Journal articles on the topic 'Attività commerciali'

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Laino, Giovanni. "Immigrazione straniera e attività commerciali a Napoli." TERRITORIO, no. 100 (November 2022): 104–6. http://dx.doi.org/10.3280/tr2022-100012.

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Abstract:
I tre contributi che compongono questo servizio restituiscono gli esiti di un'indagine sul rapporto tra attività commerciali e popolazione straniera a Napoli, in un contesto nel quale questa relazione si dà con caratteri di originalità. Dopo questa introduzione, il primo testo fornisce un quadro sistematico costruito su base statistica e quantitativa, circa entità del fenomeno e distribuzione dei commercianti stranieri nella città. Il secondo declina invece l'indagine con gli strumenti dell'analisi qualitativa. L'articolo conclusivo riassume gli esiti dello studio e ne sviluppa alcune ipotesi interpretative.
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2

López de Lucio, Ramón. "Comercio y periferia: El caso de la región de Madrid." Ciudades, no. 10 (February 1, 2018): 185. http://dx.doi.org/10.24197/ciudades.10.2007.185-202.

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Abstract:
Le attività commerciali in Spagna hanno vissuto negli ultimi trenta anni dei cambiamenti sostanziali, accompagnati dalle trasformazioni nelle relazioni di tali attività con lo spazio urbano ed il trasporto pubblico. La città si è frammentata, le sue parti si sono specializzate e nella struttura insediativa della città diffusa sono sorte le grandi superfici commerciali extraurbane.Gli anni ottanta sono stati un periodo di transizione. A Madrid sono stati aperti dei grandi magazzini in centro e contemporaneamente dei centri commerciali nelle zone periferiche. Negli anni novanta si verifica una esplosione di grandi strutture nell’area metropolitana. All’inizio del nuovo secolo, i centri commerciali rappresentano le nodalità territoriali della regione urbana di Madrid. Nasce una nuova gerarchia dei centri urbani, influenzata dalla localizzazione di questi nuovi complessi commerciali. La presenza di queste superfici in Spagna diventa tripla rispetto a quella europea.I nuovi formati commerciali generano degli effetti sulle reti tradizionali e sulla vitalità dello spazio urbano.
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Villarejo Galende, Helena. "Balance de una década de regulación de los grandes establecimientos comerciales en España." Ciudades, no. 10 (February 1, 2018): 39. http://dx.doi.org/10.24197/ciudades.10.2007.39-65.

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Abstract:
Nuove norme legislative sono state prodotte per risolvere i problemi sollevati dallo sviluppo dei nuovi formati commerciali. All’inizio, sono stati ispirati dal modello francese della legge Royer, con l’obiettivo di regolamentare le grandi strutture distributive. Dalla regolamentazione della localizzazione delle strutture si è quindi passati alla pianificazione del commercio, con i Piani per le attività commerciali, definendo le destinazione d’uso dei suoli e con i Piani per la modernizzazione del commercio, che sostengono attraverso aiuti finanziari gli imprenditori l’innovazione del settore. Gli obiettivi di questi strumenti sono strettamente settoriali e non tengono in alcun conto le relazioni con gli obiettivi della pianificazione e della progettazione urbanistica. La Direttiva Bolkenstein del 2006 ha avuto l’effetto di ridurre gli ostacoli nella localizzazione delle imprese economiche. L’autorizzazione per l’apertura di nuove strutture commerciali deve rispondere all’interesse generale (pianificazione, urbanistica, tutela dell’ambiente), favorendo il successo imprenditoriale.La regolazione di carattere amministrativo delle attività commerciali ha anche prodotto effetti non previsti, come il contenimento degli ipermercati a fronte dello sviluppo di supermercati e centri commerciali ed un processo di concentrazione delle imprese.
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De las Rivas Sanz, Juan Luis. "Dificultades del urbanismo comercial: El plan general de equipamiento comercial de Castilla y León." Ciudades, no. 10 (February 1, 2018): 109. http://dx.doi.org/10.24197/ciudades.10.2007.109-142.

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Abstract:
La rete commerciale in Castilla y Léon evidenzia con chiararezza la relazione con il sistema insediativo regionale, con le sue debolezze e peculiarità. Lo sviluppo di nuove grandi strutture commerciali e di malls, benché nettamente minore di quello che si è registrato in altre regioni della Spagna, aumenta la dipendenza del territorio extraurbano dai centri maggiori e determina un rilevante impatto sulla rete distributiva tradizionale. Le aree rurali ed i centri o i sobborghi storici rischiano di vedere diminuita la propria vitalità. La pianificazione delle attività commerciali, gestita dalle Regioni, cerca di trovare un punto di equilibrio tra le strutture commerciali tradizionali e quelle nuove, e comunque la legislazione di settore impone in Spagna una specifica autorizzazione per i centri commerciali, i malls e in genere per i grandi formati della distribuzione moderna. Ma le azioni sono in ogni caso orientate dagli attori che intervengono nel processo decisionale, in un contesto di conflittualità tra gli interessi dei diversi operatori del settore. E’ risultata evidente la sottovalutazione dell’ impatto del commercio sui sistemi urbani e ambientali.
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5

Abbamonte, Francesco, Antonia Arena, and Roberta Pacelli. "I migranti commercianti a Napoli: un quadro al 31 dicembre 2020." TERRITORIO, no. 100 (November 2022): 107–18. http://dx.doi.org/10.3280/tr2022-100013.

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Abstract:
Il paesaggio della città di Napoli è un caleidoscopio in continua trasformazione. Assumendo come punto di osservazione privilegiato, anche se parziale, la presenza di cittadini stranieri titolari di attività commerciali al dettaglio, in sede fissa e ambulanti, è stata condotta un'indagine indiretta su circa 6.500 immigrati (circa l'11% del totale degli immigrati in città) registrati alla Camera di Commercio di Napoli, dal 1900 al 2020. Uno studio approfondito per nazionalità dei titolari, localizzazioni e periodi d'iscrizione delle attività ha consentito di ipotizzare il ruolo che di fatto hanno giocato gli immigrati stranieri nella divisione sociale dello spazio. A questo proposito, è stata osservata la concentrazione a diverse scale territoriali: da quella comunale, a quella dei quartieri, sino agli assi stradali.
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Bartholini, Ignazia, and Rafaela Pascoal. "Il cibo come mezzo per una convivenza ostipitale. Gli equilibri fragili del cotto e del crudo fra migranti e popolazione autoctona in un mercato di Palermo." MONDI MIGRANTI, no. 2 (August 2021): 55–71. http://dx.doi.org/10.3280/mm2021-002003.

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Abstract:
Questo articolo propone il concetto di ostipitalità (Derrida, 2000) per analizzare i collegamenti tra cibo, appartenenze e commensalità. L'osservazione partecipante e le interviste semi-strutturate permettono di individuare, nelle diverse aree e tra le tipologie di attività commerciali del mercato di Ballarò, le forme di "convivenza armata" fra autoctoni e migranti e di relativa prevalenza del "cotto" e/o del "crudo". Se il cibo cotto è ospitale a determinate condizioni, il cibo crudo ha maggiori probabilità di stabilire ostipitalità durevole oltre che condizionata. A Ballarò la prevalenza degli esercizi commerciali del crudo sembra costituire un freno rispetto alla delocalizzazione degli ipermercati e ai processi di disembedding tra economia e vita sociale urbana (Polanyi, 1944; Giddens, 1991).
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Cavalli, Renato. "L'analisi dei sistemi commerciali come strumento di pianificazione territoriale del commercio e delle attività assimilate." ARCHIVIO DI STUDI URBANI E REGIONALI, no. 103 (July 2012): 131–39. http://dx.doi.org/10.3280/asur2012-103013.

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Torre, Salvo. "Accumulazione e Spoliazione della Biosfera in Sicilia Orientale - Appunti per L'elaborazione di un Modello di Lettura delle Crisi Socio-Ecologiche." Revista Movimentos Sociais e Dinâmicas Espaciais 6, no. 1 (July 25, 2017): 195. http://dx.doi.org/10.51359/2238-8052.2017.229936.

