Dissertations / Theses on the topic 'BIOLOGIA AMBIENTALE'

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1

FERNETTI, MICHELE. "VALUTAZIONE DI UNITA' OPERATIVE GEOGRAFICHE (OGU) IN AMBIENTE GIS MEDIANTE INDICI DI VALUTAZIONE BASATI SU PARAMETRI AMBIENTALI DISPONIBILI A PICCOLA SCALA (1:250.000)." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2004. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12500.

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2

VERTOVEC, MORENO. "LA DESERTIFICAZIONE NELLE AREE MEDITERRANEE: SVILUPPO DI UN METODO DI MONITORAGGIO BASATO SULL'ECOFISIOLOGIA DELLE PIANTE." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2001. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12925.

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Abstract:
1999/2000
La Parte Generale del presente lavoro descrive le peculiarità climatiche delle zone a clima mediterraneo nel mondo ed, in particolare, del Bacino Mediterraneo. Di tale area viene presentata la problematica del degrado ambientale, quale concausa di fattori climatici ed antropici, che possono esercitare sulla vegetazione trasformazioni più o meno reversibili. La pressione ambientale esercitata dall'attività umana, dal pascolo e dagli incendi fin dalle epoche protostoriche, rispecchia i tipi vegetazionali presenti nel Mediterraneo, consistenti prevalentemente nella macchia e, quale aspetto più 'antropizzato' della vegetazione, nella landa (che prende il nome di gariga, phrygana o batha, a seconda del paese). Oltre ai fattori ecologici, viene fatto accenno ai fattori corologici, che caratterizzano l'intera regione quale area ad elevata biodiversità specifica. Le specie vegetali viventi nel Bacino Mediterraneo presentano particolari meccanismi di adattamento allo stress da aridità, fenomeno comune nell'area, e peculiari caratteristiche morfo-fisiologiche, che vengono delineate nel presente lavoro, soprattutto in riferimento al bilancio idrico tra suolo, pianta ed atmosfera. In riferimento alle metodologie di ricerca, vengono descritti i più importanti parametri ecofisiologici rilevati in campo su individui delle singole specie e la loro applicazione inerente alla problematica dello scaling-up a livello vegetazionale. Inoltre, vengono descritti i principi di base del telerilevamento nello studio della riflettanza della vegetazione, le relative applicazioni ecologiche e le potenzialità di integrazione delle stesse a livello ecofisiologico. La Parte Speciale riporta i risultati delle misure relative alla conduttanza stomatica (gL), al contenuto relativo d'acqua (RWC) ed al potenziale dell'acqua ('PL) delle foglie rilevati su tre specie dominanti (Ceratonia siliqua L., Quercus coccifera L., O/ea oleaster HOFFMGG. ET LINK) in quattro zone costiere della Turchia a clima stenomediterraneo. Tali aree sono caratterizzate da diverse percentuali di copertura vegetale e riferite di conseguenza a diversi stadi di degrado ambientale. E' stata così definita un'area "sana" (sito H - Healthy), prowista di abbondante vegetazione, e confrontata con le tre aree definite 'degradate' (siti 01, 02 e 03 - Degraded) a coperture vegetali progressivamente decrescenti. Dalle serie temporali giornaliere di 'PL sono stati ricavati i valori di impatto dello stress idrico sulle specie (WSIS - Water Stress lmpact on Species), ottenuti dall'integrazione della funzione 'PL(t), interpolante le successioni giornaliere di potenziale dell'acqua. Ceratonia siliqua e Quercus coccifera hanno fornito valori simili di WSIS, con un significativo incremento a partire dal sito H al sito 03. O/ea oleaster è risultata molto sensibile sia allo stress da aridità estivo che alle differenti situazioni di degrado dei quattro siti. L'impatto dello stress idrico è stato successivamente esteso dal livello di specie al livello di vegetazione (WSIV - Water Stress lmpact on Vegetation) utilizzando la relazione WSIV=LsWSISs·(1-fs), dove fs rappresenta le frequenze relative delle specie studiate nei quattro siti. Il WSIV è risultato un indicatore molto sensibile nei confronti dell'impoverimento della vegetazione ed ha evidenziato alte correlazioni con le densità vegetali, stimate sia con rilievi fitosociologici in campo, che dagli indici NDVI elaborati su immagini telerilevate da satellite NOAA-14.
XIII Ciclo
1967
Versione digitalizzata della tesi di dottorato cartacea.
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3

SKERT, NICOLA. "IL BIOMONITORAGGIO AMBIENTALE TRAMITE LICHENI COME BIOINDICATORI: STUDIO METODOLOGICO ED APPLICATIVO DEL NUOVO PROTOCOLLO ANPA." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2003. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12710.

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Abstract:
2001/2002
La presente tesi di ricerca si basa sull'utilizzo applicativo e sull'analisi critica di una nuova metodologia per l 'uso di licheni come bioindicatori di gas fitotossici. La metodica si basa essenzialmente sul rilevamento della biodiversità di licheni epifiti e sulla sua interpretazione in termini di alterazione dello stato dell'aria. Nell'anno 2000, durante un workshop internazionale tra ricercatori ed operatori del settore, è stato promosso un nuovo protocollo di rilevamento il cui scopo è superare gli elementi di soggettività insiti in quelli precedentemente adottati. Il protocollo è stato recentemente recepito dal' ANP A (Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente) ed è stato saggiato nel presente studio. Esso si divide in una parte metodologica ed una applicativa.Si riportano i risultati del lavoro di ricerca inteso a verificare l'applicabilità del nuovo protocollo di rilevamento della biodiversità lichenica per scopi di biomonitoraggio ambientale. Il protocollo, sviluppato da operatori e ricercatori del settore nel corso di un workshop internazionale n eli' estate 2000, è stato adottato recentemente dali' ANP A (Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente). La metodica di rilevamento riportata nel protocollo è stata confrontata con quella precedentemente adottata in Italia. Le due metodiche (di seguito citate come metodica "Nuova" per la più recente, metodica "Vecchia" per la precedente) differiscono profondamente per le caratteristiche del reticolo di rilevamento della diversità lichenica e per il suo posizionamento sul tronco d'albero. Il reticolo "Nuovo" è costituito da quattro subunità, ognuna delle quali costituita da 5 celle di dimensioni l Ox l O cm, da posizionare in corrispondenza dei punti cardinali dell'albero. Questo permetterebbe di superare la soggettività insita nella metodica "Vecchia" dal momento che il reticolo di rilevamento, costituito da l O celle di l Ox 15 cm, veniva posizionato arbitrariamente dali' operatore nel punto di massima densità lichenica. Le due metodiche sono state testate in 61 stazioni di campionamento in due diverse aree del Friuli - Venezia Giulia e della Slovenia, caratterizzate da condizioni climatiche simili ed ampio range di pressione antropica. I due set di dati sono stati sottoposti a test di regresswne lineare. Essi sono significativamente correlati, tuttavia i dati ottenuti dalle due metodiche non sono direttamente comparabili (e quindi convertibili) dal momento che esse analizzano aspetti diversi delle comunità licheniche presenti nei reticoli di rilevamento. I rilievi fioristi ci eseguiti in aree ritenute "naturali" (ovvero pnve di evidenti fenomeni di inquinamento), ottenuti con entrambe le metodiche in 11 stazioni, sono stati sottoposti ad analisi multivariata al fine di individuare eventuali gradienti florisitici, nonché per verificare la dispersione dei valori di diversità lichenica in aree ritenute naturali. I risultati indicano una buona coerenza interpretativa dei dati fitosociologici ottenuti dalle due metodiche. I risultati indicano anche che le situazioni ritenute altamente naturali non sono necessariamente correlate ai massimi valori di diversità lichenica. Dall'analisi è emersa una certa variabilità dei valori dovuta principalmente ai tipi vegetazionali. Le comunità di Parmelion presentano valori di diversità inferiori rispetto a quelle di Xanthorion, se calcolati con la metodica "Nuova". La metodica "Vecchia" non rivela particolari differenze tra i due tipi vegetazionali, seppur si noti maggiori valori di diversità lichenica per comunità di transizione. Tale variabilità, distinta tra le due metodiche, può essere imputabile anche alle diverse caratteristiche dei reticoli di rilevamento. I dati ottenuti sono stati utilizzati per costruire una nuova scala di interpretazione della biodiversità lichenica, in termini di alterazione dello stato dell'aria, per la regione bioclimatica submediterranea nord-adriatica. La scala si basa essenzialmente sull'interpretazione dei valori di diversità licheni ca in condizioni naturali ed in condizioni di "alterazione" (deviazione dalla naturalità). La scala, come quella precedentemente utilizzata in Italia, è divisa in sette classi delimitate da specifici valori di biodiversità lichenica, che esprimono il grado di deviazione da condizioni naturali identificando eventuali stati di alterazione ambientale. Durante la fase di campionamento e nelle successive elaborazioni dei dati, sono state individuate le seguente differenze tra le due metodiche. l) Il tempo richiesto da due operatori per rilevare una stazione di campionamento con la metodica "Nuova" sino a due volte superiore rispetto alla metodica "Vecchia". Questo è dovuta a due principali fattori: • la nuova metodica di rilevamento è basata su quattro rilievi floristici per albero invece di uno solo, pari ad un incremento di superficie di rilevamento del 35 % • il posizionamento del reticolo "Vecchio" nel punto di masstma copertura riduceva la possibilità di trovare talli lichenici poco sviluppati o deteriorati, la cui determinazione è difficile e richiede molto più tempo. La metodica "Nuova" costringe più spesso a rilevare zone del tronco con una flora deteriorata e talli poco sviluppati. 2) La metodica "Nuova" richiede maggiori conoscenze floristiche delle specie. Come già accennato, essa costringe più frequentemente a rilevare talli malamente o poco sviluppati, di difficile riconoscimento tassonomico. La metodica "Vecchia" invece consentiva di rilevare nei punti di massima copertura, che spesso coincidono con un migliore sviluppo dei talli licheni ci. 3) Le due metodiche forniscono informazioni floristiche comparabili. Tuttavia l'elevato numero di dati prodotti dalla metodica "Nuova", quattro volte superiori a quella "Vecchia", rende le elaborazioni statistiche e multivariate eccessivamente laboriosi per scopi di biomonitoraggio ambientale. Concludendo, il nuovo protocollo di campionamento si dimostra un valido metodo per valutare la diversità lichenica. Il suo maggior punto di forza è indubbiamente la oggettività di esecuzione. Il margine d'errore dell'operatore viene ridimensionato e "ridotto" esclusivamente alla capacità di riconoscimento delle specie licheniche. Il metodo è quindi appropriato per studi routinari di biomonitoraggio ambientale.Si presentano i risultati dello studio di biomonitoraggio ambientale tramite licheni come bioindicatori di inquinamento da gas fitotossici, commissionato nell'agosto del 2001 dalla Provincia di Gorizia al Dipartimento di Biologia dell'Università degli Studi di Trieste. La ricerca è stata eseguita nel comprensorio transfrontaliero costituito dai comuni di Gorizia (I), Nova Gorica (Slo) e Sempeter-Vrtojba (Slo ), per un totale di 31 stazioni di campionamento. Il presente lavoro è uno dei primi in Italia in cui si adotta il nuovo protocollo promosso dali' ANP A per studi di biomonitoraggio tramite licheni. Esso rappresenta inoltre un primo esempio italiano di collaborazione transfrontaliera nell'ambito di studi di biomonitoraggio ambientale. I risultati sono riassunti come segue: • La flora dell'area di studio, moderatamente ricca, e la presenza di specie sensibili all'inquinamento indicano uno stato di buona naturalità, dovuta ad una moderata pressione antropica che si identifica con attività agricole non intensive, attività industriali non consistenti e un tessuto urbano lasso, escludendo l'agglomerato urbano di Gorizia-Nova Gorica. • La bassa frequenza di specie comuni nella fascia fitoclimatica considerata, indica la presenza di fattori di disturbo di probabile origine antropica. • I valori di Biodiversità Lichenica sono medio alti in tutta l'area di studio, con un progressivo deterioramento avvicinandosi alla sua porzione centrale dove si fondono i tre maggiori centri urbani: Gorizia, Nova Gorica e Sempeter. Come da risultati del presente studio, si suggerisce di non sottovalutare nell'interpretazione della diversità lichenica in termini di alterazione ambientale, il fattore di disturbo rappresentato dallo stress igrico cui le specie possono essere sottoposte in ambiente urbano. • Le fasce di maggiore alterazione dello stato dell'aria seguono i regimi prevalenti dei venti e la morfologia del territorio, suggerendo fenomeni di deriva di gas fitotossici da fonti esterne al territorio considerato. Le ristrette dimensioni dell'area indagata non consentono di fornire informazioni più dettagliate su natura ed ubicazione di queste fonti inquinanti.
XV Ciclo
1972
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4

LORENZON, SIMONETTA. "SVILUPPO DI METODI DI VALUTAZIONE DEI MECCANISMI E DELLE VARIAZIONI ORMONALI NEI CROSTACEI IN SEGUITO A STRESS AMBIENTALI." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2003. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12709.

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5

ORTOLAN, IRENE. "BIOMONITORAGGIO DELLA DIVERSITA' VEGETALE DIFFUSA IN UNITA' DI PAESAGGIO AD ALTA ALTERAZIONE AMBIENTALE CON L'AUSILIO DI G.I.S. E REMOTE SENSING." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2004. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/13056.

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6

MARTELLOS, STEFANO. "STRUMENTI PER LA IDENTIFICAZIONE INTERATTIVA DELLE PIANTE D'ITALIA." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2005. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/13062.

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7

TEMPESTA, MILENA. "ANALISI DEGLI INDICATORI DI IMPATTO AMBIENTALE DELLE ATTIVITA' DELLA RISERVA MARINA DI MIRAMARE STABILITI AL FINE DELLA CERTIFICAZIONE EMAS." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2005. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/13086.

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Abstract:
2003/2004
La Riserva Marina di Miramare, prima area marina protetta italiana istituita dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio nel 1986, è stata oggetto di un percorso di certificazione ambientale secondo lo schema comunitario di ecogestione e audit EMAS (Reg. CE 761 /2001 ). Si sono perciò implementate una serie di analisi e di metodologie allo scopo di adeguare ad una realtà territoriale una procedura che era nata inizialmente per le realtà produttive. Inoltre si è voluto non solo dare un peso agli impatti negativi che potevano derivare dalle attività di gestione ma anche dare risalto a quegli impatti che hanno invece valenza positiva che sono alla base dell'azione di conservazione. L'analisi ambientale iniziale (AAI) effettuata ha avuto proprio lo scopo di mettere in evidenza e in qualche modo quantificare quelli che potevano essere gli aspetti che si traducevano in impatti e quindi stabilire quali fossero le azioni da intraprendere al fine di tenere sotto controllo gli impatti stessi. A seguito dell'avvenuta certificazione ambientale EMAS, si è quindi avviato un programma di monitoraggio allo scopo di analizzare criticamente gli obiettivi ritenuti prioritari dall'Ente Gestore e come tal i indicati nel documento di Dichiarazione Ambientale convalidato dall'Organo nazionale di certificazione. L'obiettivo indagato è stato quello legato alla fruizione didattica in Riserva, a seguito di attività di visita da parte delle scolaresche che insistono su una spiaggetta a ciottoli e ghiaia all'interno della zona di riserva integrale dove svolgono osservazioni degli organismi della zona di marea. Una porzione di questa area delle dimensioni di 1 mq è stata chiusa alla fruizione in modo da valutarne le eventuali differenze nei popolamenti rispetto al resto della spiaggia. Si è avviata cos1 una fase di campionamento della presenza e della abbondanza delle specie su di una superficie campione di 50x100 cm posizionata all'interno dell'area chiusa, denominata "Blank", e all'esterno della stessa nell'ambito della parte di spiaggia destinata alle visite, stazione indicata come "Didattica". Un ulteriore sito di controllo è stato individuato presso la località di S. Croce dove si trova una spiaggia dalle caratteristiche morfologiche simili a quelle dell'area di studio. Secondo quando riportato nella Dichiarazione Ambientale della Riserva Marina, l'aspetto Presenza Antropica, che comporta un impatto definito come "Degrado delle Condizioni Ambientali", deve essere tenuto sotto controllo valutando preventivamente gli impatti e monitorando sistematicamente le attività di fruizione. L'indicatore stabilito è l'indice di diversità di Shannon i cui valori devono essere superiori a 1,5. Questo valore soglia presente in DA è stato ricavato da letteratura in quanto, dall'analisi bibliografica svolta è risultato che studi specifici sulla zona di marea sono piuttosto riferiti ad ambienti marini nordeuropei, mentre dati riscontrabili per il Golfo di Trieste non sono reperibili tra le pubblicazioni scientifiche. Dai campionamenti effettuati tra l'inizio di agosto 2004 e la metà di febbraio 2005 si sono identificati 34 taxa diversi alcuni riconosciuti a livello di specie ed altri invece a livello sistematico superiore. Il riconoscimento, infatti, è avvenuto a vista direttamente sul sito di campionamento e quindi per alcuni organismi l'identificazione specifica è risultata impossibile. Gli organismi animali sono stati contati laddove possibile, mentre per quelle specie sessili che possono avere raggruppamenti di moltissimi individui, si è fatto un conteggio stimato sulla copertura. La zona monitorata è stata quella fascia che viene scoperta dagli eventi di bassa marea di almeno 40 cm e i campionamenti si sono svolti ad ogni bassa marea "utile" se le condizioni meteo-marine lo permettevano (circa ogni 15 giorni/1 mese). Dal calcolo dell'indice di Shannon sulle singole stazioni nei diversi periodi di osservazione si è visto come il valore sia soggetto a fluttuazioni probabilmente dovute anche alla stagionalità e non sembra essere l'unico elemento in grado di discriminare tra la zona chiusa alle attività e la zona fruita. I suoi valori si attestano attorno a 1,5 anche se in alcuni casi scendono sotto questa soglia. Per definire meglio le aree si è quindi affiancato all'indice di diversità di Shannon un'analisi sulle specie usando i criteri dell'analisi multivariata. Dalla classificazione gerarchica dei cluster si è subito evidenziato come i campionamenti del sito di S. Croce siano molto diversi da quelli dei siti di Miramare. Andando ad osservare le specie e le abbondanze rinvenute si nota come alcune specie sessili, quali ctamali e mitili, che sono caratterizzanti per le stazioni di Miramare non lo siano per S. Croce. Il sito quindi, pur morfologicamente simile, non presenta un popolamento confrontabile tanto che non è stato preso in considerazione nelle analisi successive. Dato che dal dendrogramma ottenuto sulle stazioni analizzate in toto non si evidenziano differenze tra l'area didattica e l'area di bianco, si è deciso di scendere ad una scala più fine visto che il substrato di campionamento incoerente fa sì che ci siano delle evidenti diversità all'interno del campione stesso. La metodologia di raccolta dati ha consentito, infatti, di dividere l'area campionata in 8 sottoaree codificate con un codice alfanumerico dal A 1 a D2. Il lato del quadrato di campionamento indicato con la lettera A è stato sempre rivolto verso la parte più vicina al mare e di conseguenza il lato opposto, indicato con la lettera D, indica sempre il lato più lontano dalla linea di marea. L'analisi delle componenti principali svolta sulla tabella riorganizzata per sottoquadrati ha evidenziato come nell'area chiusa tutte le stazioni dello stesso tipo si raggruppano mantenendo nel tempo una costanza nella macrostruttura di campionamento e substrato. Nel sito di fruizione didattica, invece, il raggruppamento è evidente solo per le stazioni più prossime al mare mentre per le altre sono più confuse. Questo potrebbe stare a significare che il calpestio e il rimescolamento dei ciottoli a seguito delle attività di visita comporta una modificazione, seppure di entità limitata nello spazio e nel tempo, della distribuzione delle specie. Analogo risultato si ottiene analizzando le sole specie sessili che quindi sembrano essere da sole descrittive del campione, mentre questo non awiene con le specie mobili. Al fine di poter migliorare lo sforzo di campionamento si potrebbero quindi prendere in considerazione solo le specie sessili anche se dall'analisi dei ranghi si nota come servano a distinguere la zona Blank da quella Didattica anche alcune specie mobili come gli anfipodi e il decapode Porcellana platycheles che vanno quindi incluse nel campionamento. I diagrammi di rango/ abbondanza ottenuti dalla tabella condensata dei campionamenti nelle due stazioni, indicano che entrambi i siti sono caratterizzati da una comunità in cui prevalgono poche specie mediamente dominanti che ne delineano lo struttura seguite da molte specie a scarsa abbondanza che ne determinano la diversità. Le curve di rarefazione costruite per i due siti indicano che si tratta di comunità sostanzialmente stabili e ben strutturate. Questa considerazione assieme al fatto che il valore medio dell'indice di Shannon si mantiene comunque intorno a valori di 1,5, fa supporre che il disturbo sugli organismi dovuto alle scolaresche in visita presso la zona di marea sia comunque limitato e di breve durata con una ripresa della comunità nell'arco di poche settimane. I monitoraggi vanno però mantenuti nel tempo al fine di abbracciare un periodo di tempo più lungo, utile ad evidenziare eventuali fluttuazioni stagionali. La parte finale dello studio ha interessato la descrizione della rete trofica della Riserva di Miramare utilizzando un software per la costruzione di modelli a bilancio di massa chiamato Ecopath with Ecosim (www.ecopath.org) e ideato dai ricercatori del Fisheries Centre dell'Università della British Columbia, Vancouver Canada. Il modello preliminare implementato con i dati disponibili in letteratura e ottenuti dai monitoraggi effettuati presso la Riserva durante il mese di settembre 2003, ha portato alla definizione di 18 gruppi funzionali dei quali sono stati inseriti la biomassa, la dieta, e alcuni parametri qual i i rapporti produzione su biomassa, consumo su biomassa, respirazione, mortalità, ecc. Alcuni di questi valori sono indispensabili in input mentre alti vengono stimati dal modello stesso. Una volta definita la rete trofica si sono applicati alcuni indici che possono dare una valutazione del grado di maturità sensu Odum (1969) del sistema oltre che individuare i flussi di biomassa e di energia tra i gruppi funzionali. Inoltre è possibile anche cercare di dare indicazioni sui parametri inseriti e sulla sensibilità dei valori stimati oltre che sulle specie che più di altre sono in grado di modificare il sistema e che quindi vanno indagate a fondo allo scopo di avere dei dati in entrata il più possibile accurati. Uno degli indici di maturità del sistema è quello legato al rapporto tra biomassa totale e flussi totali nel sistema: quanto più si discosta da zero il suo valore tanto più maturo è il sistema. Secondo i dati inseriti per la Riserva di Miramare questo indice ha un valore di 0,022 che sta ad indicare che l'ecosistema ha ancora capacità di crescita. La valutazione sull'indice di onnivoricità del sistema individua invece un sistema caratterizzato da molti predatori di alto livello e l'aggregazione trofica ottenuta condensando i flussi di biomassa e di energia individua 5 livelli trofici con una efficienza di trasferimento di energia tra i livelli superiori che si attesta ben al di sotto del teorico 10% indicato da Lindeman (1942), soglia ritenuta però sovrastimata da molti autori. Questo dato indicherebbe una certa maturità del sistema descritto. L'analisi sugli impatti trofici che si ottengono incrociando tra loro i singoli gruppi, mostra come ci siano degli impatti diretti negativi tra il predatore e le prede di cui si nutre e degli impatti diretti positivi contrari, cioè dovuti alla maggiore disponibilità di prede verso i consumatori. Inoltre essa è in grado di evidenziare anche quali siano i gruppi che hanno un impatto complessivo sul sistema. Nel caso di Miramare si tratta di Sciaena umbra, policheti, mesozooplancton e bivalvi tutti taxa che, nonostante una biomassa quantitativamente limitata, sono comunque anelli indispensabili per sostenere la rete stessa. Si tratta di gruppi che, secondo i risultati di questa applicazione preliminare, svolgono un ruolo chiave nella rete alimentare modellizzata e possono alterarla in modo considerevole qualora la loro biomassa cambiasse. Per questo motivo i loro parametri in input (B, P/B, Q/B) dovrebbero essere noti con la maggior precisione possibile in quanto tutta la rete ne risulta influenzata più che dalle variazioni che ne possono venire da modifiche di parametri di altri gruppi funzionali. Il modello risulta fortemente indirizzato dai dati iniziali inseriti anche se l'esercizio che si è voluto fare è stato quello di utilizzare questa applicazione soprattutto per capire e mettere in evidenza le potenzialità dello strumento, cercando di individuare gli eventuali nuovi dati o parametri importanti per una rappresentazione modellistica accurata e conseguentemente evidenziando i comparti biologici su cui potenziare gli sforzi per una maggior conoscenza e coerenza nella descrizione del sistema senza tralasciare di mettere in risalto le difficoltà pratiche nell'implementazione di questo tipo di modelli.
XVII Ciclo
1968
Versione digitalizzata della tesi di dottorato cartacea.
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8

NAPOLITANO, ROSSELLA. "ANALISI DELLE METODOLOGIE PER LA STIMA DELLA BIOMASSA IN AREE TEMPERATE E TROPICALI." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2005. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/13107.

