Academic literature on the topic 'Biologia Strutturale'

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Journal articles on the topic "Biologia Strutturale"

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Rosa, M. L., M. A. Canevari, N. Mavilio, S. Ballerini, D. Capello, A. Dorcaratto, and E. Marinaro. "Tumori cerebrali primitivi." Rivista di Neuroradiologia 6, no. 4 (November 1993): 455–88. http://dx.doi.org/10.1177/197140099300600411.

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Abstract:
Nello studio delle neoplasie cerebrali primitive, anche ai fini di una indicazione per quanto riguarda la benignità o malignità delle lesioni, un adeguato inquadramento può essere ottenuto sulla scorta di conoscenze generali che si riferiscono — oltre ovviamente ai dati anamnestici — alla classificazione, al comportamento biologico-grado di malignità, alla localizzazione, ai segni di effetto massa e alla valutazione di elementi più specifici che hanno diretta espressività sulle immagini di TC e di RM quali: gli aspetti istologici, biologici e clinici. Per quanto riguarda gli aspetti istologici bisogna far riferimento alle basi patologiche delle immagini; per gli aspetti biologici alle indicazioni fornite dalle neuroimmagini che si riferiscono al tipo di accrescimento della neoplasia, all'eventuale presenza di metastasi per via liquorale e, più raramente, per via ematogena ed alla comparsa di una recidiva o meglio di una progressione della malattia. Infine è opportuno tenere in debita considerazione l'espressività clinica che comprende, oltre agli aspetti istologici e biologici, anche l'effetto compressivo sulle strutture nervose vitali (effetto massa ed ernie) e sulle vie liquorali ( idrocefalo ostruttivo) che costituiscono un elemento prognostico sfavorevole anche in caso di tumori benigni. Riteniamo quindi che l'espressività-biologica, clinica ed istopatologica in neuroradiologia rappresenti la strada da seguire per un ulteriore miglioramento nella diagnostica dei tumori cerebrali. Nel contempo è necessario ricercare una più approfondita valutazione degli aspetti funzionali mediante RM e PET ai fini di un più completo inquadramento delle lesioni anche sotto questo aspetto.
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Beltramello, A., G. Puppini, R. Caudana, R. Cerini, E. Piovan, L. Bontempini, S. Rodella, and M. Pregarz. "Meningiomi endocranici aggressivi, quadri clinici-RM." Rivista di Neuroradiologia 6, no. 4 (November 1993): 439–43. http://dx.doi.org/10.1177/197140099300600409.

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Abstract:
Il guadagno diagnostico offerto dalla RM nella diagnosi dei meningiomi intra-cranici risiede nella precisa localizzazione della lesione all'interno del cranio e nella definizione dei suoi rapporti con le adiacenti strutture, in particolare arterie e vene. Le caratteristiche morfo-strutturali possono essere comparate con gli aspetti istologici ed operatori in modo da identificare possibili caratteri clinico-radiologici associati ad un comportamento biologico ed evolutivo diverso da quello usualmente benigno dei meningiomi non aggressivi (MNA). 64 meningiomi intra-cranici sono stati valutati retrospettivamente, tutti sottoposti ad esame RM ed operati. In 16/64 pazienti (25%) è stato asportato un meningioma «aggressivo» (MA), caratterizzato cioè istologicamente da pleomorfismo ed alta cellularità, prominenza di nucleoli, frequenti mitosi e foci necrotici, e macroscopicamente da invasione locale della dura, dell'osso e dei tessuti epicranici. MA sono stati riscontrati più frequentemente nei maschi (9/16) di età avanzata con localizzazione alla convessità (12/16). All'esame RM presentavano accentuazione disomogenea (7/14), e marcatamente estesa alla dura adiacente alla base d'impianto («string sign») (10/16), scarsa demarcazione dal tessuto cerebrale circostante (6/14), edema marcato (11/16) e presenza di numerosi foci necrotici all'interno della lesione (7/16). La valutazione statistica ha permesso di individuare quei parametri (accentuazione disomogenea, necrosi, «string sign» ed edema marcato) la cui presenza o meno influisce probabilisticamente sulla diagnosi di MA. In particolare, quando nessuno dei parametri è presente, si tratta di un MNA; quando, al contrario, 3 o 4 parametri sono presenti, la lesione in esame rappresenta un MA; quando solo 1 o 2 parametri sono presenti, è impossibile stabilire con certezza la natura del meningioma.
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Fiori, Angelo, and Lea Cinzia Caprioli. "La fecondazione artificiale eterologa: un altro ritorno al matrilineare?" Medicina e Morale 43, no. 2 (April 30, 1994): 213–30. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1994.1019.

