Academic literature on the topic 'Archeologia di Montagna'

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Journal articles on the topic "Archeologia di Montagna"

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Lloyd, John, Neil Christie, and Gary Lock. "From the mountain to the plain: landscape evolution in the Abruzzo. An interim report on the Sangro Valley Project (1994–5)." Papers of the British School at Rome 65 (November 1997): 1–57. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200010576.

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Abstract:
DALLA MONTAGNA ALLA PIANURA: EVOLUZIONE DEL PAESAGGIO IN ABRUZZO. UN RAPPORTO PRELIMINARE SUL PROGETTO DELLA VALLE DEL SANGRO 1994–95Questo rapporto discute le metodologie ed i principali ritrovamenti delle prime due stagioni del progetto della Valle del Sangro, tuttora in corso. Il progetto, organizzato dalla Soprintendenza Archeologica dell'Abruzzo e dalle Università di Leicester e di Oxford, ha lo scopo di esaminare i dati archeologici, architettonici, etnografici ed ambientali per l'alta e la media/bassa valle, con particolare riferimento alla comprensione del ruolo svolto dalla piccola città e dal villaggio in una varietà di paesaggi in un periodo che va dall'arcaico all'alto medioevo (ca 600 a.C. – 900 d.C.).Gli scavi di siti arcaici e successivi in Val Fondillo — nell'alta valle — e dell' oppidum ellenistico e romano di Monte Pallano nella media valle sono di grande importanza per la conoscenza dell'epoca sannita e di quella romana, mentre nomi di luoghi (quale Fara) e resti di castelli (quale la Rocca Intramonti) forniscono un'iniziale guida allo studio degli schemi insediativi alto medievali e medievali. La ricognizione ha cominciato a fornire un quadro dettagliato dell'occupazione dell'area gravitante su questi siti, con l'analisi CAD e GIS come elemento centrale di questo studio. Una notevole importanza è stata anche data ad uno studio etnografico volto alla comprensione del ruolo della transumanza (un elemento tradizionale dell'economia regionale) e la sua relazione con gli antichi sistemi insediativi e di uso del territorio.
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Scarsella, Elena. "Dove osano le Aquile: Strategie di occupazione territoriale nei Vestini Cismontani (Abruzzo) tra l’Età del Ferro e la Romanizzazione." Cuadernos de Prehistoria y Arqueología de la Universidad de Granada 31 (December 17, 2021): 233–52. http://dx.doi.org/10.30827/cpag.v31i0.21111.

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Abstract:
L'Archeologia del mediterraneo ha spostato solo di recente la propria attenzione sull'entroterra e l'Archeologia delle montagne mediterranee è ancora un terreno ampiamente inesplorato. Nonostante l'apparente mitezza, infatti, questo tipo di paesaggio pone delle sfide che hanno contribuito a creare, nei secoli, fenomeni culturali unici nel loro genere e difficilmente inquadrabili in modelli culturali concepiti sulla base di territori meno frammentari e morfologicamente complessi. In questo articolo, attraverso il caso studio dell'Abruzzo settentrionale, ci si propone di osservare da vicino la risposta dei popoli pre-romani dell'Appennino centrale alle sfide poste da un paesaggio povero di risorse e spesso inospitale. L'attitudine a cambiamenti lenti e spesso solo apparenti sarà contestualizzata alla luce di un'interpretazione teorica che combini Archeologia e Antropologia.
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Coarelli, Filippo, Stephen Kay, Helen Patterson, Rose Ferraby, and Sophie Hay. "Investigations at Falacrinae, the birthplace of Vespasian." Papers of the British School at Rome 76 (November 2008): 47–73. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200000416.

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Abstract:
Fin dal 2005 la British School at Rome con l'Università di Perugia e la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio sta conducendo uno studio sistematico del territorio di Cittareale, situato sulle montagne appenniniche a nord-est di Rieti, lungo la Via Salaria, sul confine tra le regioni Lazio, Umbria e Marche. Il progetto è parte di una serie più ampia di eventi programmati per il 2009 per ricordare il bimillenario della nascita di Vespasiano, ed è focalizzato principalmente sulla localizzazione e lo scavo del vicus di Falacrinae, dove Svetonio riporta che nacque l'imperatore. Il progetto ha comportato come prima cosa un programma di indagine di superficie, quindi l'analisi di una serie di siti attraverso la ricognizione geofisica, e lo scavo. Questo contributo presenta i risultati delle ricognizioni geofisiche e li compara con le evidenze emerse dallo scavo.
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De Stefano, Francesco, and Antonio Pizzo. "Nuove osservazioni sul tempio del santuario extraurbano di Tusculum." Journal of Roman Archaeology 33 (2020): 73–92. http://dx.doi.org/10.1017/s1047759420000926.