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Abstract:
2003/2004
La vegetazione, assteme all'atmosfera e agli oceani, è uno dei maggiori fattori che influenzano i cambiamenti climatici. Per avere la possibilità di descrivere e predire cambiamenti climatici a lungo e a breve termine è necessario effettuare un monitoraggio continuo dello stato della vegetazione. Essa, infatti, può essere considerata sia come un indicatore dello stato e della dinamica di un sito, sia come indicatore dei cambiamenti avvenuti nel tempo. Il monitoraggio implica la conoscenza di alcuni parametri chiave, come ad esempio la quantità di biomassa e la conoscenza degli attributi strutturali e funzionali della vegetazione . . La stima della biomassa ha ricevuto negli ultimi anni notevole interesse, soprattutto in seguito al Protocollo di Kyoto, l'accordo internazionale del 1997 sui Cambiamenti Climatici, che prevede l'impegno per i paesi industrializzati di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra. La biomassa immagazzinata dalla vegetazione determina la quantità di carbonio che la vegetazione è in grado di assorbire e le emissioni potenziali di carbonio che si avrebbero nell'atmosfera se si deforestasse. Per quanto riguarda gli attributi strutturali e funzionali della vegetazione, essi sono influenzati dalle condizioni mic$:oclimatiche, dalla dinamica dei nutrienti, dall'attività degli erbivori e da molti altri fattori. La quantità di foglie contenute nella vegetazione è una delle caratteristiche principali che indicano gli effetti integrati di questi fattori. Di conseguenza l'indice di area fogliare (LAI) è un descrittore importante e basilare delle condizioni della vegetazione, utilizzato per una grande varietà di studi fisiologici, climatici, e biogeochimici ed è anche un indicatore dello stress delle foreste. Per il monitoraggio è necessario, inoltre, acquisire un certo grado di conoscenza sui tipi di vegetazione, sulla selezione di una scala adeguata (temporale e spaziale) e sulle tecniche appropriate. Considerando che i rilievi in campo spesso richiedono un considerevole onere in termini sia economici che di tempo, le tecniche del telerilevamento offrono una valida alternativa per l'analisi della vegetazione e per la stima della biomassa su vaste aree a costi e tempi d'esecuzione sensibilmente più contenuti. Gli indici spettrali della vegetazione sono ampiamente usati per la loro abilità nello stimare la biomassa verde e l'attività fotosintetica della vegetazione. Tali indici possono essere messi in confronto con le misurazioni in campo che sono necessarie per la validazione dei modelli prodotti con il telerilevamento. Uno degli scopi di questa tesi è il confronto tra diverse metodologie per la stima della biomassa Oegnosa e verde) per valutarne i pro, i contro, i possibili errori di misurazione e la loro applicabilità per studi di biomonitoraggio dell'alterazione ambientale. Le metodologie utilizzate per lo studio della biomassa legnosa sono state il taglio totale di alcune aree campione; l'applicazione delle equazioni allometriche (basate su diametro, altezza, area basale, area della chioma ecc.) per determinarne il volume (m3 /ha) e il peso (kg/ m2). Per la biomassa verde è stato effettuato un taglio delle foglie di un'area campione e sono stati utilizzati due strumenti non distruttivi per la stima indiretta del LAI: il LAI-2000 P/ant Canopy Anafyzer e la fotografia emisferica. È stata poi analizzata la correlazione tra i risultati ottenuti con i diversi strumenti e tra il LAI e gli indici spettrali di vegetazione del telerilevamento: NDVI (Normalized Difference Vegetation Index), RSR (Reduced Simple Ratio) e EVI (Enhanced Vegetation Index) dei satelliti MODIS (250x250m) e Landsat (30m). Dall'inversione delle equazioni tra il LAI e gli indici di vegetazione, sono state prodotte alcune mappe di LAI. Per questa tesi sono state analizzate diverse tipologie forestali del Friuli Venezia Giulia (faggeta, pecceta, piceo-faggeta, acero-frassineto, piceo-abieteto, ostrio-querceto, saliceto, betuleto, corileto , castagneto, rovereto, carpineto, rimboschimento, neocolonizzazione, pioppeto, ostrio-lecceta) e alcune tipologie vegetazionali del bacino del Rio Cachoeira, nello stato di Bahia, Brasile (pascolo, capoeira, cabruca, foresta). Un confronto effettuato tra i valori medi degli indici ottenuti (LAI con il LAI-2000 e con la foto emisferica, NDVI e RSR con il satellite Landsat, NDVI e EVI con il satellite MODIS) e le diverse formazioni forestali mette in evidenza che tutti gli indici considerati sono fortemente correlati con le fasi terminali della successione ecologica nelle diverse formazioni o con le situazioni a maggior umidità, come nel caso del caripineto e del corileto. Il fatto che la foresta tropicale si distingua dalle foreste della regione Friuli Venezia Giulia, può significare che il metodo di confrontare le associazioni vegetali sulla base di questi indici può mettere in evidenza non solo situazioni di maggiore o minore quantità di biomassa verde, ma anche situazioni diverse per quanto riguarda la struttura. Questa tesi di dottorato offre quindi una possibile procedura di monitoraggio del territorio basata sull'integrazione delle misure a terra con il telerilevamento. Il telerilevamento infatti fornisce l'unica via per ottenere il LAI su vaste aree. Le mappe di LAI, che derivano dalle immagini satellitari come quelle ottenute in questa tesi di dottorato, sono un'importante base per alcuni modelli di produzione degli ecosistemi dalla scala locale a quella globale, e per modelli di interazione tra la biosfera e l'atmosfera in alcuni modelli di circolazione, quindi per modelli di NPP e per stime di carbonio. E quindi possono essere utilizzate per studi futuri.
XVII Ciclo
1975
Versione digitalizzata della tesi di dottorato cartacea. Nell'originale cartaceo manca la pag. 158
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9

BRESSAN, ENRICO. "MONITORAGGIO DELLA BIODIVERSITA' DELLA REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA (FANEROGAME, AVIFAUNA E MAMMALOFAUNA)." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2006. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/13298.

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10

KARUZA, ANA. "BIOGEOCHEMICAL CYCLE OF ORGANIC MATTER IN COASTAL MARINE ENVIRONMENT: THE ROLE OF VIRUSES IN CONTROLLING BACTERIAL PROLIFERATION." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2006. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/13296.

Full text
Abstract:
2003/2004
Il principale obiettivo della ricerca è stato quello di acquisire le conoscenze relative al ruolo del virioplancton nelle catene trofiche e nei flussi biogeochimici. La prima parte dello studio è stata dedicata alla distribuzione spazio-temporale del virioplankton nella parte più settentrionale del Mare Adriatico. In una stazione costiera del Golfo di Trieste sono stati effettuati dei campionamenti a frequenza bisettimanale/mensile a diverse quote lungo la colonna d'acqua, per implementare la serie temporale dei dati storici di abbondanza virale disponibili presso il Laboratorio di Biologia Marina relativi ad un monitoraggio iniziato nel 1998 nella stessa stazione. L'acquisizione della serie storica del virioplancton è stata necessaria per poter definire lo stato di 'normalità' del sistema relativo a questa componente allo scopo di poter rilevare eventuali 'alterazioni, tra le quali anche la formazione di aggregati mucillaginosi che, con intensità particolarmente forte sporadicamente interessa il bacino, con gravi conseguenze sul turismo ed attività di pesca. L'analisi della distribuzione del virioplancton su un reticolo spaziale più ampio, effettuata durante 3 campagne oceanografiche stagionali nel 2004 nel bacino adriatico settentrionale, in collaborazione con il progetto Interreg Veneto, ha consentito di valutare l'effetto della presenza di forti gradienti chimico-fisici determinati dall'input del fiume Po, sulla componente virale e sul funzionamento del circuito microbico. In questo studio, il bacino settentrionale dell'Adriatico, con le sue caratteristiche geografiche ed idrologiche ha giocato da ottimo laboratorio naturale, in cui l'introduzione di una forzante ha fortemente condizionato la distribuzione delle componenti microbiche ed la loro interazione, per cui si è confermato molto adatto agli studi 'causa-effetto'. I risultati ottenuti hanno evidenziato come le informazioni ottenute da queste diverse strategie di campionamento non si sovrappongono, ma si implementano, consentendo di acquisire nuove conoscenze relative al funzionamento del circuito microbico nell'Adriatico settentrionale, ed in particolare sulle interazioni tra i virus ed i loro ospiti più comuni. L'uso dei principali indici utilizzati in ecologia microbica per valutare il rapporto tra i virus ed i loro ospiti quali il VBR (Virus-to-Bacterium Ratio) ed il VBP (Virus-to- Bacterium Product), ha messo in evidenza una alterazione delle interazioni virus-batteri nel periodo di comparsa delle mucillagini (primavera-estate 2000) che ha confermato come una spinta lisi virale abbia condizionato lo sviluppo delle poche specie batteriche presenti. Sperimentalmente, invece, è stata valutata l'entità del processo di lisi virale che oltre a determinare mortalità batterica influenza in modo significativo il flusso di carbonio all'interno del sistema pelagico e condiziona il trasferimento di energia lungo la rete alimentare. Per valutare quanto l'azione virale sia condizionata dal metabolismo della cellula ospite, sono stati allestiti esperimenti in cui il popolamento batterico era sostenuto da una disponibilità di substrato diversa sia per composizione che per peso molecolare. Esperimenti in mesocosmo hanno permesso, inoltre, di valutare il ruolo dei virus in condizioni di diversa disponibilità di fosforo inorganico. Questo sale nutritivo rappresenta, infatti un fattore limitante per i popolamenti planctonici dell'Adriatico. I risultati ottenuti, confortati da quelli provenienti dall'analisi in campo che ha confermato come l'abbondanza dei virus in mare rimanga relativamente costante nel tempo hanno sottolineato la necessità di valutare quanto il processo di produzione di una nuova progenie virale sia bilanciato dal processo di distruzione o danneggiamento provocato da fattori come gli U.V., ecc. Poiché non esiste ancora un metodo standardizzato per valutare la produzione virale è stato allestito un esperimento per confrontare i 3 protocolli disponibili. Il primo protocollo prevede la stima della produzione virale attraverso l'incorporazione diretta di un tracciante radioattivo nell'acido nucleico dei virus prodotti e quindi rilasciati, durante il periodo d'incubazione. Il secondo protocollo si basa sulla produzione di virus da parte di cellule batteriche infette a priori,mentre il terzo protocollo stima la produzione virale attraverso la stima della mortalità batterica con il metodo delle diluizioni seriali. Questo quadro sperimentale ha consentito, da un lato, di ottenere una stima della mortalità batterica e, più specificatamente, di quella della frazione metabolicamente più attiva, e dall'altro di valutare l'entità dei processi di produzione virale in diverse condizioni ambientali. Le tecniche di biologia molecolare quali PCR (Polymerase Chain Reaction) e DOGE (Denaturant Gradient Gel Electrophoresis) sono state utilizzate per la verifica dell'influenza dei virus sulla struttura della comunità batterica.
The main goal of the present study was to extend the knowledge relatively to the role of virioplankton in microbial food webs and biogeochemical fluxes. The first section of the study describes spatial and temporal virioplankton distribution in the Northern Adriatic Sea. Samplings were carried in a coastal station of the Gulf of Trieste at different depths. In the first period samplings were carried out on a monthly basis and were subsequently intensified to a twice a month sampling frequency. The obtained data implemented the time series of virioplankton abundances present in data base of Marine Biology Laboratory (Trieste), which were monitored from 1998 at the same sampling station. The obtaining of the time series was necessary to define the 'normality' state of the system regarding viral component of marine plankton in order to detect eventual 'alterations', such as mucilage formation, known to sporadically interest in its particularly massive form the northern basin of the Adriatic Sea, seriously affecting turism and fishery. The analysis of spatial virioplankton distribution on extended sampling area, conducted over 3 seasonal oceanographic cruises during 2004 in the Northern Adriatic basin, in collaboration with Veneto Interreg Project, provided the opportunity to explore the functioning of 'microbial circuit' and significance of viruses under contrasting environmental conditions, since the Northern Adriatic Sea displays highly evident trophic gradient due to the Po River inflow. In fact, the study area played a role of natural laboratory since the introduction of hydrological parameters strongly affected the distribution of microbial components and their interactions, highlighting the adaptability of the basin in 'cause-effect' studies. The results obtained by spatial sampling strategy did not overlap with those obtained by long-term temporal study in a coastal station of the Northern Adriatic, but extended the information amount: different methodological strategies allowed us to acquire precious findings regarding viral population's dynamics, since viral interaction with their hosts is particularly difficult to define because of the variety of interaction types. The investigation of most common viral ecology indexes, largely used to evaluate virus-host interaction, such as VBR (Virus-to-Bacterium Ratio) and phage-host density product ( analogically named VBP from Virus-to-Bacterium Product ), evidenced the alteration of virus and bacteria interactions before, during and after mucilage formation relatively to spring-summer period of 2000. The obtained results evidenced the presence of particularly enhanced viral lysis that strongly affected bacterial community, which, moreover, in that period was characterized by low species diversity. The experimental approach allowed the evaluation of the entity of viral lysis, which not only provoke bacterial mortality but also strongly affects carbon flux in the pelagic system and influences the energy transfer in the food web. Several experiments were performed in order to evaluate the depending of viral activity upon host cell metabolism and organic substrate availability of microbial community. Moreover, mesocosm experiments allowed evaluating the role of viruses in the presence of different availability of inorganic phosphorous, particularly important since representing the limiting factor for plankton community in the Adriatic Sea. The results obtained both by field studies and experimental approach confirmed the temporal stability of virioplankton abundance in marine system and highlighted the need of informations relatively to virioplankton balance between its production and decay rates. Since there is no standard method for the estimate of viral production, three different experimental protocols were set up in order to compare the accuracy of the obtained results and to establish the usefulness of a single technique. The first technique provides an estimate of virus production rates by radiotracer incorporation method that measures production of DNA-containing viral progeny over incubation period. Another method provides the rates of virus production of the bacteria infected prior to the beginning of the experiment, while the serial dilution technique designed originally for the estimate of grazing activity was adopted and modified to determine virus production in natural phage-host assemblage. This experimental framework, together with the experiment set up to evaluate virus-mediated mortality of different bacterial groups ( distinguished according to their metabolism), provided new findings relatively to viral impact on bacterioplankton and allowed the estimate of viral production in different environmental conditions. Molecular biology techniques, such as PCR (Polymerase Chain Reaction) e DGGE (Denaturant Gradient Gel Electrophoresis) were used to verify the influence of virus-mediated mortality on the bacterial community structure.
XVII Ciclo
1976
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CATALETTO, BRUNO. "BATTERI MARINI NEGLI AGGREGATI MUCILLAGINOSI." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2004. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12496.

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Abstract:
2002/2003
Negli ultimi 10 anni il fenomeno degli aggregati mucillaginosi è stato più volte osservato nel Nord Adriatico e in particolare nel Golfo di Trieste. Partendo dall'ipotesi che gli aggregati mucillaginosi siano prodotti inizialmente come polisaccaridi polimerici e colloidali attraverso i processi batterici della materia organica e/o come polisaccaridi prodotti e rilasciati dalla superficie della cellula batterica, si deciso di studiare le specie batteriche presenti all'interno degli aggregati mucillaginosi al fine di comprendere meglio le strategie impiegate da questi organismi nei processi sopra descritti. Attraverso l'utilizzo di tecniche di biologia molecolare, la struttura della comunità batterica presente in una stazione di campionamento del Golfo di Trieste durante la comparsa del fenomeno delle mucillagini è stata confrontata con quella presente all'interno degli aggregati stessi. Successivamente, mediante l'impiego di vari terreni di coltura di diversa composizione chimica, si è proceduto all'isolamento di 57 ceppi batterici da numerosi campioni di mucillagine. Dopo essere stati caratterizzati geneticamente attraverso il sequenziamento del frammento di un gene specifico (16S rRNA), alcuni di questi ceppi batterici sono stati utilizzati in esperimenti atti ad analizzare la produzione di muco in vitro in diverse condizioni di salinità e in diverse composizioni del mezzo di coltura. Infine, considerando che nei batteri Gram-negativi il meccanismo del quorum sensing consente ai batteri di comunicare fra loro utilizzando particolari 'segnali chimici' come gli AHL (acylated homoserine lactones) e che la produzione di AHL è stata riscontrata in fenotipi importanti per il comportamento batterico negli aggregati mucillaginosi, abbiamo testato l'ipotesi che i batteri marini isolati dagli aggregati stessi abbiano la capacità di produrre gli AHL. L 'utilizzo di tecniche di biologia molecolare, quali la PCR e il DGGE, ha consentito di osservare da vicino la diversità specifica della comunità presente negli aggregati e di confrontarla con quella presente nella colonna d'acqua circostante. I risultati hanno evidenziato che il muco, per la sua specifica composizione molecolare, rappresenta un sorta di "trappola" per specie batteriche appartenenti anche ad ambienti diversi da quello marino e questo rappresenta un ulteriore stimolo per approfondire lo studio di questa comunità batterica. I diversi terreni di coltura impiegati e, nuovamente, l'utilizzo della biologia molecolare, ha permesso di ottenere conoscenze precise sulla composizione specifica della comunità batterica consentendo, oltre all'identificazione degli organismi, la loro coltura e, quindi, la disponibilità per il loro utilizzo in altri esperimenti al fine di poter comprendere meglio la loro fisiologia. Gli esperimenti condotti in vitro al fine di valutare la produzione di diversi tipi di muco hanno consentito di evidenziare alcune differenze fra i diversi ceppi e l'opportunità di studiare nell'immediato futuro la composizione di questo materiale mucillaginoso per poterlo, in seguito, confrontare, con quello raccolto in mare aperto. L'individuazione, infine, in alcuni ceppi batterici di particolari segnali chimici (gli autoinduttori) di comunicazione intercellulare (il "quorum sensing") ha consentito di gettare uno sguardo sui possibili meccanismi di espressione fenotipica (produzione di esoenzimi) all'interno degli aggregati mucillaginosi. Riteniamo, quindi, importante continuare nell'approfondimento dello studio della comunità batterica presente negli aggregati mucillaginosi per ottenere sempre maggiori informazioni necessarie per la completa comprensione del fenomeno.
XVI Ciclo
1959
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COSTANTINI, MARCO. "METODOLOGIE DI BIOMONITORAGGIO ACUSTICO DELLA FAUNA ITTICA. APPLICAZIONE NELLA VALUTAZIONE DELL'IMPATTO ANTROPICO, GESTIONE E CONSERVAZIONE DI SPECIE ED AREE D'INTERESSE." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2004. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12498.

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13

GIORDANI, PAOLO. "Licheni epifiti come biomonitors dell'alterazione ambientale. Influenza delle variabili ecologiche sulla diversità lichenica." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2004. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12501.

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Abstract:
2002/2003
Questo studio si propone di dimostrare come un modello schematizzato della diversità lichenica epifita sia in grado di fornire risposte diversificate su vari aspetti dello stato dell'ambiente e sugli effetti della gestione antropica delle risorse naturali, discernendo la variabilità del dato dovuta a fattori ambientali da quella effettivamente rapportabile agli effetti dell'inquinamento o comunque delle attività umane. Il rilevamento di 165 stazioni di campionamento m diversi habitat in tutto il territorio regionale ligure, ha permesso di segnalare complessivamente 196 specie licheniche, di cui 18 specie nuove per la Liguria. È probabile che l'indagine accurata di habitat particolarmente favorevoli, come ad esempio oliveti e castagneti da frutto, e di aree ancora relativamente poco esplorate (es. Alpi Liguri) permetta di migliorare ulteriormente le conoscenze floristiche. Il modello statistico ricavato dai dati rilevati evidenzia che i principali fattori che influenzano la diversità lichenica epifita in Liguria sono climatici (in particolare precipitazioni e temperatura). La stima del contributo di queste variabili, permette di valutare con più precisione l'effetto degli altri fattori indagati (quali gestione forestale, inquinamento atmosferico, incendi boschivi e trattamenti fitosanitari) che influiscono sulla diversità in misura diversa nella regione e sulle specie licheniche. La distribuzione delle specie licheniche epifite è disomogenea. Esistono habitat a bassa diversità che occupano la maggior parte del territorio e habitat ad alta diversità (hotspot) dove è concentrata la maggior parte delle specie rare. L'analisi della flora licheni ca e delle condizioni ambientali ha permesso di stabilire le principali cause di variabilità (sia naturali, sia antropiche) per ciascun habitat. Oliveti, boschi maturi di castagno e aree non forestate rurali sono gli habitat più idonei per i licheni epifiti in Liguria, mentre aree antropizzate di fondovalle, faggete e boschi di conifere sono ambienti con una flora lichenica meno ricca. La stretta relazione dei licheni epifiti con i parametri climatici fa di questi organismi degli ottimi indicatori, utilizzabili nel monitoraggio dei cambiamenti a lungo termine, come la tropicalizzazione delle aree submediterranee e la desertificazione delle aree mediterranee secche. Uno dei principali problemi nel biomonitoraggio mediante licheni è distinguere l'effetto dei fattori antropici di alterazione, come l 'inquinamento, la gestione forestale, gli incendi boschivi, da quello dei parametri climatici. Lo studio dei pattem di distribuzione di specie legate a minime variazioni di precipitazioni e temperatura, come quelle suboceaniche, ha permesso di delimitare regioni nelle quali gli effetti del clima sono relativamente costanti e in cui è possibile imputare la maggior parte della variabilità a fattori di disturbo. In particolare, i risultati ottenuti confermano una principale divisione tra una regione Submediterranea più secca, (nella parte savonese della Riviera di Ponente) e una regione Tirrenica più umida, (in Provincia di Imperia e nella Riviera di Levante), per la quale viene proposta, in questo lavoro, una nuova scala interpretativa dei valori IBL, basata sull'approccio delle deviazioni percentuali dalla massima diversità potenziale (Loppi et al. 2002a, b). Nell'area studio, molte specie hanno un elevato grado di vulnerabilità potenziale. Attualmente l'inquinamento rappresenta un basso rischio effettivo per la diversità lichenica in Liguria: infatti, le aree in cui l'impatto dei gas fitotossici è maggiore hanno una flora lichenica già estremamente impoverita, mentre le aree più ricche non sono sottoposte a carichi inquinanti significativi. Altri fattori di disturbo costituiscono, invece, un preoccupante elemento di rischio. Per esempio, per quanto riguarda gli oliveti, i trattamenti fitosanitari e i nuovi metodi di gestione della coltura rappresentano un rischio effettivo e non stimabile per molte popolazioni di specie rare. Gli incendi sono un fattore di disturbo che provoca l 'istantanea distruzione dell'habitat. Grazie al recente Piano Regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi (Regione Liguria 2003), il livello di rischio per la diversità lichenica è tuttavia stimabile ed è particolarmente alto nell'entroterra imperiese. Anche la ceduazione è un fattore di disturbo con forte impatto sulla diversità lichenica in Liguria, in quanto la maggior parte delle aree forestate è attualmente governata a ceduo. Tuttavia, il livello di rischio è difficilmente stimabile, mancando piani organici di programmazione dei tagli forestali a livello regionale. La definizione quantitativa del livello di rarità ha permesso di individuare le specie e le aree liguri a priorità di conservazione. In molti casi, gli hotspot di rarità e diversità lichenica non coincidono con le zone già sottoposte a vincoli di protezione, come Parchi Nazionali e Regionali, Siti di Interesse Comunitario (SIC) e Zone a Protezione Speciale (ZPS). Per questo motivo e visto l'elevato livello di rischio per i si ti, dovrebbero essere adottate alcune misure di conservazione, quali la realizzazione di monitoraggi periodici della diversità; la protezione di habitat ad elevata diversità licheni ca (es. castagneti da frutto); la conservazione della continuità ecologica spaziale e temporale degli habitat; la realizzazione di studi di popolazione tra cui indagini sui genotipi e valutazioni della probabilità di sopravvivenza. Infine, dal punto di vista applicativo, i dati raccolti nel corso di questo lavoro sono stati utilizzati per valutare l 'applicabilità delle linee guida APAT per il biomonitoraggio degli effetti dell'inquinamento atmosferico (Brunialti & Giordani 2004; Ferretti & Fomasier 2004) e nell'elaborazione di un protocollo per la valutazione della qualità degli ecosistemi forestali (Stofer et al. 2003), utilizzato nel progetto europeo ICP-Forests.
XVI Ciclo
1972
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BONACITO, CLIZIA. "IDENTIFICAZIONE DI UN INDICE INTEGRATO PER IL CONTROLLO DELLE ACQUE MARINO COSTIERE." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2007. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12318.

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Abstract:
2005/2006
Il presente dottorato di ricerca aveva lo scopo di identificare indici per la valutazione della qualità dell'ambiente marino costiere, anche in base alle indicazioni della Direttiva Europea 2000/60/CE e del D.Lgs. 152/2006, valutarne l'applicabilità e significatività, con l'obiettivo finale di integrarne alcuni per ottenere un indice complessivo di salubrità di un ecosistema marino fortemente antropizzato (il Golfo di Trieste). In particolare sono stati applicati tre indici ed è stato analizzato il comparto fitoplanctonico, così da coprire le principali componenti che costituiscono la colonna d'acqua. Alcuni degli indici riscontrati ed analizzati sono i seguenti: numero di specie bentoniche; numero di specie esotiche; indice di diversità algale di Shannon- Weawer; presenza e copertura di macrofite bentoniche; l'indice algale RIP o RIF; no medio di specie per rilievo delle fitocenosi; presenza/abbondanza di specie/taxa opportunistici; proliferazione di alghe nitrofile; determinazione deii'ABC (Apparent Bacterial Concentration) e stima della frazione bioluminiscente %LB (Luminous Bacteria); rapporto nematodi/copepodi; indice biotico di Borja; indice trofico TRIX. Questi ultimi 3 indici sono stati applicati sui dati del Laboratorio di Biologia Marina, per le stazioni C1, da giugno 2002 a dicembre 2004, e AA 1, da febbraio 1999 a novembre 2004. Il rapporto nematodi/copepodi non ha evidenziato situazioni di stress in nessuna delle due aree, soltanto considerando la correlazione tra i valori di tale rapporto e quelli dell'abbondanza totale del meiobenthos si è riscontra una "sofferenza" nella stazione AA 1. Comunque si ritiene diffusamente che questo rapporto è fortemente influenzato dal tipo di sedimento, dal tipo di inquinamento (organico od inorganico) e dal tipo di habitat, pertanto difficilmente può essere utilizzato in maniera universale. L'indice biotico marino di Borja ha indicato una condizione leggermente inquinata per entrambe le stazioni, soltanto valutando l'abbondanza percentuale dei gruppi ecologici individuati dall'indice, la stazione AA 1 risulta più stressata, rispecchiando il fatto che è un'area i cui fondali sono sottoposti a vari fattori di disturbo. Il problema di questo indice è che spesso sono attribuite alle singole specie caratteristiche etologiche e di soprawivenza agli stress in base all'appartenenza o meno ad un determinato genere, e non perché siano state fatte verifiche sperimentali su ogni singola specie. L'indice trofico TRIX ha evidenziato condizioni di trofia che corrispondono ad una qualità dell'ambiente tra buona e moderata, raggiungendo talvolta qualità elevata soprattutto per la stazione AA 1. Ciò è legato al maggiore idrodinamismo di quell'area, rispetto alle correnti meno accentuate e al maggiore contatto con gli inquinanti di origine antropica della stazione C1. È stata, quindi, determinata la significatività di diversi descrittori (quali potenziali indicatori) del comparto fitoplanctonico per i campionamenti della stazione C1 da ottobre 1998 a settembre 2005, così da poter integrare la valutazione qualitativa di una colonna d'acqua. Per le analisi sono stati utilizzati dati raccolti dal gruppo BIPA e sono state: l'andamento dell'abbondanza fitoplanctonica; l'andamento del contenuto totale di carbonio; la distribuzione percentuale dell'abbondanza rispetto alla dimensione cellulare; l'indice di Shannon- Weaver; la numerosità dei taxa; l'andamento della taglia individuale media; la variazione della numerosità di classi di taglia; la relazione tra la taglia individuale dei taxa e la loro abbondanza; la significatività delle correlazioni taglia-abbondanza e la pendenza della retta di regressione per valutare lo scosta mento dal valore di riferimento -0,75 in base alle legge dell'equiripartizione dell'energia. l risultati hanno evidenziato che l'effetto del ridotto trofismo nell'ecosistema pelagico del Golfo di Trieste sta determinando una graduale riduzione della biomassa dei produttori primari, e ciò è evidente sia nella diminuzione dell'abbondanza del fitoplancton autotrofo e mixotrofo e ancor più nella diminuzione del contenuto totale in carbonio. Viceversa non si è registrato quanto atteso in termini dimensionali specifici ovvero la comunità fitoplanctonica non ha subito drastiche riduzioni nelle taglie degli organismi. Anche l'indice di Shannon- Weaver non ha evidenziato alcun aumento della biodiversità nel corso del periodo considerato. La sola numerosità dei taxa viceversa evidenzia un forte aumento nel tempo. In altri termini, seppur ridotti numericamente, i popolamenti fitoplanctonici presentano una maggiore biodiversità. La seconda fase di analisi del comparto fitoplanctonico centrata soprattutto sull'analisi della taglia (dimensione) media come macrodescrittore, ha evidenziato che essa è aumentata nel corso degli anni. Il fatto che nella prima fase di analisi fosse risultato che il contenuto totale in carbonio è diminuito, corrisponde al fatto che nel corso degli anni è sì aumentata la taglia massima riscontrata nei popolamenti (e ciò era stato evidenziato anche nella prima fase di analisi), ma anche la taglia minima. Non è stato possibile, però, verificare in maniera significativa lo scostamento delle comunità dal valore di riferimento di -0,75 che indica l'equiripartizione di energia tra esemplari di taglia piccola e grande, che avrebbe dato indicazioni e conferma dell'andamento del sistema fitoplanctonico verso uno stato di miglioramento legato all'evoluzione in corso delle condizioni ambientali chimico-fisiche del Golfo di Trieste. Ciò indicherebbe che la diminuzione dei nutrienti e quindi dell'eutrofizzazione, non è così accentuata da far prevalere specie con dimensioni ridotte, d'altra parte non si verificano più con la stessa frequenza imponenti fioriture mono o paucispecifiche, caratteristiche di ambienti ad alto trofismo o eutrofizzati. Nel presente studio, il rapporto nematodi/copepodi non ha evidenziato situazioni di stress né in una stazione né nell'altra. Non esistono, però, degli intervalli di valori corrispondenti a delle condizioni intermedie di alterazione ambientale, né una valutazione qualitativa dettagliata dello stato dell'ambiente (solamente ambiente stressato o meno), a differenza degli altri due indici utilizzati. Il rapporto nematodi/copepodi risulta difficile quindi da confrontare con gli altri due indici, l'indice biotico marino e l'indice trofico TRIX. L'indice biotico marino di Borja indica, per tutto il periodo preso in esame, che entrambe le stazioni presentano un livello di inquinamento leggero, anche se la stazione M 1 presenta un alto numero specie del gruppo 4 che potrebbe essere indicatore di stress legato sia per possibili crisi di ipossia, sia per il deposito di fanghi di dragaggio, sia per la pesca a strascico. L'applicazione dell'indice trofico TRIX (DIN/Ptot) sulle acque superficiali indica uno stato per lo più buono per entrambe le stazioni, che, in base alla tabella del D.lgs. 152/99, corrisponde ad una condizione delle acque con medio livello trofico, occasionali intorbidamenti delle acque, occasionali colorazioni anomale delle acque, occasionali ipossie nelle acque bentiche. Quest'ultima condizione rispecchierebbe lo stato descritto dall'indice di Borja che individua, soprattutto per la stazione AA 1 con l'elevato numero di specie del gruppo· 4, periodi di stress, legati probabilmente a condizioni di ipossia. L'analisi tramite diversi descrittori del comparto fitoplanctonico della stazione C1, indicherebbe una tendenza ad un miglioramento dell'ambiente indicata dalla diminuzione dell'abbondanza cellulare legata soprattutto alla rarefazione di fioriture imponenti, dall'aumento del numero di taxa presente, dall'aumento della taglia media e della numerosità di classi di taglia presenti negli ultimi anni. Non esiste però un parametro numerico di riferimento o delle soglie in senso assoluto per valutare questo miglioramento, ma solo l'analisi di una serie storica di dati. L'analisi comparata ed aggregata degli indici ha evidenziato come non esistano indici validi per situazioni mesotrofiche, tutti gli indici analizzati sono in grado di discriminare correttamente soltanto situazioni estreme e stabilizzate nel tempo. Nel caso del Golfo di Trieste si sono evidenziati più segnali di un cambiamento in atto, ma di limitata entità e non e' possibile stabilire oggi se le evoluzioni future seguiranno questo trend. Sull'evoluzione delle acque del Golfo hanno certamente influito le scelte gestionali operate in passato che hanno garantito una diminuzione della concentrazione del fosforo inorganico come nel resto del bacino, ma probabilmente anche cambiamenti climatici che hanno determinato un maggior apporto di acque di provenienza orientale e quindi più oligotrofiche.
XIX Ciclo
1976
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VANZO, SILVIA. "ANALISI DELLA STRUTTURA E COMPOSIZIONE DEGLI OTOLITI DI CHONDROSTOMA NASUS NASUS (LINNEO, 1758) (OSTEICHTHYES, CYPRINIDAE) NEI BACINI DEL FIUME ISONZO E NATISONE." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2002. http://hdl.handle.net/10077/14650.