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Abstract:
Gli Autori, dopo un breve ricordo storico-antropologico delle primitive società matrilineari, passano in rassegna le principali legislazioni internazionali riguardanti le tecniche di procreazione artificiale, puntando l'attenzione sulle norme circa il riconoscimento di paternità legale al marito o convivente che ha prestato il proprio consenso alla fecondazione artificiale eterologa e circa l'anonimato del donatore di seme. Essi rilevano la contraddizione tra le attuali possibilità della ricerca biologica di paternità che, avvalendosi degli accertamenti genetici basati sull'impiego dei polimorfismi del sangue, consente a chiunque di conoscere il proprio padre biologico, e le norme sull'anonimato che, non consentendo al figlio di conoscere il proprio vero padre, creano notevoli diseguaglianze tra cittadini. La fecondazione artificiale eterologa viene considerata come un altro regresso alla società matrilineare, in cui la struttura protofamiliare era incentrata sulla figura della donna, la quale assumeva un ruolo dominante come strumento di fecondità e il "marito" era "in visita", cosicché padre e figlio erano completamente estranei l'uno all'altro. Viene infine commentata la recente sentenza del Tribunale di Cremona che ha accolto l'istanza di disconoscimento di paternità di un figlio nato a seguito di inseminazione artificiale con sperma eterologo. Il Tribunale, mancando in Italia una legge che regoli la fecondazione artificiale eterologa, ha percorso l'unica strada a disposizione nell'attuale panorama giuridico nazionale, fondando la propria sentenza sugli art t. 231 , 235 c 143 del Codice Civile. L'auspicio è che storie come quelle del piccolo Mattia, oggi "figlio di padre ignoto", inducano tutti a riflettere sui "prodigi" della scienza e del progresso, ma soprattutto non spingano frettolosamente verso leggi che consentano, per la loro permissività, di sconvolgere la reale biologia dell'essere umano.
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Longo, Giuseppe. "Tecnologia, reti sociali e intelligenza collettiva." SOCIOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE, no. 40 (June 2010): 12–34. http://dx.doi.org/10.3280/sc2009-040003.

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Abstract:
Oggi l'evoluzione biologica basata su mutazioni genetiche č di gran lunga superata dalla molto piů rapida evoluzione della cultura e della tecnologia. Ciň ha due conseguenze importanti: 1) la nascita dell'homo technologicus, una creatura simbiotica dove la biologia incontra la tecnologia; 2) la costituzione della Creatura Planetaria, che ha origine dall'interconnessione dei singoli simbionti uomo-macchina, ed č annunciata da Internet e dalle attivitŕ di comunicazione che vi operano, in particolare quelle che avvengono nei cosiddetti social networks. La Creatura Planetaria č una struttura singola che pervade tutto il mondo, dove hanno luogo processi comunicativi e cognitivi, che si sviluppano in un'intelligenza connettiva che tende a trascendere e ad assorbire le intelligenze individuali. Questo processo puň arricchire le capacitŕ degli individui, dato che la crescente efficienza e i costi decrescenti della comunicazione offrono grandi opportunitŕ per aumentare conoscenza e creativitŕ e ottenere nuove forme di attivitŕ intellettuale. Potrebbero esservi anche conseguenze negative, come dipendenza da computer e dal mondo virtuale, delega di attivitŕ e di capacitŕ alle macchine, vulnerabilitŕ di sistemi complessi, controllo indebito sui singoli, sfruttamento economico. Il lavoro esamina alcune importanti conseguenze di questi sviluppi.
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Fagiolo, Enzo. "La facoltà di medicina nella formazione integrale del medico." Medicina e Morale 45, no. 1 (February 28, 1996): 71–81. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1996.919.

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Abstract:
La facoltà di Medicina si trova al centro di un dibattito i cui postulati, spesso antitetici ed esterni alla scienza medica, si riflettono sui progetti formativi. La speculazione epistemologica sembra aver introdotto fratture concettuali all’interno della scienza medico-biologica, postulando una distinzione tra vari tipi di medicina, ognuna delle quali richiederebbe schemi differenti. In tal modo, termini relativi alla naturale complessità della medicina ed alle diverse fasi e condizioni dell’agire medico, vengono presentati come contrapposizioni strutturali della scienza medico biologica. per una formazione integrale, tecnica ed insieme etica, sembra necessario recuperare l’unità del sapere e della medicina, sia come scienza che come prassi, sulla base di una concezione integrale della persona umana. Il docente, componente di una vera “comunitas professorum” dovrà essere portatore di una visione unitaria della medicina e quindi di un progetto formativo globale. La facoltà di Medicina deve tornare ad essere la sede naturale di una riflessione autenticamente “universitaria” sulla persona umana e sulle acquisizioni della ricerca scientifica.
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Rosciglione, Claudia. "La flessibilità dell’organizzazione biologica. Strutture e funzioni alla luce di un modello gerarchico e pluralista dell’omologia." Rivista di estetica, no. 62 (September 1, 2016): 56–68. http://dx.doi.org/10.4000/estetica.1185.

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Tibaldi, Alessandro, Mauro Coltelli, and Socio A. Desio. "Evoluzione geologico-strutturale di una valle perpendicolare all’orogene: l’esempio della depressione Chota-Mira, Ecuador." Rendiconti Lincei 4, no. 2 (June 1993): 107–25. http://dx.doi.org/10.1007/bf03001423.

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Malorgio, Giulio, and Cristina Grazia. "Forme strutturali e organizzative nella filiera vitivinicola di qualitŕ: una caratterizzazione regionale." ECONOMIA AGRO-ALIMENTARE, no. 1 (October 2010): 99–117. http://dx.doi.org/10.3280/ecag2010-001006.

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Jardilino Maciel, Antonio Frank. "Uno sguardo sulla questione della temporalità." Perspectivas 4, no. 2 (March 23, 2020): 23–51. http://dx.doi.org/10.20873/rpv4n2-58.