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Abstract:
La Escuela Española de Historia y Arqueología en Roma (EEHAR–CSIC) realizza ormai da 25 anni scavi archeologici e ricerche su Tusculum e il suo territorio, trattandosi di uno dei progetti di più lunga durata di una scuola straniera su territorio italiano. I risultati ottenuti da diversi gruppi di lavoro hanno restituito un′immagine straordinaria della città con la scoperta di una serie di complessi (foro, teatro, acropoli, chiese) che illustrano archeologicamente l'articolazione urbana del sito e le ulteriori possibilità di sviluppo delle ricerche. Dall′inizio dei lavori, nel 1994,1 la ricerca si è sviluppata in varie fasi contraddistinte da una strategia istituzionale coerente che ha facilitato la continuità del progetto, grazie anche alla partecipazione della XI Comunità Montana. In questi anni sono state numerose le pubblicazioni che hanno messo in circolazione i dati provenienti dalle varie campagne di scavo.2
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Coccia, S., and D. J. Mattingly. "Settlement history, environment and human exploitation of an intermontane basin in the central Apennines: the Rieti survey 1988–1991, part I." Papers of the British School at Rome 60 (November 1992): 213–89. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200009831.

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Abstract:
STORIA INSEDIAMENTALE, AMBIENTE E SFRUTTAMENTO UMANO DI UN BACINO INTERMONTANO NELL'APPENNINO CENTRALE: IL RIETI SURVEY, 1988–1991, I. PARTEQuesto progetto è diretto allo studio del paesaggio rurale intorno alla città di Rieti, nell'Italia centrale e in particolare si propone di esaminare, in un ampio fronte diacronico, il mutamento del modello insediamentale e i diversi modi di sfruttamento dell'alto bacino appenninico e delle colline e dei monti circostanti. Sono qui descritti gli scopi ed i metodi interdisciplinari del progetto e vengono riportati i principali risultati ottenuti. Lo studio degli aspetti geomorfologici ha giocato un ruolo importante nel progetto e i risultati sono presentati in due principali sezioni riguardanti una la natura dei suoli del bacino e l'altra i diversi modi della loro formazione. Il lavoro sul campo si è principalmente basato sulla ricognizione intensiva di una serie di transetti perpendicolari sul lato orientale del bacino montano di Rieti, estesa anche alle montagne circostanti. Nel corso di tre stagioni di lavoro, oltre 500 campi sono stati esaminati nell'ambito di un'area di circa 22 kmq., insieme con più ampie ricognizioni all'interno dell'intero bacino; tali ricognizioni sono state specificatamente finalizzate alla ricerca di dati che aiutassero a fornire risposte circa la problematica riguardante il mutare del quadro insediativo durante l'epoca medievale. Sono stati rinvenuti un totale di circa 200 siti di vario tipo ed epoca, sebbene si sia cercato di analizzare tali siti, durante le ricognizioni, nell'ambito dell'archeologiaoff-site. Le ricognizioni di particolari aree comprendenti un certo numero di siti con evidenti resti architettonici, sono state integrate con le evidenze portate alla superficie tramite l'aratura. Le ricognizioni miranti al rinvenimento di strutture sono risultate essere particolarmente positive, con l'individuazione di una serie di castelli e villaggi medievali, posizionati ad alte quote intorno al bacino. Durante tale progetto sono stati inoltre usati metodi geofisici di prospezione, compiendo ricognizione di resistività su larga scala per circa 20 siti: vengono qui riportati alcuni commenti preliminari sui risultati ottenuti grazie a questa tecnica. Il lavoro di tipo archeologico è stato accompagnato da una ricerca a carattere storico ed archivistico; l'articolo si conclude con una sintesi della storia insediamentale del bacino di Rieti per un periodo che va dall'età del bronzo all'età post-medievale.
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Dias, Íris, Carlos Pereira, Elisa Sousa, and Ana Margarida Arruda. "Aspectos cotidianos romanos en el Algarve. Los artefactos de hueso de Monte Molião (Lagos, Portugal)." Vínculos de Historia Revista del Departamento de Historia de la Universidad de Castilla-La Mancha, no. 11 (June 22, 2022): 311–38. http://dx.doi.org/10.18239/vdh_2022.11.14.