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Marazza, Diego <1970&gt. "Applicazione di sistemi di gestione ambientale alla scala locale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/293/1/marazza_XIX_3.pdf.

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17

Marazza, Diego <1970&gt. "Applicazione di sistemi di gestione ambientale alla scala locale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/293/.

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NEGUSANTI, JIN SOOK. "INFLUENZA DELLE CONDIZIONI ECOLOGICHE SULLA STRATEGIA RIPRODUTTIVA E SULLA BIOMETRIA DI CHLAMYS OPERCULARIS (L. 1758) (MOLLUSCA, BIVALVIA)." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2007. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12320.

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Abstract:
2005/2006
Chlamys opercularis è un animale edule, comune su fondi sabbiosi e sabbiosi-detritici, posti ad una profondità variabile tra 4-400m (più comune a 40m). Ha una conchiglia di colore molto vario, inequivalve (valva sinistra più convessa) ed inequilaterale, con una lunghezza massima di 9cm. La scultura conchigliare è caratterizzata da 18-25 coste radiali, presenti su ciascuna valva, tra le quali si trovano le linee di accrescimento. L'interno è lucido, solcato ed ondulato in corrispondenza delle coste esterne. L'impronta del muscolo adduttore è situata verso il bordo posteriore e nello stadio giovanile l'animale è attaccato alle rocce mediante il bisso e liberamente natante da adulto. Chlamys opercularis occupa un ampio areale che si estende a partire dall'Islanda, Norvegia (Isole Lofoten), Irlanda, Mare del Nord, le coste della Manica, Atlantico (Azzorre, Madeira, Canarie) e Mediterraneo, mentre è assente nel Mar Nero. Nel Golfo di Trieste Chlamys opercularis è oggetto di una pesca modesta anche per la scarsa richiesta del mercato locale, mentre viene apprezzato nell'Italia meridionale, verso cui viene avviato gran parte del pescato delle Marinerie del Golfo, in particolare quella di Marano Lagunare. Nel periodo compreso fra aprile 2004 ed aprile 2006 (salvo agosto 2005) è stato prelevato mensilmente, dal pescato di natanti di Marano Lagunare, un campione di Chlamys opercularis (costituito in media da un centinaio di esemplari). In laboratorio è stata misurata la lunghezza della conchiglia di tutti gli esemplari costituente il campione, successivamente, con i numeri casuali, sono stati estratti 50 individui su cui sono stati rilevati altri parametri quali: altezza, larghezza, peso totale, peso delle valve e volumi intervalvari. Dai 50 individui, con una seconda estrazione, sono stati formati due subcampioni: dal primo (costituito da 20 esemplari) sono state isolate le gonadi e, trattandosi di animali ermafroditi, la regione maschile e quella femminile sono state fissate separatamente in Bouin, per poi sottoporle ad una serie di procedure istologiche al fine di allestire sezioni, spesse 6µm, per lo studio del ciclo riproduttivo. Il secondo subcampione (di 30 individui) è stato oggetto di ulteriori trattamenti per ottenere il peso secco, quello delle ceneri ed il peso secco senza ceneri. Le ceneri sono state conservate per una successiva determinazione del contenuto in metalli. Le sezioni delle gonadi sono state classificate mediante una scala istologica in sei stadi, mentre i dati biometrici sono stati elaborati con la metodologia statistica: complessivamente sono stati prelevati 3366 esemplari ed esaminate 960 gonadi (480 regioni testicolari e 480 ovariche). Per quanto concerne il ciclo riproduttivo, i periodi di maturità ed emissione dei gameti, di entrambe le regioni della gonade ermafrodita, si estendono per quasi tutto l'anno, ma soprattutto nei mesi da novembre a luglio-agosto. I follicoli maschili maturano e rilasciano i gameti prima di quelli femminili, sia nel corso del primo che nel secondo anno di studio, infatti solo raramente sono stati osservati, in uno stesso individuo, testicolo ed ovario simultaneamente in emissione. Per la regione maschile la conclusione del ciclo riproduttivo ed il riposo sessuale sono circoscritti al periodo che va da agosto ad ottobre, sia nel primo che nel secondo anno; per la regione femminile, invece, sono un po' più estesi: da luglio ad ottobre, nel primo anno, e da luglio a novembre nel secondo anno. La gametogenesi iniziale, la maturità e l'emissione, risultano più rapide nel primo anno rispetto al secondo, per entrambe le regioni della gonade. Le gametogenesi successive alla prima (cioè quelle che intercorrono fra un'emissione e l'altra) sono molto rapide e, spesso, non è dato osservarle per la frequenza mensile di campionamento. I valori più elevati dell'indice gonadico (che sintetizza con un unico valore la condizione mensile delle gonadi), sia per la regione testicolare che per quella ovarica, sono raggiunti nel periodo da novembre ad aprile-maggio, diminuiscono da giugno a settembre, per poi risalire fino a febbraio-marzo, sia nel primo che nel secondo anno. I periodi menzionati si riferiscono alla maturità sessuale, all'emissione dei gameti, alla conclusione del ciclo riproduttivo ed all'inizio di un nuovo ciclo. Se si confrontano i valori dell'indice gonadico dell'avario e del testicolo si registra una significativa correlazione non parametrica (p di Spearman) fra le due serie (p = 0.49 per p<0.05) per l'intero periodo (aprile 2004-aprile 2006), ma essa è attribuibile all'elevata correlazione (p= 0.66 per p<0.05) nel primo anno di studio (aprile 2004-marzo 2005) perché, nel secondo anno, la correlazione non raggiunge neppure il livello minimo di significatività (p = 0.31 per p>0.05). Questo risultato è un'ulteriore conferma della diversità del ciclo riproduttivo nei due anni. Dall'esame dei dati biometrici si rileva che le lunghezze delle conchiglie (con medie, rispettivamente, di 5.33cm e 5.47cm nei due anni) sono riferibili ad esemplari adulti, fatto atteso, trattandosi di animali provenienti dalla pesca professionale. Tutti i parametri biometrici, ed in particolare quelli ponderali, sono contraddistinti da un'elevata variabilità (CV%), inoltre la variabilità è maggiore per gli esemplari del primo anno, salvo per il peso secco senza ceneri ed il volume. Tale aspetto è confermato anche dall'esame dei singoli campioni mensili, in quanto le distribuzioni si discostano dalla normalità e presentano eterogeneità delle varianze. Sono state calcolate alcune regressioni per stimare le variabili dipendenti ed il modello di crescita adottato. Le relazioni fra parametri biometrici e ciclo riproduttivo sono state analizzate con gli indici di condizione (opportuni rapporti fra parametri) che hanno anche la peculiarità di rendere possibile il confronto fra campioni mensili non omogenei. I diversi indici sono stati confrontati per determinare, quello/i che erano caratterizzati da una minore variabilità interna (test di Friedman e test di Wilcoxon), per una maggiore sensibilità (test Krukal-Wallis e test di Cochran) e si correlavano significativamente (test di Spearman) con il ciclo riproduttivo.
XIX Ciclo
1972
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19

ALMEIDA, GUERRA PAOLA BRUNELA. "AN INFORMATION SYSTEM TO ANALYZE AND MONITORING COASTAL AREAS FOR PLANNING SUSTAINABLE DEVELOPMENT. APPLICATIONS FOR SANTOS ESTUARY (BRAZIL) AND BAHIA BLANCA (ARGENTINA)." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2007. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12326.

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Abstract:
2005/2006
Questa tesi di dottorato è stata realizzata nell'ambito del progetto ECOManage (Jntegrated Ecological Coastal Zone Management System ), un progetto internazionale che ha come obiettivi comprendere e descrivere come gli ecosistemi estuarini rispondano agli impatti antropici, allo scopo di promuovere l'uso sostenibile, la protezione e la gestione della risorsa idrica; e fornire un supporto scientifico agli enti ambientali locali riguardo alle migliori pratiche politiche da attuare. I siti di interesse del progetto sono tre diverse aree costiere: un estuario con mangrovie (Santos, in Brasile), un grande estuario con estese aree intertidali (Bahia Bianca, in Argentina) e un fiordo (Puerto Aysen, in Cile). Le fasce costiere sono oggigiorno una delle zone più minacciate del mondo a causa della loro attrattiva e della disponibilità di risorse per lo sviluppo urbano e industriale. Per questo motivo molte di queste aree hanno raggiunto condizioni ambientali critiche come risultato della forte pressione antropica e del sovrasfruttamento delle risorse. Le aree costiere sono tra le più vulnerabili della Terra, quindi qualsiasi attività messa in pratica, dovrebbe essere accuratamente pianificata. Inoltre ciò che accade sulle coste ha effetti che vanno molto al di là delle comunità acquatiche e umane locali, causando conseguenze a lungo termine o irreparabili. In questa tesi ci si è occupati di due delle aree di studio costiere del progetto ECOManage: Santos e Bahia Bianca. Le due aree di studio sono sottoposte ad un notevole stress, causato specialmente da una mediocre pianificazione del territorio e dalle attività umane. La baia di Santos è contraddistinta dalla presenza di ecosistemi unici e di grande valore come la Mata Atlantica (foresta atlantica) e le foreste di mangrovie che sono costantemente sotto forte pressione provocata da un enorme sviluppo urbano nell'area che influenza anche la qualità dell'estuario stesso. Per questa ragione e per avere un'idea chiara delle condizioni di inquinamento dell'acqua dell'estuario di Santos, è stato calcolato un indice di qualità, applicando i principi dell'analisi Fuzzy, sulla base di campionamenti di acqua, sedimenti e organismi effettuati dal CETESB nel 1999 e nel 2000. L'indice di qualità evidenzia quelle aree dell'estuario in cui è presente un grado elevato, moderato e accettabile di inquinamento. Bahia Bianca è caratterizzata da estesi campi agricoli e da pascoli che la rendono una delle principali province argentine per l'esportazione di grano e di lana. Quest'area, pur essendo meno disturbata dal punto di vista ambientale rispetto alla baia di Santos, subisce un rilevante stress a causa delle attività agricole intensive che provocano erosione del suolo e degradazione del terreno. Lo scopo generale di questa ricerca è di creare un sistema di informazione completo e integrato usando le tecniche di telerilevamento e GIS, come fonte di dati per l'analisi dei problemi locali di Santos e Bahia Bianca, come ad esempio la perdita di suolo e l 'urbanizzazione. Inoltre stimare e comparare i risultati ottenuti da due modelli di erosione per evidenziare l'importanza della copertura vegetale come prevenzione dei processi di perdita del suolo che affliggono queste due aree. Nell'area di Santos è stata inclusa anche, come importante fonte di informazioni per gli studi attuali e futuri, un'analisi multitemporale della copertura del suolo, per determinare i cambiamenti di uso del suolo lungo un periodo di sette anni e la predizione dei cambiamenti nel futuro, applicando specifici software e tecniche di modellizzazione. Un sistema di supporto alle decisioni spaziale (SDSS) è stato elaborato per l'area di studio brasiliana per analizzare uno dei più importanti problemi di Santos: l'urbanizzazione, fornendo alle autorità locali uno strumento affidabile per i processi decisionali. L'analisi dei cambiamenti di copertura del suolo ha evidenziato le aree più vulnerabili alle pressioni antropiche (principalmente a causa della deforestazione e dell'urbanizzazione). I risultati ottenuti enfatizzano come le aree soggette maggiormente alle attività umane siano localizzate in zone di bassa e media elevazione, mentre le aree con maggior altitudine e forte pendenza ne sono meno influenzate. La maggior parte delle classi nelle due mappe di copertura del suolo (derivate dalla classificazione di due immagini satellitari Landsat del 1993 e del 2000) sono rimaste le stesse. Ciò è molto significativo in termini di impatto ambientale. La predizione della copertura del suolo per il 20 l O è stata ottenuta attraverso un'interpolazione basata sulle mappe di copertura del 1993 e del 2000. L'andamento di copertura del suolo per il 2010 rileva un apparente diminuzione degli effetti antropici e una copertura più uniforme. Ciò può essere giustificato dal miglioramento dell'applicazione delle leggi ambientali vigenti nell'area (CONAMA, 2002). La possibilità di predire la copertura del suolo del futuro è molto importante per effettuare valutazioni ambientali e per prevenire attività umane incontrollate, prevedendo possibili scenari riguardanti l'uso e la copertura del suolo dopo un numero specifico di anni. Per lo studio della degradazione del terreno e degli impatti dell'uomo sull'ambiente nelle due aree di studio, sono state elaborate delle mappe di rischio di erosione usando due diversi modelli, il RUSLE e l'USPED. Quest'ultimo permette di quantificare non solo la perdita di suolo ma anche i processi di deposizione che hanno luogo in una determinata regione. Il tasso di erosione è piuttosto basso sia per Santos che per Bahia Bianca, dove sembra che i processi di erosione siano determinati principalmente dalle caratteristiche topografiche delle due aree. Più bassi livelli di erosione sono stati trovati in terreni pianeggianti: in Santos le mangrovie hanno un tasso molto basso di erosione, mentre la vegetazione bassa ha un tasso più elevato; in Bahia Bianca le pianure intertidali hanno un tasso molto basso di erosione, mentre il suolo nudo a maggiori altitudini presenta un incremento dell'erosione. Ciò nonostante nell'area di Santos, la Mata Atlantica delle zone montane (che si trova prevalentemente ad altitudini maggiori a 570 m) presenta un'erosione molto bassa, evidenziando l 'importanza di una buona copertura vegetale nelle aree altrimenti soggette ad un elevato rischio di erosione. Comunque i livelli di erosione riscontrati nelle due aree di studio sono inferiori a quanto ci si aspettava: un'erosione molto elevata è stata rilevata solo nei terreni a maggior pendenza. Sfortunatamente la validazione dei risultati di erosione/sedimentazione non è possibile dal momento che non sono disponili misure in campo, ad ogni modo i risultati appaiono affidabili se confrontati con studi precedenti effettuati in località vicine con peculiarità simili. Inoltre i modelli di erosione sono un importante strumento per la valutazione dei processi di perdita di suolo e per l'elaborazione di mappe di rischio di erosione che possono essere utilizzate come utile riferimento per la pianificazione delle attività future, allo scopo di diminuire gli effetti erosivi attuali e di prevenire future degradazioni del suolo. Infine, l'elaborazione di un sistema di supporto decisionale spaziale per l'analisi dei problemi di urbanizzazione di Santos è stato possibile utilizzando i GIS. L'SDSS è stato progettato per valutare i problemi urbani di Santos, poiché c'è un numero considerevole di persone che vivono in aree protette come le riserve ecologiche delle mangrovie, comportando una forte pressione su questo fragile ed unico ecosistema, rendendo la loro sistemazione un importante problema da risolvere. Nella maggior parte dei casi queste persone appartengono alle classi sociali più basse, con stipendi miseri e uno stile di vita molto povero, aumentando la difficoltà della loro risistemazione. Essi dovrebbero venire al più presto spostati in zone più adeguate e più salubri. L'SDSS indica i posti più appropriate per realizzare questo progetto, tenendo in considerazione una serie di criteri. I fattori e le limitazioni considerate sono la topografia, la presenza di corpi d'acqua, la localizzazione di insediamenti urbani già esistenti, il tasso di erosione, il tipo di copertura del suolo, l'esistenza di aree protette. Tale strumento è un elemento prezioso che facilita la proposta di possibili soluzioni e gestioni del territorio attuabili per migliorare il problema dell'urbanizzazione a Santos e nei dintorni. Per questa ragione la realizzazione di un SDSS in questa tesi viene considerata come un metodo utile e affidabile per aiutare le autorità locali con i processi decisionali riguardanti le politiche da attuare per risolvere questo ed altri problemi critici che minacciano la città di Santos al momento attuale. È molto importante, quindi, fornire ai responsabili regionali e locali dei mezzi utili come i GIS, il telerilevamento, e strumenti di pianificazione attendibili come l'SDSS, come quelli realizzati in questa tesi, per aiutarli nel prendere decisioni, nel gestire il territorio e nell'affrontare i problemi odierni evitando un peggioramento dello scenario attuale.
This thesis is developed within the ECOManage Project which have the strategic objectives to understand and quantify similarities and differences of estuarine system function in response to anthropogenic impacts in order to recommend restoration and/or sustainable development measures and to provide scientific support to local environmental managers on best-practice policies on 3 different coastal zones, including an estuary with mangroves (Santos-Brazil), a large estuary with wide intertidai areas (Bahia Bianca-Argentina) and a fiord (Aysen-Chile). This thesis focus mainly on two of Ecomanage study areas: Santos (Brazil) and Bahia Bianca (Argentina). Coastal areas, broadiy defined as near-coast waters and the adjacent land area, are nowadays one of the most threatened zones all over the world, due to their attractiveness, convenience and availability of resources for urban and industrial development. Therefore, many of these areas worldwide have reached critical environmental conditions as a result of great anthropologic pressure and overexploitation of their resources. Coastal areas are among the most vulnerable of Earth's ecosystems, any activity carried out in these areas should be carefully planned since what happens to the coasts has effects that reach far beyond their local aquatic and human communities, thus, causing irreparable or long term consequences. The two study areas that this thesis approach are characterized for being under significant environmental stress specially caused by poor urban planning and other anthropogenic activities like intensive agriculture. Santos is characterized by the presence of valuable and unique ecosystems as Mata Atlantica (Atlantic forest) and mangrove forests that are currently under great stress due to strong urban development in the area, which is also affecting the quality of its estuary. For this reason and so to have an appreciative idea of water quality conditions of Santos Estuary a quality index was also calculated applying Fuzzy set principles and based on water, sediment and organism samples collected by CETESB in 1999 and 2000. The quality index highlighted those areas with bad, moderate and acceptable pollution in the estuary. Bahia Bianca it is characterized by its extensive crop fields and pastures for grazing which make of i t one of the most important provinces in Argentina for grain and wool exportation. These area is under stress due to the intense agricultural activities which cause soil erosion and land degradation, however it is less environmentally affected than Santos Estuary. The general aim of this research is to create a complete information system using GIS and remote sensing techniques as data sources for the analysis of local problems of Santos and Bahia Bianca i.e. soil loss, urbanization. Furthermore, to estimate and compare rates of soil erosion obtained by two different erosion models stressing the importance of vegetation coverage as prevention of soil loss processes affecting these two study areas. The integration of landcover analysis making emphasis on multitemporal studies in the area of Santos to detect landcover change over a seven year period and the prediction of landcover change using specific software and modeling techniques was also included as an important source of information for the present and future studies. A Spatial Decision Support System (SDSS) was elaborated for Santos study area to tackle one of its most important problems, urbanization, therefore providing local authorities with a reliable tool for decision making processes. Santos landcover change analysis highlighted the most vulnerable areas regarding anthropogenic pressures, mainly deforestation and urbanization. Results obtained emphasize that areas mostly affected by anthropogenic activities are located on low and medium elevations, while those areas characterized by high elevations and steep slopes are less influenced by human activities. Most of the classes in both cases seem to remain as themselves, between 70% and 90% of the area represented by each class does not suffer any impact or transformation into other class, which is quite significant in terms of environmental impact. Landcover prediction of 2010 was obtained through interpolation of surfaces based on the input landcover maps of 1993 and 2000. Landcover trend map of 20 l O highlight an apparent decrease of anthropogenic effects and a more uniform landcover. This could be justified by the improvement in application of environmental laws in the area (CONAMA, 2002). The possibility to predict future landcover is quite significant for performing environmental assessment and preventing uncontrolled anthropogenic activities in this way foreseeing possible scenarios regarding landuse and lancover after a specified number of years. Another important factor that was taken into consideration for Iand degradation and environmental impacts of human activities in these two areas, was the calculation of erosion risk maps using two different models, the RUSLE and USPED, the latest one also gives a quantification of deposition processes taking place. Erosion rates tend to be quite low for both study areas. In Santos and Bahia Bianca it seems that erosion processes are mainly determined by topographic characteristics of each area. Lower erosion rates are found on plain terrains: in Santos mangroves have very low erosion rates, while low vegetation have higher erosion rates; for Bahia Bianca intertidal flats have very low erosion rates, while bare soil at higher elevation increase its erosion rates. Nevertheless, in Santos Mata Atlantica of highlands is mainly found at elevations of more than 570 m, but erosion rates are still very low, this fact highlight the importance of a good vegetation cover in those areas at high risk of erosion. However, erosion rates obtained for Santos and Bahia Bianca, are quite lower than expected, very high erosion values were found only on steep slopes. Unfortunately, validation of erosion-sedimentation results was not possible since in-situ field measurements were not available, nevertheless, results tend to be quite reliable if compared to previous studies performed in nearby areas with similar characteristics. Nevertheless erosion modeling is an important tool for assessment of soil loss processes and elaboration of soil erosion risk maps which are useful references for planning future activities, decreasing current erosion effects as well as preventing future soil degradation. Finally, the elaboration of a Spatial Decision Support System for analyzing urbanization problems in Santos was also possible by the application of GIS. The SDSS was designed to evaluate urban problems in Santos, as there is a considerable number of people living in protected areas as mangrove ecological reserves, which put significant pressure on this fragile and unique ecosystem, so making their relocation an important issue to be solved. In most of the cases these people belong to the lowest social class, characterized by very low incomes and living in extreme poor conditions, which make the difficult task of relocation even more difficult. These people must be conveniently moved as soon as possible to adequate and safe areas. The SDSS indicates the most appropriate places for doing so, taking into consideration a series of local factors and constraints such as, topography, water bodies, existing urban settlements, erosion and landuse, that are the basis of the analysis performed to determine "suitable" locations. The SDSS was an important asset that facilitated the proposal of feasible solutions and viable recommendations to improve urbanization problems in the area of Santos and surroundings. For this reason the elaboration of a SDSS within this thesis, was intended to be a useful and reliable tool to help local authorities with the decision making process for solving Santos most critical threats affecting the city at the present time. It is important to provide regional responsible authorities with the right tools as remote sensing and GIS and reliable planning sources like SDSS thus, helping them in the decision making process for efficiently face current problems avoiding a worsening of the present scenarios.
XIX Ciclo
1973
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20

TACCHI, ROBERTA. "REALIZZAZIONE DI UN SISTEMA INFORMATIVO DELLA FLORA BRIOLOGICA DEL CARSO TRIESTINO E GORIZIANO." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2007. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12184.

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21

De, Moro Gianluca. "Analisi e gestione informatica di sequenze trascritte in organismi non-modello." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2013. http://hdl.handle.net/10077/8554.

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Abstract:
2011/2012
Il tema principale di questo lavoro di tesi è la discussione dei metodi che, mediante l’utilizzo di strumenti creati ad-hoc e di software di terze parti, hanno permesso analizzare sequenze trascritte di 5 organismi non-modello: Mytilus galloprovincialis, Ruditapes philippinarum, Latimeria menadoensis, Astacus leptodactylus e Procambarus clarkii.
XXV Ciclo
1981
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22

Kaleb, Sara. "Caratterizzazione del Coralligeno del Nord Adriatico: analisi della biodiversità e della variabilità spaziale delle comunità macroalgali." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2013. http://hdl.handle.net/10077/8599.

