Journal articles on the topic 'Base giuridica'

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Atighetchi, Dariusch. "Le leggi sull’aborto in alcuni Stati musulmani: tra diritto islamico e diritto positivo." Medicina e Morale 47, no. 5 (October 31, 1998): 969–88. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1998.821.

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Abstract:
Le posizioni elaborate nel corso dei secoli in campo giuridico nel mondo islamico sulla liceità e i limiti dell’interruzione di gravidanza sono molto complesse e hanno come riferimento le fonti canoniche della Sharia (la Legge islamica) e , qualora queste non rispondano in maniera esaustiva su un determinato tema, i riferimenti principali sono i dottori della Legge islamica i quali offrono dei responsi giuridici che non sono strettamente vincolanti per i richiedenti. Storicamente le riflessioni giuridiche sull’interruzione volontaria di gravidanza ruotano attorno a te “pilastri” fondamentali: l’infusione dell’anima che, in base al Corano, viene trasmessa al 120°giorno dalla fecondazione, il fatto che il diritto classico puniva penalmente il procurato aborto, l’approvazione della tradizione giuridica dell’aborto terapeutico in quanto tutelava in primo luogo la vita della madre. In seguito, l’Autore analizza le legislazioni di alcuni stati musulmani (Tunisia, Kuwait, Egitto, Pakistan, Iran, Arabia Saudita, Bahrain, Algeria), sottolineando che la Sharia (la Legge islamica) costituisce la fonte principali delle leggi statali.
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2

Mele, Vincenza, Giuseppina Girlando, and Elio Sgreccia. "La diagnosi genetica sui lavoratori: recenti acquisizioni scientifiche, problematiche etiche ed etico-giuridiche." Medicina e Morale 39, no. 2 (April 30, 1990): 301–29. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1990.1183.

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Abstract:
L'articolo si propone di suggerire alcune linee etiche direttive in tema di diagnosi genetica sui lavoratori alla luce dei principi della bioetica personalista, tenendo conto del contributo dei più importanti documenti giuridici europei e statunitensi. La riflessione etico-giuridica si muove sulla base delle recenti acquisizioni scientifiche a proposito dell'associazione fra status genetico e malattie professionali, e si basa su vari parametri, fra cui il grado di certezza di tale associazione, la gravità della malattia e le finalità del test diagnostico.
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3

Casini, Marina. "I diritti dell’uomo, la bioetica e l’embrione umano." Medicina e Morale 52, no. 1 (February 28, 2003): 67–110. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2003.674.

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Abstract:
L’articolo muove dalla constatazione – documentata dal riferimento a numerosi documenti di carattere giuridico - dell’intenso legame esistente tra la riflessione sui diritti umani e quella sulla bioetica; legame che affonda le sue radici nella metà del secolo scorso e che è a tutt’oggi fecondo tanto da costituire una delle caratteristiche della modernità. La forza espansiva delle due riflessioni trova uno sbocco ed una prospettiva comune nel biodiritto che sta imponendosi non solo come un settore degli ordinamenti interni, definibile in base a criteri pratici, didattici o sistematici, ma anche come riflessione planetaria sui diritti umani il cui nucleo più profondo è costituito dalla meditazione sulla dignità umana, sul suo contenuto, sulla sua ragione. Il biodiritto, infatti, manifesta l’urgenza di un supplemento di riflessione, uno sforzo speculativo che sappia guardare a fondo per cogliere senso più autentico del diritto e dei diritti umani. Questo supplemento di riflessione viene posto nella prospettiva dell’esistenza umana appena sbocciata e minacciata in molti modi: dall’aborto chirurgico a quello chimico, dalla fecondazione in vitro, all’uso dell’embrione a fini sperimentali o di ricerca. Sullo sfondo di una panoramica generale dei principali testi giuridici che più o meno direttamente si occupano, con diversi esiti, dell’embrione umano, lo scritto si sofferma sulle ragioni che depongono a favore del riconoscimento del concepito come soggetto. Tali ragioni- squisitamente giuridiche - sono date dalla meditazione sulla dignità umana e sul collegato principio di uguaglianza alla luce delle Costituzioni e delle dichiarazioni di diritti; dal concetto tecnico-giuridico di persona; dalla rilevanza giuridica del dubbio.
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Vitti, Emiliano. "Tanti piccoli Führer? Il “peso” della decretazione personale nel governatorato generale di Polonia." Italian Review of Legal History, no. 7 (December 22, 2021): 419–49. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/16894.

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Abstract:
Il sistema basato sulla dottrina politica nazionalsocialista non nacque accompagnato né da una base culturale giuridica propria, né con il presupposto di “appoggiarsi” allo Stato per poter riorganizzare la vita sociale ed economica tedesca. In effetti, furono i numerosi giuristi nazionalsocialisti ad elaborare una sorta di “struttura delle fonti giuridiche” che costituisse una riserva di strumenti giuridici da utilizzare per raggiungere un punto di “fusione” tra impianto istituzionale e dottrina politica di indirizzo.Gli effetti distorsivi che il nuovo “Diritto Nazionalsocialista” ebbe nella gestione dei territori, specie in quelli occupati durante la guerra, si manifestarono con maggiore intensità sul territorio polacco, o meglio su quella porzione di territorio rinominato Generalgouvernement für die besetzten polnischen Gebiete; sia negli alti livelli della Zivilverwaltung, sia nell’amministrazione dei distretti locali (Kreise), i personalismi dei funzionari si manifestarono con forza, anche grazie all’uso di forme di decretazione personale dotate di differente efficacia.L’obiettivo di questo scritto è porre in relazione gli strumenti giuridici di decretazione personale con l’operato dei molti “piccoli Führer” che operarono in una entità amministrativa atipica come il Governatorato generale di Polonia mostrando, talvolta prima conl’inadeguatezza che con la brutalità, il volto peggiore della Zivilverwaltung.
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Ceruti, Silvia, and Mario Picozzi. "La responsabilità giuridica nella Consulenza Etica in Ambito Sanitario." Medicina e Morale 69, no. 3 (November 3, 2020): 371–89. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2020.708.

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Abstract:
Scopo del presente contributo è delineare il perimetro entro il quale articolare una riflessione critica relativa alla questione della responsabilità giuridica connessa all’attività di Consulenza Etica in Ambito Sanitario (CEAS). Innanzitutto, saranno illustrate le ragioni per le quali ritenere che, al momento attuale, in Italia, la CEAS resa da un Consulente Etico singolo rappresenti il modello che meglio risponde all’esigenza di garantire un servizio di qualità ai pazienti e agli operatori sanitari. In secondo luogo, saranno analizzati gli elementi in base ai quali possa considerarsi ascrivibile in capo al Consulente Etico una responsabilità giuridica per violazione di una norma civile o penale. Infine, a partire dall’analisi dell’evoluzione giurisprudenziale e degli interventi legislativi di riforma in ambito sanitario, verrà avanzata una proposta in ordine alla disciplina applicabile all’operato del Consulente Etico in caso di danno procurato al paziente. Alla luce di quanto esposto, si tenterà di sostenere come il formale riconoscimento, anche giuridico, della figura del Consulente Etico possa risultare funzionale sia a dare contenuto all’effettivo ruolo svolto dal consulente nel processo di cura, sia a incentivare la stessa diffusione della cultura della CEAS, intesa come processo dialogico che ha lo scopo di contribuire al miglioramento dell’assistenza sanitaria mediante l’individuazione, l’analisi e la risoluzione dei dilemmi etici riconducibili alla pratica clinica.
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Tucci, Giuseppe. "La discriminazione contro il disabile: i rimedi giuridici." GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, no. 129 (March 2011): 1–28. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2011-129001.

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Abstract:
La discriminazione contro i disabili ha una storia particolare nella nostra esperienza giuridica, in quanto viene fatta oggetto di sanzioni solo molto tempo dopo che erano state eliminate le altre tradizionali forme di discriminazione, come, ad esempio, quella contro le donne. Anche le norme costituzionali, che rendevano certamente illegittime quelle discriminazioni (artt. 2, 3, 4, 32, 35, etc. Cost.), sono state lette in funzione della tutela del disabile solo negli anni '90 del secolo scorso, quando la nostra legislazione ordinaria č stata costretta ad adeguarsi al diritto europeo. Infatti, soltanto l'art. 16 della l. 12 marzo 1999, n. 68, ha abrogato la norma del t.u. sul pubblico impiego che prevedeva la «sana e robusta costituzione» come astratto e generale requisito di accesso al pubblico impiego medesimo, cosě come soltanto nel 2003, in attuazione di precise direttive europee, l'art. 15 st. lav. č stato riformato in modo da qualificare come illegittima la discriminazione contro il disabile nel rapporto di lavoro privato. Oggi la tutela del disabile si realizza a livelli multipli. Infatti, vi č una tutela di diritto interno, una tutela di diritto internazionale, in base alla Convenzione delle Nazioni Unite del 13 dicembre 2006, una tutela di diritto dell'Unione europea in senso stretto ed una tutela basata sulla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Malgrado tale pluralismo delle fonti delle differenti discipline giuridiche, solo l'intervento delle diverse Corti, come la Corte costituzionale, quella di Lussemburgo e quella di Strasburgo, in costante dialogo tra loro, riesce a tutelare il disabile di fronte alle nuove forme di discriminazioni, come quelle razziali, che spesso hanno ad oggetto, in particolare nella nostra esperienza giuridica, disabili extracomunitari.
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Bompiani, Adriano. "La Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea: aspetti etici." Medicina e Morale 51, no. 1 (February 28, 2002): 13–27. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2002.710.

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Abstract:
Al margine del “vertice” di Nizza, il 27 dicembre 2000 il Consiglio Europeo ha proposto al Parlamento Europeo ed alla Commissione di proclamare solennemente, insieme al Consiglio, la “Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea” (UE), elaborata da un Gruppo di lavoro in base al mandato ricevuto nel 1999 dal medesimo Consiglio. Il documento ha indubbia valenza “politica” per dotare l’UE di una più definita base giuridica e sotto alcuni aspetti “costituzionale”, proposta per rafforzare il consenso dei cittadini dei vari Stati europei che già fanno parte dell’UE ed orientare il sentire di quelli che – già - rappresentati in Consiglio d’Europa - saranno ammessi a farvi parte. La base dei fattori unificanti viene sostanzialmente individuata nei “diritti dell’uomo”, storicamente sviluppatisi sia nei riguardi della promozione della individualità che della socialità dell’uomo nel corso del XX secolo. L’articolo riprende attraverso l’esame della recente letteratura nazionale le opinioni espresse sulla “Carta”, ma si sofferma in particolare sugli aspetti bioetici emergenti dall’art. 1 (Dignità umana); art. 2 (Diritto alla vita); art. 3 (Diritto all’integrità della persona). Ciascuno di questi articoli, nell’annunciare i “valori” e corrispondenti “diritti”, si rifà alla concezione giuridica tradizionale della “persona”, dalla quale può derivare l’insufficiente tutela della fase prenatale della vita umana. Questo non può non suscitare preoccupazioni e riserve di fronte ad un documento che, per altri aspetti, sembra utile per consentire uno sviluppo europeo non limitato agli aspetti mercantili.
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Di Donato, Giulio. "TRAME DEL RICONOSCIMENTO: DA HEGEL ALL’IDENTITÀ DI GENERE." Il Politico 256, no. 1 (June 28, 2022): 179–89. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2022.690.

