Academic literature on the topic 'Cambiamenti a lungo termine'

Create a spot-on reference in APA, MLA, Chicago, Harvard, and other styles

Select a source type:

Consult the lists of relevant articles, books, theses, conference reports, and other scholarly sources on the topic 'Cambiamenti a lungo termine.'

Next to every source in the list of references, there is an 'Add to bibliography' button. Press on it, and we will generate automatically the bibliographic reference to the chosen work in the citation style you need: APA, MLA, Harvard, Chicago, Vancouver, etc.

You can also download the full text of the academic publication as pdf and read online its abstract whenever available in the metadata.

Journal articles on the topic "Cambiamenti a lungo termine"

1

Salerno, Alessandra. "Figli adulti di divorzi ostili." TERAPIA FAMILIARE, no. 124 (February 2021): 143–66. http://dx.doi.org/10.3280/tf2020-124008.

Full text
Abstract:
L'articolo propone una rassegna della letteratura relativa agli effetti a breve e lungo termine del divorzio coniugale sui figli adulti e giovani adulti. La ricerca internazionale relativa alle conseguenze del divorzio sul benessere psicologico dei figli ha spesso trascurato l'impatto che l'evento separativo e i cambiamenti ad esso connessi possono avere sulla vita e sulle scelte dei figli adulti. Il vissuto del sentirsi "intrappolati" nel conflitto coniugale sembra avere esiti a lungo termine e influenzare differentemente la relazione con il padre e con la madre. L'articolo, attraverso un'esemplificazione clinica, si concentra anche sulle conseguenze del divorzio sulla qualità delle relazioni di coppia dei figli adulti e propone alcune tipologie di intervento.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
2

Anfodillo, T. "Climate change and population dynamics at the tree line: the importance of long-term studies." Forest@ - Rivista di Selvicoltura ed Ecologia Forestale 4, no. 1 (March 21, 2007): 3–5. http://dx.doi.org/10.3832/efor0446-004.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
3

Grunow, Daniela. "Flexicurity, insicurezza del lavoro e formazione di una famiglia: la condizione giovanile in Danimarca." SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no. 124 (December 2011): 75–92. http://dx.doi.org/10.3280/sl2011-124005.

Full text
Abstract:
Questo articolo descrive come il processo di flessibilizzazione del mercato del lavoro e l'attuale crisi economica abbiano modificato l'assetto occupazionale dei giovani in Danimarca dagli anni '80 del novecento al 2010. L'autrice si interroga se la flessibilizzazione abbia influenzato le decisioni di lungo termine dei giovani, quali l'unione di coppia, l'autonomizzazione dai genitori, la costruzione di una famiglia. Dai dati a disposizione sembra che il modello danese abbia successo, se paragonato alla maggior parte dei paesi che fanno parte dell'Oecd, in riferimento al basso incremento della disoccupazione giovanile. Non ci sono evidenze del fatto che i cambiamenti nell'economia danese abbiano condizionato decisioni relative alle unioni di coppia, alla formazione di una famiglia, alla fertilitŕ. Le politiche attive del lavoro unite a un mercato del lavoro flessibile sembrano distribuire i rischi occupazionali in modo più uniforme tra i giovani e le generazioni più anziane.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
4

Piccoli, Lorenzo. "La trasformazione del regime globale di mobilità durante la pandemia di COVID-19." MONDI MIGRANTI, no. 1 (March 2021): 45–60. http://dx.doi.org/10.3280/mm2021-001003.

Full text
Abstract:
Questo articolo propone un'analisi preliminare di tre importanti cambiamenti in-dotti dalla pandemia di COVID-19 su quello che è stato definito "il regime globale di mobilità" (Schiller e Salazar, 2013), o l'insieme delle regole e dei meccanismi in-ternazionali di governance che normalizzano gli spostamenti di alcuni viaggiatori e criminalizzano quelli di altri. L'articolo si focalizza sui cambiamenti occorsi in ma-teria di cittadinanza (il livellamento della funzione dei passaporti nazionali), mobi-lità internazionale (l'accesso differenziato agli spostamenti per diverse categorie di persone) e gestione dei confini (l'inasprimento della sorveglianza dei viaggiato-ri). L'articolo mostra che le restrizioni adottate durante la pandemia di COVID-19 hanno sospeso alcuni dei privilegi che caratterizzavano il regime globale di mobili-tà (per esempio, temporaneamente indebolendo la funzione del passaporto degli Stati Uniti d'America come lasciapassare per viaggiare nel resto del mondo), ma hanno anche creato nuovi effetti discriminatori (per esempio, la chiusura dei corri-doi umanitari, la separazione di famiglie e coppie in movimento e il blocco di molti migranti in Paesi dove non avevano pianificato di rimanere). Al momento attuale, è difficile immaginare un rapido ritorno alle regole che disciplinavano la mobilità internazionale prima della pandemia di COVID-19. Questo è il motivo per cui è importante studiare le restrizioni adottate durante la pandemia e comprendere il loro possibile impatto a lungo termine su gruppi differenti della popolazione.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
5

Patterson, Helen, Helga Di Giuseppe, and Rob Witcher. "Three South Etrurian ‘crises’: first results of the Tiber Valley Project." Papers of the British School at Rome 72 (November 2004): 1–36. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200002658.

Full text
Abstract:
LE TRE ‘CRISI’ DELL'ETRURIA MERIDIONALE: RISULTATI PRELIMINARI DEL PROGETTO VALLE DEL TEVERECon questo articolo si intende fornire un resoconto preliminare su alcuni dei risultati principali del progetto Valle del Tevere condotto dalla British School at Rome. Il lavoro si concentra sui risultati attenuti dal riesame dei materiali raccolti in occasione della South Etruria Survey e illustra come questi consentano di rivedere le precedenti interpretazioni proposte. Sono stati scelti tre casi-studio al fine di dimostrare come il progetto stia consentendo di ripensare i cambiamenti dei paesaggi della Media Valle del Tevere e, in particolare, di collocarli nel contesto del continuo e mutevole rapporto con Roma, durante i periodi storici di supposta ‘crisi’: il V–IV secolo a.C, il II secolo a.C. e il tardoantico–alto medioevo. Ogni periodo mostra differenti gradi di continuità e cambiamenti. Si è preferito pertanto adottare un termine neutrale come ‘trasformazione’, piuttosto che ‘crisi’ e situare ognuno di questi cambiamenti all'interno di una più lunga prospettiva storica e di una più ampia struttura interpretativa.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
6

Della Vedova, Anna Maria, Benedetta Ducceschi, Bruno Mario Cesana, Nicoletta Pelizzari, and Antonio Imbasciati. "Stati emotivi materni in gravidanza e temperamento del bambino nei primi mesi di vita." CHILD DEVELOPMENT & DISABILITIES - SAGGI, no. 3 (April 2010): 45–71. http://dx.doi.org/10.3280/cdd2009-003003.

Full text
Abstract:
Tra i fattori di interferenza sul primo sviluppo infantile č attualmente riconosciuto il ruolo dello stress materno in gravidanza. Stati emotivi materni di tipo ansioso o depressivo si dimostrano in primo luogo associati a fattori di rischio per il decorso della gravidanza quali complicazioni ostetriche, maggiore prevalenza di parti pretermine e di eclampsia, basso peso del bambino alla nascita. Studi sperimentali sull'animale e osservazionali sull'uomo documentano inoltre un'azione diretta dello stress materno sullo sviluppo del sistema nervoso fetale dovuta all'alterato funzionamento dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene e del sistema simpatico-nora- drenergico materni. Tali evidenze supportano l'ipotesi che i cambiamenti biochimici e metabolici indotti a livello uterino dai correlati dello stress materno interferiscano sullo sviluppo fetale determinando effetti a lungo termine sulla salute dell'individuo e sulle caratteristiche temperamentali del neonato, influenzando cosě la qualitŕ dei primi adattamenti madre-bambino. Tra le conseguenze dell'esposizione fetale allo stress materno si riscontrano maggiore tendenza al pianto, inconsolabilitŕ e anomalie del sonno nei neonati, temperamento difficile e ritardi nello sviluppo cognitivo e motorio nella prima infanzia, mentre gli studi piů recenti documentano un aumentato rischio di depressione in adolescenza. Questo lavoro indaga la prevalenza di sintomi depressivi in gravidanza e i fattori ad essa correlati in relazione ad aspetti del temperamento dei bambini nei primi mesi di vita.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
7

Renzoni, Cristina. "Il piano implicito: il territorio nazionale nella programmazione economica italiana 1946-'73." STORIA URBANA, no. 126 (September 2010): 139–68. http://dx.doi.org/10.3280/su2010-126007.