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Abstract:
Il caso della Sicilia Orientale può essere utilizzato per ragionare su un modello di lettura delle modalità con cui nell'ultimo quarantennio si sono verificate diverse crisi ecologiche e sul modo con cui si sono affermati molti processi di impoverimento ed erosione delle risorse. Il quadro che emerge è quello di un'area mediterranea in cui la crisi industriale degli anni Settanta del Novecento non ha prodotto un alleggerimento della pressione sull'ambiente locale, si sono solo modificate le modalità di sfruttamento. I principali processi che si sono realizzati, come la dismissione industriale, la crisi dell'agricoltura, la nascita dei nuovi poli commerciali e l'espansione urbana, hanno avuto uno stretto legame con le grandi trasformazioni globali e hanno partecipato alla produzione di una crisi ambientale. Il risultato semba essere un quadro in cui l'insieme delle attività umane è stato segnato dai processi di accumulazione per spoliazione e dall'estrazione di valore dalla biosfera.
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Croce, Mauro, Maurizio Fiasco, and Sara Sbaragli. "Criminogenesi, vittimizzazione familiare e criminalità organizzata nel gioco d'azzardo." SICUREZZA E SCIENZE SOCIALI, no. 1 (April 2022): 73–90. http://dx.doi.org/10.3280/siss2022-001007.

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Abstract:
L'intervento è volto a cogliere nel particolare lo sviluppo delle relazioni crimo-gene e vittimologiche che l'azzardo produce, al fine di elaborare una significativa banca dati sulla relazione fra "gioco", "giocatori" e "ambiente di riferimento". Attraverso un'analisi di secondo livello della letteratura scientifica di riferimento, l'articolo costituisce una disamina sulle componenti criminologiche e vittimologiche: la prima, attinente ai reati commessi giocando in contesti o con modalità ritenuti dal sistema giuridico di riferimento come illegali; un'altra, più importante di-mensione, riguarda il gioco d'azzardo come fattore di criminogenesi, per il giocatore problematico si trova a compiere reati per finanziare le proprie puntate (furto, rapine, riciclaggio, prostituzione) o per favorire il risultato (truffe); ed ancora, i comportamenti di gioco problematico come causa dei processi di vittimizzazione che coinvolgono nello specifico i figli dei giocatori d'azzardo (maltrattamento, abuso, abbandono di minore); in ultimo, il gioco d'azzardo come estrinsecazione, favoreggiamento, attività ai fini commerciali (leciti e non) della criminalità organizzata.
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Maccioni, Elena. "Mercato cambiario e uomini d’affari a Barcellona durante la guerra tra Alfonso il Magnanimo e la Repubblica Fiorentina." Anales de la Universidad de Alicante. Historia Medieval, no. 23 (May 26, 2022): 61. http://dx.doi.org/10.14198/medieval.21218.

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Abstract:
La metà del secolo XV fu per la Corona d’Aragona e specialmente per Barcellona un periodo complicato: Alfonso V era impegnato nelle guerre italiane, in particolare contro Firenze e Milano, Genova e Venezia; il Regno di Napoli era stato annesso all’Unione, e richiedeva sforzi importanti per il suo mantenimento; allo stesso tempo dalla capitale catalana provenivano richieste di apertura “democratica” del Consiglio dei Cento, che portavano a un’evidente instabilità interna, frutto in parte di una dimostrata crisi monetaria, dovuta anche alla scarsa capacità di governo dell’economia. Nonostante ciò, i mercanti, gli armatori e i banchieri continuarono a cercare di portare avanti i propri interessi economici nel Mediterraneo, anche servendosi delle istituzioni di natura corporativa, come il Consolato del mare. Attraverso l’analisi di alcuni registri di protesti di lettere di cambio gestiti dal notaio del Consolato barcellonese, si cercherà di mettere in luce l’evoluzione delle reti mercantili-finanziarie catalane, in particolare lungo la rotta meridionale italiana. Lo studio non avrà l’obiettivo di analizzare l’uso tecnico dello strumento cambiario, ma quello di portare alla luce strategie e protagonisti del processo di inserimento del capitale mercantile e finanziario in Italia durante il regno di Alfonso il Magnanimo e in special modo durante la guerra contro Firenze. Emergeranno, così, i nomi di quelle persone che furono le protagoniste dei grandi e quotidiani spostamenti di denaro fra i centri politico-commerciali del Commonwealth catalanoaragonese. Si tenterà una prima ricostruzione delle loro attività e dei loro movimenti, nonché delle connessioni con i più importanti operatori del sistema finanziario europeo, ovvero i toscani.
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Grandi, Silvia. "Cooperazione decentrata tra la Regione Emilia-Romagna e Stato Del Paranà per lo sviluppo del cooperativismo e delle filiere agroalimentari di qualità: Il caso del Programma Brasil Próximo." Revista Movimentos Sociais e Dinâmicas Espaciais 6, no. 2 (November 27, 2017): 73. http://dx.doi.org/10.51359/2238-8052.2017.231109.

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Abstract:
La cooperazione tra aree subnazionali, comunemente chiamata cooperazione decentrata o più recentemente “partenariato territoriale” nella nuova legge italiana per la cooperazione allo sviluppo (L. 125/14), assume di solito un ruolo marginale in termini finanziari ma può risultare molto rilevante in termini di efficacia ed influenza nelle policy per lo sviluppo locale. È quanto emerge del programma Brasil Próximo in cui cinque Regioni italiane (Umbria, Marche, Toscana, Emilia-Romagna, Liguria) hanno creato, tra il 2004 e il 2015, un articolato sistema di relazione e di progettualità in un’ottica di cooperazione di transizione post-aid. L’obiettivo si è concretizzato con l’attivazione di un vasto network, di rafforzamento e sviluppo di politiche e strumenti, di creazione di reciproche opportunità - anche commerciali - e di interventi tesi ad accompagnare processi endogeni di sviluppo locale sostenibili capaci di intervenire sui problemi socio-economici derivanti da una squilibrata distribuzione della ricchezza. In particolare questo paper pone l’attenzione sul rapporto della Regione Emilia-Romagna con lo Stato del Paranà analizzando le attività svolte per il rafforzamento di politiche e di progetti pilota volti a sostenere i piccoli produttori nelle filiere agroalimentari attraverso la crescita delle microimprese, delle PMI, del sistema fieristico locale specialistico e del cooperativismo. Un approccio sostanzialmente basato sulle persone, sulla condivisione delle buone prassi maturate nel territorio regionale e sulla mise en reseau. I dilemmi sempre aperti dopo la conclusione anche dei progetti di cooperazione considerati di successo sono: è stato veramente sostenibile? Cosa significa sostenibile per le parti in gioco? Quanto la politica influisce nella sostenibilità di questi processi?
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Napoli, Grazia, and Giulia Bonafede. "The urban rent in the multicultural city: retail shops, migrants and urban decline in the historic centre of Palermo [La rendita urbana nella città multiculturale: attività commerciali, migranti e declino urbano nel centro storico di Palermo]." Valori e Valutazioni 27 (December 2020): 67–76. http://dx.doi.org/10.48264/vvsiev-20202707.

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Abstract:
Changes in consumer shopping behavior and in retail spaces, such as shopping malls, department stores and e-commerce, have modified localization models of traditional retail shops, also affecting urban fabric and spatial distribution of urban rent. Even city centers have undergone significant transformations or even decline, especially if local economic system and real estate market are weak and recessionary. A significant amount of commercial properties may have long vacancy due to excess supply, since many traditional shops close their business because they are no longer competitive and, moreover, there is no immediate takeover by new tenants. The decline of central urban areas depends on the interaction of multiple economic, social and cultural factors, but it can be countered by urban policies oriented not only to physical redevelopment of urban fabric, but also to social cohesion and multiculturalism. Migrants bearers of varied cultural values, coming from different continents and settling permanently in the Italian cities, have rented some of these empty properties by locating retail shops specifically oriented to their own communities or also to the citizens needs. The presence of migrants contributes, indeed, to support the retail real estate demand, to mitigate the minus-valorization of real estate capital and also to contain the revenues contraction. This phenomenon has been analyzed in some streets of the historic centre of Palermo that are traditionally shopping areas and have become the privileged place for locating retail shops managed by immigrants.
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Abulafia, David. "The Merchants of Messina: Levant Trade and Domestic Economy." Papers of the British School at Rome 54 (November 1986): 196–212. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200008898.

