Academic literature on the topic 'Architetture industriali'

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Journal articles on the topic "Architetture industriali"

1

Cozza, Cassandra. "Da spazi abbandonati a patrimoine vivant: rigenerazione di architetture industriali." TERRITORIO, no. 89 (November 2019): 35–43. http://dx.doi.org/10.3280/tr2019-089004.

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2

Morezzi, Emanuele. "La Cattedrale dell'Elettricità: trasformazione del rudere, permanenza dell'immagine. Il caso della Battersea Power Station di Londra." Labor e Engenho 11, no. 4 (December 26, 2017): 477. http://dx.doi.org/10.20396/labore.v11i4.8651202.

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Abstract:
Le recenti trasformazioni della Battersea Power Station impongono una riflessione sulla modifica del paesaggio industriale londinese del XX secolo. L'articolo intende porre una riflessione non solo sulla conservazione/trasformazione del rudere, ma anche sulla valenza iconica dell'edificio e sull'importanza del simbolo che esso rappresenta nel panorama londinese, in qualità di caso studio di architettura legata al periodo industriale e alle architetture per la produzione di energia elettica.
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3

Pisani, Mario. "Mario Botta Architetture 1960-2010." i+Diseño. Revista Científico-Académica Internacional de Innovación, Investigación y Desarrollo en Diseño 3 (October 3, 2010): 11–23. http://dx.doi.org/10.24310/idiseno.2010.v3i.12677.

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Abstract:
Perché è così importante l’opera di Botta? Perché ha compreso prima di altri che era giunto il momento “di intraprendere una strada nuova dentro la complessità della società post-industriale”. Per dirlo con Carlo Bertelli, la sua architettura é caratterizzata dalla poetica dell’ascolto, dei luoghi e degli uomini. Una inesauribile disponibilità a recepire il territorio e coloro che lo abitano. Un ascolto che va oltre il fatto autoreferenziale —la casa o la chiesa alla Botta— per recepire e fare propri gli stimoli, le suggestioni, i percorsi che cercano di attribuire sostanza e concretezza all’intuizione progettuale.
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4

Zanzottera, Ferdinando. "Archeologia e architettura industriale: una relazione lunga quasi cinquant'anni." TERRITORIO, no. 89 (November 2019): 44–53. http://dx.doi.org/10.3280/tr2019-089005.

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5

Ratto, Franco. "BATTISTI, Eugênio. Archeologia industriale, architettura, lavoro, tecnologia, economia e la vera Rivoluzione Industriale." EDUCAÇÃO E FILOSOFIA 16, no. 32 (August 11, 2008): 193–97. http://dx.doi.org/10.14393/revedfil.v16n32a2002-675.

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6

Galliani, Pierfranco. "Architettura industriale moderna: evoluzione degli approcci e consapevolezze per il riuso." TERRITORIO, no. 89 (November 2019): 24–34. http://dx.doi.org/10.3280/tr2019-089003.

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7

Borsa, Davide, and Giovanna D'Amia. "Il Fiordo di Oslo. Un laboratorio europeo di trasformazione urbana." TERRITORIO, no. 56 (March 2011): 138–40. http://dx.doi.org/10.3280/tr2011-056021.

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Abstract:
Il processo di trasformazione che ha investito la capitale norvegese e il ruolo del fiordo nei processi di urbanizzazione sono stati oggetto di un seminario internazionale che si č svolto presso la facoltŕ di Architettura e Societŕ del Politecnico di Milano il 26 maggio 2010, le cui tematiche sono qui riassunte negli interventi di Dag Tvilde e di Marius Grřnning. Musei, infrastrutture, housing e terziario avanzato irrompono nello scenario post-industriale del waterfront: č il nuovo mix funzionale disegnato e scelto dai norvegesi per il rilancio della loro capitale che si vuole candidare a nuova tappa del grand tour europeo. Le ambiziose promesse programmatiche saranno mantenute? Č ancora possibile conciliare sviluppo, qualitŕ urbana, conquiste sociali, attraverso procedure di progettazione e programmazione democratica che mantengono una centralitŕ dell'attore pubblico come protagonista?
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8

Butera, Federico, and Fernando Alberti. "Il governo delle reti inter-organizzative per la competitivitŕ." STUDI ORGANIZZATIVI, no. 1 (December 2012): 77–111. http://dx.doi.org/10.3280/so2012-001004.