Full text
Abstract:
A partire dal secondo dopoguerra l'Italia elabora un numero considerevole di piani nazionali a lungo termine a carattere per lo piů settoriale. Piani infrastrutturali, agricoli, energetici, piani pluriennali per l'edilizia economica e popolare e per l'edilizia scolastica, piani di sviluppo economico rendono conto di uno sforzo consistente di pianificazione teso ad affrontare la stagione di grandi cambiamenti economici e culturali in cui il paese si trova immerso. In totale assenza di un piano territoriale alla scala nazionale, la maggior parte dei programmi pluriennali prodotti in quegli anni si occupa, in maniera piů o meno esplicita, di cittŕ e territorio e ne mette in campo letture e ipotesi di trasformazione. Il presente saggio focalizza l'attenzione sui documenti della programmazione economica italiana elaborati tra il 1946 e il 1973, in cui vengono riconosciute quattro figure prevalenti che hanno informato le scelte di piano sia a livello teorico che operativo. Il territorio italiano viene a fasi alterne letto come risorsa, come supporto, come veicolo di progresso, o, infine, come sfera quotidiana: quattro immagini che costituiscono un possibile strumento di interpretazione per analizzare le forme e i modi in cui il discorso urbanistico entra nella politica nazionale tra anni Cinquanta e Sessanta.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
8

Rucci, Paola, Angelo Picardi, Giovanni de Girolamo, Giovanni Santone, Gabriele Borsetti, and Pierluigi Morosini. "5. La qualità della vita degli ospiti delle SR." Epidemiologia e psichiatria sociale. Monograph Supplement 13, S7 (September 2004): 68–76. http://dx.doi.org/10.1017/s1827433100000095.

Full text
Abstract:
In psichiatria, come nelle altre branche della medicina, si guarda sempre più alla QOL (acronimo inglese per “Quality Of Life”, ovvero qualità della vita) come a una fondamentale misura di esito (Katschnig et al., 1997) da affiancare alle altre misure di uso più comune. Numerosi studi su pazienti con vari disturbi di interesse sia medico che psichiatrico hanno infatti evidenziato che la QOL valutata soggettivamente è correlata solo in parte con la valutazione della gravità clinica del disturbo effettuata dal medico e con misure di disabilità e di compromissione del livello di funzionamento psicosociale (de Girolamo et al., 200; Sartorius 1993).Da più parti, inoltre, è stata espressa le preoccupazione che, malgrado la deistituzionalizzazione, in alcuni casi i cambiamenti siano stati più di facciata che sostanziali, e che le SR, ove vengono assistiti pazienti a lungo termine, malgrado gli sforzi di creare un ambiente simil-domestico, rappresentino in realtà dei “piccoli manicomi”. In questa prospettiva una variabile come la QOL, che è inversamente correlata al numero di bisogni dei pazienti non soddisfatti (Slade et al., 2004), diviene quindi una misura di esito-chiave al fine di valutare la fondatezza di queste asserzioni e più in generale eli effetti dei Drocessi di deistituzionalizzazione.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
9

Russo, Federica, Roberto Ceria, Jacopo Jarach, Cecilia Laglia, Lavinia Lombardi, and Lorenza Isola. "Internet addiction disorder: nuova emergenza nel mondo dell'infanzia e dell'adolescenza." QUADERNI DI PSICOTERAPIA COGNITIVA, no. 47 (February 2021): 63–84. http://dx.doi.org/10.3280/qpc47-2020oa11206.

Full text
Abstract:
Le nuove tecnologie hanno cambiato e continuano a cambiare profondamente il nostro modo di vivere. Il continuo processo di adattamento al cambiamento tecnologico condiziona e modifica costantemente le nostre interazioni in tutti gli ambiti di vita. Non ultima la salute mentale e il lavoro in psicoterapia. Il presente lavoro si pone dunque come obiettivo quello di ritrarre lo stato dell'arte di un campo in continua evoluzione ed espansione. Se da un lato questi strumenti risultano essere un'importante opportunità, dall'altro la comunità scientifica ha cominciato a porre attenzione alla problematicità dell'utilizzo degli stessi, con particolare attenzione a Internet e ai dispositivi ad esso associati. Nello specifico, l'obiettivo è di approfondire la controversia che caratterizza la letteratura sull'uso della tecnologia in termini di vantaggi e svantaggi con un focus specifico sui fattori di rischio e di protezione oltre che un'analisi dettagliata degli effetti negativi a breve e lungo termine e degli elementi comuni negli interventi evidence-based nel trattamento dell'Internet addiction nell'infanzia e nell'adolescenza.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
10

Jamieson, Dale. "Le sfide morali e politiche del cambiamento climatico." SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI (LA), no. 39 (January 2011): 35–43. http://dx.doi.org/10.3280/las2010-039003.

Full text
Abstract:
Il cambiamento climatico globale pone sfide senza precedenti ai nostri modi di concepire la morale e la politica. Siamo abituati a vedere un problema morale in situazioni in cui un individuo chiaramente identificabile intenzionalmente ne danneggi un altro, a sua volta chiaramente identificabile; e in cui sia gli individui coinvolti, sia il danno in questione, stiano tra loro in una relazione spazio-temporale di vicinanza. Il cambiamento climatico globale danneggerÀ senz'altro milioni di persone, ma secondo modalitÀ completamente diverse da queste. Dal punto di vista politico, d'altro canto, l'intrattabilitÀ del fenomeno č dovuta al fatto che siamo abituati a prendere decisioni pubbliche in base a preferenze momentanee, piuttosto che a interessi a lungo termine e valori condivisi. Per affrontare il cambiamento climatico globale abbiamo dunque bisogno di riformare sia i nostri modi di concepire la problematicitÀ morale, sia il nostro stile di deliberazione politica. Per far questo, č necessario partire dagli individui: fornendo una visione ideale di che tipo di carattere sia piů adatto per vivere in un mondo globalizzato e altamente interconnesso come il nostro.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles

Dissertations / Theses on the topic "Cambiamenti a lungo termine"

1

Manente, Maria Giulia <1989&gt. "Dallo short-termism alla crescita di lungo termine: analisi del fenomeno e degli strumenti che possono apportare un cambiamento." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/6017.

Full text
Abstract:
L'obiettivo di questo lavoro è trattare il fenomeno dello short-termism da diversi punti di vista per poter capire: in cosa consiste, quali sono le sue cause, le conseguenze e come cercare di arrestare la sua diffusione. È importante arginare il fenomeno dello short-termism per poter dar vita a un nuovo modo di fare impresa che sia più sostenibile e orientato alla creazione di valore condiviso. All'interno del lavoro verranno analizzati diversi temi: prima di tutto la normativa sulla trasparenza e i cambiamenti che hanno caratterizzato gli ultimi decenni, in particolare ci si focalizzerà su quelle norme che hanno incentivato la diffusione della miopia decisionale. In seguito verrà spiegato il fenomeno dello short-termism in maniera più ampia per poi continuare con l'analisi degli incentivi concessi al management e le loro conseguenze. Verrà poi visto cosa significa creare valore per le imprese e la relazione tra short-termism e creazione di valore. Infine saranno trattati gli strumenti che potranno disincentivare lo short-termism e incentivare una visione di lungo termine: l'integrated reporting e la direttiva 50/2013 UE.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
2

Fortibuoni, Tomaso. "La pesca in Alto Adriatico dalla caduta della Serenissima ad oggi : un analisi storica ed ecologica." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3613.