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Abstract:
I MERCANTI DI MESSINANella storiografia tradizionale, i mercanti di Messina appariscono come l'unico caso di cittadini dell'Italia meridonale nel tardo medioevo attivi sulla rete commerciale del Mediterraneo. L'articolo tenta di identificare un gruppo di Messinesi del tardo Duecento e dei primi anni del Trecento chi possedevano investimenti nel commercio levantino; il punto di partenza è la collezione di contratti commerciali lasciati dal notaio genovese Lamberto di Sambuceto, ed alcuni contratti messinesi e documenti pubblici del governo aragonese. Infatti esisteva uno stretto nesso fra commercianti e risorse Messinesi: il vino della Sicilia orientale era venduto ad Acri dai messinesi; la presenza di Genovesi, Pisani ed altri, basati in Messina ed attivi nel commercio di Cipro e dell' Armenia, è documentata. I mercanti messinesi, sebbene sotto una tutela settentrionale, avevano un ruolo permanente nel commercio del Mediterraneo nel tardo medioevo, un ruolo che riflette la nuova importanza della città come punto centrale nella rete mediterranea dopo la conquista normanna.
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Lenassi, Nives. "Alcune osservazioni sull’uso dei paradigmi verbali nell’italiano L2: l’italiano per gli affari." Linguistica 61, no. 2 (December 30, 2021): 79–95. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.61.2.79-95.

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Abstract:
Nella produzione dei testi di corrispondenza italiana i comunicatori sloveni provenienti dal mondo del lavoro spesso affrontano con insicurezza la verbalizzazione dei complessi rapporti aspettuali, temporali e modali previsti dal sistema verbale italiano. Tali insicurezze sono evidenti sia nei testi redatti dai parlanti con un’elevata competenza linguistico-comunicativa sia in quelli composti da comunicatori che possiedono un repertorio linguistico più limitato. Questi ultimi sono anche più propensi a comporre messaggi molto sintetici, con una gamma piuttosto ristretta di paradigmi verbali anche nelle situazioni in cui le esigenze e gli scopi comunicativi richiederebbero la redazione di un testo più esteso. Visti i disagi dei non madrelingua, ci si è chiesti quanto spazio dedicano vari libri di testo per l’italiano per gli affari alle attività il cui obiettivo è lo sviluppo della competenza relativa alla conoscenza e all’uso dei paradigmi verbali nell’ambito della corrispondenza commerciale. La ricerca dimostra che – in dipendenza da vari parametri quali il livello QCER dei singoli libri di testo, il loro orientamento più o meno comunicativo, l’importanza ascritta alla corrispondenza commerciale ecc. – possiamo constatare notevoli differenze tra i materiali analizzati in quanto alla presenza delle attività e ai paradigmi verbali trattati in esse. Un numero maggiore di attività e una loro distribuzione proporzionata nella prassi glottodidattica potrebbe sensibilizzare gli utenti/apprendenti a un’attenzione più focalizzata e accurata nel riconoscere l’insieme degli elementi che stimolano l’uso di singoli paradigmi verbali nei testi di corrispondenza commerciale. L’obiettivo di tale approccio ovvero sensibilizzazione è quello di giungere prima a una comprensione adeguata dei testi e dopo a una stesura dei messaggi pragmaticamente efficaci.
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Aversano, Francesco. "Regole sul cibo e sviluppo turistico dell'impresa agricola. Il caso dei food events." RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO DEL TURISMO, no. 19 (February 2018): 7–37. http://dx.doi.org/10.3280/dt2017-019001.

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Abstract:
La crescita del business nel settore alimentare non è solo legata alle tradizionali attività di distribuzione commerciale, ma anche al settore dell'ospitalità e del tempo libero. La frequente organizzazione di eventi gastronomici è, infatti, un fenomeno che è sicuramente in evoluzione, attraverso la vendita diretta dei prodotti, degustazioni o banchetti. Inoltre, anche le attività produttive e amministrative legate a determinati luoghi sono fattori che guidano lo sviluppo turistico. In questo contributo verranno analizzate tali opportunità, per aziende e territori, attraverso la legislazione del settore alimentare che è un modello di riferimento unitario, perché ha lo scopo di tutelare la sicurezza degli alimenti e salvaguardare il consumatore. In proposito, la legislazione del settore alimentare prevede norme volte a tutelare il consumatore sotto il profilo informativo e a promuovere i prodotti con un valore particolare. Inoltre, la genuinità dei prodotti e la loro origine hanno assunto un'importanza crescente non solo nella scelta del prodotto, ma anche riguardo l'origine del prodotto stesso. Analizzare la legislazione europea del settore alimentare significa, quindi, verificare anche la possibile afferenza alle attuali regole del mercato turistico, il clamore inevitabile sull'assenza di rischio alimentare, quale fattore importante per l'affidabilità della somministrazione del cibo.
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Aime, Marco. "Donne, commercio e fantasia. Conflitti familiari in Africa occidentale." EDUCAZIONE SENTIMENTALE, no. 18 (September 2012): 145–53. http://dx.doi.org/10.3280/eds2012-018015.

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Abstract:
L'articolo affronta il problema del conflitto di genere che nasce all'interno di molte famiglie africane, quando le donne, grazie alle loro piccole attivitŕ commerciali, diventano le principali fornitrici di reddito. In molti casi, infatti, il guadagno delle donne, č l'unica entrata in denaro, che consente di andare al di lŕ della mera sussistenza. Dimostrando fantasia e notevole spirito imprenditoriale, molte donne dell'Africa occidentale, danno vita a forme di associazionismo, finalizzate al commercio, che consentono di ridurre i rischi e di ottimizzare i guadagni. Tale impegno si scontra perň con certi aspetti del pensiero maschile, retaggio di tempi andati.
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Benelli, Gianfranco. "Il boat and breakfast tra ricettività turistica e nautica da diporto." RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO DEL TURISMO, no. 19 (February 2018): 38–55. http://dx.doi.org/10.3280/dt2017-019002.

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Abstract:
La legge della Regione Sardegna in materia di turismo, emanata nel 2017, ha previsto una nuova tipologia di sistemazione extra-alberghiera, il boat and breakfast, ovvero un'attività consistente nell'ospitalità a bordo di imbarcazioni da diporto ormeggiate in un porto. La questione è se possano esserci analogie con l'istituto del bed and breakfast e se tale attività sia compatibile con la disciplina della nautica da diporto, particolarmente rigida rispetto all'uso commerciale delle imbarcazioni. Si possono delineare due possibili modelli di boat and breakfast, senza e con fine di lucro, non potendosi prescindere dai contratti di charter per la disciplina del rapporto tra cliente ed operatore. Alcune ulteriori problematiche sono legati al raccordo tra le competenze regionali nell'area del turismo e le competenze statali in materia di nautica da diporto.
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Erdas, Donatella. "nautodikai." Dike - Rivista di Storia del Diritto Greco ed Ellenistico 24 (August 13, 2022): 33–62. http://dx.doi.org/10.54103/1128-8221/18603.