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Abstract:
Las excavaciones arqueológicas realizadas en Monte Molião permitieron la recogida de un importante conjunto de artefactos de hueso pulido, de la Edad del Hierro y de época Romana, que supone un total de 80 piezas. Están distribuidas por distintas categorías funcionales, relacionadas con el adorno personal, con la actividad textil, con el juego y con la escritura. Otros integran la categoría de complementos de muebles. El conjunto es revelador de la presencia, en el sur de Portugal, de individuos con costumbres y usanzas que siguen patrones estéticos y sociales del Mediterráneo romanizado.Palabras clave: Algarve romano, mundus muliebris, textiles, ludi, stiliTopónimo: PortugalPeriodo: Edad del Hierro, época romana ABSTRACTThe archaeological digs undertaken in in Monte Molião led to the discovery of 80 bone artefacts, dating from Iron Age and Roman times. They are divided into several functional categories, connected with personal adornment, textile activity, games, and writing. Others correspond to furniture complements. They reveal the presence in the south of Portugal of individuals with customs and practices that follow specific aesthetic patterns of the Romanized Mediterranean. Keywords: Roman Algarve, mundus muliebris, textiles activities, ludi, stiliPlace names: PortugalPeriod: Iron Age, Roman times REFERENCIASAlarcão, J. de, Étienne, R., Alarcão, A. y Ponte, S. da (1979), “Les accessoires de la toilette et de l’habitallaments”, en J. de Alarcão y R. Étienne (dir.), Fouilles de Conimbriga, VII, Trouvailles diverses 80, Paris, E. De Boccard.Almagro Basch, M. (1955), Las Necrópolis de Ampurias: Necrópolis romanas y necrópolis indígenas, Barcelona, Seix y Barral.Alonso López, J. y Sabio González, R. (2012), “Instrumentos de escritura en Augusta Emerita. Los stili o estiletes”, Revista de Estudios Extremeños, LXVIII, III, pp. 1001-1024.Andreu Pintado, J. 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Santos Cancelas, Alberto. "Religiones castreñas contra el estado." Vínculos de Historia. Revista del Departamento de Historia de la Universidad de Castilla-La Mancha, no. 8 (June 20, 2019): 15. http://dx.doi.org/10.18239/vdh_2019.08.01.

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Abstract:
RESUMENNuestro conocimiento sobre las religiones protohistóricas se encuentra prejuiciado por categorías de pensamiento presentistas y el recurso a fuentes posteriores. Para lograr una caracterización mínima de la fenomenología de tales manifestaciones se propone una aproximación a partir de los materiales de la Edad del Hierro, con atención a los problemas y metodologías de la arqueología, que privilegie el estudio de casos particulares frente a la generalización céltica. A través del ejemplo de la cultura castreña, se examinará qué elementos constituyeron objeto de atención ritual y sobredimensión simbólica para una sociedad de la Edad del Hierro.PALABRAS CLAVE: Cultura Castreña, Edad del Hierro, protohistoria, ritual, arqueologíaABSTRACTOur knowledge of protohistoric religions is prejudiced by presentist ways of thinking and recourse to later sources. To achieve a minimum characterization of the phenomenology of such manifestations, I propose an approach based on Iron Age materials, being careful of the archaeological problems and methodologies, and favouring particular case studies rather than Celtic generalizations. Through the example of Castreño culture, I will examine which elements might have been the object of ritual attention and symbolic oversizing in an Iron Age society.KEY WORDS: Castro culture, Iron Age, Protohistory, ritual, archaeologyBIBLIOGRAFÍAAlmeida, C. A. F. (1980) “Dois Capacetes e tres copos, em Bronze, de Castelo de Neiva”, Gallaecia, 6, 245-257.Alonso Burgos, F. (2014): Estructura social y paisaje simbólico: las comunidades astures y el imperio romano. Tesis doctoral inédita, Universidad Complutense de Madrid.Angelbeck, B. y Grier, C. 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Dissertations / Theses on the topic "Archeologia di Montagna"

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Migliavacca, Mara. "Strategie di insediamento e gestione delle risorse della montagna veneta nell'età del Ferro. Un approccio archeologico e etnoarcheologico." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422471.

