Dissertations / Theses on the topic 'Attività di ricerca'

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Asic, Viktor. "Attività di gestione patrimoniale di una società di gestione del risparmio." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2011. http://hdl.handle.net/10077/4495.

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Abstract:
2009/2010
Riassunto della tesi di dottorato Titolo: “Attività di gestione patrimoniale di una società di gestione del risparmio” Le società di gestione di risparmio costituiscono il “new vehicle” orientato alla gestione per conto di terzi di portafogli mobiliari. Note con l’acronimo di SGR, le società in questione rappresentano un intermediario finanziario che negli ultimi anni ha assunto notevole importanza grazie ai progressi e alle prospettive offerti dalla nuova normativa che disciplina l’intermediazione finanziaria e grazie alle rinnovate esigenze di razionalizzazione dei servizi finanziari. La gestione del risparmio corrisponde all’investimento di milioni di euro in titoli di società quotate in borsa. Il capitale che vi si impiega è alimentato dai risparmi di un’estesa collettività di persone, ma anche da investimenti assicurativi e previdenziali (investimento delle riserve matematiche e tecniche delle imprese di assicurazione, investimento del fondo trattamento fine rapporto, ed altri dipendenti da processi di previdenza sociale). E’ proprio l“asset management” a rappresentare una vasta opportunità di profitto. Dato che sul mercato italiano sono sempre più presenti banche e assicurazioni a capitale estero, il management delle società di gestione di risparmio testimonia anche una sfida sul piano delle tecniche più evolute e competenze sia ai fini della gestione che nell’offerta dei prodotti e servizi finanziari. Nel presente lavoro si è cercato di ricostruire un quadro sufficientemente completo per interpretare il ruolo che una società di gestione del risparmio (SGR) svolge sul mercato del risparmio gestito e del mercato finanziario nel suo insieme, esaminandone la struttura e l’attività di gestione patrimoniale che la caratterizza. Oggetto di questa tesi è, per l’appunto, lo studio dell’attività delle società di gestione del risparmio. Il presente lavoro di tesi si articola in più parti. La prima parte evidenzia il ruolo della società di gestione del risparmio nel sistema finanziario e l’importanza di tale servizio per la stabilità dei mercati finanziari e dell’economia in genere e il ruolo delle istituzioni rilevanti collegate. Tratta anche le principali categorie dei fondi d’investimento: fondi comuni, hedge funds, fondi di fondi, index funds, ETF – exchange traded funds. La seconda parte descrive indici di performance dei portafogli (indici di Jensen, Treynor e Sharpe), asset allocation strategica, rendimento dei portafogli, prodotti e strumenti finanziari (titoli corporate e titoli di stato, azioni), indici di borsa (price, value weighted e unweighted). La terza parte evidenzia in concreto una società di gestione di risparmio italiana, l’attività di gestione patrimoniale per segmento, i fondi pensione aperti come underlying asset, il benchmark quale parametro oggettivo, l’andamento dei mercati finanziari e le prospettive degli stessi. La quarta parte si occupa dell’analisi di portafoglio vs rendimento, con riguardo a fondi pensione aperti, per linea d’investimento, con i rispettivi benchmark e della volatilità dei rendimenti e dei benchmark. L'ultima parte si articola in due fasi: Sintesi dei risultati e conclusioni e testi consultati e bibliografia di riferimento. Oggetto della tesi è dunque lo studio dell'efficienza operativa e della redditività delle società di gestione del risparmio attraverso l'esame di dati professionali. La tesi, in generale, sottolinea la teoria gestionale del portafoglio e gli stili di gestione, valore di capitalizzazione (valore di mercato delle azioni di una società), dati anagrafici dei titoli e oscillazione dei titoli, ed in particolare interpreta i fondi pensione aperti come “underlying asset” delle società di gestione del risparmio. La decisione di sviluppare la gestione del risparmio e la consulenza finanziaria ha assunto una forte valenza strategica per molti intermediari finanziari sia in Italia sia negli altri paesi. Per incrementare stabilmente la redditività nel comparto finanziario è necessario aumentare il valore aggiunto (added value) della propria offerta. La maggior parte dei gestori finanziari continua a porsi l’obiettivo di superare il benchmark di riferimento ma i risultati evidenziano che in molti casi il risultato stesso non è in linea con le aspettative. L’evoluzione nel mondo del risparmio gestito porterà a differenziare in modo più esplicito le gestioni passive (volte a replicare il benchmark di riferimento) dalle gestioni attive (volte al superamento dell’indice puntando sull’attività di stock picking e market timing). E’ presumibile che si possa assistere nei prossimi anni a una più netta differenziazione degli stili di gestione con una più esplicita parametrazione dei costi allo stile di gestione adottato ed ai risultati effettivamente ottenuti. Lo studio svolto ha analizzato il comportamento di fondi pensione aperti come underlying assets delle società di gestione del risparmio. L’importanza dell’asset allocation cresce con la crescita dell’orizzonte operativo (operating time) di riferimento degli investitori. In particolare i fondi pensione dimostrano quanto sia importante la ripartizione iniziale dell’investimento, attribuendo il risultato economico di un investimento su un orizzonte temporale di dieci anni all’asset allocation strategica, stock picking, market timing e altri fattori. È fondamentale ripartire in un modo efficace il capitale tra le varie asset class d’investimento (liquidità, obbligazioni, azioni, fondi comuni d’investimento, ecc). Si devono individuare le categorie di strumenti finanziari che rappresentano combinazioni rischio-rendimento similari e cosi si tende a generare i risultati indipendenti cioè con bassa correlazione. Asset allocation strategica è legata alla condizione soggettiva di chi investe ma asset allocation tattica all’analisi della situazione di mercato attesa. In futuro, lo scopo delle società di gestione del risparmio è di sviluppare l’offerta con innovative strategie di gestione attiva e passiva. Lo studio svolto ha mostrato che la gestione passiva è applicata dai gestori dei fondi comuni d’investimento che hanno come obbiettivo una composizione del portafoglio dei titoli il più possibile in linea con il valore del loro benchmark che è poi un indice di riferimento. Il risultato di questo tipo di gestione è la replica della performance dell’indice di mercato. Una buona gestione passiva è quella che rispetta il benchmark senza aumentare la volatilità del portafoglio. Se la volatilità aumenta, si sopporta un extrarischio che non è motivato dall’extra-rendimento atteso. La gestione attiva è più costosa di quella passiva. Per ottenere una buona gestione attiva è necessario sopportare un extra costo che va a remunerare un team di gestori con superiori skills le cui prestazioni sono ben al di là dei livelli raggiungibili con sofisticati software. Infine, esaminando il problema in oggetto da un osservatorio privilegiato com’è Allianz Spa e Allianz Global Investors SGR e confrontando i rendimenti delle linee d’investimento, nella gestione passiva, con i rispetivi benchmark, possiamo concludere che il successo di una società di gestione del risparmio è legato anche al fatto fi fare parte di un gruppo importante come già sottolineato e di avere un mercato significativo nazionale ed internazionale.
ABSTRACT Asset Management Activities of Investment Management Company (IMCO) The aim of thesis is: To understand and to let understand what is the asset management of investment Management Company? What are management activities in these companies? Organizational model. What are the types of investment funds? Which are the roles of an investment management company? What is the structure of the investments on concrete examples? What is the portfolio composition and what is the net asset value of the investments? What are the benefits for the “small” investors, looking at profitability and volatility of funds and its benchmarks? What is the effectiveness of the investments inside the investment fund? What is the diversification and what are the investment decisions? What is the asset allocation of an investment and what are the main financial instruments used to make an effective portfolio? The following thesis is composed by five chapters; in the first chapter an asset management of an investment company is elaborated, as well as the characteristics of investment funds, costs and valuation of funds. In the second one there is an elaboration of financial products and instruments like government and corporate bonds and stocks, price index and volatility of investments and benchmarks. In the third part there is a presentation of an investment company with the underlying assets, the structure of the investments and the main indicators. In the fourth chapter there is an elaboration of three pension funds, by compartment, as an underlying asset of the investment company. Finally, the last chapter works out the results and the conclusions and, of course, a set of questions for the future elaboration. The identified key words are: asset management, management activities, investment funds, volatility, profitability, pension funds, index, benchmark, price index, traded funds, quotations, expense ratio, transaction costs, Sharpe index, underlying asset, stock market, bond market, net asset value.
XXIII Ciclo
1980
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2

Galdieri, Michela. "Sport, disabilità e tecnologia: nuove prospettive di ricerca." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2011. http://hdl.handle.net/10556/242.

