Dissertations / Theses on the topic 'Applicazioni marine'

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Ravagnan, Elisa <1970&gt. "Raccolta ed elaborazione di dati fisici, chimici e biologici dell'ambiente marino: studio e applicazione di tecniche modellistiche allo studio degli ecosistemi marini." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2004. http://hdl.handle.net/10579/760.

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Buscaino, Giuseppa <1973&gt. "Modelli e misure di backscattering acustico di organismi marini pelagici ed applicazioni." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2004. http://hdl.handle.net/10579/763.

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Abstract:
Negli ultimi decenni sono stati compiuti grandi passi avanti, sia dal punto di vista sperimentale che teorico, nel campo dell'oceanografia e dell'ecologia marina. Nonostante i progressi, molto rimane ancora da fare per comprendere, ad esempio, come funziona l'ecosistema pelagico come produttore di biomassa. Recenti progetti internazionali, hanno dimostrato come oggi ci sia la necessità di un approccio interdisciplinare allo studio delle Scienze Ambientali in generale e delle Scienze marine in particolare e su come l'acustica marina sia destinata a svolgere un ruolo importante per la parte sperimentale. L'obbiettivo del progetto di Ricerca è stato lo studio del backscattering acustico di organismi e tessuti, quali i Teleostei Clupeidi e il Sonar dei Delfini, tramite l'utilizzo di modelli matematici e misure dirette e la successiva applicazione. Lo studio sul Sonar dei Delfini ha permesso di migliorare la comprensione dei meccanismi di funzionamento e di selezionare una serie di segnali acustici impiegati per la progettazione e la realizzazione di un dispositivo elettroacustico in grado di allontanare, e quindi salvaguardare, questi animali da zone di mare pericolose (aree di pesca, zone militari, ecc). Per quanto riguarda i Clupeidi, lo studio è stato fecalizzato sui seguenti piccoli pelagici: larve di aringa (Clupea harengus) e giovanili e adulti di sardina (Engraulis encrasicolus). Questa ricerca ha permesso di individuarne il Target Strength di queste specie, cioè la stima dell'eco prodotta dagli esemplari insonificati, che rappresenta uno strumento fondamentale per la stima di biomassa con metodi acustici. In questo lavoro di Ricerca è stato definito un approccio innovativo, basato sull'applicazione di modelli matematici e di esperimenti in vasca da usare come test di verifica. Questo approccio ha richiesto che specialisti in discipline appartenenti alle Scienze Ambientali (Bioacustica, Etologia, Ecologia marina, Fisiologia animale, Biologia, ecc.) lavorassero insieme in modo tale da fornire contemporaneamente e in maniera complementare la loro descrizione, analisi e sintesi dello stesso problema per poi fonderle progettando ed eseguendo insieme ricerche teoriche e sperimentali. A great deal has been done in the fields of Oceanography and Marine Ecology in the last decades, from both the experimental and the theoretical standpoints. Much effort is still needed, however, to understand, for example, how the pelagic ecosystem works as a biomass producer. As new international projects have demonstrated, there is a need today for an interdisciplinary approach to Environmental Sciences in general, and to Marine Science studies in particular, and Marine Acoustics is destined to have an important role in the experimental field. The aim of this research project was to perform acoustic back-scattering studies on pelagic organisms, e.g. Clupeid fish and Dolphin, through the application of mathematical models and direct measurements. Dolphin sonar studies have given us a better understanding of functional mechanisms and enabled us to select a range of acoustic signals to use to design and develop a pinger capable of keeping dolphins away from dangerous areas (fishing areas, military zones, etc.). The Clupeid studies focused on the target strength (TS) of herring larvae (Clupea harengus) and juvenile and adult sardines (Engraulis encrasicolus). TS evaluation enables biomass estimation based on an acoustic method. A new approach was defined in this research work, based on the application of mathematical models validated by in situ measurements. This approach involved experts in different fields of Environmental Science (bio-acoustics, ethology, marine ecology, animal physiology, biology, etc.), who worked together to produce a simultaneous, complementary description, analysis and synthesis of the same problem, subsequently combining all the information to design and perform joint theoretical and experimental research.
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3

Morelli, Danilo. "La cartografia marina: ricerche ed applicazioni orientate ai rischi geologico-ambientali in aree campione." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2008. http://hdl.handle.net/10077/2714.