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Abstract:
La prevenzione e il contrasto alle discriminazioni e alla violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere e sull’orientamento sessuale rappresentano un’esigenza sentita in maniera ormai trasversale e allo stesso tempo un tema oggetto di polemiche infuocate nel momento in cui si passa dal piano della petizione di principio al piano della traduzione normativa (se ad esempio si tratta di modificare gli articoli 604 bis e ter del Codice penale e la successiva legislazione in materia di istigazione a delinquere, equiparando la discriminazione per i motivi di cui sopra a quella su base razziale, etnica o religiosa). Polemiche che hanno reso e rendono assai difficile intavolare una discussione laica e ragionata sul merito, al di là degli opposti isterismi e delle opposte strumentalizzazioni. In questa sede, lontani dalla concitazione del dibattito più acceso e fanatico, proveremo a riflettere sulle implicazioni di carattere filosofico-giuridico che l’eventualità di un intervento normativo in materia solleva: dalle definizioni di sesso e di genere all’equilibrio fra salvaguardia della libertà di opinione e lotta alle discriminazioni, per soffermarci infine sulla contraddizione fra le istanze soggettivistiche e contingenti alla base del concetto di identità di genere (comunemente definita l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione) e i criteri di oggettività e stabilità che sono propri della dimensione giuridica e in particolar modo della norma penale.
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Saj, Marek. "Prawna strona ślubu czystości." Prawo Kanoniczne 52, no. 3-4 (December 10, 2009): 117–35. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2009.52.3-4.05.

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Abstract:
Il legislatore ecclesiastico nel Codice di Diritto Canonico offre le norme riguardanti la vita secondo i consigli evangelici di castità, di povertà e di obbedienza in istituti religiosi. Sono indicazioni molto generici, perchè norme più dettagliate devono essere messe nella legge propria di ogni istituto. La castità viene sempre nominata come prima tra i consigli. Essa ha non solo un solido fondamento teologico e un significato religioso, ma anche una propria base giuridica. Nel codice di diritto troviamo delle prescrizioni che tendono a proteggere le persone consacrate a Dio tramite il voto di castità. Tra queste norme ci sono canoni che suggeriscono di trattare con prudenza le persone, la cui familiarità potrebbe mettere a pericolo il loro obbligo della perfetta continenza oppure suscitare lo scandalo dei fedeli. Ci sono anche altri canoni che invitano ad astenersi da ciò che è sconveniente al proprio stato e ad evitare ciò che, pur non essendo indecoroso, è alieno dal loro stato. Inoltre, ci sono canoni sull’adeguato approccio ai mezzi di comunicazione sociale. A proteggere la vita in castità è anche l’istituzione di clausura e l’abito religioso. Per prevenire le possibili trasgressioni contro questo consiglio il legislatore ha stabilito pure le sanzioni penali, non escludendo perfino la dimissione di una persona consacrata dall’istituto religioso. Le suddette norme del codice rivelano, dunque, non solo l’aspetto teologico, ma soprattutto quello giuridico del consiglio evangelico di castità.
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Ronfani, Paola. "La violenza dei genitori verso i figli. Orientamenti della cultura giuridica e dei saperi esperti." SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no. 2 (December 2011): 109–36. http://dx.doi.org/10.3280/sd2011-002006.

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Abstract:
Nella cultura giuridica, cosě come nei saperi esperti, in particolare quelli sociologico e psicologico, il dibattito internazionale sulla violenza, fisica e psicologica, dei genitori verso i figli ha raggiunto dimensioni ragguardevoli e si esprime in una vasta gamma di opinioni, valutazioni e proposte di programmi di intervento nei confronti delle vittime e dei perpetratori delle violenze. Nell'articolo, in cui si ripercorre tale dibattito facendo ampio riferimento alla letteratura straniera, si evidenzia come nella cultura giuridica vi sia una buona condivisione di orientamenti circa l'esigenza che il diritto proibisca espressamente ai genitori di sottoporre a trattamenti umilianti e degradanti i figli nell'esercizio delle loro funzione di cura ed educativa. Al contrario, nei saperi esperti gli orientamenti appaiono piů problematici e controversi per ciň che concerne sia l'ambito semantico del concetto di violenza familiare, sia la comprensione dei fattori sociali e culturali alla base dei comportamenti violenti dei genitori verso i figli. Questa disparitŕ di opinioni si riflette, sul piano pratico, nelle scelte dei possibili modelli di trattamento e di contrasto (politico- sociale, amministrativo, giudiziario) di tali comportamenti. Nel lavoro si sottolinea, in particolare, l'esigenza di non trascurare la correlazione, che emerge da numerose ricerche empiriche, fra disorganizzazione e vulnerabilitŕ sociali ed esercizio della responsabilitŕ genitoriale considerato moralmente inadeguato.
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Bifulco, Daniele. "Nucleare e responsabilitÀ intergenerazionale." SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI (LA), no. 39 (January 2011): 20–34. http://dx.doi.org/10.3280/las2010-039002.

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Abstract:
Il saggio analizza l'impatto che l'energia nucleare puň avere sulla relazione fra riscaldamento terrestre e generazioni future, sulla base delle prese di posizione degli organismi internazionali di regolazione del settore nucleare. Da un lato, l'energia nucleare viene vista da alcuni come contributo alla lotta al cambiamento climatico, dall'altro avrebbe impatti problematici sulle generazioni future: l'articolo illustra questo dilemma, puntando l'attenzione soprattutto sulla questione delle scorie e sulla tutela giuridica delle generazioni future. Si considera inoltre la questione dell'energia nucleare dal punto di vista della sua valutazione complessiva, sottolineando la necessitÀ di una discussione ampia - che č mancata nel nostro paese.
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Salvini, Alessandro, and Antonio Iudici. "Le attribuzioni di causa e il giudizio clinico in psichiatria forense e psicologia giuridica." RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, no. 2 (July 2011): 69–81. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2011-002006.

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Abstract:
Il presente studio si č occupato di quei procedimenti conoscitivi in base ai quali gli psicologi e gli psichiatri effettuano le valutazioni psicodiagnostiche nell'ambito delle consulenze tecniche e delle perizie. Tali processi sono stati tradizionalmente trascurati dall'ambito clinico-forense privando i professionisti del settore di un utile confronto interdisciplinare e rendendo di dubbia validitŕ tecnicoscientifica alcune modalitŕ di indagine psicodiagnostica. Nello specifico si č voluto mettere in evidenza gli errori in cui lo specialista forense puň incorrere quando risponde agli interrogativi posti dalla committenza giuridica, sia sotto il profilo degli errori di attribuzione e delle inferenze, sia nell'ambito delle incongruenze epistemologiche.
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Gometz, Gianmarco. "Le concezioni teleologiche del diritto nella letteratura teorico-giuridica. Osservazioni analitiche per una classificazione." SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no. 3 (February 2012): 7–43. http://dx.doi.org/10.3280/sd2011-003001.

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Abstract:
L'idea secondo cui il diritto non puň essere compreso, o addirittura definito, se non si tiene conto del suo ruolo di mezzo rivolto a un fine č alla base di numerose concezioni del diritto: e in particolare quelle che, a qualche livello, assegnano un ruolo centrale al ruolo strumentale del diritto rispetto a fini variamente individuati e connotati. In questo articolo si tenta una sommaria classificazione di tali concezioni teleologiche, pur senza pretese di esaustivitŕ. La proposta ricostruzione č preliminare a un'analisi delle ragioni che inducono a considerare la dimensione teleologica come importante o addirittura indispensabile per rispondere alla domanda: Che cosa č, in generale, il diritto?
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Migliardi, Andrea, and Davide Revelli. "Demografia delle imprese nelle aree ad elevata intensitŕ di agglomerazione produttiva." ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, no. 3 (July 2012): 499–525. http://dx.doi.org/10.3280/ed2011-003005.

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Abstract:
Questo lavoro si propone di analizzare l'evoluzione della demografia delle imprese italiane nelle aree ad elevata agglomerazione produttiva nel periodo 2000-08, di confrontarla con quella delle aziende insediate in aree non distrettuali, di esaminarne l'eterogeneitŕ intersettoriale e infrasettoriale, tenendo anche conto dell'impatto di fattori quali la forma giuridica, le dimensioni e la localizzazione geografica. Il lavoro si basa sull'utilizzo dei dati Infocamere-Movimprese e delle metodologie di individuazione dei distretti proposte da Sforzi e Iuzzolino. I nostri risultati mostrano che la nata-mortalitŕ netta delle imprese č peggiorata nel periodo considerato, per l'effetto congiunto di un piů alto tasso di uscita e di un piů basso tasso di entrata. La dinamica del saldo demografico netto č risultata peggiore nelle aree distrettuali rispetto a quelle non distrettuali, principalmente a causa del comportamento delle ditte individuali. In base all'analisi econometrica, la demografia netta risulta correlata statisticamente con la specializzazione produttiva delle imprese, mentre non emergono correlazioni significative con gli altri fattori considerati.
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Ascanio, Carla. "Adozioni in casi particolari: il Tribunale per i minorenni di Sassari riconosce la posposizione del cognome dell'adottante e l'estensione dei legami di parentela dell'adottante in capo all'adottato." MINORIGIUSTIZIA, no. 3 (April 2022): 141–49. http://dx.doi.org/10.3280/mg2021-003013.

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Abstract:
Con la sentenza 18 gennaio 2022, il Tribunale per i minorenni di Sassari, in base a un'interpretazione consolidata in giurisprudenza dell'art. 44 lett. d) legge n. 184/1983, ha disposto l'adozione "in casi particolari" di una bambina da parte del padre intenzionale, la posposizione del cognome di costui a quello della figlia e l'estensione a quest'ultima dei legami di parentela del padre. L'introduzione della sentenza che qui si propone ripercorre l'iter argomentativo seguito dal tribunale e diviene occasione per riflettere sull'inadeguatezza della distinzione tra lo status acquisito in forza di un'adozione c.d. piena e un'adozione, mite o semipiena, in casi particolari, unico strumento, quest'ultimo, per garantire una tutela giuridica a forme di genitorialità de facto e a legami familiari non diversamente riconosciuti dall'ordinamento.
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Natale, Maria. "Il progetto borbonico di una Napoli giudaica tra ansia di rinnovamento e ritorno al passato." Italian Review of Legal History, no. 7 (December 22, 2021): 131–71. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/16887.

