Academic literature on the topic 'Antropologia dei media'

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Journal articles on the topic "Antropologia dei media"

1

Di Grazia, Massimo. "Breve guida al counseling psicosessuale in chirurgia andrologica." RIVISTA DI SESSUOLOGIA CLINICA, no. 2 (November 2020): 67–82. http://dx.doi.org/10.3280/rsc2020-002004.

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Abstract:
La prospettiva della sessualità umana coinvolge un gran numero di dimensioni di diversa natura: biologica, psicologica, antropologica, sociale, relazionale, cultu-rale e interpersonale. Queste dimensioni sono importanti per la lettura della do-manda sessuologica e consentono un assessment psicosessuologico del pazien-te/cliente/utente e la valutazione dell'idoneità ad essere sottoposto ad un interven-to di chirurgia andrologica. La lettura della domanda sessuologica, eseguita dal clinico, permette di rendere più consapevoli i pazienti/utenti/clienti prima del trat-tamento e consolida il rapporto di fiducia in quanto permette un care to care del soggetto. È necessario che il clinico sviluppi una particolare attenzione riguardo al "Saper Ascoltare ed al Saper Domandare". Il clinico si può anche avvalere di strumenti di misura sia psicologici sia sessuologici che gli consentono di aumentare la compliance di presa in carico dei pazienti/utenti/clienti. È opportuno che il clini-co ponga particolare attenzione alle complicanze e agli esiti attesi e non attesi dai pazienti/utenti/clienti, della chirurgia andrologica o di qualsiasi altro trattamento. Per un buon raggiungimento di soddisfazione dei pazienti/utenti/clienti sono importanti sia la significazione vitale che la ricontestualizzazione affettiva dei sog-getti stessi e questo deve essere tenuto conto sia da parte della terapia medica-farmacologica e/o chirurgica e sia dalla terapia psicosessuologica. I migliori risulta-ti terapeutici si ottengono con un approccio pluridimensionale e pluridisciplinare, proprio perché la sessuologia non è una scienza autonoma ma si fa contaminare da tante altre discipline.
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2

Pellegrino, Edmund D. "Le decisioni al termine della vita: uso ed abuso del concetto di futilità." Medicina e Morale 51, no. 5 (October 31, 2002): 867–95. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2002.684.

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Abstract:
Il presente articolo, intende suggerire che l’uso appropriato del termine “futilità” possa costituire un utile ponte fra la formulazione etica dei termini ordinario/straordinario e la decisione da prendere talora al termine della vita. Futilità in senso clinico significa semplicemente che una malattia o sindrome si è evoluta a un punto tale da rendere ormai inutile un intervento medico che era stato proposto per il bene del paziente. L’articolo si divide in tre parti: 1) delineazione del concetto di futilità; 2) delineazione dei suoi abusi all’interno di particolari decisioni cliniche; 3) definizione del suo uso proprio nel contesto della antropologia e dell’etica medica cattolica. Correttamente interpretato il termine “futilità”, come guida prudenziale all’interno di limiti morali specifici, può essere d’aiuto per recuperare e spiegare la persistente importanza dei termini tradizionali ordinario e straordinario, proporzionato e sproporzionato. Questi termini sono centrali nell’insegnamento del Magistero Cattolico sull’assistenza alla fine della vita, e hanno fortemente influenzato le prospettive cattoliche successive riguardo alle decisioni di fine vita.
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3

Di Pietro, Maria Luisa, and Maddalena Pennacchini. "La comparsa della bioetica nei Codici di Deontologia medica italiani: profilo storico e analisi dei contenuti." Medicina e Morale 51, no. 1 (February 28, 2002): 29–62. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2002.711.

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Abstract:
Negli ultimi anni è divenuto sempre più evidente il legame tra la deontologia medica e la bioetica. La deontologia ha recepito i messaggi della bioetica ed ha abbandonato la funzione di puntuale inventario delle leggi e delle regole attinenti la professione, mentre essa ha acquisito dignità di sostegno e di guida ad una buona pratica medica. Ma questa attenzione è recente, oppure è rintracciabile anche nei vari codici di deontologia medica pubblicati in Italia nel corso del XX secolo? L’analisi dei Codici di Deontologia medica italiani ha messo in evidenza uno specifico interesse per i temi propri della bioetica a partire dal Codice del 1978. Non si tratta, però, solo della scelta dei temi. La riflessione deontologica ha fatto propria anche la metodologia bioetica. Per cui i Codici danno indicazioni sull’agire del medico partendo da un ben preciso riferimento antropologico: il rispetto della persona umana e dei suoi diritti. Ciò nonostante, la soggettività dei diritti non è riconosciuta prima della nascita, quindi sono giustificati sia l’aborto sia le tecniche di fecondazione artificiale. Inoltre, la dignità professionale del medico non è sempre salvaguardata, infatti, in nome del rispetto dell’autonomia, essa viene subordinata alle decisioni del paziente. Questo rappresenta un paradosso dei Codici deontologici, i quali hanno come scopo principale quello di vietare i comportamenti dannosi per il “buon nome” della categoria.
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4

Cipressa, Salvatore. "La professione infermieristica: considerazioni etico-deontologiche." Medicina e Morale 52, no. 2 (April 30, 2003): 283–97. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2003.671.

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Abstract:
Per qualificare il servizio sanitario e per mantenere un buon livello di professionalità degli operatori sanitari sono necessari sia strumenti tecnicoscientifici, sia una adeguata formazione etico-culturale, che faccia riferimento ad una antropologia cristianamente fondata, che possiamo definire personalista. Si richiede che si abbia una visione integrale dell’uomo e della sua vocazione che “non è solo naturale e terrena, ma anche soprannaturale ed eterna”. Nell’articolo – facendo riferimento a questo modello antropologico – l’Autore delinea alcuni atteggiamenti e comportamenti morali che caratterizzano la professione infermieristica e tracciano l’identità e la figura professionale dell’infermiere. Ne segue che l’infermiere vive con umiltà e correttezza la sua professione, contribuisce a umanizzare l’assistenza sanitaria, considera l’ammalato una persona da amare, ama la vita e si pone a servizio di essa, si impegna in una formazione permanente e collabora con l’équipe medica. Egli è il buon samaritano dei nostri giorni, che si ferma accanto all’uomo ferito, facendosi suo “prossimo” nella carità (cf. Lc 10, 29-37). Nel suo rapporto professionale, l’infermiere è chiamato ad instaurare con la persona ammalata una relazione di aiuto vera, competente e terapeutica. Tale relazione costituisce l’essenza della professione infermieristica ed è una relazione particolare di natura etica, che possiamo definire “un incontro tra una fiducia e una coscienza. La ‘fiducia’ di un uomo segnato dalla sofferenza e dalla malattia e perciò bisognevole, il quale si affida alla ‘coscienza’ di un altro uomo che può farsi carico del suo bisogno e che gli va incontro per assisterlo, curarlo, guarirlo”. Per l’infermiere a cui sta a cuore il perfetto esercizio della professione infermieristica, Gesù Cristo è il modello etico-deontologico di riferimento per testimoniare la carità, che ha nella cura e nell’assistenza dei malati la sua peculiare espressione. Esercitando la sua professione con scienza e coscienza, l’infermiere esprime e testimonia la carità di Cristo.
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5

degli, Uberti Stefano. "Da "Modou modou a Européen": rappresentazioni e auto-rappresentazioni. Il caso delle "migrazioni clandestine in piroga" dal Senegal." MONDI MIGRANTI, no. 3 (March 2011): 99–116. http://dx.doi.org/10.3280/mm2010-003007.