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Abstract:
La magistratura ateniese dei nautodikai è menzionata in fonti frammentarie (un accenno in IG I3 41, testimonianze della loro attività in un paio di versi delle commedia antica e in un frammento di Cratero il Macedone) e nei lessici. Le prime attestazioni risalgono agli anni Quaranta del V sec. a.C. ed essi sembrano inizialmente coinvolti in cause legate all’accertamento della cittadinanza (graphai xenias), almeno fino agli ultimi decenni del V sec. a.C. Con i primi anni del IV sec. a.C. i nautodikai mutano funzione, e sono citati nell’orazione lisiana Sulla proprietà di Eratone come giudici impegnati in cause riguardanti degli emporoi. Tale funzione è inoltre confermata dalle fonti lessicografiche. Ripercorrendo tutte le testimonianze relative a questa magistratura, nell’articolo si intende mostrare come una caratteristica costante nell’operato dei nautodikai sia quella dell’urgenza e contemporanemente dell’inadempienza nello svolgimento delle cause. La loro limitata funzionalità come collegio giudicante spiegherebbe la dismissione del loro ufficio al più tardi intorno alla metà del IV sec. a.C., quando più sentita era l’esigenza di garantire una rapida risoluzione delle controversie, soprattutto in ambito commerciale.
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Venturini, Alfonso. "l cinema a Firenze durante la seconda guerra mondiale." MONDO CONTEMPORANEO, no. 3 (April 2011): 25–54. http://dx.doi.org/10.3280/mon2010-003002.

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Abstract:
L'autore, raccogliendo i dati sui film proiettati a Firenze dal 10 giugno 1940 all'agosto del 1944, fornisce un quadro dell'attivitŕ cinematografica di una grande cittŕ durante il periodo bellico, considerando sia le sale commerciali che le attivitŕ delle organizzazioni ricreative fasciste, offrendo statistiche sulle sale attive, sui film proiettati, divisi secondo il paese di origine, e una classifica dei film piů visti in base ai giorni di programmazione. I dati sulla programmazione, assunti come indice di popolaritŕ e di visibilitŕ, permettono di valutare i favori del pubblico, il quale continua a privilegiare il cinema americano e a rifiutare quello tedesco, nonostante le campagne propagandistiche contrarie. Inoltre, attraverso questi dati, si possono trarre considerazioni sull'accoglienza dei film italiani: l'opinione pubblica risponde positivamente ad un'industria cinematografica nazionale, capace di offrire una varietŕ di generi diversi, e non solo «telefoni bianchi». Per quanto riguarda i film italiani a carattere propagandistico, il favore del pubblico cambia nel corso del periodo bellico: l'interesse iniziale viene meno quando le sorti della guerra volgono al peggio.
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WEINDLING, PAUL. "GERMAN-SOVIET CO-OPERATION IN SCIENCE: THE CASE OF THE LABORATORY FOR RACIAL RESARCH, 1931-1938." Nuncius 1, no. 2 (1986): 103–9. http://dx.doi.org/10.1163/182539186x00548.

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Abstract:
Abstract<title> RIASSUNTO </title>Anche se contatti fra sostenitori tedeschi e sovietici della eugenetica durante gli anni venti sono stati documentati, è stato dato per scontato che questi contatti si siano interrotti entro il 1930. Questo articolo esamina l'attività di un laboratorio tedesco-sovietico per la ricerca razziale che è finora sfuggito all'attenzione degli storici. Il laboratorio fu fondato da scienziati tedeschi quando la Germania stava tentando di stabilire contatti commerciali ed economici con l'Unione Sovietica. La ricerca riguardava soprattutto la patologia comparativa e l'anatomia del cervello. Il laboratorio ricevette il sostegno di scienziati attivi a Mosca, in Caucasia e nella Transcaucasia. Ragioni diplomatiche spiegano la sopravvivenza dell'Istituto.
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Papi, Emanuele. "La turba inpia: artigiani e commercianti del Foro Romano e dintorni (I sec. a.C. – 64 d.C.)." Journal of Roman Archaeology 15 (2002): 45–62. http://dx.doi.org/10.1017/s1047759400013830.

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Abstract:
Chi avesse percorso la Sacra via tra gli ultimi decenni del I sec. a.C. e l'estate del 64 d.C. si sarebbe trovato in un profano e lussuoso quartiere commerciale: ori, argenti, perle e pietre preziose, aromi e spezie, primizie e cibi ricercati, strumenti musicali, libri, corone di fiori, cortigiane e prostitute — tutte le delizie della vita (come già ai Greci era piaciuto immaginarle) fornite dalla plebe urbana che qui gestiva il sistema di vendite al minuto più famoso e organizzato della città. Anche nelle altre zone intorno al Foro lo scenario non sarebbe stato diverso; nelle botteghe della piazza, lungo le strade circostanti e nei vicini edifici continuava il commercio di dispendiose mercanzie per una clientela di gusti ambiziosi e grandi disponibilità. La tradizione commerciale del luogo era molto antica e risaliva all'età dei re; stando alla tradizione, Tarquinio Prisco aveva per primo utilizzato la valle per attività pubbliche, facendo costruire appositi vani per artigianato e commercio (tabernae circa forum). Quando alla fine del VI sec. a.C. si impiantarono i quartieri della Sacra via, sul fronte degli isolati furono costruite una serie di botteghe tra le quali si aprivano gli ingressi alle domus. Nel periodo più remoto era lo smercio di prodotti alimentari, soprattutto le carni, l'attività primaria forse anche per la presenza di un mercato del bestiame collegato al Foro Boario (beccherie e beccai sono ricordati dal V sec. a.C). Fu negli ultimi decenni del IV sec. a.C. che un aspetto più conveniente (forensis dignitas) si sarebbe affermato per gli interventi di C. Maenius e per la trasformazione delle botteghe da lanienae in argentariae, da macellerie cioè in banchi di cambiavalute, usurai e banchieri, destinati a dominare la piazza fin agli inizi dell'Impero. I commerci più ordinari o le rivendite specializzate non dovettero scomparire del tutto almeno fino alla metà del II sec. a.C: alle tabernae argentariae si mescolavano i negozi di beccai e speziali, chiamati alla greca myropolae, i primi ricordati da Plauto e da Livio nel luogo della basilica Sempronia, i secondi soltanto da Plauto.
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Wallace-Hadrill, Andrew. "The social spread of Roman luxury: sampling Pompeii and Herculaneum." Papers of the British School at Rome 58 (November 1990): 145–92. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200011636.

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Abstract:
LA DIFFUSIONE SOCIALE DEL LUSSO NEL MONDO ROMANO: IL CAMPIONE DI POMPEI ED ERCOLANOIn quest'articolo si cerca di verificare in rapporto all'evidenza archeologica l'assunto, incontrato in Cicerone e in altre fonti, che il lusso proprio di unaélitesi diffuse per imitazione nella societá romana. II metodo adottato è quello di esaminare un campione di più di 200 abitazioni a Pompei ed Ercolano mettendo in relazione la loro estensione, l'uso, gli elementi architettonici e decorativi. L'analisi del campione ha suggerito questi primi risultati:1) La diversità nella struttura dell'abitato e l'ampio spettro di dimensioni fra edifici è una caratteristica dominante a Pompei ed Ercolano. Ciò potrebbe riflettere una diversità sociale fra gli abitanti.2) Non esiste alcuna chiara distinzione fra case residenziali e non residenziali. L'impiego di aree a scopo commerciale o per l'orticoltura è largamente diffuso nelle abitazioni che hanno funzioni di ricezione sociale.3) Atri e peristili sono ampiamente diffusi e indicano la presenza di aree di ricezione.4) Si riscontra una progressiva diffusione dell'apparato decorativo in case di tutte le dimensioni, con una concentrazione di elementi di maggior pregio in quelle più ampie.5) Esiste un forte legame fra elementi decorativi e presenza di atri e peristili a confermare il nesso fra decorazione e attività sociale.6) Si può riscontrare un'evidente diffusione di elementi del decoro in tutte le abitazioni, in particolare in quelle più piccole, senz'atrio, fra la fine della repubblica (I e II stile) e l'inizio dell'età imperiale (III e IV stile).7) L'analisi degli elementi di IV stile suggerisce una progressiva “banalizzazione” del lusso associato alla sua diffusione sociale.Sebbene questo campione può evidenziare solamente risultati provvisori, da verificare con più ampie e sofisticate basi di dati e con l'inclusione dell'evidenza materiale, l'analisi indica la potenzialità del materiale campano, capace di fornire una base per l'interpretazione sociale del fenomeno della trasformazione culturale che, partendo dall'Italia romana, si estende a tutto l'impero.
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Charrier, Guy. "Parallèle entre la loi italienne pour la protection de la concurrence et le système français." Journal of Public Finance and Public Choice 8, no. 2 (October 1, 1990): 103–15. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345045.