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Abstract:
La condizione giuridica degli ebrei, sin dai primi anni del XVI secolo, fu disciplinata a Napoli da un susseguirsi di provvedimenti dal contenuto variamente afflittivo. Rispetto a tali precedenti, la riforma varata da Carlo di Borbone segnò una svolta epocale.Adottato dopo una lunga e problematica gestazione, l’editto costituì parte di un più ampio quadro di riforme finalizzato a «coltivare l’umana società». In tale prospettiva, più fonti documentano il collegamento esistente tra quell’iniziativa e la coeva istituzione delSupremo Magistrato del Commercio. L’orizzonte comune ad entrambe le riforme risiedeva nella volontà di dare vita ad una nuova Napoli “giudaica”, produttiva e commerciante: un’ambizione di rinnovamento che si infranse allorquando s’indebolì, e poi venne meno, la base di consenso e di sostegno politico che aveva trainato le riforme.
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Ornatek, Adam. "Znaczenie kanonu 72 synodu trullańskiego w rozwoju historycznym prawodawstwa Kościołów Wschodnich oraz realizacji myśli ekumenicznej Soboru Watykańskiego II w Kodeksie Kanonów Kościołów Wschodnich." Prawo Kanoniczne 46, no. 3-4 (December 20, 2003): 247–62. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2003.46.3-4.09.

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Abstract:
Autore tratta di can. 72 del concilio di Costantinòpoli dall’anno 691/692 d. C., di sua significazione storica, estensione e dimensione giuridica, anche valore canonico nella luce del Decreto Concili Ecumenici Vaticani II Orientalium Ecclesiarum, n. 16, comparando tutto questo con i canoni del Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium de impedimento disparitatis cultus (il can. 803, §§ 1-3) e de matrimoniis mixtis (i can. 813-816 e il can. 834, §§ 1-2). A base dei testi originari spiega, come dall’inizio finora la Santa Sede e le Chiese orientali acattoliche hanno interpretato l’impedimento disparitatis cultus inoltre come hanno risolto i problemi che portano con sé dei matrimoni misti. Soprattutto autore sottolinea aspetto ecumenico in materia codesta, che si manifesta nella vita pastorale e cooperazione fra due comunità - dei cattolici e acattolici.
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Di Nepi, Serena. "L'apostasia degli ebrei convertiti all'islam. Dalle carte del sant'uffizio romano (secoli XVI-XVIII)." SOCIETÀ E STORIA, no. 138 (November 2012): 769–89. http://dx.doi.org/10.3280/ss2012-138005.

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Abstract:
La costituzione apostolica Antiqua Iudaeorum Improbitas (1581 e 1593) costituě un importante tassello nella storia delle relazioni tra gli ebrei italiani (o ebrei che in Italia abitavano) e l'Inquisizione romana. Grazie a questa disposizione, infatti, la Congregazione del Sant'Uffizio fu investita formalmente di pieni poteri di controllo sugli ebrei, allo scopo di conservare e proteggere quei principi di fede quae sunt communia tra ebraismo e cristianesimo. Tale assunto fu immediatamente usato per sorvegliare ogni aspetto della vita ebraica, dalle questioni di natura strettamente religiosa fino alla trattazione delle materie di ambito genericamente culturale o, addirittura, economico. Nella vasta gamma di casi affrontati su questa base, spiccano i viaggi degli ebrei nei territori turchi ed ogni conversione all'Islam; anche l'apostasia dall'ebraismo, infatti, venne considerata un tradimento di quei principi. Leggendo le confessione spontanee rese dagli ebrei, i dubbi e le risposte a questi stilati dai consultori sulla base della letteratura giuridica e della trattazione di casi precedenti, č possibile riflettere da una nuova prospettiva sia sulla storia degli ebrei italiani nell'etÀ del ghetto, sia sull'evoluzione della stessa Inquisizione romana.
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Basso, Ingrid. "Kant nel dibattito filosofico e giuridico danese del primo Ottocento." Estudos Kantianos [EK] 7, no. 2 (January 14, 2020): 55–72. http://dx.doi.org/10.36311/2318-0501.2019.v7n2.05.p55.

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Abstract:
La cosiddetta disputa-Howitz che si accese a Copenaghen nella seconda metà degli anni Venti dell’Ottocento rappresentò il primo dibattito filosofico autenticamente danese occorso in Scandinavia nel XIX secolo. Il nome si deve al medico legale Frantz Gotthard Howitz (1789-1826) che nel 1824 pubblicò il trattato filosofico-giuridico Su follia e imputabilità. Un contributo alla Psicologia e al diritto, che fu pubblicato in forma di articolo nella Rivista giuridica diretta dal giurista e futuro primo ministro danese Anders Sandøe Ørsted (1778-1860), che nel 1798 aveva pubblicato un trattato sulla dottrina kantiana della libertà, opera considerata oggi il frutto più maturo del kantismo in Danimarca. Quale membro del Collegio di Sanità, Howitz doveva valutare l’imputabilità dei criminali. Nel suo testo egli accusò la giurisprudenza danese dell’epoca di essere fondata sul sistema kantiano della moralità; criticò dunque la concezione kantiana della libertà come capacità di determinare le proprie azioni sulla base di un fondamento puramente razionale. Secondo Howitz l’essere umano non è propriamente dotato di libertà in questo senso, poiché ogni azione umana è necessariamente determinata da un motivo che pesa più di altri e la cosiddetta razionalità altro non è che capacitas motivorum. La libertà dovrebbe essere intesa dalla giurisprudenza come capacitas motivorum, ovvero una libertà che non ha nulla a che vedere con la moralità. Howitz sostiene contro la visione morale kantiana che la stessa moralità nasce e si sviluppa sulla base dell’organizzazione cerebrale. Quando apparve, il trattato di Howitz suscitò immediatamente le reazioni critiche di figure di intellettuali di spicco quali lo stesso Anders Sandøe Ørsted, il teologo e futuro vescovo Jacob Peter Mynster, il drammaturgo e critico letterario Johan Ludvig Heiberg e il filosofo Frederik Christian Sibbern, futuro professore e mentore del giovane of Søren Kierkegaard. L’articolo mira a esplorare i fondamenti filosofici del dibattito e soprattutto il ruolo che ebbe in esso la filosofia morale di Kant. Recebido / Received: 4.9.2019.Aprovado / Approved: 28.10.2019.
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Sondel, Janusz. "PRAWO RZYMSKIE JAKO PODSTAWA PROJEKTÓW KODYFIKACYJNYCH W DAWNEJ POLSCE." Zeszyty Prawnicze 1 (January 27, 2017): 47. http://dx.doi.org/10.21697/zp.2001.1.03.

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Abstract:
Ił DIRITTO ROMANO QUALE BASE NEI PROGETTI DI CODIFICAZIONE NELL’ANTICA POLONIATra i diversi settori, ove si puó constatare l’influsso del diritto Romano sul diritto dell’antica Polonia, e necessario ricordare inanzi tutto l’utilizzo di questo diritto quale materia prima nei tentativi di codificazione del diritto polacco. Questi tentativi non diedero tuttavia grandi risultati, il che fece si che praticamente 1’unica codificazione compredente il complesso del diritto in Polonia, prima della sua spartizione, fossero costituiti dagli Statuti di Casimiro il Grande, risalenti alla metà del XIV secolo. Altre raccolte uffîciali erano solo un semplice riordino cronologico delle normative oppure comprendevano solamente un determinato settore del diritto o ad uno specifico territorio.In questa situazione, data la mancanza di codificazione uffîciali si diede importanza ai progetti elaborati, i quali venivano applicati nella prassi giuridica. In gran parte i loro autori erano persone con istruzione giuridica, lo si desume dalfinflusso del diritto romano sui loro elaborati. Questi influssi sono anche evidenti negli Statuti di Casimiro il Grande pur essendo molto più numerosi nei progetti di codificazione corne lus Polonicum Sigismundinum (I metà del XVI secolo) di Maciej Sliwnicki, il quale fondô il suo elaborato sul diritto romano, nonché nella raccolta posteriore, la cosidetta Correctura iurium. Numerosi elementi romanistici, li rilevano anche le opere di Bartlomiej Groicki, risalenti alla metà del XVI secolo, che vennero applicate nelle prassi delle città polacche, locate sul diritto di Magdeburgo nonché i progetti delle codificazioni délia Prussia. Tra questi ultimi mérita particolare attenzione Jus Culmense Revisum (1594), la quaîe è costituita da una raccolta di leggi dal ricco contenuto romanistico. Molti altri esempi dell’applicazione del diritto romano, compendenti le citazioni testuali délia Codificazione di Giustiniano, li possiamo trovare nel Codice di Anrzej Zamojski del 1778.
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Stawniak, Henryk. "Niezdolność do zawarcia małżeństwa (kan. 1095 KPK) w świetle przemówień papieskich do Roty Rzymskiej i nauki Kościoła." Prawo Kanoniczne 52, no. 3-4 (December 10, 2009): 229–46. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2009.52.3-4.11.

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Abstract:
Il presente articolo è una più ampia versione della conferenza tenuta agli impiegati dei tribunali ecclesiastici. L’oggetto di questo studio consta dell’applicazione del can. 1095 CIC nella giurisprudenza ecclesiale in base ad alcune indicazioni contenute nei discorsi dei pontefici alla Rota Romana e del Magistero della Chiesa. L’essenziale filo dello studio sono le questioni di giovarsi abilmente delle scienze psicologiche o psichiatriche (nel contesto dell’antropologia cristiana, come pure nel contesto del pessimismo antropologico), inoltre anche le questioni di usufruire abilmente dei giudici sulle perizie degli esperti, alla fine della loro valutazione giuridica. Ulteriormente viene trattato il tema delle reciproche relazioni tra le figure d’incapacità considerate dal can. 1095 CIC e dei loro esenziali elementi. Il suddetto canone si analizza anche alla luce degli art. 203 e 209 dell’istruzione Dignitas connubii. Infine, viene sottolineato il fatto accertato da Benedetto XVI, che le persone semplici sono capaci al matrimonio e non si può mescolare le difficoltà nel funzionamento del matrimonio con una vera incapacità di contrarlo.
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Di Pietro, M. L., M. Casini, A. Fiori, R. Minacori, L. Romano, and A. Bompiani. "Norlevo e obiezione di coscienza." Medicina e Morale 52, no. 3 (June 30, 2003): 411–55. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2003.666.