Full text
Abstract:
2008/2009
L’ecologia è una disciplina storica: i processi ecologici in corso sono il risultato di quello che è accaduto nel passato. Non conosciamo però quando e con che intensità l’uomo ha iniziato ad alterare l’ambiente marino, e non conosciamo lo stato “naturale” degli ecosistemi. L’ecologia storica ha come obiettivo lo studio degli ecosistemi e delle sue componenti a posteriori, attraverso il recupero e la meta-analisi di documenti del passato. La ricostruzione dello stato passato (historical baseline) degli ecosistemi è essenziale per la definizione di punti di riferimento (reference points) e direzioni di riferimento (reference directions) per valutare i cambiamenti e per stabilire obiettivi di ripristino. Basare gli studi di biomonitoraggio solo su dati recenti può, infatti, indurre la sindrome del “shifting baseline”, ovvero uno spostamento di generazione in generazione del punto di riferimento cui confrontare i cambiamenti, con la conseguenza di sottostimare eventuali processi di degrado in atto. Inoltre, i processi ecologici agiscono su scale temporali diverse (da anni a decenni), e per capirne le dinamiche è quindi necessario considerare un’adeguata finestra temporale. Studiare le dinamiche a lungo termine delle comunità marine permette quindi di monitorare e valutare lo stato e i cambiamenti degli ecosistemi rispetto ad un adeguato riferimento, in cui le comunità marine sono usate come indicatori. La raccolta e lo studio di documentazione storica rappresentano, quindi, un’attività imprescindibile nell’ambito del monitoraggio ambientale. La pesca rappresenta uno dei principali fattori di alterazione negli ecosistemi marini, ed è considerata la principale causa di perdita di biodiversità e del collasso delle popolazioni. I suoi effetti, diretti e indiretti, costituiscono una fonte di disturbo ecologico in grado di modificare l’abbondanza delle specie, gli habitat, la rete trofica e quindi la struttura e il funzionamento degli ecosistemi stessi. Essa rappresenta una fonte “storica” di disturbo, essendo una delle prime attività antropiche di alterazione dell’ambiente marino. Inoltre, la sovra-pesca (overfishing) sembra essere un pre-requisito perché altre forme di alterazione, come l’eutrofizzazione o la diffusione di specie alloctone, si manifestino con effetti più pervicaci. La pesca rappresenta però anche una sorta di campionamento estensivo non standardizzato delle popolazioni marine. Dal momento che dati raccolti ad hoc per il monitoraggio delle risorse alieutiche (fishery-independent) sono disponibili solo dopo la seconda metà del 20° secolo, e in alcuni casi (come in Mediterraneo) solo per le ultime decadi, lo studio delle dinamiche a lungo termine richiede il recupero di informazioni che sostituiscono le osservazioni strumentali moderne e possono essere comunque considerati descrittori dei processi di interesse (proxy). La principale criticità nel ricostruire serie storiche a lungo termine nasce dall’eterogeneità dei dati storici e dalla necessità di elaborare metodologie per l’analisi e l’integrazione dei dati qualitativi o semi-quantitativi del passato con i dati moderni. A seconda del periodo considerato e dell’ampiezza della finestra temporale di studio, quindi, è necessario applicare diverse metodologie d’analisi. La gestione sostenibile dello sfruttamento delle risorse alieutiche è un tema sempre più rilevante nel contesto della pesca mondiale, come conseguenza del progressivo aumento della capacità e dell’efficenza di pesca stimolati dal progresso tecnologico. Ciò ha portato all’impoverimento delle risorse ittiche determinando effetti negativi sia in termini ecologici che socio-economici. Tradizionalmente la gestione della pesca si è basata sulla massimizzazione delle catture di singole specie bersaglio, ignorando gli effetti sugli habitat, sulle interazioni trofiche tra le specie sfruttate e le specie non bersaglio, e su altre componenti dell’ecosistema. Questo ha portato al depauperamento delle risorse e all’alterazione della struttura e funzionamento degli ecosistemi, rendendo le misure gestionali spesso inefficaci. Per questo motivo è necessario applicare una gestione della pesca basata sull’ecosistema (Ecosystem-based fishery management), che ha come obiettivi: prevenire o contenere l’alterazione indotta dalla pesca sull’ ecosistema, valutata mediante l’applicazione di indicatori; tenere in considerazione gli effetti indiretti del prelievo sull’insieme delle componenti dell’ecosistema e non solo sulle specie bersaglio (cascading effect); proteggere habitat essenziali per il completamento del ciclo vitale di diverse specie; tutelare importanti componenti dell’ecosistema (keystone species) da pratiche di pesca distruttive; monitorare affinchè le attività antropiche non compromettano le caratteristiche di struttura delle comunità biotiche, per preservare caratteristiche funzionali quali la resilienza e la resistenza dell’ecosistema, prevenendo cambiamenti che potrebbero essere irreversibili (regime-shifts). A tale scopo è necessario essere in possesso di adeguate conoscenze relative alle caratteristiche ecologiche ed allo stato degli stock sfruttati, monitorandone le dinamiche e consentendo l’applicazione di modalità gestionali adeguate. L’approccio ecosistemico alla gestione della pesca prevede l’applicazione di indicatori che siano in grado di descrivere lo stato degli ecosistemi marini, le pressioni antropiche esercitate su di essi e gli effetti di eventuali politiche gestionali sull’ambiente marino e sulla società. Nell’ambito dell’ecologia storica l’Alto Adriatico rappresenta un caso di studio interessante, sia per la disponibilità di fonti storiche, sia perché è un ecosistema che nei secoli ha subito diversi impatti ed alterazioni. La presente tesi di dottorato si inserisce nell’ambito del progetto internazionale History of Marine Animal Populations (HMAP), la componente storica del Census of Marine Life (CoML), uno studio decennale (che si concluderà nel 2010) per valutare e spiegare i cambiamenti della diversità, della distribuzione e dell’abbondanza della vita negli oceani nel passato, nel presente e nel futuro. HMAP è un progetto multidisciplinare che, attraverso una lettura in chiave ecologica delle interazioni storiche tra uomo e ambiente, ha come obiettivo la ricostruzione delle dinamiche a lungo termine degli ecosistemi marini e delle forzanti (sia naturali che antropiche) che li hanno influenzati. Tale ricostruzione permette di migliorare la nostra comprensione dei processi ecologici, di ridefinire i punti di riferimento sullo stato dell’ecosistema (historical baseline), e di valutare la variabilità naturale su ampia scala temporale (historical range of variation). Gli obiettivi del presente progetto di dottorato sono: i) descrivere le attività di pesca in Alto Adriatico negli ultimi due secoli, quale principale forzante che ha agito sull’ecosistema; ii) analizzare i cambiamenti a lungo termine della struttura della comunità marina; iii) valutare ed interpretare i cambiamenti intercorsi mediante applicazione di indicatori. Allo scopo è stata condotta un’estensiva ricerca bibliografica nei principali archivi storici e biblioteche di Venezia, Chioggia, Trieste, Roma e Spalato al fine di individuare, catalogare e acquisire informazioni e dati sulle popolazioni marine e le attività di pesca nell’Alto Adriatico nel 19° e 20° secolo. La tipologia delle fonti raccolte include documenti storici e archivistici, cataloghi di specie, fonti statistiche come i dati di sbarcato dei mercati ittici e informazioni sulla consistenza delle flotte e gli attrezzi da pesca utilizzati. Si rileva come la ricerca d’archivio abbia evidenziato un’ampia disponibilità di documenti storici, inerenti sia le popolazioni marine che le attività di pesca. La tesi è organizzata in tre capitoli. Il primo è parzialmente tratto dal libro “T. Fortibuoni, O. Giovanardi, e S. Raicevich, 2009. Un altro mare. Edizioni Associazione Tegnue di Chioggia – onlus, 221 pp.” e ricostruisce la storia della pesca in Alto Adriatico negli ultimi due secoli; il secondo rappresenta una versione estesa del manoscritto “T. Fortibuoni, S. Libralato, S. Raicevich, O. Giovanardi e C. Solidoro. Coding early naturalists’ accounts into historical fish community changes” (attualmente sottomesso presso rivista internazionale ISI), e ricostruisce, attraverso l’intercalibrazione ed integrazione di fonti qualitative e quantitative, i cambiamenti della struttura della comunità ittica avvenuti tra il 1800 e il 2000; il terzo capitolo analizza, mediante l’applicazione di indicatori, i cambiamenti qualitativi e quantitativi della produzione alieutica dell’Alto Adriatico dal secondo dopoguerra ad oggi (1945-2008), inferendo informazioni sui cambiamenti cui è stata sottoposta la comunità marina alla luce di diverse forzanti (manoscritto in preparazione). L’obiettivo del primo capitolo è descrivere l’evoluzione della capacità di pesca, principale forzante che storicamente ha interagito con l’ecosistema marino, in Alto Adriatico dal 1800 ad oggi. La diversificazione, sia per varietà di attrezzi utilizzati che per la molteplicità delle specie sfruttate, delle attività di pesca storicamente condotte in Alto Adriatico è un tratto caratteristico di tale area. Le differenze morfologiche e biologiche delle due sponde, occidentale e orientale, e le diverse vicende storiche e politiche, hanno portato infatti ad uno sviluppo delle attività di pesca nettamente diversificato. Sulla sponda orientale la pesca ha rappresentato, almeno fino all’inizio del 20° secolo, un’attività di sussistenza. Era praticata quasi esclusivamente nelle acque costiere, con un’ampia varietà di attrezzi artigianali e mono-specifici, concepiti cioè per lo sfruttamento di poche specie e adattati a particolari ambienti. Al contrario, lungo la costa occidentale operavano flotte ben sviluppate, come quella di Chioggia, che si dedicavano alla pesca in mare su entrambe le sponde adriatiche con attrezzi a strascico, compiendo migrazioni stagionali tra le due sponde per seguire le migrazioni del pesce. La capacità di pesca in Alto Adriatico è aumentata a partire dalla seconda metà del 19° secolo, periodo in cui si è osservato uno sviluppo sia in termini di numero di imbarcazioni che di addetti, grazie ad una congiuntura