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Abstract:
The study area embraces a portion of the Veneto mountain region: lake Garda defines the western boundary, while the eastern one is marked by the river Brenta. The northern boundary coincides with the regional boundary between Trentino-Alto Adige and Veneto; southwards the Veneto Prealps (barely reaching 2000 ms in altitude) decline towards the Po plain. This territory has always been a natural passage between the alpine world and the Po plain. The highlands have always been easily reached from the Po plain, especially in the eastern part, thanks to the relatively gentle relief of the mountain ridges and the deep valleys running southwards: the main one is the Adige valley. On the west, the area of Piccole Dolomiti is more spectacular, but more difficult to go through; and again, the Asiago plateau offers a large flat area that can be easily exploited, and certainly was exploited since Roman times and earlier, from the Po plain. The chronological boundaries of the research are the 6th and the 1st centuries B.C. The 6th century is a key-period for northern Italy, where the first proto-urban centres developed in the Po plain. In the area under study, we can recall the venetic centres of Este, Padua and Vicetia, the last just on the southern edge of the prealpine region. The Venetic world was distributed westwards up to the eastern bank of river Mincio, the western side being occupied by the Etruscans, who just in this period penetrated north of the river Po (possibly in order to control more closely the traffic with the regions north of the Alps). Another key-period is the 4th century B.C., when the Celts occupied the plain between Oglio and Mincio as well as the plain between Mincio and Adige. In the same time the centre of Verona was born (or better, the first settlements corresponding to the future centre of Verona), just on the southern fringe of the Prealpine area. In this period the Raeti, the population living in Trentino-Alto Adige region, expanded southwards, almost up to the fringes of the Verona Prealpine zone (Lessini mountains). The last key-period is the 2nd century B.C., when the Romans arrived in the Po plain. The construction of via Postumia (148 B.C.) is, for the study-area, the most important sign of the Romanization, a process that was long, gradual and complex, and brought about changes in juridical, social, economic and settlement organization. Because of its position, the study area did not experience directly the great social and historical changes of the period, but did feel some effects of them. Scholars have always considered this area a borderland, important for metals, animal husbandry and trade between the people living in the Po plain and the people living to the north in the mountains of the Alpine chain. As a borderland, it has been considered not only a geographical borderland, but also a cultural, linguistic, economic and political one. Different people and influences have been placed one upon another over the long run, but this does not mean that we are not able to distinguish them and their organization, as this study aims to demonstrate. To help in site analysis, key positions have been studied, according to the vertical pattern of land use that is common in a mountain area: 1. The piedmont sites, occupying the ridge heads of the Prealps in a typical passage area between the large alluvial plain and the mountain chain; they are important also for transverse communication; they are polycentric, like Montebello and consisted of buildings half-buried in the soil, where many activities were performed; 2. The highland zone, above the upper limit of the belt of permanent settlements. This is the area of high pastures, where the range of available resources decreases and the exploitation tends to be seasonal; 3. The sites at the upper limit of the belt of permanent settlements, which corresponds to the upper limit of the belt of cereal cultivation, in this Prealpine region ranging from 800 (eight hundred) to 1200 (one thousand and two hundred) m above sea level. They control the key- passage from the hill ecosystem to the mountain one. I hope that my research will help in understanding the scale and the type of the territorial organization in antiquity; in finding out the changes in settlement strategies through time and possibly the reasons for these changes; and, finally, in underlying the richness of the technological and cultural heritage of the Veneto mountains. Thanks to this study, it is possible to try to describe the changes in settlement strategies in this mountain area through time, going back to 8th – 7th centuries B.C., when the eastern zone was almost abandoned after a period of flourishing in the 9th century. The reason for the abandonment could have been the formation of the two proto-cities of Este and Padua, attracting people from the neighbourhood. In the western area of research, Monte Purga was visited by venetic people coming from the Po plain as far as the few artifacts suggest. This means that the route from the plain through the highlands towards the alpine region was still important, for metals, wood and husbandry. During the 6th- 5th centuries B.C. settlements flourished in the prealpine area. A series of sites grew up in the piedmont zone, certainly established, at least in the east part of the study-area, by the venetic urban world of the plain, looking for new outlets for its flourishing and diversified economy. The inner sites are raetic, or strongly influenced by them. We must remember that Raeti were specialised in metal working, and that just in these centuries they were espanding also towards Lombardia in the west, Switzerland and Austria to the north from their core territory where the settlement of Sanzeno was growing up. But the great expansion of the Raeti southwards happened in the 4th-3rs centuries B.C.: it is evident especially on the basis of the distribution of raetic inscriptions. This is the moment of the flourishing of castellieri in the western area. In some of them raetic inscriptions and marks are also present: they suggest a kind of frontier among cantoni, internal to the Raetic world, controlling the access to high pastures and high ways. On the other hand, the area around Montebello is thought to be venetic. So, it seems to me that there was possibly a bipolar system of controlling the western highlands: Monte Loffa was the raetic pole, while Monte Purga could have been the venetic one, leaving a route to the highlands from the plain. The presence of sanctuaries or minor places of worship at the fringe of the piedmont area is also important: it means, I think, that here was the zone of free negotiation between Raeti and Veneti. In these holy places animal bones and horns, inscribed in raetic, were found. It is interesting to underline that this contact zone –indicated also by the distribution of raetic together with Venetic inscriptions- was higher in the mountains in the eastern area (M. Summano), meaning that Veneti still controlled the piedmont and partially the mountain area eastwards, possibly under the auspices of the cities of Vicenza and Padua while in the west the settlement of Verona –we cannot call it a proper city- was born just in these centuries, but it was both a Raetic and Venetic centre at the same time. In the 2nd-1st centuries B.C. the Romans arrived, just at the piedmont of the prealpine zone: interestingly, the only surviving castellieri are high in the mountains, in the western area. They seem to be situated here for defensive purposes, far from the via Postumia; at Monte Loffa many scholars think there was a sanctuary dating to this period. Some fires characterize the romanization of the mountain area further east (Rotzo), while along the Postumia many piedmont sites go on with their quiet existence