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Abstract La nuova legge italiana per la protezione della concorrenza e del mercato presenta una notevole analogia, sia nei concetti che nei principali meccanismi applicativi, con le principali legislazioni dei Paesi membri della CEE e soprattutto con quelle che sono state introdotte negli anni più recenti.Il campo d’applicazione riguarda, almeno in principio, tutti i settori di attività, sia nel sistema italiano che in quello francese, poiché nessuna deroga è prevista, salvo per alcune particolari attività, come gli audio-visivi, la stampa, le banche e le assicurazioni.Questa estensione del campo di applicazione della legislazione si spiega con il fatto che essa riguarda tutte le pratiche anti-concorrenziali che vadano a detrimento del buon funzionamento del mercato e che tali pratiche siano suscettibili di provenire da tutti gli operatori economici.In Francia, peraltro, vige una distinzione tra comportamenti diretti a falsare il mercato, e che ricadono sotto le categorie di cartelli e di abuso di posizione dominante, di cui si occupa il Consiglio della concorrenza, e le pratiche restrittive, come il rifiuto di vendere, la subordinazione delle vendite, le discriminazioni e l’imposizione di prezzi, che sono di competenza dei tribunali perché in principio riguardano soltanto i rapporti tra imprese.Un secondo aspetto riguarda l’applicazione delle regole della concorrenza alle persone pubbliche. In principio, le disposizioni della legge italiana circa le imprese pubbliche (art. 8) e quelle della legge francese (art. 53) rispondono soltanto in parte alla questione. Nel diritto francese, quando una persona pubblica agisce da privato, è sottoposta alle leggi che riguardano il comportamento dei privati. Una difficoltà sorge, invece, quando questa persona pubblica, agendo nell’ambito dei suoi poteri, genera sul mercato effetti che danneggiano la concorrenza. Una recente sentenza del Tribunale dei conflitti ha concluso che le regole della concorrenza non si applicano alle persone pubbliche se non nella misura in cui esse diano luogo ad attività di produzione (di distribuzione o di servizi).La legge italiana non dà alcuna definizione del concetto di concorrenza nè dà alcun elemento che ne consenta la giustificazione economica. Altrettanto avviene con la legge vigente in Francia, ove sono i testi delle decisioni che forniscono indicazioni al riguardo.Il principio generate del divieto dei cartelli, come anche l’elenco dei casi suscettibili di costituire intese di carattere anti-concorrenziale, sono presentati in modo molto simile sia nella legge italiana che in quella francese. Ambedue riprendono, d’altronde, la formulazione dell’art. 85 del Trattato di Roma.Tutto fa pensare che l’Autorità italiana si troverà di fronte a casi analoghi a quelli di cui si è in varie occasioni occupato il Consiglio della concorrenza francese: cartelli orizzontali (accordi sui prezzi, sulla ripartizione dei mercati, sull’esclusione di un’impresa del mercato, ecc.); intese verticali (risultanti da accordi tra un produttore ed i suoi distributori nell’ambito di contratti di distribuzione selettiva o esclusiva); imprese comuni (la cui creazione può rientrare nel campo della proibizione di cartelli o costituire un’operazione di concentrazione); intese tra imprese appartenenti allo stesso gruppo (nel quadro dei mercati pubblici, il Consiglio ha ritenuto che non sia contrario alle norme concorrenziali, per imprese con legami giuridici o finanziari, rinunciare alla loro autonomia commerciale e concertarsi per rispondere a delle offerte pubbliche).Sull’abuso di posizione dominante, così come per i cartelli, i due sistemi italiano e francese presentano molte somiglianze. Tuttavia, contrariamente al diritto francese ed a quello tedesco, nella legislazione italiana non si fa alcun riferimento alle situazioni di «dipendenza economica». Peraltro, l’identificazione di questo caso è alquanto complessa e, sinora, il Consiglio non ha rilevato alcun caso che rientri nello sfruttamento abusivo di una situazione di dipendenza economica. Pertanto, si può forse concludere che il legislatore italiano sia stato, a questo riguardo, più saggio di quello francese. Più in generale, per quanto riguarda i casi di abuso di posizione dominante, il Consiglio deBa concorrenza ha seguito un’impostazione piuttosto tradizionalista.Anche sul controllo delle concentrazioni, il testo della legge italiana richiama quello francese e anche quello della normativa comunitaria, pur se è diversa la ripartizione delle competenze tra Autorità incaricata della concorrenza e Governo. Nella legge italiana, d’altra parte, vi sono delle norme relative alla partecipazione al capitale bancario che fanno pensare ad un dibattito molto vivo su questo tema.I livelli «soglia” per l’obbligo di notifica delle concentrazioni sono più elevati in Francia. Bisognerà poi vedere con quale frequenza il Governo italiano farà ricorso all’art. 25, che gli conferisce il potere di fissare criteri di carattere generale che consentono di autorizzare operazioni di concentrazione per ragioni d’interesse generale, nel quadro dell’integrazione europea.L’interesse delle autorità amministrative francesi nei riguardi delle concentrazioni, che un tempo era molto limitato, è divenuto più intenso negli anni più recenti, anche se i casi di divieto di concentrazioni sono stati sinora molto limitati.In conclusione, si può ricordare che un organismo competente in materia di protezione della concorrenza ha un triplice compito: pedagogico (attraverso la pubblicazione delle decisioni, delle motivazioni e delle ordinanze su questioni di carattere generale e sui rapporti attinenti al funzionamento del mercato), correttivo (per distogliere gli operatori economici da comportamenti anti-concorrenziali) e, infine, dissuasivo (poiché l’esperienza di applicazione delle leggi relative alla concorrenza dimostra che la loro efficacia dipende in modo decisivo dalla comminazione di sanzioni).
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Alonzo, Giulia, and Oliviero Ponte di Pino. "L'evento culturale come momento di creazione di welfare di comunità: la risposta di Suq Genova." WELFARE E ERGONOMIA, no. 2 (February 2022): 147–56. http://dx.doi.org/10.3280/we2021-002011.

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Abstract:
Il Suq di Genova è un grande teatro dove ogni visitatore è spettatore di una crea-zione collettiva, corale, e al tempo stesso autore e protagonista della propria per-formance. Allestito come un bazar ospita le botteghe e i ristoranti etnici, cinquan-tatré nell'ultima edizione "in presenza", gestiti da commercianti con background migratorio attivi in città. La piazza centrale e alcuni spazi circostanti ospitano spettacoli, concerti, dibattiti, lezioni, in parte curati da associazioni di migranti, in parte selezionati dalla direzione artistica. Così il festival diventa per il visita-tore un viaggio verso il proprio riconoscimento identitario attraverso il confron-to con l'altro. Il soggetto, da entità singola, si trova partecipe e costruttore di una comunità aggregante che si costituisce nell'apertura e nel riconoscimento del nuovo: il senso di appartenenza dura il tempo del festival, che purtroppo non ha mai trovato appoggi per una organica crescita organizzativa, fisica ed eco-nomica. Nonostante questo limite, il Suq è stato riconosciuto tra le "Best Practi-ces" europee dal 2014 e continua a essere un riuscito esperimento di creazione di welfare di comunità.
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Broccolini, Alessandra, and Katia Ballacchino. "La zuppa, il fuoco e il lago. Cibo e identitŕ intorno al lago di Bolsena." CULTURE DELLA SOSTENIBILITA ', no. 6 (June 2010): 102–33. http://dx.doi.org/10.3280/cds2009-006007.