economica, sociale e storica favorevole. Fino alla I Guerra Mondiale, però, le tecniche di pesca sono rimaste pressoché invariate, e le attività erano condotte con barche a vela o a remi. Già all’inizio del 20° secolo l’Alto Adriatico era sottoposto ad un’intensa attività di pesca che, compatibilmente con le tecnologie disponibili all’epoca, riguardava principalmente le aree costiere, mentre l’attività era più moderata in alto mare. Durante la II Guerra Mondiale si è assistito al fermo quasi totale della pesca, con conseguente disarmo della maggior parte dei pescherecci. Nell’immediato dopoguerra il numero di imbarcazioni è aumentato molto velocemente, e sono state introdotte alcune innovazioni che in breve tempo hanno cambiato radicalmente le attività di pesca tradizionali (industrializzazione della pesca). Innanzitutto l’introduzione del motore, con conseguente espansione delle aree di pesca ed aumento delle giornate in mare, grazie all’indipendenza della navigazione dalle condizioni di vento. Il motore ha anche permesso l’introduzione di nuovi attrezzi da pesca, più efficienti ma al contempo più impattanti, che richiedono un’elevata potenza per essere manovrati (ad esempio il rapido e la draga idraulica). Altre innovazioni hanno determinato un miglioramento delle condizioni dei pescatori e un aumento consistente delle catture. Analizzando la storia della pesca in Alto Adriatico negli ultimi due secoli si possono quindi distinguere principalmente due periodi diversi: pre-1950, quando aveva notevole importanza su entrambe le coste la pesca strettamente costiera, praticata con attrezzi artigianali e mono-specifici, mentre la pesca a strascico in mare aperto era prerogativa delle flotte italiane (ed in particolare di Chioggia) ed era praticata con barche a vela; il periodo successivo al 1950, che ha visto l’introduzione del motore, un aumento esponenziale del tonnellaggio e del numero di barche e la sostituzione graduale di attrezzi artigianali mono-specifici con attrezzi multi-specifici ad elevato impatto. Se nel primo periodo la pesca si basava sulle conoscenze ecologiche del pescatore, che adattava le proprie tecniche in funzione della stagione, dell’habitat e degli spostamenti delle specie, nel secondo si è visto un maggior investimento nella tecnologia e nell’utilizzo di attrezzi multi-specifici. Negli ultimi vent’anni la capacità di pesca delle principali flotte italiane operanti in Alto Adriatico si è stabilizzata su valori elevati, e in alcune marinerie all’inizio del 21° secolo è iniziata una lieve diminuzione, in linea con i dettami della Politica Comune della Pesca dell’Unione Europea. A tutt’oggi comunque lo sforzo di pesca in questo ecosistema è molto elevato; ad esempio, alcuni fondali possono essere disturbati dalla pesca a strascico con intensità superiori a dieci volte in un anno, determinando un disturbo cronico su habitat e biota. Il secondo capitolo presenta una nuova metodologia per intercalibrare ed integrare informazioni qualitative e quantitative sull’abbondanza delle specie, per ottenere una descrizione semi-quantitativa della comunità ittica su ampia scala temporale. La disponibilità di dati quantitativi sulle popolazioni marine dell’Alto Adriatico prima della seconda metà del 20° secolo è, infatti, scarsa, e la ricostruzione di cambiamenti a lungo termine richiede l’integrazione e l’analisi di dati provenienti da altre tipologie di fonti (proxy), tra cui i cataloghi dei naturalisti e le statistiche di sbarcato dei mercati ittici. Le opere dei naturalisti rappresentano la principale e più completa fonte d’informazione sulle popolazioni ittiche dell’Alto Adriatico nel 19° secolo e almeno fino alla seconda metà del 20° secolo. Consistono in cataloghi di specie in cui ne vengono descritte l’abbondanza (in termini qualitativi: ad esempio raro, comune, molto comune), le aree di distribuzione, la taglia, gli aspetti riproduttivi e altre informazioni ancillari. Sono stati raccolti trentasei cataloghi di specie per il periodo 1818-1956, in cui sono descritte un totale di 255 specie ittiche. I dati di sbarcato costituiscono l’unica fonte quantitativa per un elevato numero di specie disponibile per l’Alto Adriatico a partire dalla fine del 19° secolo. I dati utilizzati nel presente lavoro sono riferiti ai principali mercati e aree di pesca dell’Alto Adriatico e coprono il periodo 1874-2000, e sono espressi come peso umido di specie o gruppi di specie commerciate in un anno (kg/anno). Poiché i naturalisti basavano le proprie valutazioni sull’abbondanza delle specie su osservazioni fatte presso mercati ittici, porti e interviste a pescatori, è stato possibile sviluppare una metodologia per intercalibrare ed integrare le due fonti di dati, permettendo un’analisi di lungo periodo dei cambiamenti della comunità ittica. L’intercalibrazione e l’integrazione dei due datasets ha infatti permesso di descrivere, con una scala semi-quantitativa, l’abbondanza di circa 90 taxa nell’arco di due secoli (1800-2000). Mediante l’applicazione di indicatori basati sulle caratteristiche ecologiche dei taxon è stato così possibile analizzare cambiamenti a lungo termine della comunità ittica. Sono stati evidenziati segnali di cambiamento che precedono l’industrializzazione della pesca, con una diminuzione significativa dell’abbondanza relativa dei predatori apicali (pesci cartilaginei e specie di taglia elevata) e delle specie più vulnerabili (specie che raggiungono la maturità sessuale tardi). Questo lavoro rappresenta uno dei pochi casi in cui è stato studiato il cambiamento della struttura di un’intera comunità ittica su un’ampia scala temporale (due secoli), e presenta una nuova metodologia per l’intercalibrazione ed integrazione di dati qualitativi e quantitativi. In particolare le testimonianze dirette dei naturalisti – considerate per molto tempo dai biologi della pesca “aneddoti” e non “scienza” – si sono rilevate un’ottima fonte per ricostruire cambiamenti a lungo termine delle comunità marine. La metodologia elaborata in questo lavoro può essere estesa ad altri casi-studio in cui è necessario integrare informazioni qualitative e quantitative, permettendo di estrarre nuove informazioni da vecchie – e talvolta sottovalutate – fonti, e riscoprire l’importanza delle testimonianze di naturalisti, viaggiatori e storici. Il terzo capitolo affronta un’analisi quantitativa dei cambiamenti ecologici dell’Alto Adriatico, condotta mediante analisi dello sbarcato del Mercato Ittico di Chioggia tra il 1945 e il 2008 e l’applicazione di indicatori. È stato scelto questo mercato per la disponibilità di dati per un ampio periodo storico (circa 60 anni), che ha permesso di valutare i cambiamenti avvenuti in un arco di tempo in cui si è assistito all’industrializzazione, ad una rapida ascesa e al successivo declino della pesca. Chioggia rappresenta il principale mercato ittico dell’Alto Adriatico rifornito dalla più consistente flotta peschereccia dell’area, che sfrutta sia zone costiere che di mare aperto. Oltre ad un’analisi dell’andamento temporale dello sbarcato totale, sono stati applicati alcuni indicatori trofodinamici (livello trofico medio, Fishing-in-Balance, Relative Price Index e rapporto Pelagici/Demersali) e indicatori basati sulle caratteristiche di life-history delle specie (lunghezza media della comunità ittica e rapporto Elasmobranchi/Teleostei). L’utilizzo complementare di più indicatori, sensibili in misura diversa alle fonti di disturbo ecologico e riferite a diverse proprietà emergenti dell’ecosistema e delle relative caratteristiche strutturali, ha permesso di descrivere i cambiamenti avvenuti dal secondo dopoguerra ad oggi e identificare le potenziali forzanti che hanno agito sull’ecosistema. Ad una rapida espansione della pesca, cui è conseguito un aumento significativo delle catture (che hanno raggiunto il massimo negli anni ’80), è seguita una fase di acuta crisi ambientale. L’effetto sinergico di diverse forzanti (pesca, eutrofizzazione, crisi anossiche, fioriture di mucillaggini) ha modificato la struttura e la composizione della comunità biologica, inducendo una graduale semplificazione della rete trofica. Fino agli anni ’80 l’aumento della produttività legato all’incremento di apporto di nutrienti ha sostenuto l’elevata e crescente pressione di pesca, malgrado progressivi cambiamenti strutturali della comunità (regime-shifts), rendendo l’Adriatico il più pescoso mare italiano. Successivamente il sistema sembra essere entrato in una situazione di instabilità, manifestatasi con un drastico calo della produzione alieutica, bloom di meduse (soprattutto Pelagia noctiluca), maree rosse (fioriture di dinoflagellati potenzialmente tossici), crisi anossiche e conseguenti mortalità di massa, regressione di alcune specie importanti per la pesca come la vongola (Chamelea gallina), e fioriture sempre più frequenti di mucillaggini. L’analisi conferma che la sovra-pesca ha agito da pre-requisito perché altre forme di alterazione si manifestassero, e attualmente non sono evidenti segnali di recupero, probabilmente a causa sia di una diminuzione della produttività primaria che della pressione cronica e tuttora crescente indotta dalla pesca. L’approccio di ecologia storica utilizzato ha permesso di ricostruire la storia della pesca in Alto Adriatico, evidenziandone le dinamiche di sviluppo, i cambiamenti tecnologici, strutturali e di pressione ambientale. L’insieme delle analisi e delle fonti raccolte ha permesso di ricostruire - in termini semi-quantitativi - le attività di pesca in Alto Adriatico dal 19° secolo a oggi, analizzare i cambiamenti della comunità ittica nell’arco di due secoli, e infine approfondire le analisi per gli ultimi sessanta anni attraverso l’applicazione di indicatori quantitativi. Da questo studio emerge come già all’inizio del 20° secolo la pesca fosse pienamente sviluppata nell’area, causando cambiamenti strutturali nella comunità ittica, ben prima dell’industrializzazione. Dal secondo dopoguerra si è verificato un rapido incremento dell’intensità delle diverse forzanti antropiche, il cui effetto sinergico ha alterato profondamente l’ecosistema portandolo ad uno stato di inabilità, culminato in gravi crisi ambientali e un netto calo della produzione alieutica.
XXII Ciclo
1979
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
3