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Abstract:
I policy maker sono costantemente alla ricerca delle forme e degli strumenti per contribuire ad aumentare la prosperitŕ economica e sociale del proprio territorio. Gli studi a livello internazionale ci dicono che la prosperitŕ di un territorio č direttamente riconducibile alla sua competitivitŕ, e quindi in primis al livello di produttivitŕ e innovazione del sistema delle imprese. Come verrŕ ampiamente illustrato in questo articolo, le reti inter-organizzative - nella varietŕ di forme che l'evidenza empirica ci suggerisce - attraverso una flessibilitŕ senza precedenti, una piů veloce circolazione delle informazioni, la condivisione di visioni, saperi e conoscenza, l'efficiente e rapido scambio di risorse e competenze per competere, assicurano al tempo stesso specializzazione, efficienza e alti livelli di produttivitŕ. La configurazione e la natura di tali reti č in via di continua ridefinizione ed espansione e l'uso del termine rete č spesso generico o inappropriato. Anche i confini delle reti vanno continuamente ridefiniti, in un continuum che va dalle imprese tradizionali che esternalizzano e delocalizzano parte della loro produzione fino al puro networking di varia natura. Noi ci concentreremo solo su quelle reti interorganizzative che rappresentano forme nuove di impresa, di quasi impresa, di sistemi di imprese che consentono una gestione competitiva e innovativa della catena del valore e dei processi fondamentali, conseguendo risultati economici e sociali, in una parola prosperitŕ. Ci occuperemo in particolare del fenomeno piů nuovo che caratterizza l'Italian way of doing industry, ossia lo sviluppo e i successi delle medie imprese, nodi di reti inter-organizzative che coinvolgono non solo imprese piccole, ma anche imprese grandi, in una proiezione spesso globale. Su queste nuove forme di reti inter-organizzative, si apre uno spazio di intervento straordinario per i policy maker in azioni di attivazione, incentivazione e supporto, capaci di condurre a superiori livelli di competitivitŕ le imprese componenti le reti, le reti stesse e i territori da cui esse muovono, ovvero capaci di favorire una maggiore prosperitŕ. Tali spazi di governo delle reti inter-organizzative possono avere natura infrastrutturale (trasporti, edilizia, tecnologie, credito, servizi, ecc.), relazionale (governo della catena del valore, dei processi, dei flussi, delle architetture d'impresa, dei sistemi informativi e di comunicazione, dei sistemi professionali ecc.) e cognitiva (capitale umano, capitale intellettuale, sistema di valori e norme, ecc.). Tutte e tre queste dimensioni sono importantissime e vanno gestite congiuntamente in nuove forme di management assicurate dalle imprese "pivotali" e nell'ambito di quello che nell'articolo č definito come meta-management, ovvero quelle posizioni di attori pubblici e privati - spesso in raccordo fra loro - che assicurano supporto e guida strategica alle reti. Nuovi modelli di management e di meta-management implicano una conoscenza profonda della rete e, di conseguenza, una visione d'insieme attuale e futura sicura e convincente e una capacitŕ di execution che sappia consolidare o riorientare la rete; valorizzare le risorse, materiali e personali, lě racchiuse e soprattutto perseguire obiettivi e misurare risultati. Meta-management non significa favorire il mero networking tra imprese, ma attivarsi come agenzie strategiche e provvedimenti concreti capaci di disegnare politiche di accompagnamento e sostegno alla creazione e alla valorizzazione di robusti network tra imprese e tra imprese e istituzioni, che trascendano le consuete filiere e agglomerazioni locali. Una economia e una societŕ fatta di reti inter-organizzative non č uguale a quella fatta prevalentemente di singole imprese "castello". Sulle reti di impresa e sull'impresa rete incombono alcune rilevanti questioni a cui il nostro lavoro tenta di dare alcune risposte Vediamole qui di seguito. 1. Diagnosi. L'organizzazione a rete č oggi scarsamente riconoscibile. Come diagnosticarla, come identificarne le caratteristiche strutturali e comprenderne i problemi critici? 2. Sviluppo e progettazione. L'organizzazione a rete si puň supportare con adeguati servizi, sviluppare intenzionalmente o addirittura progettare, come qui si sostiene? E se sě, in che modo? I metodi da adoperare per gestire questo sviluppo sono certo diversi da quelli adottati da strutture accentrate, sono meno top-down e meno razionalistici: ma quali possono essere? 3. Stabilitŕ e mutamento. Ogni nodo o soggetto della rete fa parte di reti diverse, in alcuni casi abbandona in rapida successione le une per legarsi ad altre. Come combinare l'estrema mutevolezza di queste multiple appartenenze con l'esigenza di stabilitŕ e crescita di ogni singolo nodo, come far sě che l'intera rete si comporti come un "attore collettivo" capace di un governo? 4. Risultati. Se e come definire obiettivi o ri-articolarli velocemente nel tempo? Come valutare i risultati delle diverse dimensioni economiche e sociali? 5. Decisioni e misura. L'organizzazione a rete - come e piů dell'impresa tradizionale - cambia per repentine innovazioni, per adattamento, per micro-decisioni, per miglioramento continuo, č il risultato di scelte su cosa fare dentro e cosa comprare, su quali funzioni accentrare e quali decentrare, su quando acquisire o vendere unitŕ aziendali e su quando fare accordi, dove allocare geograficamente le attivitŕ. Vi sono criteri e metodi da adottare, per operare in questi contesti di agilitŕ, velocitŕ e rapiditŕ di processi decisionali? 6. Sistemi. Quali tecniche o sistemi operativi adatti all'impresa rete dovranno essere sviluppati? Quali sistemi di pianificazione e controllo di gestione dell'impresa rete, if any? Č possibile stabilire standard di qualitŕ per la rete? Come sviluppare dimensioni quali linguaggi, culture, politiche di marchio e di visibilitŕ, come potenziare le comunitŕ, come promuovere formazione e apprendimenti? 7. Strutture. Le reti di impresa includono una grande varietŕ di forme, come vedremo. La rete di imprese puň includere una parte di gerarchia: quali modelli di organigrammi sono compatibili? Quali sistemi informativi, di telecomunicazioni, di social network sono adatti per la rete di imprese? Quali sistemi logistici? Quali regole e contratti formali? Quali flussi finanziari? Le risorse umane si possono gestire e sviluppare lungo la rete? E in che modo? E che dire dei sistemi di controllo della qualitŕ? 8. Nascita e morte. La rete di imprese e soprattutto i suoi "nodi" hanno un tasso di natalitŕ/ mortalitŕ piů elevato dell'impresa tradizionale. Gestire la nascita e la morte delle imprese diventerŕ ancora piů importante che gestire le imprese. Chi lo farŕ e come? 9. Vincoli e opportunitŕ. La legislazione, le relazioni industriali, la cultura manageriale sono oggi vincoli e opportunitŕ allo sviluppo di forme di rete di imprese. La globalizzazione dell'economia, lo sviluppo dei servizi, le nuove tecnologie, la cultura dei giovani, invece, sembrano operare piů come fattori facilitanti quando addirittura non cogenti. Come gestire (e non subire) vincoli e opportunitŕ? Cosa puň fare l'impresa, e cosa possono fare le istituzioni pubbliche? Vi sono nuovi programmi e regole nazionali e regionali per la costituzione delle reti di impresa: quale č la loro efficacia e impatto? In tale quadro, un'Agenzia Strategica (una grande impresa, una media impresa, un ente governativo, una Camera di commercio, un'associazione imprenditoriale, un istituto di credito) puň esercitare un ruolo centrale nella promozione e governo delle reti inter-organizzative per la competitivitŕ dei territori, mettendo a fuoco i propri interventi di policy avendo come oggetto prioritario queste nuove forme di impresa, quasi-impresa, sistemi di impresa usando diverse leve: - innanzitutto, fornendo o favorendo l'accesso a risorse chiave, come credito, finanziamenti, sgravi fiscali, servizi per l'internazionalizzazione, conoscenze, marketing ecc.; - agendo da fluidificatore delle reti tra imprese, che sappia rimuovere ostacoli nelle strutture relazionali e irrobustire nodi, processi, strutture di governance laddove necessario; inserendosi direttamente nelle strutture relazionali come ponte per connettere nodi disconnessi; - esercitando a pieno il ruolo di meta-manager di reti inter-organizzative ossia imprimendo al sistema un indirizzo strategico di fondo, governando i processi "politici" interni alla rete ossia la distribuzione di potere e risorse e creando le condizioni culturali, strategiche organizzative e tecnologiche; - facendo leva sull'essere un policy maker cross-settoriale e multi-territoriale. Le reti di impresa hanno successo se si integrano entro "piattaforme industriali" (ad es. IT, Green economy, portualitŕ e logistica), entro cluster territoriali (es. distretti, economie regionali, etc.), sistemi eterogenei interistituzionali (che includono imprese pubbliche, amministrazioni, istituzioni e associazioni). La nostra tesi č che azioni di governo della rete attraverso nuove forme di management e di meta-management sono tanto piů efficaci quanto piů contribuiscono a supportare e strutturare reti organizzative robuste o che tendono a diventare tali, ossia imprese reti e reti di impresa governate; sono tanto meno efficaci o quanto meno misurabili quanto piů supportano solo processi di networking poco definiti destinati a rimanere tali. Nei termini di Axelsson, policy e management hanno effetto su reti che esprimono a) modelli di relazione fra diverse organizzazioni per raggiungere fini comuni. Hanno un effetto minore o nullo quando le reti di cui si parla sono solo b) "connessioni lasche fra organizzazioni legate da relazioni sociali" o c) un insieme di due o piů relazioni di scambio.
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9