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Abstract:
Il saggio prende spunto da un lavoro di ricerca e documentazione relativo ai beni demoetnoantropologici immateriali promosso dall'Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD) del Ministero per i Beni e le Attivitŕ Culturali, che č stato condotto sui saperi e le pratiche alimentari nell'area del lago di Bolsena (provincia di Viterbo). In particolare il saggio analizza il ruolo che occupa un piatto tradizionale dell'alimentazione lacustre denominato sbroscia - una zuppa di pesci di lago - nella definizione dell'identitŕ locale entro pratiche e saperi della contemporaneitŕ. Questo piatto che, a causa di un sapore denso e di una natura poco adatta ai palati turistici non si č trasformato in prodotto commerciale, rappresenta per molti aspetti un elemento narrativo e uno strumento catalizzatore di sentimenti di appartenenza al lago, grazie alla sua origine mitica e arcaica, al suo rapporto intimo e solido con l'ambiente naturale lacustre e con la cultura locale della pesca tradizionale, di natura prettamente maschile. La riflessione antropologica proposta vuole riflettere sulle problematiche insite nei processi di patrimonializzazione della cultura immateriale locale prodotti dalle pratiche ministeriali di catalogazione (attraverso la scheda BDI), che a fatica riescono a restituire la complessitŕ del rapporto cibo/identitŕ in quello che viene da piů parti definito il lago "che si beve", proprio per l'uso alimentare delle acque lacustri che si faceva e che si fa ancora nella preparazione locale della sbroscia. Sono proprio le acque del lago, infatti, insieme ad un uso tutto maschile del fuoco "non domestico" e all'utilizzo del "pignatto" per cucinare la sbroscia che rendono la preparazione e la consumazione di questo piatto un rito significativo sul piano simbolico per i pescatori che vivono questo territorio. Persino l'abitudine di mangiare la sbroscia con le mani entra nel confine identitario, nella memoria narrativa dei pescatori che si rifanno ad un passato premoderno. Nell'uso quotidiano contemporaneo della sbroscia si rileva il suo rapporto opaco con altri luoghi del consumo alimentare: i paesi lontani dal lago, le sagre e i ristoranti del luogo, confermando la sua forte caratteristica di piatto "intimo" e non commerciale, privato, selettivo e di retroscena. In che modo quindi, questo cosě complesso bene effimero, in bilico tra materiale e immateriale, si puň inserire in un processo di valorizzazione del territorio e delle comunitŕ locali legato al loro sviluppo sostenibile? A questo e ad altri interrogativi relativi al patrimonio etnografico, tenta di rispondere il saggio in questione.
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Tajani, Francesco, Pierluigi Morano, Marco Locurcio, and Paola Amoruso. "A logical operating model for the assessment of the forced sale value in the judicial procedures." Valori e Valutazioni 29 (January 2022): 23–40. http://dx.doi.org/10.48264/vvsiev-20212904.

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Abstract:
With reference to real estate auctions activated in the context of judicial procedures (bankruptcy and/or executive), this work develops and tests a logical operating model for the assessment of the forced sale value. This is determined from the market value of the asset by applying an appropriate discount (or premium) coefficient based on the potential risks of the urban and market context in which the property is located. The estimated coefficient allows for determination of the auction value of the property to be sold which, due to yields obtainable and transaction risk, is admissible in terms of buyer convenience. The model proposed and tested here borrows Ellwood's logic as applied to the real estate sector, integrated through the investment risk assessment approach of Real Options Analysis. Applied in the one hundred and forty cities where the Italian courts are based, the model allowed for the construction of an abacus of discount (or premium) coefficients, differentiated in terms of the cities analyzed, the various areas of each city and the intended residential or commercial use. Putting in practice the application highlighted the validity of the model, capable of contextualizing the discount (or premium) coefficient needed to determine forced sale value based on the risk factors of the market areas considered. Practical implications of the abacus include the possibility of limiting the times of auctioning procedures, as well as generating a map of the areas of greatest interest for potential investors, where the uncertainty, typical of this specific real estate sub-market, is overcome by the knowledge of the limit values of investment convenience for the area under analysis. Con riferimento alle aste immobiliari attivate nell'ambito di procedure giudiziarie (concorsuali e/o esecutive), nel presente lavoro è sviluppato e testato un modello logico-operativo per la stima del valore di vendita forzata. Questo valore è determinato a partire dal valore di mercato del cespite applicando, a seconda dei casi, in ragione dei rischi o delle potenzialità del contesto urbano e di mercato in cui l’immobile è ubicato, un congruo coefficiente di sconto o di premio. Il coefficiente stimato permette di determinare il valore a base d’asta dell'immobile da aggiudicare che, in ragione dei rendimenti ottenibili e del rischio dell'operazione, risulti ammissibile in termini di convenienza per l’acquirente. Il modello, qui proposto e testato, mutua la logica di Ellwood applicata al settore immobiliare, integrata mediante l’approccio valutativo della rischiosità degli investimenti proprio dell’Analisi delle Opzioni Reali. Implementato sulle centoquaranta città in cui hanno sede i tribunali italiani, il modello ha consentito di costruire un abaco dei coefficienti di sconto (o di premio), differenziati per le città analizzate, per le diverse zone di ciascuna città e per le destinazioni d’uso "residenziale" e "commerciale". L'applicazione condotta ha posto in risalto la validità del modello, in grado di contestualizzare il coefficiente di sconto (o di premio) per la determinazione del valore di vendita forzata in ragione dei fattori di rischio degli ambiti di mercato considerati. Le implicazioni pratiche dell'abaco concernono la possibilità di contenere i tempi delle procedure di vendita all’asta, come pure di generare per i potenziali investitori una mappa delle aree di maggiore interesse, dove l'aleatorietà tipica di questo particolare sub-mercato immobiliare è superata dalla conoscenza dei valori limite di convenienza dell’investimento per l'ambito in analisi.
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Torquato, Paola Regazoni, and Fernando Oliveira de Araujo. "L’attività commerciale delle Scuole di Attività commerciale." Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, April 20, 2021, 67–80. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/ingegneria-di-produzione/attivita-commerciale.

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Abstract:
Questo articolo cerca di confrontare le consegne promesse dalle principali Scuole di Attività commerciale con quelle attese dagli studenti, al fine di migliorare i processi amministrativi in uso agli Istituti. Si tratta di una rassegna sistematica della letteratura, accompagnata da una ricerca empirica esplorativa, che descrive lo stato dell’arte e il potenziale di innovazione in relazione ai processi di gestione delle Scuole di Attività commerciale in relazione alle aspettative del mercato. Sono stati identificati cinque attributi rilevanti per il successo delle scuole commerciali, vale a dire: l’offerta di apprendimento manageriale; flessibilità organizzativa; misura strategica delle prestazioni; impatto e risultati. si tratta di uno studio senza precedenti, a livello nazionale, volto a migliorare i processi di gestione delle Scuole di Attività commerciale di Rio de Janeiro. I risultati sono limitati al caso in esame.
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Piccioni, Lidia. "Attività commerciali e società civile: nella città che cresce, tra Roma e Milano, a inizio Novecento." Storia e Futuro Giugno 2022, no. 55 (September 20, 2022). http://dx.doi.org/10.30682/sef5522a.

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Abstract:
Nell’ambito delle trasformazioni urbane di Roma ai primi del Novecento, si evidenzia la presenza di associazioni tra privati nate all’interno dei nuovi quartieri in via di formazione, che hanno nella vita dei quartieri stessi, e nella loro collocazione nella crescita della capitale, la loro ragione di essere. Dove la matrice prima, chiaramente rivolta a motivazioni economi-cocommerciali, si coniuga ulteriormente a più ampie sollecitazioni nei confronti dell’Amministrazione locale, relativa-mente all’assetto complessivo del territorio e alla sua progettazione. Il saggio propone una serie di interrogativi a riguardo, avvalendosi del confronto con il contemporaneo caso di Milano, città a sua volta in espansione urbana, caratterizzata insieme dal moltiplicarsi delle attività commerciali e da un tessuto associativo particolarmente ricco su molti livelli. During Rome’s urban development at the start of the 20th century, associations of private individuals were founded in the new, emerging quarters. They flourished precisely thanks to their relationship with the life of the quarters and the growing capital. They were the result of concerns of economic and commercial nature, but also of a broader range of pressures on the local administration regarding the general organisation and planning of the territory. The present essay addresses some questions in this regard by means of a comparison with Milan, which is currently also undergoing urban expansion due to the increasing number of commercial activities and its complex network of associations.
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Kućko, Wojciech. "Approcci contemporanei all’etica dei farmacisti e la loro valutazione alla luce dei princìpi della bioetica personalista." Studia Ecologiae et Bioethicae 18, no. 3 (September 30, 2020). http://dx.doi.org/10.21697/seb.2020.18.3.07.