CAGLIERO, ELEONORA. "Effetto degli incendi, dell’impatto antropico e del cambiamento climatico sulle dinamiche forestali a lungo termine nelle aree montane: il caso studio delle Alpi Dinariche centrali." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2022. https://hdl.handle.net/11577/3468214.

Full text
Abstract:
Le foreste miste di montagna di abete bianco (Abies alba Miller), faggio (Fagus sylvatica L.) e abete rosso (Picea abies (L.) Karst.) sono molto diffuse in Europa e hanno un alto valore ecologico e socio-economico. Nei prossimi decenni, queste foreste subiranno probabilmente un’alterazione sostanziale a causa dei cambiamenti climatici e dell’alterazione dei regimi di disturbo. In questo contesto, comprendere le risposte delle diverse specie alle variazioni del clima e all’impatto dei diversi disturbi (ad esempio il fuoco e l'impatto umano) può offrire informazioni critiche per dedurre la vulnerabilità di gran parte degli ecosistemi forestali montani europei. Poiché i cambiamenti ambientali si verificano generalmente su scale spaziali multiple e i loro effetti sulle foreste sono visibili su scale temporali lunghe, sono necessari approcci metodologici integrati. Un'elevata naturalità delle foreste è prerequisito essenziale per studiare le interazioni naturali specie-ambiente. Mentre molte foreste europee sono state profondamente trasformate fin dal Neolitico (circa 6500 anni fa), le Alpi Dinariche ospitano ancora alcuni degli ultimi residui di foreste primarie e vetuste. Questo studio ha combinato le valutazioni dell’attuale struttura e composizione delle foreste, le analisi di telerilevamento e dati paleoecologici multi-proxy in due foreste situate nelle Alpi Dinariche centrali (Montenegro) per fornire informazioni sulle dinamiche della vegetazione a lungo termine in questa regione chiave. I dati confermano l'elevata naturalità di alcuni ecosistemi forestali montani situati nelle Alpi Dinariche centrali. Tuttavia, la pressione dell'uso del suolo (agricoltura e pascolo) così come gli incendi (probabilmente indotti dall'uomo) hanno probabilmente giocato un ruolo importante nel ridurre l'area delle foreste vetuste di abete bianco-abete rosso-faggio durante il Medioevo. L’eredità dell’uso del suolo passato sono ancora visibili nella composizione e nella struttura delle foreste attuali. Il fuoco è stato un importante agente di disturbo durante l'Olocene. Anche se sono necessarie ulteriori ricerche nelle foreste miste europee per convalidare le risposte di abete rosso, faggio e abete bianco al fuoco, al clima e all'impatto umano, i nostri risultati suggeriscono che A. alba potrebbe ben adattarsi a estati più calde di quelle attuali e potrebbe essere resistente a incendi di bassa frequenza e bassa severità o anche a rari incendi di alta severità. Tuttavia, è una specie altamente sensibile all'impatto antropico. F. sylvatica può essere sensibile all'aumento delle temperature estive e potrebbe essere favorita da una bassa intensità degli incendi, mentre risulta essere meno sensibile all'impatto antropico. P. abies è risultata insensibile alle variazioni della temperatura estiva, all'impatto antropico e agli incendi e può persistere a tempi di ritorno degli incendi di circa 200-300 anni o anche dopo rari incendi ad alta severità. Questo studio dimostra che la combinazione di approcci metodologici integrati può fornire utili indicazioni per definire le strategie di protezione, ripristino e gestione delle foreste montane europee miste di abete rosso-faggio-abete bianco.
Mixed mountain forests of silver fir (Abies alba Miller), beech (Fagus sylvatica L.), and spruce (Picea abies (L.) Karst.) are widespread in Europe and have a high ecological and socio-economic value. In the upcoming decades, these forests will likely undergo substantial restructuration due to climate change and altered disturbance regimes. In this context, knowledge of species responses to variations in climate and disturbance regimes (e.g. fire and human impact) may offer critical information to infer the vulnerability of a large part of European mountain forest ecosystems. Since environmental changes generally occur on multiple spatial scales and their effects on forests operate on long-time scales, integrative methodological approaches are required. A high naturalness of forests is key prerequisite to study natural species-environmental interactions. While many European forests were deeply transformed since the Neolithic (around 6500 years ago), the Dinaric Alps still host some of the last remnants of primary and old-growth forests. This study combined the assessments of contemporary forests structure and composition, remote sensing analyses and multi-proxy palaeoecological records in two forests located in the central Dinaric Alps (Montenegro) to provide insights on the long-term vegetation dynamics. The results supported the high naturalness of some mountain forest ecosystems located in the central Dinaric Alps. However, land-use pressure (agriculture and grazing) as well as fires (probably mainly human-induced) likely played an important role in reducing the area of fir-spruce-beech old-growth forests during the Middle Ages. Legacies of past land-use activities are still visible both in tree species composition and structure of current forest stands. Fire was confirmed to be an important disturbance agent during the Holocene. Although further research from European mixed forests is necessary to validate the responses of spruce, beech, and fir to fire, climate, and human impacts, our results suggest that A. alba may be well adapted to warmer-than-present summers and could be resistant to low frequency and low severity fires or even rare high-severity fires. However, it is a species highly sensitive to human impact. F. sylvatica may be sensitive to increasing summer temperatures and could be favored by low biomass burning whereas it is insensitive to human impact. P. abies may be insensitive to variations in summer temperature, human impact, and biomass burning and can persist under fire-return intervals of c. 200-300 years or even after rare high-severity fires. Our study shows that combining integrative methodological approaches can generate valuable insights able to support the definition of protection, restoration, and management strategies of European mixed spruce-beech-fir mountain forests.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
4

Alessandrini, Giulia. "Gas idrati e cambiamenti climatici lungo il margine Cileno." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amslaurea.unibo.it/16263/.

Full text
Abstract:
Nel corso degli ultimi decenni, la comunità scientifica ha incrementato il suo interesse verso lo studio dei gas idrati. Nei dati sismici, la base del gas idrato è rilevata da un forte riflettore chiamato BSR (Bottom Simulating Reflector). Il BSR è stato rilevato lungo gran parte del margine continentale Cileno, in modo particolare all'interno del prisma di accrezione. Con questo lavoro di Tesi Magistrale è stata modellata la profondità della base della GHSZ (Gas Hydrate Stability Zone) lungo un segmento del Margine Perù-Cile centrale (33°S-46°S), focalizzando l’analisi lungo la scarpata continentale. Al fine di simulare l'effetto del cambiamento climatico sulla stabilità dell'idrato, sulla base delle previsioni IPCC e NASA, la modellazione è stata realizzata per lo scenario attuale e per altri possibili scenari futuri. Sono stati considerati degli aumenti in temperatura e di livello del mare pari a: ΔT= 2°C (Scenario S1), Δl.m.=1,6 m (Scenario S2), ΔT=2°C e Δl.m.=1,6 m (Scenario S3), per i prossimi 50 anni; ΔT=4°C (Scenario S4), Δl.m.=3,2 m (Scenario S5), ΔT=4°C e Δl.m.=3,2 m (Scenario S6), per i prossimi 100 anni. I risultati suggeriscono che il gas idrato svolge un ruolo importante in questa parte del margine Cileno, per due principali motivi legati alla sua dissociazione. Il primo riguarda il potenziale rilascio di ingenti quantità di gas nella colonna d'acqua (220 km3 in 50 anni e 940 km3 in 100 anni): ciò può impattare sull'ecosistema marino e, in certe condizioni, il gas potrebbe raggiungere l'atmosfera contribuendo al riscaldamento globale. Il secondo motivo è legato alla stabilità dei pendii sottomarini: la dissociazione dei gas idrati nei sedimenti potrebbe innescare frane sottomarine che, a loro volta, potrebbero generare tsunami, impattando sulla vicina area costiera. Tutto ciò si pone in un contesto di elevata sismicità, che influisce significativamente sull'insorgenza di tali fenomeni.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
5

Bonfiglioli, Matteo. "Utilizzo del DNA come archivio digitale a lungo termine." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/6137/.