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Abstract:
2006/2007
RIASSUNTO Dati raccolti nell’ambito di progetti di cartografia geologica marina nazionali ed internazionali sono stati utilizzati per ricerche sui rischi geologico-ambientali in alcune aree marine italiane maggiormente critiche dal punto di vista della valutazione dei rischi. Questo rappresenta un campo di applicazione estremamente complesso a causa della varietà dei processi collegati, i quali a loro volta sono controllati da più fattori naturali ed antropici la cui interazione è spesso di difficile valutazione e previsione. Nei settori di margine continentale del Mar Ligure e dell’Arco Calabro (tirrenico e ionico) dati morfo-batimetrici, sismo-stratigrafici, strutturali, e sedimentologici ricavati dalle più moderne tecnologie d’indagine offshore sono stati integrati con altri dati geologici e geofisici pregressi, utilizzando metodologie di visualizzazione, analisi e restituzione tridimensionale digitale di gran dettaglio. Le ricerche sono state condotte in collaborazione con specialisti ed esperti di geologia marina e morfotettonica attiva delle attigue aree emerse, focalizzando l’attenzione sui dissesti gravitativi superficiali e profondi e di loro correlazione con faglie attive recentemente, potenzialmente sismogenetiche o tsunamogeniche. I risultati ottenuti hanno consentito, nelle singole aree, una definizione più approfondita dei caratteri dei vari elementi di geo-hazard ed una più chiara ricostruzione dei meccanismi di interazione tra i vari processi responsabili della loro genesi ed evoluzione. L’analisi dettagliata di alcuni casi maggiormente rappresentativi ha anche confermato la complessità dei tematismi trattati e sottolineato alcune problematiche cruciali, tuttora aperte, su cui concentrare le ricerche future. Il margine continentale del Mar Ligure, tanto nel settore alpino che in quello appenninico, mostra evidenze morfologiche di processi di mobilizzazione gravitativa di ingenti masse sedimentarie. Questi sono maggiormente concentrati nel margine alpino (scarpata di Imperia), associati allo sviluppo di numerosi canyon e alla forte sismicità dell’area, mentre nel settore appenninico, dove l’attività sismica è minore, riguardano principalmente il Canyon di Levante e la Frana di Portofino. Quest’ultima rappresenta un elemento di particolare interesse per i meccanismi di formazione ed il volume dei materiale coinvolti. Nei margini tirrenico ed ionico della Calabria il sollevamento tettonico pleistocenico dell’Arco Calabro (0.8-0.9 mm/anno) è accompagnato da una cospicua attività sismo-tettonica e da frequenti e voluminosi movimenti di massa lungo tutta la scarpata. Tali processi sono concentrati lungo lo sviluppo di articolati sistemi di canyon sia nel Golfo di Squillace che nei settori di Bovalino e Siderno ed anche nel settore tirrenico indagato (tra Palmi e Scilla). Tale focalizzazione dei fenomeni di instabilità è controllata dall’attività sismo-tettonica di lineamenti strutturali di dimensione regionale, paralleli (Faglia di Scilla) allo sviluppo del margine o interpretabili come prosecuzione a mare di sistemi che tagliano trasversalmente tutto l’Arco Calabro. Come appendice al lavoro di ricerca svolto è stato inserito un contributo riguardante l’area dello Stretto di Messina, elaborato per l’occasione del centenario del terremoto di Messina. In tale area una morfodinamica, estremamente rapida, è controllata dai caratteri idrodinamici dello stretto, da faglie attive e movimenti di massa correlati all’attività sismo-tettonica. In tale contesto degli elementi di particolare rischio geo-ambientale sono delle frane che in prossimità di Messina interessano un corpo sedimentario di notevoli dimensioni. Oltre ai contributi sulle conoscenze relativi ai singoli casi è possibile definire alcune conclusioni generali confortate anche da dati di letteratura. I movimenti di massa sottomarini sono estremamente diversificati, e pur presentando alcune analogie rispetto a quelli che si verificano a terra spesso presentano dei meccanismi di innesco e di evoluzione diversi: sono molto più mobili, coinvolgono volumi notevoli di materiale, trasportati in molti casi a notevole velocità e distanza. Un carattere ricorrente nelle aree analizzate è la scarsa presenza di accumuli di frana piede della scarpata rispetto al volume di materiale franato (mancante) lungo il pendio. Una spiegazione plausibile è fornita dai fenomeni che accompagnano lo sviluppo di frane di grosse dimensioni come l’acquaplaning, che agendo come lubrificante al fronte della frana, può determinare l’allontanamento, la disgregazione e dispersione dei materiali (flussi detritici e torbiditici) in aree bacinali molto distanti (100-1000 Km). Tale ipotesi già verificata in altre aree, se confermata per le aree indagate potrebbe, attraverso la datazione dei livelli detritici e torbiditici bacinali correlabili a grandi frane sottomarine, consentire la definizione dei tempi di attivazione e dei tempi di ritorno delle stesse, ed eventualmente il loro rapporto con la sismicità storica regionale. In questo tipo di approccio si deve tener conto dei caratteri sia dell’area sorgente del dissesto che delle zone di accumulo più distali (debriti, torbiditi) al fine di ricostruire un quadro completo dei processi in atto in grado di definire qualitativamente tutti i fattori geologici in gioco (imput sedimentari, sismo-tettonica, presenza di gas, ecc..) e il loro grado di pericolosità. A prescindere dall’interesse scientifico su tali tematiche è fondamentale il loro approfondimento in termini di valutazione di rischio geo-ambientale, considerando le perdite economiche e di vite umane che gli eventi calabro-siciliano e liguri hanno registrato in passato. Inoltre, nonostante la difficoltà di stimare, prevedere o più semplicemente definire la ricorrenza di terremoti di grande entità, l'analisi della sismicità storica e dei tempi medi di ritorno mette in evidenza l'esistenza di ritardi anche importanti per eventi medio-grandi, lungo alcuni dei sistemi di faglie attive sia in Calabria-Sicilia orientale che in Liguria. Gli studi effettuati confermano la convinzione, già espressa da altri ricercatori, che la morfodinamica sottomarina sia più intensa e veloce di quella sub-aerea. Ciò è senz’altro verificato nel presente studio a proposito delle aree in cui l’attività sismo-tettonica, “motore” principale dei processi studiati, supera un certo livello di soglia. Si dimostra comunque che i dissesti dei fondali pellicolari e profondi, limitati ad aree ben definite, possono prodursi anche in zone di sismicità ridotta (Mar Ligure di Levante; Canyon di Levante -Frana di Portofino), ma non per questo di minore importanza in termini di pericolosità. Altra importante conclusione dello studio è che in contesti geodinamici apparentemente molto diversi in base alle conoscenze correnti (margine attivo calabro-ionico e margine passivo ligure) si riscontrano processi morfodinamici sottomarini di paragonabile tipologia ed entità. Ad un esame più attento risulta però che i contesti geodinamici detti, in termini di tipologia di strutture , flusso tettonico, e movimenti verticali non sono poi così diversi , anzi presentano marcate analogie.
XX Ciclo
1965
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MORETTO, LIGIA M. "Voltammetria di scambio ionico per la determinazione di rame e mercurio .Applicazione in acque marine." reponame:Repositório Institucional do IPEN, 1992. http://repositorio.ipen.br:8080/xmlui/handle/123456789/10394.

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Abstract:
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Tese (Doutoramento)
IPEN/T
Univ. Venezia .Dep. Chimica Fisica
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5

Vassallo, Maurizio <1975&gt. "Sviluppo di un sistema di monitoraggio sismico da fondale marino: applicazioni all'area vulcanica dei Campi Flegrei." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/157/1/tesiPhDVassalloXIXciclo.pdf.

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Vassallo, Maurizio <1975&gt. "Sviluppo di un sistema di monitoraggio sismico da fondale marino: applicazioni all'area vulcanica dei Campi Flegrei." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/157/.

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DINI, MICHELA. "APPLICAZIONE DI TECNICHE ISOTOPICHE (ISOTOPI STABILI E RADIOATTIVI) A STUDI PALEOAMBIENTALI IN AREE ANTARTICHE." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 1995. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12907.

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COSTA, SARA. "Sviluppo e applicazione di tecnologie smart per il monitoraggio e lo studio del Marine litter: caso di studio in Liguria." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2018. http://hdl.handle.net/11567/929185.

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Rabar, Silvia <1976&gt. "Speciazione di metalli in traccia in acque marine: messa a punto di metodologie e loro applicazione allo studio di sistemi reali." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2004. http://hdl.handle.net/10579/738.

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Donadei, Daniela <1983&gt. "Ricerca e applicazione di metodologie ecotossicologiche nel monitoraggio di ambienti marino-costieri: Sviluppo di nuovi bioassay e biomarker." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6957/1/Donadei_Daniela_tesi.pdf.