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Abstract:
L’autorizzazione della commercializzazione, in Italia, del Norlevo - prodotto a base di levonorgestrel - come contraccettivo d’emergenza (Decreto AIC/UAC n. 510/2000 del 26.09.2000) ha sollevato un intenso dibattito sul comportamento del medico che non vuole prescrivere per ragioni deontologiche ed etiche, sostanze che possano ostacolare il proseguimento dello sviluppo del concepito. Ci si chiede, inoltre, se questa decisione possa rientrare nella fattispecie prevista dall’art. 9 della Legge 194/78 in materia di obiezione di coscienza. Per dare una risposta a questo interrogativo, è stato necessario studiare, innanzitutto, il meccanismo di azione del levonorgestrel: solo qualora si fosse riscontrata la possibilità di un effetto abortivo, sarebbe stato possibile appellarsi alla suddetta legge. Poiché si è giunti alla conclusione che, accanto all’unico effetto contraccettivo (inibizione/ritardo dell’ovulazione) dimostrato, sono presenti anche e soprattutto effetti in fase post-fertilizzazione, è stata presa in esame la riflessione giuridica in materia. Alla luce dell’ordinamento italiano e delle decisioni della Corte Costituzionale, il rifiuto di prescrivere/somministrare il Norlevo rientra nelle previsioni dell’art. 9 della Legge 194/78, ma anche qualora questo non venisse riconosciuto, si rende sempre configurabile - a fronte del bene “vita umana” - anche una sorta di “clausola di coscienza” in base alla quale il medico ha diritto ad agire secondo i propri convincimenti interiori.
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da Empoli, Domenico. "A Science for Liberty: Public Finance According to Luigi Einaudi’s Thought." Journal of Public Finance and Public Choice 4, no. 3 (October 1, 1986): 195–201. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907117453.

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Abstract Durante gli Anni Trenta ha avuto luogo in Italia un vivace dibattito tra i cultori di scienza delle finanze sul problema se lo studio dell’attività finanziaria pubblica dovesse essere condotto solamente con metodologia economica, o se lo studioso dovesse anche far uso della metodologia giuridica, nonchè tener conto degli aspetti politici del fenomeno finanziario.La prima tesi era quella tradizionale, essendo la scienza delle finanze nata come disciplina economica. La seconda era piuttosto recente, dato che era stata formulata pochi anni prima da Benvenuto Griziotti, professore presso l’Università di Pavia dal 1920 al 1954.In difesa dell’impostazione economica tradizionale, Luigi Einaudi in diversi scritti espresse I’opinione che la metodologia economica nello studio del sistema fiscale fosse più rigorosa scientificamente di quella giuridica.Una lettera inedita di Einaudi all’economista americano E.R.A. Seligman, del 1937, spiega come questa sua posizione polemica avesse anche una base politica che Einaudi non aveva potuto presentare pubblicamente, date le restrizioni imposte dal regime dell’epoca. Lo studio dal punto di vista economico delle istituzioni fiscali, secondo Einaudi, garantisce una libertà di valutazione critica non consentita al giurista, che deve sempre fare riferimento all’ordinamento positive.
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CHICHERA, Maria Angélica. "A Exigência de Novos Padrões no Ensino Jurídico Frente as Novas Tecnologias." INTERRITÓRIOS 6, no. 12 (December 7, 2020): 335. http://dx.doi.org/10.33052/inter.v6i12.249004.

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Abstract:
RESUMOO presente artigo tem por objetivo abordar questões no que dizem respeito aos recursos de aprendizagem utilizados nas salas de aula e a inclusão das novas tecnologias no ensino jurídico, como mais uma opção de ferramenta a ser implementada no processo de ensino e aprendizagem. Importante se faz, verificar se há a compreensão pelos docentes do Direito das reais tendências para o futuro e se os efetivos impactos que as novas tecnologias têm revolucionado o mundo escolar e de como elas estão modificando o modo de pensar e agir dos agentes envolvidos no processo ensino-aprendizagem, numa sociedade globalizada e informatizada. Por se tratar de um estudo descritivo e hipotético, será realizado com base na pesquisa bibliográfica e histórica, utilizando-se do método indutivo.Educação Jurídica. Tecnologia. Docente. Ensino Jurídico. Novas Formas de Aprendizagem.ABSTRACTThe aim of this article is to address questions regarding learning resources used in classrooms and the inclusion of new technologies in legal education, as a further option of a tool to be implemented in the teaching and learning process. It is important to verify if there is an understanding by law teachers of the real tendencies for the future and if the effective impacts that the new technologies have revolutionized the school world and how they are modifying the way of thinking and acting of the agents involved in the process teaching-learning, in a globalized and computerized society. Because it is a descriptive and hypothetical study, it will be carried out based on bibliographical and historical research, using the inductive method.Legal Education. Technology. Teacher. Legal Teaching. New Forms of Learning.RESUMENEste artículo tiene como objetivo abordar cuestiones relativas a los recursos de aprendizaje utilizados en las aulas y la inclusión de las nuevas tecnologías en la enseñanza jurídica, como una opción más de herramienta que puede ser implementada en el proceso de enseñanza y aprendizaje. Es importante comprobar si existe un entendimiento por parte de los profesores de Derecho de las tendencias reales para el futuro, si tienen idea de los impactos efectivos que las nuevas tecnologías han revolucionado el mundo escolar y cómo ellas están cambiando la forma de pensar y actuar de los agentes implicados en el proceso de enseñanza-aprendizaje, en una sociedad globalizada e informatizada. Se trata de un estudio descriptivo e hipotético, se realizará con base en una investigación bibliográfica e histórica, utilizando el método inductivo.Educación Jurídica. Tecnología. Profesor. Enseñanza Jurídica. Nuevas Formas de Aprendizaje.SOMMARIOQuesto articolo si propone di affrontare le questioni relative alle risorse di apprendimento utilizzate nelle classi e all'inclusione di nuove tecnologie nell'educazione giuridica, come un'ulteriore opzione di strumento che può essere implementata nel processo di insegnamento e apprendimento. È importante verificare se c'è una comprensione da parte degli insegnanti di diritto delle reali tendenze per il futuro, se hanno un'idea degli impatti effettivi che le nuove tecnologie hanno rivoluzionato il mondo scolastico e di come stanno cambiando il modo di pensare e di agire gli agenti coinvolti nel processo di insegnamento-apprendimento, in una società globalizzata e informatizzata. Si tratta di uno studio descrittivo e ipotetico, sarà condotto sulla base di una ricerca bibliografica e storica, utilizzando il metodo induttivo.Educazione giuridica. Tecnologia. Insegnante. Educazione legale. Nuovi modi di apprendimento.
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Boga, Diletta. "Il contratto per conto di chi spetta nel settore del turismo." RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO DEL TURISMO, no. 20 (October 2018): 242–74. http://dx.doi.org/10.3280/dt2017-020004.

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Abstract:
A differenza del contratto a favore di terzi, il contratto di assicurazione per conto di chi spetta, disciplinato dall'art. 1891 cod. civ., prevede un regime in base al quale i diritti derivanti dal contratto spettano all'assicurato, mentre gli obblighi derivanti dal contratto stesso devono essere adempiuti dal contraente, ad eccezione di quelli che per loro natura possono essere adempiuti solo dall'assicurato. Pertanto, nessuna delle parti può essere considerata terza (parte) in relazione al contratto di assicurazione perché, nel caso del contratto per conto di chi spetta, i diritti della controparte dell'assicuratore riguardano sia il contraente che il soggetto assicurato. Si tratta di uno strumento di autonomia privata meritevole di tutela giuridica anche per i contratti non legati all'assicurazione (e diversi dall'assicurazione stessa), in particolare per quei contratti conclusi dal tour operator con i fornitori di servizi primari al fine di assemblare le varie componenti di un pacchetto turistico (trasporto, alloggio, partecipazione ad eventi culturali o altro). In tali casi, esiste una separazione tra il contraente (tour operator) e l'utente del servizio (turista) relativamente alle prerogative che sono di competenza della controparte del fornitore: la giustificazione di tale separazione è nel contratto tra i tour operators e i turisti (viaggio organizzato), relativo ad un contratto di servizio, per cui il turista riconosce il vantaggio di avere un unico interlocutore, responsabile dell'organizzazione del viaggio organizzato, inteso come risultato unitario.
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Casini, C., M. L. Di Pietro, and M. Casini. "La normativa italiana sulla “procreazione medicalmente assistita” e il contesto europeo." Medicina e Morale 53, no. 1 (February 28, 2004): 17–52. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2004.651.

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Abstract:
La normativa italiana sulla riproduzione artificiale si inserisce nel contesto legislativo europeo che, a partire dagli anni ottanta, ha visto il diffondersi di leggi in materia. Nella penultima decade del secolo scorso, infatti, il legislatore si è trovato di fronte ad un fenomeno completamente nuovo, ampiamente affermato nella prassi e connotato da una complessità tecnica (peraltro in continua evoluzione) di non immediata comprensione. La difficoltà di dare una disciplina ad una materia di tale densità e soprattutto coinvolgente beni (significato della procreazione, valore della vita umana allo stadio iniziale, significato della famiglia) e interessi (degli adulti ad avere un figlio, degli scienziati a fare le ricerche) di rilevante portata, ha spinto i Governi e i Parlamenti ad avvalersi degli Studi condotti da Commissioni costituite ad hoc. Nell’articolo, dunque, oltre ad esaminare i contenuti essenziali delle varie leggi in base ad un’analisi comparata che evidenzia i punti di convergenza e di divergenza, le leggi stesse vengono messe in relazione ai risultati raggiunti dai rispettivi gruppi di studio. Ne emergono due interessanti linee di tendenza: da un lato sembra prevalere un’orientamento pragmatico (la cui espressione più marcata si rinviene nel britannico Rapporto Warnock e nella conseguente legislazione britannica) caratterizzato dalla prevalenza del beneficio che si può ottenere dal ricorso alle tecnologie riproduttive a discapito di ogni tutela giuridica dei diritti dell’embrione; dall’altro, viceversa, un’orientamento, che in base alla moderna dottrina dei diritti umani, è disposto a riconoscere al neo-concepito, in quanto individuo vivente appartenente alla specie umana, i diritti umani fondamentali: alla vita, alla famiglia, all’identità (genetica e psicologica). È questo il percorso intrapreso dai documenti europei del 1989, inaugurato dal punto di vista legislativo dalla normativa tedesca (supportata dai lavori della Commissione Benda) e confermato dalla recente legge italiana. L’articolo in oggetto non si limita ad una rassegna sia pure ragionata delle normative in vigore, ma offre spunti di riflessione che vanno al di là di un semplice confronto legislativo.
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Brescia, Graziana. "ELENA E L’ALIBI DELLA VIOLENZA." RAUDEM. Revista de Estudios de las Mujeres 2 (May 22, 2017): 237. http://dx.doi.org/10.25115/raudem.v2i0.600.