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Abstract:
2011/2012
I fondali che si estendono dal Golfo di Venezia fino alle coste Slovene (Nord Adriatico) prevalentemente fangosi o detritici, sono interrotti da numerosi affioramenti rocciosi distribuiti a profondità tra 7 e 25 m. e distanti dalla costa 0.5-25 miglia nautiche. Tali affioramenti localmente chiamati “tegnùe”, “trezze”, “grebeni”, sono maggiormente concentrati tra il Delta del Po e il Golfo di Trieste (Fig. 1). Stefanon (1967) è stato il primo a descrivere alcuni di questi affioramenti, inizialmente definiti come beachrocks; la loro genesi è invece attualmente connessa alle emissioni di gas metano [1]. La migrazione di gas poco profondi attraverso i sedimenti marini induce la deposizione di carbonato di calcio, cementificando il substrato altrimenti non consolidato.La maggior parte degli affioramenti del Nord Adriatico, che mostrano un ampio spettro di morfologie e dimensioni, è formata da una base rocciosa colonizzata da bioconcrezioni calcaree [1]. Le tegnùe sono state definite formazioni coralligene, anche se differiscono dal tipico coralligeno mediterraneo sensu stricto (Ballesteros, 2006). Il coralligeno e i fondi a maërl e rodoliti sono considerati tra i principali hot-spots di biodiversità in Mediterraneo. Il coralligeno è prodotto dal concrezionamento di alghe calcaree, briozoi, serpulidi, coralli e spugne che si accrescono in condizioni sciafile (Hong, 1980; Ballesteros, 2006), mentre i fondi a rodoliti e maërl sono substrati sedimentari ricoperti da alghe calcaree libere (Corallinales o Peyssonneliaceae) (UNEP-MAP-RAC/SPA, 2008). La conoscenza dell’estensione e struttura delle formazioni coralligene in Mediterraneo è essenziale per l’individuazione di attività di gestione e protezione di questi habitat, così come indicato dalle più recenti Direttive europee e Convenzioni internazionali. Nell’ambito della Marine Strategy Framework Directive 2008/56/CE (MSFD) il “Coralligeno (C)” e i “Fondi a maërl e rodoliti” sono stati inseriti tra gli Special Habitat da caratterizzare e di cui valutare lo Stato Ecologico (GES). Lo scopo ultimo di questo studio, basato sia su attività sperimentali di campo e di laboratorio che sull’analisi di dati di letteratura, è quello di contribuire ad una più approfondita conoscenza delle comunità biotiche degli affioramenti rocciosi del Nord Adriatico. La maggior parte dell’attività di ricerca è stata incentrata sullo studio della struttura e variabilità delle comunità macroalgali, in relazione alle principali variabili ambientali e caratteristiche morfologiche degli affioramenti rocciosi del Veneto e del Friuli Venezia Giulia. È stata inoltre analizzata la componente algale dei fondi a maërl e rodoliti, che si estendono dalle coste venete fino al circalitorale Sloveno. HABITAT FONDI A MAËRL E RODOLITI Per il Nord Adriatico non sono disponibili dati recenti e rappresentativi sulla distribuzione di maërl e rodoliti. La loro presenza è stata segnalata per la prima volta nel Golfo di Trieste nell’area prospiciente le lagune di Grado e Marano (Giaccone, 1978; Orel et al., 1981-82). Successivamente uno studio condotto da Nichetto (1990) ha rilevato la presenza di talli di maërl, prevalentemente morti, sui fondali sabbiosi che si estendono da Grado a Venezia. Infine, Bressan e Giaccone (2005) hanno riportato la presenza di maërl fossile nei sedimenti del Dosso di Santa Croce posto al centro del Golfo di Trieste. Per meglio definire l’estensione di questo Habitat a scala di sottoregione, a partire dal 2008, sono state campionate 46 stazioni nel versante italiano del Golfo di Trieste [1] e al largo della Slovenia [2]. Il campionamento in collaborazione con l’ARPA-FVG è tutt’ora in corso. I campioni sono stati raccolti in immersione o mediante bennate e dragaggi. Considerando anche i dati di letteratura sui fondi mobili dal Veneto alle coste Slovene sono state rinvenute 23 Corallinales, la cui distribuzione batimetrica è compresa tra 9 e 24 m (Orel et al., 1981-82; Nichetto, 1990; Bressan e Giaccone, 2005; [1]; [2]). 15 Corallinales sono state rinvenute sotto forma di rodoliti: Lithophyllum incrustans Philippi, Lithophyllum racemus (Lamarck) Foslie, Lithophyllum corallinae (P.L.Crouan & H.M.Crouan) Heydrich, Lithophyllum pustulatum (J.V. Lamouroux) Foslie, Lithothamnion corallioides (P.L.Crouan & H.M.Crouan) (P.L.Crouan & H.M.Crouan), Lithothamnion minervae Basso, Lithothamnion philippii Foslie, Lithothamnion sonderi Hauck, Lithothamnion valens Foslie, Neogoniolithon brassica-florida (Harvey) Setchell & Mason, Neogoniolithon mamillosum (Hauck) Setchell & L.R. Mason, Phymatolithon calcareum (Pallas) W.H. Adey & D.L. McKibbin, Phymatoltihon lenormandii (Areschoug) W.H. Adey, Spongites fruticulosa Kützing), Sporolithon ptycoides Heydrich. Delle 11 Corallinales raccolte mediante dragaggi nel circalitorale sloveno 5 taxa rappresentano nuove segnalazioni per l’area di studio: Hydrolithon boreale (Foslie) Y.M. Chamberlain, L. philippii, L. minervae, L. sonderi, N. brassica-florida [2]. Nella biocenosi del Detritico Costiero e presso i banchi di Cladocora caespitosa Linnaeus, L. philippii, L. sonderi, L. minervae, L. pustulatum, L. racemus, N. brassica-florida, N. mamillosum, P. lenormandii sono stati campionati come rodoliti vivi, morti o fossili. Alcuni siti sono risultati caratterizzati prevalentemente da rodoliti sub-fossili [2]. Sui fondi mobili da Venezia a Trieste sono state censite 15 Corallinales in forma di rodoliti, in prevalenza caratteristiche del Detritico Costiero. I dati degli anni ’90 avevano evidenziato la dominanza di talli morti in particolare nell’area di Grado, che risultava anche impoverita in termini di abbondanza. Il presente studio ha invece individuato proprio al largo di Grado la presenza di facies vive di maërl e rodoliti. In particolare i fondali sabbiosi sono risultati caratterizzati da L. racemus, mentre sul substrato pelitico-sabbioso sono stati rinvenuti per la prima volta nel Golfo di Trieste talli vivi di P. calcareum, assieme alle altre due specie caratteristiche del maërl mediterraneo (L. corallioides e L. minervae) (Curiel et al., 2009; AA.VV., 2010; [1]). Poiché l’analisi della morfologia dei rodoliti sembra essere indicativa delle caratteristiche idrodinamiche e del tasso di sedimentazione, i talli raccolti in due siti al largo di Grado caratterizzati da una più cospicua presenza di forme libere sono stati classificati in base all’indice di sfericità e alla densità delle ramificazioni [1]. HABITAT CORALLIGENO La posizione, la profondità, la topografia e la struttura geologica degli affioramenti rocciosi del Nord Adriatico sono ben documentati già da tempo, come lo sono la biodiversità e la variabilità spaziale delle comunità zoobentoniche. Al contrario solo pochi studi sono stati condotti sulle macroalghe [3]. Nel presente studio sono state analizzate la biodiversità e la variabilità spaziale delle comunità macroalgali di 37 affioramenti rocciosi situati sui fondali antistanti le lagune di Venezia e Grado-Marano, a distanze dalla costa comprese tra 0.5-10 miglia nautiche e profondità tra 7 e 25 m [3]. In base alla loro morfologia ed elevazione dal substrato tali affioramenti sono stati suddivisi in 3 tipologie: i) piccole rocce sparse con elevazione di 0.5-1m; ii) rocce raggruppate con elevazione di 0.5-1m; iii) strutture ampie con rilievo fino a 3-4m. Sulle superfici orizzontali superiori di ciascun affioramento le macroalghe sono state campionate mediante grattaggi di tre aree (2500 cm2). In laboratorio sono stati analizzati il numero di taxa, la copertura di Rhodophyta, Chlorophyta, Ochrophyta e dei gruppi morfo-funzionali (forme incrostanti, filamentose ed erette). Le relazioni di questi parametri con la tipologia del substrato, la profondità e la distanza dalla costa sono state valutate mediante analisi statistica [3]. In totale sono stati identificati 173 taxa, di cui 124 Rhodophyta, 25 Ochrophyta e 24 Chlorophyta. Con l’aggiunta di dati di letteratura il numero di macroalghe censite sugli affioramenti del Nord Adriatico è di 190 taxa., comprendendo gran parte della flora della regione. Considerando il contesto biogeografico e i fondali mobili circostanti le tegnùe presentano una elevata biodiversità algale, se comparata con le formazioni coralligene del Mediterraneo. L’analisi floristica ha portato al ritrovamento di Mesophyllum macroblastum (Foslie) Adey (Hapalidiaceae, Corallinales, Rhodophyta) componente importante del coralligeno nel Mediterraneo occidentale e prima segnalazione per il Nord Adriatico. I talli gametangiali sono stati invece rinvenuti per la prima volta in Mediterraneo [4]. La morfologia e l’anatomia dei talli raccolti nel Golfo di Trieste sono state analizzate al SEM e successivamente comparate con campioni d’erbario provenienti dal Tirreno e con dati di letteratura. In base alla struttura e anatomia dei concettacoli tetrasporangiali è stata proposta una nuova chiave dicotomica per l’identificazione dei taxa Mediterranei del genere Mesophyllum. È stato inoltre segnalato per la prima volta in Mediterraneo Phymatolithon lamii (Lemoine) Y. Chamberlain (Hapalidiaceae, Corallinales, Rhodophyta), specie aliena incrostante nord atlantica [5]. Lo studio morfo-anatomico al SEM dei campioni raccolti ha evidenziato alcune differenze rispetto ai tipi e ai campioni delle Isole Britanniche. Sono stati inoltre individuati e descritti i caratteri che distinguono P. lamii dalle altre due specie del genere ed è stata proposta una nuova chiave dicotomica basata sulla morfologia esterna del tallo e la struttura dei concettacoli. Il ritrovamento di P. lamii al di fuori del suo range ottimale di temperatura e la presenza di entrambe le fasi riproduttive sembrano indicare una maggiore capacità adattativa di questa specie. È quindi possibile che P. lamii sia presente anche in altre aree del Mediterraneo, ma confuso con il congenerico P. lenormandii. Oltre a P. lamii sugli affioramenti rocciosi campionati sono state rinvenute altre 7 specie aliene, già segnalate nella laguna di Venezia: Antithamnion hubbsii E.Y.Dawson, Desmarestia viridis (O.F.Müller) J.V.Lamouroux, Heterosiphonia japonica Yendo, Neosiphonia harveyi (J.W.Bailey) M.S.Kim, H.G.Choi, Guiry & G.W.Saunders, Polysiphonia morrowii Harvey, Polysiphonia stricta (Dillwyn) Greville, Solieria filiformis (Kützing) P.W.Gabrielson [3]. In totale sono state rinvenute 5 Peyssonneliaceae e 22 Corallinales, tra cui le più comuni sono L. pustulatum e L. philippii. È peculiare l’assenza di alcune alghe comuni nelle formazioni coralligene tipiche del Mediterraneo, che sono invece presenti sui substrati rocciosi sottocosta e poco profondi del Golfo di Trieste, quali Halimeda tuna (Ellis & Solander) J.V. Lamouroux e Flabellia petiolata (Turra) Nizamuddin. La copertura media (14.8 % ± 29.2 %) è bassa rispetto ai valori riportati per il Mediterraneo occidentale (>120 %) Le specie più abbondanti sono Peyssonnelia sp.pl., L. philippii, L. pustulatum e Zanardinia typus (Nardo) P.C.Silva. Per quanto riguarda i gruppi morfo-funzionali il numero delle alghe filamentose (13.4 ± 9.0 taxa) è maggiore rispetto alle forme incrostanti (6.4 ± 5.6 taxa) ed erette (5.4 ± 3.8 taxa). Risultati opposti sono stati ottenuti considerando invece le coperture medie (incrostanti: 8.2 % ± 19.3 %; erette: 4.2 % ± 8.6 % ; filamentose: 2.3 % ± 5.0 % ). Sia il numero di macroalghe che la copertura mostrano un'elevata variabilità correlata alla distanza dalla costa, alla topografia degli affioranti e alla profondità. Tale variabilità è più marcata sottocosta in vicinanza di sbocchi fluviali e alla laguna di Venezia. Questi affioramenti, sottoposti ad elevata sedimentazione, sono caratterizzati da bassi valori di copertura e dalla presenza di taxa a tallo eretto o comuni nelle acque di transizione e sulle strutture artificiali, quali ad esempio Ulva laetevirens Areschoug, Cryptonemia lomation (Bertoloni) J.Agardh, Rhodophyllis divaricata (Stackhouse) Papenfuss, Rhodymenia ardissonei (Kuntze) Feldmann, Ceramium diaphanum (Lightfoot) Roth, Chondria capillaris (Hudson) M.J.Wynne, Dictyota dichotoma v. intricata (C.Agardh) Greville. Gli affioramenti posti a maggior profondità al largo delle lagune di Grado e Venezia mostrano invece elevati valori di copertura di specie biocostruttrici, quali L. stictaeforme, L. philippi, N. mamillosum. In particolare gli affioramenti del Golfo di Trieste, caratterizzati da una minor torbidità e sedimentazione, presentano il numero di macroalghe e i valori di copertura di specie incrostanti maggiori. In generale le forme filamentose mostrano un elevato numero di taxa in entrambe le aree ma con bassi valori di copertura, ad eccezione di Pseudochlorodesmis furcellata (Zanardini) Børgesen . Dato che la MSFD richiede che il GES sia definito a livello ecosistemico, lo studio è stato integrato con dati relativi alle comunità zoobentoniche e alla fauna ittica [6]. È stata quindi ottenuta una check-list di 1001 taxa, che evidenzia la grande biodiversità degli affioramenti del Nord Adriatico. I gruppi principali presenti sugli affioramenti biogenici sono molluschi (256 taxa), alghe (190 taxa), policheti (144 taxa), crostacei (124 taxa), spugne (68 taxa), tunicati (40 taxa) e pesci (80 taxa). In generale gli affioramenti Adriatici sono contraddistinti da un maggior numero di sospensivori e da una ridotta complessità strutturale delle comunità biotiche rispetto al coralligeno mediterraneo. Gli affioramenti del Veneto, probabilmente anche in relazione al numero di studi condotti, presentano un maggior numero di taxa zoobentonici rispetto a quelli del Friuli Venezia Giulia e ai fondali Sloveni. I principali biocostruttori delle tegnùe sono rappresentati da alghe calcaree e policheti. C. caespitosa risulta rara sugli affioramenti italiani mentre mostra un’importante attività di biocostruzione in Slovenia. Complessivamente sono stati censiti 17 taxa considerati caratteristici del coralligeno (sensu Ballesteros, 2006), al contrario i grandi antozoi e briozoi sono assenti, ad eccezione di Myriapora truncata Pallas rinvenuta in Slovenia. L'assenza di queste specie è probabilmente legata alla scarsa elevazione degli affioramenti, alla risospensione dei sedimenti e alle ridotte dimensioni delle superfici colonizzabili. Il ruolo dei bioerosori sui processi di biocostruzione è stato poco indagato. In totale sono stati censiti 14 taxa bioerosori, di cui 4 poriferi, 2 sipunculidi, 4 bivalvi, 3 policheti e 1 echinoderma. In conclusione questo studio rappresenta un importante contributo alla caratterizzazione della componente macroalgale del coralligeno di fondo duro e mobile in Nord Adriatico. Sono state individuate facies vive di maërl in diversi siti al largo della laguna di Grado e definite le tipicità del coralligeno degli affioramenti rocciosi adriatici, adattato a elevati tassi di sedimentazione e ampie escursioni termiche e di salinità. Le tegnùe, per la ridotta profondità e particolare topografia, presentano caratteristiche in parte simili al coralligeno descritto per le coste Pugliesi (Sarà, 1969). Le conoscenze acquisite durante questa ricerca hanno permesso di: - designare due affioramenti come nuova area SIC per il Friuli Venezia Giulia (IT3330009 “Trezze San Pietro e Bardelli”) che con la Deliberazione della Giunta regionale n. 1623 del 20 settembre 2012 è entrata a far parte della rete Natura 2000. - includere ai fini dell’attuazione della MSFD il nord Adriatico tra le 11 assessment area per gli Habitat “Coralligeno” e “Fondi a maërl e rodoliti”. Lo Stato Ecologico è stato indicato in base al “giudizio esperto”, dato che per i due Habitat mancano a livello nazionale ed europeo indici validati per la definizione dei valori soglia del GES.
XXV Ciclo
1981
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23

Bertuzzi, Stefano. "La fluorescenza clorofilliana quale strumento di indagine nel campo del biomonitoraggio ambientale e del restauro dei monumenti." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2013. http://hdl.handle.net/10077/8555.

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Abstract:
2011/2012
Le analisi di fluorescenza della clorofilla a (ChlaF), utilizzate proficuamente da molti decenni negli studi ecofisiologici delle piante superiori, sono state introdotte più recentemente anche per la valutazione dell’integrità dei fotosistemi degli organismi fotoautotrofi peciloidrici. Tra questi, il particolare interesse verso licheni e briofite è legato sia al loro utilizzo quali biomonitors degli inquinanti aerodiffusi, sia alla loro azione potenzialmente - in alcuni casi fortemente - biodeteriogena sui manufatti lapidei. Lo stile di vita di licheni e briofite - organismi che non sono in grado di bilanciare i flussi del proprio contenuto idrico da o verso l’ambiente - e le loro peculiari forme di crescita, rendono molto più complessa l’applicazione su di essi delle tecniche fluorimetriche rispetto a quanto in uso sulle piante vascolari. Inoltre, il continuo miglioramento delle tecnologie e delle strumentazioni obbligano ad un costante aggiornamento dei protocolli di indagine. Il presente progetto di dottorato è indirizzato al miglioramento delle metodologie di analisi di ChlaF, attraverso due principali filoni di ricerca: i) la valutazione dell’applicabilità delle tecniche fluorimetriche nel campo della conservazione dei beni culturali e la successiva implementazione di una innovativa metodica di controllo del degrado biologico che prevede l’esposizione degli organismi a shock termici; ii) la valutazione degli effetti di due inquinanti notoriamente fitotossici quali l’idrogeno solforato (H2S) e l’ozono (O3), su licheni fogliosi epifiti mediante esposizione in camere a condizioni controllate e in Open Top Chambers. Gli esperimenti, condotti sia in laboratorio sia direttamente sul campo, hanno visto l’impiego di due tra i più diffusi strumenti di misura di ChlaF: un fluorimetro di tipo PAM (Pulse Amplitude Modulation) basato sul principio di modulazione dell’impulso luminoso, e un PEA (Plant Efficiency Analyser) che usa una tecnica di eccitazione continua con luce a led. Alle misure di ChlaF sono state affiancate altre tecniche di analisi degli effetti dei trattamenti somministrati. Con riferimento ai due principali filoni di ricerca, si è dimostrato che i) l’analisi di ChlaF sui biodeteriogeni dei monumenti si rivela assai efficiente e molto più precisa rispetto ad altre tecniche quali le osservazioni in epifluorescenza o al microscopio confocale. I trattamenti termici a 60 °C, quando condotti su campioni idratati, portano alla morte di tutti gli organismi presi in esame (licheni, muschi ed epatiche). Inoltre, trattamenti termici a 40 °C sono sufficienti per ridurne significativamente la vitalità, aumentando in parallelo l’efficacia dei prodotti chimici correntemente impiegati nel campo del restauro. ii) L’H2S si è rivelato essere un gas fortemente tossico per i licheni: i maggiori danni interessano l’apparato fotosintetico ed in particolare il complesso di evoluzione dell’ossigeno, al quale l’H2S si legherebbe in maniera molto forte, sostituendosi all’acqua, fino a causare il distacco dello ione manganese. L’O3 invece non influenza in maniera significativa la vitalità dei talli, a fronte di una risposta negativa al protratto disseccamento, che è comunque specie-specifica. La notevole resistenza dei licheni all’O3 sembra essere legata alla disponibilità di efficaci meccanismi di detossificazione, necessari per fronteggiare lo stress ossidativo derivante dai naturali e quotidiani cicli di disidratazione-reidratazione a cui i licheni sono soggetti La fluorescenza clorofilliana si è rilevata un ottimo strumento di analisi, rapido, efficiente, poco costoso e perfettamente applicabile sia in laboratorio sia in situ; le tematiche affrontate aprono interessanti prospettive di sviluppo i) nel campo della conservazione dei materiali lapidei, con l’introduzione di una nuova e potenzialmente rivoluzionaria tecnica per l’eliminazione degli organismi biodeteriogeni dai substrati, e ii) nell’utilizzo dei licheni quali biomonitors, grazie alla dimostrazione della forte sensibilità di alcune specie licheniche all’H2S, e alla resistenza che tali organismi sembrano presentare nei confronti dell’O3.
XXV Ciclo
1983
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24

Bandini, Vittoria <1982&gt. "Applicazione di strumenti e metodi per la gestione ambientale di un territorio vasto - Sviluppo di un sistema di gestione ambientale in un ente pubblico secondo lo schema europeo EMAS e analisi di un sistema energetico territoriale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2620/1/Bandini_Vittoria_Tesi.pdf.

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Abstract:
Environmental Management includes many components, among which we can include Environmental Management Systems (EMS), Environmental Reporting and Analysis, Environmental Information Systems and Environmental Communication. In this work two applications are presented: the developement and implementation of an Environmental Management System in local administrations, according to the European scheme "EMAS", and the analysis of a territorial energy system through scenario building and environmental sustainability assessment. Both applications are linked by the same objective, which is the quest for more scientifically sound elements; in fact, both EMS and energy planning are oftec carachterized by localism and poor comparability. Emergy synthesis, proposed by ecologist H.T. Odum and described in his book "Environmental Accounting: Emergy and Environmental Decision Making" (1996) has been chosen and applied as an environmental evaluation tool, in order complete the analysis with an assessment of the "global value" of goods and processes. In particular, eMergy syntesis has been applied in order to improve the evaluation of the significance of environmental aspects in an EMS, and in order to evaluate the environmental performance of three scenarios of future evolution of the energy system. Regarding EMS, in this work an application of an EMS together with the CLEAR methodology for environmental accounting is discussed, in order to improve the identification of the environmental aspects; data regarding environmental aspects and significant ones for 4 local authorities are also presented, together with a preliminary proposal for the integration of the assessment of the significance of environmental aspects with eMergy synthesis. Regarding the analysis of an energy system, in this work the carachterization of the current situation is presented together with the overall energy balance and the evaluation of the emissions of greenhouse gases; moreover, three scenarios of future evolution are described and discussed. The scenarios have been realized with the support of the LEAP software ("Long Term Energy Alternatives Planning System" by SEI - "Stockholm Environment Institute"). Finally, the eMergy synthesis of the current situation and of the three scenarios is shown.
La gestione ambientale è composta da più elementi, tra le quali i Sistemi di gestione ambientale (SGA), l'analisi ed il reporting ambientale, la gestione di dati ambientali, la comunicazione ambientale. In questa tesi ci si occupa dello sviluppo e applicazione di un SGA in un Ente pubblico secondo lo schema europeo "EMAS", e dell'analisi di un sistema energetico territoriale attraverso la costruzione di scenari e l'uso di indici di sostenibilità  ambientale. Entrambe le tematiche sono accomunate dalla ricerca di inserire elementi di scientificità  in procedure (i SGA e la pianificazione energetica) che sono altrimenti spesso caratterizzate da localismo e scarsa confrontabilità . La sintesi eMergetica, proposta dall'ecologo H.T. Odum e descritta nel 1996 nel libro "Environmental Accounting: Emergy and Environmental Decision Making", è stata utilizzata per completare con un elemento di valutazione del valore ambientale globale le analisi svolte. In particolare, la sintesi eMergetica è stata utilizzata per migliorare la metodologia per valutare la significatività  degli aspetti ambientali in un SGA, e per valutare le performance ambientali degli scenari di evoluzione del sistema energetico studiato. Relativamente ai SGA, si riportano una applicazione congiunta del metodo CLEAR per facilitare l'identificazione degli aspetti ambientali, i dati dei 4 Comuni seguiti per quanto riguarda aspetti ambientali e significatività , una proposta preliminare di integrazione della valutazione della significatività  attraverso la sintesi eMergetica. Relativamente all'analisi di un sistema energetico territoriale, si riportano la caratterizzazione della situazione attuale ed il bilancio energetico, il bilancio delle emissioni di gas serra, 3 scenari di evoluzione del sistema definiti col supporto del software LEAP ("Long Term Energy Alternatives Planning System" del SEI - "Stockholm Environment Institute"), la sintesi eMergetica della situazione attuale e degli scenari costruiti.
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Bandini, Vittoria <1982&gt. "Applicazione di strumenti e metodi per la gestione ambientale di un territorio vasto - Sviluppo di un sistema di gestione ambientale in un ente pubblico secondo lo schema europeo EMAS e analisi di un sistema energetico territoriale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2620/.

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Abstract:
Environmental Management includes many components, among which we can include Environmental Management Systems (EMS), Environmental Reporting and Analysis, Environmental Information Systems and Environmental Communication. In this work two applications are presented: the developement and implementation of an Environmental Management System in local administrations, according to the European scheme "EMAS", and the analysis of a territorial energy system through scenario building and environmental sustainability assessment. Both applications are linked by the same objective, which is the quest for more scientifically sound elements; in fact, both EMS and energy planning are oftec carachterized by localism and poor comparability. Emergy synthesis, proposed by ecologist H.T. Odum and described in his book "Environmental Accounting: Emergy and Environmental Decision Making" (1996) has been chosen and applied as an environmental evaluation tool, in order complete the analysis with an assessment of the "global value" of goods and processes. In particular, eMergy syntesis has been applied in order to improve the evaluation of the significance of environmental aspects in an EMS, and in order to evaluate the environmental performance of three scenarios of future evolution of the energy system. Regarding EMS, in this work an application of an EMS together with the CLEAR methodology for environmental accounting is discussed, in order to improve the identification of the environmental aspects; data regarding environmental aspects and significant ones for 4 local authorities are also presented, together with a preliminary proposal for the integration of the assessment of the significance of environmental aspects with eMergy synthesis. Regarding the analysis of an energy system, in this work the carachterization of the current situation is presented together with the overall energy balance and the evaluation of the emissions of greenhouse gases; moreover, three scenarios of future evolution are described and discussed. The scenarios have been realized with the support of the LEAP software ("Long Term Energy Alternatives Planning System" by SEI - "Stockholm Environment Institute"). Finally, the eMergy synthesis of the current situation and of the three scenarios is shown.
La gestione ambientale è composta da più elementi, tra le quali i Sistemi di gestione ambientale (SGA), l'analisi ed il reporting ambientale, la gestione di dati ambientali, la comunicazione ambientale. In questa tesi ci si occupa dello sviluppo e applicazione di un SGA in un Ente pubblico secondo lo schema europeo "EMAS", e dell'analisi di un sistema energetico territoriale attraverso la costruzione di scenari e l'uso di indici di sostenibilità  ambientale. Entrambe le tematiche sono accomunate dalla ricerca di inserire elementi di scientificità  in procedure (i SGA e la pianificazione energetica) che sono altrimenti spesso caratterizzate da localismo e scarsa confrontabilità . La sintesi eMergetica, proposta dall'ecologo H.T. Odum e descritta nel 1996 nel libro "Environmental Accounting: Emergy and Environmental Decision Making", è stata utilizzata per completare con un elemento di valutazione del valore ambientale globale le analisi svolte. In particolare, la sintesi eMergetica è stata utilizzata per migliorare la metodologia per valutare la significatività  degli aspetti ambientali in un SGA, e per valutare le performance ambientali degli scenari di evoluzione del sistema energetico studiato. Relativamente ai SGA, si riportano una applicazione congiunta del metodo CLEAR per facilitare l'identificazione degli aspetti ambientali, i dati dei 4 Comuni seguiti per quanto riguarda aspetti ambientali e significatività , una proposta preliminare di integrazione della valutazione della significatività  attraverso la sintesi eMergetica. Relativamente all'analisi di un sistema energetico territoriale, si riportano la caratterizzazione della situazione attuale ed il bilancio energetico, il bilancio delle emissioni di gas serra, 3 scenari di evoluzione del sistema definiti col supporto del software LEAP ("Long Term Energy Alternatives Planning System" del SEI - "Stockholm Environment Institute"), la sintesi eMergetica della situazione attuale e degli scenari costruiti.
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Zanatta, Katia. "Studio delle praterie steppiche submediterranee del Carso Nord Adriatico ai fini della conservazione della Biodiversità e dell'Habitat." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/10920.