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Abstract:
2009 - 2010
Lo studio sulle possibili relazioni scientifiche tra attività motorie, sport, nuove tecnologie e disabilità in ambiente educativo rappresenta ancora uno spazio di ricerca relativamente inesplorato. Questo originale campo di indagine, in direzione di una necessaria sintesi movimento-tecnologie, richiede preliminarmente, uno studio complesso della persona e delle inesplorate potenzialità che la caratterizzano e che le tecnologie possono utilizzare in forma “diversa e originale” per favorire i processi di integrazione. Questo orizzonte di studio, prima di approcciare alle diverse dimensioni che possono collegare didatticamente le tecnologie, il movimento e la disabilità nei contesti educativi, richiede una riflessione epistemologica che chiarisca il valore etico della “diversità”, la significatività della presenza dello studente con disabilità nella costruzione di un percorso formativo del gruppo classe allo scopo di trasformare sempre l’integrazione dei compagni in situazione di handicap in una risorsa educativa e didattica per tutti. La disabilità rappresenta, infatti, un’ originale occasione di crescita del gruppo, una costante sollecitazione sul piano didattico per costruire nella scuola uno spazio privilegiato e multiesperienziale per sperimentare un sistema alternativo degli apprendimenti e per sviluppare abilità e competenze cognitive troppo spesso compresse dal sistema tradizionale della didattica. La presenza dello studente disabile è un vero “motore di ricerca” dei diversi stili cognitivi, uno stimolo all’impiego metodologico di dimensioni diverse della cognizione, in quanto “un’educazione costruita su una molteplicità di intelligenze può riuscire più solida ed efficace di una costruita su due soltanto, potendo sviluppare una gamma più vasta di talenti e rendere il curricolo tradizionale accessibile a un numero più elevato di studenti. Le attività di movimento, nella complessità dei campi applicativi salutistici, sportivi, ricreativi, adattivi e sociali, rappresentano un contesto formativo con forte valenza educativa, un’originale area di valorizzazione del soggetto anche in presenza di difficoltà psicofisiche e sensoriali, ma necessita di tecnologie e supporti capaci di garantire opportunità e diritti per favorire la partecipazione dei disabili. La scuola primaria in particolare, prima Istituzione educativa che dovrebbe garantire il diritto/dovere delle persona in situazione di handicap, ha rappresentato negli ultimi decenni un vero laboratorio della didattica, sperimentando in ragione di una specificità formativa, itinerari di integrazione che hanno capitalizzato la dimensione corporeo-chinestesica della persona. La ricerca sulla relazione tra corporeità, nuove tecnologie e didattiche per l’integrazione scolastica del disabile nel periodo dell’infanzia e dell’adolescenza, ponendosi in una prospettiva complessa e plurale delle scienze motorie, capace di esprimere a pieno la sua dimensione educativa in una chiave integrata e sistemica ha coniugato studi: - sulla relazione tra corpo, movimento e accesso alla conoscenza; - sulle potenzialità adattive e compensative del movimento e sulla sua possibile educabilità finalizzata all’uso ed alla costruzione di abilità diverse; - sulle caratteristiche e le modalità d’uso di tecnologie finalizzate ai processi di facilitazione di accesso ai percorsi formativi, compresi quelli educativomotorio- sportivi. Il lavoro, nella sua parte iniziale, è stato caratterizzato dalla costruzione di una cornice epistemologica interdisciplinare del versante educativo della attività motorie e sportive che, investigando la relazione tra corpo, movimento e processi apprenditivi, ha evidenziato la centralità della dimensione corporeo-chinestesica nei processi di costruzione dei saperi e il potenziale educativo, formativo ed integrativo di una pratica didattica orientata alla valorizzazione delle attività motorie e sportive anche nella loro forma adattata. L’analisi delle radici scientifiche del gioco e delle attività motorie e sportive, della possibile relazione tra movimento ed esperienza ludica in ambiente educativo, ha richiesto uno studio della storia del fenomeno sportivo nelle sue fasi evolutive, dal mondo classico all’età contemporanea, approfondendo alcune tappe di un percorso di trasformazione sociale e culturale che ha coinvolto tradizioni, ideologie politiche, principi filosofici, dottrine religiose. La consapevolezza scientifica della relazione intercorrente tra dimensione corporea, qualità morali e spirituali e modelli educativi ha richiesto una lettura dinamica del fenomeno motorio-sportivo e della diversabilità, soggetto ed oggetto di culture diverse ed organizzazione sociale. In particolare, le scienze psico-pedagogiche, hanno gradualmente consentito una correlazione delle attività motorio-sportive ai valori educativi ed ai processi formativi, riconoscendo alla dimensione ludica un ruolo fondamentale nello sviluppo psicofisico del fanciullo e nel corpo il primo strumento di accesso alla conoscenza. L’attivismo di J. Dewey e di M. Montessori, l’approccio cognitivista di J. Bruner, e senso-motorio di J. Piaget, il pluralismo di H. Gardner, l’approccio emozionale di D. Goleman, l’approccio metacognitivo di D. P. Ausubel e J. P. Novak, hanno contribuito ad una valorizzazione della dimensione corporeo-chinestesica come base di ogni apprendimento, al riconoscimento di una pluralità di formae mentis indipendenti ma interagenti, alla rivalutazione di una “mente emotiva” capace di condizionare il nostro agire razionale e la comunicazione delle nostre emozioni e hanno affermato, indirettamente, una rivalutazione dei giochi motori, delle diverse forme di giochi sportivi e delle attività di movimento come strumenti per la formazione e occasioni di espressione personale dei bambini. La lettura filosofica delle relazioni esistenti tra dimensione biologica, psicologica e sociale, e il contributo originale di M. Merleau Ponty, ha consentito un’analisi dei rapporti tra pratica motoria e sportiva e modelli sociali, individuando nel corpo e nel movimento un prezioso strumento di mediazione con il mondo. Lo studio, ancora, dei principali approcci teorici relativi alla comunicazione corporea attraverso i contribuiti di P. Watzlawich, M. Argyle, V. Birkenbihl, E. Goffman, ha favorito la comprensione dei numerosi e “immediati” segnali del corpo svelando parte di quell’alfabeto che costituisce il “linguaggio del corpo”. I recenti studi nel settore neuro-bio-fisiologico, grazie al dawinismo neurale di G.M. Edelman e gli studi di G. D. Kandel, i contributi di A. Damasio e J. LeDoux, di G. Rizzolatti, di A. Berthoz hanno fornito alla scienza risposte significative sui meccanismi cognitivi ed emotivi, sull’analisi del movimento e sulle sorprendenti capacità anticipative e simulative del nostro cervello, aprendo nuovi orizzonti della didattica e del fare educativo. Anche se non di recente elaborazione, l’approccio neurodidattico di Donald Hebb ha giustificato scientificamente la soggettività dei processi mnemonici ed il rapporto tra emozione e apprendimento, ispirando ed orientando una continua ricerca dello stimolo forte nei processi formativi e sollecitando, implicitamente, l’esplorazione di nuovi campi interdisciplinari come quelli sportivo-motorio. La sua teoria scarica-connetti ha rappresentato un nuovo orizzonte della didattica, un campo inesplorato aperto al protagonismo di nuove metodologie di insegnamento, un terreno neurobiologico e psicologico che ha incoraggiato una visione dell’azione didattica orientata e supportata da esperienze motorie e corporee. La trasferibilità dei contenuti disciplinari, attraverso l’esperienza corporea apre l’accesso ad un sapere plurimo, capace di ancorarsi simultaneamente ai diversi canali conoscitivi e sensopercettivi. Il corpo diventa soggetto interagente per la soluzione di problemi, per la rielaborazione di strategie complementari o alternative della conoscenza, un vero motore di supporto alla didattica, un ambiente di apprendimento nel quale è possibile seguire un itinerario complesso dove si possono aprire spazi del ‘sapere, del saper fare e del saper essere’ attraverso una didattica partecipata. Questa nuova modalità didattica consente di regolare ed utilizzare di volta in volta le diverse forme di comunicazione analogica, di orientare e supportare con l’ausilio dei gesti, di favorire la costante azione chinestesica e la relazione tra una pluralità di formae mentis realizzando un ambiente di apprendimento motorio-sportivo in cui si valorizzano competenze ed abilità potenzialmente vicarianti sul piano formativo, si aprono finestre sul mondo del disagio, della disabilità e più generalmente sulle modalità di costruzione del successo formativo, offrendo al mondo dell’educazione la possibilità di un ripensamento complessivo della prassi educativa che parta dalla soggettività, dai bisogni individuali della persona, dalle sua inscindibilità corporeocognitiva ed emotiva. In questa chiave di lettura le attività motorie e sportive diventano modulatori e facilitatori di percorsi cooperativi e solidali, mettono in campo valori come tolleranza, solidarietà e rispetto delle differenze e si pongono come canali privilegiati per l’accesso ai saperi anche per i disabili supportati dalla presenza, sul territorio nazionale ed internazionale, da organizzazioni quali Special Olympics e CIP che favoriscono la partecipazione sportiva e da un ampio ventaglio di disposizioni legislative che tutelano il loro diritto di integrazione sociale. La seconda parte del lavoro, non a caso, ha riguardato l’analisi delle norme italiane ed europee in materia di integrazione sociale dei disabili che orientano le politiche sociali verso l’inclusione e l’integrazione del disabile anche attraverso le nuove tecnologie (D.P.R. 5 febbraio 1992, n. 104 – Legge Quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate; Risoluzione dell’Assemblea delle Nazioni Unite del 20 dicembre 1993, n. 48/96 - Standard Rules on the Equalization of Opportunities for Persons with Disabilities; Direttiva del Consiglio Europeo del 27 novembre 2000, n. 200/78/EC - “A General Framework for Equal Treatment in Employment and Occupation”; Direttiva del Consiglio Europeo del 12 maggio 2000, COM. n. 284 - “Towards a Barrier Free Europe for People with Disabilities”). Le disposizioni normative in merito (Consiglio Europeo Straordinario di Lisbona del 24 marzo 2000, COM n. 99/680 - Piano Europeo “e-Europe 2002: An Information Society for All”; COM – UE del Il 25 settembre 2001, n. 529 - “eEurope 2002: Accessibility of Public Web Sites and their Content”; Decisione del Consiglio e del Parlamento Europeo del 18 dicembre 2006, n. 1982/2006/ - “Seventh Framework Programme of the European Community for Research, Technological Development and Demonstration Activities 2007-2013) promuovono, infatti, il rispetto dei diritti e la rimozione di tutti gli ostacoli di natura giuridica, economica e socio-culturale che impediscono l’uguaglianza e la valorizzazione delle diversità, ma soprattutto prevedono tra le azioni prioritarie la “eparticipation” ossia la partecipazione di tutti, ivi i compresi i disabili, alla società dell’informazione e invitano a sviluppare dei percorsi di studi “adattati” alle “esigenze speciali” con l’ausilio delle nuove tecnologie o Tecnologie Assistive. La riflessione, a questo punto, si è estesa al tema dell’accessibilità e dell’adattabilità degli strumenti informatici e tecnologici in ambito didattico. Questo studio è nato da una preventiva analisi dei benefici che gli utenti con abilità diverse possono ricavare dall’ utilizzazione di software e ausili specifici in relazione alla tipologia di deficit sensoriale e psicofisico. L’ipotesi, inoltre, di una progettazione di spazi all’interno dei quali realizzare percorsi che si ispirino a modalità d’insegnamento alternative e complementari alla didattica tradizionale, ha determinato nella parte finale del lavoro, l’esame delle più importanti tecnologie presenti sul mercato funzionali alla sperimentazione di diverse strade di applicazione dei saperi appresi e alla stimolazione di nuove forme di conoscenza attraverso il corpo e il movimento. In particolare le diverse tipologie di sistemi tecnologici presentati (motion capture, pedane dinamometriche, calorimetri) aprono degli scenari impensabili fino a pochi anni fa nel campo della comunicazione e dello studio, per quanto concerne la didattica inclusiva, e arricchiscono gli ambienti della ricerca didattica di nuove metodologie di insegnamento dei saperi disciplinari e di nuove modalità di analisi e di valutazione delle grandezze coinvolte nel movimento, dalla postura ai gesti motori, dalle sequenze motorie ai modelli coordinativi dei disabili.[a cura dell’autore]
IX ciclo n.s.
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Massaro, Giorgio <1976&gt. "Metodi di gestione delle aree marine protette: attività di ricerca per l'applicazione di tecniche ed indicatori di efficacia." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2010. http://hdl.handle.net/10579/1009.

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Tolazzi, Giada <1991&gt. "Il turismo dello shopping: attività di ricerca e analisi dell'offerta veneziana e italiana." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/9805.

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Abstract:
Lo shopping rappresenta una delle classiche componenti accessorie di qualsiasi viaggio e dà la possibilità a destinazioni nazionali e soprattutto internazionali di realizzare e promuovere luoghi ed occasioni di acquisto fino a farli diventare veri e propri fattori d’attrattiva capaci di influenzare la scelta della meta del viaggio o dell’escursione. Il turismo dello shopping è il fenomeno che nasce grazie a questi luoghi. Viene definito come una nicchia capace di far spostare un potenziale turista in un determinato luogo attirato dalla possibilità di fare shopping, che diventa quindi la motivazione principale del viaggio. Il progetto di tesi mira ad analizzare il fenomeno cercando di descriverlo tramite una revisione della letteratura per poterne capire l’origine, la portata, le condizioni che lo favoriscono e le conseguenze che ne derivano a livello mondiale. Una volta descritto il fenomeno, l’analisi continuerà a livello nazionale con un focus in particolare sulla città di Venezia, sulla tradizione che lega la città al commercio ed artigianato e sull’evoluzione che ha avuto di recente. In questo modo si potrà introdurre e spiegare i dati legati alla somministrazione di un questionario nelle città di Venezia, Milano e Firenze.Le informazioni raccolte dai questionari e dalle interviste qualitative, permetteranno di tracciare il profilo del turista dello shopping italiano e di quello veneziano, esponendo i risultati e analizzandoli in maniera critica.
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Tirelli, Margherita. "Ottimizzazione e pianificazione delle attività di taratura: il caso Comer Industries Spa." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017.

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Abstract:
Il presente elaborato si propone di studiare e analizzare il sistema di taratura degli strumenti di controllo adottato all’interno dell’azienda Comer Industries Spa. L’obiettivo è quello di fornire un’analisi dettagliata delle modalità e responsabilità per la gestione degli strumenti e garantire che le apparecchiature di misurazione utilizzate nei reparti produttivi e nei laboratori siano sempre idonei all’utilizzo previsto. E' necessaria una corretta e puntuale pianificazione delle attività di certificazione per evitare scadenze di taratura degli strumenti, e trovare una soluzione efficiente per la loro ricerca, individuando ed eliminando tutte le attività a non valore aggiunto. Per programmare e organizzare le attività che l’operatore dovrà svolgere è stato utilizzato il Software di gestione progetti Microsoft Project al fine di fornire una visione globale della durata del progetto e il calendario di tutte le attività per l’anno 2018. Mentre per ridurre i tempi di ricerca degli strumenti si è pensato alla tecnologia RFID. Attraverso la Spaghetti Chart sono stati analizzati tutti i muda di movimento e, per calcolare il risparmio di tempo e costi che si avrebbe con questa tecnologia, è stato fatto un test con uno dei tre fornitori partecipanti alla gara.
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Vita, Giovanni Antonio. "Modelli euristici per la programmazione operativa di blocchi operatori e reparti di degenza per intensità di cura." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021.

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Abstract:
Questo elaborato tratta della programmazione delle attività operatorie al fine di razionalizzare l'uso delle risorse posto letto per le diverse intensità di cura (alta, media e bassa intensità). Il contesto di riferimento è quello di un Polo Chirurgico, in particolare il Polo Cardio-Toro-Vascolare del Policlinico Sant'Orsola-Malpighi di Bologna, con a disposizione delle sale operatorie e dei posti letto. Il problema analizzato riguarda lo stretto legame esistente tra la programmazione delle attività di sala, quindi le vere e proprie prestazioni da erogare ai pazienti, e la successiva occupazione di posti letto da parte del paziente. L'elaborato si compone di quattro capitoli. Nel capitolo 1 viene presentato il contesto ospedaliero e normativo di riferimento, trattando in particolare la normativa vigente in Emilia Romagna per la gestione delle liste d'attesa. Nel capitolo 2 sono descritte le attività propedeutiche alla risoluzione del problema. In particolare, sono descritti i database di partenza e le elaborazioni necessarie ad individuare le informazioni relative alle degenze. Nel capitolo 3 è proposto un modello di programmazione lineare intera al fine di formalizzare il problema. Il modello risponde alla necessità di chiarire le diverse ipotesi di evoluzione delle degenze, oltre ad avere lo scopo di fornire una guida per la stesura dell'algoritmo euristico. Nel capitolo 4 è presentato un algoritmo euristico, insieme ad alcune possibili varianti, e vengono discussi dei punteggi per valutare le varie soluzioni. Si noti che la particolarità della soluzione consiste nel differenziare la degenza per livelli di intensità richiedendo, quindi, che il posto letto in ciascun livello sia disponibile esattamente quando necessario. La necessità di definire uno specifico punteggio per valutare le soluzioni diverse è legato alla volontà di non utilizzare solamente lo stesso punteggio con cui i pazienti vengono ordinati, perché ritenuto non sufficiente allo scopo valutativo.
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Blois, Luciano <1957&gt. "Ricerca e sviluppo di un sistema gerarchizzato di indicatori di sostenibilità ambientale applicabile alla valutazione di politiche, programmi e piani per lo sviluppo sostenibile delle attività di cava." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2004. http://amsdottorato.unibo.it/13/1/Luciano_Blois_2003.pdf.

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Blois, Luciano <1957&gt. "Ricerca e sviluppo di un sistema gerarchizzato di indicatori di sostenibilità ambientale applicabile alla valutazione di politiche, programmi e piani per lo sviluppo sostenibile delle attività di cava." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2004. http://amsdottorato.unibo.it/13/.

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Gambaro, Sabrina Eliana. "Ruolo dei citocromi P450 cerebrali nell’ossidazione della bilirubina: inducibilità ed attività." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10116.