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Abstract:
Riassunto: Lo scambio di lettere tra Elena e Paride nelle Eroidi di Ovidio rappresenta una nuova fase all'interno dell'ampia ricezione dell'episodio mitico del rapimento di Elena. Ovidio riscrive la storia dei due amanti sulla base del codice elegiaco, centrandosi specificatamente nel momento della seduzione da parte di Paride e riconfigurando le funzioni del sequestratore e della donna sedotta alla luce tanto dell'Ars amatoria come della tradizione giuridica. L'innocenza di Elena e il suo ruolo di vittima - e non complice- del raptus sono conferiti dall'uso di vis a nome di Paride, anche se - come il poeta spiega nella sua Ars- la violenza è solo simulata e, soprattutto, grata puellis.Parole chiave: Ovidio, Elena, Paride, abduzione, violenza, simulazione, complicità. Elena and the Alibi of Violence (Ovidio, Heroides 16-17)Abstract: The letter exchange between Helen and Paris in Ovid’s Heroides is a new step in the long-standing reception of the mythical episode of the abduction of Helen. Ovid re-writes the story of the two lovers according to the elegiac code, focusing specifically on the seduction by Paris and re-shaping the roles of the abductor and the seduced woman in the light of both the Ars amatoria and the juridical tradition. Helen’s innocence and her role of victim – and not accomplice – of the raptus are granted by the use of vis on behalf of Paris, even if – as the poet teaches in his Ars – the violence is just simulated and, most of all, grata puellis.Key words: Ovid, Helen, Paris, abduction, violence, simulation, complicity.
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Gambino, Silvio. "Sui militi alla revisione della costituzione nell'ordinamento italiano." Revista de Direitos e Garantias Fundamentais, no. 8 (October 30, 2010): 55. http://dx.doi.org/10.18759/rdgf.v0i8.26.

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Abstract:
L’analisi dei limiti (soprattutto materiali) alla revisione della Costituzione nell’ordinamento italiano, da sempre oggetto di studio da parte della dottrina costituzionale, di recente è stata oggetto di approfondimento con riguardo al testo di revisione costituzionale approvato da una maggioranza parlamentare (di destra) ma poi respinto dal corpo elettorale nel referendum costituzionale. Il quesito che, più in particolare, ha originato l’approfondimento riguardava la disponibilità o meno in capo al Parlamento del potere di revisione costituzionale che avesse ad oggetto uno sbilanciamento dei poteri a favore del Governo e soprattutto del Premier. Rispetto a tale questione contingente, l’analisi ha approfondito il tema per come esso si presenta nel quadro di un costituzionalismo rigido e giurisdizionalmente garantito. La letteratura giuridica, tuttavia, ha offerto nel corso degli ultimi sessanta anni una risposta di tipo evolutivo. Nel mentre fino agli anni ’70 ha assunto che nulla impedirebbe la revisione della Costituzione qualora siano rispettate le procedure rafforzate previste nell’art. 138 Cost. (approvazione con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi e sottoposizione a referendum popolare qualora il testo di revisione non sia stato approvato nella seconda votazione con una maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna delle Camere), nella dottrina successiva agli anni ’80, anche sulla base del limite costituzionale secondo cui la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale (art. 139 Cost.), ha individuato l’esistenza, accanto al limite formale, di un limite materiale, costituito dal rispetto dei principi supremi e dei diritti fondamentali, benché l’individuazione puntuale di tali principi appare molto più complessa e talora anche problematica. La giurisprudenza costituzionale ha sempre confermato una simile lettura allorché ha individuato, con una giurisprudenza stabile nel tempo, i principi e i diritti fondamentali come limite al processo di integrazione europea e prima ancora con riguardo ai rapporti fra diritto costituzionale e diritto canonico.
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Wójcik, Monika. "Instytucje dobroczynne w "Listach" Grzegorza Wielkiego." Vox Patrum 40 (March 15, 2002): 337–51. http://dx.doi.org/10.31743/vp.7988.

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Abstract:
Nel presente articolo viene esaminata la posizione giuridica degli istituti di beneficenza, specialmente la loro subbiettivita giuridica. Questo problema e trattato principalmente sulla basa lettere di s. Gregorio Magno.
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Sokołowski, Jarosław. "Struktura organizacyjna Sądu Biskupiego Diecezji Ełckiej w latach 1992-2004." Prawo Kanoniczne 48, no. 1-2 (June 5, 2005): 135–55. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2005.48.1-2.09.

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Abstract:
L’autore in questo lavoro presenta: 1. L’introduzione 2. La base storico-giuridica dell’organizzazione della nuova struttura l’organizzativa della diocesi di Elk come pure l’iniziativa di erezione Trybunale Vescovile del primo grado in diocesi 3. Trybunale Vescovile e Curia Diocesana in diocesi di Elk 4. L’organizzazione del Trybunale Vescovile in diocesi di Elk 4.1 Il compito del vescovo diocesano per quanto riguarda l’organizzazione del trybunale in diocesi 4.2. Il primo vescovo della diocesi di Ełk Wojciech Ziemba 4.3. Il secondo vescovo della diocesi di Elk Edward Samsel 4.4. II terzo vescovo della diocesi di Ełk Jerzy Mazur SVD 4.5. II bilancio cronologico per nome ed cognome di tutti che lavorano in trybunale vescovile della diocesi di Ełk negli anni 1992-2004 4.5.1. L’ufficio del vicario giudiziale 4.5.2. L’ufficio del vicevicario giudiziale 4.5.3. L’ufficio del giudice diocesano 4.5.4. L’ufficio del difensore del vincolo matrimoniale 4.5.5. L’ufficio del notaio 5. Le competenze del trybunale vescovile della diocesi di Ełk 6. L’organizzazione del lavoro del tribunale vescovile 7. Il posto ed il tempo del lavoro del tribunale vescovile 8. Il modo del lavoro del tribunale vescovile per quanto riguarda cause matrimoniali 8.1. La preparazione e dichiarazione delle sentenze in tribunale 9. Il sommario. L’esempio del trybunale vescovile della diocesi di Ełk insieme con la sua sede a Ełk è dal’inizio più forte i più bello perche nonostante di tutto acesso il servizio giudiziale. Dal’inizio della sua esistenza il trybunale aveva abbastanza grandi difficoltà delle persone che sono preparate per lavoro in questo trybunale come pure diversi problemi l’organizzativi. Questo tema è un seuguente esempio come argomento che questa problematica è molto attuale ed importante in tutta attività pastorale della Chiesa. Questo livello dell’attività giudiziaria è molto importante quando lo guardiamo della perspettiva degli anni già passati (12 anni) dal momento della erezione della diocesi di Ełk dalla volontà del Sommo Pontefice di Giovanni Paolo II nel giorno 25 marzo 1992.
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Roth, Ulrike. "Inscribed meaning: the vilica and the villa economy." Papers of the British School at Rome 72 (November 2004): 101–24. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200002683.

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Abstract:
INTERPRETANDO CIÒ CHE È ISCRITTO: LA VILICA E L'ECONOMIA DELLA VILLAL'articolo muove dalla discussione sul ruolo generalmente assegnato alla vilica nelle strutture rurali dell'Italia romana per proseguire con una nuova visione dell'economia della villa nel suo insieme. Tradizionalmente la vilica viene vista come la moglie del vilicus, l'uomo manager della villa e il suo status è stato di conseguenza identificato come di carattere prevalentemente associativo, dipendendo quasi interamente dal suo rapporto personale con un uomo schiavo. La discussione moderna sul significato economico della vilica è rimasta per questo ad un livello piuttosto superficiale. Attraverso l'analisi delle fonti epigrafiche, giuridiche e letterarie sosterrò invece che la vilica è solo raramente la moglie del vilicus, in quanto entrambi avevano di solito partners scelti tra i loro schiavi di famiglia. Inoltre sosterrò che il titolo vilica si riferiva più che altro ad una dimensione professionale e che solo in base al riconoscimento del ruolo manageriale della vilica dal punto di vista giuridico possono essere compresi sia il significato economico della vilica che il pieno potenziale economico dell'economia della villa stessa.
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Orcalli, Gabriele. "Lo scambio talent for citizenship e la politica europea per l'immigrazione ad alta qualificazione." ARGOMENTI, no. 32 (September 2011): 5–38. http://dx.doi.org/10.3280/arg2011-032001.

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Abstract:
La competizione internazionale per i lavoratori ad alta qualificazione si basa sia sull'offerta di condizioni di lavoro favorevoli sia sull'offerta di regole che assicurino vantaggi in termini di status giuridico, di diritti di permanenza e di accesso alle opportunitŕ del mercato interno del lavoro. Esiste uno scambioin base al quale l'offerta piů importante di uno Stato ad un lavoratore straniero č la facilitazione nell'ottenimento dei diritti propri della cittadinanza. Il saggio intende discutere la capacitŕ della UE, in base alla propria costituzione economica, di governare questa politica per l'immigrazione secondo criteri di competitivitŕ internazionale.
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Bompiani, Adriano. "L’elaborazione di “regole” per le innovazioni biotecnologiche." Medicina e Morale 49, no. 4 (August 31, 2000): 713–50. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2000.765.