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Abstract:
2013/2014
Il lavoro si articola in 3 capitoli ripartiti in una parte teorica dedicata alla sintassonomia delle praterie steppiche submediterranee del Carso e una parte applicativa finalizzata alla conservazione dell’habitat. 1. Analisi fitosociologica e revisione nomenclaturale delle praterie steppiche submediterranee (Scorzonero villosae-Chrysopogonetalia grylli Horvatić et Horvat in Horvatić 1963) del Carso Nord Adriatico. L’abbandono delle pratiche pastorali tradizionali ha reso le praterie steppiche fitocenosi ad elevata importanza e urgenza conservazionistica. Alla base di qualsiasi azione di tutela si pone la conoscenza delle specie e delle loro modalità organizzative nelle diverse condizioni ambientali e gestionali. Scopo della ricerca è fornire un quadro conoscitivo aggiornato dei syntaxa appartenenti all’ordine Scorzoneretalia villosae (= Chrysopogono-Scorzoneretalia villosae) secondo il metodo fitosociologico classico (Braun-Blanquet, 1924, 1964). Sono stati classificati 397 rilievi fitosociologici pubblicati e 25 rilievi inediti dal 1957 ad oggi, con l’individuazione di gruppi di specie differenziali di associazione e subassociazione mediante analisi ISA (Indicator Species Analysis). A livello formale, viene ripristinato il rango di associazione per Seseli gouanii-Artemisietm albae e Lactuco vimineae–Bothryocloetum ischaemum; per Centaureo cristatae–Chrysopogonetum gryllii cade la definizione di razza geografica e viene descritta una subassociazione inedita (stipetosum eriocaulis); viene individuato un aspetto inedito di transizione del Danthonio-Scorzonereetum verso Anthoxantho-Brometum, evidenziando il collegamento con i prati da sfalcio carsici. L’aumento dell’informazione data dalla numerosità dei rilievi elaborati ha reso possibile confermare la stabilità delle unità sintassonomiche a livello di associazione e dare una migliore definizione della loro variabilità ecologica. 2. Il potenziale informativo delle fitocenosi quale strumento di valutazione dello stato di conservazione dell’Habitat. Caso studio dei siti del progetto Biodinet. Scopo dello studio è testare un approccio metodologico di assessment basato sul potenziale informativo delle fitocenosi descritte dalla moderna fitosociologia, valutando nel tempo e su scala locale i cambiamenti strutturali e funzionali delle fitocenosi prato-pascolive. Lo stato di conservazione e il trend dei siti analizzati (stato reale) sono stati messi in relazione con l’associazione di riferimento (modello), rappresentato dal Danthonio-Scorzoneretum (Scorzonerion villosae) descritto nella prima parte. Per valutare la significatività della distanza tra stato attuale e modello sono stati applicati opportuni test statistici su variabili descrittive floristico-vegetazionali. I risultati evidenziano un cambiamento significativo dell’assetto funzionale-strutturale dei siti analizzati con alterazione del profilo corotipico, aumento delle terofite e diminuzione delle specie indicative rispetto all’associazione modello. Il metodo non risulta applicabile a livello sintassonomico di subassociazione, mentre l’applicazione a livello di associazione sembra dimostrare una certa validità nel fornire indicazioni gestionali utili al mantenimento o al recupero dell’habitat. Viene inoltre analizzata la relazione tra biodiversità e produttività foraggera. Lo studio ha evidenziato come la produttività sia correlata negativamente con la ricchezza floristica. In particolare, si è visto che la diversità tende ad essere maggiore nei pascoli, ovvero nelle condizioni a minor produttività. 3. Resilienza e recupero dell’habitat: analisi del pattern delle praterie steppiche termofile a diverso grado di incespugliamneto di un’area campione del Carso monfalconese. Scopo dello studio è analizzare il pattern delle specie di un pascolo abbandonato soggetto a riforestazione naturale in rapporto alla densità crescente di incespugliamento e alle condizioni geomorfologiche dell’area. Scopo ultimo è indicare un grado di incespugliamento per il quale risulta conveniente il recupero dell’habitat mediante decespugliamento. E’stato messo a punto un metodo di indagine basato sull’individuazione in ambiente GIS di quadrati random di campionamento a percentuale crescente di incespugliamento. I dati floristici dei quadrati campionati sono stati analizzati in relazione alle variabili geomorfologiche e floristico-vegetazionali. Allo scopo di testare l’influenza della zona e delle classi di incespugliamento sul pattern delle specie è stata applicata un’analisi della varianza a due vie. I risultati mostrano differenze significative nel pattern di distribuzione delle specie a dipendenza delle condizioni stazionali e indicano un limite di intervento fino all’80% di superficie interessata da cespugli. Questo dato va tuttavia interpretato in considerazione della limitata permanenza al suolo dei semi delle specie prative.
XXVII Ciclo
1970
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27

Ceciliot, Giulia. "Valutazione dell'efficacia di gestione dell'AMP di Miramare: gli impatti delle attività di visita in snorkeling." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/6263/.

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Abstract:
All’interno della Riserva Marina di Miramare, in particolare nella zona A, vengono svolte da sempre attività di balneazione a scopo educativo, didattico e di visita guidata, autorizzate dall’Ente Gestore. In questo studio, è stato scelto un set significativo di specie, su cui verificare un livello di efficacia di gestione rispetto al possibile impatto causato da attività svolte in snorkeling, in particolare seawatching e mini corsi di biologia marina per bambini. Per prima cosa, con l’utilizzo di un GPS, si è voluto caratterizzare l’itinerario svolto dalle attività, come un insieme di punti, e questa procedura è stata ripetuta più volte per avere una rappresentazione realistica del percorso. In seguito attraverso QGIS, è stato possibile creare delle Mappe di concentrazione dei punti, per individuare i siti in cui i turisti, che si apprestano a svolgere le attività, si soffermano maggiormente ad osservare gli organismi sottostanti, in questo modo sono state evidenziate delle aree lungo il percorso, caratterizzate da un maggiore impatto antropico. Il campionamento in acqua si è svolto in queste aree, attraverso l’ausilio di transetti, lungo i quali sono stati presi dati di presenza/assenza inerenti al set di specie preso in considerazione. A ciascuna specie, sono stati poi attribuiti dei criteri: Vulnerabilità, Valore eco-naturalistico, Diffusione, Valore estetico e Valore economico, per mezzo dei quali sono state individuate le specie che necessitano di maggiore attenzione, in quanto potrebbero subire danni a causa delle attività che si svolgono in Riserva.
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28

Torboli, Valentina. "Identificazione di molecole coinvolte dell'interazione ospite-patogeno in Mytilus galloprovincialis (Lamark, 1819) con tecnica phage-display." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/10919.

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Abstract:
2013/2014
Le cellule di mollusco immunocompetenti, in primis gli emociti circolanti, provvedono ad una rapida e robusta risposta difensiva nel confronti dei potenziali patogeni. Una volta che gli emociti vengono attivati dall'interazione tra pattern molecolari (PAMPs) presenti sulla superficie dei patogeni e specifici PRRs (pattern recognition receptors) in grado di riconoscerli, queste cellule innescano reazioni difensive. Nonostante un numero sempre più elevato di molecole in grado di interagire con i PAMPs sia stato caratterizzato in M. galloprovincialis, ad oggi non è mai stato effettuato uno studio di interattomica per l’identificazione su larga scala dei PRRs di mitilo coinvolti nel riconoscimento di specifici patogeni. Lo scopo di questo studio è, dunque, quello di identificare i PRRs delle cellule di mollusco immunocompetenti coinvolti nel riconoscimento dei batteri Vibrio splendidus e V. aestuarianus, Gram-negativi presenti in acque costiere e associati ai casi di mortalità che hanno colpito gli allevamenti di ostriche in tutto il mondo e verso i quali i mitili mostrano, invece, notevole resistenza . Per eseguire questo tipo di analisi è stata utilizzata, in modo innovativo, la tecnica phage-display, che si basa sulla possibilità di far esprimere ad un batteriofago un peptide esogeno in fusione con una delle proteine del capside, in modo che la particella fagica esponga sulla sua stessa superficie il peptide di interesse. Il nuovo approccio utilizzato in questo studio ha permesso lo studio diretto dell’interazione tra i fagi recanti un pool di peptiti espressi da emociti di mitilo e i PAMPs presenti sulla superficie delle cellule batteriche. Mediante successive fasi di selezione e amplificazione delle particelle fagiche in grado di legarsi alla superficie dei batteri, è stato possibile arricchire la frazione di cDNA di mitilo codificante PRRs. Con tecniche di sequenziamento massivo e strumenti bioinformatici è stato poi possibile risalire a tutte le sequenze codificanti i peptidi selezionati. I risultati ottenuti indicano che vi è una notevole differenza tra il numero di PRRs di emociti di mitilo che ha interagito con V. splendidus ripetto a V. aestuarianus. Lo studio si è, quindi, incentrato sui 42 peptidi selezionati contro V. splendidus, presunti PRRs, identificandone alcuni con funzione immunitaria già nota (C-type lectin, FREPs, C1qDC proteina, apextrin-related proteina), alcuni presumibilmente falsi positivi ed altri completamente nuovi che non mostrano similarità con sequenze omologhe annotate e il cui ruolo e funzione andrebbero indagati con futuri studi sperimentali.
XXVII Ciclo
1985
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29

Bertucci, Maresca Victoria. "Genetic characterization of the native crayfish Austropotamobius pallipes complex in Friuli Venezia giulia for restocking purposes." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/10915.

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Abstract:
2013/2014
The white-clawed crayfish A. pallipes has suffered in recent decades a strong decline throughout its entire distributional range, mainly due to the growing number of threats coming from anthropic influence, including habitat loss and degradation, overfishing, infectious diseases, and the introduction of non-indigenous crayfish species (NICS). The species is included in the red list of the IUCN (International Union for Conservation of Nature) as a species at risk of extinction. An important goal in conservation biology is to assess the genetic variability and thus the “genetic health” of populations and to identify any evolutionarily significant unit (ESU) within endangered species, before management decisions are taken. Within RARITY (http://www.life-rarity.eu), a LIFE project for the eradication of the invasive Louisiana red swamp (Procambarus clarkii) and for the preservation of the native white-clawed crayfish in Friuli Venezia Giulia (NE Italy), I was responsible for the genetic characterization of A. pallipes complex in this area, in order to define the taxonomic status, the genetic variability and the population structure and differentition. The analysis of two mitochondrial genes (COI and 16 rDNA) of about 500 individuals from 58 monitored sites showed that the FVG crayfish belong to the A. italicus species, with two different subspecies present: A.i. carsicus and A.i.meridionalis. The analysis at six polimorphic microsatellite loci revealed generally low levels of within population genetic diversity (0,0 XXVII Ciclo
1981
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30

Piazza, Federica. "sviluppo di metodiche biomolecolari per la cattura e l'eradicazione del gambero rosso della Louisiana Procambarus clarkii (Girard, 1852)." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/10918.

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Abstract:
2013/2014
L’obiettivo del presente progetto di dottorato consiste nello sviluppo di metodologie innovative per la gestione del Crostaceo Decapode Procambarus clarkii, il gambero rosso della Louisiana. La specie è considerata in gran parte del pianeta come aliena invasiva in quanto è in grado di diffondersi in habitat anche molto diversi da quello d’origine ed è diventata una minaccia per le specie di gamberi locali, con le quali entra in competizione, e provoca danni agli ecosistemi e all’economia. Le vie di introduzione sono gli allevamenti commerciali e la liberazione in natura da parte di acquariofili. La sua diffusione è facilitata dalla notevole capacità di spostamento: P. clarkii riesce a percorrere fino a 3 km in una notte fuori dall’acqua attraverso i campi. In Italia la colonizzazione è stata rapida a causa del degrado degli habitat per la forte antropizzazione e per l’assenza di predatori e di parassiti specifici. Le particolari caratteristiche ecologiche di P. clarkii gli permettono di vivere ovunque, è una specie essenzialmente a strategia r in grado di colonizzare ambienti instabili. Il gambero rosso raggiunge molto rapidamente la maturità sessuale ed è caratterizzato da una riproduzione annuale multipla (fino a 4 volte a seconda della temperatura dell’acqua). L’elevata resistenza agli stress ambientali consente alla specie di vivere in un ampio range di temperature, di sopportare basse concentrazioni di ossigeno, elevata salinità e anche la presenza di inquinanti. Ha abitudini alimentari generaliste, nutrendosi di macroinvertebrati, pesci, anfibi; inoltre ha un’intensa attività erbivora che causa una drastica riduzione della massa delle macrofite che determina un forte impatto sulla biodiversità degli ecosistemi. È inoltre portatore sano della peste del gambero, dovuta al fungo Aphanomyces astaci, letale per tutte le specie locali. Le tecniche che sono state messe a punto durante il dottorato di ricerca sono: 1. l'utilizzo di esche a feromoni per il trappolaggio specie-specifico; 2. la sterilizzazione degli individui, con esche contenenti l’ormone gonado inibitorio (GIH); 3. la tecnica del rilascio di maschi sterili (SMRT). La prima metodologia si basa sui feromoni, sostanze chimiche prodotte dalle ghiandole a rosetta associate alla vescica urinaria nei Decapodi. In P. clarkii i feromoni sono rilasciati dalle femmine sessualmente mature per attrarre i maschi ricettivi e sono liberati attraverso l’urina. È stata prodotta una libreria in phage-display, una collezione di piccole proteine che sono fuse alle proteine fagiche, partendo dai tessuti della zona del nefroporo, delle ghiandole a rosetta, e dal rene (ghiandola verde) di femmine in periodo riproduttivo. La libreria è stata poi selezionata su antennule di maschi sessulamente attivi, sede dei recettori per i feromoni, per isolare molecole ad attività feromonale. Le selezioni sono state testate con esperimenti comportamentali di attrattività e una è risultata attrattiva nei confronti di maschi di P. clarkii. Con questa selezione sono state allestite le esche, costituite da una piastra petri forata contenente una matrice di alginato che ingloba le molecole della selezione. La validazione del sistema è stata eseguita attraverso prove in campo, presso il canale del Brancoletto, dove sono state posizionate nasse vuote, nasse con la nostra esca e nasse con una scatoletta di cibo per gatti. Con le prove è stata confermata l'attività attrattiva e la specie specificità dell’esca prodotta che cattura quasi esclusivamente esemplari di P. clarkii al contrario delle esche trofiche. La seconda tecnica prevede l’utilizzo dell’ormone gonado inibitorio, che inibisce la vitellogenesi nelle femmine e lo sviluppo dei testicoli nei maschi. L’ormone è prodotto dal complesso organo X-ghiandola del seno all’interno dei peduncoli oculari. L’obiettivo è stato quello di individuare un sistema per veicolare, attraverso il cibo (oral delivery), il GIH in modo da sterilizzare gli animali direttamente in natura semplicemente con la distribuzione di esche ormonali. La validazione dell'efficacia dell'oral delivery è stata effettuata con insulina umana e con l’ormone iperglicemizzante dei Crostacei (cHH) attraverso l’utilizzo di capsule ovvero palline di alginato, in cui è stato inglobato l’ormone mescolato a mangime per renderlo appetibile. Il rilevamento di insulina umana nell'emolinfa degli animali trattati dopo alcune ore dalla somministrazione ha dimostrato l'efficacia di questa formulazione. Gli esperimenti seguenti con il cHH non hanno dato i risultati sperati ed è stato deciso di sperimentare una tecnica differente che si basa sulla produzione di capsule mediante una microemulsione in cui il cHH è incluso in microgocce d’olio, a loro volta incluse in una matrice di alginato e chitosano. Questo sistema ha permesso di rilevare una differenza altamente significativa tra la glicemia degli animali trattati rispetto a quella degli animali di controllo. Viene così dimostrato l'assorbimento di dosi bioattive di ormoni peptidici attraverso il canale digerente utilizzando questa formulazione. La terza metodologia consiste nella sterilizzazione dei maschi e nel loro successivo rilascio in natura in modo che possano competere per l’accoppiamento con i maschi non trattati. Questa tecnica è già stata utilizzata per il controllo degli Insetti invasivi e i nostri dati confermano la possibilità di usarla anche per i Crostacei Decapodi. Sono stati analizati i danni del tessuto testicolare a differenti dosaggi di irradiazioni ionizzanti. Le radiazioni provocano ai vari dosaggi consistenti danni agli stadi precoci della spermatogenesi come dimostrato dalle differenze significative nel diametro medio degli acini analizzati in sezioni semifini a 10 e 30 giorni dal trattamento. L’analisi ultratsrutturale ha confermato la presenza di danni cellulari, in tutto il lobo testicolare ai vari dosaggi. Le radiazioni inducono danni permanenti e impediscono un regolare sviluppo dei testicoli, dimostrando di essere una tecnica eccellente per la sterilizzazione dei maschi di P. clarkii. I nostri dati individuano la dose di 40 Gy come il migliore compromesso tra i danni causati ai testicoli e i danni all’animale, in quanto i maschi irradiati non subiscono alterazioni significative nel comportamento riproduttivo. Tutte le tecniche innovative sviluppate durante il dottorato di ricerca hanno dato risultati estremamente interessanti evidenziando numerosi vantaggi nel loro utilizzo rispetto alle tecniche tradizionali. L’utilizzo delle esche a feromoni garantisce un minimo impatto sulla flora/fauna locale, dovuto solo al posizionamento delle trappole, e una gestione semplificata del trappolaggio intensivo in quanto non è richiesta una cernita degli animali presenti nella nassa. Il metodo autocida con le esche ormonali, per la sterilizzazione degli animali in natura, presenta numerosi vantaggi: il rilascio delle esche prima della stagione riproduttiva non richiede personale specializzato; il GIH è specie-specifico e non dovrebbe agire sul metabolismo di specie non bersaglio e, sebbene l'assorbimento non ha un’efficienza elevata, bastano dosi circolanti minime dell'ormone per esplicare la sua attività biologica. Infine la tecnica SMRT, nonostante la notevole variabilità del livello di sterilizzazione degli animali ad un certo dosaggio, costituisce, ad oggi, il metodo di controllo della diffusione del gambero rosso meno impegnativa sia dal punto di vista economico che gestionale in quanto la sterilizzazione e il rilascio dei maschi trattati possono essere eseguiti, in un solo giorno, con cadenza annuale. Ulteriori approfondimenti sono necessari per valutare l’applicabilità di queste tecniche per il controllo di popolazioni naturali, ma esse costituiscono senza dubbio una svolta significativa nelle ricerche del settore in quanto potrebbero garantire un drastico abbassamento dei costi nella gestione integrata delle popolazioni di P. clarkii.
XXVII Ciclo
1983
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31

Ingrosso, Gianmarco. "Ocean acidification processes in coastal and offshore ecosystems." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/10916.

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Abstract:
2013/2014
Since the beginning of Industrial Revolution a massive amount of atmospheric carbon dioxide, produced by human activity, has been absorbed by the World’s Oceans. This process has led to an acidification of marine waters on a global scale and is one of the most serious threats facing marine ecosystems in this century. The negative impacts of ocean acidification could be much more relevant in coastal ecosystems, where marine life is concentrated and biogeochemical processes are more active. However, future projections of pH reduction in these areas are difficult to estimate because result from multiple physical and biological drivers, including watershed weathering, river-born nutrient inputs, and changes in ecosystem structure and metabolism. In order to assess the sensibility of the Gulf of Trieste to the ocean acidification, high quality determination of the marine carbonate system (pHT, total alkalinity, dissolved inorganic carbon-DIC, buffer capacity) and other related biogeochemical parameters were carried out along a transect from the Isonzo River mouth to the centre of the gulf and at the coastal Long Term Ecological Research station C1. At the same time the biological influence of organic matter production and decomposition on the marine CO2 system was estimated using 14C primary production and heterotrophic prokaryote production (by 3H-leucine incorporation). The two years long measurements revealed a complex dynamic of the marine carbonate system, due to the combined effects of local freshwater inputs, biological processes, and air-sea CO2 exchange. However, it was possible to estimate the influence of the different drivers on a seasonal time scale. In winter the very low seawater temperature (minima = 2.88 °C) and strong Bora events determined a marked dissolution of atmospheric CO2 and elevated DIC concentration. During warm seasons the DIC concentration gradually decreased in the surface layer, due to biological drawdown (primary production) and thermodynamic equilibria (CO2 degassing), whereas under the pycnocline the respiration and remineralisation of organic matter prevailed, causing a temporary acidification of bottom waters. The winter seawater invasion of atmospheric CO2 was balanced by high riverine AT input (maxima ∼ 2933 µmol kg-1), derived mainly from chemical weathering of carbonate rocks of the surrounding karstic area, which increased the buffer capacity of this system and probably could mitigate the effect of ocean acidification. The marine carbonate system was also analysed in the Middle and Southern Adriatic Sea, in order to estimate the concentration of anthropogenic carbon dioxide currently present in this area. The results suggested that the entire water column was contaminated by a large amount of anthropogenic CO2 and very high concentration was detected near the bottom, in correspondence of the North Adriatic Dense Waters. This finding supported the hypothesis that during dense water formation events the very low seawater temperature can favour the physical dissolution of atmospheric carbon dioxide, and also revealed the active role of the North Adriatic Sea in sequestering and storing anthropogenic CO2 into the deep layers of Mediterranean Sea.
Dall’inizio della Rivoluzione Industriale ad oggi, una grande quantità di anidride carbonica antropogenica presente in atmosfera è stata assorbita dagli Oceani di tutto il mondo. Questo processo ha portato all’acidificazione del mare su scala globale e rappresenta una delle più gravi minacce per gli ecosistemi marini in questo secolo. L’impatto negativo di tale fenomeno, noto come ocean acidification, potrebbe essere maggiore soprattutto negli ecosistemi costieri, poiché è qui che si concentrano gli organismi marini ed è qui che i cicli biogeochimici risultano più attivi. Tuttavia è difficile stimare il futuro abbassamento del pH in queste aree a causa della loro complessità e della moltitudine dei processi fisici, chimici e biologici coinvolti (cambiamenti dello stato trofico e del metabolismo dell’ecosistema, input fluviale di nutrienti, materia organica e prodotti di dissoluzione delle rocce, ecc.). Allo scopo di valutare la vulnerabilità del Golfo di Trieste rispetto al processo di ocean acidification, per due anni sono state eseguite misure di elevata precisione del sistema carbonatico marino (pHT, alcalinità totale, carbonio inorganico disciolto-DIC, capacità tamponante) e di altri parametri biogeochimici correlati lungo un transetto che congiunge la foce del fiume Isonzo al centro del Golfo e nella stazione C1 sito LTER (Long Time Ecological Research C1). Inoltre, per valutare in maniera più approfondita l’influenza dei processi biologici sulla variabilità del sistema carbonatico, è stata stimata la produzione primaria, attraverso il metodo dell’incorporazione di 14C, e la produzione procariotica eterotrofa, attraverso l’incorporazione di 3H-leucina. I risultati hanno evidenziato una complessa dinamica del sistema carbonatico dovuta all’effetto e all’interazione degli apporti fluviali, dei processi biologici e dello scambio di CO2 tra atmosfera e mare. Su scala stagionale, tuttavia, è stata stimata l’influenza e il contributo dei diversi processi. In inverno, la bassa temperatura dell’acqua, che in un caso estremo ha raggiunto i 2.88 °C, e i forti venti di Bora hanno favorito la dissoluzione della CO2 atmosferica, determinando un incremento della concentrazione di DIC. Durante la primavera e l’estate i livelli di DIC sono diminuiti gradualmente negli strati superficiali, grazie all’effetto combinato della produzione primaria e alla perdita di CO2 verso l’atmosfera per degassamento. Nel periodo tardo estivo-autunnale, invece, al di sotto del picnoclino i processi di respirazione e remineralizzazione della materia organica sono risultati predominanti determinando, a causa dell’elevata concentrazione di CO2 prodotta, una temporanea acidificazione delle acque di fondo. Il forte assorbimento di CO2 atmosferica stimato durante l’inverno era, però, controbilanciato dall’apporto fluviale di alcalinità totale, derivante dal processo di dissoluzione delle rocce calcaree presenti nell’area carsica. Tale fenomeno ha determinato un aumento della capacità tamponante del sistema, mitigando probabilmente il processo di ocean acidification in quest’area. Parallelamente alle analisi nel Golfo di Trieste, il sistema carbonatico marino è stato analizzato anche nel Medio e Sud Adriatico, con lo scopo di stimare la concentrazione di anidride carbonica antropogenica attualmente presente in questi sottobacini. I risultati hanno dimostrato come tutta la colonna d’acqua avesse assorbito una grande quantità di CO2 antropica. In particolare elevate concentrazioni sono state individuate sul fondo, in corrispondenza delle acque dense di origine nord adriatica. Tali risultati hanno confermato l’ipotesi secondo la quale in inverno, durante il processo di formazione di acque dense nel Nord Adriatico, le basse temperature raggiunte dalle acque possono favorire la dissoluzione fisica della CO2 atmosferica. Hanno dimostrato, inoltre, l’importante ruolo svolto da tutto il bacino nord adriatico nel sequestrare e trasportare la CO2 antropica nelle profondità del mare, estendendo il processo di ocean acidification anche ad aree meno contaminate.
XXVII Ciclo
1982
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32

DI, MARCO GABRIELE. "Assorbimento, bioaccumulo ed effetti degli antibiotici in piante di Iberis Sempervirens L." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2012. http://hdl.handle.net/2108/202153.

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33

Bolzan, Francesca. "Microalgae and biofuels: optimizing the culture conditions of selected strains to enhance lipid production. A physiological and biochemical approach." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10138.

