, da una conoscenza come processo a una conoscenza come prodotto, da un modello disinteressato a uno utilitaristico (Barnett, 1994); il secondo, riguardante l’offerta formativa: dal momento che si è modificato il modo di concepire l’apprendimento; i curricula tendono a essere definiti in termini di risultati di apprendimento predefiniti (Blackmore, 2016); il terzo, peculiare della struttura amministrativa: dal momento in cui sono divenute essenziali una serie di nuove sovrastrutture (programmazione, valutazione, controlli, comunicazione) rispetto al mandato originario della struttura universitaria si registra un aumento consistente del personale delle strutture amministrative. Questi cambiamenti devono fare i conti con la perdita di prestigio della vita accademica, il cambiamento del ruolo dello studente, che è diventato sempre più importante e l’aumento delle procedure burocratiche che rischiano di ingessare un sistema un tempo caratterizzato da un’elevata autonomia. Per consentire alle strutture universitarie di affrontare le sfide culturali a partire dagli anni Settanta nelle università nord-americane si sono strutturate iniziative finalizzate allo sviluppo e alla promozione di una migliore offerta formativa. Tali iniziative vengono definite con l’espressione Faculty Development (FD), una policy accademica finalizzata a creare le condizioni per un miglioramento delle competenze di tutti coloro che sono coinvolti nelle attività svolte in un ateneo. Nella realtà italiana emerge la mancanza di una vera politica di formazione al teaching per i ricercatori e i docenti universitari, per non parlare dell’esigenza di superare il pregiudizio, di gentiliana memoria, secondo il quale non è necessario apprendere a insegnare, ma sia sufficiente avere successo nella ricerca, cui si aggiunge nell’ultimo decennio una continua e affannata richiesta al personale accademico di azioni organizzative, valutative e documentali, che assorbono tempo e energie senza il supporto di adeguati apparati gestionali e senza predisporre indagini valutative capaci di misurare l’effettivo esito di tutte queste azioni. L’effetto finale è un evidente declino (Capano et al., 2017) dell’istituzione universitaria. Si può ipotizzare che la cultura del organizzazione propria del Faculty Development possa contribuire nel contesto italiano a fornire azioni a supporto del cambiamento: è quanto mai essenziale dotare gli atenei di risorse funzionali a riqualificare la vita accademica, fornendo al personale accademico gli strumenti necessari per performare una buona scholarship, realizzare un’efficace offerta formativa e attuare adeguate forme di terza missione, capaci di incrementare la vita culturale della comunità. Il presente studio si propone come un’analisi sistematica della letteratura sul tema del Faculty Development, che persegue l’obiettivo di sviluppare una disamina estesa dell’oggetto, in modo che l’esplicitazione della datità raccolta fornisca un’analisi del fenomeno che possa essere di supporto a un’avveduta educational policy nel campo della formazione universitaria. Nel contesto italiano ad oggi non esiste una cultura di attenzione ai contesti di apprendimento universitario. L’offerta formativa è concepita come offerta di pacchetti curriculari e la predisposizione delle condizioni di apprendimento per il conseguimento del titolo universitario si risolve nella organizzazione di una serie di lezioni, frontali o laboratoriali, senza che tutto questo sia innervato da una specifica intenzionalità didattica. Questa immagine poco confortante non intende affatto trascurare tutti