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Abstract:
2012/2013
Abstract Hyperbilirubinemia is the most common clinical diagnosis during neona- tal life. The neonatal jaundice may be physiological without any clinical consequence, or can lead to an acute form of bilirubin en- cephalopathy with minimal neurological damage, or to more severe and dangerous condition called kernicterus (permanent neurological sequelae). The Gunn rat is one of the models in which bilirubin encephalopathy was studied. It was shown that jaundiced newborn animals display an hepatic compensatory mechanism for the incapacity to eliminate bilirubin (Ugt1A1 mutant enzyme) by upregulation of cyotochrome P450 enzymes (Cyp) 1A1 and 1A2 compared with their not jaun- diced littermates. In addition, their expression in brain was selec- tively induced (cortex higher and early vs. cerebellum lower and late induction) by sudden increase of bilirubin content. Cyotochrome P450 enzymes are the main enzymes involved in the detoxification of drug and endogenous compounds. In liver their role in bilirubin oxidation has been deeply demonstrated. In brain, there are many works that analyzed Cyps expression and induction, but their role in bilirubin oxidation has never been evaluated till now. This thesis focused in; 1) analyze the inducibility of Cyps enzymes, by a known inducer, βNF in cortex and cerebellum astrocytes; 2) Select the optimal conditions to induce specifically each of them; 3) analyze their activity and 4) evaluate their capacity to oxidize bilirubin; 5) Last but not least, assess the protective effect of Cyps induction by challenging the cells with high concentrations of bilirubin.We demonstrated that astrocytes Cyps were inducible (both mRNA and activity) by βNF and this induction varies depending on the brain region and among the Cyps. To explain the differences we hypoth- esized the presence of: i) a different protein isoforms (discarded for Cyp1A1) ii) different maturation stage of astrocytes in the two brain regions (P2 rats: Cll is less developed than Cx), iii) differential regu- latory mechanisms. Our work showed that in Cx astrocytes Cyp1A1 induction (mRNA and activity) was an early event (6h), requiring low concentration of the drug, making this approach theoretically possible in vivo. On the other hand, to reach the higher levels of Cyp1A1 (mRNA and activ- ity) in Cll we needed 24h. In both cases Cyp1A1 was able to oxidize bilirubin producing an increase in viability only after TCB addition. The Cyp1A2 was the major catalyst of bilirubin degradation (with- out the need of TCB), but its modulation was more difficult to be achieved. In addition, while Cyp1A2 modulation increased bilirubin oxidation in cortex (also reflected in an increment in viability), in cerebellum we noticed a slight reduction in bilirubin clearance (no improvements in viability). All this data could lead to the basis of the cerebellum susceptibility to UCB. The observation that the TCB addition in Cyp1A1 astrocytes increases bilirubin oxidation and via- bility suggest the possibility to induce Cll resistance toward bilirubin neurotoxicity by Cyps modulation and uncoupling. --------------------------------------------- Riassunto Una delle condizioni neonatali pi`u comuni `e l’ittero. Esso rappresenta l’aumento fisiologico della bilirubina nel sangue e tessuti. Tuttavia esso pu`o divenire una condizione patologica (encefalopatia da biliru- bina), caratterizzata da un danno neurologico minimo, o condurre a una condizione severa e pericolosa per il neonato chiamata kernit- tero (danni permanenti), in caso di una esposizione prolungata ad alti livelli del pigmento. Attualmente, la patologia da iperbilirubinemia rappresenta la principale causa di riammissione in ospedale nel primo mese di vita. Per il danno neurologico da bilirubina esiste un modello animale, il ratto Gunn, che presenta la stessa mutazione genica dei pazienti Crigler-Najjar I. Come nella condizione umana, esso manca della uridin di fosfo glucuronisil tranferasi 1a1 (Ugt1A1), enzima epatico deputato alla coniugazione della bilirubina. Tuttavia l’animale ri- esce a compensare la mancanza mantenendo bassi i livelli serici di bilirubina, grazie ad una incrementata attivit`a delle citocromo P450 mono-ossigenasi epatiche (Cyps, Cyp1A1 and Cyp1A2). Tali enzimi riducono la concentrazione del pigmento attraverso la sua ossidazione. ` E stato supposto che questo meccanismo possa essere alla base anche della capacit`a di specifiche aree del cervello (cortex e collicoli superiori, vs. i danneggiati cervelletto, ippocampo e collicoli inferiori) di ridurre la concentrazione del pigmento, limitando/impedendo il danno neu- rologico associato. Sebbene il loro ruolo, i meccanismi ed i prodotti della loro attivit`a di clearance della bilirubina siano stati ampiamente dimostrati in fegato, in cervello non sono ancora disponibili evidenze funzionali della loro capacit`a di ossidare la bilirubina. L’obiettivo di questa tesi `e stato di analizzare 1) la modulazione delle Cyps cerebrali (brain Cyp: bCyp) utilizzando un noto induttore, βNF; 2) selezionare le condizione ottimali per una induzione selettiva di cias- cuna bCyp; 3) allo scopo di valutare la loro attivit`a (EROD/MROD);4) e la capacit`a specifica di ossidare bilirubina; 5) conferendo pro- tezione (aumento vitalit`a) alle culture primarie di astrociti (da cortex e cervelletto) esposte a dosi tossiche di bilirubina. Questo studio ha dimostrato la inducibilit`a delle bCyps (mRNA e attivit`a) tramite βNF. Abbiamo evidenziato una modulazione dipen- dente della regione cerebrale da cui sono state prodotte le cellule, in aggiunta ad un comportamento differenziale delle Cyps tra loro. Pos- sibili spiegazioni possono essere: i) la presenza di diverse isoforme tra le regioni (ipotesi scartata in seguito ad analisi tramite western blot); ii) diversa presenza delle vie di segnalazione alla base dei meccanismi di modulazione, o, iii) una diversa risposta dovuta al diverso stadio sviluppo degli astrociti preparati dalle due regioni (ratti P2: il Cll `e meno sviluppato del Cx). Inoltre, abbiamo documentato una precoce (6h) inducibilit`a della Cyp1A1 nei astrociti dal Cx, che inoltre necessit`a di minori concen- trazioni del principio. Tali caratteristiche suggeriscono che la Cyp1A1 sia pi`u facilmente modulabile in vivo. Tuttavia, per ottenere una buona modulazione nel cervelletto (regione pi`u sensibile al danno), bisogna mantenere la concentrazione dell’ induttore per un tempo lungo (24h). In entrambe le regioni, un incremento significativo della capacit`a di ossidare bilirubina, migliorando la vitalit`a delle cellule, `e stato ottenuto solo dopo il co-trattamento con TCB (disaccoppia- mento). La Cyp1A2 `e stata significativamente modulata solo negli astrociti da Cx (24h), in cui abbiamo evidenziato un chiara capacit`a dell’enzima di ossidare la bilirubina e migliorare la vitalit`a in assenza di TCB. I risultati ottenuti permettono di comprendere la suscettibilit`a differenziale (tra regioni del cervello) tipica di questa patologia. La capacit`a di indurre Cyp1A1 e renderli pronti a ossidare la bilirubina nei astrociti da Cll (regione pi`u danneggiata) e Cyp1A1/Cyp1A2 in Cx e oltre migliorando la viabilit`a di questi suggeriscono la possibilit`a di conferire resistenza a la tossicit`a da bilirubina.
XXVI Ciclo
1986
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10

Martinuzzi, Paolo. "Isolamento e determinazione strutturale di composti ad attività inibitoria della trombina da gloeophyllum odoratum e amanita virosa." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3736.

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Abstract:
2008/2009
Le malattie cardiovascolari e specialmente le varie forme di trombosi rappresentano la principale causa di morte nelle società occidentali. La formazione di un trombo occlusivo può essere il risultato di disordini del normale flusso sanguigno o di un’eccessiva attivazione delle piastrine, o di un’attivazione fuori norma dei meccanismi di coagulazione del sangue. Il sistema emostatico è responsabile della prevenzione dell’eccessiva perdita di sangue e del ripristino nel minor tempo possibile del normale torrente circolatorio dopo un danno tissutale. Le reazioni a cascata che permettono il meccanismo della coagulazione del sangue coinvolgono delle reazioni di proteolisi catalizzate da diverse serino-proteasi che stanno alla base dell’equilibrio che permette l’emostasi. Si ritiene, quindi, che intervenendo sui meccanismi che presiedono l’azione di queste molecole si possa avere anche un maggior controllo sulle cause che spesso portano ad eventi patologici. La trombina è una glicoproteina appartenente alla classe delle serino-proteasi, che svolge un ruolo centrale nella fase plasmatica del processo di emostasi. Le serino-proteasi coinvolte nel complesso meccanismo di coagulazione del sangue, come la trombina e il fattore Xa sono emerse quindi come nuovi ed importanti target per un diverso approccio alla terapia antitrombotica. I funghi del phylum Basidiomycota, pur essendo oggetto di notevole interesse scientifico per le loro molteplici proprietà farmacologiche, sono stati finora scarsamente investigati quali inibitori della trombina. Uno studio preliminare, condotto su 95 specie selezionate di funghi, ha evidenziato che gli estratti dei funghi Gloeophyllum odoratum e Amanita virosa presentavano significativa attività inibitoria della trombina e della tripsina. Nell’ambito di uno studio volto ad isolare ed identificare nuovi composti ad attività inibitoria della trombina i funghi Gloeophyllum odoratum e Amanita virosa sono stati oggetto di approfondimento da un punto di vista fitochimico, ed a tale scopo sono stati sottoposti ad una serie di frazionamenti che prevedevano il parallelo monitoraggio dell’attività inibitoria (Bioassay oriented fractionation) . Nel caso del fungo Gloeophyllum odoratum, le procedure di purificazione hanno portato all’isolamento di quattro frazioni significativamente attive per quanto riguarda l’inibizione della trombina. Sulla base di dati spettroscopici (NMR ; FT-IR) e di spettrometria di massa sono state isolate ed identificate principalmente delle molecole a struttura triterpenica tetraciclica. Tra queste gli acidi 3α-idrossi-12β-acetossi-lanosta-8,24-dien-29-oico e l’acido3α-idrossi-12β-acetossi-lanosta-24-metilen-8-en-29-oico sono nuovi, mentre l’acido trametenolico (acido 3β-idrossi-lanosta-8,24-dien-21-oico) e l’acido 15α-idrossitrametenolico (acido 3β,15α-diidrossi-lanosta-8,24-dien-21-oico) sono già noti in letteratura. Gli acidi trametenolico, 3α-idrossi-12β-acetossi-lanosta-8,24-dien-29-oico e 3β,15α-diidrossi-lanosta-8,24-dien-21-oico sono stati poi considerati per il docking sulla trombina ed è stata valutata sperimentalmente, per ciascuno di essi, la costante di equilibrio per l’inibizione. Le energie libere stimate sono piuttosto simili e correlano con l’attività inibitoria osservata ed i valori di Ki . Sebbene la loro capacità di inibizione non sia così efficace, gli studi di docking suggeriscono come lo scheletro triterpenico potrebbe risultare un utile frammento per la progettazione e la sintesi di potenti inibitori della trombina. Nel caso del fungo Amanita virosa, le procedure di purificazione hanno portato all’isolamento di quattro frazioni, di cui tre con significativa attività inibitoria della trombina. Sempre sulla base di dati spettroscopici (NMR ; FT-IR) e di spettrometria di massa sono state isolate ed identificate delle miscele di trigliceridi, miscele di acidi grassi liberi e miscele di monoacilgliceroli. Inoltre è stato isolato ed identificato l’Ergosterolo, uno sterolo ubiquitario nei funghi, ancora caratterizzato da un’attività inibitoria nei confronti della trombina, sebbene non elevata.
1958
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11

Baruzzo, Enrico. "Pensiero e attività pastorale in Elia Dalla Costa." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3425646.

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Abstract:
In Conclave 1939 Eugenio Pacelli was elected pope and he took name of Pio XII. Although the diffusion of the idea about the unanimity of the choice between the cardinals of catholic Church, seems that a valid alternative in front of his election was represented by Elia Dalla Costa, archbishop of Florence and main personality in the catholic Italian Church during the central decades of the XX century. The present work analyses the lifetime and the pastoral action of this important person. Born in the 1872, Elia Dalla Costa was educated and lived his first pastoral expe-riences in the context of a Vicenza’s Church, where was strong the uncompromising Ca-tholicism. Since the 1911 to the 1923 he was parish priest in Schio, big industrial centre in Veneto, where he distinguished himself for the organization of local catholic movement and for the protection of population during the First World War. Elected bishop of Padua in 1923, he had to face very delicate matters, like the difficult management of diocese’s clergy and the problematic detachment from the “popolari” in the moment when the fascism was increasing. In the 1932 he was moved to Florence and in the 1933 he became cardinal. In Tuscany he distinguished himself like the reference for the other bishops of the region and he did an important organization of Florentine Church. During the Second World War he defended the population and the artistic treasures of town, and, in the post-war period, he engaged himself in the affirmation of the catholic ideas in the society and management of new pastoral problems. He died in the 1961. In this research an important role was held by the parish – meant, at the same time, like ecclesiastic area with a benefit and community of believers – because of its social incidence. Though the study of Visite pastorali, parish priest’s letters and reports was possible understanding the relapses of Dalla Costa’s government. For drawing up this work were examined documents which are in different arc-hives in Vicenza, Padua, Florence (places where Dalla Costa lived) and Rome. The sources are of different type: there are the documents of the Visite pastorali, deposited in Archivio della Curia Vescovile of Padua, the letters send by Dalla Costa to Rome at the Segreteria di Stato and the Congregazione Concistoriale, the reports of prefects and police about the action of this bishop.
Presentazione Nel Conclave 1939 veniva eletto papa Eugenio Pacelli, che assumeva il nome di Pio XII. Nonostante il diffondersi dell’idea sull’unanimità che c’era stata tra i cardinali di S. Romana Chiesa nello scegliere il segretario di Stato di Pio XI, sembra che una valida alternativa alla sua nomina fosse rappresentata da Elia Dalla Costa, arcivescovo di Firenze e figura di spicco nella Chiesa cattolica italiana dei decenni centrali del Novecento. Il presente lavoro analizza la vita e l’azione pastorale di questo importante perso-naggio. Nato nel 1872, Elia Dalla Costa si formò e visse le sue prime esperienze pastorali nel quadro di una Chiesa vicentina, segnata dalla dura intransigenza cattolica. Dal 1911 al 1923 fu arciprete di Schio, importante centro operaio veneto, dove si distinse per l’organizzazione del locale movimento cattolico e per l’impegno a tutela della popolazione civile durante il primo conflitto mondiale. Nominato vescovo di Padova nel 1923, dovette affrontare nella città di Sant’Antonio questioni assai delicate, come la difficile gestione di un clero diocesano diviso e il problematico distacco dai popolari nel momento in cui il fascismo si affermava. Nel 1932 fu trasferito a Firenze e nel 1933 venne elevato alla porpora cardinalizia. In Toscana si contraddistinse per il suo ruolo di riferimento nell’episcopato regionale e l’opera di riorganizzazione della sua diocesi. Durante gli anni della seconda guerra mondiale si segnalò per la difesa della popolazione e del patrimonio artistico fiorentini e, nel dopoguerra, si impegnò per riaffermare i principi cattolici nella società e per gestire nuovi problemi pastorali. Morì nel 1961. Un ruolo importante in questa indagine è ricoperto dalla parrocchia, intesa non solo come circoscrizione ecclesiastica dotata di un beneficio ma anche come comunità dei fedeli, come soggetto, quindi, capace di avere un’incidenza sociale. Attraverso lo studio delle Visite pastorali e delle lettere e relazioni dei parroci si è potuta ricostruire la ricaduta che ebbero le scelte di governo di Dalla Costa. Per la stesura del presente lavoro sono stati esaminati documenti conservati in di-versi archivi, distribuiti tra Vicenza, Padova, Firenze (luoghi dove visse ed operò Dalla Costa) e Roma. Le fonti a cui si è attinto sono di varia tipologia e spaziano dagli atti delle Visite pastorali, depositate presso l’Archivio della Curia Vescovile di Padova, alle lettere che il vescovo inviava a Roma alla Segreteria di Stato e alla Congregazione Concistoriale, passando attraverso le relazioni di prefetti e questori presenti nell’Archivio Centrale dello Stato e nell’Archivio dello Stato di Padova.
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Faudale, Mariangela. "Studio dell'attività antinfiammatoria ed antimicrobica di prodotti vegetai derivati da Hippophae Rhamnoides L. e da Plantago Major L. per il controllo della mastite negli allevamenti biologici." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3522.