Walczak, Bartosz M. "Fabbriche Ritrovate: Patrimonio Industriale e Progetto di Architettura in Italia (Rediscovered Factories: Industrial Heritage and Architectural Project in Italy)." Industrial Archaeology Review, October 24, 2022, 1. http://dx.doi.org/10.1080/03090728.2022.2129123.

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Brancasi, Irène. "Architecture et lumières : Philosophie et projets de villes dans la France du XVIIIe siècles. Architettura e illuminismo : filosofia e progetti di città nel tardo settecento francese." L'Atelier du CRH, March 27, 2014. http://dx.doi.org/10.4000/acrh.5405.

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Dissertations / Theses on the topic "Architetture industriali"

1

MEDORI, Silvia. "Aree industriali dismesse: quale tema di Architettura? Conservare, Ri-fare, Ri-formare: riprogettare la dismissione industriale." Doctoral thesis, Università degli Studi di Camerino, 2011. http://hdl.handle.net/11581/401847.

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2

Tentarelli, Edoardo. "Architetture serverless per algoritmi massicciamente paralleli in ambito Industria 4.0." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amslaurea.unibo.it/20286/.

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Abstract:
L’edge computing permette di distribuire l’elaborazione di servizi direttamente sulle macchine di produzione, evitando di inviare la richiesta verso data center esterni all’organizzazione, con vantaggi evidenti in termini di latenza e sicurezza. Questo modello di esecuzione, molto diffuso in industria manufatturiera, sta portando ad una migrazione dei servizi verso ambienti edge, ma la quantità limitata di risorse rende difficile il deployment di servizi computazionalmente onerosi verso questo modello. Ultimamente, sono state rilasciate sul mercato piattaforme che garantiscono la completa gestione dell’ambiente di esecuzione, sollevando lo sviluppatore da qualsiasi pratica operazionale. Ogni allocazione di risorse è ottimizzata, trasparentemente, dalla piattaforma, garantendo elevati gradi di disponibilità e tolleranza dei servizi. Questo modello di esecuzione viene definito serverless, e molte organizzazioni stanno migrando i propri servizi verso queste soluzioni. L’obiettivo di questo studio è stato quello di valutare le prestazioni del serverless nell’elaborazione di funzioni di image processing in ambienti edge. In particolare, lo studio è stato effettuato su algoritmi massicciamente paralleli, per cui è stato possibile parallelizzare il carico in task indipendenti. Le sperimentazioni hanno confrontato una soluzione serverless, in cui parti di immagini sono state ruotate in parallelo, ed una soluzione sequenziale, in cui la rotazione è stata effettuata sull’intera immagine. I risultati ottenuti mostrano evidenti benefici verso la soluzione serverless, in quanto offre parametri di scalabilità maggiori. Inoltre, i consumi di risorse sono decisamente più limitati, garantendo una soluzione più idonea ad ambienti edge e adatta al caso d’uso applicativo preso in esame. Per queste considerazioni, è consigliata la migrazione di servizi CPU intensive verso architetture serverless, per poter beneficiare dei risparmi e dei vantaggi offerti da questo tipo di soluzioni.
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Bonetto, Alessandro <1987&gt. "Sintesi di nuove molecole chirali per lo sviluppo di architetture supramolecolari." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/2536.

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4

Quadretti, Debora. "Nuovi polimeri tiofenici per celle fotovoltaiche con architettura BHJ." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amslaurea.unibo.it/16662/.

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Abstract:
Recently, as the fossil fuels strongly decreased, several studies have been conducted in order to exploit solar power as an alternative source of energy. To make this possible with sustainable costs, the attention has been focused on the development of organic photovoltaic solar cells (OPVs) based on polymeric photoactive layer. The aim of this work is to describe the synthesis and characterization of new copolymers, poly[3-(6-fullerenylhexyl)thiophene-co-3-(6-bromohexyl)thiophene], starting from soluble regioregular (PT6BrR) and regiorandom (PT6Br) homopolymeric precursors. These materials are new intrinsically conductive copolymers made of thiophenic units bearing a fullerene and a bromine atom at the end of a hexylic side chain. The obtained homopolymers and copolymers have been widely characterized with different techniques, such as 1H-NMR, FT-IR and UV-Vis spectroscopy, thermal analysis (DSC and TGA) and gel permeation chromatography (GPC). All the synthesized materials were tested as active media in organic solar devices of BHJ type, blended with PC61BM (1:1 w/w) as the acceptor material and as double-cable materials.
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MANDRACCIO, LUIGI. "Big Science. Architettura e strutture speciali per la ricerca scientifica." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2021. http://hdl.handle.net/11567/1058492.