i casi di buone prassi sviluppati nei vari corsi di studio, ma il buono che emerge è demandato all’impegno del singolo, senza che l’istituzione universitaria si interroghi sul come predisporre le condizioni per il potenziamento della qualità dei processi di apprendimento. A fronte di questa situazione la necessità di migliorare la qualità dell’insegnamento non è mai stata così stringente e sfidante come lo è oggi, in un clima di continuo cambiamento della formazione superiore. Nuove tendenze definiscono la formazione superiore, attraversando confini istituzionali e nazionali. Essi influiscono sul modo in cui un insegnamento efficace viene concettualizzato, condotto e supportato, valutato, valorizzato e riconosciuto. È necessario affrontare temi quali l’inadeguata preparazione per il lavoro accademico nei corsi di studio magistrali, l’incapacità dei docenti a trasferire competenze, la crescente complessità degli ambienti accademici, le attese e le responsabilità istituzionali, la necessità di preparare meglio gli studenti con bisogni diversi, e la necessità di stare al passo con i balzi della conoscenza e i cambiamenti nelle professioni. Migliorare la qualità della didattica è inoltre essenziale perché consente di ridurre il numero degli abbandoni. È venuto il momento di transitare da un’offerta formativa di tipo episodico a una prospettiva di esperienze di apprendimento in continuità nel tempo, per accompagnare la formazione dei docenti in un modo strutturalmente organizzato (Webster-Wright, 2009). Sulla base della rilevazione fenomenica, sono emerse le seguenti domande di ricerca: che cosa è il FD? Cosa consente di fare? Come si mette in pratica? Quali sono le potenzialità? Quali sono i limiti? Il FD ha il compito di incentivare i docenti ad interessarsi ai processi di insegnamento e apprendimento e a procurare un ambiente sicuro e positivo nel quale fare ricerca, sperimentare, valutare e adottare nuovi metodi (Lancaster et al. 2014). È finalizzato a promuovere cambiamento sia a livello individuale sia a livello organizzativo. Occupa un posto centrale il miglioramento delle competenze di teaching (Steinert, 2014). Due importanti obiettivi sono rappresentati dalla promozione delle capacità di leadership e di gestione dei contesti (Steiner et al., 2012). Una volta definite le metodologie del teaching, che possono essere oggetto di apprendimento da parte del personale accademico, è risultato necessario identificare le principali modalità formative che un centro di Faculty Development (FDc) dovrebbe mettere in atto per favorire l’apprendimento delle competenze didattiche. Per comprenderne la funzione reale è stato utile prendere in esame le attività proposte dai più importanti centri del panorama accademico nordamericano, analizzandone la struttura organizzativa, le risorse disponibili ed identificandone le due figure principali: il responsabile dell’organizzazione dei processi formativi e il responsabile della struttura. L’analisi dei casi ha consentito di evidenziare i molteplici servizi che possono essere forniti da un FDc. Questa analisi di realtà è risultata molto utile poiché ha offerto indicazioni pragmatiche ai fini di una politica accademica innovativa anche in ambito italiano. Alla luce degli argomenti sviluppati è stato possibile ipotizzare anche per gli atenei italiani l’istituzione di “Centri per la professionalità accademica”, indicando possibili iniziative da essi realizzabili, che potrebbero trovare spazio nella realtà del nostro paese.
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Books on the topic "Cambiamento Clima"