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Abstract:
Lo scopo dell’articolo è quello di mostrare lo stato attuale della ricerca sull’etica dei farmacisti ed i suoi approcci contemporanei alla luce delle varie prospettive bioetiche. Il grande sviluppo delle scienze tecniche, biologiche, chimiche e biomediche suscita molte questioni etiche legate alla trasformazione della vita umana e del mondo. Particolarmente impegnativi sono i cambiamenti che riguardano la vita umana dal concepimento alla sua morte naturale, i quali si applicano a tutte le professioni sanitarie, compresa la professione farmaceutica, perché i compiti del farmacista vanno oltre le normali attività commerciali. Nel testo dell’articolo viene presentato lo status quaestionis riguardo all’etica dei farmacisti dopo di che vengono discussi e analizzati vari approcci etici: prospettiva storica, deontologia farmaceutica ed etica delle virtù. Alla luce dell’insufficienza di tali modelli, viene esibita una visione personalistica della professione del farmacista, con il riferimento alla bioetica personalistica. Essa offre un’opportunità adeguata e completa per rispondere ai dilemmi morali relativi all’esercizio di questa professione. Tra le varie questioni, si richiama l’attenzione sul dimostrare il farmacista come custode della vita umana, l’umanizzazione della professione, la questione della responsabilità e l’obiezione di coscienza. L’analisi è condotta alla luce dei principi della bioetica personalistica, con riferimento ai documenti più importanti della Chiesa cattolica. L’approccio personalista sembra affrontare in modo più completo la complessità del lavoro del farmacista, con particolare enfasi sulla questione del suo sviluppo personale in stretta connessione con la cura della salute del paziente.
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Spezzani, Carlo, Andrea Fabris, Oliviero Mordenti, Amedeo Manfrin, Fulvio Salati, Franco Giorietto, Cristian Salogni, and Giancarlo Ruffo. "MANUALE PER LA GESTIONE DEL CONTROLLO DEL BENESSERE DEI PESCI DURANTE IL TRASPORTO SU STRADA." Rassegna di Diritto, Legislazione e Medicina Legale Veterinaria 19, no. 1 (September 7, 2022). http://dx.doi.org/10.54103//18648.

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Abstract:
L’acquacoltura ha sempre rappresentato un’importante attività di allevamento animale e mai come oggi ha assunto un’importanza crescente dovuta ad una sempre maggior domanda di consumo annuo pro capite di pesce che, tuttavia, ha comportato una contestuale diminuzione dell’apporto della pesca. La movimentazione di pesce vivo è parte integrante della attività di piscicoltura in tutta Europa. Negli ultimi decenni in Italia l’allevamento del pesce e di altre specie acquatiche è stato in costante aumento, stabilizzandosi solo negli ultimi anni. Si è registrato un sempre maggiore interesse alle pratiche di acquacoltura utilizzate e ai relativi problemi di benessere dei pesci da parte del legislatore, nel campo della ricerca e da parte dei consumatori. I dati dimostrano che l’acquacoltura è un settore in crescita: nell’anno 2016 sono stati trasportati e introdotti in Italia oltre 72 milioni di Kg. di pesce vivo (35.5% trote – 14.6% spigole e orate – 4% pesce gatto e anguille) e si prevede che a livello mondiale nel 2030 il 60% del pesce consumato sarà di allevamento. In Italia le specie più trasportate sono le orate, le spigole nelle fasi giovanili e le trote. La maggior parte delle specie di pesce che sono allevate vengono spostate almeno una volta durante il loro ciclo produttivo, mentre alcuni animali vengono movimentati più volte. In acquacoltura sono allevate e trasportate oltre 60 specie diverse di pesci (oltre 30 specie in Europa). Se ne deduce che quantità di animali trasportati e la e la lunghezza durata del viaggio possono variare considerevolmente, in funzione del ciclo produttivo e delle necessità commerciali, che talvolta possono cambiare anche nel corso dello stesso anno. Il trasporto dei pesci è forse il più difficile e delicato rispetto alle altre specie di vertebrati, per cui ne deriva che un piccolissimo errore nelle varie fasi di trasporto ne comprometterebbe il benessere degli animali nonché una perdita economica nel settore. L’azione di protezione e di mantenimento delle condizioni di benessere del pesce vivo durante le operazioni di trasporto, che dovrebbe essere un dovere morale dell’allevatore e/o autotrasportatore, è un obbligo sancito dalla legislazione vigente e comporta una responsabilità legale sia degli operatori del settore, sia delle autorità competenti preposte ai controlli, le quali devono avere una alta professionalità e competenza nel corso delle operazioni ispettive e di vigilanza. Nelle attività di trasporto del pesce, è necessario eseguire le operazioni secondo specifici protocolli operativi, allo scopo di non pregiudicare lo stato di salute e indirettamente anche il valore economico degli animali oggetto di movimentazione. E’ rilevante quindi che gli operatori e il personale addetto siano formati e preparati per garantire ai pesci un trasporto senza stress. A tal proposito è importante sottolineare l’importanza fondamentale della figura del veterinario, il quale rappresenta oggi la sola figura professionale e con competenze scientifiche a cui la legge attribuisce il compito-dovere di verifica e di controllo delle condizioni degli animali e dei loro prodotti, nello specifico anche del pesce, ivi compresi i provvedimenti a tutela della protezione del benessere dell’animale durante il trasporto e che comportano, inoltre, anche la valutazione delle condizioni di dolore, stress, o sofferenze evitabili nel corso delle operazioni. Con il presente ‘Manuale’, vengono riportate una serie di misure specifiche da applicare nella gestione del trasporto su strada del pesce vivo, al fine di definire ed individuare le condizioni ottimali di benessere nel corso delle movimentazioni.
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Salbitano, Fabio, Livia Marchetti, Rafael Da Silveira Bueno, Gherardo Chirici, and Marco Marchetti. "Foreste a tavola:i consumi alimentari inducono la crescente deforestazione tropicale e sub-tropicale anche in Italia." L'Italia Forestale e Montana, 2021, 171–95. http://dx.doi.org/10.4129/ifm.2021.4.02.

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L’agricoltura costituisce da sempre una grande minaccia per gli ecosistemi naturali del nostro pianeta,e non solo in quanto attività umana essenziale per la produzione di cibo. Attualmente, in particolarenella regione tropicale e sub-tropicale, le attività agricole sono fattori di pressione cruciali per il mantenimentodei cicli di vita di ecosistemi essenziali per la biosfera, complessi e resilienti, come le foreste. Lesocietà contemporanee, essenzialmente urbane e sempre più disconnesse dai processi naturali ed ecologici,tendono a dimenticare, o semplicemente non considerare, le responsabilità di queste pressioni insostenibili.Tra le maggiori cause di deforestazione, quattro commodities rivestono un ruolo centrale:allevamento di bovini da carne, coltivazione della soia, produzione di olio di palma ed estrazione dilegname. I processi di produzione, trasformazione, trasporto e consumo di questi prodotti sono causa didegrado forestale e deforestazione come conseguenza diretta dell’espansione della frontiera agricola. Laletteratura scientifica recente dà sempre maggiore importanza al ruolo della deforestazione come unodei principali drivers del superamento dei planetary boundaries e alle connessioni economico-commercialie geo-ecologiche esistenti tra luoghi distanti del pianeta rispetto alla produzione, al consumoalimentare e al loro impatto ambientale e sociale. Il presente lavoro, basato su una ricerca bibliograficacondotta attraverso parole chiave inerenti i lavori scientifici sviluppati sull’argomento nell’ultimo ventennio,vuole contribuire all’approfondimento di tali connessioni e delle loro conseguenze, per far crescere laconsapevolezza dei cittadini e della stessa comunità scientifica. La revisione sistematica della letteraturarealizzata contribuisce a inquadrare le responsabilità “nascoste” nel consumo di molti prodotti alimentariche sono causa di scomparsa o degrado di ecosistemi naturali importantissimi per il pianeta, rafforzandola necessità di un cambiamento di paradigma per interrompere il circolo vizioso delle dinamicheurbano-rurale e nord-sud, ormai consolidate a livello globale.
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Ceolin, Matteo. "Il contratto di rete tra imprese nella legislazione italiana: rete strutturata e non strutturata tra luci e ombre a dieci anni dalla a sua introduzione." Revista de Direito da Cidade 11, no. 3 (December 3, 2019). http://dx.doi.org/10.12957/rdc.2019.45684.