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Abstract:
Come è noto, l'unione Europea ha fra i suoi scopi quello di favorire lo sviluppo sociale ed economico dei Paesi aderenti, facilitando la ricerca scientifica, l’innovazione tecnologica, la produzione di beni e la circolazione degli stessi nell’ambito dell’Unione, eliminando per quanto è possibile differenze, normative e conflitti commerciali. Con questo spirito, dopo anni di difficile lavoro, è stata emanata la Direttiva 98/44/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio (6luglio 1998) che riguarda la protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, ne presupposto che si tratti di genoma – sia esso di origine vegetale, animale o umano – in quanto risultati da “invenzioni” suscettibili di applicazioni industriali e non dal mero isolamento (“scoperta”). L’Autore, che già ha esaminato in un precedente contributo gli aspetti etici dell’impiego delle biotecnologie nel campo vegetale e animale (v. Medicina e Morale 2000, 3: 449-504), si sofferma a descrivere quanto prevede la Direttiva 98/44/CE stessa, assieme ad altre norme internazionali precedentemente emanat, per la tutela dell’ambiente, degli animali e degli organismi umani. L’Autore riconosce che la direttiva vieta, nel dispositivo, lo sfruttamento commerciale che sia contrario all’ordine pubblico e al buon costume, fornendo gli esempi concreti dei divieti applicabili ai processi di clonazione umana a scopo riproduttivo, di modificazione dell’identità genetica germinale dell’essere umano; di modificazione degli embrioni umani a fini commerciali e industriali; di modificazione dell’identità genetica animale di natura tale da provocare sofferenza negli stessi, senza utilità sostanziale per l’uomo o per l’animale. Tuttavia la Direttiva – sotto l’aspetto giuridico – consente l’utilizzazione di embrioni umani (sia pure non direttamente ed espressamente prodotti a scopo di ricerca in base all’art. 18 della Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina) a scopo sperimentale e per applicazioni biotecnologiche riguardanti la produzione di cellule staminali od i medicamenti. L’Autore esamina anche il dibattito che è seguito alla emanazione della Direttiva soprattutto a livello di Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (Strasburgo) in merito alle preoccupazioni dell’opinione pubblica sui cosiddetti “cibi transgenici” (raccomandazione n. 1398 (1998) dal titolo “sicurezza del consumatore e qualità degli alimenti”), nella quale è stata espressa contrarietà alla brevettabilità degli organismi viventi, pur riconoscendo la necessità di assicurare un’adeguata protezione ai diritti dell’”invenzione” (proprietà intellettuale) [Raccomandazione 1417/1999]. Questi problemi sono stati affrontati ma non risolti nella conferenza internazionale di Oviedo (16-19 maggio 19999) organizzata dal Consiglio d’Europa. Il Comitato Direttivo di Bioetica del medesimo Consiglio d’Europa è stato indicato di esprimere “parere” sulla complessa materia; nel frattempo sono intervenute la conferenza di Seattle e Montreal, ove è stato firmato, nel gennaio 2000, un Protocollo sulla biosicurezza che regolamenta il commercio internazionale di sementi e sostanze geneticamente modificate ritenuti pericolosi per l’ambiente e la salute, escludendo però i prodotti finiti, e perciò il cibo transgenico. Nel momenti in cui – scadendo la moratoria –la Direttiva 98/44/CE entrerà in vigore (31 luglio 2000) essendo improbabile l’accettazione delle argomentazioni di invalidazione sollevate da Olanda e Italia, l’Autore insiste per l’adozione del “principio di precauzione”, esplicitamente incorporato nel diritto comunicato relativo alla protezione della salute, oltreché alla tutela dell’ambiente, che dovrà essere tuttavia meglio specificato nella sua estensione e nelle conseguenze attese. Un secondo principio, quello della “trasparenza”, richiede un’ulteriore affinamento delle informazioni rivolte al consumatore, tramite una più chiara etichettatura che consenta una scelta realmente libera e consapevole dei prodotti derivanti da organismi geneticamente modificati posti in commercio. Dovrà essere perseguita la ricerca, escludendo peraltro l’uso dell’embrione umano.
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De Cristofaro, Ernesto. "La sovranità nei corsi di Foucault al Collège de France." Italian Review of Legal History, no. 8 (December 21, 2022): 313–40. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/19256.

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Abstract:
Tra i temi di carattere giuridico e politico quello della sovranità è il più presente nei corsi che Michel Foucault ha tenuto presso il Collège de France dal 1970 al 1984. L’insegnamento presso questa istituzione – intitolato, nel suo caso, Storia dei sistemi di pensiero - obbedisce a regole particolari. Una tra queste è l’obbligo gravante sui docenti a non riproporre, di anno in anno, lo stesso corso di lezioni svolte in precedenza, ma di cambiare argomento. Al netto di questa clausola, negli anni che vanno dal 1973 al 1979, Foucault si occupa ripetutamente e intensamente di questioni che hanno una connessione molto esplicita e diretta con la dimensione del potere. Alcuni dei corsi tenuti costituiscono la base di opere che egli pubblica in questo periodo come Sorvegliare e punire o La volontà di sapere. È, certamente, all’interno dei corsi che si viene profilando l’idea del potere che attraversa la sua ricerca in questa fase temporale ed è grazie a questo laboratorio trasparente del suo lavoro che è possibile seguire l’analisi e la rielaborazione che egli svolge sull’argomento “sovranità”. Sebbene questo termine non sia mai espressamente presente nei titoli delle annualità didattiche, molte delle lezioni che impegnano l’insegnamento affidato a Foucault convergono su questa categoria. Foucault riceve dalla teoria giuridica e dalla politologia una parola alla quale si attribuisce pacificamente un preciso significato. Il titolare del potere sovrano è rappresentato, da una lunghissima e importante tradizione, come colui attorno al quale ruota il funzionamento dello Stato. Il sovrano è posto “in alto” e “al centro” della mappa del potere come il punto a partire dal quale e verso il quale si muovono tutti gli ingranaggi essenziali che fanno funzionare la macchina statuale. Inoltre, il sovrano è colui che esercita il proprio potere attraverso l’uso di una forza eminente, idonea a far rispettare le leggi, mantenere l’ordine e inibire qualunque ipotesi di sedizione. Foucault intende, viceversa, mettere in discussione questa lettura. L’itinerario che egli segue punta verso una fenomenologia dei rapporti di potere colti nella loro multiformità e disseminazione. Si tratta di osservare il potere rinunciando alla prospettiva della verticalità, come se esso fosse collocato presso una sola sede, alla prospettiva della patrimonialità, come se esso fosse posseduto esclusivamente da qualcuno e, infine, alla prospettiva della repressione, come se l’unica lingua che esso sapesse parlare fosse quella dell’intimidazione, della sanzione e delle armi. Per rileggere il potere bisogna, al contrario, studiarne il funzionamento presso apparati parziali della società, distribuiti trasversalmente e in grado di implementare una tecnologia che non si fonda sull’interdizione ma, al contrario, sulla sollecitazione della disciplina. Lungo il suo itinerario Foucault incontra lo sviluppo storico della penalità, nel cui perimetro viene sviluppandosi un potere fortemente individualizzante, capace di perseguire un incasellamento degli individui che si serve di molteplici tecniche di osservazione e descrizione operanti a vari livelli della struttura sociale; la storia della psichiatria, grazie alla quale la distinzione normale/anormale, e le conseguenti misure di monitoraggio e controllo della condotta deviante, hanno potuto avvalersi dell’uso di parametri “scientifici” e, pertanto, più cogenti; infine, la biopolitica, che ha ricollocato il tema della sottoposizione dei corpi a regole e vincoli, in vista della massimizzazione delle loro prestazioni, dalla scala degli individui a quella delle popolazioni, lasciando apparire dietro la figura tralatizia del sovrano che esprime la propria egemonia decidendo chi possa vivere e chi debba morire, l’immagine assai più concreta del potere anonimo delle regole di alimentazione, igiene e profilassi che stabiliscono come un’intera collettività debba essere curata e protetta.
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Coccopalmerio, Domenico. "Globalizzazione giuridica e costituzione afgana." FUTURIBILI, no. 1 (March 2011): 178–86. http://dx.doi.org/10.3280/fu2011-001012.

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Abstract:
L'Autore presenta i caratteri e il significato delle costituzioni che i re e i presidenti dell'Afghanistan hanno elaborato, per porre l'attenzione sull'ultima Costituzione del 2004 che cerca di sintetizzare tradizione e modernitŕ della societŕ afgana. La prima Costituzione afgana risale al 1923, promulgata dal re Amanullah. La proposta dello stato, avanzata da questa Costituzione, č quella monarchica. La seconda Costituzione č del 1931, ed č promulgata da Mohammad Khan, ed č chiamata Usulmana- a asasi. Essa comincia con l'invocazione "Nel nome di Allah il piů misericordioso". La terza Costituzione č del 1964, ed č intitolata "Qamu-e asasi". Č una costituzione piů moderna delle precedenti e vuole essere la "legge statale". Nel 1977 viene discussa ed emanata una nuova Costituzione, in seguito alla risoluzione del 1973 di Daoud, appoggiato da esercito e partiti marxisti. Tale Costituzione č centrata sul Presidente della repubblica. L'Autore tuttavia mette in risalto e discute la Costituzione del 2004, in quanto "globalizzazione giuridica", che risulta stratificata in tre parti; infatti vi č un frontespizio di carattere teologico: la religione di stato č l'Islam, e nessuna legge puň essere contraria ai principi della religione islamica. La seconda parte č lo scheletro istituzionale, che č fondato sui principi illuministici e gallicani delle costituzioni occidentali. Poi vi č la terza parte che regola la societŕ civile. Fra i tre modelli in realtŕ, come detto, il prevalente č quello religioso. Su questa Costituzione basa il suo potere anche Hamid Karzai.
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Moccia, Luigi. "Europa dei diritti, soggetti deboli e tutele: alcuni spunti." CITTADINANZA EUROPEA (LA), no. 1 (March 2011): 5–14. http://dx.doi.org/10.3280/ceu2011-001001.

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Abstract:
Il contributo si propone di richiamare l'attenzione sul valore autonomo della cittadinanza europea come motivo portante del processo d'integrazione europea, a sostegno dell'idea di apertura e convergenza degli ordinamenti giuridici nazionali come base di un modello sociale europeo d' integrazione attraverso i diritti.
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Pattison, Gary. "Soldier self-defence: the theoretical and legal bases for command-imposed restrictions." Military Law and the Law of War Review 59, no. 1 (June 2, 2021): 23–43. http://dx.doi.org/10.4337/mllwr.2021.01.02.