Lo studio è relativo alle strategie insediative e allo sfruttamento delle risorse della montagna veneta, compresa tra lago di Garda a ovest e fiume Brenta a est, tra VI e II secolo a.C. Una prima osservazione è relativa ai cambiamenti nella strategia insediativa dell'area prealpina considerata al passaggio dall’età del Bronzo all’età del Ferro. Crolla infatti in modo deciso l'attestazione di rinvenimenti sporadici alle alte quote, che segnavano la via seguita per giungere dal Veneto ai bacini cupriferi del Trentino: è frutto del lavoro di ricerca -coordinato sul campo in questi anni da chi scrive- sulla dorsale delle Tre Croci e nelle zone limitrofe l'individuazione di un percorso di collegamento tra alte valli dell'Agno e del Chiampo, Val dei Ronchi e Trentino. Si desume dai dati raccolti anche grazie a una nuova campagna di ricerche di superficie e di scavo iniziata proprio quest'anno sulla dorsale che si distende tra le valli dell'Agno e del Leogra che nell'età del Ferro sia stato preferito lo sfruttamento delle risorse del bacino minerario Recoaro - Schio: infatti la zona del Civillina e le aree circostanti sono tra le prime sfruttate, con rinvenimenti precoci (IX-VII a.C.) indicativi di una frequentazione stagionale e poi tra le prime in cui si formarono insediamenti stabili. Un ulteriore significativo cambiamento tra età del Bronzo ed età del Ferro vede la stabilizzazione dell’insediamento al limite delle sedi permanenti: si sviluppano infatti una serie di siti recintati/ fortificati, proiettati sulla zona degli alti pascoli che dovevano controllare e sfruttare, ma con spostamenti quotidiani che potrebbero spiegare la povertà di rinvenimenti associabili a questa fase insediativa. Il lavoro etno-archeologico svolto, con un'equipe geografico-archeologica, sulle alte quote dei Lessini in questi anni offre il modello di questo sfruttamento a fini prevalentemente pastorali -ma anche legato all'utilizzo delle risorse del bosco o delle cave di pietra- indicandone le aree preferenziali ma rivelando anche la povertà delle tracce lasciate. Un'analisi analitica del popolamento nei secoli dal VI al II a.C. ha permesso una scansione cronologica di maggior dettaglio dei momenti di nascita -e in taluni casi della durata- dei siti dell'area pedemontana indagata. Ne è emerso un momento di ri-esplorazione e ri-occupazione nel VI secolo, attribuibile prevalentemente ai siti veneti di pianura, cui segue nel V secolo una vera fioritura del popolamento; il IV-III secolo segnano un momento di espansione e rafforzamento della presenza retica, collegati probabilmente anche all'indebolirsi e all'arretrare del confine occidentale del mondo veneto concomitante all'arrivo dei celti. Nascono o si rafforzano in questo periodo nuovi siti nell'area più occidentale del territorio indagato, mentre vi è una crisi del popolamento sulla dorsale del distretto minerario Schio- Recoaro, motivata probabilmente anche da episodi di frizione confinaria tra Reti e Veneti. Con la fase di romanizzazione non sembra casuale che proprio i due maggiori siti montani (Monte Loffa a occidente e Rotzo a oriente) vengano distrutti in modo violento: nell'alta Valpolicella, intorno a Monte Loffa si era formato tra III e II secolo un sistema insediativo fortificato. Dal punto di vista delle attività che si svolgevano nel territorio d'indagine, si segnalano indizi di specializzazione lanaria – con legami particolari con il Trentino- per il sito di Monte Loffa, al limite delle sedi permanenti. Vista la collocazione geografica del sito, dovevano essere necessari gli spostamenti pastorali per sostentare le greggi d'inverno, o comunque contatti programmati e collaborativi con i siti di pedemonte. Si postula la formazione di un “distretto” laniero, sicuramente di un sistema territoriale precoce (VI secolo) che si sviluppa nel V secolo e permane fino al I secolo con l'arrivo dei Romani. Ulteriori indizi di specializzazione -mineraria- si segnalano per la dorsale Agno-Leogra, dove si attestano precocemente siti estrattivi e di prima lavorazione/smercio delle risorse estratte e siti di seconda lavorazione e finitura/ commercio dei prodotti minerari: il sistema sembra meno stabile, soffre una contrazione delle presenze venete nell'area meridionale della dorsale nel IV secolo mentre sembra salda più a nord l'organizzazione territoriale che fa capo a Santorso e Rotzo come due siti principali e controlla un sistema di confini. Focalizzando l'attenzione su alcune unità geo-topografiche più limitate, cioè le valli e le dorsali che costituivano nell'antichità, come costituiscono attualmente, sistemi unitari o comunque interrelati di controllo del passaggio dal territorio pedemontano a quello montano, ulteriori osservazioni divengono possibili. Analizzando in primo luogo il popolamento della valle del Chiampo e della dorsale tra Chiampo e Alpone, che vede alla sua testata fiorire l'importante insediamento di Montebello, si segnala una nascita precoce del sito di pedemonte. Esso è presente già nel VI secolo, e poi nel V, con un'occupazione chiaramente veneta e indizi di specializzazione artigianale e di differenziazione sociale, evidenti particolarmente nella necropoli di Cà del Lupo. Il centro di Montebello controlla la frequentazione stagionale dei siti di alta collina di Monte Calvarina, Monte Madarosa e Monte Parnese; d'altra parte gli indicatori di specializzazione artigianale rimandano a contatti con insediamenti più grandi della pianura veneta, le proto-città di Este o Vicenza. Ci troviamo quindi di fronte a una formazione proto-statale veneta in cui interagiscono siti di rango diverso; nel IV-III secolo il sistema si contrae, perdendo il controllo dell'alta collina (scomparsa dei siti di Monte Calvarina, Monte Madarosa e Monte Parnese). Se si analizza d'altra parte il popolamento della Valpolicella, esso potrebbe essere iniziato in modo analogo al sistema di insediamento che fa capo a Montebello: nasce infatti nel VI secolo con i siti di testata di S. Ambrogio e S. Giorgio e una frequentazione delle quote più alte (M. Loffa, Covolone del Valentin). Successivamente però (fine V- IV-III) evolvono due central places equiparabili, uno di pedemonte, uno di montagna: quest'ultimo, inizialmente solo di controllo o stagionale, potrebbe essersi sviluppato su impulso dell'interazione con i Reti, che sappiamo avevano in quest'area occidentale degli alti Lessini, tramite la Val Bona, una via di penetrazione sfruttata successivamente anche in età storica. Contemporaneamente è attestato in alta collina un sito con forte valenza rituale (Monte Castelon di Marano), che potremmo immaginare in funzione di mediatore tra i due central places; il ricorso frequente all'uso della scrittura è spiegabile per ratificare i ruoli dei due siti di rango comparabile, oltre che per ribadire un'identità fortemente sentita. Infine, nel II secolo, sembra svilupparsi un sistema di siti fortificati a quote montane, probabilmente indotto dalla presenza dei Romani. Si postula quindi nell'area prealpina indagata l’interazione di due organizzazioni sociali complesse. Da una parte il sistema veneto, identificato dalla distribuzione della ceramica veneta che individua un’area compatta a sud-est, non lontana dai centri di Este o Vicenza, di cui Montebello è un sito chiave. Tale sistema prevede in pianura città- stato con magistrati; centri di minore importanza in area pedemontana che controllano siti stagionali di media ed alta quota (M. Cornion, M Purga). In questo sistema si segnalano degli indicatori di confine, alcuni dei quali (il ciottolone di Costabissara in via Mascagni recante un'iscrizione venetica; l'importante cippo di Isola Vicentina) disposti lungo il torrente Orolo/ Bacchiglione, asse preferenziale di collegamento tra Vicenza (e Padova) e gli altipiani; altri sono stati posti dai romani. Nel 135 il cippo di Lobia stabilisce il confine tra Este e Vicenza ad opera del proconsole Sesto Attilio Sarano; tra Este e Padova vi sono i cippi di Teolo e Galzignano e l’iscrizione del Monte Venda. Se si analizzano queste indicazioni confinarie si può parlare di due tipi di confine: tra diverse proto-città stato (Este-Padova; Este-Vicenza) e tra diverse etnie (Venetkens sembra opporre i Veneti ad altri-da-Veneti) il che indica, pur in nuce, un’idea nascente di identità nazionale. Il sistema montano/ retico non presenta forse centri a livello di proto-città; ci sono però siti di pari dignità, con evidenze di specializzazione artigianale, stabili e fortificati che attestano la necessità di un forte investimento lavorativo e forse un clima di tensione, insicurezza o un'esigenza di affermazione identitaria. Tali siti si mostrano specializzati nella gestione delle risorse montane, che implicano una certa componente di rischio nell’economia (pascoli, miniere..), visto che in montagna il rischio cresce con il crescere della specializzazione. Infatti l'ipotesi di un distretto laniero in Valpolicella, per esempio, postula un surplus di produzione che implica la gestione di greggi numerose e il controllo di aree di pascolo ampie e dello spostamento tra queste aree, tutti elementi che spingerebbero alla presenza di una struttura gerarchica. Anche il numero notevole di iscrizioni retiche, soprattutto se confrontate con quelle venetiche, rimanda ad un'enfasi sulla scrittura come strumento che ribadisce l'identità in aree di attrito confinario (dorsale mineraria) ma anche esprime necessità di patti e accordi per la gestione del territorio. Non è certo un caso che i centri di culto (Magrè, Trissino, Monte Summano, S. Giorgio di Valpolicella e il pagus Arusnatium) siano numerosi, e i principali siano proprio sulla dorsale mineraria e in Valpolicella
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Croce, Enrico. "Archeologia d'alta quota alle sorgenti del Brembo." Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2022. http://hdl.handle.net/11572/350299.