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Abstract:
Le nuove scoperte scientifiche sono connesse sempre più spesso a dispositivi fuori dal comune e a programmi di ricerca impostati sul principio della cooperazione internazionale. Gli investimenti in Research & Development sono in crescita in tutto il mondo – secondo l’Unesco Science Report 2021 – e riguardano in misura sempre maggiore queste due direttrici: gli sforzi delle singole nazioni rientrano in un quadro di iniziative sempre più ampio, quale soluzione per sostenerne i costi altrimenti proibitivi – non solo economici, ma anche rispetto all’impegno delle comunità scientifiche dei ricercatori. In questo contesto, le strutture dedicate alla ricerca scientifica – impianti e attrezzature per lo più speciali e del tutto fuori dal comune – stanno diventando sempre più rilevanti. Man mano che consolidano la propria centralità in ambito scientifico, si fanno strada anche nell’immaginario collettivo dell’opinione pubblica, animando un dibattito che riguarda sia gli ingenti investimenti necessari che la strategia per gestirli, oltre a stupire con gli straordinari risultati che sono in grado di raggiungere. La tesi ha per oggetto di studio le strutture speciali per la ricerca scientifica, la Big Science. Si tratta di casi che al di fuori della comunità scientifica restano poco conosciuti, a parte la relativa notorietà di alcuni di loro. Per l’architettura si tratta di uno studio inedito. La specie della Big Science è stata indagata per livelli progressivi di approfondimento, fino allo studio specifico di tre strutture di rilevanza mondiale: i Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS), l’International Thermonuclear Experimental Reactor (ITER) e la European Organization for Nuclear Research (CERN). La tesi è articolata in tre parti, secondo l’approccio metodologico adottato. Lo schema prevede una sintetica introduzione del contesto (Parte I), la costruzione delle basi della conoscenza (Parte II) e infine la discussione analitico-critica (Parte III). Applicandosi in questo senso e facendo utile ricorso al principio di autorità, la tesi affronta l’obiettivo programmatico della tesi – appropriarsi della Big Science, attraverso un processo di sublimazione dei suoi caratteri – ed elabora due scenari a completamento e insieme prosecuzione del lavoro di ricerca. Considerando sia le caratteristiche dell’oggetto della ricerca che la natura architettonica del punto di vista adottato, è parso naturale iniziare dall’evoluzione del legame tra scienza e architettura. La Parte I introduce, quindi, alcuni elementi di contesto alla questione della Big Science, senza pretese di esaustività. È stato più coerente, invece, presentare una serie di fatti e di temi qualificati, sia seguendo una progressione temporale che evidenziando argomenti trasversali. Gli aspetti toccati in questa fase iniziale, con un peso specifico forse inferiore alle successive, costituiscono in qualche modo una costellazione utile a rappresentare il clima generale in cui si inseriscono gli oggetti della tesi e il loro studio. Successivamente si procede alla costruzione della conoscenza di base sull’oggetto della tesi – all’interno della Parte II. La logica seguita è quella della progressiva discesa di scala, chiarendo via via i termini caratteristici di ogni approfondimento e partendo anzitutto dall’espressione “Big Science” e dalla definizione complessiva della specie. L’approccio è dapprima tassonomico, con la campionatura di trenta casi di strutture notevoli, illustrate attraverso schede introduttive; la raccolta è preceduta dalla messa in evidenza delle categorie principali e maggiormente ricorrenti, presentate nei tratti più salienti. In seguito, lo studio diventa analitico, a partire dalla definizione di tre tipologie; infatti, tre sono le tipologie individuate dal punto di vista dei caratteri delle strutture – infrastruttura, macchina e laboratorio. Tuttavia, sono tre anche le tipologie di esperienze avute durante l’esplorazione delle strutture maggiormente approfondite (LNGS, ITER e CERN); presentare e confrontare queste esperienze consente di sottolineare alcune circostanze che hanno condizionato il lavoro. Infatti, confrontarsi con oggetti inediti ha significato in qualche modo approntare un approccio inedito e, in questo senso, affrontare una sfida di cui può essere utile dare alcuni elementi. A ciascuno dei tre casi studio principali sono dedicati i capitoli conclusivi della Parte II, per una disamina quanto più completa ed esaustiva possibile. La parte finale della tesi porta a conclusione il lavoro di conoscenza e di appropriazione ed è segnata dal processo di sublimazione a cui si considerano sottoposte le strutture della Big Science. Si tratta della figura utilizzata per declinare quelle che, anche in ambito architettonico, sono note come estetizzazioni o trasfigurazioni. Il primo passo è consistito nel fare ricorso al principio di autorità di alcuni maestri dell’architettura, in continuità con il clima introdotto nella Parte I, per introdurre forme e metodi storicizzati di operazioni di estetizzazione e di appropriazione di elementi e temi precedentemente estranei alla disciplina. Sulla scorta di questi riferimenti, si analizza criticamente l’esperienza dello spazio della Big Science. Premettendo un chiarimento sul concetto di spazio, si è poi proceduto a richiamare dai casi studio una serie di elementi e di fattori significativi nell’ambito dei fenomeni percettivi. Con questa fase si procede oltre la semplice conoscenza delle strutture, attivando un meccanismo di appropriazione a termini caratterizzanti la disciplina dell’architettura. Significa, soprattutto, innescare la reazione definita di “sublimazione”: si tratta, originariamente, della transizione di fase di una sostanza semplice o di un composto chimico dallo stato solido allo stato aeriforme, senza passare per lo stato liquido. La sublimazione diviene il metodo analitico-critico, analogamente al metodo paranoico-critico di Salvator Dalì richiamato poi da Rem Koolhaas. Il composto chimico di partenza è rappresentato dalle strutture della Big Science, quale stato solido; lungo l’analisi della percezione dei fenomeni spaziali ed estetici si realizza idealmente il passaggio allo stato aeriforme. L’ultimo capitolo indica i due scenari con cui si conclude la tesi e che rappresentano il completamento e insieme la prosecuzione dei suoi obiettivi. Il primo scenario è quello che porta idealmente a conclusione il processo chimico, realizzando la sublimazione inversa, dallo stato aeriforme nuovamente a quello solido. Ciò non è possibile direttamente nell’ambito della tesi, ma richiede un esercizio differente, come mostrano i riferimenti ai maestri: laddove un processo di estetizzazione – o anche trasfigurazione – si compie, questo non accade come fatto analitico-critico, ma comporta, in ultima analisi, un processo in qualche modo progettuale. Il lavoro di conoscenza e di appropriazione compiuto dalla tesi mette a disposizione un materiale che può cristallizzarsi in nuove estetiche attraverso le molteplici forme del progetto. Il secondo scenario vede la Big Science in termini strategici e territoriali. Si tratta di un approccio latente nell’ambito di questa ricerca, dal momento che fin da subito questo genere di questioni, intese come criticità, sono state rilevate nella stragrande maggior parte dei casi considerabili, anche al di là della campionatura effettuata; alcune circostanze specifiche sono state descritte all’interno degli approfondimenti dei tre casi di studio principali. La scelta di tenere sottotraccia questo tema vuole dare priorità alla consistenza della Big Science, credendo opportuno appropriarsi completamente di queste strutture prima di affrontare ogni discorso strategico-territoriale che li riguardi. Riconoscerle effettivamente, quindi, come centralità anche a una scala più complessiva. Il secondo scenario rappresenta, quindi, ulteriori possibili ricadute della tesi. Nel rapporto con il contesto si intravedono delle potenzialità operative, dal momento che queste strutture non andrebbero trattate come comparse casuali nei processi di territorializzazione, ma dovrebbero nascere con la prospettiva di diventare valore aggiunto di un nuovo paesaggio elaborato anche attraverso di esse. La natura di questo valore aggiunto passa attraverso l’identità delle strutture; dall’essenza scientifica al modo in cui questa ha preso forma e, infine, nel modo in cui se ne può dare una lettura diversa. Sul piano strategico e territoriale, i riferimenti a Claude Parent e al suo lavoro con il Collège des architectes du nucléaire, ma anche all’opera di Rino Tami per le autostrade ticinesi, mostrano le potenzialità di un progetto anche architettonico che riguardi ambiti inaspettati, eventualmente anche con ricadute normative. Occorre, pertanto, che la Big Science si affranchi dalla logica dell’isolamento e dell’occultamento delle macchine, senza estraniarsi dalla reale consistenza delle strutture, che possono avere, come si cerca di mostrare, non solo un fascino, ma un preciso valore estetico, tale da poter presupporre a nuove estetiche.
New scientific discoveries increasingly depend on exceptional devices and research programs. Investments in Research & Development are growing all over the world - according to the UNESCO Science Report 2021 - and more and more concerned those two aspects. The efforts of individual nations fall within the framework of international cooperation to meet the huge costs - both in terms of funds and the number of researchers needed. In this context, the structures dedicated to scientific research - special and unusual plants and equipment - are becoming steadily more important. While they become the fulcrum of scientific activities, they also make their way into the collective imagination of public opinion, animating the debate (regarding both the huge investments and the strategy to manage them) and amazing with the extraordinary results they can achieve. This PhD thesis focuses on the special structures for scientific research, Big Science. They are pretty unknown outside the scientific community, apart from the relative fame of a few of them. Concerning Architecture, this is an unprecedented study. The Big Science species has been investigated here for progressive levels of in-depth analysis, up to the specific study of three structures of global resonance: the Gran Sasso National Laboratories (LNGS), the International Thermonuclear Experimental Reactor (ITER), and the European Organization for Nuclear Research (CERN). The thesis has three parts, marking the methodological approach adopted. The scheme foresees a concise introduction of the context (Part I), the construction of basic knowledge (Part II), and finally, the analytical-critical discussion (Part III). In this way, using the authority principle too, the thesis addresses the programmatic purpose of the thesis - appropriating Big Science, through the process of sublimation of its characters - and develops two scenarios to complete simultaneously continue the research work. The inquiry starts from the evolution of the bond between science and architecture. It is due to the scientific nature of the structures and the architectural character of the research; besides, the two disciplines have significant intersections which are interesting to understand. Therefore, Part I introduces some contextual factors related to Big Science without claiming to be exhaustive. In fact, it was more consistent with the purpose of the thesis to present a series of facts and qualified topics, both following a temporal progression and highlighting transversal topics. The themes dealt with in this initial phase, perhaps less important than the following ones, somehow constitute an applicable constellation to represent the general climate in which the objects of the thesis and their study are inserted. After that, the construction of basic knowledge on the subject takes place within Part II. The path moves forward in progressive stages, deepening specific characteristics. Defined the species called “Big Science,” there is the sampling of thirty cases of remarkable structures, according to a taxonomic approach and thanks to introductory insets. Classifying the leading and most recurrent categories, presented in the most salient features, precedes the collection. Then the study becomes analytical, starting from the definition of three typologies; in fact, there are three typologies identified on the characteristics of the structures - infrastructure, machine, and laboratory. However, the number of typologies of experiences exploring the main structures (LNGS, ITER, and CERN) is also three. Presenting and comparing these experiences allows underlining some circumstances that conditioned the research. In fact, dealing with unpublished circumstances has meant in some way to develop a new approach and, in this sense, to face a challenge of which it may be helpful to give some elements. The concluding chapters of Part II are dedicated to each of the three main case studies for an examination as complete and exhaustive as possible. The final part (III) develops and concludes the work on knowledge and appropriation. It is marked by the process of sublimation of Big Science's structures. It is a way of declining what is known as aestheticization or transfiguration even in the architectural field. The first step is using the authority principle of some Master of Architecture to introduce forms and methods of aestheticization and appropriation of elements and themes previously unrelated to the discipline. Then the experience of space in Big Science is critically analyzed: after clarifying the concept of space, some significant elements and factors from the case studies are linked to the perceptual phenomena. This allows going beyond the simple knowledge of structures, activating a mechanism of appropriation to the field of architecture. Above all, it means triggering the reaction defined as "sublimation": originally the phase transition of a simple substance or a chemical composite from the solid-state to the gaseous state without passing through the liquid state. Here sublimation becomes the analytical-critical method, similarly to the paranoic-critical method of Salvator Dalì, then recalled by Rem Koolhaas. The starting chemical composite is the structures of Big Science, as a solid-state; along with the perception of spatial and aesthetic phenomena, the transition to the gaseous state is ideally achieved. The last chapter suggests two scenarios as the thesis' conclusion. Both represent the completion and, at the same time, the continuation of its aims. The first scenario is the one that ideally closes the chemical process, realizing the inverse sublimation from the gaseous state back to the solid one. It is not possible directly in the context of the thesis. However, it requires a different exercise, as the references to the Masters show: where a process of aestheticization - or even transfiguration - takes place, this does not happen as an analytic-critical fact but involves, ultimately, a project – design or theory. The work of knowledge and appropriation carried out by the thesis provides a material that can crystallize into new aesthetics through the multiple forms of the project. The second scenario sees Big Science in strategic and territorial terms. This approach is latent within the research, but this criticality was found in most of cases considered, even beyond the sampling carried out. The choice to keep this theme in the background wants to put the consistency of Big Science at the center, believing that it is needed to fully appropriate these structures before addressing any strategic-territorial discourse that concerns them. They are a fulcrum at every scale. Therefore, the second scenario represents a further possible fallout of the thesis. In the relationship with the landscape context, operational potentials can be glimpsed. These structures should not be treated as random extras in the territorialization processes but should be born from the idea of becoming an added value of a new landscape also elaborated through them. The nature of this added value passes through the identity of the structures; from the scientific essence to how this took shape and, finally, to how it can be interpreted differently. On a strategic and territorial level, the references to Claude Parent and his work with the Collège des architectes du nucléaire, but also Rino Tami's work for the Ticino motorways, show the potential of a project, including an architectural one, which concerns unexpected fields, possibly even with regulatory repercussions. Therefore, Big Science needs to free itself from the logic of isolation and concealment of machines, without being estranged from the absolute consistency of the structures, which can have, as shown within the thesis, not only a charm but a precise aesthetic value, such as to be able to establish new aesthetics.
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Mancini, Michela. "Architettura Lo-Fi, riqualificazione di aree industriali dismesse il caso "Fabbrichina" a Colle Di Val D'Elsa." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017.