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Abstract:
This article confronts what has been described as the ‘ongoing self-defence controversy’ within the international military community over the legitimacy of commanders issuing orders that have the practical effect of restricting soldiers’ use of force in self-defence. Within this controversy, some argue that soldier self-defence is legally sacrosanct, a right that must invariably take precedence over any command-imposed restrictions. This article explores whether there is any legal basis for this view. It finds that there is not, and that such an absolutist approach misconstrues the basic theoretical and legal origins of self-defence. What is more, the article forewarns that reasoning in such absolute terms might actually serve to devalue rather than promote soldiers’ safety by failing to properly account for the longstanding military tradition of commands such as ‘hold fire’ orders, the central importance of these directives to the ordered application of military force and military effectiveness, and the interrelationship of the military and the state’s responsibility for national security. Cet article se penche sur la controverse qui entoure la légitime défense au sein de la communauté militaire internationale, quant à la légitimité du commandement de donner des ordres ayant pour effet, dans la pratique, de restreindre l’emploi de la force des soldats à des fins de légitime défense. Dans le cadre de cette controverse, certains soutiennent que la légitime défense des soldats est sacro-sainte d’un point de vue juridique et que ce droit doit toujours l’emporter sur toute restriction imposée par le commandement. Cet article cherche à déterminer si ce point de vue repose sur un fondement juridique. L’article conclut que non, et qu’une telle approche absolutiste dénature les origines théoriques et juridiques à la base de la légitime défense. Qui plus est, l’article met en garde qu’un raisonnement en de tels termes absolus pourrait en fait nuire à la sécurité des soldats, au lieu de l’améliorer, parce qu’il ne tient pas suffisamment compte de la longue tradition militaire d’ordres tels que «halte au feu», de l’importance de ces directives pour l’application ordonnée de la force militaire et pour l’efficacité militaire, et de l’interaction entre l’armée et la responsabilité de l’État pour la sécurité nationale. Dit artikel gaat in op wat is omschreven als de ‘voortdurende controverse over zelfverdediging’ binnen de internationale militaire gemeenschap over de legitimiteit van commandanten die bevelen uitvaardigen waarbij het gebruik van geweld door soldaten uit zelfverdediging praktisch wordt beperkt. Binnen deze controverse betogen sommigen dat de zelfverdediging van soldaten wettelijk onaantastbaar is, een recht dat altijd voorrang moet hebben op alle beperkingen die door het commando worden opgelegd. Dit artikel gaat na of er een wettelijke basis is voor dit standpunt. De conclusie is dat die er niet is en dat een dergelijke absolutistische benadering de theoretische en juridische grondslagen van zelfverdediging miskent. Bovendien waarschuwt het artikel dat een redenering in dergelijke absolute termen de veiligheid van de soldaten eerder zou kunnen aantasten dan bevorderen, doordat niet naar behoren rekening wordt gehouden met de gevestigde militaire traditie van bevelen zoals ‘staakt het vuren’-bevelen, het centrale belang van deze richtlijnen voor de bevolen toepassing van militair geweld en militaire doeltreffendheid, en de onderlinge relatie tussen het leger en de verantwoordelijkheid van de staat voor de nationale veiligheid. Este artículo aborda lo que se ha venido a llamar la ‘controversia existente en torno a la autodefensa’ dentro de la comunidad militar internacional sobre la legitimidad de los comandantes que emiten órdenes que tienen el efecto práctico de restringir el uso de la fuerza en defensa propia por parte de los soldados. Dentro de esta controversia, algunos argumentan que la autodefensa de los soldados es legalmente sacrosanta, un derecho que invariablemente debe prevalecer sobre cualquier restricción impuesta por el mando. Este artículo explora si existe alguna base legal para este punto de vista. Se llega a la conclusión de que no existe base alguna y que tal enfoque absolutista malinterpreta los orígenes teóricos y legales básicos de la autodefensa. A mayor abundamiento, el artículo advierte que el razonamiento en términos tan absolutos podría servir para devaluar, en lugar de promover, la seguridad de los soldados al no tener en cuenta adecuadamente la tradición militar inmemorial de órdenes como las órdenes de ‘mantener el fuego’, la importancia central de estas directivas para la aplicación ordenada de la fuerza militar y la eficacia militar, y la interrelación de las fuerzas armadas y la responsabilidad del Estado por la seguridad nacional. Questo articolo affronta quella che è stata descritta come la ‘continua controversia di autodifesa’ all'interno della comunità militare internazionale sulla legittimità dei comandanti che emettono ordini che hanno l'effetto pratico di limitare l'uso della forza da parte dei soldati nell'autodifesa. All'interno di questa controversia, alcuni sostengono che l'autodifesa dei soldati sia giuridicamente sacrosanta, un diritto che deve invariabilmente avere la precedenza su qualsiasi restrizione imposta dal comando. Questo articolo esamina se vi sia una base giuridica per questa interpretazione. Trova che non esiste, e che un tale approccio rigido fraintenda le origini teoriche e giuridiche di base di auto­difesa. Inoltre, l'articolo ammonisce che ragionare in termini così assoluti potrebbe effettivamente sminuire piuttosto che promuovere la sicurezza dei soldati, non riuscendo a tenere adeguatamente conto della lunga tradizione militare di comandi come ‘non aprire il fuoco’, dell'importanza centrale di queste direttive per l'ordinata applicazione della forza militare e dell'efficacia militare e l'interrelazione tra la responsabilità militare e quella dello Stato per la sicurezza nazionale. Dieser Artikel befasst sich mit dem, was innerhalb der internationalen Militärgemeinschaft bezeichnet wird als ‘andauernde Selbstverteidigungskontroverse’ (‘ongoing self-defence controversy’) in Bezug auf die Legitimität von Befehlshabern, die Befehle erteilen, wobei die Gewaltanwendung aus Selbstverteidigung durch Soldaten praktisch beschränkt wird. Im Rahmen dieser Kontroverse argumentieren manche, dass die Selbstverteidigung von Soldaten rechtlich als sakrosankt gilt und dass dieses Recht immer vor jeder vom Kommando auferlegten Beschränkung Vorrang haben muss. Dieser Artikel prüft, ob es irgendeine gesetzliche Basis für diese Auffassung gibt. Der Autor stellt fest, dass dies nicht der Fall ist, und dass eine solche absolutistische Sichtweise die theoretischen und gesetzlichen Grundlagen der Selbstverteidigung verkennt. Darüber hinaus erteilt der Artikel eine Warnung, auf diese absolute Weise zu argumentieren könnte eigentlich dazu beitragen, die Sicherheit der Soldaten zu beeinträchtigen statt sie zu fördern, indem der althergebrachten militärischen Tradition von Befehlen, wie ‘Feuer einstellen’, der zentralen Bedeutung dieser Richtlinien für die geordnete Anwendung von Militärgewalt und für die Militäreffizienz sowie der Wechselbeziehung zwischen der Armee und der Verantwortung des Staates für die nationale Sicherheit nicht gebührendermaßen Rechnung getragen wird.
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Cassatella, Antonio. "Situazioni giuridiche soggettive e status militare." DIRITTO COSTITUZIONALE, no. 1 (March 2022): 95–116. http://dx.doi.org/10.3280/dc2022-001005.

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Abstract:
Il saggio è dedicato all'analisi delle posizioni giuridiche soggettive del militare in servizio, da vagliare in rapporto ai limiti del potere decisionale dei superiori gerarchici. Si distinguono posizioni di diritto soggettivo ad esercizio condizionato e posizioni di interesse legittimo, oltre ad interessi di mero fatto. La qualificazione è necessaria al fine di stabilire la profondità del sindacato del giudice amministrativo sul contenuto delle decisioni. Sulla base della casistica esaminata, si formulano alcune considerazioni finali sulle caratteristiche del sindacato. Si reputa che l'attuale disciplina, per quanto finalizzata a garantire l'efficienza degli apparati militari, non sia del tutto coerente con i principi desumibili dagli artt. 24, 52 e 97 Cost.
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Barreto, Williem Da Silva, and Sérgio Urquhart de Cademartori. "Teoria pura del diritto." Revista de Direito da Faculdade Guanambi 8, no. 01 (May 18, 2021): e302. http://dx.doi.org/10.29293/rdfg.v8i01.302.

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Abstract:
OBIETTIVO: introdurre i concetti di base della teoria pura del diritto e discutere i problemi che circondano il tema dell'interpretazione in Kelsen. METODO: la ricerca viene svolta qualitativamente, utilizzando il metodo bibliografico, con indagini svolte su libri e articoli accademici, pubblicati su prestigiose riviste. RILEVANZA / ORIGINALITÀ: lo studio è rilevante, in considerazione dell'influenza espressiva della teoria pura del diritto negli ordinamenti giuridici contemporanei. Inoltre, sono giustificati approcci critici, con l'obiettivo di: a) identificare, nel pensiero kelseniano, possibili inconsistenze; e b) proporre modifiche riguardanti la sua applicabilità pratica. RISULTATI: si conclude che la concessione di un'eccessiva discrezionalità all'interprete costituisce un difetto rilevante per la teoria pura del diritto. CONTRIBUTI TEORICI / METODOLOGICI: la teoria pura del diritto non risponde efficacemente alle richieste presentate agli interpreti / giudici. Pertanto, il contributo teorico sta nella promozione di archetipi giuridici che affrontano in modo più solido i fenomeni di interpretazione / decisione.
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Zanichelli, Maria. "Il valore dell'uguaglianza nella prospettiva del diritto." SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI (LA), no. 42 (January 2012): 33–45. http://dx.doi.org/10.3280/las2011-042003.

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Abstract:
L'uguaglianza, ideale filosofico centrale nel pensiero occidentale moderno, č divenuta un principio fondamentale degli ordinamenti giuridici attuali. La filosofia del diritto offre dunque un'angolatura privilegiata per esaminare alcuni interrogativi teorici posti da questo concetto. L'uguaglianza tra le persone č un presupposto morale o un obiettivo politico? Quale relazione intercorre fra uguaglianza e diversitÀ? Sono fatti o valori? Quali disuguaglianze sono ingiuste? Che cosa significa giuridicamente trattare le persone ‘come uguali'? Il divieto di discriminazione puň essere giustificato sulla base del principio di uguaglianza quale fondamento dei diritti individuali o quale fondamento della comunitÀ politica.
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Cangelosi, Manuela, and Arianna Santero. "Famiglie in separazione e scuole: tra bisogni specifici e pregiudizi." SICUREZZA E SCIENZE SOCIALI, no. 3 (November 2022): 115–35. http://dx.doi.org/10.3280/siss2022-003008.

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Abstract:
Gli effetti della separazione e del divorzio sui bambini sono stati spesso il focus di studi condotti da diverse ricerche, così come anche le dinamiche famigliari relative al coparenting in seguito a vicende separative. Nella letteratura italiana, è tut-tavia limitato l'apporto di studi che analizzino il modo in cui la scuola può sostenere le "famiglie divise". L'articolo, sulla base del materiale empirico raccolto attraverso interviste qualitative nell'ambito del Progetto interdisciplinare socio-giuridico "Changing Families, Changing Institutions?" (InFaCt), si concentra sui rapporti tra scuola e famiglia nel contesto e in seguito all'evento separativo tra genitori.
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Manzin, Maurizio. "Ethos e nomos. nell'ordinamento militare." DIRITTO COSTITUZIONALE, no. 1 (March 2022): 117–46. http://dx.doi.org/10.3280/dc2022-001006.

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Abstract:
L'ambito delle missioni internazionali ha modificato la dimensione dell'ethos militare, introducendo elementi (es. tutela dei diritti umani) non espressamente previsti in Costituzione. Dal punto di vista filosofico, occorre comprendere se si tratti di espressioni etiche affatto nuove, ovvero di un ampliamento di valori-base già presenti nella tradizione militare nazionale. Dal punto di vista filosofico-giuridico, occorre comprenderne gli effetti nel quadro della regolazione vigente (nomos): codice, regolamenti, giustizia militare. L'articolo tenta una breve analisi di questa complessità a partire da alcuni luoghi caratteristici (sacralità della funzione difensiva, gerarchia e disciplina, spirito di corpo, onore, eroismo), affrontando poi la questione delle norme costituzionali e dell'attuale percezione dello status miliare.
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Góralski, Wojciech. "Władza ustawodawcza Konferencji Episkopatu według Kodeksu Prawa Kanonicznego z 1983 r." Prawo Kanoniczne 32, no. 1-2 (June 5, 1989): 45–57. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1989.32.1-2.03.