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Abstract:
Dal 2005 ad oggi, le onde dell'oceano Atlantico che si infrangono sulle coste del Senegal, del Gambia e della Mauritania, sono state solcate da decine di migliaia migranti (per la maggior parte senegalesi) che a bordo di piroghe hanno fatto rotta verso l'arcipelago spagnolo delle isole Canarie, rischiando la loro vita per "gagner l'Europe". Molti di essi, senza regolari documenti di espatrio, dopo aver trascorso un periodo di fermo temporaneo, sono stati forzatamente rimpatriati. In Senegal il fenomeno delle migrazioni in piroga ha innescato un meccanismo di produzione sociale di immagini e discorsi sull'emigrazione e sulla figura del migrante in rapporto all'"Altrove" europeo. Questo articolo desidera esplorare, in una prospettiva etno-antropologica, queste rappresentazioni/auto-rappresentazioni attraverso un'analisi che fa dialogare i significati veicolati dai media senegalesi e le narrazioni di migranti e non-migranti. Questa "dialettica del quotidia-no" ci racconta delle ambivalenze e delle trasformazioni in corso nella societŕ senegalese; mostra il ruolo assunto dal fenomeno delle migrazioni in piroga nel segnare un'inversione nella rappresentazione celebrativa del migrante. Lo studio delle costruzione sociale del migrante emerge allora come un terreno fertile per far luce sull'Altra sponda delle migrazioni e per interrogare le retoriche ufficiali sulle "migrazioni clandestine" dall'Africa.
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6

Morocutti, Paolo. "Correlazioni positive tra spiritualità e salute: i risultati di alcune indagini / Positive correlations between spirituality and health: results from some surveys." Medicina e Morale 68, no. 1 (April 10, 2019): 41–54. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2019.566.

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Abstract:
La dimensione religiosa dell’uomo contribuisce in modo sostanziale al mantenimento della condizione medica generale, migliorando e preservando la qualità della vita. Quanto fa bene la fede? La preghiera fa ammalare meno e guarire prima? La partecipazione ai servizi religiosi porta realmente un effetto positivo sulla salute? Gli studi esaminati in questo articolo sembrano rispondere affermativamente a queste domande, evidenziando la stretta correlazione tra religiosità/spiritualità, salute e benessere fisico e psicologico. L’impatto antropologico e sociologico di tale realtà conduce ad evidenti riflessioni storiche e filosofiche, ma anche mediche e bioetiche, generando l’esigenza di una profonda trasformazione nella formazione del personale sanitario, dove l’aspetto religioso o spirituale non è ritenuto importante, né rilevante nell’approccio medico per la cura e l’assistenza del paziente. Nonostante ciò, numerosi studi approfondiscono ed attestano l’importanza di questo aspetto sia dei singoli, sia dell’intera popolazione. ---------- Religious dimension of man contributes substantially to maintain general medical condition, improving and preserving quality of life. How good is faith? Does prayer make you sick less and get better sooner? Does participation in religious services actually have a positive effect on health? The studies examined within this article seem to answer positively to these questions, highlighting the close correlation between religiosity / spirituality, health and physical and psychological well-being. The anthropological and sociological impact of this reality leads to evident historical and philosophical as well as medical and bioethical reflections, generating the need for a deep transformation of health personnel training, where the religious or spiritual aspect are not considered as important, nor relevant for medical approach to patient’s care. Nevertheless, several studies address and highlight the importance of this aspect for both individuals and whole population.
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7

Furiosi, M. Loredana. "Etica della pace e bioetica." Medicina e Morale 51, no. 4 (August 31, 2002): 667–709. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2002.689.

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Abstract:
Esiste una connessione tra l’etica della pace e la bioetica? Lo scritto, muovendo da questo interrogativo, analizza dapprima le problematiche che coinvolgono strettamente tanto l’etica della pace quanto la bioetica. Lungo tre direttrici fondamentali che contemplano il rispetto dei diritti umani fondamentali, la giustizia sociale globale e lo sfruttamento della natura, si sono voluti evidenziare non soltanto le grandi sfide e i pericoli per l’attuazione della pace nel nostro tempo, ma anche la sfida e l’impegno concreto per la bioetica. Bioetica che, dal canto suo, come etica della vita e per la vita e come disciplina in dialogo con diversi saperi interessati al problema della vita umana e della biosfera, può dare un oggettivo contributo nel delineare delle coordinate etiche che possano permettere o quanto meno coadiuvare e corroborare il recupero di valori fondamentali per garantire la pace, il ripristino delle condizioni di dialogo per la pace, laddove siano state smarrite, la prevenzione della guerra, la efficace attività di educazione degli animi alla solidarietà, che porta a riconoscere l’altro come un altro me stesso pur nelle fenomeniche diversità. In tale direzione si è inteso analizzare come in particolare la bioetica personalista, basata su una fondata ontologia e specifica antropologia, possa, lontano da gratuite ingenuità e paralizzanti scetticismi, aiutare a costruire una “cultura di pace”, ponendo proprio alla sua base la centralità del valore della vita ed il bene integrale della persona. Nell’ultima sezione del lavoro si è volta poi l’attenzione a delineare quali possano essere i punti di contatto e di confronto tra l’etica della pace e l’etica medica, essendo il confine tra le due aree non invalicabile, anzi quanto mai, almeno per certi aspetti, sovrapponibile ed intersecabile. Si è posto l’accento su come l’etica medica in particolare e la bioetica possano essere strumenti di promozione alla pace, ovvero come il medico, il bioingegnere siano per loro intrinseca natura per la pace, proprio in virtù del fatto che sono anzitutto uomini di scienza a servizio dell’uomo stesso. Infine si è evidenziato come la medicina possa contribuire non soltanto alla costruzione della pace, soprattutto sul piano della prevenzione, ad esempio riguardo alle situazioni di guerra e di soccorso in caso di catastrofe e nel negare l’uso della stessa scienza medica per scopi sbagliati e abusi delle conoscenze, ma anche nell’ottica di un nuovo “giuramento” che vada oltre quello ippocratico, che tuteli tanto l’uomo sano quanto quello malato, nella più ampia prospettiva non soltanto di riumanizzare tutto il sistema sanitario, ma di garantire una reale giustizia sanitaria: entrambi punti nodali per la costruzione di una trama sociale egalitaria e pacifica.
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8

Torres Jiménez, Raquel. "La historia medieval de la Iglesia y la religiosidad: aproximación metodológica, valoraciones y propuestas." Vínculos de Historia. Revista del Departamento de Historia de la Universidad de Castilla-La Mancha, no. 8 (June 20, 2019): 67. http://dx.doi.org/10.18239/vdh_2019.08.04.