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Abstract:
Obiettivo del lavoro è stato lo sviluppo e la validazione di nuovi bioassay e biomarker quali strumenti da utilizzare in un approccio ecotossicologico integrato per il biomonitoraggio di ambienti marino-costieri interessati da impatto antropico negli organismi che vivono in tali ambienti. L’ambiente reale impiegato per l’applicazione in campo è la Rada di Augusta (Siracusa, Italia). Una batteria di bioassay in vivo e in vitro è stata indagata quale strumento di screening per la misura della tossicità dei sedimenti. La batteria selezionata ha dimostrato di possedere i requisiti necessari ad un applicazione di routine nel monitoraggio di ambienti marino costieri. L’approccio multimarker basato sull’impiego dell’organismo bioindicatore Mytilus galloprovincialis in esperimenti di traslocazione ha consentito di valutare il potenziale applicativo di nuovi biomarker citologici e molecolari di stress chimico parallelamente a biomarker standardizzati di danno genotossico ed esposizione a metalli pesanti. I mitili sono stati traslocati per 45 giorni nei siti di Brucoli (SR) e Rada di Augusta, rispettivamente sito di controllo e sito impattato. I risultati ottenuti supportano l’applicabilità delle alterazioni morfometriche dei granulociti quale biomarker di effetto, direttamente correlato allo stato di salute degli organismi che vivono in un dato ambiente. Il significativo incremento dell’area dei lisosomi osservato contestualmente potrebbe riflettere un incremento dei processi degradativi e dei processi autofagici. I dati sulla sensibilità in campo suggeriscono una valida applicazione della misura dell’attività di anidrasi carbonica in ghiandola digestiva come biomarker di stress in ambiente marino costiero. L’utilizzo delle due metodologie d’indagine (bioassay e biomarker) in un approccio ecotossicologico integrato al biomonitoraggio di ambienti marino-costieri offre uno strumento sensibile e specifico per la valutazione dell’esposizione ad inquinanti e del danno potenziale esercitato dagli inquinanti sugli organismi che vivono in un dato ambiente, permettendo interventi a breve termine e la messa a punto di adeguati programmi di gestione sostenibile dell’ambiente.
The aim of the work was the development and validation of new bioassays and biomarkers as tools in an integrated ecotoxicological approach for the biomonitoring of impacted coastal marine environment environments. The Rada of Agusta (Syracuse, Sicily) was used as real environment for the field application of the proposed integrated approach. A battery of in vivo and in vitro bioassays was investigated as screening tool of the assessment of marine sediment toxicity. The battery has proven to have the necessary requirement for a routine application in marine coastal environment biomonitoring. The multimarker approach based on the use of bioindicator organism Mytilus galloprovincialis in translocation experiments allowed to evaluate the field application potential of new cytological and molecular biomarkers in parallel to standardized biomarkers of genotoxicity and heavy metal exposure. Mussels were caged for 45 days in Brucoli (SR) and Rada di Augusta, reference site and impacted site respectively. Results support the applicability of granulocytes morphometric alterations as effect biomarker, directly correlated to the health of the organism. Morphometric alterations were accompanied by a significative increase of the lysosomal compartment, which in turn could reflect the pollutant induced increase of the degradative and autophagic processes. Carbonic anhydrase activity in digestive gland proved to be a valuable biomarker of chemical stress in marine coastal environment. The functional role of carbonic anhydrase in the lysosomal compartment functioning was evaluated. The combined use of the two methodologies (bioassays and biomarkers) in an integrated ecotoxicological approach provides a sensitive and specific tool for the assessment of pollutant exposure and pollutant effects in biomonitoring of coastal marine environment, facilitating the application of monitoring data in risk-based decision making
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Donadei, Daniela <1983&gt. "Ricerca e applicazione di metodologie ecotossicologiche nel monitoraggio di ambienti marino-costieri: Sviluppo di nuovi bioassay e biomarker." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6957/.

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Abstract:
Obiettivo del lavoro è stato lo sviluppo e la validazione di nuovi bioassay e biomarker quali strumenti da utilizzare in un approccio ecotossicologico integrato per il biomonitoraggio di ambienti marino-costieri interessati da impatto antropico negli organismi che vivono in tali ambienti. L’ambiente reale impiegato per l’applicazione in campo è la Rada di Augusta (Siracusa, Italia). Una batteria di bioassay in vivo e in vitro è stata indagata quale strumento di screening per la misura della tossicità dei sedimenti. La batteria selezionata ha dimostrato di possedere i requisiti necessari ad un applicazione di routine nel monitoraggio di ambienti marino costieri. L’approccio multimarker basato sull’impiego dell’organismo bioindicatore Mytilus galloprovincialis in esperimenti di traslocazione ha consentito di valutare il potenziale applicativo di nuovi biomarker citologici e molecolari di stress chimico parallelamente a biomarker standardizzati di danno genotossico ed esposizione a metalli pesanti. I mitili sono stati traslocati per 45 giorni nei siti di Brucoli (SR) e Rada di Augusta, rispettivamente sito di controllo e sito impattato. I risultati ottenuti supportano l’applicabilità delle alterazioni morfometriche dei granulociti quale biomarker di effetto, direttamente correlato allo stato di salute degli organismi che vivono in un dato ambiente. Il significativo incremento dell’area dei lisosomi osservato contestualmente potrebbe riflettere un incremento dei processi degradativi e dei processi autofagici. I dati sulla sensibilità in campo suggeriscono una valida applicazione della misura dell’attività di anidrasi carbonica in ghiandola digestiva come biomarker di stress in ambiente marino costiero. L’utilizzo delle due metodologie d’indagine (bioassay e biomarker) in un approccio ecotossicologico integrato al biomonitoraggio di ambienti marino-costieri offre uno strumento sensibile e specifico per la valutazione dell’esposizione ad inquinanti e del danno potenziale esercitato dagli inquinanti sugli organismi che vivono in un dato ambiente, permettendo interventi a breve termine e la messa a punto di adeguati programmi di gestione sostenibile dell’ambiente.
The aim of the work was the development and validation of new bioassays and biomarkers as tools in an integrated ecotoxicological approach for the biomonitoring of impacted coastal marine environment environments. The Rada of Agusta (Syracuse, Sicily) was used as real environment for the field application of the proposed integrated approach. A battery of in vivo and in vitro bioassays was investigated as screening tool of the assessment of marine sediment toxicity. The battery has proven to have the necessary requirement for a routine application in marine coastal environment biomonitoring. The multimarker approach based on the use of bioindicator organism Mytilus galloprovincialis in translocation experiments allowed to evaluate the field application potential of new cytological and molecular biomarkers in parallel to standardized biomarkers of genotoxicity and heavy metal exposure. Mussels were caged for 45 days in Brucoli (SR) and Rada di Augusta, reference site and impacted site respectively. Results support the applicability of granulocytes morphometric alterations as effect biomarker, directly correlated to the health of the organism. Morphometric alterations were accompanied by a significative increase of the lysosomal compartment, which in turn could reflect the pollutant induced increase of the degradative and autophagic processes. Carbonic anhydrase activity in digestive gland proved to be a valuable biomarker of chemical stress in marine coastal environment. The functional role of carbonic anhydrase in the lysosomal compartment functioning was evaluated. The combined use of the two methodologies (bioassays and biomarkers) in an integrated ecotoxicological approach provides a sensitive and specific tool for the assessment of pollutant exposure and pollutant effects in biomonitoring of coastal marine environment, facilitating the application of monitoring data in risk-based decision making
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Bozzeda, Fabio <1977&gt. "Sviluppo di un approccio congiunto fuzzy-Bayesiano per l'analisi e la modellizzazione degli ecosistemi: applicazione ad ecosistemi marini costieri." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5225/1/Bozzeda_Fabio_tesi.pdf.