Full text
Abstract:
La tesi riguarda l'utilizzo del DNA come archivio digitale; vengono mostrati i vantaggi di questo approccio concettuale, il metodo di codifica per ottenere le stringhe di DNA partendo da un generico file, l'efficienza del protocollo e i suoi costi.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
6

FRAGIACOMO, MASSIMO. "COMPORTAMENTO A LUNGO TERMINE DI TRAVI COMPOSTE LEGNO-CALCESTRUZZO." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2001. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12417.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
7

Collavo, Sandy <1993&gt. "Politiche di welfare aziendale: costo o investimento a lungo termine?" Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/11680.

Full text
Abstract:
L’impresa può eccellere nei propri obiettivi di crescita nel lungo periodo se, nell’esercizio della sua attività, è in grado di rispettare gli interessi dei vari player presenti nel contesto in cui opera. Ciò può essere visto dall’impresa come un vincolo a cui sottostare o come una fonte di impulsi e opportunità dai quali partire per creare valore. Infatti, se l’impresa è in grado di creare “valore condiviso” (Shared Value) per sé e per la società in cui opera, soddisfandone i bisogni principali, potrà contare su un contesto migliore in cui sviluppare il proprio business e in cui trovare gli asset strategici fonte del proprio vantaggio competitivo. Uno di questi è il capitale umano. Le politiche di welfare aziendale che l’impresa sviluppa al fine di valorizzare e remunerare adeguatamente questa risorsa non costituiscono solo un costo, sostenuto nel rispetto di valori puramente etici, ma possono essere considerate piuttosto come un investimento che, in un’ottica di lungo periodo, è in grado di creare valore per l’azienda e per la società.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
8

Rapicetta, Cristian <1978&gt. "Risultati funzionali a lungo termine dopo sutura o plicatura del diaframma." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5267/1/Rapicetta_Cristian_tesi.pdf.

Full text
Abstract:
Obbiettivo. Analizzare la funzionalità polmonare e diaframmatica dopo interventi di plicatura del diaframma con rete di rinforzo peri-costale eseguiti per relaxatio e riparazione di ernia transdiaframmatica cronica mediante riduzione e sutura diretta. Metodi. Dal 1996 al 2010, 10 pazienti con relaxatio unilaterale del diaframma e 6 pazienti con ernia transdiaframmatica cronica misconosciuta sono stati sottoposti a chirurgia elettiva. Gli accertamenti preoperatori e al follow-up di 12 mesi includevano prove di funzionalità respiratoria, misura della pressione massimale inspiratoria alla bocca in clino e ortostatismo, emogasanlisi, TC del torace e dispnea score. Risultati. I pazienti dei due gruppi non differivano in termini di funzionalità respiratoria preoperatoria nè di complicanze postoperatorie; al follow-up a 12 mesi il gruppo Eventrazione mostrava un significativo aumento del FEV1% (+18,2 – p<0.001), FVC% (+12,8 – p<0.001), DLCO% (+6,84 – p=0,04) e pO2 (+9,8 mmHg – p<0.001). Al contrario nrl gruppo Ernia solo il miglioramento della pO2 era significativo (+8.3 – p=0.04). Sebbene la massima pressione inspiratoria (PImax) fosse aumentata in entrambi i gruppi al follow-up, i pazienti operati per ernia mostravano un miglioramento limitato con persistente caduta significativa della PImax dall’ortostatismo al clinostatismo (p<0.001). Il Transitional dyspnoea score è stato concordante con tali miglioramenti pur senza differenze significative tra i due gruppi. La TC del torace ha evidenziato una sopraelevazione dell’emidiaframma suturato, senza recidiva di ernia, mentre i pazienti sottoposti a plicatura hanno mantenuto l’ipercorrezione. Conclusioni. L’utilizzo di un rinforzo protesico è sicuro e sembra assicurare risultati funzionali migliori a distanza in termini di flussi respiratori e di movimento paradosso del diaframma (valutato mediante PImax). Lacerazioni estese del diaframma coinvolgenti le branche principali di suddivisione del nervo frenico si associano verosimilmente a una relaxatio che può quindi ridurre il guadagno funzionale a lungo termine se non adeguatamente trattata mediante l’utilizzo di un rinforzo protesico.
Objectives. To assess pulmonary and diaphragmatic function after diaphragmatic plication re-enforced by pericostal fixed mesh for eventration and repair of diaphragmatic hernia through reduction and direct suture. Methods. From 1996 to 2010, 10 patients with unilateral eventration and 6 patients with misunderstood chronic trans-diaphragmatic hernia underwent elective surgery. Preoperative and 12 months follow-up assessment included pulmonary function tests, measure of maximum inspiratory pressure in clino- and orthostasis, blood gas analysis, chest-CT scan and dyspnoea score. Results. Patients of the two groups did not differ in terms of preoperative lung function nor postoperative complications or in-hospital stay; at follow-up of 12 months, Eventration group showed significant improvement of FEV1% (+18,2 – p<0.001), FVC% (+12,8 – p<0.001), DLCO% (+6,84 – p=0,04) and pO2 (+9,8 mmHg – p<0.001). Conversely in Hernia group only pO2 gain was significant (+8.3 – p=0.04). Although Maximal Inspiratory Pressure (MIP) increased in both groups at follow-up, patients operated for hernia showed minor improvement with persistent significant fall of MIP passing from orthostasis to clinostasis (p<0.001). Transitional dyspnoea score reflected such improvements but no differences were found in gain between the two groups. CT-scan showed a slight elevation of diaphragm in patients operated for diaphragmatic laceration, even without recurrent hernia, while patients operated for eventration maintained postoperative ipercorrection. Conclusions. The use of prosthetic reinforcement after diaphragmatic surgery is safe and seems to ensure better and more stable results either in terms of pulmonary flows and paradoxical diaphragmatic movement (assessed through maximum inspiratory pressure) in patients operated for eventration. Large diaphragmatic tearings involving main branches of phrenic nerve are likely to cause diaphragm denervation; consequent underlying eventration may therefore impair postoperative functional results at long term follow-up if not adequately treated with prosthetic reinforcement as usual in our Institution for pure eventration.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
9

Rapicetta, Cristian <1978&gt. "Risultati funzionali a lungo termine dopo sutura o plicatura del diaframma." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5267/.

Full text
Abstract:
Obbiettivo. Analizzare la funzionalità polmonare e diaframmatica dopo interventi di plicatura del diaframma con rete di rinforzo peri-costale eseguiti per relaxatio e riparazione di ernia transdiaframmatica cronica mediante riduzione e sutura diretta. Metodi. Dal 1996 al 2010, 10 pazienti con relaxatio unilaterale del diaframma e 6 pazienti con ernia transdiaframmatica cronica misconosciuta sono stati sottoposti a chirurgia elettiva. Gli accertamenti preoperatori e al follow-up di 12 mesi includevano prove di funzionalità respiratoria, misura della pressione massimale inspiratoria alla bocca in clino e ortostatismo, emogasanlisi, TC del torace e dispnea score. Risultati. I pazienti dei due gruppi non differivano in termini di funzionalità respiratoria preoperatoria nè di complicanze postoperatorie; al follow-up a 12 mesi il gruppo Eventrazione mostrava un significativo aumento del FEV1% (+18,2 – p<0.001), FVC% (+12,8 – p<0.001), DLCO% (+6,84 – p=0,04) e pO2 (+9,8 mmHg – p<0.001). Al contrario nrl gruppo Ernia solo il miglioramento della pO2 era significativo (+8.3 – p=0.04). Sebbene la massima pressione inspiratoria (PImax) fosse aumentata in entrambi i gruppi al follow-up, i pazienti operati per ernia mostravano un miglioramento limitato con persistente caduta significativa della PImax dall’ortostatismo al clinostatismo (p<0.001). Il Transitional dyspnoea score è stato concordante con tali miglioramenti pur senza differenze significative tra i due gruppi. La TC del torace ha evidenziato una sopraelevazione dell’emidiaframma suturato, senza recidiva di ernia, mentre i pazienti sottoposti a plicatura hanno mantenuto l’ipercorrezione. Conclusioni. L’utilizzo di un rinforzo protesico è sicuro e sembra assicurare risultati funzionali migliori a distanza in termini di flussi respiratori e di movimento paradosso del diaframma (valutato mediante PImax). Lacerazioni estese del diaframma coinvolgenti le branche principali di suddivisione del nervo frenico si associano verosimilmente a una relaxatio che può quindi ridurre il guadagno funzionale a lungo termine se non adeguatamente trattata mediante l’utilizzo di un rinforzo protesico.
Objectives. To assess pulmonary and diaphragmatic function after diaphragmatic plication re-enforced by pericostal fixed mesh for eventration and repair of diaphragmatic hernia through reduction and direct suture. Methods. From 1996 to 2010, 10 patients with unilateral eventration and 6 patients with misunderstood chronic trans-diaphragmatic hernia underwent elective surgery. Preoperative and 12 months follow-up assessment included pulmonary function tests, measure of maximum inspiratory pressure in clino- and orthostasis, blood gas analysis, chest-CT scan and dyspnoea score. Results. Patients of the two groups did not differ in terms of preoperative lung function nor postoperative complications or in-hospital stay; at follow-up of 12 months, Eventration group showed significant improvement of FEV1% (+18,2 – p<0.001), FVC% (+12,8 – p<0.001), DLCO% (+6,84 – p=0,04) and pO2 (+9,8 mmHg – p<0.001). Conversely in Hernia group only pO2 gain was significant (+8.3 – p=0.04). Although Maximal Inspiratory Pressure (MIP) increased in both groups at follow-up, patients operated for hernia showed minor improvement with persistent significant fall of MIP passing from orthostasis to clinostasis (p<0.001). Transitional dyspnoea score reflected such improvements but no differences were found in gain between the two groups. CT-scan showed a slight elevation of diaphragm in patients operated for diaphragmatic laceration, even without recurrent hernia, while patients operated for eventration maintained postoperative ipercorrection. Conclusions. The use of prosthetic reinforcement after diaphragmatic surgery is safe and seems to ensure better and more stable results either in terms of pulmonary flows and paradoxical diaphragmatic movement (assessed through maximum inspiratory pressure) in patients operated for eventration. Large diaphragmatic tearings involving main branches of phrenic nerve are likely to cause diaphragm denervation; consequent underlying eventration may therefore impair postoperative functional results at long term follow-up if not adequately treated with prosthetic reinforcement as usual in our Institution for pure eventration.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
10