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Abstract:
Nel contesto scientifico la plasticità e l’epigenesi sono divenuti due dei concetti più pregnanti del nostro tempo. Il primo, dislocato dal suo ambito originario, cioè l’estetica, continua a rivelare il suo potenziale filosofico, scientifico ed epistemologico. Nel pensiero di Catherine Malabou, la plasticità ha subito una vera e propria metamorfosi concettuale – dalla plasticità della temporalità alla plasticità cerebrale –, riferendosi alla capacità di ricevere e dare una forma. Allo stesso tempo, la “bomba al plastico” è una sostanza che provoca violentissime deflagrazioni. Nel primo caso, la plasticità ha una valenza positiva, venendo concepita come una sorta di lavoro “scultoreo” in senso biologico. La plasticità struttura l’identità, costituisce la sua storia, la temporalità e l’avvenire di una soggettività vivente. Nel secondo, la plasticità è una pura negazione. Nessuno pensa alla “plasticità cerebrale” come il lavoro radicale del negativo all’opera nelle lesioni cerebrali, nella deformazione o nella rottura delle connessioni neuronali, nelle sofferenze psichiche, nelle strutturazioni che avvengono nel vivente, nei traumi vari, nelle catastrofi naturali e politiche, nelle malattie neurodegenerative. Nella sua evoluzione teorica la plasticità verrà articolata in stretta relazione con lo sviluppo neuronale. La neuroplasticità, come concetto scientifico, ci consente di stabilire un ancoraggio biologico alla questione della formazione e decostruzione della soggettività e della temporalità. In questo senso, la plasticità non è il semplice riflesso del mondo, ma è frutto di un’istanza biologica conflittuale che rivela la forma di un altro mondo possibile. Da un lato, l’elaborazione di un pensiero dialettico in ambito neuronale, inteso come sviluppo neuroplastico, ci permette di uscire dalla stretta alternativa tra riduzionismo e antiriduzionismo, la quale è sempre rappresento il limite teorico della filosofia occidentale degli ultimi anni. Dall'altro, è possibile assumere il carattere trascendentale del pensiero totalmente connessa alla sua materialità. La nozione di epigenesi, in questo caso, si afferma come una “nuova forma di trascendentale”. Come figura biologica l’epigenesi si pone come condizione di possibilità della conoscenza e della razionalità rivelando, pertanto, la sua caratteristica a priori. Per mezzo delle nozioni di plasticità ed epigenesi il tempo può essere indagato in stretta connessione con la vita, con lo sviluppo organico del vivente, oltre che a permetterci una nuova visione della soggettività.
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Di Spigna, E., M. Salesi, G. Cossu, and F. Fregoso. "Monitoraggio del liquor dopo esame mielografico in pazienti portatori di catetere spinale subdurale a permanenza." Rivista di Neuroradiologia 1, no. 2 (August 1988): 191–95. http://dx.doi.org/10.1177/197140098800100211.

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Abstract:
In alcuni pazienti portatori di catetere spinale subdurale a parmanenza, impiantato per la somministrazione iterativa di oppioidi a scopo antalgico, si è eseguito il monitoraggio di alcuni parametri biologici del liquor dopo esame mielografico eseguito con contrasto organoiodato idrosolubile non ionico, iniettato attraverso il catetere medesimo. Tale monitoraggio nel tempo è stato reso possibile grazie alla presenza del sistema impiantato a permanenza, che ha consentito di eseguire i ripetuti prelievi di liquor necessari allo studio, il quale ha evidenziato la assenza di importanti fenomeni irritativi a livello delle strutture nervose intratecali dopo indagine mielografica eseguita con Iopamiro 300. I risultati ottenuti dalla valutazione dei dati bioumorali dei vari campioni di liquor confermano le qualità del mezzo di contrasto impiegato, fatto già osservato dal punto di vista clinico, come è riportato in letteratura.
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Dissertations / Theses on the topic "Biologia Strutturale"

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Iacoponi, Martina. "Matematica e Biologia: storia di un'interazione strutturale." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020.

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Abstract:
Come afferma il titolo, l'elaborato presentato tratta i collegamenti tra matematica e biologia nella loro interazione più intrinseca. Il fine ultimo è quello di evidenziare il ruolo della matematica nella altre discipline, che, contrariamente a quanto si pensi, non è ristretto al solo rapporto strumentale e, d'altra parte, quello della biologia nella matematica non si limita a essere meramente applicativo: il rapporto tra queste discipline è soprattutto strutturale. Spesso la matematica viene immaginata solo come uno strumento per le scienze come fisica e biologia e tali scienze come un campo di applicazione della matematica. La tesi vuole invece mettere l'attenzione su come i rapporti interdisciplinari vadano al di là della dicotomia strumento-applicazione Questo rapporto di tipo strutturale risulta molto evidente a chi, come me, si approccia per la prima volta e parallelamente a queste parti di biologia e matematica ed è esattamente ciò che si è analizzato. La scelta di queste due discipline è significativa poiché scienze quali fisica, biologia e chimica vengono percepite connesse e collegate tra loro, a differenza della matematica, la quale nell'immaginario collettivo risulta totalmente scissa dalle sopracitate. In questa tesi abbiamo trattati tre argomenti che si sono ritenuti significativi in quanto si evinceva in modo chiaro l'unione tra i due mondi presentati. Il primo argomento prende le mosse dal Teorema di White e ne analizza i rapporti e i parallelismi con il cccDNA. Il secondo tratta un modello di predizione dei prodotti della ricombinazione sito-specifica delle proteine tramite i tangles. Infine il terzo analizza un modello utile alla rilevazione della struttura proteica attraverso l'utilizzo del nodoidi.
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Finezzo, Maria Letizia. "Confronto strutturale e studio dell'attività biologica di Angiogenina e Lactogenina per possibili applicazioni di terapia medica e ingegneria tissutale." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425131.