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Abstract:
L’esistenza di ex aree strutture industriali dismesse sul nostro territorio è un fenomeno noto. Quei vuoti problematici per un paese che deve la sua fama all’aspetto unico delle proprie città sono considerati risorsa dai progettisti, che ne apprezzano lo stimolo creativo, dai promotori pubblici o privati, che ne colgono il potenziale strategico e dai cittadini, per i quali questi scheletri racchiudono una memoria. Tuttavia l’esito dei tentativi di riqualificazione risulta variabile: le dimensioni e le criticità che spesso caratterizzano questi siti comportano difficoltà nell’elaborazione di metodi di approccio univoci ed efficaci e rendono incerte le modalità di intervento, la valutazione di tempi, di costi e soprattutto, le prospettive di successo a lungo termine. Da questa indagine nasce l’idea di riqualificazione basata sulla architettura Lo-Fi che permetta di esplorare le potenzialità degli spazi e la loro relazione con il contesto urbano, liberi dalle restrizioni pratiche imposte dalla progettazione del dettaglio. L’architettura a bassa definizione sposta l’attenzione sulle fasi intermedie del processo, sul possibile cambio di necessità o risorse nel tempo e, svuotata dal tentativo di controllo (intrinseco nel concetto di progettazione), si concretizza in uno sviluppo tra gli infiniti possibili, riconoscendo ed evidenziando scenari interessanti diversamente inesplorabili. L’enorme quantità di variabili, inseribili in via ipotetica nel processo, è ridotta dal vincolo di compatibilità con gli strumenti di tipo organizzativo proposti e le molteplici possibilità sono limitate dall’opinione del progettista, regolata da parametri, scelti per rendere comprensibile e quantificabile il ragionamento compiuto.Il modello teorico è accompagnato dal caso di studio “Fabbrichina” di Colle di Val d’Elsa, la cui scelta intenzionale è dovuta alla sua criticità: il duplice abbandono di due esempi di archeologia industriale ed in seguito del cantiere di riqualificazione stesso.
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Spada, Marika, and Martina Boschi. "Evoluzione, adattabilita e resilienza. Progetto di riqualificazione di un edificio industriale a Bologna Roveri." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amslaurea.unibo.it/20664/.