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Abstract:
Una piu ampia considerazione il Codice di Diritto Canonico del 1983 riserva alle Conferenze Episcopali, con novità di indicazioni corrispondenti al loro grande sviluppo storico e al principio di collegialità episcopale approfondito nel Concilio Vaticano II. Si poteva ritrovare un cenno di prefigurazione delle Conferenze Episcopali nel Codice del 1917 al can. 292 § 1, ma bisogna risalire al Concilio Vaticano II per trovare il fondamento giuridico dell’istituto cosi come e delineato nel nuovo CJC. Si tratta del decreto „Christus Dominus” (nn. 37-38). In esso si descrive tra l’altro la competenza della Conferenza Episcopale sul campo legislativo) (n. 38, 4). II suddetto decreto conciliare è diventato in seguito la base della normativa del CJC. Il can. 455 §§ 1-2 precisa la competenza legislativa della Conferenza Episcopale. L’autore si occupa prima di tutto dell’ambito e della natura della potestà legislativa accordata alla Conferenza Episcopale — in un modo generale — nel canone citato. L’ambito delle possibilità legislative è stato indicato nel can. 455 §§ 1-2. Perché i decreti generali che sono propriamente leggi (can. 29) siano emessi validamente debbono essere suffragati — in materia indicata nel diritto comune, oppure per mandato speciale della S. Sede — da almeno i due terzi dei voti favorevoli, da computarsi sul numero dei presuli che fanno parte alla conferenza con voto deliberativo. I medesimi decreti acquistano forza vincolante solo dopo che sono stati riconosciuti dalla Sede Apostolica e promulgati dalla Conferenza Episcopale. Per quanto riguarda la natura di questa potestà, secondo l’autore essa è la potestà ordinaria, perché è stata annessa dal diritto all’ufficio; la modesima potestà e poi propria, perché si esercita in nome proprio. Nella seconda parte dell’articolo si enumera i casi — indicati nei diversi libri del Codice di Diritto Canonico — nei quali le Conferenze Episcopali hanno l’obbligo ad emanare le norme giuridiche. Finalmente nella terza parte si indica — analogamente — i casi in cui le conference stesse hanno solo la possibilità di emanare le suddette norme. Ampie competenze legislative demandate alla Conferenza Episcopale danno così pratica attuazione al principio di sussidiarietà, al decentramento della potestà gerarchica, e concreta espressione della collegialità dei vescovi nella loro sollecitudine pastorale.
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Bozzao, Paola. "Reddito minimo e welfare multilivello: percorsi normativi e giurisprudenziali." GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, no. 132 (November 2011): 589–629. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2011-132003.

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Abstract:
Il saggio, muovendo dalla assenza di misure di reddito minimo per le persone in difficoltŕ economica nel sistema diitaliano, ricostruisce ed analizza criticamente ilin materia a livello europeo, nazionale e locale. Nell'esaminare tale complesso assetto giuridico istituzionale l'A. si sofferma, in particolare, sugli spazi di intervento regolativo delle misure di reddito minimo nell'ordinamento statale e sub-statale. L'indagine conduce l'A. alla prospettazione di un modello di inclusione sociale attiva che - sulla base di una lettura attualizzata dei principi costituzionali sottesi agli artt. 4 e 38 Cost. - consenta di estendere tale fondamentale misura di lotta all'esclusione sociale ai soggetti abili involontariamente privi di lavoro che si mostrino disponibili a partecipare attivamente al progresso materiale o spirituale della societŕ.
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Palazzani, Laura. ""Spiegazioni filosofiche" di Robert Nozick: Implicazioni bioetiche." Medicina e Morale 39, no. 6 (December 31, 1990): 1157–88. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1990.1154.

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Abstract:
Il presente lavoro si propone di esaminare il pensiero di Robert Nozick (uno degli esponenti della corrente statunitense contemporanea denominata "etica pubblica"), riferendosi all'opera Spiegazioni filosofiche (1981), nella quale l'autore delinea le premesse filosofiche che supportano il suo intervento in ambito giuridico e sociale. La teoria metafisica dell'"autosussunzione riflessiva", la teoria epistemologica del "rintraccio" e la teoria etica della "spinta" e della "attrazione" convergono nell'affermazione soggettivista che sta alla base del relativismo pluralistico morale e del libertarismo politico. L'articolo mira ad evidenziare le implicazioni, implicite ed esplicite, di tali teorie nel dibattito bioetico al fine di riproporre il riferimento al personalismo realista quale autentico fondamento per una proposta in ambito pubblico che tuteli la persona nella sua globalità.
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Antonietta Guida, Maria. "La specializzazione del giudice della famiglia tra diritto e psicologia." MINORIGIUSTIZIA, no. 1 (July 2021): 42–50. http://dx.doi.org/10.3280/mg2021-001005.

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Abstract:
L'autrice esamina la relazione tra sapere giuridico e sapere psicologico, e tra i rispettivi linguaggi, nell'esercizio della giurisdizione in materia familiare. Sottolinea la rilevanza di una specializzazione del giudice che lo renda consapevole delle dinamiche affettive nel processo e capace di decisioni che sollecitino nei destinatari l'elaborazione dei propri vissuti, presupposto per una possibile attenuazione dei conflitti anche nell'interesse preminente dei figli minorenni. Sulla base della pluriennale esperienza di giudice tutelare nei procedimenti di vigilanza previsti dall'art. 337 c.c., evidenzia come la collaborazione sinergica tra interventi giudiziari e interventi di cura, possa favorire una presa di coscienza da parte dei destinatari dei propri bisogni di vita e una assunzione di responsabilità necessaria per una possibile soluzione esistenziale dei problemi sottostanti alla domanda di giustizia.
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Quiroz Vitale, Marco A. "Valerio Onida, i senza fissa dimora e la vita del diritto." Società e diritti 7, no. 13 (July 25, 2022): 152–62. http://dx.doi.org/10.54103/2531-6710/18456.

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Abstract:
RiassuntoScritto in ricordo di Valerio Onida (1936-2022), ex alunno del Liceo classico Carducci di Milano, Professore di diritto costituzionale nell’Università di Milano e Presidente emerito della Corte Costituzionale italiana, affronta il problema dei senza fissa dimora. Si rende noto in questo contributo un profilo importante, ma poco noto, dell’attività di Valerio Onida come giureconsulto. Nel giugno del 1993 egli si occupò dell’effettività dei diritti dei soggetti posti al margine estremo della società italiana: i senza tetto. In questo saggio, oltre a offrire un tributo all’alta figura dell’uomo e del giurista, si svelano gli effetti dirompenti e dilunga durata che un parere pro vertiate di Onida ha avuto nel nostro ordinamento e gli intrecci umani le relazioni, l’impegno civile e sociale e gli studi socio-giuridici che ne sono alla base
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Kempas, Ilpo. "Sull’uso del passato remoto e prossimo nei rinvii anaforici dei testi scientifici, giuridici e tecnici." Neuphilologische Mitteilungen 123, no. 1 (May 30, 2022): 171–201. http://dx.doi.org/10.51814/nm.101856.

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Abstract:
L’articolo esamina la scelta tra il passato remoto (PR) e il passato prossimo (PP) nei rinvii anaforici dei testi scientifici, giuridici e tecnici tra il 1500 e il 2000. L’italiano standard a base toscana si caratterizza per la grammaticalizzazione del PP come tempo aoristico e per la sua espansione nel campo semantico occupato prima dal PR. L’uso di questi due tempi nei rinvii anaforici è stato indagato empiricamente, raccogliendo tutti gli esempi di PR (N=146; più tardi ancora 24, cioè 170 in totale) usati in otto predeterminate frasi fatte (con dire e vedere) disponibili tramite Google nel momento di osservazione e un numero identico di esempi di PP, per scoprire le possibili differenze tra i due tempi in rapporto agli anni di pubblicazione dei documenti. Inoltre, sono stati osservati i numeri totali degli esempi di PP per confrontarli con quelli di PR. I risultati rivelano che i cambiamenti avvenuti nella lingua in genere si riflettono anche nell’uso di entrambi i tempi, benché con ritardo. Il periodo ≤1800, soprattutto proprio l’Ottocento, si profila come “l’età dell’oro” del PR, mentre il Novecento conosce un’espansione sostanziale del PP. In totale, il PP risulta predominante nei rinvii anaforici studiati (N=857, 85,4%).
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Davidde Elio. "Il riconoscimento dell'autorità accessoria della FCC da parte della Corte Suprema degli Stati Uniti: convergenza con l'applicazione della teoria dei poteri impliciti nel diritto brasiliano." International Journal of Science and Society 4, no. 4 (October 14, 2022): 40–49. http://dx.doi.org/10.54783/ijsoc.v4i4.550.

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Abstract:
Questo rapporto mette a confronto gli istituti di autorità accessorie ei poteri impliciti nello sviluppo della teoria sulle competenze amministrative delle agenzie di regolamentazione brasiliane. La definizione della giurisdizione accessoria della FCC è stata descritta sulla base delle sentenze della Corte Suprema degli Stati Uniti e della Corte d'Appello del Distretto di Columbia. Sono state presentate lezioni dottrinali e dichiarazioni dei Ministri della Corte Suprema Federale brasiliana sul riconoscimento dei poteri impliciti al necessario adempimento dei doveri legali. Risultati – È stata dimostrata la confluenza di questi due filoni teorici per il riconoscimento di competenze non direttamente espresse dalle agenzie di regolamentazione. L'opera contribuisce al riconoscimento delle competenze dell'agenzia di regolamentazione delle telecomunicazioni brasiliana che, sebbene non espressamente previste, emergono come un imperativo per l'adempimento delle responsabilità direttamente attribuite dalla legge a tale autarchia. L'articolo presenta un istituto giuridico attuale di tradizione nordamericana la cui applicazione all'area delle telecomunicazioni brasiliana non è ancora risolta, nonostante la sua compatibilità con concetti già accettati nel diritto brasiliano.
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Kałowski, Julian. "Troska Kościoła o formację osób zakonnych - rys historyczny, geneza i charakter dokumentu "Wskazania dotyczące formacji w instytutach zakonnych"." Prawo Kanoniczne 35, no. 1-2 (June 5, 1992): 71–88. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1992.35.1-2.04.

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Abstract:
L’autore di questo articolo sottolinea l’incessante cura della Chiesa cattolica e dei singoli fondatori degli istituti religiosi, per una adeguata preparazione delle persone alla vita secondo i cosigli evangelici. Il discorso sulla sollecitudine della Chiesa per la formazione dei religiosi trova la sua base principale nei documenti della Santa Sede, ed anche negli scritti di alcuni famosi fondatori degli istituti e dei promotori di vita religiosa. L’autore osserva che la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica prima di pubblicare il documento le Direttive sulla formazione negli Istituti religiosi, fece numerose consultazioni e prese in considerazione gli attuali bisogni riguardanti la formazione religiosa. E’ ovvio che l’autore ha preso in considerazione solamente alcuni motivi ispiratori che spinsero la Santa Sede a promulgare il documento Potissimum institutioni. L’ultima parte dell’articolo tratta del carattere giuridico del documento in parola e cerca di delineare il quadro limite della sua obbligatorietà.
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