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Abstract:
Nell’attuale contesto di aumento degli impatti antropici e di “Global Climate Change” emerge la necessità di comprenderne i possibili effetti di questi sugli ecosistemi inquadrati come fruitori di servizi e funzioni imprescindibili sui quali si basano intere tessiture economiche e sociali. Lo studio previsionale degli ecosistemi si scontra con l’elevata complessità di questi ultimi in luogo di una altrettanto elevata scarsità di osservazioni integrate. L’approccio modellistico appare il più adatto all’analisi delle dinamiche complesse degli ecosistemi ed alla contestualizzazione complessa di risultati sperimentali ed osservazioni empiriche. L’approccio riduzionista-deterministico solitamente utilizzato nell’implementazione di modelli non si è però sin qui dimostrato in grado di raggiungere i livelli di complessità più elevati all’interno della struttura eco sistemica. La componente che meglio descrive la complessità ecosistemica è quella biotica in virtù dell’elevata dipendenza dalle altre componenti e dalle loro interazioni. In questo lavoro di tesi viene proposto un approccio modellistico stocastico basato sull’utilizzo di un compilatore naive Bayes operante in ambiente fuzzy. L’utilizzo congiunto di logica fuzzy e approccio naive Bayes è utile al processa mento del livello di complessità e conseguentemente incertezza insito negli ecosistemi. I modelli generativi ottenuti, chiamati Fuzzy Bayesian Ecological Model(FBEM) appaiono in grado di modellizare gli stati eco sistemici in funzione dell’ elevato numero di interazioni che entrano in gioco nella determinazione degli stati degli ecosistemi. Modelli FBEM sono stati utilizzati per comprendere il rischio ambientale per habitat intertidale di spiagge sabbiose in caso di eventi di flooding costiero previsti nell’arco di tempo 2010-2100. L’applicazione è stata effettuata all’interno del progetto EU “Theseus” per il quale i modelli FBEM sono stati utilizzati anche per una simulazione a lungo termine e per il calcolo dei tipping point specifici dell’habitat secondo eventi di flooding di diversa intensità.
In the current environmental context, it emerges the need to understand all the possible effects of the increase of the anthropic impact and the “Global Climate Change” on the ecosystems, considered as the main users of services and essential functions upon which whole economic and social textures are based. The forecast study of the ecosystems collides with the high complexity of them and with the lack of integrated observations. The model approach seems to be the most appropriate for the analysis of the complex dynamics of the ecosystems and the contextualization of experimental results and empiric observations. The reductionist-deterministic approach, which generally is used in the implementation of the models, has not been able to reach higher levels of complexity within the structure of the ecosystem. The biotic factor is the component that best describes the complexity of the ecosystem, because of the high dependency upon the other components and their interactions. In this thesis, it is suggested a new stochastic and model approach based on the employment of a naive-Bayesian compiler operating within a fuzzy environment. The combined employment of fuzzy logic and naive-Bayesian approach is useful to process the high degree of uncertainty of the ecosystems. The obtained generative models, called Fuzzy Bayesian Ecological Models (FBEM) are able to modelize the states of the ecosystems as functions of the high number of interactions. FBEM models have been used to understand the environmental risk for the intertidale habitat of sand beaches in case of coast flooding events forecasted from 2010 to 2100. The application has been developed within the EU “Theseus” Project, in which the FBEM models have been used also for a long term simulation and for the computation of the tipping points specific of the habitat depending on flooding events of different intensity.
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Bozzeda, Fabio <1977&gt. "Sviluppo di un approccio congiunto fuzzy-Bayesiano per l'analisi e la modellizzazione degli ecosistemi: applicazione ad ecosistemi marini costieri." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5225/.

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Abstract:
Nell’attuale contesto di aumento degli impatti antropici e di “Global Climate Change” emerge la necessità di comprenderne i possibili effetti di questi sugli ecosistemi inquadrati come fruitori di servizi e funzioni imprescindibili sui quali si basano intere tessiture economiche e sociali. Lo studio previsionale degli ecosistemi si scontra con l’elevata complessità di questi ultimi in luogo di una altrettanto elevata scarsità di osservazioni integrate. L’approccio modellistico appare il più adatto all’analisi delle dinamiche complesse degli ecosistemi ed alla contestualizzazione complessa di risultati sperimentali ed osservazioni empiriche. L’approccio riduzionista-deterministico solitamente utilizzato nell’implementazione di modelli non si è però sin qui dimostrato in grado di raggiungere i livelli di complessità più elevati all’interno della struttura eco sistemica. La componente che meglio descrive la complessità ecosistemica è quella biotica in virtù dell’elevata dipendenza dalle altre componenti e dalle loro interazioni. In questo lavoro di tesi viene proposto un approccio modellistico stocastico basato sull’utilizzo di un compilatore naive Bayes operante in ambiente fuzzy. L’utilizzo congiunto di logica fuzzy e approccio naive Bayes è utile al processa mento del livello di complessità e conseguentemente incertezza insito negli ecosistemi. I modelli generativi ottenuti, chiamati Fuzzy Bayesian Ecological Model(FBEM) appaiono in grado di modellizare gli stati eco sistemici in funzione dell’ elevato numero di interazioni che entrano in gioco nella determinazione degli stati degli ecosistemi. Modelli FBEM sono stati utilizzati per comprendere il rischio ambientale per habitat intertidale di spiagge sabbiose in caso di eventi di flooding costiero previsti nell’arco di tempo 2010-2100. L’applicazione è stata effettuata all’interno del progetto EU “Theseus” per il quale i modelli FBEM sono stati utilizzati anche per una simulazione a lungo termine e per il calcolo dei tipping point specifici dell’habitat secondo eventi di flooding di diversa intensità.
In the current environmental context, it emerges the need to understand all the possible effects of the increase of the anthropic impact and the “Global Climate Change” on the ecosystems, considered as the main users of services and essential functions upon which whole economic and social textures are based. The forecast study of the ecosystems collides with the high complexity of them and with the lack of integrated observations. The model approach seems to be the most appropriate for the analysis of the complex dynamics of the ecosystems and the contextualization of experimental results and empiric observations. The reductionist-deterministic approach, which generally is used in the implementation of the models, has not been able to reach higher levels of complexity within the structure of the ecosystem. The biotic factor is the component that best describes the complexity of the ecosystem, because of the high dependency upon the other components and their interactions. In this thesis, it is suggested a new stochastic and model approach based on the employment of a naive-Bayesian compiler operating within a fuzzy environment. The combined employment of fuzzy logic and naive-Bayesian approach is useful to process the high degree of uncertainty of the ecosystems. The obtained generative models, called Fuzzy Bayesian Ecological Models (FBEM) are able to modelize the states of the ecosystems as functions of the high number of interactions. FBEM models have been used to understand the environmental risk for the intertidale habitat of sand beaches in case of coast flooding events forecasted from 2010 to 2100. The application has been developed within the EU “Theseus” Project, in which the FBEM models have been used also for a long term simulation and for the computation of the tipping points specific of the habitat depending on flooding events of different intensity.
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PROTOPSALTI, IOANNA. "APPLICAZIONE DI UN METODO AUTOMATICO PER L'ESTRAZIONE DI PARAMETRI MORFOMETRICI DA CLASTI PER UNA CARATTERIZZAZIONE DI SEDIMENTI MARINI E COSTIERI ANTARTICI IN OTTICA PALEOAMBIENTALE." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 1997. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/13041.