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Abstract:
Ribonucleases (RNases) are proteins involved into many biological processes and hydrolysis of ribonucleic acid. The topic of this study has been the structural and functional characterization of three bovine proteins, namely RNase-A, Angiogenin-1 (bANG) and Lactogenin. The enzymatic, pro-angiogenic and cytotoxic activity has been evaluated. RNase-A is the best known protein showing a strong ribonucleolytic activity and a low cytotoxic action. bANG is a single-chain polypeptide stimulating angiogenesis; it has a weak ribonucleolytic activity necessary, but not sufficient, to induce the neoformation of blood vessels. Lactogenin, also named RNase BL-4, has been relatively poorly studied. In this study the relationship between molecular structure and biological activity of the three RNases has been evaluated by spectroscopy, ribonucleolytic activity analysis and, finally, by their effects on the viability of human endothelial or cancerous cellular cultures. High homology level of primary structure is resulted for all three under study proteins. Moreover, disulfide architecture is preserved except the missing of one bridge in bANG and the presence of a pyroglutamic residue at the N-terminus of Lactogenin. It is known that RNase-A is far more active in cleaving dinucleotide substrates as CpG and UpG in comparison with Lactogenin and bANG. On the other hand, Lactogenin presents a higher specificity for UpG instead of CpG than bANG. Angiogenin has been treated with immobilized trypsin in order to obtain its tryptic peptides and identify which part of protein is more involved into biological activity. The research study has shown that bANG stimulates the proliferation and capillary-like structures formation of Huvec endothelial cells in Matrigel in vitro angiogenic assay. The fragment 1-6 (N-terminal, termed P1) and the fragment 56-61 have stimulated a cellular proliferation response comparable to the native protein's one while the C-terminal fragment 103-124 has exhibited an inhibition effect. Moreover, in the presence of all the fragments P1, 56-61 and C-terminal the cells have demonstrated branch points formation, after seeding on Matrigel. The activity of Lactogenin has been comparable to the one of bANG, even if less strong, while RNase-A have not stimulated HUVEC cells' proliferation or differentation on Matrigel. Angiogenin and Lactogenin have been shown to promote the migration of cultured endothelial cells and the neovascularization in the chicken chorioallantoic membrane. The attachment and growth of HUVEC cells on synthetic materials such as polycaprolactone scaffolds seem to be improved by the addition of Angiogenin and its N-terminal fragment to the culture medium. The cytotoxic properties of RNase-A, bANG and Lactogenin have been valuated by using some tumor cell lines. bANG has expressed a stronger cytotoxic potential, inducing cell death by an apoptotic mechanism. In comparison with RNase A, the major cytotoxicity of bANG could be explained as a minor interaction with the RNAse inhibitor (RI). This hypothesis has been verified modelling bANG structure on the complex human Angiogenin-hRI, as the protein conformation is not so different in the complex from the free form. Many different contacts with hRI have been observed in hANG and bANG. One of the principal anchorage sites of hRI to hANG is resulted the Pro 88 residue, which lies within a hydrophobic pocket defined by three tryptophan residues of hRI. In bANG, the replacing of Pro88, with Ser89 causes a steric and electrostatic strain in the inhibitor enzymatic complex, decreasing the susceptibility of bANG to the inactivation by RI. Further studies will clarify the binding of bANG to hRI by calculating the inhibition constant.
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Pelleri, Maria Chiara <1983&gt. "Caratterizzazione strutturale e funzionale di nuovi geni del cromosoma 21 umano con approccio integrato: dallo studio del locus CYYR1 alla meta-analisi di dati di espressione." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3890/1/Pelleri_MariaChiara_tesi.pdf.

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Pelleri, Maria Chiara <1983&gt. "Caratterizzazione strutturale e funzionale di nuovi geni del cromosoma 21 umano con approccio integrato: dallo studio del locus CYYR1 alla meta-analisi di dati di espressione." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3890/.

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BUGLIONE, ENRICO. "Nanomeccanica per la Ricerca sul Cancro." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2021. http://hdl.handle.net/10281/304787.