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Abstract:
2012/2013
La necessità di fonti d’energia che combinino sostenibilità ambientale, biodegradabilità, bassa tossicità, rinnovabilità e una minore dipendenza dai derivati del petrolio, appare ai giorni nostri piu urgente che mai. Basti pensare a come l’abuso dei combustibili fossili abbia largamente contribuito all’eccesso di anidride carbonica nell’atmosfera, e quindi ai cambiamenti climatici globali. Una di queste fonti d’energia è il biodiesel, un carburante piu pulito del corrispettivo derivato del petrolio. Attualmente, le ricerche applicative sull’utilizzo delle microalghe per la produzione di biocarburante sono avanzate ormai ovunque nel mondo e si concretizzano attraverso la realizzazione di grandi vasche con canali di scorrimento o di bioreattori all’aperto o al chiuso (in condizioni controllate), sempre al fine di incrementare la biomassa. Inoltre, le microalghe hanno la capacità di crescere rapidamente, sintetizzare ed accumulare grandi quantità (fino al 50% del peso secco) di lipidi. Il successo e la sostenibilità economica del biodiesel, ovviamente dipendono dalla selezione di appropriati ceppi algali. E’ noto che la composizione biochimica delle microalghe può essere modulata modificando le condizioni di coltura, quindi ai fini della produzione di biocarburanti su larga scala, l’ottimizzazione dei parametri che favorisca l’incremento in biomassa e l’accumulo di lipidi sembra essere la scelta vincente. Questo lavoro valuta l'impatto di tali modulazioni, al fine di determinare se potenzialmente possano rendere le microalghe una valida fonte di biodiesel a livello industriale.
XXVI Ciclo
1975
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34

Furlan, Michela. "Activity of salmonid antibacterial proteins and regulation of their expression in response to pathogens." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10146.

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Abstract:
2012/2013
Cathelicidins are an important family of antimicrobial peptides involved in the innate immune system and have been discovered quite recently in teleost. Differently from the well-studied mammal cathelicidins, information about their structural and functional characteristics and the tissue expression and localization are yet scattered or inconsistent in fish and in particular in salmonids. The present work highlights some characteristics of salmonid cathelicidins. Results indicate that fragments of the C-terminal domain own a wide-spectrum, salt-sensitive antibacterial activity especially against Aeromonas salmonicida and Lactococcus garvieae fish pathogens. Even if these peptides adopt a random-coiled structure, rather than a more usual organised conformation, they are able to highly permeabilize bacteria cell membranes within 15 minutes, resulting highly selective for prokaryotic targets and with no cytotoxic effect towards eukaryotic cells. Importantly, we have shown that the antibacterial activity is directly correlated with the presence of the KIRT cationic motif at the N-terminus of the antimicrobial domain and with the length of the peptides. Regarding the basal expression of endogenous salmonid cath genes, rtcath_1 has been found to be constitutively present at higher level than rtcath_2 in all the analysed tissues both using RNA-seq and real-time PCR methods. I.p. inoculum of inactivated bacteria in trout was able to stimulate rtcath_1 and rtcath_2 expression together with other genes encoding for the acute phase proteins already within 24 hours from the bacterial cells injection. Among them, rtcath_2 was one of the most highly up-regulated genes. Interestingly, rtcath genes remained up-regulated at least 4 days after the challenge, with differences in expression level among tissues and depending on the diverse pathogen used as stimulus. Endogenous Cath protein expression in tissue was also evaluated using a specific antibody raised against a full length recombinant cathelicidin of rainbow trout that was produced in bacteria. Preliminary data identify some bands consistent with this protein in head kidney and spleen, but additional work has to be done to confirm the results. These findings indicate that Cath peptides are endogenous antibiotics and an important element of salmonid innate immune response. Cathelicidin up-regulation might be exploited in the protection of salmonids from infection and at the same time they may be used as antibiotics for fighting fish pathogens in aquaculture.
XXVI Ciclo
1983
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35

Silveira, Maria Cristina. "biologia ambiental." Instituto Nacional de Pesquisas da Amazônia, 2018. http://bdtd.inpa.gov.br/handle/tede/2522.

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Abstract:
Submitted by Jorge Cativo (jcativo@gmail.com) on 2018-05-23T15:52:25Z No. of bitstreams: 2 Repositórios institucionais - diretrizes para políticas de informaçãoHelena.pdf: 184583 bytes, checksum: 17f01e30422231b5549ac098444edb7c (MD5) license_rdf: 0 bytes, checksum: d41d8cd98f00b204e9800998ecf8427e (MD5)
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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo - FAPESP
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36

COGONI, DONATELLA. "Populations studies on two endemic taxa of southwestern Sardinia: Dianthus morisianus Vals. (Caryophyllaceae) and Anchusa littorea Moris (Boraginaceae)." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2012. http://hdl.handle.net/11584/266152.

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Abstract:
In the Mediterranean region as elsewhere, intense coastal development has resulted in widespread modification of coastal ecosystems. Here, coastal sand dunes represent an extremely vulnerable habitat to many forms of disturbance, including those connected with recreational tourism which in recent years has increasingly contributed to the destruction and fragmentation of natural coastal habitats. This study concerns two narrow endemic plants growing on coastal dune systems of southwest Sardinia. Anchusa littorea Moris is a short-lived species of open dunes and D. morisianus is a perennial species which grows on stabilized dunes. The only natural populations of these species are located in southwest Sardinia. Like many other rare species of this type of habitat we know little of the reasons for their extreme rarity, making it difficult to identify and recommend conservation actions. The thesis provides a detailed investigation of the population ecology of the existing populations of the two species with the aim of identifying the constraints on their viability. Specifically, the aims of the present study were to analyze the following features: To investigate the conservation status of this species; To individuate and quantify the main threats acting on this population; To analyse some critical stage of their life-cycle (i.e. modeling of emergence and germination); To evaluate the phenological pattern; To propose adequate conservation measures. Three years of study has been reveal some critical elements in the ecology of the species and their rarity and the investigation of each biology aspect about these psammophilous endangered plants yielded the information needed in order to identifythe critical aspects that affect the survival and toguide the proposal and implementation of conservation measures.
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37

Lisciani, Luca. "Strumenti‌ ‌GIS‌ ‌per‌ ‌la‌ ‌Pianificazione‌ ‌Spaziale‌ ‌e‌ ‌l’identificazione‌ ‌delle‌ ‌interazioni‌ ‌tra‌ ‌usi‌ ‌del‌ ‌mare‌ ‌e‌ ‌conservazione‌ ‌ambientale:‌ ‌il‌ ‌caso‌ ‌studio‌ ‌dell’acquacoltura‌ ‌in‌ ‌Campania." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amslaurea.unibo.it/22360/.

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Abstract:
La Pianificazione Spaziale Marittima (MSP) consiste nel pianificare quando e dove svolgere le attività umane in mare e coinvolge tutti gli stakeholders in modo trasparente nella gestione degli usi del mare e della sua conservazione. La tecnologia GIS ha contribuito allo sviluppo della pianificazione spaziale in molti settori, grazie alla sua capacità di integrare grandi quantità di dati di diverso formato e provenienza. Questo lavoro di tesi si inserisce nell’ambito del Programma Operativo FEAMP (Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca dell'UE nel periodo di programmazione 2014-2020) della Regione Campania, ed in particolare nella Priorità 2 che promuove un’acquacoltura sostenibile. Lo scopo di questo studio è definire le aree idonee al posizionamento di siti di acquacoltura in Campania e il loro grado di suitability tramite una analisi multicriteria in ambiente GIS. Tutte le informazioni necessarie per definire lo stato dell’arte e propedeutiche all’identificazione delle AZA (Zone Allocate per l’Acquacoltura) sono state raccolte da bibliografia (utilizzata anche per la selezione dei criteri), da database spaziali già esistenti o digitalizzate da cartografia. Questi dati sono stati inclusi nel Geodatabase di progetto, sul catalogo di metadati FEAMP e processati per produrre i vincoli, le aree idonee, i fattori e i macrofattori (“Conservazione”, “Socio-economia” e “Qualità ambientale”). Il grado di suitability delle aree idonee è stato calcolato tramite WLC (Weighted linear combination), dopo aver condotto un AHP (Analytic Hyerarchical Process) per la scelta dei pesi da utilizzare nella produzione di 4 scenari di suitability. Tutti gli scenari individuano le aree più idonee principalmente nel casertano, nel golfo di Salerno e nel pompeiano, dove sono presenti la maggior parte degli impianti già attivi sul territorio. Pertanto, gli strumenti GIS utilizzati in questo lavoro di tesi possono essere considerati efficaci nell’ambito della pianificazione spaziale.
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38

Malusa', Anna. "Ecologia trofica del microzooplancton." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2013. http://hdl.handle.net/10077/8551.

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Abstract:
2011/2012
Il presente lavoro è rivolto ad una maggiore comprensione dell’ecologia degli organismi planctonici e del ruolo che questi rivestono nella rete trofica microbica negli ambienti oligotrofici dell’Adriatico Meridionale e dello Ionio Settentrionale. A tal fine, lo studio è stato suddiviso in due parti: I) determinazione della distribuzione in colonna d’acqua dei popolamenti del microzoo-, microfito-, nano-e pico- plancton in termini di abbondanza e biomassa nel mare Adriatico meridionale (2 stazioni), nello stretto di Otranto (1 stazione) e nel Mar Ionio settentrionale (2 stazioni); II) valutazione dell’entità della predazione e stima dei flussi di carbonio attraverso la comunità microzooplanctonica nelle acque superficiali dell’Adriatico meridionale (2 stazioni) e del Mar Ionio settentrionale (2 stazioni) con l’allestimento di esperimenti di predazione. Da queste analisi è possibile: i) quantificare la predazione del microzooplancton sulle sue possibili prede (microfito-, nano-e picoplancton) e identificare eventuali preferenze alimentari; ii) quantificare la predazione del nanoplancton sul popolamento picoplanctonico.
XXV Ciclo
1985
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39

Ávila, Márcia Garcez de. "Os impactos ambientais em foco: uma proposta de mediação entre teoria e prática em educação ambiental no ensino médio." Universidade Federal do Pampa, 2017. http://dspace.unipampa.edu.br:8080/jspui/handle/riu/2027.

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Abstract:
Submitted by Tatiane Oliveira (tatiane.oliveira@unipampa.edu.br) on 2017-10-26T16:59:11Z No. of bitstreams: 1 MarciaGarcezdeAvila2017.pdf: 6101739 bytes, checksum: e72fa8c2b16a6672c0537b0d3772fd38 (MD5)
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Este Relatório Crítico-Reflexivo é resultado de uma pesquisa que teve como objetivo planejar e implementar uma proposta interventiva de mediação entre teoria e prática em Educação Ambiental, que aconteceu na Escola Estadual de Ensino Médio Nossa Senhora do Patrocínio, na cidade de Dom Pedrito (RS), com os 2º Anos do Ensino Médio, tratando do tema impactos ambientais, procurando avaliar se tal trabalho colaborou com o aprendizado dos estudantes a respeito do assunto proposto. O referencial teórico utilizado trouxe informações referentes: ao contexto em que se deu a pesquisa; ao ensino de ciências; à Educação Ambiental; a alguns aspectos da mediação em Vygotski. A metodologia utilizada neste projeto foi a intervencionista, por meio da qual foi proposta uma série de atividades pedagógicas diferenciadas, essencialmente focada na mediação docente. Os sujeitos foram trinta e oito alunos dos 2º s Anos do Ensino Médio, que apresentavam à época, idades entre dezesseis e dezenove anos. Os instrumentos de coleta de dados foram a observação participante e a análise documental. Os referidos dados foram submetidos ao procedimento de análise textual discursiva. Os resultados deste trabalho, apresentados na categoria “A Ecologia no Ensino Médio: trabalhando a problemática ambiental em uma perspectiva holística” revelaram um acentuado progresso na criticidade dos educandos diante da problemática que o planeta vem enfrentando, relativa ao processo de produção e descarte de materiais, bem como às responsabilidades, individual e coletiva, frente à esta situação. Os dados reunidos na segunda categoria, denominada “A Mediação como prática dialógica na formação de cidadãos para a sustentabilidade”, mostraram que a mediação refletiu-se em uma estratégia de ensino eficaz para trabalhar a Educação Ambiental de forma dinâmica. Em relação às aprendizagens dos alunos, os dados são apresentados na categoria “Efeitos do Projeto Interventivo” por meio do qual revelou-se melhora na compreensão dos impactos ambientais. O estudo indicou que uma série bem planejada de aulas diferenciadas, com o professor exercendo o papel de mediador, pode auxiliar no processo de aprendizagem dos conteúdos escolares, formando cidadãos para a sustentabilidade.
Este Relatorio Crítico-Reflexivo es resultado de una investigación que tuvo como objetivo planificar e implementar una propuesta intervencionista de mediación entre teoría y práctica en Educación Ambiental, que ocurrió en la Escuela Estadual de Enseñanza Media Nossa Senhora do Patrocínio, en la ciudad de Dom Pedrito (RS), con los 2º Años de la Enseñanza Media, tratando del tema impactos ambientales, buscando evaluar si tal trabajo colaboró con el aprendizaje de los estudiantes respecto al tema propuesto. El referencial teórico utilizado trajo informaciones referentes: al contexto en que se dio la investigación; a la enseñanza de ciencias; a la Educación Ambiental; a algunos aspectos de la mediación en Vygotski. La metodología utilizada en este proyecto fue la intervencionista, por medio de la cual se propusieron una serie de actividades pedagógicas diferenciadas, esencialmente enfocada en la mediación docente. Los sujetos fueron treinta y ocho alumnos delos 2º s Años de la Enseñanza Media, que presentaban, en la época, edades entre dieciséis y diecinueve años. Los instrumentos de recolecta de datos fueron la observación participante y el análisis documental. Los referidos datos fueron sometidos al procedimiento de análisis textual discursiva. Los resultados de este trabajo, presentados en la categoría “La Ecología en la Enseñanza Media: trabajando la problemática ambiental en una perspectiva holística” revelaron un acentuado progreso en la criticidad de los educandos delante de la problemática que el planeta viene enfrentando, relativa al proceso de producción y desecho de materiales, bien como a las responsabilidades, individual y colectiva, frente a esta situación. Los datos reunidos en la segunda categoría, denominada “La Mediación como práctica dialógica en la formación de ciudadanos para la sostenibilidad”, mostraron que la mediación se reflejó en una estrategia de enseñanza eficaz para trabajar la Educación Ambiental de forma dinámica. En relación a los aprendizajes de los alumnos, los datos son presentados en la categoría “Efectos del Proyecto Intervencionista”, por medio de la cualse reveló una mejora en la comprensión de los impactos ambientales. El estudio indicó que una serie bien planificada de clases diferenciadas, con el profesor ejerciendo el papel de mediador, puede auxiliar en el proceso de aprendizaje de los contenidos escolares, formando ciudadanos para la sostenibilidad.
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40

Candotto, Carniel Fabio. "Meccanismi di risposta di simbionti lichenici allo stress foto-ossidativo." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10139.

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Abstract:
2012/2013
I licheni, una simbiosi mutualistica tra un fungo (il micobionte), generalmente un ascomicete, e una o più popolazioni di alghe e/o cianobatteri (il fotobionte) sono considerati forme di vita estremofile in quanto da disidratati possono resistere a condizioni ambientali molto difficili come elevati irraggiamenti solari, scarsa disponibilità d'acqua e di nutrienti e dosi elevate di inquinanti aerodiffusi. Tali fattori di stress tuttavia inducono una sovrapproduzione a livello cellulare di specie reattive dell'ossigeno (ROS), che se eccede le difese antiossidanti genera stress ossidativo. L'accumulo delle ROS è un fenomeno molto pericoloso perché porta al danneggiamento di importanti macromolecole come lipidi, proteine e DNA ed in casi estremi può condurre anche alla morte cellulare. Sebbene gli effetti dello stress foto-ossidativo nei licheni siano già stati studiati, in questo dottorato di ricerca si è voluto approfondire alcuni aspetti ancora poco chiari relativi alla resistenza dei fotobionti a questo stress e alla resistenza dei licheni allo stress ossidativo indotto dalla presenza di elevate concentrazioni di inquinanti fotochimici come l'ozono (O3). Sul primo filone di ricerca sono stati condotti due studi. Nel primo ci si è focalizzati sugli effetti dello stress foto-ossidativo su parametri fisiologici di vitalità (ChlaF) e di produzione di ROS in un fotobionte lichenico e nella sua controparte lichenizzata. Ciò è stato ottenuto sottoponendo colture axeniche del fotobionte Trebouxia sp. e lobi del lichene Parmotrema perlatum da cui è stato isolato il fotobionte, a diverse combinazioni di umidità relativa e intensità luminose per periodi di tempo crescenti. L'obiettivo di questo studio è stato quello di approfondire le conoscenze sui benefici indotti dalla lichenizzazione nella resistenza al disseccamento e al concomitante stress foto-ossidativo. Il secondo studio invece, strettamente connesso al primo, è focalizzato sulla variazione di espressione genica dell'intero trascrittoma del fotobionte Trebouxia gelatinosa, isolato dal lichene Flavoparmelia caperata (L.) Hale, indotta da eventi di disidratazione e reidratazione. Con questo studio si è voluto individuare ed analizzare i meccanismi molecolari alla base della tolleranza di questo organismo al disseccamento e al concomitante stress fotoossidativo. Sul secondo filone di ricerca invece è stato condotto uno studio sulle risposte fisiologiche, citologiche e biochimiche del lichene Flavoparmelia caperata (L.) Hale sottoposto a fumigazioni con O3 e mantenuto a diversi regimi di idratazione e di umidità relativa ambientale. L'obiettivo di questo studio è stato quello di verificare se la tolleranza di questo lichene allo stress ossidativo derivante dall'esposizione all'O3 dipende da una strategia O3-avoidant, imputabile alla sua inattività metabolica durante le ore della giornata in cui si verifica il picco dell'O3, oppure da una O3-tolerant, dovuta invece alla presenza di un cospicuo ed efficace corredo di difese antiossidanti. Il primo studio ha dimostrato che il fotobionte algale al di fuori della simbiosi è in grado di resistere a livelli elevati di stress foto-ossidativo anche per periodi molto lunghi. Tuttavia è stato confermato che la simbiosi adduce benefici importanti come l'aumento della capacità di estinzione dell'energia accumulata dalle clorofille attraverso meccanismi non fotochimici e un ridotto effetto ossidativo indotto dal disseccamento. Questi risultati ci hanno permesso di sfatare l'ormai consolidata idea che i fotobionti algali, in particolare quelli del genere Trebouxia, siano particolarmente delicati e incapaci di tollerare autonomamente (al di fuori della simbiosi) fattori di stress abiotici come quelli che intervengono durante il disseccamento. Dai risultati del secondo studio è emerso che il fotobionte T. gelatinosa per far fronte alle importanti alterazioni dovute alla perdita d'acqua, si affida soprattutto a meccanismi che intervengono durante la fase di reidratazione. I più importanti coinvolgono molecole di riparazione “chaperone”, e. g. “Heath Shock Proteins”, e proteine della famiglia “Desiccation Related Proteins”, la cui funzione è ancora sconosciuta, ma visto l'elevato numero, la loro diversità intraspecifica e la sensibilità ai cambi di contenuto idrico, sembrano giocare un ruolo molto importante. Paradossalmente invece non sono state osservate alterazioni nell'espressione di geni collegati alle difese antiossidanti, che è sempre rimasta a livelli costitutivi. Ciò è stato interpretato come una strategia che permette all'organismo di avere sempre a disposizione mRNA per la neo-sintesi di nuovi enzimi coinvolti nelle difese antiossidanti. Infine nell'ultimo studio è stata riconfermata l'elevata resistenza del lichene F. caperata allo stress ossidativo derivato dall'esposizione all'O3 in quanto alla concentrazione utilizzata, ovvero il massimo registrato nell'ambiente alle nostre latitudini, non è stato osservato alcun effetto sulla vitalità nonostante sia stata osservata una notevole produzione di ROS. L'effetto ossidativo dell'O3 infatti è stato controbilanciato dalle difese antiossidanti le quali si sono mostrate altamente sensibili all'esposizione ed efficaci anche a bassi contenuti idrici. Lo stress ossidativo derivante da fattori abiotici di origine naturali e antropica dunque sembra essere gestito efficacemente sia dai licheni che dai loro fotobionti isolati, grazie ad efficienti difese antiossidanti e all'intervento di meccanismi di riparazione del danno.
XXVI Ciclo
1983
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41

Franzo, Annalisa. "Benthic ecosystem functioning in coastal and shallow environments." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2013. http://hdl.handle.net/10077/8556.

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Abstract:
2011/2012
Molte attività antropiche sono localizzate lungo le coste e poggiano sui molteplici servizi offerti da questi particolari ecosistemi. Con l’aumentare della vulnerabilità e del sempre più accentuato stato di degrado di queste aree, diverse politiche ambientali sono state sviluppate con lo scopo di promuovere una gestione sostenibile delle risorse naturali, tra cui la Direttiva Quadro sulla Strategia per l’Ambiente Marino (2008/56/EC) in Europa. Le realtà economiche e sociali sono strettamente connesse tra loro e con i sistemi ecologici su cui poggiano. Per comprendere come l’uomo interagisce con l’ambiente, il modello concettuale DPSIR viene ampiamente adottato. Inoltre, sul piano strettamente ecologico, una solida conoscenza del funzionamento dell’ecosistema costiero costituisce un prerequisito fondamentale. Questa tematica complessa deriva dall’integrazione di parametri sia strutturali (caratterizzazione chimica e delle comunità biologiche) che funzionali (quali i principali processi di produzione primaria, respirazione e degradazione della sostanza organica), che nell’insieme descrivono come le varie forme di carbonio sono stoccate e come si realizza il fluire di carbonio ed energia attraverso il sistema. Lo studio del funzionamento dell’ecosistema bentonico costituisce uno strumento particolarmente utile nello sviluppare forme sostenibili di gestione ambientale dal momento che il dominio bentonico funge da deposito di ciò che avviene nella colonna d’acqua. I casi di studio presentati descrivono la parte PSI del modello concettuale DPSIR: come le Pressioni inducono cambiamenti nello Stato dell’ecosistema determinando di conseguenza alterazioni ambientali ed eventuali influenze negative sulle attività umane (Impatti). Lo scopo della tesi consiste nel contribuire a promuovere una gestione basata sull’ecosistema e sul suo funzionamento in aree costiere mediante una miglior conoscenza della sua funzionalità in presenza di specifici stress. I casi di studio vengono presentati secondo un ordine dettato dell’aumentare della complessità dell’approccio seguito: dal più semplice, caratterizzato solo da parametri strutturali, al più complesso, in cui sono stati indagati anche diversi parametri funzionali. La risposta della comunità microalgale bentonica (microfitobenthos - MPB) alle biodeposizioni derivanti dalle mitilicolture è stata studiata non solo paragonando una mitilicoltura con un controllo ma anche considerando le caratteristiche della comunità sotto ad un impianto più recente e in un’area dove l’attività è stata rimossa (Capitolo 2). Questo approccio innovativo permette di indagare l’evoluzione temporale dell’impatto e se è possibile un ripristino. Comparando le quattro aree, la comunità è caratterizzata da una maggiore proliferazione dei taxa tolleranti a condizioni di arricchimento organico sotto alle mitilicolture attive rispetto agli altri due siti. L’area dismessa, inoltre, presenta un popolamento microalgale simile a quello del controllo suggerendo la resilienza del sistema e, di conseguenza, una certa sostenibilità dell’attività di mitilicoltura. Tre comunità bentoniche sono state studiate sinotticamente in un’area costiera soggetta a stress multipli, come l’influenza del Po, la presenza di piattaforme per l’estrazione del gas e il prelievo/scarico di sedimenti (Capitolo3). Insieme alla caratterizzazione chimica, lo studio del MPB, della meiofauna e della macrofauna forniscono una descrizione dello stato dell’ecosistema bentonico in un esempio di monitoraggio che costituisce una base di dati a cui fare riferimento prima di qualsiasi intervento nell’area d’interesse. Lo studio di mesocosmo (Capitolo 4) è focalizzato sulla risposta della comunità microbica bentonica ad un abbassamento di pH dovuto alla fuoriuscita di CO2 da un suo sito di stoccaggio CCS (Carbon dioxide Capture and Storage). Costituisce un esempio di esperimento condotto in laboratorio con lo scopo di simulare eventuali scenari futuri derivanti da un intervento antropico in ambiente naturale prima della sua realizzazione. Relativamente a questo focus, sia i parametri strutturali (abbondanze picobentoniche, densità e composizione del MPB) che i funzionali relativi alla comunità microbica bentonica (attività enzimatiche, Produzione Procariotica di C e respirazione) sono stati studiati per la prima volta. I risultati suggeriscono che la comunità microbica è scarsamente sensibile anche ad un considerevole abbassamento di pH, probabilmente a causa di un effetto buffer esercitato dalla matrice sedimentaria. L’azione sinergica di idrocarburi e metalli pesanti sul funzionamento dell’ecosistema bentonico è stata studiata in un sistema fluviale-lagunare severamente contaminato (Capitolo 5). Numerosi parametri sono stati considerati e dalla loro integrazione deriva un’accurata descrizione del fluire di carbonio attraverso il sistema. I risultati relativi ai parametri microbici come le attività degradative, le produzioni primaria e secondaria e l’analisi del MPB, delineano una situazione inaspettata nel sito considerato più impattato. Il sedimento di tale stazione ospita infatti una comunità microbica bentonica estremamente attiva sia in termini di produttori primari che di procarioti volti al recupero della sostanza organica e conseguente conversione in nuova biomassa. Gli studi presentati in questa tesi non hanno la pretesa di costituire una descrizione esaustiva e completa del funzionamento dell’ecosistema bentonico, ma sottolineano l’importanza di questo approccio innovativo nel contribuire a sviluppare forme sostenibili di gestione delle risorse costiere.
Several human activities are settled along the coasts and rely on the ecosystem services provided by nature. The growing concern about the vulnerability of these areas promotes the development of environmental policies aimed at the sustainable management of the marine resources, such as the Marine Strategy Framework Directive (2008/56/CE) in Europe. Economic, societal and ecological systems are closely interlinked. For understanding how man interacts with the environment, the DPSIR conceptual model is largely adopted. Moreover, a robust knowledge on the coastal ecosystem functioning is needed as a prerequisite. This complex task derives by the integration of both structural (chemical and biological communities) and functional (processes as primary production, respiration and mineralisation) parameters which together describe the forms of carbon storage (organic and inorganic) and the flows of carbon and energy through the system. The study of the benthic ecosystem functioning is a tool particularly useful in developing sustainable management of coastal environments because the benthic domain acts as a repository of what happens in the overlying water. The four case-studies of my thesis focus on the PSI part of the DIPSIR conceptual model, i.e. on how Pressures translate into State changes which may, in turn, negatively affect the environment and the human activities (Impacts). The goal is to contribute in achieving an operational ecosystem-based management of coastal and shallow environments by improving the scientific knowledge on the functioning of shallow benthic ecosystems under specific pressures. The order of the papers is from the simplest to the most complex approach by adding the structural parameters first and then the functional ones. The response of the benthic microalgal community (microphytobenthos - MPB) to the mussel farm biodeposition has been investigated not only comparing the sediment beneath a mussel farm with a control site but also considering a relatively recent mussel farm and a disused one (Chapter 2). This innovative approach in the experimental design allows to study the temporal evolution of the mussel farming impact and the potential recovery of microphytobenthos. The community changes among the four areas with a more pronounced proliferation of those taxa that are tolerant to organic enrichment under the active mussel farms than in the other two sites. The disused farm is characterised by an assemblage similar to that of the control suggesting a resilience of the system and consequently the sustainability of this productive activity. Three benthic communities have been synoptically investigated in a shallow area subjected to multiple-stressor impacts such as the Po River influence, the presence of gas platforms, sediment dumping and sand extraction (Chapter 3). Together with some chemical parameters (Total Organic Carbon, Total Nitrogen, etc.), the synoptic study of different communities (MPB, meiofauna and macrofauna) gives a description of the state of the benthic ecosystem as an example of monitoring survey which represents the reference point for decision-makers prior to any kind of intervention. The mesocosm study (Chapter 4) focuses on the response of shallow benthic microbial communities to a decrease of pH due to the leakage of CO2 from a Carbon dioxide Capture and Storage (CCS) site. This is an example of a laboratory experiment aimed to simulate and predict the possible scenarios derived by an anthropogenic intervention in the natural environment before its actual execution. Benthic microbial structural (prokaryote abundance, MPB densities and composition) and functional parameters (exoenzymatic activities, Prokaryotic C Production and benthic respiration) have been investigated for the first time within this focus. Overall, the findings suggest a microbial community slightly sensitive to consistent pH decrease probably due to a buffer effect exerted by the sedimentary matrix. The synergistic impact of hydrocarbons and heavy metals on the benthic ecosystem functioning has been investigated in a severely contaminated Adriatic lagoon (Chapter 5). Several parameters have been considered in order to describe the overall flow of C through the system. The exoenzymatic activities, the Prokaryotic C Production, MPB composition and the Primary Production suggest an unexpected situation in the site that is considered the most impacted. The sediments at this station are inhabited by a microalgal community that is extremely active in fixing inorganic C through the Primary Production process. In addition, the occurrence of an efficient prokaryotic community in transforming the sedimentary organic C in new biomass, suggests a solid benthic microbial loop. These studies have not the pretence to describe exhaustively the benthic ecosystem functioning. Nevertheless they highlight the importance of this innovative approach in contributing to the development of a sustainable management of coastal resources.
XXV Ciclo
1984
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42

Tonin, Ivone Borges da Costa. "Valores de futuros engenheiros ambientais sobre o meio ambiente /." Marília, 2015. http://hdl.handle.net/11449/123692.