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Abstract:
2008/2009
L’attività di ricerca svolta durante l’attività di dottorato si colloca nell’ambito del progetto PhytoVet, finanziato dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, volto ad individuare molecole ad attività antinfiammatoria ed antimicrobica, utili nel trattamento della mastite negli animali da reddito. Sono state studiate le proprietà antinfiammatorie ed antimicrobiche dei frutti di Hippophae rhamnoides (olivello spinoso) e delle foglie di Plantago major (piantaggine maggiore), due piante presenti sul territorio regionale. Lo scopo è stato quello di individuare frazioni o composti dotati di tali proprietà da utilizzare nella preparazione di formulazioni per il trattamento della mastite bovina anche negli allevamenti biologici. Il regolamento comunitario CE 1804/99 ha, infatti, introdotto il divieto dell’utilizzo di farmaci allopatici e i successivi interventi sulla normativa hanno confermato il provvedimento. Da qui è nata la necessità di prendere in considerazione metodi alternativi di cura. I frutti di olivello spinoso e le foglie di piantaggine maggiore sono stati sottoposti sia ad estrazioni con solventi organici a diversa polarità, che ad estrazioni acquose. Seguendo il metodo del frazionamento guidato dal saggio biologico, sono state analizzate le capacità antinfiammatorie ed antimicrobiche degli estratti ottenuti e solo quelli risultati attivi sono stati poi frazionati fino ad identificare i composti responsabili di tali attività. Nelle foglie di P. major è stato individuato l’acido ursolico, un triterpene dotato di notevoli proprietà antinfiammatorie ed antimicrobiche, evidenziate rispettivamente mediante il test di inibizione della dermatite da olio di Croton nel padiglione auricolare del topo e mediante saggi in vitro su ceppi microbici coinvolti nella mastite. Verificate tali proprietà, è stata messa a punto una formulazione per somministrazione intramammaria, contenente l’acido ursolico, da sperimentare in vivo negli ovini, a cui è stata indotta la mastite mediante un inoculo di Staphylococcus epidermidis, nei confronti del quale il triterpene ha mostrato una notevole attività battericida nel corso dei precedenti studi in vitro. Lo studio in vivo negli ovini con mastite è tuttora in corso.
XXII Ciclo
1976
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Perissinotto, Silvia <1990&gt. "Il task-based approach nasce negli anni '80 del secolo scorso e negli anni ha trovato ampio riscontro a livello mondiale. E' attualmente uno degli approcci maggiormente utilizzati nel campo dell'insegnamento linguistico grazie alla sua natura comunicativa; trova infatti le sue radici nel Communicative Language Teaching degli anni '70 con il quale condivide la forte contrapposizione per gli approcci basati sull'esposizione di rigide regole grammaticali. L'biettivo comunicativo che ci si pone nella progettazione dei task è strettamente legato all'autenticità delle attività, ovvero la loro concretezza e capacità di riprodurre situazioni di vita reale. L'approccio per task è fonte di ricerca in quanto dimostra essere particolarmente proficuo nelle classi di L2 e LS: i maggiori effetti sono riscontrabili sul miglioramento delle abilità comunicative dei discenti. Se da una parte la letteratura sul task-based approach è molto ampia e in fase di continua sperimentazione, un aspetto più ristretto che è stato considerato in misura minore è la sua efficacia all'interno di classi di principianti (basic user, secondo il quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue: livelli A1 e A2). Pochi ricercatori hanno finora investigato gli effetti dell'utilizzo di task su questo campo di discenti e i principali risultati ottenuti sono legati alle abilità di comprensione. Operando con apprendenti la competenza linguistica è ai primi stadi di sviluppo l'applicazione di attività di comprensione risulta limitante: è a questo proposito che l'orientamento suggerito dai ricercatori è quello di impiegare dapprima dei task che favoriscano la comprensione linguistica per poi passare ad attività di produzione. Gli effetti dei task di comprensione sono ancora una questione in fase di ricerca." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/12962.

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Abstract:
Task-based approach was initially used during the 80s of the previous century and since then it has been widely used all over the world. Thanks to its communicative feature it is currently among the most used approaches to language teaching.
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STRACQUADANEO, GIUSEPPE MARIA. "Ricerca di metodi e sviuppo di mezzi per la propriocezione." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2009. http://hdl.handle.net/2108/209614.

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Abstract:
Lo scopo di questo studio è stato finalizzato alla ricerca di metodi e sviluppo di mezzi per migliorare la propriocezione. Dopo una parte storica e fisiologica, la tesi si basa sulle ricerche realizzate negli anni. Nella letteratura scientifica si evincono gli aspetti positivi delle esercitazioni propriocettive realizzate prevalentemente sulle tavolette Freeman a scopo di prevenzione, d’allenamento, di riabilitazione e di riatletizzazione. In merito ai metodi di lavoro risalta come l’attività propriocettiva si è sviluppata sul controllo posturale e molto meno sul controllo dell’equilibrio dinamico. Riguardo alle ricerche (MuscleLab) su Pedane Propriocettive AMV (brevetto n° 0000261127) abbiamo visto su nove calciatori (32.6±7.4 anni; 70.9±5.6 kg; 174±6 cm) che piani asimmetrici permettono di sollecitare (sEMG) diversamente i gruppi muscolari degli arti inferiori con escursioni articolari e velocità angolari differenti e specifici per ogni tipo di pedana. Il muscolo tibiale destro è stato sempre più attivato rispetto al controlaterale (P<0.05), mentre per tutti gli altri muscoli diversi gradi di attivazione dipendevano dalla prova effettuata sulle differenti pedane utilizzate. Da differenti lavori realizzati per valutare il controllo della postura (Libra) ci siamo accorti che la posizione bipodalica asimmetrica (cuneo - parallelepipedo) dava una migliore performance rispetto a quando si lavorava in posizione bipodalica classica. Su una Libra abbiamo rilevato su dodici calciatori (21,917±4,999 anni, 70,00 ± 4,843 kg, altezza 1,769± 0,059 cm) che il controllo monopodalico del piede di stacco risultava essere sempre migliore rispetto all’altro e che entrambi risultino essere migliori, rispetto a una posizione bipodalica simmetrica e asimmetrica. Sempre sulla Libra si rileva su otto atlete, (24.6±6.2 anni; 56.2±8.2 kg; 162±7 cm) che in piedi (beccheggio 5.4±1.9, rollio 6.0±1.9) si hanno sempre prestazioni peggiori rispetto a quelli effettuati dalla posizione seduti (beccheggio 3.7±1.0, rollio 3.5±1.1). Fra lavori di stabilizzazione su piani stabili (Up) ed esercizi su piani instabili (Down) siamo riusciti a vedere, sia su un piano instabile (Libra) sia su piano stabile (piattaforma di forza) che l’attività destabilizzante nella parte alta del corpo (Up) produce dei miglioramenti superiori rispetto al lavoro su piani instabili (Down). I risultati del Cmj monopodalico nel gruppo stabilizzazione Up (Dx+Sx) sono stati prima 21±2.9 e dopo 23.1±3.1 (+9.7% P<0.001), mentre nel gruppo instabilità Down sono stati prima 22.1±4 e dopo 22.4±3.7 (+1.2% P<0.19). I risultati del Cmj bipodalico nel gruppo stabilizzazione Up sono stati prima 34±4.4 e dopo 37.3±2.8 (+10%, P<0.02), mentre nel gruppo instabilità Down sono stati prima 37.1±3.4 e dopo 37.6±3.9 (+1.5%, P<0.35). Dall’analisi video la gamba di stacco appare in questi giovani atleti come la più coordinata, infatti, sia nella fase di spinta il ginocchio (destro 0.98±0.62, sinistro 0.61±0.37, -38%, P<0,03) tende molto meno a valgizzare così come in caduta (destro 1.60±0.76, sinistro 0.81±0.33, -49%, P<0.01), lo spostamento del piede (destro 1.64±0.71, sinistro1.17±0.54, -29%, P<0.03) nella fase di salto è ridotto a sinistra cosi com’è migliore sia l’inclinazione del tronco (destro 1.64±0.50, sinistro 1.40±0.59, -15%, P<0.12) e sia la stabilità (destro 2.19±0.46, sinistro 1.83±0.58, -16%, P<0.02) in caduta successiva al salto. La valutazione qualitativa degli osservatori era discretamente correlata allo spostamento del baricentro nella fase di volo realizzata sulla piattaforma di forza ed è molto correlata con lo spostamento del baricentro misurato nei 150 centesimi successivi all’atterraggio, dove in entrambe, anche numericamente, era migliore il controllo dell’arto di stacco. Sulla Libra abbiamo trovato un miglioramento in entrambi i gruppi, [Up (32,743%), Down (32,654%)]. Dalle idee che sono venute fuori dalla letteratura scientifica e dall’esperienza maturata nel corso dei lavori effettuati, è stato realizzato (co-inventore Dott.ssa Elvira Padua) un nuovo attrezzo propriocettivo. La CVRTT dell’Ateneo dell’Università di “Tor Vergata” ha depositato la domanda di brevetto (n° RM2011A000109) “Superficie propriocettiva con controllo di trazione variabile” (Classe A63B2100) presso la C.C.I.A.A.. Nell’ambito tecnico il trovato sarà l’unico a creare una destabilizzazione mentre il soggetto si muoverà di passo o di corsa in tutte le direzioni attraverso una perdita di trazione in modo controllato. Strutturalmente l’attrezzo presenta uno strato di calpestio deformabile formato da mattonelle (di forma poligonale) distanti fra loro di alcuni millimetri. Ogni mattonella ha un “fulcro” elastico ancorato a una base inferiore di supporto. Per avere un più o meno marcato scivolamento è possibile tarare l’elasticità del “fulcro” e/o predisporre “fughe” più o meno ampie. Per spazi molto contenuti detta superficie sarà utilizzata nei tapis roulant, mentre per dimensioni più ampie saranno assemblati diversi moduli. Tecnicamente il piede dell’utilizzatore quando spinge sul piano di calpestio rigido, determina uno scorrimento delle mattonelle nel piano sottostante, determinando una corrispondente perdita di trazione similarmente a quanto succede su superfici sdrucciolevoli. L’uso si presta oltre che per fini fisioterapici, soprattutto per sport individuali o di squadra, per lavori individuali o a gruppi, senza o con piccoli attrezzi.
The purpose of this study was aimed at finding ways and means to improve the development of proprioception. After an historical and physiological section, the thesis is based on the research done over the years. In the scientific literature can be inferred the positive aspects of the proprioceptive exercises carried out mainly on Freeman tablets for the purpose of prevention, training, rehabilitation and riatletizzazione. As to the methods of work stands out how the activity has developed on proprioceptive postural control and much less on the control of dynamic balance. Regarding the researchs (MuscleLab) on Proprioceptive Platforms AMV (Patent No. 0000261127) we saw on nine new players (32.6 ± 7.4 years, 70.9 ± 5.6 kg, 174 ± 6 cm) that asymmetric plans allow you to seek (sEMG) differently musclolar groups of lower limbs with joint excursions and different angular velocities and specifications for each type of platform. The right tibial muscle has been more activated than the contralateral one (P <0.05), while for all other muscles, different degrees of activation depended on the test carried out on different platforms used. From different works carried out to assess the posture control (Libra) we realized that the asymmetric bipodalic position (wedge - cuboid) gave a better performance than working in classic bipodalic position. On a Libra we found on twelve players (21.917 ± 4.999 years, 70.00 ± 4.843 kg, 1.769 ± 0.059 cm) that the monopodalic foot detachment control was always better than the other and both found to be better respect to a symmetric and asymmetric bipodalic position. Also on the Libra it is detected in eight athletes, (24.6 ± 6.2 years, 56.2 ± 8.2 kg, 162 ± 7 cm) that in standing position (5.4 ± 1.9 pitch, roll and 6.0 ± 1.9) atletes will always perform worse than in sitting position (3.7 ± 1.0 pitch, roll and 3.5 ± 1.1). Among stabilization works drawn up on stable plans (Up) and exercises on unstable surface (Down) we can see, both on an unstable surface (Libra) and on stable surface (force platform) that the destabilizing activity in the upper body (Up) produces greater improvements than working on unstable plans (Down). The results of the CMJ monopodalic stabilization in the group Up (R + L) were the first after 21 ± 2.9 and 23.1 ± 3.1 (+9.7% P <0.001), whereas in group Down instability were before and after 22.1 ± 4 22.4 ± 3.7 (+1.2% P <0.19). The results of the CMJ bipodalic Up stabilization in the group were the first after 34 ± 4.4 and 37.3 ± 2.8 (+10%, P <0.02), while in Group Down instability were before and after 37.1 ± 3.4 37.6 ± 3.9 (+1.5% , P <0.35). From the video analysis the leg detachment appears in these young athletes as the most coordinated, in fact, both in the boost phase the knee (right 0.98 ± 0.62, left 0.61 ± 0.37, -38%, P <0.03) tends very less to valgizzare as in falling (right 1.60 ± 0.76, left 0.81 ± 0.33, -49%, P <0.01), the displacement of the foot (right 1.64 ± 0.71, sinistro1.17 ± 0.54, -29%, P <0.03 ) during the jump is reduced to the left so as it is better both the torso (right 1.64 ± 0.50, left 1:40 ± 0.59, -15%, P <0.12) and the stability (right 2.19 ± 0.46, left 1.83 ± 0.58, -16%, P <0.02) in the fall after the jump. The qualitative assessment of the observers was reasonably related to the displacement of CG during the flight carried out on the force platform and it is highly correlated with the displacement of the center of gravity measured in 150 cents after landing, where in both was also numerically better the control of 'limb detachment. On the Libra we have found an improvement in both groups [Up (32.743%), Down (32.654%)]. From the ideas came out from the scientific literature and the experience gained during the works carried out it came off (co-inventor Dr. Elvira Padua) a new proprioceptive tool. The CVRTT of the Athenaeum of the University of "Tor Vergata" has filed a patent application (No. RM2011A000109) "proprioceptive surface with variable traction control " (Class A63B2100) at the Chamber of Commerce. In the technic field the invention will be the only to create a destabilization while the subject moves to step or ride in all directions through a loss of traction in a controlled manner. Structurally, the tool has a wear layer formed by deformable tiles (polygonal) distant from each other by a few millimeters. Each tile has a rubber band “ core” attached to a lower base of support. To have a more or less marked sliding it is possible to calibrate the elasticity of the "core" and / or provide "leak" more or less wide. For a very small space such land will be used in a treadmill, while larger sizes will be assembled for different modules. Technically, the foot when the user pushes on the hard pavement, results in a sliding tile on the floor below, causing a corresponding loss of traction similarly to what happens on slippery surfaces. The use is suitable not only for the purpose of physiotherapy, particularly for individual sports or team, to work individually or in groups, with no or small tools.
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BIGI, FRANCESCO. "Ricerca e sviluppo di tecnologie e protocolli innovativi atti a migliorare la sicurezza alimentare e ridurre lo spreco di alimenti." Doctoral thesis, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, 2022. http://hdl.handle.net/11380/1276512.