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Abstract:
The focus of this research is the area known as Sorgenti del Brembo di Carona (sources of river Brembo of Carona), which is located in the Orobie Alps (province of Bergamo, Italy). The current archaeological activities in the area, carried out by the Civico Museo Archeologico di Bergamo, are site-specific and mainly focused on Iron Age rock engravings and on a medieval dwelling excavation. The present study aims at a wider approach to upland archaeology, more focused on landscape evolution rather than on single evidence. The starting point is the methodology developed in other alpine contexts, like the ALPES (Alpine Landscapes: Pastoralism and Environment of Val di Sole) project. The data, gathered through extensive field survey activities, assessed the presence of a complex landscape, with pastoral evidence, iron mining facilities and charcoal production sites, dating from Early Middle Ages to the present. All the collected data are managed through a GIS in order to maintain their spatial reference. Therefore, it was possible to easy cross-reference them with several historical documents (cartography, cadastres, archives) and also to perform quantitative and spatial analysis. This method allowed us to reconstruct a diachronic evolution of human activities impact on the landscape formation. An inductive predictive modelling based on the integration with ethnoarchaeology was also implemented using modern pastoral sites. The results shed light on the complex dynamics of the human approach to high-altitude regions and on the alpine environment constraints to human activities. On the other hand, it was also possible to asses both the strengths and biases of the current application of predictive models to Alpine cultural heritage. The methodology developed during this research, following and implementing previously developed methods, can be a step forward on the definition of a common archaeological approach to upland contexts.
Il progetto di ricerca nasce a seguito delle indagini archeologiche condotte dal Civico Museo Archeologico di Bergamo nel comune di Carona (BG), situato in alta val Brembana, sulle Alpi Orobie, che hanno permesso di identificare un sito cultuale con incisioni rupestri dell'età del Ferro e un villaggio minerario con fasi altomedievali e medievali. L'obiettivo principale della presente ricerca è stato ampliare la conoscenza storico-archeologica di tutto il territorio alla testata del Brembo di Carona, senza focalizzarsi su singoli siti e applicando le metodologie sviluppate all'Università di Trento nell'ambito del progetto ALPES (Alpine Landscapes: Pastoralism and Environment of Val di Sole), che prevedono un approccio al paesaggio montano in una prospettiva diacronica, inquadrabile nell'ambito della Landscape Archaeology. Le attività di ricerca sul campo hanno rappresentato il fulcro del progetto, permettendo l'individuazione di centinaia di evidenze antropiche. I dati raccolti sul campo sono stati contestualizzati attraverso l'analisi di diverse tipologie di fonti e materiali, non solo di tipo archeologico ma anche inquadrabili in ambiti storico-archivistici e topografici, con un’impostazione della ricerca in senso marcatamente interdisciplinare. L'elaborazione di un modello predittivo etnoarcheologico ha avuto il duplice obiettivo di fornire uno strumento di interpretazione delle strutture presenti sul territorio e di validare la stessa metodologia prognostica impiegata, già elaborata in ambito trentino. I dati raccolti e i risultati della loro analisi hanno permesso la ricostruzione diacronica di un paesaggio complesso, caratterizzato dalla compresenza di differenti attività economiche (pastorizia, attività minerarie e sfruttamento forestale), attraverso le quali si è espressa l'azione umana nell'ambiente montano lungo l'arco di più di un millennio. La metodologia proposta, in quanto sintesi di diverse esperienze di ricerca in ambito alpino, potrebbe porre le basi per una più ampia riflessione riguardo possibili approcci condivisi e comuni ad una "archeologia di montagna", che sempre più si sta delineando come una disciplina autonoma.
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GIOVANNINI, FABIO. "Archeologia e storia della Val di Chiana. Dinamiche insediative e strutture di potere tra X e XV secolo nella Toscana orientale." Doctoral thesis, Università di Foggia, 2016. http://hdl.handle.net/11369/353980.