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Abstract:
Nonostante gli enormi passi avanti sulla comprensione dei meccanismi d’azione del cancro e nello sviluppo di farmaci antitumorali, la maggior parte delle forme di cancro è ancora incurabile. La ragione di tale insuccesso è radicata nella complessità di questa malattia, che è ancora poco conosciuta sia in fase di insorgenza, dovuta alla misregolazione di oncogeni, sia in fase di metastatizzazione delle cellule cancerose. Lo studio di tali caratteristiche da un punto di vista meccanico può fornire una visione differente dei meccanismi di azione del cancro ed aiutare a contestualizzarli all’interno di processi estremamente complessi. L’insorgenza del cancro è dovuta ad una mancata regolazione del ciclo cellulare, che a sua volta dipende spesso da un’alterata espressione dei cosiddetti oncogeni. Ne è un esempio il proto-oncogene c-KIT, che codifica per un fattore di crescita delle cellule staminali. La regolazione della sua espressione è controllata dal suo promotore prossimale, la cui struttura è caratterizzata dalla presenza di 3 superstrutture tridimensionali complesse che si formano su uno dei due filamenti della sua sequenza, chiamate G-quadruplexes. Tali strutture sembrerebbero avere un ruolo nel riconoscimento del promotore da parte della polimerasi e nell’assemblaggio della macchina trascrizionale, ma la loro funzione non è ancora chiara. Lo studio della nanomeccanica di tali strutture a livello di singola molecola (grazie al Magnetic Tweezers) può fornire importanti informazioni sul loro ruolo e sulle modalità con cui regolano l’espressione dell’oncogene. In seguito all’insorgenza del cancro, le cellule coinvolte subiscono forti cambiamenti strutturali: iniziano a dividersi velocemente e a migrare incontrollatamente. Entrambi questi processi richiedono un grande cambiamento nella struttura cellulare ed in particolare nella rigidità della cellula. La leucemia linfoide cronica (CLL) rappresenta un caso esemplare di tali capacità migratorie, non solo nell cellule cancerose, ma anche in quelle sane. Anche in questo caso, la nanomeccanica offre numerosi strumenti che permettono di studiare tali modifiche a livello di singola cellula, in particolare il microscopio a forza atomica (AFM) e il citofluorimetro a pressione deformante (RT-DC) offrono la possibilità di studiare le dinamiche cellulari in differenti condizioni e di osservare gli effetti dei farmaci di prima linea direttamente sulle cellule di pazienti malati.
With the term cancer are intended many species of diseases having quite different properties from each other. Despite such vast differences, the mechanisms beyond the onset of any kind of cancer are very similar and can be classified in two main groups depending on their stage. The first is related to the dysregulation of particular genes (oncogenes), that results in an impairment of the cell cycle. The second concerns the ability of cancer cells to continuously divide and migrate through tissues, that results in a highly invasive potential. From a mechanical point of view, the investigation of such features can be crucial for a deeper understanding of cancer onset and progression as well as for the study of novel pharmacological treatments. The outbreak of cancer is caused by a deficiency in the regulation of the cell cycle which, in turn, often depends on an abnormal expression of oncogenes. It is the case of the proto-oncogene c-KIT, that encodes for a mast/stem cell growth factor receptor. Its regulation relies mainly on its promoter, which is constituted by 3 distinct three-dimensional DNA structures called G-quadruplexes (G4s). Those structures can be studied by means of nanomechanical tools such as Magnetic Tweezers, which can recognize folded G4s at single-molecule level, thus enabling to study their role in the regulation of the oncogene. After the onset of cancer, a generic cell undergoes mechanical changes: it divides quickly, and it starts migrating. Both phenomena require a modification in the cell structural phenotype, eventually modifying its rigidity. Chronic lymphocytic leukemia is a case in point: malignant B lymphocytes continuously traffic between peripheral blood and lymphoid tissues. Such frequent migrations require a change in the rigidity of cells. In this case, Atomic Force Microscopy can provide a nanomechanical approach allowing to measure the stiffness of single cells from patients with leukemia, which is slightly decreased if compared to rigidity of cells from healthy donors. This feature can also allow to observe the effect of targeted therapies on the cells, evaluating their effect from a mechanical point of view.
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Cece, Giovanna. "Studi strutturali su ferroportina umana." Doctoral thesis, Università degli studi del Molise, 2014. http://hdl.handle.net/11695/66369.