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Abstract:
RESUMENLa pretensión de este artículo es ofrecer una serie de reflexiones y valoraciones metodológicas sobre la historia medieval de la Iglesia y la religiosidad partiendo de algunos aspectos destacados de la producción historiográfica reciente y esbozar ciertas propuestas en la misma clave metodológica. Este ensayo reflexiona sobre temas, enfoques y perspectivas, sobre los niveles de estudio de lo religioso y sobre la integración de la historia de la Iglesia y la historia social, y aboga por una historiasocial de la Iglesia.PALABRAS CLAVE: Historia Medieval, Historia de la Iglesia y la vida religiosa en la Edad Media, Metodología histórica, Liturgia y sociedad, Tendencias historiográficas.ABSTRACTThe aim of this article is to offer a series of reflections and methodological evaluations on the medieval history of the Church and religiosity based on some outstanding aspects of recent historiographical production, and to outline certain proposals in the same methodological vein. This essay reflects on themes, approaches and perspectives, on the levels of study of the religious and on the integration of the history of the Church and social history, and advocates a social history of the Church.KEY WORDS: Medieval History, History of the Church and religious life in the Middle Ages, historical methodology, liturgy and society, historiographical trends. BIBLIOGRAFÍAAbad Ibáñez, J. A., La celebración del misterio cristiano, Pamplona, Eunsa, 1996.Andrés-Gallego, J., “Historia religiosa en España”, Anuario de historia de la Iglesia, 4 (1995), pp. 259-270.Araus Ballesteros, L. y Prieto Sayagüés, J. A. (coords.), Las tres religiones en la Baja Edad Media peninsular. Espacios, percepciones y manifestaciones, Madrid, La Ergástula, 2018.Arranz Guzmán, A., “Amores desordenados y otros pecadillos del clero”, en Carrasco Manchado, A. I. y Rábade Obradó, M. del P. (coords.), Pecar en la Edad Media, Madrid, Sílex, 2008, pp. 227-262.Asensio Palacios, J. 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Abstract:
El uso de murallas desde los primeros momentos de la sedentarización ha buscado el cierre de asentamientos y, aunque generalmente estas construcciones procuraban la protección de sus habitantes, pudieron jugar también un papel importante en aspectos como la demostración de fuerza o de independencia política, jurídica e incluso como ornamento. En el presente trabajo realizamos una visión diacrónica de las estructuras en piedra, con especial interés de aquellas estudiadas en el marco de los proyectos de investigación desarrollados por el Departamento de Prehistoria y Arqueología de la Universidad de Granada, mostrándose nuevos datos procedentes de nuestros archivos recientemente digitalizados y que permiten observar de una manera más detallada la fábrica de algunas de ellas, lo que demuestra los cambios de hábitos constructivos y su adaptación a los cambios culturales. Palabras Clave: Estructuras defensivas, Edad del Cobre, Edad del Bronce, Bronce FinalTopónimos: Península IbéricaPeriodo: Edad del Cobre, Edad del Bronce ABSTRACTThe use of walls from the earliest moments of sedentarisation has sought to enclose settlements and, although the goal of these constructions has generally been the protection of their inhabitants, they may have played an important role in aspects such as the demonstration of strength or political and legal independence, and even as ornamentation. This paper presents a diachronic view of stone wall structures, with particular focus on those studied within the framework of the research projects carried out by the Department of Prehistory and Archaeology of the University of Granada. New data from our recently digitalised archives are included, enabling us to observe in greater detail the construction of some of these structures, evidencing changes in building habits and their adaptation to cultural changes. 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Iannone, Roberto. "Bioetica e teatro per la vita: alla ricerca dei fondamenti epistemologici ed etici di un’Antropologia della Relazione." Medicina e Morale 60, no. 1 (February 28, 2011). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2011.180.

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Abstract:
In questo articolo la parola “crisi” viene posta come crisi della parola. L’angolo di osservazione di tale crisi è quello del Teatro. A partire dai fondamenti ontologici del Teatro abbiamo intrapreso un viaggio, in senso antropologico, che intende evidenziare tracce di Teatro nella vita quotidiana e nelle discipline che hanno come oggetto di studio la persona. Nel momento storico di rivoluzione biotecnologica e telematica e di “emergenza educativa”, la nostra proposta intende ri-valutare la qualità pedagogica del Teatro. Un Teatro ripensato, dunque, sia da un punto di vista rappresentazionale che pedagogico. Da questa seconda riflessione ne viene la proposta di un Teatro risolto totalmente in quella che abbiamo definito Antropologia della Relazione. Un’Antropologia di confine con solide basi scientifiche, umanistiche e umanizzanti. Alla luce poi delle nuove, sofisticate, possibilità mass mediatiche abbiamo avanzato la nostra proposta di Teatro Personalista. La domanda che ci siamo posti e a cui abbiamo tentato di rispondere è se sia possibile sanare e come, nel nostro tempo, la rottura tra Etica e Morale. La difficoltà maggiore che abbiamo incontrato nel dimostrare la nostra tesi è stata di ordine pregiudiziale: il Teatro, l’attore, continuano ad essere compresi nel luogo della finzione. Definendo quello teatrale luogo della non-non verità siamo certi di aver aperto la strada per una rinnovata comprensione di quel fenomeno umano che l’ambiguità della parola Teatro non risolve ma che ostinatamente continuiamo a pensare e comprendere nella sua assoluta serietà. ---------- The word “crisis” in this article is set as word’s crisis. Theatre is the viewing angle of such crisis. We have undertaken a trip, in an anthropological sense, from the Theatre ontological rudiments; the journey aims to emphasize everyday’s Theatre life guidelines and all of those disciplines that have as goal the person’s study. In the historical moment of biotechnology and telematics’ revolution and “educational emergency”, our proposal intends to re-evaluate the educational quality of Theatre. A re-thought Theatre: in a pedagogical point of view together with a representational point of view. And it is by proceeding from this second reflection that comes out a project of a Theatre that finds its total solution in what we have called Relation’s Anthropology. A borderline anthropology with solid scientific, humanistic and humanizing foundations. Furthermore, we have advanced a proposal on a personalistic Theatre: this idea comes from what we can, in our days, find across the highly developed mass-media opportunities. The question we made ourselves and which we tried to answer is whether we can rectify and how, in this moment, the rupture between ethics and morals. The greatest difficulty we encountered in trying our thesis was of preliminary nature: the Theatre, the actor, continue to be considered only fiction. By defining the Theatre a place of non-non truth, we are now confident to have paved the way for a renewed understanding of that human phenomenon in which the ambiguity of the word Theatre doesn’t solve, but in which we obstinately continue to think and understand in its absolute seriousness.
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Dissertations / Theses on the topic "Antropologia dei media"

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COSTA, ELISABETTA IDA. "Mondi mediali e giornalisti: pratiche e rappresentazioni dei corrispondenti stranieri a Beirut." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2011. http://hdl.handle.net/10281/25725.

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Caliandro, A. "IL LAVORO AFFETTIVO DEI CONSUMATORI VOLTO ALLA CO-CREAZIONE DI VALORE SUI SOCIAL MEDIA: UN' INDAGINE NETNOGRAFICA." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2012. http://hdl.handle.net/2434/172622.

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Abstract:
The affective labor of consumers in regards to the co-creation of value onto social media: a netnographic enquiry This work is, ideally, divided in two part. In the first one I address some theoretical issues, basically reflecting upon the concept of affective labor featured by Autonomist Marxism and Elisabeth Wissinger. In the second one I address some methodological issues, basically re-elaborating the netnographic method of Robert Kozinets. The aim of my thesis has been to study and understand in a systematic way the affective labor performed by consumers onto the social media, intended as a leading practice of co-creation of value. On one hand I define ‘affective labor’ as the ability of a social group, situated in a contingent social context, to arouse an affective flow and to fix it in transient shapes (emotions), in order to channel it toward a productive purpose. On the other hand I considered the ‘co-creation of value’ onto social media as an activity which pertains to the discourse of consumers rather than to the consumers per se. Therefore my guiding hypothesis: ‘Since the Internet is a discourse-created phenomena, it is hypnotizable that it would be a certain dynamic of consumer discourse at creating value, rather than the bodies of consumers’. Following this hypothesis I actually discovered that online co-creation of value not only depends on the discourse but also on a specific discursive dynamic hinged on as system of communicative frictions. As it is well-known online consumers create value since their communicative interactions are systematically monitored by companies, which (by means of techniques and devices for Sentiment Analysis) transform them in product innovation and brand reputation. Therefore my cognitive question: How do online consumers perform affective labor? Or, thorough which kind of practices online consumers do manage their affective investment in order to create that flux of information that companies harness and capitalize? In order to answer this qualitative question a drew on the netnographic method, basically developing a personal declination of it rather than just applying it. In order to do so I elaborated a ‘practice-based netnographic approach’, mainly drawing on Richard Rogers’ epistemological motto: ‘Follow the medium’. My empirical research has produced two key heuristics: the concepts of web tribe and narrations of self. On one hand, differently from classical tribal marketing, I conceive of a web tribe as a social space rather than a social group made out of people ‘in love with’ a particular brand. Specifically I define a web tribe as a flux of communication that: a) flows through and springs from specific ‘places’ of the 2.0 web (forums, blogs, social networks, etc); b) converges on specific brands or products; c) converges on specific topics of conversation. On the other hand I conceived of ‘narrations of self’ as common discursive practices through which the members of a web tribe valorise the brand and themselves. In this way online consumers interacting within a ‘tribal space’ come to converge on some shared practices by which defining the brand value and their identities, rather than on a specific brand value and on common definition of identity per se. Thus, I finally came out to the conclusion that the web tribe is a dispositif that catalyses and formalizes the affective flow of consumer; in this way the ‘tribal dispositive’ governs the affective labor of consumers organizing it in a form that is suitable to be harnessed and exploited by companies and brands.
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Sammarone, Federico <1991&gt. "Un islam ascoltato. Antropologia del paesaggio sonoro della medina di Fez (Marocco)." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/12500.