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Abstract:
Lo studio delle forme insediative del mondo rurale del pieno medioevo è motivato dalla forte incidenza che questa tematica ha sulla storia del medioevo ed è ulteriormente giustificato dalla complessità delle sue implicazioni sotto il profilo della strutturazione dei paesaggi e delle vicende socio-economiche e politico-giuridiche. La ricerca scientifica sia di ambito storico che archeologico è ormai in possesso di una notevole quantità di dati anche per i secoli X-XV, fonti che parlano talvolta linguaggi differenti e spesso anche discordi, ma che consentono di confrontarsi sulle differenti tematiche del dibattito storiografico medievale. La progettazione di questo elaborato nasce con l'intento di offrire una nuova riflessione sull'insediamento e l'organizzazione dello spazio rurale di una peculiare area geopolitica della Toscana, senza tuttavia alcuna pretesa di completezza. L'auspicio è quello di mettere a disposizione un valido elemento di comparazione, un nuovo contributo per il dibattito archeologico.
The study of settlement patterns of the rural world of the Middle Ages is motivated by the strong impact that this issue has on the history of the Middle Ages and It is further justified by the complexity of its implications in terms of the structuring of landscapes and socio - economic and political cases. The scientific research, historical and archeological, is now in possession of a significant amount of data even for X - XV centuries, sources who sometimes speak different languages , but that they can help to discuss the different themes of the debate medieval historiography. The planning of this work is to offer a new reflection on the setting and the organization of rural areas of a particular geopolitical district of Tuscany, without any claim to completeness. The hope is to make available a valid element of comparison, a new contribution to the archaeological debate.
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Books on the topic "Archeologia di Montagna"