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La variabilità del clima locale relazionata ai fenomeni di cambiamento climatico globale. Bologna: Pàtron, 2006.

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2

Giornata, dell'ambiente (9th 1991 Rome Italy). Cambiamento globale del clima: Stato della ricerca italiana : IX Giornata dell'ambiente, Roma, 5 giugno 1991. Roma: Accademia nazionale dei Lincei, 1992.

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3

B, Carli, and Consiglio nazionale delle ricerche (Italy), eds. Clima e cambiamenti climatici: Le attività di ricerca del CNR. Roma: Consiglio Nazionale delle Ricerche, 2007.

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4

Cigolini, Massimiliano. Il cambiamento del clima. lulu.com, 2019.

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Conference papers on the topic "Cambiamento Clima"

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Ortolani, Chiara. "Morfologia urbana, trasporti, energia: indicatori di impatto." In International Conference Virtual City and Territory. Roma: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7910.

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Abstract:
La mobilità svolge un ruolo vitale per il mercato interno, per l’occupazione e, più in generale per la qualità della vita dei cittadini. Rivolgendo l'attenzione al contesto mondiale, europeo e nazionale si vede come sia divenuta una necessità sempre crescente: la mobilità media per persona in Europa, misurata in passeggeri-chilometro per abitante, è aumentata del 7% tra il 2000 e il 2008 e si prevede che nel 2050 i passeggeri-km nell’Europa OECD saranno il doppio rispetto al 2000. Per ciò che riguarda il trasporto merci la domanda ha continuato a crescere oltre il PIL negli ultimi dieci anni (EC, 2011). L’attuale modello di trasporto è basato però sull'uso dei combustibili fossili e sul predominio del trasporto su strada, sia per le merci che per i passeggeri (EC, 2011) e inoltre una larga parte della mobilità oggi esistente potrebbe essere evitata (McLellan & Marshall, 1998). Di conseguenza, tale modello è responsabile del 23% dell’energia consumata in Europa. Circa i tre quarti dipendono dal trasporto su strada (IPCC, 2007) e il consumo energetico, in questo settore, si stima che aumenterà circa dell’80% entro il 2030. In conseguenza del fatto che l’energia consumata in questo settore proviene per il 96% dal petrolio e dai suoi derivati (IPCC, 2007; EC, 2011) questo stesso è responsabile di elevate emissioni di CO2 e altre sostanze clima-alteranti, dell'aumento della temperatura e di rilevanti problemi di salute nelle popolazioni esposte (U.S. EPA, 2010). La forte dipendenza dal petrolio potrebbe inoltre portare a conseguenze severe sulle possibilità di approvvigionamento di merci e spostamento dei cittadini, sulla sicurezza economica e la competitività globale ed europea nei decenni futuri (EC, 2011; U.S. Joint Forces Command, 2010). La maggior parte degli spostamenti sono interni alle aree urbane e, per il settore dei trasporti, queste sono le aree che influiscono di più sui cambiamenti climatici e sui consumi energetici globali. La città può essere assimilata ad un organismo (Samaniego & Moses, 2008) e gli spostamenti che si compiono in essa, affinché siano efficaci, devono avvenire attraverso una rete che rappresenti una configurazione ordinata di relazioni -o connettività- (Capra, 1996) che implica una certa forma, una struttura definita (con il rispettivo schema) e uno o più processi specifici (Samaniego & Moses, 2008). Le caratteristiche che osserviamo oggi negli organismi sono il risultato di milioni di anni di evoluzione verso l’ottimizzazione delle strutture: minimizzazione dell’energia spesa per la distribuzione delle risorse e massimizzazione del rendimento. Tendono quindi a minimizzare il loro grado di entropia. Per arrivare ad una configurazione del tessuto connettivo urbano che possa minimizzare il suo grado di entropia è necessario innanzi tutto individuare un insieme di indicatori sulla base dei quali sia possibile caratterizzare lo spazio stesso e che rendano possibili analisi dinamiche della morfologia urbana. In quest’ottica, questo contributo si pone quindi come obiettivo quello di individuare un primo set di indicatori significativi derivati dal confronto tra le caratteristiche delle reti vascolari di un organismo e il tessuto connettivo urbano. The mobility plays a very important role for the internal market, employment and, more generally, the citizens’s life quality that takes great advantages from an effective and sustainable transport system. In the last twenty years, mobility has become an ever increasing necessity: the average mobility per capita in Europe, measured in passenger-kilometres per capita, is increased by 7% between 2000 and 2008 and it is expected that in 2050 the passenger-km OECD Europe will double compared to 2000. Furthermore demand for resources and food is continued to grow well beyond the GDP over the past decade (EC, 2011), enhancing thus the freight. The current transport model that responds to this mobility demand, which also includes a large part of trips that could be avoided (McLellan & Marshall, 1998), is based on the dominance of road transport and use of fossil fuels (EC, 2011), both for freight and transport of passengers. As a conseguence this transport model is accountable for 23% of energy consumed in Europe, and about three quarters of which depends on road transport (IPCC, 2007) It is estimated that energy consumption in this sector will increase by around 80% for 2030. In this sector, the energy consumed originates of 96% from oil and its products (IPCC, 2007; EC, 2011; Lerch, 2011). Therefore, the transport sector is responsible for high emissions of CO2 and other climate-altering gases, for the temperature increase and for significant health problems in population directly exposed to oil-derived pollutants(U.S. EPA, 2010). The strong dependence on oil may also have important consequences on the resource supply and mobility of citizens for the next decades (EC, 2011; U.S. Joint Forces Command, 2010). The majority of trips are internal to the urban areas that are affected by this congestion, local air pollution, road accidents and social harms. Finally, urban trips have a major influence on climate change and energy consumption at the global level. Samaniego & Moses (2008) show the similarities existing between cities and organisms. Urban trips are effective if are done through a network representing an ordered configuration of relationships -connectivity-(Capra, 1996) which implies a particular shape, definite structure and one or more specific processes. The characteristics that are observed in organisms today are the result of millions of years of evolution that led to optimized structures that tend to minimize the energy cost for resource allocation thus maximizing their productivity. Therefore, the organisms tend to minimize their degree of entropy. To arrive at a configuration of urban connective tissue that can minimize its level of entropy is first necessary to identify a set of indicators on the basis of which it is possible to characterize the space and make possible dynamic analysis of urban morphology. In this context, the aim of this contribution is to identify a first set of meaningful indicators derived from a comparison of the characteristics of the vascular networks of an organism with the urban connective tissue.
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