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Abstract:
La tesi coniuga due filoni di analisi antropologica, l’antropologia urbana e l’antropologia dei sensi, concentrandosi sul problema di costruire un’etnografia del paesaggio sonoro di una città. Essa si propone, dunque, di delineare un’esplorazione uditiva della medina di Fez, seguendo le voci della città (espressione parafrasata da Le voci di Marrakech di Elias Canetti) fino ad individuare le pratiche sonore quotidiane come nodi di una rete. La rete urbana, però, non è composta solo di suoni, ma anche e soprattutto di significati. In questo senso, la prima fonte di suoni significanti e pregnanti per la medina di Fez risulta essere l’islam, che poggia qui su una tradizione millenaria. Una città islamica, dunque, capace di modellare la struttura percettiva e uditiva dei suoi abitanti, insegnando loro l’apertura e l’ascolto.
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CASINI, Anna Iliana. "Simultaneità dei Concetti Levallois e Kombewa nel Paleolitico medio di Orentano (Colline delle Cerbaie – PISA)." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2014. http://hdl.handle.net/11392/2389044.

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Abstract:
Abstract The purpose of this research is a comparative analysis of the lithic collections coming from the archaeological surface sites of Orentano (PISA), referring to the Middle Palaeolithic. The project has three main topics: 1. the techno-­‐economic and typological analysis of the lithic material, paying particular attention to the Levallois finds; 2. the identification and study of products resulting from débitage Kombewa; 3. the taphonomical approach, the analysis of the preservation state, the modification of surfaces and the observation of the techno-­‐typological characteristics of all the lithic material. The final goal is to have a complete picture of the similarities and differences between the two débitage (Levallois and Kombewa) and the real involvement of débitage Kombewa in the Middle Palaeolithic. Regarding the finds derived from débitage Kombewa, the observation was based exclusively on those materials that showed remains of the ventral face referable to this method, recovered in the surface lithic mass (cores, flakes retouched and not retouched). Were omitted from the analysis all those finds considered as débris. The techno-­‐economic study has allowed us to advance a number of very important considerations to determine the relationships between the various surface collections: the definition of the methods used and the products researched, within the individual surface collections, allowed us to emphasize a technical behaviour constituted by an uniform basis, essentially, that of débitage S.S.D.A. and some variants rather significant, such as those of débitage Levallois, discoid and Kombewa sensu lato. The main term of techno-­‐typological comparison is represented, above all, by the other surface collections of Cerbaie, subsequently, from Mousterian stratigraphic sites of the regional context and, for the débitage Kombewa sensu lato, comparisons are made only at the national level, since that this method was not, for the moment, yet addressed in studies of Mousterian lithic industries of Tuscany. The industries of Orentano found plenty evidences, especially, in the industries of Cerbaie, all surface stations, refer to the Mousterian but with different distinctions: all these different features, probably, may be charged with an attendance of Cerbaie at different times; less likely, however, it’s the hypothesis of artefacts differentiation linked to the activities in the various sites. Exclusively for Kombewa materials, it appears that the industries of Orentano find plentiful evidence in the Italian Mousterian industries where this débitage existents with this amount and percentages, sometimes really scarce, but it takes, always, a position complementary and non-­‐ intentional (secondary chaîne opératoire) in the methods of exploitation of the raw material. Abstract The “débitage S.S.D.A.” or “opportunist” is the method that represents the best strategy for the production of flakes at not-­‐predetermined morphology and it indicates the production method much more significant in the lithic production of Orentano. The débitage Levallois has been used lesser and its products have not been retouched so regularly. The negligible presence of discoid method could prove its unintentional research by those who knaps but, rarely, the final consequence of a Levallois production. Regarding the débitage Kombewa sensu lato, the arisen data have been satisfactory to affirm the non-­‐intentional production of such material: in fact, it appears to be a secondary chaîne opératoire, existent with percentages not really significant in all sites.
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BELLUTO, Martina. "Prendersi cura. Un'analisi antropologica dei bisogni di salute nelle cure intermedie e di prossimità." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2021. http://hdl.handle.net/11392/2488243.

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Abstract:
L’esigenza di saper raccogliere i bisogni degli attori sociali e il loro mutamento è un tema all’ordine del giorno nel campo delle politiche sociali e sanitarie contemporanee, resosi ancora più evidente con l’avanzare della pandemia di Covid-19. Con l’insorgenza di bisogni di salute sempre più complessi legati all’aumento delle malattie croniche, delle disuguaglianze e delle trasformazioni che investono i rapporti sociali, i sistemi sanitari si trovano oggi ad affrontare un profondo processo di rinnovamento, che richiede di sviluppare sia strategie per far fronte all’imprevisto in termini di preparedness, quanto diversi modi di pensare, fare e costruire la cura. Nell’ambito dei servizi sociali e territoriali, il personale medico-sanitario incontra una molteplicità di interazioni e informazioni che attraversano diversi campi di forza, in molte situazioni entrando in tensione con l’“istituito” della macchina amministrativa. In questo campo, la valutazione dei bisogni di salute dei pazienti chiama in causa una pluralità di professionisti che si muovono nella rete di cura e la sostanziano con un lavoro “vivo”, il quale difficilmente trova uno spazio di riconoscimento a livello istituzionale. Sebbene il concetto di bisogno sia assunto come riferimento costante, sono rari i casi in cui questo tema venga esplorato in modo approfondito nelle sue dimensioni relazionali, pratiche e soggettive. All’interno della biomedicina, le molteplici dimensioni del bisogno tendono piuttosto a essere misurate e categorizzate per fini diagnostici. Una modalità diversa da come spesso questi sono vissuti, narrati e significati all’interno dell’esperienza di malattia, sia da parte dei pazienti che dei loro caregiver, operatori sociosanitari inclusi. Attraverso un’analisi etnografica delle cure intermedie e di prossimità realizzata tra la Regione Emilia-Romagna e il Brasile, la ricerca intende offrire una riflessione antropologica dei bisogni di salute in quanto “fatti biografici e sociali”, con l’obiettivo di avanzare alcuni strumenti e proposte metodologiche riguardanti l’innovazione nei processi di lavoro nel campo dei servizi sociosanitari, in un’ottica centrata sulla dinamicità relazionale e collettiva delle pratiche di cura. Nel testo sono trattati, in particolare, casi studio raccolti nel corso della collaborazione con le professioniste e i professionisti degli Ospedali di Comunità. Queste strutture, nate solo recentemente nel contesto italiano, sono dedicate alle cure intermedie, una forma di assistenza integrata tra l’ospedale e il domicilio, volta a coordinare al meglio azioni longitudinali di intervento sul territorio.
The need to identify the needs of social actors and their change is a current topic in contemporary social and health policies, even reinforced by the spread of the Covid-19 pandemic. With the emergence of complex health needs related to chronic diseases, new inequalities, and the transformations of social relations, health systems face a renovation process that requires strategies to cope with preparedness and different ways of thinking, doing and building care. Health professionals deal with varying interactions and communications, often in tension with what is "established" by welfare administrations. In this field, assessing patients'health needs requires a plurality of professionals, who dynamically move in the network of care. Professionals substantiate it with living labour, rarely finding the space for it to be recognised at the institutional level. Although health policies made constant references to the concept of need, there are only a few cases in which this issue is explored in-depth in its relational, practical, and subjective dimensions. The multiple dimensions of need in the biomedical domain tend to be measured and categorised for diagnostic purposes, not converging with the way they are lived and experienced by patients and their caregivers – professional ones included. The research aims to offer an anthropological analysis of health needs as "biographical and social facts" through an ethnographic analysis of intermediate and proximity care between Emilia-Romagna and Brazil. It aims to observe and reflect on health needs as "biographical and social facts", advancing methodological tools and proposals for professionals based on a relational and collective approach to health. The case studies here observed deal in particular with Community Hospitals and their workers. These are structures for intermediate care, recently adopted in the Italian context, promoting integrated forms of health care, and providing coordinated and community-based interventions.
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Freire, Sánchez María Raquel. "Comprensión representacional del conflicto ambiental en torno a la instalación del proyecto minero pascua lama. Una mirada a partir de las representaciones de los agentes implicados." Tesis, Universidad de Chile, 2009. http://repositorio.uchile.cl/handle/2250/106150.