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Abstract:
Ferroportin is a polytopic membrane protein of 62.5 kDa that exports ferrous iron from specialized body cells into the bloodstream. To date, it is the only known iron exporter in mammals. At the systemic level, ferroportin is regulated with a negative post-translational mechanism operated by hepcidin, a peptide secreted by the liver in response to increased levels of body iron, which binds ferroportin causing its internalization and lysosomal degradation (Nemeth et al., 2004). Ferroportin is therefore an important regulator of intracellular and systemic iron. Mutations in the gene encoding ferroportin (SLC40A1) cause the iron overload disease type IV hereditary hemochromatosis (HH) or "ferroportin disease" characterized by autosomal dominant inheritance. Ferroportin disease usually presents as one of two different phenotypes. If the mutation results in a loss-of-function, patients display macrophage iron loading, high serum ferritin levels and normal to low transferrin iron saturation. In contrast to this classical phenotype, there are some gain-of-function mutations that do not affect the iron export ability of ferroportin, but result in a partial to complete resistance to hepcidin. Patients with mutations in this second category have a phenotype with features similar to those of the classical type of hemochromatosis. Specifically, the transferrin saturation is expected to be markedly elevated and iron accumulate mostly in parenchymal cells (Pietrangelo, 2006). The PhD work was focused on the study of ferroportin. To date, the ferroportin crystal structure has not yet been resolved and there is no information on the iron export mechanism. For the analysis of this complex membrane protein two different approaches were chosen: first, using bioinformatics techniques, a structural model of human ferroportin has been built and, on this basis, a mechanism of iron transport was hypothesized. The significance of the model was experimentally tested through iron export measurements in cells transfected with recombinant wild type and mutant ferroportin. In addition, a system for heterologous expression of ferroportin has been developed. The purpose was to produce enough protein, in a quantity higher than those so far obtained (Rice et al., 2009), which would provide the basis for the biochemical and structural characterization of ferroportin. Obviously, any attempt to disclose the three dimensional structure of ferroportin or the molecular mechanism of iron export, may be useful not only to explain the different pathological phenotypes associated to alterations of the transporter, but also to develop or improve the actual treatment of the ferroportin disease.
La ferroportina è una proteina politopica di membrana di 62,5 kDa che media l’esporto del ferro ferroso da cellule specializzate dell’organismo alla circolazione sanguigna. Ad oggi, è l’unica proteina deputata a svolgere questa funzione ad essere stata identificata nei mammiferi. A livello sistemico, la ferroportina è soggetta ad un meccanismo di regolazione negativa post-traduzionale operato dall’epcidina, peptide secreto dal fegato in risposta ad innalzamento dei livelli di ferro nell’organismo, che legandosi ad essa innesca un meccanismo di internalizzazione e degradazione proteica lisosomiale (Nemeth et al., 2004). La ferroportina rappresenta quindi un importante regolatore dei quantitativi di ferro intracellulari e sistemici dell’organismo. Mutazioni a carico del gene codificante per ferroportina (SLC40A1) sono causative di una sindrome da sovraccarico di ferro, denominata emocromatosi (HH) di tipo IV o “malattia da ferroportina”, caratterizzata da trasmissione autosomica dominante. L’HH di tipo IV si esplicita in due possibili fenotipi sulla base della alterazione funzionale che la proteina subisce. Se la mutazione produce una perdita di funzione si assiste ad accumulo di ferro a livello macrofagico, incremento dei livelli di ferritina sierica e si riscontrano normali valori di saturazione della transferrina. In contrasto a questa manifestazione fenotipica classica, ci sono alcune mutazioni a guadagno di funzione che non influenzano l’esporto del metallo attraverso il canale proteico, ma che determinano la produzione di ferroportina con parziale, o in alcuni casi completa, resistenza all’epcidina. I pazienti con mutazioni di questa seconda tipologia presentano un fenotipo patologico con tratti simili a quelli dell’emocromatosi di tipo classico. Nello specifico, si assiste a incremento dei livelli di saturazione della transferrina sierica e accumulo di ferro per lo più a livello parenchimale (Pietrangelo, 2006). Il lavoro di dottorato è stato incentrato sullo studio della ferroportina. Ad oggi infatti, la struttura cristallografica di questo trasportatore non è stata ancora risolta e mancano informazioni sul meccanismo messo in atto per l’esporto del ferro. Per l’analisi di questa complessa proteina di membrana sono stati scelti due differenti approcci: da un lato, è stato sviluppato, mediante tecniche di bioinformatica, un modello strutturale sulla base del quale è stato ipotizzato un meccanismo di trasporto del ferro, verificato attraverso la produzione e lo studio della funzionalità di mutanti ad hoc di ferroportina. Dall’altro lato, è stato messo a punto un sistema eterologo di espressione per ferroportina, indirizzato alla produzione di quantitativi proteici, maggiori di quelli osservati finora (Rice et al., 2009), che fornissero le basi per procedere alla sua caratterizzazione biochimica e strutturale. È evidente come qualsiasi studio volto all’identificazione della struttura proteica o del meccanismo di funzionamento di ferroportina, possa risultare utile anche alla comprensione dei fenotipi patologici associati alle alterazioni del trasportatore e allo sviluppo o al miglioramento delle attuali tipologie di trattamento della malattia da ferroportina.
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Guidi, Enrica. "Proprietà osteoinduttive di superfici micro e nano strutturate per l'implantologia ossea." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3424090.