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Innangi, Sara <1976&gt. "Analisi del segnale di backscatter da Ecoscandaglio MultiFascio (EMF) in ambiente marino : applicazioni per lo studio dei fondali e delle risorse ittiche pelagiche in 3D." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4660.

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Abstract:
L’ambiente marino viene tradizionalmente suddiviso in un dominio bentonico e in un dominio pelagico; in questo lavoro di tesi è stato utilizzato l’Ecoscandaglio MultiFascio (EMF), per investigarli entrambi, utilizzando la risposta acustica (backscatter) dell’onda emessa. E’ stato così applicato lo studio del backscatter in due ambiti scientifici, apparentemente separati tra loro: uno più geologico-sedimentologico e uno più biologico. In particolare, sono state utilizzate nuove metodiche di elaborazione del segnale acustico che hanno portato a nuovi campi di studio e che pongono le basi per successive indagini e ricerche. Lungo il litorale tirrenico lucano il backscatter è stato utilizzato per la caratterizzazione del fondale marino in termini di facies acustiche, mentre lungo la piattaforma continentale dello Stretto di Sicilia è stata analizzata la risposta acustica dell’intera colonna d’acqua per lo studio dei banchi di pesci in tre dimensioni. I risultati hanno portato, in ambito geologico, alla realizzazione di una carta tematica molto dettagliata, oltre che alla creazione di un mosaico acustico in grado di restituire informazioni tessiturali del fondo altamente discriminanti. In ambito biologico le nuove metodiche applicate hanno consentito di visualizzare e descrivere in tre dimensioni i banchi di pesci più abbondanti (Engraulis encrasicolus, Sardina pilchardus) di cui è stata fatta un’analisi della forma, della grandezza e dei volumi.
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Marcosignori, Igor. "Applicazione del sistema di gestione per la salute e sicurezza sul lavoro in conformità al nuovo standard ISO 45001:2018, un caso di studio in Rosetti Marino SpA." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019.

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Abstract:
L’implementazione di un sistema di gestione può rappresentare un’opportunità di crescita per quelle organizzazioni che riescono ad integrare efficacemente la gestione degli aspetti di salute e sicurezza con gli altri sistemi presenti, quali il sistema di gestione strategica o il sistema di comunicazione interno. Un sistema di gestione non garantisce, in modo diretto, performance migliori, ma se utilizzato con coerenza rispetto ai valori aziendali, stabiliti nella politica di gruppo, permette di gestire le responsabilità, i processi, le tempistiche di attuazione e le non conformità rilevate in maniera adeguata. Alla luce di quanto esposto, l’obiettivo di questo lavoro è stato quello di: 1. esaminare i requisiti del nuovo Standard ISO 45001:2018 e della OHSAS 18001:2007 in via di sostituzione; 2. effettuare la gap analysis, ovvero un’analisi degli scostamenti relativa ai contenuti della ISO 45001:2018 a partire dal sistema di gestione salute e sicurezza aziendale certificato OHSAS 18001:2007; 3. definire le azioni necessarie ad assicurare la transizione della certificazione dall’attuale Standard OHSAS 18001:2007 al suddetto ISO 45001:2018. Il lavoro è scaturito nel corso dello svolgimento di un tirocinio presso Rosetti Marino S.p.A. all’interno del reparto HSSE-Q che si occupa di salute e sicurezza sul lavoro, protezione dell’ambiente e qualità dei processi produttivi.
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Botte, Pierpaolo. "Studi metabolici e applicazioni bioenergetiche di diatomee marine." Tesi di dottorato, 2016. http://www.fedoa.unina.it/10762/1/Botte%20Pierpaolo%20-%20Biologia%20Applicata%20%28XXVIII%20ciclo%29.pdf.

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Abstract:
Le diatomee sono organismi unicellulari fotoautotrofi eucarioti caratterizzati da un particolare scheletro siliceo. Costituiscono il più grande gruppo del fitoplancton marino e svolgono un ruolo ecologico essenziale costituendo la base della catena trofica marina e contribuendo al mantenimento dei cicli geochimici oceanici. Sono inoltre considerate i più efficienti organismi fotosintetici e da sole sono responsabili di circa un quarto dell'assorbimento dell'anidride carbonica fissata sul pianeta. La presente tesi dottorale ha la finalità di studiare il potenziale ruolo biotecnologico delle diatomee. In particolare, considerata la crescente preoccupazione per gli effetti dell'innalzamento dei gas climalteranti nell'atmosfera e i conseguenti scompensi causati dal riscaldamento globale, l'attività di ricerca è stata indirizzata allo studio del metabolismo lipidico nelle diatomee marine e alla capacità di questi organismi di poter essere utilizzate come materiale organico per la produzione di bio-oli da convertire in biocarburanti. La tesi comprende concettualmente tre fasi organizzate intorno a: ➢ selezione dei ceppi e valutazione delle potenzialità metaboliche e della produttività lipidica; ➢ studio della sintesi lipidica e dei fattori biochimici e molecolari connessi alla plasticità metabolica; ➢ utilizzo per applicazioni biotecnologiche ed energetiche. Per la selezione dei ceppi modello, è stata testata la produttività in biomassa e lipidi di 21 ceppi microalgali, di cui 17 diatomee e 4 microalghe verdi. Il confronto dei dati effettuato attraverso metodi statistici basati sull’analisi multivariata ha permesso di selezionare due diatomee centriche, Thalassiosira weissflogii e Cyclotella cryptica, come potenziali candidati per la produzione di biomasse e bio-oli (d'Ippolito et al. 2015). Queste potenzialità sono state quindi testate attraverso un complesso schema di esperimenti finalizzati all'ottimizzazione della coltivazione e allo studio degli effetti dell'anidride carbonica e della deprivazione o limitazione di azoto, fosforo e silicio sulla produzione delle biomasse e di lipidi, in particolare triacilgliceroli, con entrambe le specie. Risultati incoraggianti sono stati ottenuti con entrambe le specie raggiungendo valori massimi di produttività in biomassa liofila di circa 121.4 mg L-1 giorno-1 e 22.1 mg L-1 giorno-1 di estratto lipidico per T. weissflogii e di 75.0 mg L-1 giorno-1 e di 24.9 mg L-1 giorno-1, rispettivamente, per C. cryptica (Botte et al., manoscritto in preparazione). Questi studi hanno anche evidenziato la straordinaria resilienza delle diatomee a differenti condizioni ambientali e di coltivazione, dimostrando un'inusuale versatilità delle vie biochimiche e plasticità nella regolazione del metabolismo. Per approfondire questi aspetti, sulle due diatomee sono state condotti studi utilizzando le moderne tecnologie -omiche, principalmente trascrittomica e lipidomica, che hanno fornito nuove informazioni sulla regolazione dei pathway lipidici in risposta a stimoli esterni selettivi. In particolare i risultati ottenuti hanno fornito chiare indicazione sulla biosintesi de novo delle principali classi lipidiche e dimostrato l'interconversione indotta da fattori biotici tra lipidi strutturali e lipidi di riserva (in particolare triacilgliceroli). Il rilievo applicativo di questi processi e l'applicabilità industriale della plasticità metabolica osservate in laboratorio sono stati valutati in test di produzione di biomassa in campo utilizzando la diatomea T. weissflogii. La sperimentazione è stata effettuata su un impianto in provincia di Salerno costituito da fotobioreattori inclinati in PVC morbido con una capacità totale netta di 8000 litri, utilizzando fumi di scarico da motore a combustione alimentato con oli vegetali. I risultati hanno evidenziato una chiara divergenza tra le rese in laboratorio e le rese outdoor anche se la produttività di biomassa e la resistenza del ceppo microalgale consentono di essere fiduciosi per le future potenzialità applicative.
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La, Spada Gina. "FGAII: applicazione agli ambienti marini profondi ed estremi." Tesi di dottorato, 2009. http://www.fedoa.unina.it/3347/1/tesi_Gina_La_Spada.pdf.