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Abstract:
Le tecnologie alimentari giocano un ruolo fondamentale fin dall’inizio della civiltà umana. L’evoluzione dei processi e del packaging hanno determinato un aumento della sicurezza e della qualità alimentare, migliorando la vita delle persone. Attualmente, il mondo accademico e l’industria sono divenuti consapevoli dell’impatto ecologico ed economico delle tecnologie convenzionali, spingendoli ad orientarsi verso tecniche e materiali sostenibili e inaugurando l’era “green” delle tecnologie alimentari. Questo progetto di PhD ha avuto lo scopo di sviluppare e testare protocolli e biomateriali attivi sostenibili per applicazioni alimentari attraverso un approccio multidisciplinare comprendente microbiologia alimentare, scienza dei materiali, tecniche estrattive e strumenti statistici. Si riporta una descrizione dei capitoli della tesi. Il Capitolo 1 introduce le tecnologie non termiche come alternativa ai trattamenti convenzionali per garantire la sicurezza degli alimenti. Un particolare focus è dedicato ai polimeri biodegradabili da fonti rinnovabili (sottoprodotti alimentari), impiegati per la produzione di packaging attivo con funzione antimicrobica e antiossidante. Il capitolo introduce inoltre il concetto di “teoria degli ostacoli”. Il Capitolo 2 valuta l’impiego sinergico della refrigerazione e dell’ozono gassoso come strumento per inibire la crescita di batteri ambientali e patogeni all’interno di celle frigo per lo stoccaggio di alimenti. La ricerca ha valutato l’impatto dell’ozono a bassa concentrazione (0.05 ppm, diversi periodi) sulla popolazione batterica presente sulle pareti e nell’aria interna a una cella appositamente costruita. L’efficacia del trattamento è stata testata sulla crescita in vitro di E. coli, L. monocytogenes, S. Typhimurium, C. jejuni, and P. fluorescens. Il Capitolo 3 mette in luce la complessa interazione tra proprietà dei film biodegradabili e parametri di produzione, e quindi la necessità di strumenti statistici che descrivano e predicano in modo efficace tale interdipendenza. La ricerca ha analizzato l’influenza di 8 fattori compositivi e di essiccazione sulle proprietà strutturali e tecniche di film in chitosano e pectina attraverso un approccio statistico multivariato. Sono state sviluppate 32 formulazioni di packaging in base alla variazione dei suddetti parametri e i risultati sono stati analizzati mediante PCA. La discussione dei risultati ha confermato l’idoneità degli strumenti di analisi multivariata per lo studio del comportamento tecnico dei film biodegradabili sulla base del processo produttivo. Il Capitolo 4 esplora il mondo degli estratti vegetali applicati alla produzione di biofilm attivi con funzione antiossidante. E’ stato messo a punto un protocollo ottimizzato per l’estrazione di polifenoli da foglie di salvia e ortica, i quali sono stati incorporati all’interno di film in chitosano e idrossipropil metilcellulosa (CS/HPMC). Le proprietà tecniche e antiossidanti dei film sono state discusse, mettendo in luce la possibilità di impiegare questi film in sostituzione a packaging sintetico per il confezionamento di alimenti sensibili all’ossidazione. Nel Capitolo 5, sono stati isolati nano-cristalli di cellulosa da bucce di arancia di scarto mediante un processo di bleaching alcalino seguito da idrolisi acida. I nano-cristalli sono stati impiegati per la produzione di biofilm nano-rinforzati in CS/HPMC, ai quali è stato aggiunto lauroil etil arginanto con funzione antimicrobica. Le proprietà tecniche e battericide dei film sono state misurate. I film prodotti si sono dimostrati promettenti sostituti di film antimicrobici sintetici. Inoltre, l’utilizzo di bucce di arancia di scarto ha dimostrato come i sottoprodotti alimentari possano impiegati per ridurre lo spreco alimentare.
Food technologies have played a crucial role since the beginning of human civilization. The evolution of food processing and packaging have led to an increase of food quality and safety, improving the quality of human life. Recently, academic research and industries have gained awareness about the economic and environmental impact of conventional technologies. This consciousness oriented the efforts towards more sustainable techniques and materials, paving the way to a new “green era” of food technology. This PhD project is an example of multidisciplinary approach in which food microbiology, biomaterial science, extraction techniques, and statistic tools are synergistically applied to develop and test sustainable protocols and active packaging materials with promising applications in food sector. An outline of the thesis chapters is provided below. Chapter 1 introduces sustainable non-thermal technologies as promising substitutes of conventional thermal treatments to ensure food safety and quality. A focus is dedicated to biodegradable polymers from renewable sources (e.g., agri-food by-products) and their application to produce active packaging films with antimicrobial and antioxidant properties. Moreover, this chapter gives to the readers an overview about the concept of “hurdle technology”. Chapter 2 aims to evaluate cold storage coupled with gaseous ozone as a prospective strategy to inhibit pathogenic and spoilage bacteria growth in food storage cold chambers. The research investigated the impact of gaseous ozone (0.05 ppm, different exposures) on the bacterial contamination of internal surfaces and air in a cold chamber (3°C). The effectiveness of this combination of technologies was also tested in vitro against E. coli, L. monocytogenes, S. enterica Typhimurium, C. jejuni, and P. fluorescens. Chapter 3 focuses on the complex interaction between the properties of biodegradable films and the manufacturing parameters, leading the need for statistical models to describe and predict this interdependence. This study analysed the impact of 8 compositional and drying factors on microstructural and functional properties of films based on chitosan and pectin through a multivariate approach. 32 formulations were developed and the results were analysed through principal component analysis (PCA). An in-depth discussion of the results was provided, highlighting the suitability of multivariate data analysis to predict the technical behaviour of films related to the manufacture process. Chapter 4 explores the use of plant leaf extracts to produce active biodegradable films with antioxidant properties. This research aimed to set up an optimised protocol to extract polyphenols from sage and nettle leaves and to incorporate them into films based on chitosan/hydroxypropyl methylcellulose (CS/HPMC) blend, hence characterising their structural, technical, and antioxidant performances. The results showed that the obtained natural films could be employed as valuable alternative to synthetic plastics with antioxidant activity to prolong the shelf-life of food products. In Chapter 5, cellulose nanocrystals (CNCs) were isolated from orange peel discarded by orange juice industry using an alkaline/H2O2 bleaching followed by sulfuric acid hydrolysis. Extracted CNCs were added as reinforcing agent into CS/HPMC films enriched with lauroyl arginate ethyl (LAE) to produce nanocomposite antimicrobial films. The biocidal activity of the films against E. coli, S. enterica, L. monocytogenes, and P. fluorescens was tested. Overall, nanocomposite films enriched with LAE showed potentiality as a suitable strategy to replace antimicrobial petroleum-derived materials and to valorise discarded orange peels, using food waste to reduce food loss.
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Pisani, Federico. "Knowledge workers management. Concorrenza e invenzioni nel rapporto di lavoro subordinato: il modello statunitense." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2019. http://hdl.handle.net/11577/3425914.

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Abstract:
Il presente studio affronta gli argomenti della concorrenza e delle invenzioni nel rapporto di lavoro subordinato statunitense. L’attività di ricerca è stata svolta in parte presso la School of Law della Boston University, USA, sotto la supervisione di Micheal C. Harper, professore di diritto del lavoro. L’argomento presenta una crescente rilevanza, considerato che nella nuova organizzazione produttiva, fondata in gran parte sulla conoscenza globalizzata, al lavoro dipendente si chiede ormai sempre maggiore professionalità, innovazione e creatività. La scelta di esaminare questa tematica dalla prospettiva del “laboratorio USA”, è dovuta al primato di cui tale nazione gode a livello internazionale sul piano economico, scientifico e dell’innovazione dei processi lavorativi, che fanno emergere criticità in altri Paesi probabilmente ancora non avvertite. Al fine di inquadrare gli istituti giudici menzionati nel modello statunitense, si è reso opportuno dare conto del sistema delle fonti normative negli USA, con particolare focus sul Restatement of Employment Law, cioè la raccolta di principi fondamentali elaborati negli anni dal common law in materia di rapporto di lavoro. All'esame delle fonti segue la definizione del concetto di lavoratore subordinato (employee) e lavoratore autonomo (independent contractor), necessario per l’inquadramento del campo di applicazione degli obblighi scaturenti dal rapporto di lavoro subordinato, tra cui il duty of loyalty, implicato nel rapporto fiduciario. In tale ambito, si è osservata l’evoluzione giurisprudenziale che ha condotto all'adozione dei criteri relativi alla distinzione in esame, prevalentemente concernenti il giudizio sulla rilevanza degli elementi fattuali determinanti per l’accertamento della subordinazione. Delineati i contorni della fattispecie di lavoro subordinato, il presente studio affronta la tematica della tipica forma del contratto di lavoro statunitense, il c.d. employment-at-will, cioè il rapporto a libera recedibilità. Tale peculiarità scaturisce dal principio fondamentale per cui le parti non sono vincolate ad alcun obbligo di fornire la motivazione per il licenziamento. La terza parte del lavoro ha ad oggetto la disciplina della concorrenza del lavoratore effettuata sulla base delle conoscenze acquisite, legalmente o illegalmente, durante il rapporto e le relative tecniche di tutela del datore di lavoro, a fronte della violazione del duty of loyalty, quale obbligo del lavoratore subordinato di esecuzione della prestazione lavorativa nell'interesse esclusivo dell’imprenditore e, conseguentemente, di astensione dal porre in essere condotte pregiudizievoli nei confronti di quest’ultimo. Quanto alle tecniche di tutela esperibili in caso di violazione degli obblighi esaminati, vengono illustrati i rimedi legali e equitativi che il diritto statunitense offre al datore di lavoro. La parte finale del presente studio si occupa della disciplina relativa alla titolarità dei diritti scaturenti dalle invenzioni sviluppate dai dipendenti nel corso del rapporto di lavoro. In questo senso si sono esaminate le definizioni di “invenzione” e “brevetto” ed il loro rapporto nel contesto della regolamentazione giuslavoristica; si è posta in rilievo la differenza tra invenzione come opera di ingegno e proprietà intellettuale tutelata dal diritto d’autore. Inoltre, si sono osservati i meccanismi sottesi alle norme fondamentali che regolano la materia e la loro convivenza con la libertà contrattuale delle parti e il loro potere di disporre dei suddetti diritti.
This work addresses the issues of competition and inventions in the U.S. employment relationships. The research was carried out in part at the Boston University School of Law of, under the supervision of Micheal C. Harper, professor of Labour Law. The selection of the topic is justified in the light of its importance, given that in the new production organization, based largely on globalized knowledge, employees are now increasingly being asked for professionalism, innovation and creativity. The decision to examine this issue from the perspective of the "U.S. laboratory" is due to the primacy that this nation holds at international level on the economic, scientific and innovation of work processes, which bring out critical issues that in other Countries probably have not yet been raised. In order to frame the above-mentioned topics, it has become appropriate to give an account of the system of regulatory sources in the USA, with particular focus on the Restatement of Employment Law, i.e. the collection of fundamental principles developed over the years by common law in the field of employment relationships. The examination of the sources is followed by the definition of the concept of employee and self-employed worker (independent contractor), necessary for the assessment of the application of the obligations arising from the employment relationships, including the duty of loyalty, involved in the fiduciary law. In this context, the evolution of the case law has been observed, as well as the examination of the criteria relating to the distinction between employees and independent contractors, mainly concerning the judgement on the relevance of the factual elements determining the assessment of the existence of an employment relationship. Subsequently, this study addresses the issue of the typical form of the U.S. employment contract, the so-called employment-at-will. This peculiarity is originated from the principle that the parties are not bound by any obligation to provide reasons for termination. The third part of the work has as its object the discipline of competition of the worker carried out on the basis of the knowledge acquired, legally or illegally, during the relationship and the relative legal remedies for the employer, against the violation of the duty of loyalty, intended as an obligation of the employee to perform the work in the exclusive interest of the entrepreneur and, consequently, to refrain from engaging in prejudicial conduct against the company. About the remedies available in the event of breach of the obligations examined, the legal and equitable remedies that U.S. law offers the employer have been explained. The final part of this study deals with the rules governing the ownership of rights arising from inventions developed by employees in the course of their employment. The definitions of "invention" and "patent" and their relationship in the context of employment law has been examined and the difference between invention as a work of genius and intellectual property protected by copyright has been highlighted. In addition, the mechanisms underlying the basic rules governing the subject matter and their coexistence with the contractual freedom of the parties and their power to dispose of these rights have been observed.
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Fabjan, Dunja. "The effect of star formation and feedback on the X-ray properties of simulated galaxy clusters." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3434.