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Abstract:
La presente investigación pretende entregar un aporte a la comprensión del debate público sobre el manejo del recurso hídrico -en el contexto de aplicación del Tratado de Integración y Complementación Minera entre Chile y Argentina-, recurso que hoy ocupa un lugar central en el debate ambiental a nivel mundial. El objetivo de investigación fue la comprensión del espacio del conflicto Pascua Lama a través de las representaciones con que los agentes lo constituyeron, en relación con las nuevas condiciones inauguradas por dicho tratado. Metodológicamente, construí una muestra en red y realicé entrevistas en profundidad, semi-dirigidas, que analice en base a un marco teórico relativo a las dinámicas de producción representacional, en el que puse énfasis en los aspectos procesuales, relacionales y contextuales del conflicto. Dentro de los resultados obtenidos expongo las dos principales representaciones elaboradas durante el conflicto. La primera es una sobre la vulnerabilidad del agua y su relación con la minería, a nivel transnacional y la necesidad de su defensa en el nivel regional. Lo que es interpretado diferencialmente por opositores y partidarios al proyecto, dependiendo de su visión del conflicto como campo. La segunda, es la representación sobre un denso sociograma de relaciones familiares, políticas y económicas existente entre los agentes partidarios a la instalación de la mina. Además, expongo el completo rediseño -hecho por la empresa Barrick Gold-de la faena minera, y la conversión de Pascua Lama en un proyecto de intervención socioeconómica del Valle del Huasco. Así como las estrategias de difusión y alianzas desplegadas por los agentes en el conflicto, que contemplaron la formación de redes entre organizaciones con experiencias similares (en la oposición), y la puesta de capitales –por parte de la empresa-a disposición de las estructuras institucionales de representación legal, bajo la figura de la coadministración
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Sepúlveda, Olea Javiera. "Percepción del Tiempo Escolar en Jóvenes de Tercero y Cuarto Medio en Establecimientos Humanista-Científicos." Tesis, Universidad de Chile, 2009. http://www.repositorio.uchile.cl/handle/2250/106218.

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Alenany, Llanos Óscar. "Estudio del significado que le dan los alumnos de educación media al proceso de enseñanza y aprendizaje de las matemáticas." Tesis, Universidad de Chile, 2007. http://repositorio.uchile.cl/handle/2250/106044.

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LESMO, ILARIA ELOISA. "L'emergenza delle malattie rare e le nuove soggettività della cura. Biopotere, agency ed incorporazione nella produzione di nuovi saperi sul disagio." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2014. http://hdl.handle.net/10281/53871.

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Abstract:
La categoria di “malattie rare” emerse nei primi anni Ottanta, a seguito delle pressioni esercitate da alcune associazioni di volontariato statunitensi sul governo federale, in merito al problema dei cosiddetti “farmaci orfani”. Il concetto, pur non derivando da ambienti specificamente biomedici (l’accademia o la clinica), mirava a definire talune esperienze di afflizione contraddistinte da una serie di elementi peculiari. Esso riguardava un gruppo indefinito ed estremamente eterogeneo di patologie, caratterizzate da ridotti criteri di frequenza nella popolazione, e che pure nell'insieme interessavano un numero assai consistente, e sempre crescente, di individui. Nonostante la variabilità delle condizioni che li affliggevano, tali individui sarebbero stati accomunati da esperienze di isolamento, scarso riconoscimento e profonda incertezza, proprio a motivo della “rarità” dei loro disagi. Per rispondere alle esigenze di questi individui, pertanto, si sarebbero rese necessarie bio-logiche e bio-politiche peculiari, che avrebbero coinvolto contemporaneamente diversi gruppi di interesse: le istituzioni governative, le case farmacuetiche, le associazioni di pazienti, le accademie e gli istituti di ricerca. Nel corso di una decade le nuove pratiche discorsive inerenti alle “malattie rare” si diffusero in ambito internazionale. Esse produssero nuove logiche classificatorie, trasformarono talune pratiche clinico-terapeutiche, ridefinirono gli accessi a carriere e a fonti di finanziamento e attivarono nuove forme di biocittadinanza, nuovi centri di potere, nuove reti di alleanze e nuove modalità di inclusione/esclusione. Evidentemente gli stessi soggetti afflitti, così come gli operatori impiegati nell'ambito delle malattie rare, andarono appropriandosi in vario modo di tali discorsi, negoziando significati e pratiche ed iscrivendosi all'interno di dinamiche biopolitiche complesse. La mia ricerca etnografica ha inteso esplorare come la categoria di “malattia rara” abbia plasmato l'esperienza di alcuni soggetti (operatori e pazienti), intervenendo all'interno del sistema sanitario italiano, modellando le pratiche di cura e attivando specifici processi di soggettivazione. Il lavoro è stato condotto nell'ambito della Rete Interregionale delle Malattie Rare di Piemonte e Valle d'Aosta, e si è concentrato in particolar modo presso il Centro di Coordinamento Interregionale della Rete (CMID) e presso il principale policlinico pediatrico della stessa rete, l'Ospedale Infantile Regina Margherita. Nei due Centri condussi una serie di osservazioni, svolsi diverse interviste e partecipai a conferenze, riunioni e progetti incentrati sulle “malattie rare”. Nel corso della ricerca, la categoria di “malattie rare” emerse come uno strumento estremamente plastico che i diversi soggetti agivano di volta in volta per perseguire obiettivi differenti e spesso contrastanti. In particolare, in ambito biomedico vi si ricorreva per ricondurre disagi confusi e di difficile interpretazione ad una tassonomia riconoscibile, strutturando così una sorta di “pangolino biomedico” che esprimeva contemporanemante il rischio di sovvertire il sistema classificatorio in uso, il tentativo di controllare tale rischio, e i nuovi potenziali socio-culturali che pure ne scaturivano. Gli afflitti, dal canto loro, ricorrevano alle pratiche inerenti le malattie rare per ottenere legittimazione e volgere specifiche economie politiche e morali a proprio vantaggio, ma anche per accedere a forme di produzione del sapere che riconoscessero specifiche interpretazioni delle loro esperienze. In alcuni casi essi tentavano così di denunciare forme di sofferenza sociale o violenza strutturale, ricorrendo alle malattie rare per esercitare più efficacemente la propria agency. Per concludere il mio lavoro, ho infine voluto esplorare se, e in che misura, io sia riuscita ad introdurre la pratica antropologica all'interno di tale contesto di sapere-potere. Osservando la mia stessa partecipazione sul campo, ho quindi indagato come l'antropologia abbia potuto intervenire nelle nuove pratiche emergenti relative alle malattie rare, analizzando le potenzialità e le crisi che mi sono trovata ad affrontare, di volta in volta, in tale impresa.
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Morales, Aguirre Barbara. "Acción colectiva y nuevas formas de participación en el marco del conflicto socio-ambiental — Análisis del proceso experimentado por la Agrupación ciudadana “Por un Pichilemu Limpio”, VI Región, Chile." Tesis, Universidad de Chile, 2009. http://repositorio.uchile.cl/handle/2250/106238.