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Abstract:
Orientador: Patrícia Unger Raphael Bataglia
Banca: Alessandra de Morais
Banca: Rita Melissa Lepre
Resumo: As questões ambientais estão entre os temas que têm merecido grande atenção e despertado a preocupação da sociedade contemporânea, tendo em vista a necessidade de um planejamento ambiental em função de vários desequilíbrios causados pelo desenvolvimento da sociedade moderna. Examinando-se os trabalhos na área Ambiental, pode-se observar que ainda permanecem, na sociedade em geral, visões cujos conceitos são acompanhados de uma percepção de controle, fiscalização ou cenários inacessíveis e inatingíveis ao indivíduo. Essa perspectiva é influenciada, possivelmente, pela visão que os próprios profissionais transmitem. A presente dissertação visa a analisar como os futuros engenheiros ambientais concebem o meio ambiente do ponto de vista ético. A análise é focada nos valores predominantes e no nível de descentralização de perspectiva social (inspirados em Kohlberg) obtidos. No que se refere ao método, foi realizado um estudo de caso para o qual foram selecionados acadêmicos do curso de Engenharia Ambiental. O instrumento utilizado foi um questionário composto por quatro itens. A amostra contou com 39,2% de participantes de sexo masculino e 60,8% do sexo feminino, a idade foi em média de 23,5 anos, a motivação para a escolha do curso foi predominante relacionada a interesse e vocação e as áreas de atuação pretendidas foram ligadas a recursos hídricos, tratamento de águas e/ou resíduos e preservação ambiental e recuperação de áreas degradadas. A classificação econômica mostrou que prevalecem alunos da classe econômica B (62,4%). As questões específicas mostraram que 95,2% dos entrevistados se declararam envolvidos na preservação do meio ambiente e 32% já desenvolveram ou desenvolvem trabalhos em educação ambiental. A análise da Escala Likert evidenciou que grande parte dos acadêmicos é ... (Resumo completo, clicar acesso eletrônico abaixo)
Abstract: Environmental issues are among the topics that have received great attention and aroused the concern of contemporary society, in view of the need for environmental planning according to various imbalances caused by the development of modern society. Examining the work in the Environmental area, one can observe that still remain, in society in general, visions whose concepts are accompanied by a sense of control, supervision or inaccessible scenarios and unattainable to the individual. This perspective is influenced possibly by the view that the professionals themselves convey. This thesis aims to analyze the future environmental engineers design the environment. The analysis is focused on the prevailing values and the level of social perspective of decentralization (inspired by Kohlberg) obtained. With regard to the method, was performed a case study for which they were selected Environmental Engineering Academic course. The instrument used was a questionnaire consisting of four items. The sample comprised 39.2% of male participants and 60.8% female, the mean age was 23.5 years, the motivation for the choice of the course was predominantly related to interest and vocation and areas of intended action were related to water resources, water treatment and / or waste and environmental preservation and recovery of degraded areas. The economic classification showed that prevail students of economy class B (62.4%). The specific questions showed that 95.2% of respondents said they were involved in the preservation of the environment and 32% have already developed or developing work in environmental education. The analysis of Likert Scale showed that most of the academics is geared to a system of ecocentric values, scientific, emotional and ethical / social and environmental, and does not agree with anthropocentric and instrumental values. In the first ...
Mestre
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43

Antonioli, Marta. "Effects of natural drivers on marine prokaryotic community structure." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10136.

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Abstract:
2012/2013
Heterotrophic nanoflagellate (HNF) grazing is one of the major source of prokaryotic mortality in marine ecosystems, acting as a strong selection pressure on communities. Protozoans may thus affect prokaryotic abundance and alter the diversity and the taxonomic composition of the prey community, as individual prokaryotes can develop distinct grazing-resistant mechanisms. Moreover, the microbial loop is well known to regulate carbon fluxes in surface marine environments but few studies have quantified the impact of HNF predation on prokaryotes in the dark ocean. The present work was aimed to: (1) quantify the impact of HNF predation on the deep prokaryotes biomass; (2) investigate if and how prey diversity varies in response to different predation pressure; (3) define taxonomic community composition in studied areas and identify most affected prokaryotic phylotypes by HNF grazing (4) evaluate the effects of small HNF (<3 µm), which are known to dominate nano-sized compartment and represent the main bacterivores in aquatic ecosystems, being an important link between bacteria and larger protists; (5) evidence differences in community sensitivity to grazing between surface and mesopelagic ecosystems (6) identify the main environmental drivers shaping microbial community diversity. Predation experiments were performed with surface and mesopelagic water samples collected from the Southern Adriatic and Northern Ionian basins. An additional predation experiment was set up in the North-eastern Adriatic Sea. We coupled the traditional ‘dilution method’ with high-throughput molecular analysis (ARISA and Ion Torrent/454 sequencing) to provide a quantitatively and qualitatively evaluation of the grazing process occurring in marine microbial communities. The present work is structured by four manuscripts in preparation and one manuscript already submitted. 1. Heterotrophic nanoflagellate grazing on picoplankton in deep waters (manuscript in preparation) 2. Effects of heterotrophic flagellate predation on bacterial community diversity (manuscript in preparation) 3. HNF grazing impact on taxonomic composition of marine prokaryotic community (manuscript in preparation) 4. Environmental drivers structuring surface and deep bacterial communities in Adriatic and Ionian Seas (manuscript in preparation) 5. Biodiversity changes of bacterial community under predation pressure analyzed by 16S rRNA pyrosequencing (manuscript submitted) My PhD research led to important progresses in the comprehension of microbial dynamics regulating carbon cycles and bacterial diversity in the Adriatic and Ionian basins. Prokaryotic abundance and biomass were one order of magnitude higher in the photic than in the aphotic layers of Southern Adriatic and Ionian Seas (surface biomass 1.68 ± 1.76 µC L-1, deep biomass 9.00 ± 2.11 µC L-1). The Northern Adriatic community presented the highest biomass value (57.46 µC L-1), according to its richer trophic status. All in situ communities displayed the same evenness, being dominated by rare phylotypes. Rare taxa were confirmed to represent the major contributors of microbial communities, with only a few phylotypes dominant. Mesopelagic bacterial communities were as rich and variable as surface assemblages, despite the significant biomass decrease along the water column. Natural archaeal assemblages were characterized by very low richness as we recovered only two genera (Cenarchaeum and Nitrosopumilus), while in situ bacterial communities were composed by the six major marine phyla (Proteobacteria, Cyanobacteria, Bacteroidetes, Actinobacteria, Firmicutes and Deinococcus-Thermus), whose contribution varied according to sampling depth. Flagellates were demonstrated to efficiently control their preys (ingestion rates: 7.86-22.26 µg C L-1 in surface experiments, 0.53-10.61 µg C L-1 in deep experiments), causing important losses in the potentially produced prokaryotic biomass. Despite picoplankton and HNF abundance reduction with depth contrasts with the hypothesis that at least 108 picoplanktonic cells L-1 are necessary to sustain HNF community, our data confirm that also in mesopelagic waters prey and predator concentrations are sufficient to sustain efficient microbial food webs. HNF grazing modified bacterial community diversity in both surface and deep marine systems but with different strength. Mesopelagic communities were more sensitive to grazing impact, evidencing a bell-shaped response to the increasing ingestion rates. Moderate-high top-down control preserved or enhanced bacterial diversity, that fell at low predation. In upper communities grazing did not induce wide variations of bacterial richness and evenness, revealing to be more stable. Small HNF (<3 µm) were the dominant size fraction within flagellate communities and likely constituted the main bacterivores. After the removal of large HNF, a higher fraction of prokaryotic phylotypes was affected. Larger protists partially reduced small flagellate impact on their preys. Larger HNF had a more important role in photic systems compared to mesopelagic waters. The fraction of bacterial taxa favored or affected by predation when small HNF were the only predators more markedly varied in surface experiments, while few phylotypes changes their behavior between the two size treatments in deep experiments. Some taxa were consumed mainly by larger HNF (3-10 µm), while others were grazed by smaller ones (<3 µm). Over 50% of the predated phylotypes belonged to the rare biosphere, mainly in the surface experiments. Rare bacteria are thus not only a dormant ‘seed bank’ but constitute a fundamental component of microbial food webs and actively vector the carbon transfer toward higher trophic levels, being as important as dominant organisms. Although general patterns applicable to all communities were not found, trends of selectivity over different phylotypes were highlighted within sampling layer along the water column and between different systems. While the majority of predator-prey interactions were characteristic to specific environments, some can be considered common to different systems (e.g. Burkholderiaceae and Pseudomonadaceae were exclusively selected in all mesopelagic sites, Bacterivoracaceae were subjected to small HNF predation independently from sampling site or depth). The Southern Adriatic and Ionian basins were significantly distinguished by both the physicochemical water characteristics and the prokaryotes and protists abundance distributions. Cluster analysis based on Jaccard and Bray-Curtis metrics evidenced that depth and geographical location of sampling sites influenced bacterial community similarity. The Southern Adriatic Sea was clearly distinguished from the Ionian Sea. The Northern Adriatic samples were always separated from the others, coherently with different biotic and abiotic characteristics of the sub-basin. Additionally, temperature, chl a and O2 concentration represented important environmental drivers shaping biodiversity of bacterial communities that inhabit Adriatic and Ionian basins. In conclusion, we evidenced that heterotrophic flagellates control bacterial biomass and select certain taxa among all possible preys, grazing also on the rare ones. HNF predation thus shapes bacterial community structures, which in turn influence the ecosystem functioning. Despite the cell abundance decrease of both predators and preys reduces encounter probabilities, the dark ocean hosts complex microbial food webs, structured around three trophic levels (i.e. prokaryotes, small and large heterotrophic flagellates).
I nanoflagellati eterotrofi (HNF) costituiscono una delle principali cause di mortalità dei procarioti in ambiente marino, esercitando una forte selezione sulle comunità predate. Possono modificarne l’abbondanza cellulare e alterarne la diversità e la composizione tassonomica, in quanto le diverse specie procariotiche possono sviluppare distintivi meccanismi di resistenza alla predazione. Mentre l’impatto degli HNF sui procarioti degli acque marine superficiali è ben noto, pochi studi si sono focalizzati sullo studio degli ambienti profondi. Il presenta lavoro di dottorato è stato finalizzato a: (1) quantificare l’impatto della predazione da parte degli HNF sulla biomassa procariotica profonda; (2) capire se e come la biodiversità della comunità predata vari in risposta alla diversa pressione di predazione; (3) definire la composizione tassonomica delle comunità presenti nell’area di studio e identificare i filotipi maggiormente colpiti dalla predazione da parte degli HNF; (4) valutare il contributo dei piccolo flagellati (<3 µm), i quali costituiscono la più abbondante frazione nanoplanctonica e rappresentano i principali organismi batterivori negli ambienti acquatici; (5) evidenziare possibili differenze nella risposta alla predazione tra comunità procariotiche che vivono in acque superficiali e profonde; (6) identificare i principali fattori ambientali che modulano la diversità delle comunità microbiche. Esperimenti di predazione sono stati condotti su campioni di acqua superficiale e mesopelagica raccolti nel Mar Adriatico meridionale e nel Mar Ionio settentrionale. Un ulteriore esperimento è stato condotto nel Mar Adriatico nord-orientale. Il tradizionale metodo delle diluizioni è stato abbinato ad analisi molecolari quali elettroforesi capillare (ARISA) e sequenziamento (Ion Torrent e 454) per consentire una valutazione quali-quantitativa degli effetti della predazione sulle comunità microbiche marine. La presente tesi è costituita da quattro articoli in preparazione e un articolo già sottomesso: 1. Heterotrophic nanoflagellate grazing on picoplankton in deep waters (articolo in preparazione) 2. Effects of heterotrophic flagellate predation on bacterial community diversity (articolo in preparazione) 3. HNF grazing impact on taxonomic composition of marine prokaryotic community (articolo in preparazione) 4. Environmental drivers structuring surface and deep bacterial communities in Adriatic and Ionian Seas (articolo in preparazione) 5. Biodiversity changes of bacterial community under predation pressure analyzed by 16S rRNA pyrosequencing (articolo sottomesso) La ricerca condotta durante il mio dottorato ha portato a interessanti progressi nella comprensione delle dinamiche microbiche che regolano i cicli del carbonio e la diversità batterica nei bacini adriatico e ionico. L’abbondanza e la biomassa delle comunità procariotiche superficiali è risultata un ordine di grandezza superiore rispetto alle comunità profonde in Mar Adriatico meridionale e Mar Ionio (biomassa superficiale 9.00 ± 2.11 µC L-1, biomassa profonda 1.68 ± 1.76 µC L-1). La comunità descritta nel Mar Adriatico settentrionale è caratterizzata dai valori più elevati di biomassa (57.46 µC L-1), coerentemente con l’eutrofia del bacino. I flagellati eterotrofi hanno causando perdite significative nella biomassa procariotica in tutti gli esperimenti condotti, con tassi di ingestione pari a 7.86-22.26 µgC L-1 negli esperimenti superficiali e 0.53-10.61 µgC L-1 negli esperimenti profondi. Un’abbondanza picoplanctonica di 108 cellule L-1 è stata ipotizzata come necessaria per sostenere la comunità degli flagellati. Nonostante l’aumento della profondità comporti una riduzione dell’abbondanza del picoplancton tale da non raggiungere questa soglia, i nostri dati confermano che anche negli ambienti profondi si instaurano interazione preda-predatore sufficienti a sostenere le reti trofiche microbiche. Tutte le comunità in situ hanno mostrato la medesima distribuzione, con prevalenza di filotipi rari e pochi gruppi dominanti. Le comunità mesopelagiche presentano diversità e variabilità analoghe a quelle superficiali, nonostante il decremento in biomassa lungo la colonna d’acqua. Una bassa diversità è stata osservata nelle comunità naturali di Archea, dove sono stati rilevati due soli generi (Cenarchaeum e Nitrosopumilus), mentre le comunità batteriche sono composte dai sei principali phyla marini (Proteobacteria, Cyanobacteria, Bacteroidetes, Actinobacteria, Firmicutes e Deinococcus-Thermus), la cui frequenza varia in base alla profondità di campionamento. La predazione esercitata dagli HNF ha modificato la diversità delle comunità sia superficiali che profonde ma con diversi effetti. Le comunità profonde si sono dimostrate più suscettibili alla diversa intensità della predazione. Un controllo top-down medio-alto ha preservato o incrementato la diversità batterica, che invece è risultata fortemente ridotta con bassa pressione di predazione. Al contrario, le comunità superficiali hanno subito solo leggere variazioni nella biodiversità batterica in risposta ai diversi tassi di ingestione, dimostrandosi più stabili. I piccoli flagellati (<3 µm) costituiscono la frazione dominante delle comunità nanoplanctoniche. In seguito alla rimozione dei predatori >3 µm, variazione significative dell’abbondanza sono state riscontrate in una maggiore percentuale di filotipi procariotici. Flagellati di maggiori dimensioni possono quindi mitigare l’impatto dei piccoli predatori sulle prede, con una maggior influenza nei sistemi fotici. Alcuni taxa batterici sono stati consumati prevalentemente dal grandi HNF (3-10 µm), mentre altri sono stati selezionati dai piccoli flagellati (<3 µm). Oltre il 50% dei filotipi predati apparteneva alla biosfera rara, soprattutto negli esperimenti condotti in superficie. I batteri rari (0.1-1% dell’abbondanza totale) non rappresentano quindi una frazione ‘dormiente’ il cui contributo varia in seguito a cambiamenti delle condizioni ambientali, come inizialmente ipotizzato. Costituiscono invece una componente fondamentale delle reti trofiche microbiche e contribuiscono attivamente al trasferimento di carbonio verso i livelli trofici superiori, così come gli organismi dominanti. Nonostante ciascuna comunità risponda in maniera distintiva alla predazione, in funzione della composizione tassonomica delle comunità stesse e dello stato trofico del sistema, alcuni indizi di selettività sono stati individuati. Alcune interazioni preda-predatore si sono rivelate tipiche delle comunità profonde o superficiali, mentre altre erano comuni ad entrambi i sistemi (es. Burkholderiaceae e Pseudomonadaceae sono stati selezionati sono in ambiente pelagico, Bacterivoracaceae sono stati sottoposti a predazione da parte di piccolo flagellati in tutti gli esperimenti, indipendentemente dalla profondità e dal sito di campionamento). I bacini Adriatico meridionale e Ionio settentrionale sono significativamente distinti sia per le caratteristiche chimico-fisiche della colonna d’acqua, sia per l’abbondanza di pico- e nanoplancton. La cluster analisi basata sugli indici di Jaccard e Bray-Curtis ha evidenziato che profondità di campionamento e localizzazione geografica sono i principali fattori che determinano la similarità tra le comunità batteriche. Il Mar Adriatico settentrionale è risultato sempre separato dagli altri campioni, coerentemente con le diverse caratteristiche biotiche e abiotiche del bacino. Oltre a profondità e sito geografico, temperatura, concentrazione di chl a e ossigeno contribuiscono a determinare la biodiversità batterica adriatica e ionica. In conclusione, il presente lavoro ha evidenziato come i flagellati eterotrofi controllino la biomassa procariotica e mostrino preferenza per determinati taxa, selezionando anche quelli rari. La predazione influenza la struttura delle comunità e di conseguenza il funzionamento degli ecosistemi. Anche gli ambienti marini profondi ospitano complesse reti trofiche, strutturate attorno a tre livelli principali (procarioti, piccoli e grandi flagellati eterotrofi) così come le acque superficiali.
XXVI Ciclo
1986
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44

SULIS, ELENA. "Ecological features, populations traits and conservation status of Helianthemum caput-felis along its distribution range." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2016. http://hdl.handle.net/11584/266733.

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Abstract:
Understanding factors limiting populations’ growth and persistence is crucial to evaluate the current conservation status and possible future management of plant populations. This Ph.D. thesis focussed on ecological constraints related to population trends and the conservation status of Helianthemum caput-felis Boiss., characterized by a highly fragmented areal isolated from the distribution centre. In particular, the specifics aims of the thesis were: (1) to analyse the distribution range, population size, the reproductive traits, the effect of human disturbance and identify the threats affecting the persistence of H. caput-felis in Sardinia following the IUCN regional protocol; (2) to investigate flowers and fruits phenology, ecological traits (geomorphology, substrate, slope and human trampling intensity) affecting reproductive outputs (as fruit and seed sets) and the presence of two ecological gradients along the entire European distribution range of the species; (3) to discover the population dynamics by the analyses of populations vital rates, both at global level than a local scale; (4) to evaluate the risk of extinction of H. caput-felis at global level, and then to assess the global conservation status of the populations, together with an accurate analysis of the global area of occupancy of the species, following the IUCN protocol. The thesis results indicate relevant aspect regarding the ecology, population dynamics, distribution and conservation traits of the species. In Sardinia, the species preferably grows in lowland areas with deep structured soil, due to the amount of water and resources available and morphological stability. H. caput-felis shows the highest reproductive output in garrigues, habitat that represents its ecologically optimum. The high seed production indicates that this is not a limiting factor for this plant, in contrast to seedling establishment, which represent its main critical stage. Surprisingly, in Sardinia, human trampling enhanced the plant size and the rate of fruits production, suggesting that reproductive plants of H. caput-felis are tolerant to direct damage, and probably benefit from the reduction of inter-specific and intra-specific competition. Comparing the phenology and reproductive output along the entire European distribution range of this species over a two year temporal context indicate that the general phenological pattern of H. caput-felis was similar among Sardinian and Majorcan regions, whereas, in the eastern Iberian populations (the western part of the distribution range), the southern population (Cabo Roig) showed a higher inter-annual variability and an early flowering period. Those differences could be related to a longitudinal aridity gradient for this plant: the aridity decreases from western to eastern localities. Plants growing at the eastern edge of the distribution range (Sardinia) produce more viable fruits, fruits per plant and seeds per fruit than the other two regions, while plants growing in arid substrate (as in the sandy habitat of Sa Ràpita, Majorca) are the least productive, confirming that sandy substrate is negatively correlated with fruits production and viable fruits, as well as lowland geomorphology. Hence, these analyses underline that the Abundant Centre Model assumptions, by which reproductive traits should be higher at the centre of species distribution, is not confirmed for H. caput-felis, maybe because the central populations, represented by the largest distribution area along the Iberian’s coasts, appear strongly fragmented mainly by human disturbance. Demographic traits of H. caput-felis population were analysed, by using demographic surveys, integrated by Matrix and Integral Projection Models (MPM and IPM, respectively). Plant performance and population dynamics were investigated in plants sampled along the comprehensive and representative part of the European distribution range in which the species occurs. The global population showed a general stability in the first year transition, after which it declined. This trend was probably due to the higher shrinkage of plants in the last year of study, which correlates negatively with reproductive traits, in agreement with the frequent increase in reproductive outputs with plant size. Despite this decline, stochastic population growth rate highlighted as H. caput-felis population oscillated around the equilibrium. Elasticity analysis indicated the higher importance of large individuals and the determinant role of the survival-growth transitions for the population growth rate. Moreover, plants reached high generation times and mean long life span, which, with the limited seedling recruitment rate and the presence of a consistent seed bank, reflect patterns that are typical both of many long-lived plants and of calcareous rupicolous Mediterranean species. IPM methods were found to be more accurate than MPM to monitoring species with restricted range, as H. caput-felis. At local level, the pattern of typical long-lived Mediterranean plants was also confirmed; in fact, populations were mainly composed from large individuals, characterized by slow growth. H. caput-felis showed vital rates and population dynamics varying among populations: the Sardinians’ seems to have greater equilibrium than Spanish populations. The high population growth rates of Moraira and Colònia de Sant Jordi were strongly influenced by the fecundity parameters. Plants growing in Moraira show a uniform shrinkage of individuals, probably due to a more intense fragmentation of the population. The different population dynamics observed among the analysed localities of H. caput-felis should be correlated to particular microclimate and ecological conditions, i.e. the high aridity of Cabo Roig and the sand substrate of Sa Ràpita, which probably affected the relationship among size and vital rates. On the contrary, H. caput-felis populations in demographic equilibrium, as the Sardinians’, could be locally adapted to ecological and microclimate conditions. Finally, population dynamics models were applied to analyse the extinction risk and then assess the global conservation status of H. caput-felis, together with an accurate analysis of the global area of occupancy of the species, following the IUCN protocol. This research highlighted that H. caput-felis should be considered an Endangered (EN) plant at global level, according to the formula B2ab (ii,iii,iv,v) + E. H. caput-felis suffered a continuing decline in AOO, quality of its habitat, number of localities and number of reproductive plants. This decline rate was mainly due to the habitat loss and the expansion of infrastructures detected in the last decades. Hence, effective future conservation measures could be focussed on protecting the single localities where H. caput-felis grows, in order to avoid further species decline. In this contest, conservation efforts primarily aimed to protect established individuals (mature plants) against disturbances, as suggested for other long-lived species. The results of this thesis gave new findings for the ecology and conservation of H. caput-felis, and demonstrate the importance to considerate both global than local level in demography and phenology studies.
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Maurat, Maria Cristina da Silva. "Análise da associação bactéria-macroalgas em ambiente marinho e do seu potencial uso na avaliação ambiental." Universidade Federal de São Carlos, 2003. https://repositorio.ufscar.br/handle/ufscar/1559.