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Abstract:
Bone replacement procedures can be used to replace missing teeth, for repairing bone defects and restoring bone structures. To obtain a functional and long-term repair, bone substitutes, composed of metal or synthetic materials, must firmly join to natural bone. This process, named osseointegration, is a consequence of the migration of undifferentiated cells from the host surrounding tissues to the prosthesis and their differentiation towards mature bone cells producing bone tissue that firmly anchor the implant in place. When cells fail to do this, a soft capsule surrounds the implant resulting in the dislodgment of the prosthesis or low quality repair. In the biological environment, the most of cells must adhere to a substrate to live and proliferate. Moreover, they are able sense the features of the bonding surface (e.g., roughness, geometry) and this can affect the differentiation pathway of cells thus leading to a different phenotype. To achieve a stable anchorage, mesenchymal stem cells (MSCs) must differentiate toward mature osteoblasts rather than connective tissue cell types. In light of these considerations, the aim of this project is to develop the technology to produce potentially transplantable osteoinductive devices for the replacement and the repair of bone defects. To achieve this purpose, the injection molding process was optimized to realize cylindrical micro- or nano-pillars on the scaffold surface. This technique has allowed to obtain a high degree of feature replication thus making the micro imprinting an effective and efficient technique that is extremely interesting from a commercial point of view. Subsequently, the osteoinductive properties of micro- and nanostructured surfaces were tested in vitro using bone marrow derived MSCs. At different time points various assays were performed in order to assess cell adhesion, morphology and cell viability. The analysis of cell differentiation was carried out through the evaluation of calcium deposition and the quantification of osteocalcin expression. Collectively, our data show that both micro- and nano-structured surfaces possess osteoinductive properties, allowing MSC differentiation without any inductive growth factors. In particular, a relationship between dimensional features of surface topography and differentiative potential has been noted. Indeed, the increase in pillar diameters and interpilllar distances leads to an enhancement of calcium deposition and OC expression. On the contrary, both micro- and nano-structured surfaces and their features seem to be uneffective on cell adhesion and proliferation. Further in vivo studies will be necessary to confirm the osteoinductive properties of the selected surface geometries and verify their osteointegration
Le procedure di sostituzione ossea vengono usate per impianti dentali e per correggere difetti strutturali di vario tipo. Per ottenere un riparo funzionale a lungo termine, i sostituti ossei, composti da materiali metallici o polimerici, devono unirsi in modo stabile al tessuto del paziente. Questo processo, chiamato osteointegrazione, è una conseguenza della migrazione di cellule indifferenziate dal tessuto circostante all'impianto e della loro differenziazione in cellule mature (osteoblasti) che, producendo tessuto osseo, ancorano l'impianto in modo duraturo. Se questo non accade, si ottiene un riparo di bassa qualità funzionale con possibilità di spostamento della protesi. Nel nostro organismo, la maggior parte delle cellule deve aderire ad un substrato per vivere e proliferare ed è noto che le cellule sono, inoltre, in grado di rispondere alle caratteristiche delle superfici di adesione (per es. rugosità, geometria), attivando al loro interno programmi differenti che determinano il tipo cellulare. A partire da queste considerazioni, questo lavoro si è proposto di realizzare bioprotesi tridimensionali, utilizzabili nell'implantologia ossea. A tal fine, è stato ottimizzato il processo di stampaggio ad iniezione con formazione di pillar cilindrici di dimensioni micro o nano. Tale processo ha permesso di ottenere un elevato grado di replicazione delle caratteristche di superficie rendendo il microstampaggio, una tecnica efficace, efficiente ed estremamente interessante da un punto di vista commerciale. Le proprietà osteoinduttive delle superfici micro e nanostrutturate sono state, successivamente, verificate in vitro utilizzando cellule staminali mesenchimali da midollo osseo umano. A diversi intervalli di tempo, sono stati valutati l'adesione e la crescita cellulare e il differenziamento osteogenico attraverso la determinazione della deposizione di sali di calcio e l'espressione dell'osteocalcina. Collettivamente, i dati raccolti dalla sperimentazione in vitro, hanno evidenziato che le superfici sia micro che nanostrutturate posseggono proprietà osteoinduttive, permettendo la differenziazione delle MSC in assenza di fattori di crescita induttivi. In particolare, è stata evidenziata una relazione tra caratteristiche dimensionali della geometria superficiale e potenziale differenziativo. Infatti, l'aumento del diametro dei pillar e dell'interasse si traduce in un incremento della deposizione di sali calcio e dell'espressione di OC, marker tardivo della differenziazione osteogenica. Al contrario, le superfici nano e microstrutturate e le loro caratteristiche dimensionali non sembrano avere effetti sull'adesione e proliferazione cellulare. Ulteriori studi in vivo saranno necessari per confermare le proprietà osteoinduttive delle geometrie selezionate con il presente lavoro e verificarne l'osteointegrazione
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Paolisi, Benedetta. "Struttura degli organi linfoidi nei Cetacei." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amslaurea.unibo.it/8964/.

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Abstract:
I dati riportati in letteratura relativi alla struttura degli organi linfoidi dei Cetacei sono scarsi, talvolta discordanti e riferiti solo ad alcune specie. Per questo motivo è stato condotto il presente studio che ha utilizzato il tursiope (Tursiops truncatus) come specie di riferimento. In particolare, in tre soggetti di tursiope è stata analizzata, mediante l’ausilio di specifici software di analisi dell’immagine, la struttura dei seguenti organi linfoidi: timo, milza e linfonodi. Il timo, analogamente a quanto si osserva negli altri Mammiferi, si presenta come organo lobulato. In ciascun lobulo è possibile individuare due zone: la corticale e la midollare. A differenza di quanto si osserva nell’Uomo, è interessante sottolineare come nella midollare di ciascun lobulo non sia mai stata osservata la componente fibrillare. E’ possibile ipotizzare che tale differenza sia dovuta ad eventi connessi con l’organogenesi del timo. Nel tursiope il rapporto cortico/midollare non mostra differenze rispetto a quanto si osserva in altri Mammiferi. La milza del tursiope mostra caratteristiche strutturali simili a quelle osservate in altri Mammiferi. Nel tursiope, rispetto ad altri Mammiferi (Equidi, Ruminanti, Suidi e Carnivori), la quantità di polpa bianca, sul totale della polpa splenica, appare decisamente inferiore (5% vs 30%). Dal momento che le dimensioni della milza non sono particolarmente evidenti, anche la polpa rossa, se rapportata alle dimensioni dell’animale, non si presenta abbondante come in altre specie. Tale dato indica come la milza del tursiope, analogamente a quanto si osserva nell’Uomo e nei Roditori, non svolge alcuna funzione di deposito del sangue. I linfonodi di tursiope sono, tra gli organi linfoidi esaminati, quelli che mostrano le maggiori differenze strutturali rispetto a quelli di numerosi altri Mammiferi (eccezion fatta per il maiale). I noduli linfatici ed il tessuto internodulare sono, infatti, posti sia nella parte superficiale che in quella profonda del linfonodo. Tale aspetto non consente di identificare la zona paracorticale e di definire una precisa delimitazione topografica tra corticale e midollare. Il rapporto tra noduli linfatici e tessuto internodulare indica come nel linfonodo di tursiope sia più diffuso il tessuto internodulare che, a differenza del nodulo linfatico (area B-competente), contiene anche territori T-competenti.
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Ruggeri, Barbara. "Espressione batterica e caratterizzazione dei determinanti strutturali dell'attività biologica della proteina PcF da Phytophthora cactorum." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2009. http://hdl.handle.net/11566/242365.