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Abstract:
2008/2009
The aim of this Thesis was to study the X--ray properties of the IntraCluster Medium (ICM) in a cosmological context resorting to high resolution hydrodynamical simulations. The thermodynamical and chemical properties of the ICM were inspected and studied within a set of galaxy clusters that were simulated with the TREE-SPH Gadget2 code (Springel 2005). This code included a detailed model of chemical evolution (Tornatore et al. 2007) as well as prescriptions for different physical processes: star formation, galactic winds and AGN feedback. We use this large set of simulated galaxy clusters with a twofold aim. First, we study the effect of different sources of feedback on the ICM observable properties, in particular on its metal enrichment and on thermo and chemo--dynamical properties when AGN feedback is at work. Second, we test the robustness of cluster mass proxies against the different physical processes included in the simulations. When exploring the effect on metal enrichment and its evolution we found that among different prescriptions for the stellar Initial Mass Function (IMF), the best results on Iron abundance profiles and global Iron evolution are found when applying the Salpeter IMF (Salpeter 1955). We also found that the positive evolution of the metal abundance in the central regions of simulated clusters can not be simply interpreted as a consequence of an excess of low--redshift star formation. Instead the evolution of the metallicity pattern is driven by the combined action of gas--dynamical processes, which redistribute already enriched gas, and of star formation, which acts both as a source and as a sink of metals (Fabjan et al. 2008, Borgani et al. 2008). Our analysis on the AGN feedback effect on ICM properties lends further support to the idea that a feedback source associated to gas accretion onto super-massive BHs is required by the observational properties of the ICM (e.g. McNamara & Nulsen 2007). However, our results also show that there are still a number of discrepancies between observations and the predictions made by simulations. This is especially true within the core regions of massive clusters, where a more efficient way of extracting and/or thermalising energy released by AGN is required. Our results further demonstrate that different astrophysical feedback sources leave distinct signatures on the pattern of chemical enrichment of the ICM. These differences are much more evident in the outskirts of galaxy clusters, which retain memory of the past efficiency that energy feedback had in displacing enriched gas from star-forming regions and in regulating star formation itself (Fabjan et al. 2010). The characterization of thermal and chemical properties in cluster external regions requires X--ray telescopes with large collecting area and an excellent control of the background, characteristics which should be eventually met by a future generation of X--ray satellites. In the last part of this Thesis we studied the effect that different physical processes included in the simulations have on the mass--observable scaling relations and their evolution with redshift. We focused on two cluster mass proxies, the gas mass M_gas and a new Y_X proxy defined by Kravtsov et al. (2006) as the product of gas mass and cluster temperature and test the robustness of the two relations, M_tot-M_gas and M_tot-Y_X, in simulations before including any observational effect. Furthermore we test the relations against the change of prescription for the physics that describes the ICM, such as viscosity, thermal conduction, star formation, galactic winds and AGN feedback. We found that the evolutions of both relations do not show any significant deviation from the predictions of the simple self--similar model. However we found that the Y_X proxy is less sensitive to the change of physical processes included in simulations. Since Y_X is by definition a measure of the thermal pressure support in the ICM, once the central cluster region is excised, the relation M_tot-Y_X is more stable against the change of physical processes included in the simulations (Fabjan et al., in preparation). In the future, the improved numerical resolution expected to be reached in simulations of the next generation needs to be accompanied by a suitable description of the subresolution physics, both concerning the star formation physics and and the AGN feedback. Within the latter, the inclusion of the jet injection by AGN would of course provide a physically meaningful description of the interplay between BH accretion and ICM properties. While Chandra, XMM and Suzaku will be pushed to their limits in these studies in the next few years, there is no doubt that a detailed knowledge of the ICM out the cluster virial boundaries and reaching very high redshift has to await for the advent of the next generation of X--ray telescopes (Giacconi et al. 2009, Arnaud et al.2009).
XXII Ciclo
1979
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SCARPELLI, SERENA. "Neurobiologia del ricordo onirico: la ricerca delle basi elettrofisiologiche del richiamo e dell'oblio del sogno." Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11573/952101.

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Abstract:
Negli ultimi anni numerosi studi hanno tentato di indagare i correlati EEG alla base del richiamo del sogno, partendo dall’assunzione che il ricordo onirico sia l’unico e possibile oggetto di indagine scientifica. Marzano et al. (2011) hanno osservato che specifici pattern EEG presenti negli ultimi 5 minuti di sonno erano in grado di predire il successivo recupero del sogno. Nello specifico, il decremento dell’alpha temporo-parietale durante lo stadio 2 NREM e l’incremento del theta frontale durante il REM erano associati al ricordo onirico. Dal momento che tali pattern EEG erano già stati riscontrati in veglia in relazione a buone prestazioni in compiti di memoria episodica (Klimesch, 1996; 1999), fu possibile ipotizzare una sovrapponibilità tra i meccanismi di codifica e recupero delle memorie episodiche tra diversi stati di coscienza. Nonostante la ricerca delle basi EEG del richiamo del sogno abbia fatto notevoli passi in avanti negli ultimi decenni, rimangono ancora irrisolte alcune questioni. Da una parte, si deve considerare che la maggior parte delle indagini sono state condotte mediante disegni between-subjects, non consentendo di comprendere se i pattern EEG relati al ricordo onirico fossero ascrivibili a fattori di stato o di tratto. Dall’altra parte, si vuole sottolineare che gli studi sono stati realizzati quasi esclusivamente su soggetti giovani e la relazione tra invecchiamento e dreaming è stata scarsamente indagata. L’obiettivo del primo lavoro è stato proprio quello di chiarire la questione “stato-tratto” mediante un disegno within-subjects, tentando, dunque, di comprendere se i correlati EEG del ricordo onirico fossero dipendenti da fattori contingenti il background fisiologico di riferimento da cui i soggetti venivano risvegliati (ipotesi di stato), oppure se fossero dipendenti da fattori interindividuali stabili dei soggetti registrati (ipotesi di tratto). 24 soggetti giovani sono stati registrati mediante polisonnografia (PSG) per almeno 2 sessioni sperimentali, al fine di ottenere entrambe le condizioni di ricordo (REC) e non-ricordo (NREC) del sogno al risveglio da uno stesso stadio di sonno (2NREM o REM). I dati quantitativi dell’EEG sono stati analizzati con la Fast Fourier Transform. I confronti statistici tra REC e NREC hanno mostrato che: a) il ricordo onirico al risveglio da NREM è predetto da un decremento del delta fronto-temporale sinistro (p≤0.0034).; b) il ricordo onirico al risveglio da REM è associato all’incremento dell’alpha parietale (p≤0.008) e da un trend che va nella direzione di un incremento del theta frontale. Date le numerose evidenze di una relazione tra theta frontale e memoria, si è scelto di applicare un’analisi specifica per l’attività oscillatoria (algoritmo BOSC-Better OSCillation, Caplan et al., 2001) del range del theta, che ha confermato la presenza di una robusta associazione tra il theta delle regioni frontopolari e il ricordo onirico. Tale pattern EEG è risultato, peraltro, relato al carico emotivo soggettivamente stimato del ricordo del sogno. Tali risultati sono da un lato in linea con i Modelli di Attivazione (Antrobus, 1991), vale a dire con l’idea che un background EEG caratterizzato da una maggiore desincronizzazione possa favorire il successivo recupero dell’attività mentale (Antrobus, 1991). Dall’altro, la relazione tra il theta frontale e il ricordo onirico nel REM replica i riscontri di Marzano et al. (2011), fornendo ulteriore supporto all’ipotesi di continuità. Inoltre, i risultati sono coerenti con una ipotesi di “stato”: non sono caratteristiche stabili dei soggetti registrati a predire il ricordo onirico al risveglio, ma è una particolare attività corticale durante uno specifico stadio di sonno a determinare il successivo richiamo del sogno. Il secondo studio aveva lo scopo di indagare gli specifici pattern EEG relati al ricordo onirico nell’anziano. 40 anziani sani sono stati registrati con PSG notturna. 20 soggetti sono stati risvegliati da fase REM e 20 da stadio 2 NREM, raccogliendo al mattino l’eventuale ricordo onirico. I dati quantitativi dell’EEG sono stati analizzati con la Fast Fourier Transform. Per gli ultimi 5 min di sonno è stata effettuata la detezione dell’attività oscillatoria con il metodo BOSC. I confronti statistici tra i REC e i NREC hanno evidenziato che: a) Il ricordo onirico al risveglio da stadio 2 è associato ad una trend che va nella direzione di un incremento dell’attività beta nelle aree temporali durante l’intera notte; b) Il ricordo onirico al risveglio da REM è associato ad un trend che va nella direzione di un incremento dell’attività alpha durante l’intera notte. La BOSC ha rilevato che le oscillazioni alpha a 8.5 Hz negli ultimi minuti di sonno REM predicono il successivo ricordo onirico (p≤0.025). E’ emersa inoltre una relazione robusta tra alcuni parametri macrostrutturali, indicativi della frammentarietà del sonno, e le variabili oniriche. In particolare, per i soggetti risvegliati da sonno NREM: a) la vividezza del ricordo onirico è correlata positivamente alla durata della veglia intrasonno; b) l’indice di efficienza del sonno è correlato negativamente alla lunghezza soggettivamente stimata del sogno; c) il numero totale di parole del report è correlato negativamente al numero di arousal. Per i soggetti risvegliati da sonno REM la bizzarria è correlata positivamente con il numero di arousal. Presi assieme, tali risultati appaiano compatibili con quanto rilevato nello studio precedente, e, dunque, ancora una volta in linea con i Modelli di Attivazione (Antrobus, 1991), dal momento che l’elevata attività beta in NREM e l'attività alpha in REM possono ritenersi espressione di un relativo arousal corticale. E’ opportuno evidenziare alcuni limiti presenti nei due studi condotti. Nel primo esperimento, sebbene i nap pomeridiani abbiano consentito di reiterare più agevolmente le sessioni sperimentali, è possibile che il sonno dei soggetti registrati possa essere meno stabile in questa fascia oraria. Nel secondo lavoro emerge, invece, l’assenza di una notte di adattamento. Tale scelta è stata motivata da una difficoltà di reclutamento e disponibilità, entro la popolazione anziana, di modificare le proprie abitudini di sonno per più di una notte consecutiva. Sarebbe opportuno per il futuro realizzare un’indagine volta a confrontare i correlati EEG del ricordo onirico tra giovani ed anziani entro un unico protocollo notturno. Inoltre, sarà utile considerare anche la condizione del “white dream”, corrispondente alla sensazione del soggetto di aver sognato senza però essere in grado di riportare alcun contenuto onirico. E’, infatti, possibile ipotizzare che a un livello “intermedio” di ricordo onirico, possa corrispondere anche un livello medio di attivazione corticale. Infine, si prevede di tenere sotto controllo, con ulteriori indagini, il contributo della variabile omeostatica e circadiana, implementando un protocollo notturno che preveda risvegli multipli per ciascuno stadio e ciclo di sonno, con la relativa raccolta di report onirici.
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SBRANA, ALESSANDRO. "Faculty Development Centri di Professionalità Accademica (CPA)." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251175.