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Books on the topic "Antropologia dei media"

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Elizabeth, Higginbotham, and Andersen Margaret L, eds. Race and ethnicity in society: The changing landscape. Belmont, CA: Thomson/Wadsworth, 2006.

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Navarrete Cáceres, Carlos. Rosario Castellanos su presencia en la antropología mexicana. Universidad Nacional Autónoma de México, Programa de Investigaciones Multidisciplinarias sobre Mesoamérica y el Sureste, 2007. http://dx.doi.org/10.22201/cimsur.9703252699p.2007.

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Abstract:
Prolongadas estancias en Chiapas, el acceso a documentos oficiales, nuevas lecturas y pláticas con personas que la trataron durante su permanencia en San Cristóbal -custodios cariñosos de fotografías, cartas y recortes de periódicos- más la amistad personal con la escritora, dieron vida a este libro contraído alrededor de una recopilación antológica: nueve obras de teatro, un relato, dos notas educativas, dos ensayos y cuatro artículos, en los que la autora reflexiona desde la experiencia de su confrontación personal con la realidad de Chiapas, acerca de los propósitos y alcances del teatro guiñol para indígenas. A lo largo del texto se reproducen fragmentos de conversaciones y entrevistas, más una muestra hemerográfica con abundantes acercamientos a su poesía, y al ciclo narrativo chiapaneco, no siempre a resguardo de los encasillamientos “corriente indigenista”, “escuela nacionalista”, “tendencia regionalista”, de los que no participó. El indigenismo de los cincuenta, el círculo de los antropólogos en un medio de confrontación ladinos-indígenas, la “antropología aplicada” y el teatro guiñol, son algunos de los temas que contiene este libro.
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3

Gutiérrez Alfonzo, Carlos, ed. Conversaciones con Andrés Medina Hernández. Universidad de Ciencias y Artes de Chiapas. Centro de Estudios Superiores de México y Centroamérica, 2020. http://dx.doi.org/10.29043/cesmeca.rep.1021.

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Abstract:
En 1958, el doctor Andrés Medina Hernández hizo su primer viaje a Los Altos de Chiapas, a San Cristóbal de Las Casas. Tenía 20 años. Un año antes se había convertido en alumno de la Escuela Nacional de Antropología e Historia. Lejos estaba de imaginar que esa estancia de verano habría de marcarlo tanto. Nunca se ha apartado de esta tierra. La ha estudiado. La sigue pensando. Hace cinco años, por iniciativa de amigos, por uno de ellos, sobre todo, se planeó descifrar los senderos del antropólogo Andrés Medina Hernández. En una reunión, se preguntó quién conversaría con el doctor Andrés. De inmediato, levanté la mano para indicar que yo estaba dispuesto a pedirle que me hablara de sus primeros años de vida, de todo aquello que fue capturando en Ciudad de México, donde nació el 18 de enero de 1938.
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4

Lee Whiting, Thomas Arvol, Davide Domenici, Víctor Manuel Esponda Jimeno, and Carlos Uriel del Carpio Penagos, eds. Medio ambiente, antropología, historia y poder regional en el occidente de Chiapas y el Istmo de Tehuantepec. Universidad de Ciencias y Artes de Chiapas, 2009. http://dx.doi.org/10.29043/cesmeca.rep.106.

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Abstract:
El presente volumen es resultado de varios esfuerzos e igual número de enfoques y temáticas acerca de los mixes-zoques del occidente de Chiapas e Istmo de Tehuantepec y de los colonos de reciente filiación mayance que se han establecido en la porción fronteriza de Chiapas y Oaxaca. Los trabajos son producto colegiado de la línea de investigación “Arqueología, historia y poder regional en el occidente de Chiapas”, del cuerpo académico Patrimonio Sociocultural del Centro de Estudios Superiores e México y Centroamérica de la Universidad de Ciencias y Artes de Chiapas (CESMECA), así como de la red de relaciones académicas formadas a lo largo de varios años de investigación y colaboración con profesores e investigadores de otras instituciones de Chiapas, del país y del extranjero.
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Sánchez-Pástor, Franklin Marcelo, and Alba Susana Valarezo-Cueva. El Camino de regreso a casa. Una pedagogía del buen vivir desde la complejidad. Fundación Koinonía, 2022. http://dx.doi.org/10.35381/978-980-7792-59-2.

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Abstract:
La investigación nace como un espacio de reflexión en el Proyecto de investigación “Laboratorio de Antropología Social Lojano” de la Universidad Nacional de Loja y se presenta como una alternativa, en la búsqueda por alcanzar una vida en armonía, considerando la vida plena como medida del Buen Vivir. Que requiere un gran compromiso de las autoridades en los diferentes niveles políticos y educativos, a fin de alcanzar una operativización efectiva para llevarnos a una ecologización de saberes, de lo contrario correremos el riesgo de continuar aplicando el paradigma tradicional, lo que no genera cambios al estatus quo
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6

Orantes García, José Rubén. Derecho pedrano. Estrategias jurídicas en Los Altos de Chiapas. Universidad Nacional Autónoma de México, Programa de Investigaciones Multidisciplinarias sobre Mesoamérica y el Sureste, 2007. http://dx.doi.org/10.22201/cimsur.9789703245697p.2007.

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Abstract:
El autor analiza lo que denomina derecho pedrano como una acción simbólica, históricamente determinada y orientada hacia fines sociales. Para ello muestra la existencia de diferentes procesos discursivos dentro del ejercicio del poder y el papel desarrollado por el juez municipal de paz y conciliación indígena en San Pedro Chenalhó, Chiapas. Además de reflexionar acerca de los principales problemas teórico-metodológicos de la investigación en la antropología jurídica, este libro se adentra en el estudio del poder presente en un sistema jurídico indígena, fundamental para entender la organización conceptual del conflicto y los espacios legales híbridos en el medio rural de nuestro país. El estudio es, pues, una herramienta académica para quien incursione en el intrincado laberinto de las relaciones entre los derechos indígenas y el Estado mexicano.
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7

Maria Campos Vasconcelos Chehab, Isabelle, Mércia Cardoso de Souza, Fabiana de Paula Lima Isaac Mattaraia, Priscila Nottingham de Lima, Neide Aparecida de Souza Lehfeld, Andressa Regina Bissolotti dos Santos, Sara França Eugênia, et al. Os Novos Desafios dos Feminismos na Era Pós-Democrática. Lutz, 2021. http://dx.doi.org/10.47658/20210100.