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Abstract:
Il progetto di tesi riguarda la riqualificazione di un edificio a Bologna Roveri; la zona artigianale e industriale si è sviluppata a partire dagli anni Settanta e nel corso del tempo ha subìto una serie di trasformazioni legate al tipo di attività presenti sul suo territorio. Rispetto all’originale vocazione per il settore secondario, legato alla produzione di beni, oggi si può osservare una parziale sostituzione con attività legate al commercio. Inoltre, un insieme di dinamiche globali di carattere economico e socio-culturale, unite agli effetti della crisi del decennio passato, hanno portato ad un consistente fenomeno di abbandono e dismissione. L’edificio di progetto ha dimensioni considerevoli, raggiunge i 210,00 m di lunghezza ed al suo interno è suddiviso in diverse proprietà, delle quali una su tre risulta oggi inutilizzata. L’obiettivo principale della riqualificazione è quello di restituire funzione e significato agli spazi inutilizzati, individuando diverse attività compatibili con la zona che contrastino l’attuale panorama di mono funzionalità e colmando la mancanza di servizi che contraddistingue tutta l’area.L’intervento prevede la demolizione di una serie di piccoli fabbricati, attualmente presenti all’esterno dell’edificio principale, costruiti a partire dagli anni Ottanta per ospitare uffici amministrativi e spazi di servizio alle attività produttive. A seguito della demolizione delle superfetazioni esterne, la riorganizzazione degli spazi del corpo principale comprende l’inserimento di volumi modulari e prefabbricati in grado di ospitare le funzioni secondarie, senza però consumare ulteriore suolo sul lotto e consentendo così di aumentarne la quota di superficie permeabile.L’intento dell’intervento è quello di accompagnare i processi di trasformazione delle attività fissando un insieme di princìpi e regole. La sostenibilità dell’intervento non riguarda soltanto l’aspetto ambientale ed energetico ma anche la fattibilità economica del progetto.
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Vescovi, Carlo Andrea. "A CONFRONTO - strategie di rigenerazione del tessuto industriale, il caso studio della Bassa Valle del Foglia." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amslaurea.unibo.it/21434/.

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Abstract:
Il tessuto industriale sta iniziando oggi un percorso di deterioramento e abbandono, dettato dall’obsolescenza delle strutture e dall’evoluzione dell’economia. Tali processi hanno ricadute negative sull’ambiente limitrofo ma rappresentano una possibilità di rigenerazione che la società contemporanea può sfruttare a suo favore. Questa tesi dimostra come sia possibile trasformare le aree industriali creando nuovi spazi urbani. Gli obiettivi principali del lavoro sono: 1. connettere, creare nuovi rapporti tra ambiti industriali e quelli naturali; 2. percepire, collegare visivamente attraverso elementi riconoscibili in modo coerente l’immagine della città; 3. adattare, aumentare la resilienza degli ambiti urbani permettendo allo stesso tempo un’elevata fruizione dell’ambito fluviale. La tesi tratta principalmente un carattere urbano: il limite, ossia quell’elemento che delimita un luogo, ne identifica la sua fine. Partendo da un’analisi generale della Bassa Valle del Foglia la tesi si concentra sull’area studio dell’area produttiva zona Tombaccia, una delle più antiche della città e vicina al centro urbano. La demolizione selettiva degli edifici a basso indice di trasformazione e l’innesto di nuovi dispositivi naturali nel tessuto antropico permettono la completa trasformazione dell’area. Viene proposta una strategia multi temporale che tiene conto sia di dinamiche territoriali sia di dinamiche locali. Nello specifico il lavoro di tesi si concentra sul progetto compositivo dell’area, capendone le dinamiche esistenti e plasmandone le nuove. Il progetto dell’area studio è fondamentale per estrapolare dei principi generali applicabili poi a vasta scala e presenta delle linee guida, dei principi strategici, applicabili a aree con caratteristiche simili. Quella che viene qui proposta è una possibilità concreta e pragmatica di trasformazione delle aree industriali che tiene conto delle necessità attuali senza mai trascurare la coerenza che la città contemporanea richiede.
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Di, Leva Roberto. "Progettazione e prototipìa di un polso robotico ad architettura sferica." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016.