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Abstract:
La vita sulla terra è inestricabilmente legata alle interazioni con l’ambiente e le sue modificazioni. Ciò è particolarmente vero per gli oceani ed i mari che nel loro insieme ricoprono il 70% della superficie terrestre, tale estensione, unita alle sue caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche fa sì che l’ambiente marino agisca come un sistema recettore, con un ampia possibilità di memoria per le modificazioni ambientali dovute a fenomeni naturali o indotti dall’uomo, e al contempo capace di reagire prontamente con risposte a breve ed a lungo termine. La prima chiara evidenza dell’interazione tra esseri viventi e ambiente è l’interscambio di sostanza organica ed inorganica che ciclicamente va a comporre la parte vivente e quella non vivente della terra. Il trasporto e la trasformazione delle sostanze nell’ambiente attraverso la vita, l’aria, la terra, acqua e ghiaccio sono complessivamente noti con il nome di cicli biogeochimici: questi, insieme agli organismi viventi interpreti di tali processi, sono i primi a subire l’influenza delle modificazioni ambientali. Tipicamente, i feedback direttamente registrabili sono quelli che avvengono a carico delle comunità viventi marine e, in particolare, dei microrganismi che hanno un ciclo vitale breve (facilmente controllabile) e, sono inoltre dotati di elevate specializzazioni talvolta uniche e correlabili con una specifica causa. I batteri marini consumano il 75% del carbonio particolato (sink), sospeso nei primi 500m della colonna d’acqua, e sono responsabili del ricircolo dei principali elementi di cui sono costituiti gli organismi viventi (C, H, N, S, P) attraverso successioni di organicazione e mineralizzazione. In particolare, processi quali, azoto-fissazione, respirazione anaerobica, chemolitoautotrofia, nitrificazione, vengono mediati esclusivamente dai microrganismi. I cicli biogeochimici sui quali si è puntato l’interesse sono quelli relativi al carbonio, l’azoto e lo zolfo che costituisco la base delle principali attività delle comunità microbiche marine. Gli oceani giocano un ruolo predominante nel ciclo del carbonio, infatti, la quantità totale presente sulla terra è circa 49000 gigatonnellate, delle quali circa il 71% è contenuto negli oceani per lo più sotto forma di carbonati e bicarbonati che a loro volta diventano molto importanti nel controllo del pH, ed un 3% è contenuto nel fitoplancton e nella materia organica. Il ciclo del carbonio negli oceani ha due componenti principali, una fisica ed una biologica. La prima è costituita dalla dissoluzione della CO2. Lo scambio di carbonio fra atmosfera ed oceano può essere diretto sia all’assorbimento sia al suo rilascio, nelle regioni oceaniche di upwelling esso viene rilasciato verso l’atmosfera, al contrario nelle regioni di downwelling il trasferimento avviene in direzione delle acque profonde. Questo sistema di correnti oceaniche costituisce la pompa fisica marina del carbonio. La componente biologica costituita dal fitoplancton che attraverso la fotosintesi lo converte in carboidrati ed ossigeno; dal carbonio ridotto proveniente dalla decomposizione degli organismi vegetali ed animali morti; e dai procarioti marini che utilizzano idrogeno solforato, ammonio e alcuni composti inorganici ridotti per fissare la CO2 in assenza di luce negli ambienti profondi. Tutto ciò costituisce la pompa biologica marina del carbonio. L'azoto è un componente essenziale di molte biomolecole fondamentali come le proteine e gli acidi nucleici. Praticamente tutti i microrganismi, le piante e gli animali, richiedono azoto combinato con idrogeno, (ammoniaca), o con l'ossigeno (nitrati). La trasformazione biochimica dell’azoto ha un'influenza notevole sulla produttività biologica degli ambienti marini, basti pensare che la fascia di atmosfera a noi più vicina contiene circa 78% di azoto molecolare, ma in questa forma è piuttosto inerte e solo pochissimi microrganismi sono in grado di utilizzarlo. La fissazione biologica dell’azoto molecolare avviene ad opera dei microrganismi azoto fissatori che, per mezzo dell’enzima dinitrogenasi reduttasi rendono disponibile la grande quantità di azoto atmosferico (N2), il quale altrimenti non sarebbe direttamente accessibile agli eucarioti ed agli altri procarioti. L’ammoniaca prodotta dai batteri azoto fissatori e dalla decomposizione della materia organica viene trasformata in nitrato dai batteri ammonio-ossidanti (AOB). Essi sono variamente distribuiti ed adattabili alle diverse caratteristiche ambientali, tanto che qualsiasi luogo in cui è presente sostanza organica mineralizzata potrebbe costituire un possibile habitat per gli AOB. Studi recenti avvalorano l’ipotesi che i Crenarchaeota, organismi che dominano gli ambienti marini profondi, siano in grado anch’essi di operare questa trasformazione. La denitrificazione costituisce la fase di ritorno dell’azoto nell’atmosfera, è un processo dove i composti ossidati dell’azoto (NO3- e NO2-) vengono utilizzati come accettori alternativi di elettroni per produrre energia, e ridotti a NO, N2O e N2 che vengono rilasciati contemporaneamente in atmosfera conducendo così ad una perdita in azoto molecolare. Nei sedimenti marini costieri, il 40-50% degli input di azoto inorganico disciolto viene rimosso dalla denitrificazione, sbilanciando così il contenuto di azoto nell’oceano. L’accumulo degli intermedi NO ed NO2 contribuisce, inoltre, al riscaldamento globale riducendo lo strato di ozono. Anche lo zolfo è un costituente essenziale della materia vivente ed in ordine di quantità è il quinto elemento sulla terra. Gli amminoacidi cisteina, metionina, omocisteina e taurina contengono zolfo, come anche alcuni enzimi molto comuni, questo lo rende un elemento indispensabile alla vita di qualsiasi cellula. I ponti solfuro fra polipeptidi sono estremamente importanti per l'assemblaggio e la struttura delle proteine. Lo zolfo tende ad accumularsi nei sedimenti marini profondi caratterizzati dall’assenza di ossigeno. La respirazione anaerobia in presenza di solfato è la componente principale del ciclo globale dello zolfo e viene effettuata unicamente dai procarioti, il suo riciclo prevede una serie di trasformazioni mediate da solfo batteri che ne determinano la stato di ossidazione da SO4 ad H2S. In alcuni ecosistemi, inclusi i sedimenti marini, i batteri solfato-riduttori (SRB) sono funzionalmente i più importanti. Inoltre, costituiscono un grande ed estremamente diverso gruppo fisiologico di microrganismi anaerobi capaci di degradare un ampio range di substrati organici, inclusi i prodotti del petrolio, come gli alcani, il toluene, il benzene e gli idrocarburi policiclici aromatici. Gli ambienti marini profondi occupano il 75% del volume totale degli oceani, queste acque sono caratterizzate da condizioni fisico-chimiche estreme come alta pressione, totale assenza di luce, condizioni di anossia. In una tale realtà è difficile immaginare la vita, ma al contrario di quanto si possa pensare questi non sono luoghi biologicamente inerti, ma costituiscono gli habitat per organismi unici e altamente specializzati, che giocano un ruolo chiave nel riciclo dei nutrienti. La maggior parte della sostanza organica proveniente dalla morte degli organismi marini, infatti, sedimenta e si accumula nelle profondità oceaniche. I composti essenziali per la vita sul nostro non sarebbero più reperibili se gli ambienti marini profondi fossero dei luoghi sterili. Le attività mediate dai microrganismi in questi ambienti, inoltre, influenzano la produttività dei mari profondi e il bilancio dei gas causa dell’effetto serra nell’atmosfera. Non bisogna dimenticare anche che le profondità oceaniche sono una miniera di minerali, gas, petrolio e sostanze bioattive. Anche le aree marine anossiche, con particolare riferimento ai bacini anossici iperalini profondi (DHAB) giocano un ruolo fondamentale nei cicli biogeochimici che si espletano all’interno degli oceani, essendo luogo di un’attiva solfato riduzione/ossidazione, metanogenesi e ossidazione di ferro e manganese. Oltre alle già citate condizioni di elevata pressione, assenza di luce e si ossigeno, presentano elevate concentrazione di sali (10 volte superiore all’acqua di mare), e concentrazioni ioniche variabili. Tutte queste caratteristiche unite alla poca conoscenza delle profondità oceaniche hanno aumentato, negli ultimi anni, l’interesse verso lo studio di tali ecosistemi. Al fine di comprendere la dinamica di questi cicli e i fattori che governano l’entità ed il bilancio dei nutrienti nell’acqua e nei sedimenti marini, è necessario ottenere informazioni quantitative o semi-quantitative sulle attività biologiche coinvolte nei cicli biogeochimici. Lo studio dei geni funzionali coinvolti in queste attività può essere un approccio interessante per la comprensione del ruolo dei microrganismi nel riciclo della sostanza organica. A questo proposito a supporto delle comuni tecniche di studio biomolecolari è stato proposto l’utilizzo della tecnica microarray. Questa tecnica è di recente sviluppo ed è ampiamente utilizzata nello studio dell’espressione genica in campo medico che per monitorare i processi ambientali. Il chip utilizzato in questo studio è un FGAII, denominato anche GeoChip, è stato messo a punto nei laboratori del dipartimento di Genomica Ambientale diretto dal Prof. Zhou, presso l’Università dell’Oklahoma. L’FGAII contiene 24243 sonde oligonucleotidiche, di queste, 10345 si riferiscono ai geni funzionali coinvolti nel ciclo dell’azoto, dello zolfo, del carbonio, del fosforo, nella degradazione dei composti organici e nella resistenza ai metalli E’ il primo microarray strettamente correlato allo studio dei processi biogeochimici, ai cambiamenti climatici globali ed alla gestione degli ecosistemi. Il GeoChip è particolarmente utile per stabilire un legame diretto fra microrganismi/geni/processi e funzioni. Il limite di applicabilità agli ambienti marini dell’FGAII è che è stato progettato sulla base di geni specifici di organismi terresti o di acqua dolce, nonostante ciò si è voluta applicare la tecnica a campioni marini in modo da poterla apprendere e valutare la possibilità di progettare chip specifici per gli ambienti oceanici in genere, siano essi profondi, di superficie o estremi. L’obiettivo di questo lavoro è quello di monitorare gli ambienti marini profondi, con particolare attenzione ai DHAB, per evidenziare l’attività di alcuni geni target del ciclo del carbonio, dell’azoto e dello zolfo. Considerando che l’espressione di essi è indice di una determinata attività e della presenza di microrganismi specifici, si possono, quindi, ottenere delle informazioni riguardo le vie metaboliche attive in questi luoghi estremi. Contemporaneamente si eseguirà l’analisi delle sequenze codificanti per il 16S rRNA in modo da ottenere delle informazioni sulla diversità microbica di questi ambienti. Soltanto attraverso lo studio dell’RNA è possibile ottenere delle informazioni sulla presenza di comunità metabolicamente attive, poiché il DNA potrebbe anche appartenere ad organismi ormai morti. Le sequenze ottenute da queste analisi verranno raccolte ed utilizzate per la progettazione di un chip microarray che contenga geni specifici degli ambienti marini profondi. I geni target scelti sono i seguenti: Per quanto riguarda il ciclo dello zolfo, sappiamo che questo elemento tende ad accumularsi nei sedimenti marini dove si trova in grandi quantità. I bacini anossici sono sede di un’elevata riduzione/ossidazione dello zolfo, per questo motivo sono stati scelti i geni dsrA/B, che codifica per la sulfito reduttasi, APS il codifica per l’ adenosinae-59-fosfosolfato reduttasi e il gene APS che codifica per l’APS reduttasi. I tre geni nel loro insieme sono responsabili della completa riduzione del solfato ad idrogeno solforato (H2S). Per il ciclo dell’azoto, invece, abbiamo scelto i geni AmoA ed Ure. Il primo codifica per l’ammonio monoossigenasi l’enzima che interviene nell’ossidazione batterica dell’ammonio. E’ stato visto che i bacini anossici sono sede di un’intensa attività ammonio ossidante associata ai Crenarchaeota, molto probabilmente questo composto è utilizzato come accettore di elettroni per la fissazione della CO2 in assenza di luce; il gene Ure, è potenzialmente associato a questo processo. Per il motivo sopracitato per il ciclo del carbonio e stato scelto il gene cbbl, che codifica per la ribulosio bifosfato carbossilasi/ossigenasi, la forma I della RuBisCo, l’enzima che catalizza la prima tappa del ciclo di Calvin, cioè l’organicazione della CO2. La presenza di questo enzima, associato ad amoA fornisce una prova di un’intensa attività di chemoautotrofia. Come indice dell’attività metanogena è stato scelto il gene mcr che codifica per l’enzima metil Co M reduttasi, il quale catalizza l’ultima tappa della metano genesi. Le aree oggetto di studio, sono state quelle relative ai bacini anossici ipersalini (DHABs) L’Atalante e Medea per quanto concerne gli ambienti estremi, e del Mediterraneo orientale per quanto riguarda le acque profonde.
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Silvestri, Fausto. "Motilità e criopreservazione di spermatozoi di organismi marini: applicazioni biotecnologiche in acquacoltura ed ambiente." Tesi di dottorato, 2013. http://www.fedoa.unina.it/9415/1/Tesi%20Silvestri%202013.pdf.