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Sotto la montagna di luce: Archeologia, arte, storia, itinerari ai piedi della Concarena : Capo di Ponte, Ono San Pietro, Cerveno, Losine. Brescia: Grafo, 2004.

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D'Elia, Pina Belli. L'angelo, la montagna, il pellegrino: Monte Sant'Angelo e il santuario di San Michele del Gargano : archeologia arte culto devozione dalle origini ai nostri giorni. Roma]: C. Grenzi, 1999.

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3

Guio, Armando De, and Paolo Zammatteo. Luserna: La storia di un paesaggio alpino : atti del convegno Sul confine... percorsi tra archeologia, etnoarcheologia e storia lungo i passi della montagna di Luserna, Luserna, 28 dicembre 2002. Padova: Sargon, 2005.

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4

Pina, Belli D'Elia, Aulisa Immacolata, Museo "G. Tancredi" (Monte Sant'Angelo, Italy), and Ecole française de Rome. Galerie, eds. L' angelo la montagna il pellegrino: Monte Sant'Angelo e il santuario di San Michele del Gargano : archeologia, arte, culto, devozione dalle origini ai nostri giorni. Foggia: C. Grenzi, 1999.

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5

Pina, Belli D'Elia, ed. L' angelo, la montagna, il pellegrino: Monte Sant'Angelo e il santuario di San Michele del Gargano : archeologia arte culto devozione dalle origini ai nostri giorni. Roma: C. Grenzi, 1999.

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6

La necropoli protostorica di Montagna di Caltagirone. Monza: Polimetrica, 2008.

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Paola, Rubino, and Italy. Soprintendenza archeologica per le province di Napoli e Caserta., eds. Il Toro farnese: La "montagna di marmo" tra Roma e Napoli. Napoli: G. Macchiaroli, 1991.

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Antonio, Barci, Milardi Martino, and Comunità montana "Versante dello Stretto"., eds. Tra spazio e memoria: Recupero delle emergenze monumentali e valorizzazione delle opere di interesse artistico e archeologico ricadenti sul territorio della Comunità montana Versante dello Stretto di Reggio Calabria. Reggio Calabria: Laruffa, 1997.

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Conference papers on the topic "Archeologia di Montagna"

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Decandia, Lidia. "Percorsi e terre di mezzo: dai cammini degli antenati ai luoghi dell'incontro e della festa contemporanei: il museo mater di Mamoiada." In International Conference Virtual City and Territory. Roma: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7975.

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Abstract:
Il saggio intende raccontare l’esperienza svolta insieme a Studio Azzurro nella progettazione del Museo di archeologia e del territorio di Mamoiada. In questa esperienza attraverso l’uso di strumenti multimediali e interattivi si è lavorato per costruire non un luogo contemplativo, ma una vera e propria centrale “centrale di produzione di conoscenza memoriale e immaginativa”. Nel raccontare alcuni aspetti della storia di questo territorio, per individuare una possibile chiave interpretativa, siamo partiti dalle peculiarità di questo contesto e in particolare dal suo essere terra di confine e di frontiera, e in quanto tale, anche luogo di incontro e di scambio. Questa particolare identità di confine è diventata la chiave per rileggere la presenza di particolari luoghi "sacri" preistorici e contemporanei che popolano questo contesto. Si è scelto di narrare questo peculiare aspetto della storia del territorio utilizzando fonti documentarie e orali, messe insieme non con un andamento lineare e continuo, ma lavorando piuttosto, attraverso immagini poetiche e metaforiche per frammenti, montaggi, accostamenti delicati che, nel rompere ogni associazione sistematica, si richiamano l'un l'altro, più attraverso analogie che sequenze logiche. Abbiamo pensato di costruire un percorso che diventasse capace di mostrare più che di dire, di far lavorare l'immaginazione attraverso l'accostamento inusuale tra epoche differenti, tra l'arcaico e il contemporaneo; di aprire domande e di mettere sul tavolo questioni insolute anziché costruire teorie da difendere.
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