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Abstract:
I robot industriali iniziano a diffondersi in maniera significativa verso la metà degli anni ’70, quando affrontare economicamente il costo legato alla loro progettazione e costruzione risultò più vantaggioso rispetto all’assunzione di manodopera. Nella categoria dei robot industriali rientrano anche i polsi robotici che, posti all’estremità di un braccio meccanico, possono essere impiegati in diverse applicazioni industriali. In questo ambito si inserisce il meccanismo sferico ideato da Wu e Carricato. Esso presenta un’architettura ibrida seriale-parallela e, grazie ad una disposizione simmetrica dei membri che lo costituiscono, è in grado di riprodurre il movimento del polso umano. L’attività svolta e presentata in questo elaborato è stata finalizzata alla progettazione, attraverso l’ausilio dei software Creo e Matlab, sia degli organi che compongono il dispositivo sia della trasmissione meccanica che consente l’attuazione dei 2 gradi di libertà (gdl) posseduti dal meccanismo. Sono state realizzate due versioni CAD del polso; la prima è volta alla realizzazione in materiale plastico dei componenti, sfruttando la tecnologia della stampa 3D, in modo da ottenere un primo prototipo funzionante ed operativo, in cui si sono previsti accoppiamenti rotoidali tra le parti del tipo a strisciamento. Costruito ed assemblato il prototipo in plastica, si è potuta verificare la compatibilità tra precisione costruttiva, tolleranze dimensionali e geometriche garantite dalla stampa 3D e corretto funzionamento del meccanismo. La seconda versione rappresenta una versione ingegnerizzata della precedente. In particolare, prevede la realizzazione in alluminio del polso e la progettazione dei giunti cinematici (principalmente rotoidali) utilizzando accoppiamenti volventi e non a strisciamento. In questo modo si riescono a ridurre le imperfezioni di montaggio ed i notevoli giochi introdotti dall’impiego di componenti in plastica.
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PACENTE, GIULIO. "ARCHITETTURA E INDUSTRIA 4.0 Smart manufacturing per la produzione di materiali innovativi in terra cruda." Doctoral thesis, Università degli studi della Basilicata, 2022. http://hdl.handle.net/11563/158388.

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Abstract:
The environmental issue has recently been central to national and international multidisciplinary debates. The term ecology, has given rise to green culture. Various intellectuals and artists since the first industrial revolution have been palpating the discomfort of what mechanized labor has entailed. Today, both the European Community and the UN set goals for safeguarding the planet and finding answers to the climate and environmental crisis. These issues become central strategies for design disciplines, and as designers we must not underestimate the contemporary condition but rather make it an integral part of what the city of the future will be. Among the changes that can be implemented we identify the need for a paradigm shift in moving from linear production systems to dynamic models that use natural resources and also place attention on processes of disposal or reuse of discarded materials. Thus, a more sustainable doing, thinking, conceiving and designing is also looked at. In the research we set out to imagine a sustainable envelope that is able to meet technical, bureaucratic, administrative, legislative, and also aesthetic regulations. Making design choices fall on local and sustainable materials is one of the most effective solutions. Among the various materials that have come into disuse, in Italy, raw earth has been identified, precisely because of the high potential it possesses. The objective of the research is to study raw earth as a building material, both by analyzing its weaknesses and the dynamics that led to its abandonment, and by identifying the strengths that could promote its recovery. Unfired earth is one of the first materials used by human beings given its ease of processing. Earthen artifacts, in fact, are an integral part of the world's architectural heritage and are identified as powerful expressions of the human ability to create shelter through the resources that were available locally. Ancient artisans, exploited and knew the resources available in the immediate vicinity, an attitude that should be taken today to address the climate crisis currently underway. According to recent studies, earth as a building material has been used for more than eleven millennia, and even today, one-third of humanity lives in earthen buildings. UNESCO, in 2008, with the collaboration of the UN, established the World Heritage Program on Earthen Architecture (WHEAP), an action aimed at the preservation, restoration and enhancement of the properties of earthen architectures. The research took Chinese earthen architecture as paradigmatic of the role earth had and may have in the contemporary condition. In particular the earthen architectures of the Fujian region such as the Tulou, Tubao, and Zhuang Zhai. The comparison takes place with Italian earthen architectures in particular those found in the Lucanian territory, both for scientific interests and to rediscover this material also through cultural comparison with the Chinese context. As the final phase of the work project, the prototyping of an earthen housing module was sought. Freeing ourselves from the restrictive Italian regulations, an attempt was made to find a quick and effective solution to the need for emergency architecture, the research dealt with the study of intuitive and easily replicable construction solutions with dry installation techniques.
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Books on the topic "Architetture industriali"

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1963-, Calore Fabio, Girardin Roberto 1961-, and Peretti Laura, eds. Diego Chilò, Fabio Calore e Roberto Girardin: Architetture industriali. Schio, Italy: Casa editrice "Idea architecture books", 2005.

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Valcovich, Edino. Architetture industriali: Del settore tessile in Friuli fra Ottocento e Novecento : un patrimonio non conosciuto. Tricesimo (UD): Aviani, 1994.

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Andrea, Albertini, Pesci Silvia, and Villirillo Giuseppe, eds. Architettura industriale =: Industrial architecture. Bologna: Damiani, 2004.

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Burroni, Luigi, ed. L'agenda del lavoro. Florence: Firenze University Press, 2005. http://dx.doi.org/10.36253/88-8453-281-7.