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Marangi, Giovanni. "Teoria dei network applicata alle strutture proteiche." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018.

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Abstract:
Le proteine sono sempre state un sistema di difficile caratterizzazione scientifica: a metà strada tra sistemi biologici e sistemi chimici, non possono essere considerate biologicamente "vive" singolarmente e sono formate da catene lineari di combinazioni di 20 polimeri diversi tra loro con scarsa evidenza di periodicità. Analizzandone l'evoluzione e i comportamenti, si sono osservati dei fattori cruciali che determinano maggiormente le loro funzioni e il corso della loro vita biologica. Tali fattori fanno parte di un modello, chiamato Protein Contact Network (PCN), basato esclusivamente sui contatti che costituiscono la struttura proteica. È relativamente recente il suo utilizzo sullo studio delle proteine. La teoria, a partire da rilevamenti sperimentali delle coordinate atomiche 3D dei costituenti fondamentali della proteina, costruisce dei grafi che, progressivamente adattati al sistema in esame, delineano una serie di proprietà utili alla caratterizzazione dello stesso. A discapito di ciò, bisogna considerare che l'ampia versatilità della teoria dei grafi nelle proteine rappresenta sia il pregio che il difetto della stessa, in quanto occorre necessariamente trovare delle misure invarianti da grafo a grafo per poter comparare i risultati. L'elaborato, dunque, si propone di chiarire, attraverso un introduzione alla teoria dei grafi e alla struttura biologica delle proteine, i metodi sperimentali e i risultati dell'interpretazione a rete della proteina.
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Books on the topic "Biologia Strutturale"

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Vilma, Alberani, Masciotta Ofelia, and Associazione italiana biblioteche, eds. Biblioteche biomediche di Roma: Guida alle strutture organizzative e alle risorse bibliografiche. Milano: Bibliografica, 1986.

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Convegno La creatività, biologia, psicologia, struttura del processo creativo (2019 Rome, Italy). Convegno La creatività: Biologia, psicologia, struttura del processo creativo : (Roma, 12-13 marzo 2019). Roma: Bardi edizioni editore commerciale, 2020.

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Azzone, G. F. Biologia e medicina tra molecole, informazione e storia: Logica delle spiegazioni e struttura del pensiero. Roma: Laterza, 1991.

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Conference papers on the topic "Biologia Strutturale"

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Zocchi, Angela Maria, and Barbara Raggiunti. "Il territorio tra rigenerazione e riconoscimento." In International Conference Virtual City and Territory. Roma: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7901.

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Abstract:
Da tempo, nelle analisi delle trasformazioni dello spazio e della tutela dell’ambiente, si ricorre all’uso di metafore; ad esempio, quella della rigenerazione che, in quanto metafora “biologica”, evoca anche interventi di tipo “terapeutico”. Scopo del nostro contributo è mettere a fuoco senso e significati della “rigenerazione”, facendo riferimento a specifici processi di ri-costruzione e re-interpretazione che hanno interessato il territorio abruzzese negli ultimi anni, a partire dal terremoto dell’aprile 2009 che ha distrutto il capoluogo de L’Aquila. Seguendo una struttura argomentativa centrata sulla dicotomia “recupero versus ricostruzione”, e coniugando prospettiva teorica e ricerca empirica, l’articolo propone una riflessione su alcune pagine di un “classico” della sociologia – La memoria collettiva di Maurice Halbwachs – mettendole in relazione con evidenze empiriche emerse da una recente ricerca partecipativa sui bisogni sociali rilevati all’interno del progetto C.A.S.E. (Complessi Antisismici Sostenibili ed Ecocompatibili) di Assergi, in provincia de L’Aquila. Esplorando, poi, il possibile nesso tra riconoscimento e rigenerazione del territorio, le Autrici richiamano l’attenzione sul processo di re-interpretazione, in chiave bioclimatica, bioedilizia e antisismica, delle cosiddette case di terra, vere e proprie architetture della memoria, presenti in diverse Regioni italiane, tra le quali anche l’Abruzzo. La riflessione su alcune dinamiche di rivalutazione e di riappropriazione dello spazio, costituisce l’occasione per mettere a fuoco una diversa dimensione del costruire che, tra paesaggio e memoria, intende proporsi come strumento fondamentale per la realizzazione di una buona qualità della vita. It’s long since, in the analysis of environment and space transformation, researchers have used metaphors such as that of “regeneration”, a biological metaphor that evokes therapeutic interventions as well. The aim of our contribution is to focus on the sense and meaning of “regeneration” by referring to the specific processes of re-construction and re-interpretation that have concerned Abruzzo in the last years, starting from April 2009 earthquake that destroyed the city of L’Aquila. The following paper will deal with the dichotomy “recovery versus reconstruction” through the combining of the theoretical perspective of Maurice Halbwachs and the empirical research of the social needs observed in the C.A.S.E. Project of Assergi (L’Aquila). Then, by exploring the possible connection between territory recognition and regeneration, the authors will refer to the process of re-interpretation of the bioclimatic, bio-constructive and antiseismic built in earth houses, which are present in Abruzzo as well as in a number of other Italian regions. The analysis of some space reevaluation and re-appropriation dynamics will give us the opportunity to focus upon a different building dimension, between landscape and memory, that wants to be proposed as a fundamental instrument for the amelioration of life.
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