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Abstract:
In most aquatic organisms, especially those that have external fertilization, sperm motility is a fundamental parameter for the success of fertilization. In fact the knowledge of sperm motility can be very useful in the aquaculture and ecotoxicological sectors improving breeding procedures, cryopreservation protocols and spermiotoxicity assays. In this sense, this study aimed to: (1) obtain the basic knowledge on sperm motility of aquaculture marine organisms; (2) propose and optimize protocols for sperm cryopreservation; (3) propose and optimize ecotoxicological tests using cryopreservated sperm. For this we used the Mediterranean native organisms Mytilus galloprovincialis, Tapes decussatus, Paracentrotus lividus and Sparus aurata, the alien molluscs cultured in Italy Crassostrea gigas and Tapes philippinarum and the Brazilian native molluscs Perna perna, Crassostrea brasiliana, Crassostrea rhizophorae and Nodipecten nodosus. N. nodosus, M. galloprovincialis and T. decussatus showed the best performance in the general evaluation of physiological parameters of sperm motility. In general the method of sperm acquisition affected the performance of sperm motility of the studied species. For some species, the stored sperm at low temperatures for a short period has proved viable after activation. The N. nodosus sperm showed good viability to cryopreservation through the addition of EG 7% for 10 minutes of adaptation at room temperature and freezing gradient of -6°C/min. A reduced sperm motility was observed after cryopreservation and thawing of P. lividus, P. perna and C. brasiliana. The ecotoxicological assay through S. Aurata cryopreserved sperm demonstrated a remarkable potential as an universal test in the evaluation of different aquatic ecosystems. The species M. galloprovincialis, T. decussatus and N. nodosus were considered as potentially useful with biological systems in spermiotoxicity tests.
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Ruggieri, Stefano. "Applicazione di metodologie di geofisica marina allo studio dei margini continentali in aree vulcaniche attive: carta magnetica di alta risoluzione del margine continentale campano-laziale tra i golfi di Gaeta e Napoli (Tirreno centro-meridionale) e correlazione con i principali lineamenti morfostrutturali." Tesi di dottorato, 2006. http://www.fedoa.unina.it/634/1/TESI_RUGGIERI.pdf.