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Abstract:
Uma coletânea plural, pautada sobre uma miríade de olhares, possibilidades e perspectivas, por intermédio de autoras que partem de múltiplos saberes, como o Direito, a Antropologia, o Serviço Social e as Ciências da Saúde, os quais, em alguma medida, se entrecruzam, reverberam e contribuem entre si – e para além de si, com o objetivo de lançar luz aos desafios dos feminismos nesta era pós-democrática tão complexa, representada, sobretudo, e infelizmente, pela centralidade da lógica mercantil e pelo parco apreço – ou completo desapreço – aos direitos humanos e à democracia substancial.
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8

Gutiérrez Casillas, Patricia, and José Rubén Orantes García. Reconfiguración de los espacios socioeconómicos. La Nestlé en el proceso histórico de Lagos de Moreno, Jalisco. Universidad Nacional Autónoma de México, Programa de Investigaciones Multidisciplinarias sobre Mesoamérica y el Sureste, 2006. http://dx.doi.org/10.22201/cimsur.9703239684p.2006.

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Abstract:
En este libro interactúan el análisis histórico y la ciencia regional con la finalidad de explicar la interrelación de la implantación y consolidación de una poderosa empresa trasnacional con los cambios estructurales acaecidos tanto en la producción agropecuaria regional (y por ende en su medio físico) como en la reconfiguración de la economía y la sociedad locales. Aunque predominan métodos de investigación procedentes de la historia y la antropología, el análisis también se impregna de enfoques sociológicos, económicos y geográficos, entre otros de las ciencias sociales.
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9

e-Corea. Teseo, 2018. http://dx.doi.org/10.55778/ts877231595.

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Abstract:
<p>Este libro es el resultado directo de la formación de recursos humanos en estudios de Corea y del Este asiático por medio de una plataforma educativa virtual coordinada desde la Universidad Autónoma de Nuevo León y desarrollada gracias al apoyo de la Korea Foundation. Los trabajos compilados en esta obra fueron presentados durante el <em>Primer Seminario de Estudiantes Argentinos del Korea Foundation e-School Program for Latin America: homenaje al profesor Jaime Silbert</em>. Los textos muestran la labor de graduados y estudiantes de la Universidad Abierta Interamericana, la Universidad Nacional de La Plata y la Universidad Nacional de Córdoba. La diversidad de temas, la pluralidad bibliográfica trabajada en cada artículo y la especificidad de profesionales y estudiantes de diferentes disciplinas –como la Ciencia Política, las Relaciones Internacionales, la Historia, la Sociología y la Antropología– brindan un análisis multidisciplinar sobre la problemática social, política y económica de Corea en el mundo globalizado de las primeras décadas del siglo XXI.</p>
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10

Jablonka, Ivan. ¿Qué es la historia? Teseo, 2019. http://dx.doi.org/10.55778/ts877860061.

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Abstract:
<p>¿Cómo pensar los grandes desafíos contemporáneos? ¿Cuál es el papel de los intelectuales en el mundo de hoy? ¿En qué medida la historia, la antropología, la filosofía y la sociología pueden aportar una luz original sobre las dinámicas sociales y los procesos históricos que estamos viviendo en la era global?</p><p>Tales son algunas de las preguntas que guían estos <em>Diálogos Transatlánticos</em> entre exponentes notables de la vida académica, provenientes de Francia y Argentina. Unos diálogos que manifiestan la profundidad de los vínculos intelectuales y afectivos que existen entre ambos países.</p><p>Durante este intercambio, el historiador Ivan Jablonka (Universidad de París 13) y el editor y ensayista Alejandro Katz reflexionan sobre las articulaciones entre historia, memoria, justicia, verdad y olvido como así también sobre el papel y la responsabilidad del historiador en la restitución y escritura de hechos traumáticos del presente y del pasado. Al recorrer la historia violenta de ayer y de hoy, evocan los debates alrededor de la categoría de genocidio y afirman la necesidad de hacer justicia a las víctimas del totalitarismo, contando no solo las condiciones de sus muertes sino también las pequeñas historias de sus vidas.</p><p></p><p class="no-indent"><strong>Dirección y edición:</strong> Guillaume Boccara • Octavio Kulesz</p><p class="no-indent"><strong>Traducción:</strong> Agustina Blanco</p><p class="no-indent"><strong>Entrevista filmada:</strong> <a href="https://www.youtube.com/watch?v=4EwenvbzF0w">https://www.youtube.com/watch?v=4EwenvbzF0w</a></p>
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Book chapters on the topic "Antropologia dei media"

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"La transparencia del medio." In Antropología de la imagen, 263–96. Katz Editores, 2007. http://dx.doi.org/10.2307/j.ctvm7bcgx.11.

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2

"Medio – Imagen – Cuerpo." In Antropología de la imagen, 13–70. Katz Editores, 2007. http://dx.doi.org/10.2307/j.ctvm7bcgx.5.

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3

Vendrell, Elisabet. "El medio ambiente." In De la antropología filosófica a la antropología de la salud, 467–88. Herder, 2016. http://dx.doi.org/10.2307/j.ctvt9k3zt.43.

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Conference papers on the topic "Antropologia dei media"

1

Chen, Luciana, and Myrna Arruda Nascimento. "Cuerpo, espacio y tiempo: (in) visibilidades en las obras de Kusama, Salat e Eliasson." In IV Congreso Internacional de Investigación en Artes Visuales. ANIAV 2019. Imagen [N] Visible. Valencia: Universitat Politècnica de València, 2019. http://dx.doi.org/10.4995/aniav.2019.9334.

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Abstract:
Las relaciones entre imagen, cuerpo y espacio teniendo en vista el interés creciente que la articulación entre tales dimensiones adquirió en la contemporaneidad, evidencia el papel de estos elementos en la interacción manifestación / destinatario o producción / público objetivo. El contexto actual reconoce la visibilidad como objeto de valor, y la imagen como protagonista y como medio para estudiar tal visibilidad, teniendo en vista las nuevas formas de interacciones relativas al cuerpo y al espacio, por ella elaboradas y reveladas. Sin embargo, teóricos del arte, estudios desarrollados a partir de las semióticas greimasiana y peirceana, de la antropología de la imagen, y de las artes visuales aplicadas en otros campos del conocimiento, revelan que algunos eventos estéticos modifican las nociones de tiempo y espacio en las salas de exposiciones, permitiendo al receptor una experiencia atemporal y desconectada de la habitual relación que el cuerpo establece con el espacio. Estas transformaciones derivadas de las vivencias cuerpo / espacio / tiempo, en las obras de artistas Yayoi Kusama, Serge Salat, Olafur Eliasson, exploran los límites de la visibilidad para crear campos de invisibilidad, en que las nociones de temporalidad y / o espacialidad se abstraen convirtiéndose rehenes de la experiencia subjetiva, parcial e imperfecta de cada espectador de sus instalaciones. Nuevas posibilidades de significados son descubiertas por los interactores al reconocer la imperfección como analogía para amplificar sus sensibilidades a los fenómenos que estimulan y desplazan la atención y los sentidos. Para esta reflexión investigamos a autores como A.J. Greimas (Da Imperfeição, 2002), E. Landowski (A sociedade refletida, 1992 e Interações Arriscadas, 2014), Jochen Volz (Olafur Eliasson: Seu corpo da obra, 2011). Serge Salat (Les labyrinthes de l'éternité, 2002) Philip Larratt-Smith &amp; Frances Morris (Yayoi Kusama: Obsessão Infinita, 2014).
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Albarran Gonzalez, Diana. "A través de los ojos del corazón: Mi aprendizaje tejido encarnado de Jolobil y Lekil Kuxlejal." In LINK 2021. Tuwhera Open Access, 2021. http://dx.doi.org/10.24135/link2021.v2i1.141.g277.