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Abstract:
Questo volume raccoglie i migliori elaborati di tesi degli anni accademici 1999/00 e 2000/01 di studenti del Master Europeo in Scienze del Lavoro della Facoltà di Scienze Politiche "Cesare Alfieri" di Firenze. I contributi si concentrano sul tema del lavoro e della sua regolazione nei paesi europei, analizzando aspetti quali la flessibilità del lavoro, la formazione, le relazioni industriali aziendali, la responsabilità sociale delle imprese, la promozione della partecipazione al mercato del lavoro delle donne e dei disabili. Questi temi costituiscono dei punti di osservazione privilegiati per mettere in luce sia gli effetti di promozione del cambiamento del processo di integrazione politica europea sia il ruolo giocato dalla presenza di determinate architetture istituzionali relative ai sistemi di welfare, di regolazione dell'economia e del lavoro che continuano a essere differenti da paese a paese. Guardare a questa coesistenza tra stabilità e cambiamento con un approccio multidisciplinare e comparato come quello utilizzato nei lavori qui raccolti è come utilizzare un caleidoscopio che contribuisce a far luce sugli equilibri multipli e sui diversi percorsi di sviluppo che caratterizzano il cosiddetto "modello sociale europeo".
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Architettura post-industriale. Roma: Editori Riuniti, 1986.

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Mario, Bellini. Mario Bellini: Architetture. Milano: Electa, 1988.

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1869-1948, Garnier Tony, ed. Tony Garnier, architetture per la città industriale. Roma: Officina, 1985.

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Davide, Barbieri, Quarzi Anna Maria, Scardino Lucio, Vecchiattini Valentina, Camera del lavoro territoriale di Ferrara., and Istituto di storia contemporanea del movimento operaio e contadino (Ferrara, Italy), eds. Architetture del lavoro nel Ferrarese. Ferrara: Casa editrice Liberty house, 1996.

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1943-, Pavia Rosario, and Bruno Giovanni, eds. Paesaggi elettrici: Territori, architetture, culture. Venezia: Marsilio, 1998.

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Angelo, Cetica Pier, and Gurrieri Francesco, eds. Pierluigi Spadolini: Architettura e sistema. Bari: Dedado, 1985.

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Conference papers on the topic "Architetture industriali"

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Vidal Climent, Ciro, Maite Palomares Figueres, and Ivo Vidal climent. "Between the heritage and the contemporaneity of the industrial city of Alcoy." In 24th ISUF 2017 - City and Territory in the Globalization Age. Valencia: Universitat Politècnica València, 2017. http://dx.doi.org/10.4995/isuf2017.2017.5812.

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Abstract:
The ARA plan, acronym for Architecture and Rehabilitation of Alcoy, was the response to a collective desire of change and to the need for the renewal of an industrial city with a deeply rooted bourgeois and working-class base. The impulse and credibility that made possible the conception of the ARA plan came from a series of projects that consolidated seriously damaged zones of the historic center, and secondarily from the economic commitment of the Generalitat with urban projects of great disciplinary interest that, at that time, had the character of pioneers for their modern procedures of intervention on the inherited city.The common framework of Plan ARA hosted many urban proposals very different in their methodology. However the sense of their cohesion in the city was evident because behind them there was a thought of order necessary for the consolidation and modernization of the urban patrimony that future challenges would ask for. The most relevant architectural project was the renovation of the neighborhood of La Sang, which won the FAD Architecture Award in 1999, but for the citizens the evidence of a remarkable change came with the construction of the public parks. Since that moment the people perceived that an ambitious and clear idea of the city was giving shape to their daily domestic outer spaces.Unfortunately a mix of political and economical issues truncated or set aside important ongoing projects so the completion of the ARA plan was never reached. and the aspiration of becoming an strategic city was forgotten.References:Vidal Vidal, Vicente M. (1992) Il Piano Ara di Alcoy. Descrizione come premessa. Lotus 71. Lotus international. Rivista trimestrale di architettura. Electa.76de Solà-Morales, Manuel (1992) Il nucleo urbano antico come categoria di progetto. Il quartiere di La Sang. Lotus 71. Lotus international. Rivista trimestrale di architettura. Electa.86Cervellati, Pier Luigi and Scannavini, Roberto. Bolonia. Política y metodología de la restauración de centros históricos. Colección Materiales de la ciudad. Editorial Gustavo Gili. Barcelona 1976.Alcoi de Fil de Vint. Arquitectura y Rehabilitación de Alcoi. Generalitat Valenciana. Conselleria d’Obres Públiques, Urbanisme i Transports. Mostra Marzo- Abril 1991
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Muñoz Corbalán, Juan Miguel. "Geometric and poliorcetic inertia in the fortified system vs urban morphological inflections in 18th-Century Barcelona." In 24th ISUF 2017 - City and Territory in the Globalization Age. Valencia: Universitat Politècnica València, 2017. http://dx.doi.org/10.4995/isuf2017.2017.5802.

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Abstract:
Keywords: military engineering, fortification, urban bastioned system, poliorcetics, city and territory Conference topics and scale: City transformations Abstract and referencesBetween the War of Nine Years and the Napoleonic invasion of 1808 Barcelona underwent a morphological transformation according to a progressive evolution that came along from a typical wall-constrained stronghold towards an urban structure where the primacy of the internal and external strategic control gave way to the socioeconomic, industrial and commercial detachment of the city. The warlike needs of the first quarter of the 18th century involved a series of explicit poliorcetic interventions that gradually made available other criteria related to the development of several infrastructures for peacetime and certain urban licenses. These improving processes that let transform the urban features later changed the sense of the vectors which settled the nexus between the intramural space and the territory beyond the bastioned perimeter. Starting from a predominantly centripetal structure where the city walls played a segregating role, they afterward tended to reinforce the creation of newborn civic spaces that appreciably reduced the strength of the suffocating perimeter and also established alternative centers of power. These procedures foreshadowed a further decline of the traditional values about the former city walls and allowed the take-off of the territory outside them as an expansion of the orthodox urban system essences and its outward projection. The confluence of both municipal government purposes and the Crown’s impositions eased the work of the military engineers who undertook the interventions directly dependent on their sphere of responsibility. Cortada i Colomer, L. (1998) Estructures territorials, urbanisme i arquitectura poliorcètics a la Catalunya preindustrial. 2 vol. (Institut d’Estudis Catalans, Barcelona). Fara, A. (1989) Il Sistema e la Città. Architettura fortificata dell’Europa moderna dai trattati alle realizzazioni 1464-1794 (Sagep, Genova). Galera, M., Tarragó S. and Roca F. (1982) Atlas de Barcelona (Col·legi Oficial d’Arquitectes de Catalunya, Barcelona). Història. Política, Societad y Cultura dels Països Catalans, vol. 5 ‘Desfeta política y embranzida econòmica. Segle XVIII’ (1995) (Enciclopèdia Catalana, Barcelona). López, M. and Grau R. (1971) ‘Barcelona entre el urbanismo barroco y la revolución industrial’, Cuadernos de arquitectura y urbanismo, 80, 28-40.
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