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Abstract:
Questa tesi di dottorato costituisce un’applicazione di metodologie di geofisica marina (magnetometria e batimetria in particolare) mirata allo studio geologico delle aree vulcaniche attive nel margine continentale Campano-laziale (Tirreno Centro-Meridionale) attraverso la costruzione di una carta delle anomalie magnetiche di alta risoluzione del Golfo di Napoli e del settore marino tra l’isola d’Ischia ed il Golfo di Gaeta. Il rilievo magnetometrico utilizzato nella tesi di dottorato è stato acquisito dall’Istituto per l’Ambiente Marino Costiero (IAMC), del CNR di Napoli, nel corso di varie crociere oceanografiche effettuate a bordo delle navi oceanografiche Urania e Thetis e presenta una copertura spaziale molto più fitta dei rilievi aeromagnetici precedenti. Nel Golfo di Napoli e nel tratto di mare dall’isola d’Ischia a Gaeta, questo ha reso possibile la costruzione di una carta delle anomalie magnetiche di alta risoluzione che mostra complessi campi di anomalie associati sia a strutture subsuperficiali di natura vulcanica (com’è confermato dall’analisi di profili sismici a riflessione acquisiti su linee di navigazione parallele alla magnetometria) che ad alti morfostrutturali anch’essi vulcanici e ben evidenti nelle carte morfobatimetriche delle due aree. Si vuole mettere in risalto la alta risoluzione delle mappe delle anomalie magnetiche presentate, in quanto, oltre alla densità di dati acquisita, ogni singolo passo dell’elaborazione è mirata al miglioramento statistico degli errori: considerando che gli scarti, calcolati nei punti di intersezione tra i profili, contengono errori di tipo casuale e sistematico, vengono mostrati diversi grafici che testimoniano un andamento a campana della curva degli errori, i quali, passo dopo passo, diminuiscono in intensità e si addensano prevalentemente intorno allo zero. Possono risultare interessanti alcuni esempi, nei quali vengono mostrati dei confronti, eseguiti su profili magnetici e batimetrici, tra la funzione segnale analitico applicata ai dati magnetici e le profondità stimate tramite il metodo di Eulero. Le profondità rispettano alcune risultanze, derivanti dall’interpretazione di profili sismici, suggerite da autori precedenti, ad esempio per l’anomalia al largo della foce del fiume Volturno. Inoltre, ove possibile il confronto con i profili sismici acquisiti in contemporanea alla magnetometria, ci sono delle conferme importanti riguarda alla natura dei corpi e, in particolare, la correlazione con l’anomalia al largo di Torre del Greco. I profili e le mappe batimetriche presentate vengono estratti da un dataset, acquisito tramite il sonar Multibeam, acquisito dall’IAMC nel corso di varie campagne oceanografiche mirate alla ricostruzione dei fondali della Regione Campania nell’ambito dei progetti di cartografia geologica nazionale in scala 1:25.000. Lo strumento permette una copertura accurata del fondale indagato fino a raggiungere un accuratezza di poche decine di centimetri.
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TARTUFERI, Emanuele. "L'impronta ecologica della Regione Marche." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251180.

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Abstract:
Il lavoro di ricerca si basa sul metodo di calcolo dell'impronta ecologica, un indicatore complesso che permette di stimare l'impatto di una determinata popolazione sull'ambiente attraverso il consumo di risorse e la richiesta di assimilazione di rifiuti da parte di una determinata popolazione e di esprimere queste grandezze in termini di superficie di territorio produttivo corrispondente. La tesi è divisa in tre singoli lavori accademici: nel primo viene introdotta la metodologia di calcolo e vengono passate in rassegna le principali applicazioni dell'impronta ecologica su scala globale, nazionale e regionale. Vengono inoltre presentati gli altri indicatori affini e complementari all'impronta ecologica capaci di dare una misura al concetto di sostenibilità e di affiancare il PIL nel misurare la situazione economica e sociale di un paese. Infine vengono presentati i principali studi critici sull'impronta ecologica e le risposte da parte dei fautori e sostenitori di questo indicatore. Nel secondo capitolo viene calcolata l'impronta ecologica per la Regione Marche: oltre ad un approfondimento della metodologia di calcolo, con particolare attenzione alle realtà sub-nazionali, vengono presentati e discussi i risultati relativi al calcolo dell'impronta ecologica del 2011 e del 2001 per la Regione Marche, sia a livello aggregato che disaggregato, compresa la simulazione di possibili scenari per valutare eventuali benefici di strumenti atti alla riduzione dell'impronta ecologica. Nel terzo ed ultimo capitolo vengono calcolate le impronte ecologiche di tutte e quattro le regioni del Centro Italia per gli anni 2011 e 2001: vengono passati in rassegna i principali studi sulle impronte ecologiche regionali italiane e presentati e discussi i risultati aggregati e disaggregati delle regioni Marche, Lazio, Toscana ed Umbria attraverso la comparazione dei valori dell'impronta ecologica.
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