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Abstract:
Los puntos de vista coloniales modernos del Norte Global exageran la mente para la producción de conocimiento y la construcción de sentido sobre las diferentes dimensiones del cuerpo. En el Sur Global, diferentes onto-epistemologías reconocen que la comprensión va más allá de la mente como sentipensar (Fals Borda, 2009) y corazonar (Cepeda H., 2017; Pérez Moreno, 2012). Esta presentación analiza las ideas significativas del aprendizaje del tejido en telar de cintura ( jolobil) como un enfoque descolonizador. Durante mi viaje de investigación, un creciente deseo intuitivo de aprender jolobil se convirtió en una experiencia transformadora que cambió la dirección y contribuyó a la investigación de diferentes maneras. La reflexividad encarnada del jolobil que conecta cuerpo, mente, corazón y energía vital (espíritu) en la relación con las personas y el lugar permitió una toma de sentido holística del Lekil Kuxlejal, un equivalente maya Tsotsil y Tseltal del Buen Vivir. Considerando la importancia de las diferentes dimensiones del cuerpo para la toma de sentido y la presencia del corazón en las culturas mayas (y mesoamericanas), la documentación de mi aprendizaje de jolobil a través de “los ojos del corazón” sirvió como una ventana para experimentar no sólo el laborioso y complejo proceso del tejido en telar de cintura, sino también para permitir que los espectadores se sumerjan en el jolobil, una comprensión de mi aprendizaje corazonando. El jolobil, una práctica cultural precolonial enseñada por la diosa Ixchel, es actualmente una práctica viva directamente relacionada con el bienestar del tejedor como parte de una comunidad, y es un medio para reconectarse con la ascendencia y el patrimonio indígenas. También tiene fuertes dimensiones emocionales-afectivas donde los tejedores requieren paciencia y concentración para dejar fluir el corazón a través de los hilos, nutriendo y guiando el proceso proporcionando una sensación de armonía, bienestar y pertenencia. La práctica del jolobil se realiza con frecuencia en familia o en grupos, lo que permite la integración intergeneracional y la transmisión de conocimientos. Estos elementos, alineados con mi herencia cultural, se integraron a través de la inclusión de los miembros de mi familia durante la investigación de campo, una postura decolonial como mujer nativa latinoamericana. Otra contribución de mi experiencia encarnada fue usar el jolobil como una metáfora de investigación entretejiendo teorías, métodos y herramientas de diferentes disciplinas como la antropología, la sociología y el diseño junto con los conocimientos indígenas. Utilizando la descolonización como marco transversal, este enfoque metodológico entrelaza la etnografía visual-digital-sensorial, el co-diseño, la cosmovisión maya, los textiles como resistencia y el Zapatismo para la exploración de lo que constituye una vida justa y digna, Lekil Kuxlejal, para los tejedores Tsotsil y Tseltal mayas en colaboración colectiva y horizontal. Haciendo eco del apoyo del tejedor al telar con su espalda baja, el jolobil incluye el conocimiento a través de nuestro cuerpo y crea prácticas a través de la encarnación, el sentipensar y el corazonar, como la integración de nosotros mismos con el todo, a ser uno con el todo.
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Ramírez Rivera, Jessica Beatriz. "Prácticas Feministas en Museos y sus Redes Sociales en México: una respuesta ante la pandemia. Feminist Practices in Museums and their Social Networks in Mexico: a response to the pandemic." In Congreso CIMED - I Congreso Internacional de Museos y Estrategias Digitales. Valencia: Universitat Politècnica de València, 2021. http://dx.doi.org/10.4995/cimed21.2021.12631.

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Abstract:
El objetivo de esta comunicación es presentar algunas prácticas feministas que han hecho uso de las tecnologías en los museos de México, así como reflexionar en torno a la soberanía digital, los derechos culturales que se ejercen en las redes sociales y si estos se inscriben en la “internet feminista” desde los museos.En los últimos años, los movimientos feministas en México han tomado relevancia política, en ámbitos públicos y de intervención social. Muchas de ellas, han sido juzgadas negativamente por hacer uso de bienes culturales, lo cual ha desencadenado opiniones polarizadas.Si bien, la postura de los museos mexicanos a este respecto es reservada, existe una apertura a prácticas con perspectiva de género, desde sus investigaciones, oferta cultural y exposiciones temporales. Con las medidas de confinamiento derivadas del COVID-19, quedó claro que las estrategias de los museos para continuar sus actividades, se centraron y volcaron en las Redes Sociales y sus páginas web. Asimismo, se lograron continuar no solo con las prácticas con perspectiva de género que incipientemente se realizaban en estos espacios, si no que se incrementaron los contenidos de corte feminista y de acción política cultural.Entre los ejemplos más notables estuvieron la apertura de nuevos espacios virtuales como lo hizo el Museo Universitario de Arte Contemporáneo, con su Instagram Brillantinas MUAC, en donde se publican diversos materiales feministas desde la cultura y se ínsita al diálogo y la profundización de varios temas con perspectiva de género.Por otro lado, la actividad digital y cultural a raíz de la Conmemoración del Día Internacional para la Eliminación de las Violencias contra las Mujeres, fue adoptada por una gran cantidad de museos desde privados hasta estatales, ya sea con una mención al tema o una actividad o serie de actividades al respecto. Fue un ejercicio que trascendió a los 10 días de activismo y que obtuvo una interesante respuesta tanto negativa como positiva dentro de los públicos.Finalmente, uno de los ejercicios más interesantes que se lograron a pesar de las dificultades por la situación sanitaria, fue la iniciativa “Laboratoria: Mujeres en el Museo” lanzada por el Observatorio Raquel Padilla del Instituto Nacional de Antropología e Historia, que por medio de diversas herramientas digitales, se pudo llevar a cabo un ejercicio feminista y de soberanía digital en la elaboración de prototipos con perspectiva de género y para la prevención de las violencias contra las mujeres.-------- The objective of this communication is to present some feminist practices that have made use of technologies in museums in Mexico, as well as to reflect on digital sovereignty, the cultural rights that are exercised in social networks and if they are registered in the "Feminist internet" from museums.In recent years, feminist movements in Mexico have taken on political relevance, in public spheres and social intervention. Many of them have been judged negatively for making use of cultural property, which has triggered polarized opinions.Although the position of Mexican museums in this regard is reserved, there is an openness to practices with a gender perspective, from their research, cultural offerings and temporary exhibitions. With the confinement measures derived from COVID-19, it was clear that the museums' strategies to continue their activities were focused and turned over to Social Networks and their web pages. Likewise, it was possible to continue not only with the practices with a gender perspective that were incipiently carried out in these spaces, but also the contents of a feminist nature and of cultural political action were increased.Among the most notable examples were the opening of new virtual spaces such as the University Museum of Contemporary Art, with its Instagram Brillantinas MUAC, where various feminist materials from culture are published and the dialogue and the deepening of various issues are encouraged. gender perspective.On the other hand, the digital and cultural activity as a result of the Commemoration of the International Day for the Elimination of Violence against Women, was adopted by a large number of museums from private to state, either with a mention of the subject or an activity or series of activities in this regard. It was an exercise that transcended 10 days of activism and that obtained an interesting negative and positive response from the public.Finally, one of the most interesting exercises that were achieved despite the difficulties due to the health situation, was the initiative "Laboratory: Women in the Museum" launched by the Raquel Padilla Observatory of the National Institute of Anthropology and History, which through various digital tools, it was possible to carry out a feminist exercise and digital sovereignty in the development of prototypes with a gender perspective and for the prevention of violence against women.
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