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Abstract:
Made available in DSpace on 2016-06-02T19:28:57Z (GMT). No. of bitstreams: 1 TeseMCSM.pdf: 986946 bytes, checksum: da4d284b74d25fb84babcad1d732fd24 (MD5) Previous issue date: 2003-06-25
In the last decades the increase in the amount of nutrients, particularly nitrogen and phosphorus, introduced into the sea, has brought an accelerated eutrophication of the coastal marine ecosystems, and great changes in water, sediment and biotic communities. Nutrient enrichment is usually associated to other pollutants, as the heavy metals. The use of macroalgae and heterotrophic bacteria has been considered an efficient tool in environmental diagnosis when focusing these two types of pollution. The aim of the present study was to compare the biomass of bacteria in the water column, attached to the macroalgae and in the sediment of Praia da Baleia (Angra dos Reis/RJ), a region used as control and of Praia de Boa Viagem (Niterói/RJ), a region where the main impact is from domestic sewage effluents evaluating the effect of the eutrophication associated to different concentrations of zinc on Champia parvula and accompanying microorganisms by using laboratory experimentation. Methods involved filtration of samples on nuclepore filters, detachment of bacteria by mechanical shaking and ultrasounding, then cell enumeration by epifluorescence and the use of conversion factors to calculate biomass as organic carbon. The highest bacteria biomass in the water, sediment and macroalgae was obtained for in Praia de Boa Viagem. The evaluation of bacteria biomass in different substrates has shown a direct correlation with the trophic state of the environment, with mean values of 0,198 µgC.cm-3 in the water; of 1,29 µgC.cm-3 in sediment and 0,038 µgC.cm-3 in the macroalgae at the area impacted, values higher than those found in the control area. Chronic and semi-estatic toxicity tests were also performed along 15 days in order to determine growth rates, mortality, and morphological changes in the fronds of the macroalgae Champia parvula, grown on different combinations of nutrients levels, zinc concentrations and presence or absence of bacteria. Laboratory experiments evidenced that zinc and nutrient concentrations interfere with growth, mortality and morphology of C. parvula and also that macronutrients and bacteria probably influenced the accumulation of zinc by the macroalgae, thus influencing its growth.
Nas áreas costeiras um aumento na quantidade de nutrientes, particularmente nitrogênio e fósforo, tem levando à eutrofização com alterações pronunciadas nos ecossistemas. O enriquecimento por nutrientes nos ambientes costeiros é freqüentemente acompanhado pela entrada de poluentes, como os metais pesados. A utilização de macroalgas e de bactérias heterótrofas para diagnósticos ambientais abordando as alterações causada pela interação de nutrientes e metais pesados, tem mostrado ser uma ferramenta eficiente fornecendo informações altamente relevantes para o controle da poluição. O presente estudo teve como objetivos comparar a biomassa bacteriana presente na coluna d'água e aderida ao talo demacroalgas e ao sedimento da Praia da Baleia, Angra dos Reis/RJ (região controle) e da Praia de Boa Viagem, Niterói/RJ (região impactada) que tem como principal impacto o aporte de esgoto doméstico, e avaliar os efeitos da eutrofização associados a diferentes concentrações de zinco em Champia parvula e na microbiota acompanhante, através de experimentos de laboratório. A biomassa bacteriana foi determinada por filtração em membrana nuclepore, por desagregação com agitação mecânica e por sonificação. Os experimentos de laboratório foram crônicos, semi-estáticos, com renovação da solução teste a cada 72 horas e tiveram duração de 15 dias. Foram realizados experimentos em que a biomassa bacteriana natural presente na coluna d'água e na macroalga foi mantida e experimentos em que esta biomassa bacteriana foi removida pela aplicação de antibiótico. Ao término dos experimentos a taxa de crescimento, a mortalidade e a alteração morfológica das frondes da macroalga, nas diferentes concentrações de nutrientes e zinco, foram avaliadas e comparadas com o controle (meio padrão). A biomassa bacteriana, nos testes de laboratório, foi avaliada na coluna d'água e nos talos da macroalga no início e após 72 horas de experimentação. Os maiores valores estimados de biomassa bacteriana das amostras de água, sedimento e macroalgas foram observados na Praia de Boa Viagem. A avaliação da biomassa bacteriana nos diferentes substratos indicou uma relação direta com o estado trófico do ambiente, sendo registrados nas amostras de água (0,198 µgC.cm-3), sedimento (1,29 µgC.cm-3) e macroalgas (0,038 µgC.cm-3) da área impactada, valores superiores ao da área controle. Nos experimentos de laboratório, as concentrações de zinco e dos nutrientes interferiram no crescimento, mortalidade e morfologia de C. parvula e, assim como os macronutrientes, as bactérias influenciaram a acumulação de zinco pela macroalga, afetando o seu crescimento.
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Soares, Alexandre. "Elaboração, aplicação e avaliação de atividade interdisciplinar de Educação Ambiental em ambiente degradado por ação antrópica." reponame:Repositório Institucional da UnB, 2012. http://repositorio.unb.br/handle/10482/12115.

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Dissertação (mestrado)—Universidade de Brasília, Programa de Pós Graduação em Ensino de Ciências, 2012.
Submitted by Albânia Cézar de Melo (albania@bce.unb.br) on 2013-02-15T14:46:46Z No. of bitstreams: 1 2012_AlexandreSoares.pdf: 4111359 bytes, checksum: 57bb38fa5835c4ec464f7b89ee7d8d26 (MD5)
Approved for entry into archive by Guimaraes Jacqueline(jacqueline.guimaraes@bce.unb.br) on 2013-02-19T12:43:36Z (GMT) No. of bitstreams: 1 2012_AlexandreSoares.pdf: 4111359 bytes, checksum: 57bb38fa5835c4ec464f7b89ee7d8d26 (MD5)
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Embora a teoria e a legislação sobre educação ambiental prevejam que esta deve ser interdisciplinar, poucas escolas realmente a realizam desta forma. A proposta pedagógica da Educação Ambiental Sustentável traz uma metodologia concreta para auxiliar os professores neste sentido, baseada na elaboração e execução de Unidades de Aprendizagem Integrada (UAI). Este trabalho consistiu na elaboração, aplicação e avaliação de atividade interdisciplinar de Educação Ambiental tendo como UAI o ambiente degradado por ação antrópica. Foi elaborado um roteiro de trabalho, utilizado por professores de várias disciplinas para propor e realizar atividades interdisciplinares com alunos do ensino médio em área de cerrado degradado. O roteiro é genérico, de modo que professores de qualquer área possam trabalhar os currículos escolares adequando-os às atividades e projetos interdisciplinares de Educação Ambiental. O referencial teórico para a pesquisa foi baseado nos trabalhos de John Dewey e Edgar Morin, e a avaliação foi feita dentro do modelo de análise de conteúdo proposta por Bardin. Os resultados mostraram que a proposta foi muito bem aceita e trabalhada tanto por professores quanto por alunos, porém houve algumas dificuldades relacionadas principalmente à falta de experiência dos professores em trabalhar interdisciplinarmente e também fatores logísticos como falta de tempo e motivação por parte de alguns professores e alunos. A pesquisa culminou em um roteiro que pode ser utilizado em diversas outras UAIs e em vários tipos de situações educacionais, além de também ter dado origem a um site disponibilizado na Internet. ______________________________________________________________________________ ABSTRACT
Although the theory and legislation on environmental education provide that this should be interdisciplinary, few schools actually perform this way. The pedagogical Sustainable Environmental Education brings a concrete methodology to help teachers in this direction, based on the development and implementation of Integrated Learning Units (ILU). This work consisted in the development, implementation and evaluation of interdisciplinary activity using the principles of Environmental Education in an environment degraded by human action. It was developed a working script, used by teachers of various disciplines to propose and carry out interdisciplinary activities with high school students in degraded savanna. The script is generic, so that teachers can work in any school curricula suiting them to activities and nterdisciplinary projects on Environmental Education. The theoretical framework for the research was based on the works of John Dewey and Edgar Morin, and evaluation was made within the model of content analysis proposed by Bardin. The results showed that the proposal was very well received by both teachers and students, but there were some difficulties related mainly to the lack of teachers' experience in working with interdisciplinarity and also logistical factors such as lack of time and motivation on the part of some teachers and students. The research culminated in a script that can be used in several other ILU and various types of educational situations, and also have given rise to a site on internet.
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Guimarães, Simone Sendin Moreira [UNESP]. "O saber ambiental na formação dos professores de biologia." Universidade Estadual Paulista (UNESP), 2009. http://hdl.handle.net/11449/101550.

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Made available in DSpace on 2014-06-11T19:31:30Z (GMT). No. of bitstreams: 0 Previous issue date: 2009-12-21Bitstream added on 2014-06-13T19:20:36Z : No. of bitstreams: 1 guimaraes_ssm_dr_arafcl.pdf: 1889725 bytes, checksum: e11f1322e4c1152e584340bc86d19994 (MD5)
Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)
A humanidade vive hoje uma crise ambiental sem precedentes. Fundamentado na teoria da complexidade, esse trabalho apresenta a crise - Krísis (termo grego que significa decisão) como um momento no qual decisão e incerteza são interdependentes. Apresenta a Educação Ambiental como um saber para superar a crise, e como uma reflexão possível para a construção de um saber ambiental consistente na formação dos professores de Biologia. Um saber que, entre outras coisas, possa assentar a educação e a sociedade sobre novas bases epistemológicas, impulsionando novos pontos de vistas e estratégias na convergência educação e ambiente. A partir desses pressupostos teóricos esse trabalho procurou identificar as ideias dos professores de Biologia do município de Piracicaba e dos alunos concluintes de um Curso de Ciências Biológicas do município sobre educação ambiental e entender como a universidade contribui para formação desses professores em relação à essa temática. Os resultados indicam que o professor de Biologia ainda necessita de uma formação mais crítica em relação à educação ambiental, e que, numa perspectiva complexa, essa formação necessita ser tratada de forma mais rigorosa no Curso de Biologia pesquisado para que os profissionais formados possam atuar efetivamente na formação cidadã para uma sociedade mais sustentável.
The Humanity lives today an unprecedented environmental crisis. Based on complexity theory, this paper presents the crisis - Kris (Greek term that means the decision) as a time when the decision and uncertainty are interdependent. The paper presents an environmental education as knowledge to overcome the crisis, and as a possible reflection to build a consistent environmental knowledge in the biology teachers training. That knowledge, among other things, can be based on new epistemological bases of education and society, triggering new views and strategies in the convergence of education and environment. From these theoretical presuppositions that thesis sought to identify the biology teachers and graduating Biological Sciences students ideas, in Piracicaba, about an environmental education and understand how the university contributes to teachers training related to this theme. The results indicate that the biology teacher still needs critical training of the environmental education, and that in a complex perspective, this training needs to be treated stricter in the researched Biology Course, just like that trained professionals can effectively work in civic education in order to have a more sustainable society.
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Guimarães, Simone Sendin Moreira. "O saber ambiental na formação dos professores de biologia /." Araraquara : [s.n.], 2009. http://hdl.handle.net/11449/101550.

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Abstract:
Orientador: Edson do Carmo Inforsato
Banca: Edilson Moreira de Oliveira
Banca: Leda Rodrigues de Assis Favetta
Banca: Maria Guiomar Tomazello
Banca: Maria Cristina de Senzi Zancul
Resumo: A humanidade vive hoje uma crise ambiental sem precedentes. Fundamentado na teoria da complexidade, esse trabalho apresenta a crise - Krísis (termo grego que significa decisão) como um momento no qual decisão e incerteza são interdependentes. Apresenta a Educação Ambiental como um saber para superar a crise, e como uma reflexão possível para a construção de um saber ambiental consistente na formação dos professores de Biologia. Um saber que, entre outras coisas, possa assentar a educação e a sociedade sobre novas bases epistemológicas, impulsionando novos pontos de vistas e estratégias na convergência educação e ambiente. A partir desses pressupostos teóricos esse trabalho procurou identificar as ideias dos professores de Biologia do município de Piracicaba e dos alunos concluintes de um Curso de Ciências Biológicas do município sobre educação ambiental e entender como a universidade contribui para formação desses professores em relação à essa temática. Os resultados indicam que o professor de Biologia ainda necessita de uma formação mais crítica em relação à educação ambiental, e que, numa perspectiva complexa, essa formação necessita ser tratada de forma mais rigorosa no Curso de Biologia pesquisado para que os profissionais formados possam atuar efetivamente na formação cidadã para uma sociedade mais sustentável.
Abstract: The Humanity lives today an unprecedented environmental crisis. Based on complexity theory, this paper presents the crisis - Kris (Greek term that means the decision) as a time when the decision and uncertainty are interdependent. The paper presents an environmental education as knowledge to overcome the crisis, and as a possible reflection to build a consistent environmental knowledge in the biology teachers training. That knowledge, among other things, can be based on new epistemological bases of education and society, triggering new views and strategies in the convergence of education and environment. From these theoretical presuppositions that thesis sought to identify the biology teachers and graduating Biological Sciences students ideas, in Piracicaba, about an environmental education and understand how the university contributes to teachers training related to this theme. The results indicate that the biology teacher still needs critical training of the environmental education, and that in a complex perspective, this training needs to be treated stricter in the researched Biology Course, just like that trained professionals can effectively work in civic education in order to have a more sustainable society.
Doutor
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Codarin, Antonio. "Zonizzazione acustica subacquea del golfo di Trieste: implementazione delle conoscenze tecniche e scientifiche per la valutazione del clima acustico e dei suoi effetti sull'ecosistema marino." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10141.

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Abstract:
2012/2013
Sotto la superficie del mare il suono svolge un ruolo fondamentale nella vita di molti organismi marini, in quanto fornisce una visuale in tre dimensioni dello spazio circostante il singolo individuo, che si estende spesso ben oltre quello fornito dagli altri sensi. L’introduzione da parte dell’uomo di diverse tipologie di rumori in questo ambiente, quindi, desta sempre maggiori preoccupazioni, poiché qualsiasi cosa alteri la capacità di individuare e analizzare il panorama acustico circostante può interferire negativamente con la comunicazione, il comportamento, la fitness e, in termini generali, con la sopravvivenza delle specie. La posizione strategica occupata dal golfo di Trieste, un bacino di acque relativamente poco profonde situato nel Nord Adriatico, unitamente alle caratteristiche geomorfologiche delle sue coste, fanno sì che qui possano svilupparsi molteplici attività che dipendono fortemente dal mare, come quella mercantile, alieutica e diportistica. Considerata la facilità di propagazione dell’onda sonora nell’acqua e tenendo conto che il rumore non conosce “barriere” giurisdizionali, le specie che vivono in esso saranno inevitabilmente sottoposte a pressioni di diversa portata, sia di tipo diffuso che puntuale. Nonostante la Comunità Europea, grazie alla Direttiva 2008/56/CE (Direttiva Quadro per l’ambiente marino, Marine Strategy Framework Directive, MSFD)cerchi di fornire gli strumenti per far fronte a questa preoccupante problematica che insiste sulle risorse marine, si sa ancora molto poco sulla distribuzione spaziale e temporale del rumore antropico subacqueo, sia nel golfo di Trieste che in Italia. Il presente lavoro di ricerca, svolto in collaborazione con l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente del Friuli Venezia Giulia (ARPA FVG),si è posto il fine di colmare le lacune conoscitive in tale ambito ed ha voluto dare 1) un quadro dettagliato della distribuzione annuale del rumore antropico subacqueo in tutto il golfo di Trieste, 2) individuare, grazie ad esso, in termini spazio-temporali, eventuali aree di “sofferenza acustica” per la fauna marina normalmente presente nell’area e, infine, 3) valutare, tramite l’utilizzo di un modello di propagazione del rumore, le modalità sito-specifiche di propagazione del rumore, simulando scenari a diverse frequenze e in diverse stagioni dell’anno. A tal fine il rumore ambientale subacqueo è stato registrato mensilmente da gennaio a dicembre 2012 in 12 stazioni collocate in posizioni strategiche nel golfo di Trieste, valutando contemporaneamente anche il numero di navi, imbarcazioni e natanti presenti al momento della registrazione. La perdita in trasmissione del suono e stata calcolata utilizzando la Parabolic Equation, risolta col modello di propagazione acustica Miami Monterey Parabolic Equation(MMPE). I risultati evidenziano un’assenza di variabilità tra il clima acustico estivo e quello invernale, con un’intensità media è pari a 125 dB re 1 µPa e con picchi di massima intensità in prossimità del porto di Trieste e della zona al largo di Lignano; le intensità medie delle bande di 1/3 di ottava centrate sui 63 e 125 Hz, invece, sono sempre inferiori ai 100 dB re 1 µPa. A livello spaziale la zona caratterizzata dai va-lori di minore intensità è posizionata nella parte occidentale del golfo. La frequentazione antropica è in gran parte a carico del naviglio mercantile e dei natanti da diporto di piccole dimensioni. Esaminando l’andamento nella stagione estiva e in quella invernale, non è possibile rilevare differenze significative nelle diverse tipologie considerate, fatto che sembra giustificare l’assenza di variazione stagionale del clima acustico. A livello spaziale, nelle tre zone considerate, sia annualmente che d’inverno, si notano differenze significative solo nel numero delle imbarcazioni da pesca. In generale, le grandi navi sono quelle che danno il maggior apporto al rumore ambientale locale. I Gadidae, Clupeiformes e Sciaenidae, nelle zone orientali e centrali del golfo di Trieste, sono gli organismi sottoposti al maggior superamento, da parte del rumore di fondo, della rispettiva soglia acustica. Le differenze maggiori si riscontrano per lo più tra i 200 ed i 300 Hz circa, dove si colloca la maggior sensibilità uditiva di molte specie. Proprio in questo range di frequenze il modello MMPE indica la minima perdita in propagazione dell’onda sonora, che può raggiungere anche i 20 km di distanza dalla sorgente. Il modello ha permesso di evidenziare, quindi, che nelle vicinanze di forti sorgenti di rumore potrebbero aver luogo reazioni di tipo comportamentale e, che, per avere quadro più esaustivo, sarebbe consigliato monitorare altre frequenze oltre alle 63 e 125 Hz attualmente proposte. I risultati di questa ricerca, prima in Adriatico su scala spazio-temporale così ampia, hanno fornito una dettagliata analisi delle pressioni, dei potenziali impatti predominanti nell’area e delle condizioni di clima acustico in cui versa il golfo di Trieste. Per rispondere alle richieste della MSFD, i valori di intensità rilevati non possono escludere che siano a livelli tali da non avere effetti negativi sull’ambiente marino: possono verificarsi, infatti, effetti di tipo fisiologico-stressorio a livello del singolo organismo, e di interferenza nella comunicazione nelle specie che utilizzano il suono come strumento di trasferimento di informazione intra e interspecifico. Si ritiene che i valori di riferimento proposti in questo lavoro, in un’ottica precauzionale, siano un valido contributo iniziale per la determinazione dello stato ecologico dell’area. L’attuale prosecuzione dell’attività di monitoraggio del rumore sottomarino condotta da ARPA FVG, da affiancare in futuro a sistemi di acquisizione in continuo ed all’analisi di altre componenti del fenomeno acustico, quali il movimento delle particelle, permetterà sicuramente di ampliare, unitamente ad un confronto con le realtà transfrontaliere, le conoscenze sul rumore antropico. Ciò permetterà di regolamentare, anche da un punto di vista giuridico, l’introduzione del suono sotto la superficie del mare e di raggiungere gli obiettivi della MSFD previsti entro il 2020.
Under the sea surface sound plays a vital role for many marine organisms, as it provides a visual three-dimensional space surrounding the individual, which is often extends beyond that provided by other senses. Introduction by humans of different types of noise in this environment, therefore, affects the ability to identify and analyze the landscape surrounding noise may cause harmful interference with communication, behavior, fitness and, in general terms, with the species’ survival. The strategic position of Trieste Gulf, a shallow water coastal zone located inthe Northern Adriatic Sea, together with the geomorphological characteristics of its coasts, can develop a variety of activities that are highly dependent on the sea, like the merchant , fishing and pleasure boating. Given the ease of propagation of the sound wave in the water and taking into account that the noise does not know jurisdictionalbarriers, the species that live in it will inevitably be subjected to pressures of different scales ,both of which diffuse on time. Despite the European Union, thanks to 2008/56/EC Marine Strategy Framework Directive (MSFD ) seeks to provide the tools to cope with this troubling issue that insists on marine resources , is not yet known very little about the spatial and temporal distribution of anthropogenic underwater noise , both in the Gulf of Trieste in Italy. This research work was performed in collaboration with the Regional Agency for Environmental Protection of Friuli Venezia Giulia (ARPA FVG), place the order to fill gaps in knowledge in this area and wanted to give 1 ) a framework detailed annual distribution of background underwater noise in the Gulf of Trieste , 2 ) to identify, thanks to it, in terms of space and time, any areas of suffering acoustic for marine life normally present in the area and, finally,3 ) to assess, through the use of a model of noise propagation, the site-specific mode of propagation of noise, simulating scenarios at different frequencies and in different seasons of the year. Underwater ambient noise was recorded monthly from January to December 2012 at 12 stations placed at strategic locations in the Gulf of Trieste; at the same time total amount of ships, boats and vessels present at the time of registration were counted. Transmission loss was calculated using the Parabolic Equation, solved with the model of acoustic propagation Monterey Miami Parabolic Equation (MMPE). Results show an absence of the noise climate variability between summer and winter, with an average intensity level equals to 125 dB re 1 Pa and a maximum in the vicinity of the port of Trieste and the area off the coast of Lignano; the average intensities of the bands in 1/3 octave band centered on 63 and 125 Hz, however, are always less than 100 dB re 1 Pa. A spatially area characterized by the values of lower intensity is located in the western part of the Gulf. The attendance is largely anthropogenic load of merchant ships and small recreational boat. Looking at the summer and winter trend, it is not possible to detect significant differences in the various types considered, which seems to justify the absence of seasonal variation of the noise climate. In terms of space, in the three areas considered, both annual and winter, significant differences are noted only in the number of fishing vessels. In general, large ships are the ones that make the greatest contribution to local environmental noise. The Gadidae, Clupeiformes and Sciaenidae, in the eastern and central parts of the Gulf of Trieste, are the organisms subjected to the most overrun by the background noise of the respective acoustic threshold. The largest differences are found mostly between about 200 and 300 Hz, where does the greater auditory sensitivity of many species. In this frequency range MMPE model indicates minimal loss in sound propagation, which can reach up to 20 km away from the source. The model has allowed to show, therefore, that in the vicinity of strong noise sources could take place, and behavioral reactions, which, in order to have more complete picture, it would be advisable to monitor other frequencies in addition to the 63 and 125 Hz currently proposed. The results of this research, first in the Adriatic Sea onspatio-temporal scale so large, they have provided a detailed analysis of the pressures, the potential impacts of the conditions prevailing in the area and of the acoustic climate prevailing in the Gulf of Trieste. To meet the requirements of the MSFD, the intensity values measured cannot rule out that they are at levels that do not have adverse effects on the marine environment can occur, in fact, the effects of physiological stressorio - level of the individual organism, and interference in communication in species that use sound as a tool for intra-and interspecies transfer of information. It is believed that the reference values proposed in this work, from a precautionary measure, are a valuable contribution to the initial determination of the ecological status of the area. The current continuation of the monitoring of the underwater noise conducted by ARPA FVG, alongside in future systems of continuous acquisition and analysis of other components of the acoustic phenomenon, such as the movement of particles, will certainly broaden , together with a comparison with the realities of cross border knowledge about man-made noise. This will allow you to regulate, even from a legal point of view, the introduction of sound in the sea surface and to achieve the objectives of the MSFD expected by 2020.
XXVI Ciclo
1978
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Silva, Rafael Bezerra e. "Ecojogo: produÃÃo de jogo didÃtico e anÃlise de sua contribuiÃÃo para a aprendizagem em educaÃÃo ambiental." Universidade Federal do CearÃ, 2015. http://www.teses.ufc.br/tde_busca/arquivo.php?codArquivo=14038.

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Abstract:
nÃo hÃ
Os jogos didÃticos, assim como as prÃticas laboratoriais, as aulas de campo, os filmes e vÃdeos, constituem possibilidades metodolÃgicas diferenciadas que podem ser utilizadas para abordagem dos conteÃdos de Biologia (BRASIL, 2006). Para Campos et al. (2002), os jogos didÃticos merecem mais espaÃo na prÃtica de ensino, pois constituem-se em uma importante alternativa para favorecer a aquisiÃÃo e retenÃÃo do conhecimento atravÃs de um clima de alegria e prazer. Na atualidade, a principal demanda do Ensino MÃdio tem sido a preparaÃÃo dos estudantes para o ENEM, que constitui a principal forma de ingresso ao Ensino Superior no Brasil. Nas Ãltimas trÃs ediÃÃes do ENEM, cerca de 40% das questÃes de Biologia estÃo relacionadas aos conteÃdos de ecologia e educaÃÃo ambiental. De acordo com Auad (2005), a educaÃÃo ambiental constitui um problema social urgente. Por conta da relevÃncia dos temas apresentados, o presente trabalho teve o objetivo geral de produzir um jogo didÃtico e analisar a sua contribuiÃÃo para a aprendizagem em educaÃÃo ambiental. Para a realizaÃÃo da pesquisa, um estudo de campo com abordagem quali-quantitativa e de natureza aplicada, foi elaborado um jogo didÃtico de tabuleiro com perguntas e respostas sobre o conteÃdo educaÃÃo ambiental, denominado Ecojogo. O jogo foi reproduzido e utilizado por estudantes de 3 ano do Ensino MÃdio de uma escola da rede pÃblica estadual, em CrateÃs-CE, em trÃs aulas. A coleta de dados foi realizada a partir de observaÃÃo participante e aplicaÃÃo de questionÃrios. Durante a utilizaÃÃo do Ecojogo em sala de aula, observou-se que o uso do jogo produziu um ambiente de ensino e aprendizagem prazeroso, por contar com a interaÃÃo entre os jogadores e a brincadeira competitiva do jogo. A partir da anÃlise dos questionÃrios aplicados, verificou-se que os conhecimentos dos estudantes aumentaram, em mÃdia, 34% apÃs a utilizaÃÃo do jogo. Com relaÃÃo à avaliaÃÃo do Ecojogo em oficina de jogos didÃticos realizada em evento cientÃfico, todos os entrevistados responderam que utilizariam o jogo no ensino de educaÃÃo ambiental, por ser atrativo e abordar assuntos relevantes. De acordo com estes entrevistados, o Ecojogo auxilia a compreensÃo, estimula o raciocÃnio e proporciona uma aprendizagem significativa por abordar os conteÃdos de forma contextualizada e com situaÃÃes-problema. Apesar de reconhecerem importÃncia da contextualizaÃÃo para a compreensÃo dos conteÃdos e preparaÃÃo para o ENEM, alguns entrevistados relataram que esta caracterÃstica retarda a dinÃmica da partida, por conta da extensÃo dos textos das questÃes. Com base nos resultados da pesquisa, concluiu-se que o Ecojogo constitui uma estratÃgia metodolÃgica eficiente para a aprendizagem em educaÃÃo ambiental, e que os professores devem investir no desenvolvimento e uso destes materiais didÃticos no ensino de Biologia. AlÃm do desenvolvimento e uso de jogos didÃticos, faz-se necessÃrio, tambÃm, a divulgaÃÃo e compartilhamento dos procedimentos e materiais produzidos em experiÃncias exitosas, para que o conhecimento seja difundido e, assim, aperfeiÃoado.
The didactic games such as laboratory practices, outdoor class, movies and videos are different methodological possibilities which can be used for address the contents biology (BRASIL, 2006). For Campos et al. (2002), the didactic games deserve much more space in the practice of teach, because they are an important alternative to get and retain the knowledge through a clime of joy and pleasure. Nowadays, the main claim of the Secondary School has been the preparation of students for ENEM, which is the main way to enter in the university in Brazil. In the last three editions of the ENEM, about 40% of the Biologyâs questions were related to ecology and environmental education. According to Auad (2005), the environmental education is an urgent social problem. Because of the relevance of this issue presented, this study had as a general objective to create a didactic game and analyze its contribution as a tool for learning environmental education. For the achievement of this research, an outdoor study was made with approach in quality, quantity and applied nature, as well was developed a didactic game board with questions and answers about environmental educational named Ecojogo. The game was prepared and used in three lessons by students from a 3rd grade state public Secondary School in the town CrateÃs-CE. The data collection was carried out by watching partakers and the application of questionnaires. During the usage of the Ecojogo in the classroom, it was noticed that the use of the game created a pleasant teaching and learning environment, because of the interaction between players and the funny process of the game. From the analysis of the questions applied, was verified that the studentâs knowledge increased in an average of 34% after using the game. Related to the evaluation of Ecojogo in didactic games held in Scientific event, everyone answered that they would use the game in the teaching of environmental education classes, because it is attractive relevant topics. According to those people who were interviewed, the Ecojogo helps to understand, stimulates thinking and provides a significant capacity, because it approaches the contents in context with problem situations. Although recognizing the importance of contextualization for understand the contents and preparation for ENEM, some peoples who was interviewed, reported that this feature slows the departure dynamic, because of the size of the questions. Based on the surveyâs results, it was concluded that the Ecojogo is an efficient methodological strategy for learning environmental education, and that teachers should invest in development and usage of didactic materials for teaching Biology. Besides of developing and using didactic materials, it is also necessary spread and share products and materials produced in successful experience, in order to this knowledge be released and, thus, improved.
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