Bal, Milva Orquidea <1967&gt. "Futuro endocrinologico a lungo termine della pubertà precoce trattata e non trattata." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/148/1/TESI_BAL.pdf.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles

Books on the topic "Cambiamenti a lungo termine"

1

Dal Negro, R. W., and A. I. Goldberg, eds. Ossigenoterapia domiciliare a lungo termine in Italia. Milano: Springer Milan, 2006. http://dx.doi.org/10.1007/88-470-0463-2.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
2

Maurizio, Talamo, Pastura Maria Grazia, and Porzio Annapaola, eds. Conservazione a lungo termine e certificazione: Lo stato civile in ambiente digitale. Roma: Gangemi, 2009.

Find full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
3

Maurizio, Talamo, Pastura Maria Grazia, and Porzio Annapaola, eds. Conservazione a lungo termine e certificazione: Lo stato civile in ambiente digitale. Roma: Gangemi, 2009.

Find full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
4

Guercio, Maria Rosaria. Conservare il digitale: Principi, metodi e procedure per la conservazione a lungo termine di documenti digitali. Roma: Laterza, 2013.

Find full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
5

Gabbini, Emanuele M. Finanza operativa: Analisi finanziaria, ottimizzazione del capitale investito, finanziamenti a breve/lungo termine, ordinari ed agevolati [...]. 2nd ed. Milano: Ipsoa, 1986.

Find full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
6

Bertoni, Roberto. La rete italiana per la ricerca ecologica a lungo termine (LTER-Italia): Situazione e prospettive dopo un quinquennio di attività (2006-2011). Roma: Aracne, 2012.

Find full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
7

Nigro, Giampiero, ed. I prezzi delle cose / The Prices of Things. Florence: Firenze University Press, 2017. http://dx.doi.org/10.36253/978-88-6453-492-3.

Full text
Abstract:
La dinamica dei prezzi è uno degli argomenti classici della storia economica. L’attenzione per questo tema fu particolarmente viva a partire dagli anni Trenta del Novecento, in tutti i paesi europei. I materiali raccolti e pubblicati a quell’epoca continuano a costituire una base documentaria importante per ogni ricerca sull’andamento economico delle economie pre-industriali. L’interesse per i prezzi si ridusse dagli anni Settanta agli anni Novanta. È ripreso, tuttavia, negli ultimi quindici-venti anni come conseguenza della rinnovata attenzione per il tema della crescita e per i cambiamenti di lungo periodo nelle economie del passato. Il confronto fra i livelli di sviluppo di economie diverse, come quella europea e quella asiatica, insieme con l’uso di strumenti statistici più avanzati nel campo della storia economica, ha rafforzato l’interesse per i prezzi. I contributi presenti in questo volume si articolano intorno a due macro-temi: La formazione dei prezzi nelle economie e società pre-industriali durante i secoli dal XII all’inizio del XIX e il movimento dei prezzi nel lungo periodo, nonché il rapporto esistente con quello di altre variabili economiche e non-economiche, quali la popolazione, la massa monetaria, il prodotto, la produttività, la velocità di circolazione della moneta, i cambiamenti nelle istituzioni.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
8

Casa, Philippe Della. Landschaften, Siedlungen, Ressourcen: Langzeitszenarien menschlicher Aktivität in ausgewählten alpinen Gebieten der Schweiz, Italiens und Frankreichs = Paysages, habitats, ressources : scénarios à long terme de l'activité humaine dans quelques régions alpines de la Suisse, de l'Italie et de la France = Paesaggi, insediamenti, risorse : scenari a lungo termine dell'attività umana in alcune regioni alpine della Svizzera, dell'Italia e della Francia. Montagnac: Monique Mergoil, 2002.

Find full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
9

Germanà, Maria Luisa, ed. Permanenze e innovazioni nell'architettura del MediterraneoMediterranean Architecture between Heritage and Innovation. Florence: Firenze University Press, 2011. http://dx.doi.org/10.36253/978-88-6655-007-5.

Full text
Abstract:
Il volume offre numerosi spunti sul tema Permanenze e innovazioni nell'architettura del Mediterraneo, dimostrandone l'ampiezza di aspetti riconducibili alla Tecnologia dell'architettura, di cui si evidenzia la flessibilità dei confini disciplinari con riferimento ai diversi significati assumibili dal concetto di risorsa. Letta in continuità con le precedenti pubblicazioni Osdotta, questa consente di seguire quanto si va sviluppando nel terzo livello di formazione in un momento particolarmente critico per l'istituzione universitaria, continuando a porre l'accento sul nodo domanda/offerta di ricerca, nel confronto con altre istituzioni e con il mondo della produzione di settore, nell'attuale scenario dominato da trasformazioni sempre più rapide e incisive. La qualificazione dei corsi di dottorato, attraverso la riflessione sugli esiti immediati e a lungo termine, parallelamente alla precisazione dei contenuti identitari del settore disciplinare, restano le principali sfide da continuare ad affrontare. This publication provides considerable material for reflection on the subject of Mediterranean Architecture between Heritage and Innovation, demonstrating the wide range of aspects linked to Architectural Technology, in which one is struck by the flexibility of the disciplinary boundaries with regard to the various meanings that can be applied to the concept of resource. Taken together with the previous publications of Osdotta, this consents one to trace the developments in the third level of education at a particularly critical time for the university institution; the emphasis continues to be placed on the crucial issue of supply/demand of research; the situation is compared with other institutions and with the world of production in this sector, in a present-day scenario dominated by ever more rapid and incisive transformations. The main challenges left to be faced are to improve the quality of PhD courses, after due reflection on the immediate and long-term results, whilst defining more precisely the identitary contents of the disciplinary sector.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
10

SCARSCIONI. autonoleggio a Lungo Termine Enrico Scarscioni: Manualetto Sul Noleggio Auto a Lungo Termine. Independently Published, 2017.