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L’introduzione della fattispecie del contratto di rete nell’ordinamento giuridico italiano si deve al d.l. 10.2.2009, n. 5; nel giro di pochi anni la normativa ha subito diversi aggiustamenti e modifiche (d.l. 31.5.2010, n. 78, convertito nella l. 30.7.2010, n. 122; d.l. 21.6.2012, n. 83, convertito nella l. 7.8.2012, n. 134) assestandosi infine nel testo oggi vigente.Il contratto di rete ha come scopo generale quello di favorire la crescita, individuale e collettiva, della capacità innovativa e della competitività sul mercato delle imprese che ne fanno parte. A tal fine le imprese si obbligano, sulla base di un programma comune di rete: a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese; a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica; ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa. Benché introdotto per far fronte ad un momento storico in cui l’economia globale si trovava in una situazione alquanto particolare (e sul punto non può essere sottaciuta l’assist delle agevolazioni fiscali fornito dal legislatore nei primi anni di vigenza) l’istituto, al di là delle contingenze del momento, ha registrato un notevole sviluppo e successo nella prassi.
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Silvestrelli, Paola. "Problematiche socio-economiche dei processi produttivi e distributivi di beni contraffatti." ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, no. 3 (May 2018). http://dx.doi.org/10.3280/edt3-2017oa6264.

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Abstract:
Negli ultimi trenta anni &egrave; stata rilevata una consistente espansione della produzione e della distribuzione di beni contraffatti a livello globale, in concomitanza allo sviluppo delle imprese industriali del Made in Italy e alla crescente attrattivit&agrave; dei prodotti "di marca". Sono numerosi i settori merceologici colpiti dalla contraffazione di prodotti e di marchi, la quale si configura come un fenomeno "strutturale" degli attuali sistemi economici, coinvolgendo imprese di produzione (regolari e illegali), differenti tipologie di intermediari commerciali (soprattutto quelli abusivi) e cittadini.Il presente lavoro &egrave; diretto ad analizzare i fattori-causa e le caratteristiche tecniche, economiche e sociali della contraffazione, collegando tali variabili alle trasformazioni verificatesi nelle strutture produttive, nei sistemi di distribuzione e nei modelli di consumo del nostro Paese. A tal fine, si evidenziano le interdipendenze tra questi fenomeni e i comportamenti dei soggetti economici, alla luce dell'evoluzione del modus operandi di fare affari, indotta dalla globalizzazione economica.Si delinea cos&igrave; uno "schema interpretativo" del fenomeno, che appare ormai come un insieme di attivit&agrave; illegali non del tutto avulse dalle filiere e dai distretti produttivi. Analizzando le ripercussioni socio-economiche della contraffazione e i danni da questa provocati ai vari soggetti (imprese, lavoratori, Stato e cittadini), vengono presentati alcuni strumenti per contrastare i comportamenti illeciti delle organizzazioni criminali; ci&ograve; al fine di tutelare i prodotti Made in Italy e le strategie di investimento delle imprese virtuose italiane.
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Cupri, Alessandro. "L’economia del Profeta: la finanza islamica e i fondamenti religiosi del diritto islamico dei contratti Shari’ah Compliant." Stato, Chiese e pluralismo confessionale, November 30, 2021. http://dx.doi.org/10.54103/1971-8543/16831.

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Abstract:
SOMMARIO: 1. Premessa: l’Islam tra religione ed economia - 2. Dalla finanza al contratto islamico, tra vincolo e libertà: alla ricerca di una teoria generale dei contratti - 3. L’etica islamica dei contratti: divieto di ribà e divieto di ghàrar - 4. Operatività delle attività della banca islamica e contrattualistica commerciale Shari’ah Compliant - 5. I contratti di tipo partecipativo: “mudàraba” e “mushàraka” - 6. (segue) Tipologie di mudàraba - 7. Cenni conclusivi e prospettive future. The Prophet's Economy: Islamic Finance and the Religious Foundations of Islamic Law of Shari'ah Compliant Contracts ABSTRACT: The growing presence of Muslim believers in Europe has increasingly led to heated debates also at the doctrinal level. Legal and economic literature, particularly, has recently emphasised the importance that inclusive, effective and efficient financial regulation can have on the degree of integration of the Islamic communities present in non-Muslim contexts. Since the Shari'ah dictates a series of behavioural rules in different sectors of the believer’s life, the Koran and the narratives of the Prophet (hadith) offer a series of prescriptions also in economic matters. With the aim of outlining the religious and juridical reasoning of the so-called halal economic dimension, this paper first examines the economic principles of Islamic finance: the prohibition of ribà (interest), the prohibition of ghàrar (uncertainty) and that of maysìr (speculation). It then provides a recognition aimed at finding a general theory of Islamic contracts. Finally, it reconstructs the discipline of the mudàraba and musharàka participatory contracts. These two forms of contracts represent a product of Islamic finance widely used in banking-financial practice and considered by Islamic legal schools to be totally in conformity with the Word of Allah. They are therefore instruments of comparison particularly interesting as well as useful for the Italian legal system. They can represent a flywheel for the integration of Muslims in the social fabric, and at the same time, an antidote to the unstable European economic panorama.
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Battilani, Patrizia, and Davide Bagnaresi. "L’esperienza dello shopping nelle località turistiche fra pianificazione urbana e innovazione tecnologica e organizzativa." Storia e Futuro Giugno 2022, no. 55 (September 20, 2022). http://dx.doi.org/10.30682/sef5522f.

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Abstract:
Questo saggio esplora il rapporto fra turismo e shopping portando l’attenzione su Riccione, una delle capitali del turismo balneare italiano. Come ricorda Dallen Timothy, la pratica del consumo non si incentra solo sui prodotti ma anche sui luoghi, contribuendo a dare forma alla città (Timothy 2005, p. 11). Nelle destinazioni turistiche, poi, gli spazi per gli acquisti si intrecciano con quelli delle altre attività ricreative, creando dinamiche spesso originali. Nel caso di Riccione la dialettica fra turismo balneare e shopping, fra spiaggia e centro commerciale trova la sua sintesi in viale Ceccarini, il lungo viale che portava dal vecchio borgo al mare e che diventa nel Novecento il fulcro dello shopping e della vita sociale. Parafrasando A. Corbin (1990) possiamo dire che la conquête du rivage a Riccione passò attraverso l’invenzione fisica e simbolica di questo viale e dello stile di vita che esso incarnava, specchio dell’abbondanza e della felicità della società dei consumi. This essay explores the relationship between tourism and shopping focusing on Riccione, one of the most popular destinations of Italian seaside tourism. As Dallen Timothy points out, consumption is not only about products: it is also about consuming places, and it thus contributes to shaping the city (Timothy 2005, p. 11). In tourist destinations, spaces for retail are intertwined with those for other recreational activities, often creating unique dynamics. In Riccione, the dialectic between seaside tourism and shopping and between the beach and the shopping streets in the city centre is especially epitomized by Viale Ceccarini, the long avenue that once connected the old village with the sea. In the 20th century, the street became the heart of shopping and social life. Paraphrasing A. Corbin (1990), we can say that the conquête du rivage in Riccione stems from the physical and symbolic invention of this avenue and the lifestyle it embodied, mirroring the abundance and happiness of the consumer society.
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