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Abstract:
mondo universitario ha subito un’ondata di cambiamenti che si possono ricondurre alla ricerca dell’eccellenza, declinata secondo le due dimensioni della valutazione e della rendicontazione. Tre sono quelli più evidenti: il primo, il passaggio da una ricerca curiosity driven a una ricerca funzionale al raggiungimento di risultati valutabili in tempi brevi; dalla ricerca pura a quella applicata, da un approccio problem-making a uno problem-solving, da una conoscenza come processo a una conoscenza come prodotto, da un modello disinteressato a uno utilitaristico (Barnett, 1994); il secondo, riguardante l’offerta formativa: dal momento che si è modificato il modo di concepire l’apprendimento; i curricula tendono a essere definiti in termini di risultati di apprendimento predefiniti (Blackmore, 2016); il terzo, peculiare della struttura amministrativa: dal momento in cui sono divenute essenziali una serie di nuove sovrastrutture (programmazione, valutazione, controlli, comunicazione) rispetto al mandato originario della struttura universitaria si registra un aumento consistente del personale delle strutture amministrative. Questi cambiamenti devono fare i conti con la perdita di prestigio della vita accademica, il cambiamento del ruolo dello studente, che è diventato sempre più importante e l’aumento delle procedure burocratiche che rischiano di ingessare un sistema un tempo caratterizzato da un’elevata autonomia. Per consentire alle strutture universitarie di affrontare le sfide culturali a partire dagli anni Settanta nelle università nord-americane si sono strutturate iniziative finalizzate allo sviluppo e alla promozione di una migliore offerta formativa. Tali iniziative vengono definite con l’espressione Faculty Development (FD), una policy accademica finalizzata a creare le condizioni per un miglioramento delle competenze di tutti coloro che sono coinvolti nelle attività svolte in un ateneo. Nella realtà italiana emerge la mancanza di una vera politica di formazione al teaching per i ricercatori e i docenti universitari, per non parlare dell’esigenza di superare il pregiudizio, di gentiliana memoria, secondo il quale non è necessario apprendere a insegnare, ma sia sufficiente avere successo nella ricerca, cui si aggiunge nell’ultimo decennio una continua e affannata richiesta al personale accademico di azioni organizzative, valutative e documentali, che assorbono tempo e energie senza il supporto di adeguati apparati gestionali e senza predisporre indagini valutative capaci di misurare l’effettivo esito di tutte queste azioni. L’effetto finale è un evidente declino (Capano et al., 2017) dell’istituzione universitaria. Si può ipotizzare che la cultura del organizzazione propria del Faculty Development possa contribuire nel contesto italiano a fornire azioni a supporto del cambiamento: è quanto mai essenziale dotare gli atenei di risorse funzionali a riqualificare la vita accademica, fornendo al personale accademico gli strumenti necessari per performare una buona scholarship, realizzare un’efficace offerta formativa e attuare adeguate forme di terza missione, capaci di incrementare la vita culturale della comunità. Il presente studio si propone come un’analisi sistematica della letteratura sul tema del Faculty Development, che persegue l’obiettivo di sviluppare una disamina estesa dell’oggetto, in modo che l’esplicitazione della datità raccolta fornisca un’analisi del fenomeno che possa essere di supporto a un’avveduta educational policy nel campo della formazione universitaria. Nel contesto italiano ad oggi non esiste una cultura di attenzione ai contesti di apprendimento universitario. L’offerta formativa è concepita come offerta di pacchetti curriculari e la predisposizione delle condizioni di apprendimento per il conseguimento del titolo universitario si risolve nella organizzazione di una serie di lezioni, frontali o laboratoriali, senza che tutto questo sia innervato da una specifica intenzionalità didattica. Questa immagine poco confortante non intende affatto trascurare tutti i casi di buone prassi sviluppati nei vari corsi di studio, ma il buono che emerge è demandato all’impegno del singolo, senza che l’istituzione universitaria si interroghi sul come predisporre le condizioni per il potenziamento della qualità dei processi di apprendimento. A fronte di questa situazione la necessità di migliorare la qualità dell’insegnamento non è mai stata così stringente e sfidante come lo è oggi, in un clima di continuo cambiamento della formazione superiore. Nuove tendenze definiscono la formazione superiore, attraversando confini istituzionali e nazionali. Essi influiscono sul modo in cui un insegnamento efficace viene concettualizzato, condotto e supportato, valutato, valorizzato e riconosciuto. È necessario affrontare temi quali l’inadeguata preparazione per il lavoro accademico nei corsi di studio magistrali, l’incapacità dei docenti a trasferire competenze, la crescente complessità degli ambienti accademici, le attese e le responsabilità istituzionali, la necessità di preparare meglio gli studenti con bisogni diversi, e la necessità di stare al passo con i balzi della conoscenza e i cambiamenti nelle professioni. Migliorare la qualità della didattica è inoltre essenziale perché consente di ridurre il numero degli abbandoni. È venuto il momento di transitare da un’offerta formativa di tipo episodico a una prospettiva di esperienze di apprendimento in continuità nel tempo, per accompagnare la formazione dei docenti in un modo strutturalmente organizzato (Webster-Wright, 2009). Sulla base della rilevazione fenomenica, sono emerse le seguenti domande di ricerca: che cosa è il FD? Cosa consente di fare? Come si mette in pratica? Quali sono le potenzialità? Quali sono i limiti? Il FD ha il compito di incentivare i docenti ad interessarsi ai processi di insegnamento e apprendimento e a procurare un ambiente sicuro e positivo nel quale fare ricerca, sperimentare, valutare e adottare nuovi metodi (Lancaster et al. 2014). È finalizzato a promuovere cambiamento sia a livello individuale sia a livello organizzativo. Occupa un posto centrale il miglioramento delle competenze di teaching (Steinert, 2014). Due importanti obiettivi sono rappresentati dalla promozione delle capacità di leadership e di gestione dei contesti (Steiner et al., 2012). Una volta definite le metodologie del teaching, che possono essere oggetto di apprendimento da parte del personale accademico, è risultato necessario identificare le principali modalità formative che un centro di Faculty Development (FDc) dovrebbe mettere in atto per favorire l’apprendimento delle competenze didattiche. Per comprenderne la funzione reale è stato utile prendere in esame le attività proposte dai più importanti centri del panorama accademico nordamericano, analizzandone la struttura organizzativa, le risorse disponibili ed identificandone le due figure principali: il responsabile dell’organizzazione dei processi formativi e il responsabile della struttura. L’analisi dei casi ha consentito di evidenziare i molteplici servizi che possono essere forniti da un FDc. Questa analisi di realtà è risultata molto utile poiché ha offerto indicazioni pragmatiche ai fini di una politica accademica innovativa anche in ambito italiano. Alla luce degli argomenti sviluppati è stato possibile ipotizzare anche per gli atenei italiani l’istituzione di “Centri per la professionalità accademica”, indicando possibili iniziative da essi realizzabili, che potrebbero trovare spazio nella realtà del nostro paese.
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FORMICONI, Cristina. "LÈD: Il Lavoro È un Diritto. Nuove soluzioni all’auto-orientamento al lavoro e per il recruiting online delle persone con disabilità." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251119.

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Abstract:
INTRODUZIONE: Il presente progetto di ricerca nasce all’interno di un Dottorato Eureka, sviluppato grazie al contributo della Regione Marche, dell’Università di Macerata e dell’azienda Jobmetoo by Jobdisabili srl, agenzia per il lavoro esclusivamente focalizzata sui lavoratori con disabilità o appartenenti alle categorie protette. Se trovare lavoro è già difficile per molti, per chi ha una disabilità diventa un percorso pieno di ostacoli. Nonostante, infatti, la legge 68/99 abbia una visione tra le più avanzate in Europa, l’Italia è stata ripresa dalla Corte Europea per non rispettare i propri doveri relativamente al collocamento mirato delle persone con disabilità. Tra chi ha una disabilità, la disoccupazione è fra il 50% e il 70% in Europa, con punte dell’80% in Italia. L’attuale strategia europea sulla disabilità 2010-2020 pone come obiettivi fondamentali la lotta alla discriminazione, le pari opportunità e l’inclusione attiva. Per la realizzazione di tali obiettivi assume un’importanza centrale l’orientamento permanente: esso si esercita in forme e modalità diverse a seconda dei bisogni, dei contesti e delle situazioni. La centralità di tutti gli interventi orientativi è il riconoscimento della capacità di autodeterminazione dell’essere umano, che va supportato nel trovare la massima possibilità di manifestarsi e realizzarsi. Ciò vale ancora di più per le persone con disabilità, in quanto risultano fondamentali tutte quelle azioni che consentono loro di raggiungere una consapevolezza delle proprie capacità/abilità accanto al riconoscimento delle caratteristiche della propria disabilità. L’orientamento assume così un valore permanente nella vita di ogni persona, garantendone lo sviluppo e il sostegno nei processi di scelta e di decisione con l’obiettivo di promuovere l’occupazione attiva, la crescita economica e l’inclusione sociale. Oggi giorno il frame work di riferimento concettuale nel campo della disabilità è l’International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF), il quale ha portato a un vero e proprio rovesciamento del termine disabilità dal negativo al positivo: non si parla più di impedimenti, disabilità, handicap, ma di funzioni, strutture e attività. In quest’ottica, la disabilità non appare più come mera conseguenza delle condizioni fisiche dell’individuo, ma scaturisce dalla relazione fra l’individuo e le condizioni del mondo esterno. In termini di progetto di vita la sfida della persona con disabilità è quella di poter essere messa nelle condizioni di sperimentarsi come attore della propria esistenza, con il diritto di poter decidere e, quindi, di agire di conseguenza in funzione del proprio benessere e della qualità della propria vita, un una logica di autodeterminazione. OBIETTIVO: Sulla base del background e delle teorie di riferimento analizzate e delle necessità aziendali è stata elaborata la seguente domanda di ricerca: è possibile aumentare la consapevolezza negli/nelle studenti/esse e laureati/e con disabilità che si approcciano al mondo del lavoro, rispetto alle proprie abilità, competenze, risorse, oltre che alle limitazioni imposte dalla propria disabilità? L’obiettivo è quello di sostenere i processi di auto-riflessione sulla propria identità e di valorizzare il ruolo attivo della persona stessa nella sua autodeterminazione, con la finalità ultima di aumentare e migliorare il match tra le persone con disabilità e le imprese. L’auto-riflessione permetterà di facilitare il successivo contatto dialogico con esperti di orientamento e costituirà una competenza che il soggetto porterà comunque come valore aggiunto nel mondo del lavoro. METODI E ATTIVITÀ: Il paradigma teorico-metodologico adottato è un approccio costruttivista: peculiarità di questo metodo è che ciascuna componente della ricerca può essere riconsiderata o modificata nel corso della sua conduzione o come conseguenza di cambiamenti introdotti in qualche altra componente e pertanto il processo è caratterizzato da circolarità; la metodologia e gli strumenti non sono dunque assoggettati alla ricerca ma sono al servizio degli obiettivi di questa. Il primo passo del progetto di ricerca è stato quello di ricostruzione dello stato dell’arte, raccogliendo dati, attraverso la ricerca bibliografica e sitografica su: l’orientamento, la normativa vigente in tema di disabilità, i dati di occupazione/disoccupazione delle persone con disabilità e gli strumenti di accompagnamento al lavoro. A fronte di dati mancanti sul territorio italiano relativi alla carriera e ai fabbisogni lavorativi degli/delle studenti/esse e laureati/e con disabilità, nella prima fase del progetto di ricerca è stata avviata una raccolta dati su scala nazionale, relativa al monitoraggio di carriera degli studenti/laureati con disabilità e all’individuazione dei bisogni connessi al mondo del lavoro. Per la raccolta dati è stato sviluppato un questionario ed è stata richiesta la collaborazione a tutte le Università italiane. Sulla base dei dati ricavati dal questionario, della letteratura e delle indagini esistenti sulle professioni, nella fase successiva della ricerca si è proceduto alla strutturazione di un percorso di auto-orientamento, volto ad aumentare la consapevolezza nelle persone con disabilità delle proprie abilità e risorse, accanto a quella dei propri limiti. In particolare, il punto di partenza per la costruzione del percorso è stata l’Indagine Istat- Isfol sulle professioni (2012) e la teoria delle Intelligenze Multiple di H. Gardner (1983). Si è arrivati così alla strutturazione del percorso di auto-orientamento, composto da una serie di questionari attraverso i quali il candidato è chiamato ad auto-valutare le proprie conoscenze, le competenze, le condizioni di lavoro che gli richiedono più o meno sforzo e le intelligenze che lo caratterizzano, aggiungendo a questi anche una parte più narrativa dove il soggetto è invitato a raccontare i propri punti di forza, debolezza e le proprie aspirazioni in ambito professionale. Per sperimentare il percorso di auto-orientamento creato, nell’ultima fase della ricerca è stato predisposto uno studio pilota per la raccolta di alcuni primi dati qualitativi con target differenti, studenti/esse universitari/e e insegnanti di scuola superiore impegnati nel tema del sostegno e dell’orientamento, e utilizzando diversi strumenti (autopresentazioni, test multidimensionale autostima, focus group). CONCLUSIONI: I dati ottenuti dallo studio pilota, seppur non generalizzabili, in quanto provenienti da un campione esiguo, hanno evidenziato come il percorso di auto-orientamento attivi una riflessione sulla visione di sé nei diversi contesti e un cambiamento, in positivo o in negativo, nell’autostima e nella valutazione di sé in diverse aree, ad esempio nell’area delle relazioni interpersonali, del vissuto corporeo, dell’emotività ecc. Tali dati ci hanno permesso soprattutto di evidenziare punti di forza e debolezza del percorso creato e di apportare modifiche per una maggiore comprensione e adattabilità del prodotto stesso. Il valore del percorso orientativo è connesso al ruolo attivo di auto-valutatore giocato dal candidato con disabilità, affiancando a questa prima fase di autovalutazione un successivo confronto dialogico con un esperto, tale da permettere un ancoraggio alla realtà esterna, al contesto in cui il soggetto si trova a vivere. In questo senso, l’orientamento assume il valore di un processo continuo e articolato, che ha come scopo principale quello di sostenere la consapevolezza di sé e delle proprie potenzialità, agendo all’interno dell’area dello sviluppo prossimale della persona verso la realizzazione della propria identità personale, sociale e professionale.
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PETRINI, Maria Celeste. "IL MARKETING INTERNAZIONALE DI UN ACCESSORIO-MODA IN MATERIALE PLASTICO ECO-COMPATIBILE: ASPETTI ECONOMICI E PROFILI GIURIDICI. UN PROGETTO PER LUCIANI LAB." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251084.