Find full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles

Book chapters on the topic "Cambiamenti a lungo termine"

1

Cazzola, Mario. "Introduzione." In Ossigenoterapia domiciliare a lungo termine in Italia, 1–2. Milano: Springer Milan, 2006. http://dx.doi.org/10.1007/88-470-0463-2_1.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
2

Pescatori, P., and R. Cadinu. "Ossigenoterapia domiciliare a lungo termine: compliance e adesione del binomio paziente/care-giver." In Ossigenoterapia domiciliare a lungo termine in Italia, 105–12. Milano: Springer Milan, 2006. http://dx.doi.org/10.1007/88-470-0463-2_10.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
3

Micheletto, C., and R. W. Dal Negro. "Complicazioni nei pazienti in ossigenoterapia domiciliare a lungo termine." In Ossigenoterapia domiciliare a lungo termine in Italia, 113–22. Milano: Springer Milan, 2006. http://dx.doi.org/10.1007/88-470-0463-2_11.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
4

Tognella, S. "Gli outcome dell’OTLT: le aspettative del paziente e del medico." In Ossigenoterapia domiciliare a lungo termine in Italia, 123–36. Milano: Springer Milan, 2006. http://dx.doi.org/10.1007/88-470-0463-2_12.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
5

Guffanti, E. E., D. Colombo, A. Fumagalli, C. Misuraca, and A. Viganò. "La telemedicina nei pazienti in ossigenoterapia domiciliare." In Ossigenoterapia domiciliare a lungo termine in Italia, 137–51. Milano: Springer Milan, 2006. http://dx.doi.org/10.1007/88-470-0463-2_13.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
6

Ravasio, R., R. W. Dal Negro, and C. Lucioni. "Valutazione economica dei costi associati al trattamento di pazienti con ossigenoterapia a lungo termine con o senza teleossimetria." In Ossigenoterapia domiciliare a lungo termine in Italia, 153–57. Milano: Springer Milan, 2006. http://dx.doi.org/10.1007/88-470-0463-2_14.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
7

Farina, M., and S. Tognella. "Miglioramento continuo della Qualità nella gestione dell’ossigenoterapia domiciliare a lungo termine." In Ossigenoterapia domiciliare a lungo termine in Italia, 159–70. Milano: Springer Milan, 2006. http://dx.doi.org/10.1007/88-470-0463-2_15.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
8

Goldberg, A. I. "La telemedicina nella medicina respiratoria." In Ossigenoterapia domiciliare a lungo termine in Italia, 3–15. Milano: Springer Milan, 2006. http://dx.doi.org/10.1007/88-470-0463-2_2.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
9

Dal Negro, R. W. "Ossigenoterapia domiciliare a lungo termine: dove, come e perché." In Ossigenoterapia domiciliare a lungo termine in Italia, 17–29. Milano: Springer Milan, 2006. http://dx.doi.org/10.1007/88-470-0463-2_3.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
10

Facchini, F., and F. Trevisan. "Criteri nazionali e regionali per l’ossigenoterapia domiciliare a lungo termine." In Ossigenoterapia domiciliare a lungo termine in Italia, 31–46. Milano: Springer Milan, 2006. http://dx.doi.org/10.1007/88-470-0463-2_4.

Full text
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles

Conference papers on the topic "Cambiamenti a lungo termine"

1

Cedroni, Anna Rita. "Roadmap per una citta sostenibile: Vienna." In International Conference Virtual City and Territory. Roma: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7915.

Full text
Abstract:
Al di là di più di duemila anni di tradizione storica, l’Austria, ha mostrato con coraggio, fin dall’entrata nella Comunità Europea, il suo sviluppo economico così come la sua modernità e la sua apertura verso l’esterno. La dinamicità culturale e tecnologica della sua capitale, l’ha resa uno degli esempi più apprezzati da tutta l’Europa fin dall’inizio di questo secolo. In poco più 15 anni, Vienna è diventata di fatto la città europea con la migliore qualità della vita. Il merito di tale successo è dato sicuramente da due componenti fondamentali: la stabilità politica del Paese e il metodo di gestione dei processi di pianificazione territoriale e urbana. L’attuale sviluppo del territorio mostra come alla base di tale qualità i fattori prevalenti siano l’architettura, ma anche le politiche urbanistiche territoriali. Sta di fatto, spiega un recente rapporto del comune di Vienna sul tema risparmio energetico e sostenibilità, che per garantire e mantenere una tale qualità della vita, occorre tener conto di tre costanti essenziali nelle dinamiche dei processi di sviluppo urbano: il rinnovamento, la ristrutturazione e l’espansione. Tali elementi consentono poi il confronto con modelli europei culturalmente più avanzati. La tutela dell’ambiente e del patrimonio ambientale si inseriscono in questo processo come una delle sfide più importanti che scaturiscono da tale confronto. Questo paper si prefigge di trattare l’esperienza viennese, ripercorrendo il lungo, ma rapido processo di cambiamento cominciato all’inizio degli anni Ottanta. Strumento generale di pianificazione urbanistica, il Piano di Sviluppo della Città (Stadtentwicklungsplan), ha costituito e costituisce tuttora lo strumento decennale di previsione e di programmazione energetica a livello urbano e territoriale, stabilendo le direttrici strategiche di espansione, di ristrutturazione e di rinnovamento della Città e del suo hinterland. Ma l’esclusività di tale strumento, è da vedere nell’anticipazione di temi come il consumo energetico, la sostenibilità e nell’individuazione della tutela ambientale, come questione prioritaria da includere nei programmi d’intervento da attuare a breve termine. Infatti, con la formulazione del primo Programma KliP (Klimaschutzprogramm) (1999–2009) e, successivamente, del secondo Programma KliP (2010-2020), vengono elaborati dei “pacchetti” di provvedimenti con obiettivi ben definiti, come per esempio la riduzione del 21%, a persona, dei gas di emissione e di gas propellenti rispetto ai valori rilevati nel 1990. Gli strumenti con i quali raggiungere tali obiettivi sono: la riduzione del fabbisogno energetico, l’introduzione di fonti di energia ecosostenibile, l’uso di materiali biologici nell’edilizia pubblica e privata a grande e piccola scala, ma soprattutto, gli interventi sulla mobilità, sulla gestione dei rifiuti e sulla protezione del paesaggio. Accanto ai Piani di Sviluppo, Il Programma SEP (Städtische Energieeffizienz-Programm), definisce le linee generali da seguire nella gestione della politica dei consumi energetici a lungo termine, ovvero fino alla fine del 2015. I risultati portano già nel 2011 ad un aumento della quota di energia rinnovabile del 10% del volume totale del consumo di energia. Tra gli incentivi ci sono quelli rivolti alla realizzazione di centrali elettriche, inceneritori per il riciclo di materie dalle quali ricavare energia, mentre un ruolo sempre più importante è dato dall’uso della geotermia, e dell’energia solare. La continuità programmatica culmina nella formulazione di un progetto unitario, SMART CITY WIEN, che riunisce ben dieci gruppi differenti di interessi, istituzioni pubbliche, enti privati, centri universitari di ricerca, ecc., attorno ad una visione a lunga scadenza: Smart Energy vision 2050. Al centro della tavola rotonda le tematiche: lo sviluppo della popolazione, l’ambiente, i metodi di gestione, l’economia, l’energia e la mobilità. Accanto a queste, sostenibilità, partecipazione, diversità, efficienza di risorse, sviluppo regionale integrato come pure sviluppo economico equilibrato sono gli elementi fondamentali per la preparazione delle decisioni future.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
2

Maccarrone, Maria. "Una città nomade e multidimensionale: il caso della reale Aci." In International Conference Virtual City and Territory. Roma: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7973.

Full text
Abstract:
Viviamo strani giorni, tempi di rapide accelerazioni, cambiamenti sociali e trasformazioni ambientali stressanti, che richiedono soluzioni contenitive e culturali improcrastinabili. Poniamo il caso di Acireale, città insulare di circa 50.000 abitanti, posta lungo la costa orientale sicula, stretta fra l’azzurra ionia marina, il nero del Vulcano Etna e il sempreverde degli agrumi. Il paesaggio dell’Aci trattiene geomorfologie e memorie antiche. Ricomporne le alterne vicende significa riflettere sulle “reali” specificità di una città siciliana per la quale è esistita un’articolata continuità storica di frequentazione in una porzione ampia di suolo vulcanico denominato Timpa. Nel corso dei secoli, le comunità hanno identificato in questo unico complesso lavico un salubre avamposto su cui migrare, tendenzialmente da Sud a Nord, fino a stanziarsi sul pianoro su cui sorge la città di Acireale. In età recente, la maggior crescita edilizia ha consumato pregevoli parti di terreno agricolo, inducendo uno sprawl urbano verso l’entroterra ed esponendo la Timpa a grandi rischi generati dalla progressiva assenza di organici interventi d’assetto territoriale. Questo contesto storico e paesaggistico aspetta d’essere attraversato, curato e valorizzato per ricomporre di quei valori percettivi che giacciono latenti nella memoria collettiva. La riqualificazione della Timpa può essere il tema per l’infrastrutturazione geografica con cui ri-connettere le inevitabili istanze di trasformazione urbana all’improrogabile sviluppo sostenibile del territorio acese. We live in strange days, periods of rapid acceleration, with stressful social changes and environmental changes, which require cultural solutions. Take the case of Acireale, city of about 50.000 inhabitants, located along the eastern coast of Sicily, between the Ionio sea, Mount Etna and evergreen citrus. The landscape of Aci holds geomorfologie and ancient memories. Over the centuries, communities have identified in this unique building of lava a place healthy where migrate, from South to North. In recent years, the growth of buildings has consumed valuable pieces of agricultural land, causing urban sprawl inland and exposing the Timpa large risks generated by the progressive absence of organic interventions of regional planning. This historical context and landscape is waiting to be crossed, edited and enhanced. The project of the Timpa may be the theme for re-connect the inevitable instances of urban transformation at the sustainable development of the territory.
APA, Harvard, Vancouver, ISO, and other styles
We offer discounts on all premium plans for authors whose works are included in thematic literature selections. Contact us to get a unique promo code!

To the bibliography