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Abstract:
Con l’espressione “marketing internazionale” ci si riferisce a quell’insieme di attività adottate dall’impresa al fine di sviluppare o perfezionare la propria presenza sul mercato estero. Oggetto della presente ricerca è l’analisi degli aspetti problematici che tali attività sollevano sul piano giuridico: attraverso un approccio basato sull’integrazione della cultura economica del marketing d’impresa con quella più propriamente giuridica, l’indagine mira ad individuare le fattispecie di marketing rilevanti sotto il profilo giuridico e giuspubblicistico, ad analizzarne i profili che risultano più critici per l’impresa e proporre soluzioni concrete. La ricerca è stata condotta in collaborazione all’azienda Gruppo Meccaniche Luciani, che oltre ad essere un affermato fornitore di stampi per calzature, progetta design innovativi attraverso una sua articolazione organizzativa creativa, denominata Luciani LAB. L’impresa investe molto nell’innovazione, ed in questo senso, particolarmente significativo è stato l’acquisto di una potente stampante 3D, tecnologicamente all’avanguardia, che ha consentito all’azienda di progettare diversi prodotti, tra cui una borsa, realizzarli in prototipazione rapida, e successivamente renderli oggetto di specifiche campagne promozionali, illustrate nel presente lavoro. Viene evidenziato come queste rispecchino la peculiarità dell’approccio al marketing da parte della piccola/media impresa, descritto dalla dottrina maggioritaria come intuitivo ed empirico, distante da quello teorico e strategico del marketing management. La collaborazione con l’impresa partner del progetto ha costituito il riferimento principale per l’elaborazione del metodo con cui condurre la ricerca: l’azienda ha promosso i propri prodotti mediante diverse strumenti di marketing, come inserti pubblicitari su riviste, campagne di e-mail marketing e fiere di settore. Queste attività si distinguono tra esse non solo rispetto alle funzioni, alle differenti modalità con cui vengono impiegate e al pubblico cui si rivolgono, ma anche e soprattutto rispetto alla disciplina giuridica di riferimento: ognuna di esse infatti è regolata da un determinato complesso di regole e solleva questioni che si inseriscono in una specifica cornice giuridica. Al fine di giungere ad una sistematica trattazione dei profili giuridici connessi, si è scelto di classificare le diverse azioni di marketing in tre gruppi: quelle riferite alla comunicazione, quelle inerenti l’aspetto del prodotto e quelle che si riferiscono al cliente Per ognuna di queste aree si individua una precisa questione critica per l’impresa, e se ne trattano i profili problematici dal punto di vista giuridico. In relazione al primo gruppo, ovvero la comunicazione pubblicitaria d’impresa, si evidenziano le criticità connesse alla possibilità di tutelare giuridicamente l’idea creativa alla base del messaggio pubblicitario: si mette in discussione l’efficacia degli strumenti giuridici invocabili a sua tutela, in particolare della disciplina del diritto d’autore, della concorrenza sleale e dell’autodisciplina. Si prende come riferimento principale il contesto italiano, considerando la pluralità degli interessi pubblici, collettivi ed individuali coinvolti. Il secondo profilo d’indagine riguarda la disciplina giuridica riconducibile all’e-mail marketing, uno degli strumenti più diffusi di comunicazione digitale. L’invasività di questo sistema nella sfera personale dei destinatari impone l’adozione di adeguati rimedi da parte delle imprese per evitare di incorrere nella violazione delle disposizioni a tutela della privacy. Si trattano le diverse implicazioni derivanti dall’uso di tale strumento, in particolare quelle riferite al trattamento dei dati personali alla luce della normativa vigente in Italia e nell’Unione Europea, e connesse alle modalità di raccolta degli indirizzi e-mail dei destinatari potenzialmente interessati. Infine, la costante partecipazione alle fiere di settore da parte dell’azienda dimostra quanto l’esteriorità del prodotto costituisca uno strumento di marketing decisivo per la competitività aziendale, dunque grande è l’interesse dell’impresa a che il suo aspetto esteriore venga protetto dall’imitazione dei concorrenti. Il tema giuridico più significativo che lega il processo di marketing al prodotto dell’azienda è proprio la protezione legale del suo aspetto, ovvero la tutela del diritto esclusivo di utilizzarlo, e vietarne l’uso a terzi. L’aspetto di un prodotto può essere oggetto di protezione sulla base di diverse discipline che concorrono tra loro, sia a livello nazionale che sovranazionale, dei disegni e modelli, del marchio di forma, del diritto d’autore e della concorrenza sleale. Si è scelto di concentrare il lavoro, in particolare, sulla prima: si ricostruisce il quadro normativo e l’assetto degli interessi implicati dalla fattispecie, per arrivare ad evidenziare le principali criticità nell’interpretazione delle norme, sia a livello nazionale, che nell’Unione Europea. Si approfondiscono gli orientamenti di dottrina e giurisprudenza di alcune disposizioni chiave per l’applicazione della disciplina, quali gli artt. 6 e 7 del Regolamento CE, n. 6/2002, concernenti rispettivamente il «carattere individuale» e la «divulgazione», i due requisiti fondamentali per ottenere la registrazione e conseguente protezione giuridica del disegno. Tali nozioni sono soggette ad interpretazioni parzialmente difformi da parte dei giudici dei diversi Stati membri, e ciò contribuisce a minare l’applicazione omogenea della disciplina in tutto il territorio UE. In questo senso, viene messo in evidenza il ruolo chiave dell’orientamento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nell’interpretazione di tali concetti, avente l’effetto di uniformare l’approccio degli Stati. La Direttiva 98/71/CE ha introdotto la possibilità di cumulare la protezione conferita all’aspetto del prodotto dalla disciplina dei disegni e modelli con quella riconosciuta dalle altre normative. Tale previsione solleva questioni di rilievo sistematico e concorrenziale: ci si interroga su quali problemi di tipo sistematico e di concorrenza vengano sollevati dal riconoscimento su uno stesso prodotto della protezione sia come disegno che come marchio di forma, e sia come disegno che come opera dell’ingegno. In particolare nell’ambito del diritto dei marchi d’impresa e del diritto d’autore, le tutele hanno durata potenzialmente perpetua, diversamente dalla registrazione come disegno o modello, che garantisce la titolarità del diritto di utilizzare il proprio disegno in via esclusiva per un periodo limitato di massimo 25 anni. Questa differenza temporale rende il cumulo problematico sia a livello di coordinamento, che di concorrenza, poiché incentiva il sorgere di “monopoli creativi” sulle forme del prodotto. Il presente lavoro ha come obiettivo l’ampliamento della conoscenza sul tema del marketing con particolare riferimento ai profili giuridici che si pongono, con riguardo alla promozione del prodotto nell’ambito dell’Unione Europea. Si ritiene che il valore aggiunto e l’aspetto più originale della ricerca consista nella sua forte aderenza alla realtà della piccola/media impresa: tramite l’integrazione della ricerca giuridica e dello studio dei fenomeni di marketing si delineano i problemi pratici che questa si trova a dover affrontare nell’implementazione delle attività quotidiane di marketing. Tale indagine vuole essere utile a tutte le piccole/medie imprese che si trovano impreparate nell’affrontare le sfide poste dal marketing e nel conoscere le implicazioni giuridiche che da questo derivano.
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RECCHI, Simonetta. "THE ROLE OF HUMAN DIGNITY AS A VALUE TO PROMOTE ACTIVE AGEING IN THE ENTERPRISES." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251122.

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Abstract:
Ogni azienda che si riconosca socialmente responsabile deve occuparsi dello sviluppo delle carriere dei propri dipendenti da due punti di vista: quello individuale e personale e quello professionale. La carriera all’interno di un’azienda coinvolge, infatti, la persona in quanto individuo con un proprio carattere e una precisa identità e la persona in quanto lavoratore con un bagaglio specifico di conoscenze e competenze. L’azienda ha, quindi, il compito di promuovere carriere professionalmente stimolanti che si sviluppino in linea con i suoi stessi valori, la sua visione e la sua missione. Nel panorama moderno, aziende che sviluppano la propria idea di business nel rispetto dei lavoratori proponendo loro un percorso di crescita, si mostrano senza dubbio lungimiranti. Un tale approccio, però, non basta a far sì che vengano definite socialmente responsabili. I fattori della Responsabilità Sociale d’Impresa sono infatti numerosi e, ad oggi, uno dei problemi principali da affrontare è quello del progressivo invecchiamento della popolazione. Dal momento che la forza lavoro mondiale sta invecchiando e che si sta rispondendo al problema spostando la linea del pensionamento, tutte le aziende sono obbligate a mantenere le persone il più a lungo possibile attive e motivate a lavoro. L’età è spesso visto come un fattore di diversità e di discriminazione, ma nello sviluppare la mia argomentazione, cercherò di dimostrare che una politica del lavoro che supporti l’idea dell’invecchiamento attivo può trasformare questo fattore da limite in opportunità. Il rispetto degli esseri umani, a prescindere dalle differenze legate all’età, dovrebbe essere uno dei valori fondanti di ogni impresa. Nel primo capitolo della tesi, svilupperò il tema della dignità umana così come è stato concepito a partire dalla filosofia greca fino alla modernità. La dignità intesa come valore ontologico, legato all’essenza dell’uomo, diventerà con Kant il fattore di uguaglianza tra tutti gli esseri viventi, la giustificazione del rispetto reciproco. Il concetto di dignità verrà, poi, definito nel secondo capitolo come il principale valore che deve ispirare l’azione sociale delle imprese, come l’elemento che garantisce il rispetto di ogni dipendente che prima ancora di essere un lavoratore è un essere umano. La dignità è ciò che rende l’essere umano degno di essere considerato un fine in se stesso piuttosto che un mezzo per il raggiungimento di un fine esterno. Nell’era della globalizzazione, dove il denaro è il valore principale, gli esseri umani rischiano di diventare un mezzo al servizio dell’economia. A questo punto, il rispetto della dignità deve divenire il fondamento di un ambiente di lavoro che promuove la crescita e la fioritura dell’essere umano. Nel secondo capitolo cercherò quindi di dimostrare come l’idea di dignità possa promuovere un management “umanistico” centrato sul rispetto dell’essere umano. Un’impresa socialmente responsabile può promuovere il rispetto di ogni lavoratore se fa propri i valori di dignità e uguaglianza. Attraverso la teoria dello Humanistic Management che veicola tali valori, il lavoro diventa un luogo in cui l’uomo può esprimere se stesso, la sua identità, le sue conoscenze e competenze. Inoltre, dal momento che la popolazione sta invecchiando, le aziende devono farsi carico della forza lavoro più anziana, come è emerso sopra. A questo punto, nel terzo capitolo, il concetto della Responsabilità Sociale d’Impresa sarà analizzato nel suo legame con i temi dell’invecchiamento attivo e della diversità sul posto di lavoro. Conosciamo diverse ragioni di differenza a lavoro: genere, cultura, etnia, competenze, ma qui ci concentreremo sul fattore età. È naturale che i lavoratori anziani abbiano un’idea di lavoro diversa da quella dei giovani e che le loro abilità siano differenti. Ma questa diversità non deve essere valutata come migliore o peggiore: essa dipende da fattori che analizzeremo e che l’impresa socialmente responsabile conosce e valorizza per creare un ambiente di lavoro stimolante e collaborativo, eliminando possibili conflitti intergenerazionali. Alcune delle teorie che permettono di raggiungere tali obiettivi sono il Diversity Management e l’Age Management: ogni impresa può promuovere pratiche per valorizzare gli anziani, permettendo loro di rimanere più a lungo attivi e proattivi a lavoro e di condividere le proprie conoscenze e competenze. L’ultimo capitolo della tesi si concentrerà su un caso di azienda italiana che ha sviluppato uno strumento di valorizzazione di collaboratori over 65. Sto parlando della Loccioni, presso cui ho svolto la ricerca applicata e che promuove il progetto Silverzone, un network di persone in pensione che hanno conosciuto l’azienda nel corso della loro carriera e che continuano a collaborare con essa ancora dopo il pensionamento. Per capire l’impatto qualitativo e quantitativo che il progetto ha sull’azienda, ho portato avanti un’analisi qualitativa dei dati ottenuti grazie a due tipi di questionari. Il primo ha visto il coinvolgimento dei 16 managers della Loccioni a cui sono state sottoposte le seguenti domande: 1. Chi sono i silver nella tua area di business? Quali i progetti in cui essi sono coinvolti? 2. Qual è il valore del loro supporto per l’azienda? E, allo stesso tempo, quali sono le difficoltà che possono incontrarsi durante queste collaborazioni? 3. Qual è la frequenza degli incontri con i silver? 4. Perché l’azienda ha bisogno di questo network? Successivamente, ho sottoposto un altro questionario agli 81 silver della rete. Di seguito i dettagli: 1. Qual è il tuo nome? 2. Dove sei nato? 3. Dove vivi? 4. Qual è stato il tuo percorso formativo? 5. Qual è stata la tua carriera professionale? 6. Come e con chi è avvenuto il primo contatto Loccioni? 7. Come sei venuto a conoscenza del progetto Silverzone? 8. Con quali dei collaboratori Loccioni stai lavorando? 9. In quali progetti sei coinvolto? 10. Potresti descrivere il progetto in tre parole? 11. Che significato ha per te fare parte di questa rete? 12. Nella tua opinione, come deve essere il Silver? 13. Che tipo di relazioni hai con i collaboratori Loccioni? 14. Quali dimensioni umane (dono, relazione, comunità, rispetto) e professionali (innovazione, tecnologia, rete) emergono lavorando in questo progetto? Il progetto Silverzone è sicuramente una buona pratica di Age Management per mantenere più a lungo attivi i lavoratori over 65. I progetti in cui i Silver sono coinvolti hanno un importante impatto economico sull’impresa, in termini di investimento ma anche di guadagno. Ad ogni modo, qui la necessità di fare profitto, stando a quanto è emerso dai risultati delle interviste, è subordinata al più alto valore del rispetto dei bisogni umani che diventa garante di un posto di lavoro comfortable, dove si riesce a stringere relazioni piacevoli, collaborative e produttive.
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