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Dissertations / Theses on the topic 'Analisi funzionali'

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Dal, Corso Elia <1989&gt. "Giapponese e Ainu: due lingue a contatto - Analisi di alcuni aspetti sintattico-funzionali." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3867.

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2

Ibatici, Martina <1990&gt. "L'identificazione del DSL in età scolare: analisi delle categorie funzionali in narrazioni semispontanee." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/9557.

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Abstract:
La seguente ricerca si basa sull'analisi dei dati raccolti tramite un test di narrazione semispontanea sottoposto ad un gruppo di bambini a sviluppo tipico e con Disturbo Specifico del Linguaggio (DSL) di età compresa tra i 6 e i 13 anni. L'obiettivo dell'elaborato è svolgere un'analisi delle categorie funzionali secondo il quadro generativo, per verificare la capacità discriminativa del test narrativo tra queste due popolazioni linguistiche. Il test in questione è basato sul libro “Frog, where are you?” ed è stato sottoposto ai partecipanti dal Dott. Padovani, psicologo presso il Servizio di Neuropsichiatria Infanzia Adolescenza dell'AUSL di Modena, e dalla Dott.ssa Mestucci. L'elaborato inizia con una panoramica sull'acquisizione linguistica nei bambini a sviluppo tipico e con Disturbo Specifico del Linguaggio, ponendo particolare attenzione all'acquisizione delle categorie funzionali. La diversa età dei partecipanti allo studio è molto rilevante in quanto permette di seguire l'evoluzione linguistica in parallelo alla crescita anagrafica. Si procede poi con la descrizione dello studio condotto dal gruppo di ricerca di Modena, riportandone il numero di partecipanti, il materiale utilizzato, il metodo di somministrazione del test, i risultati ottenuti e le conclusioni. Nel corso della sua ricerca, l'équipe utilizza numerosi indici di valutazione relativi a tre diversi settori funzionali: struttura globale, struttura linguistica locale e meccanismi pragmatici. Il secondo settore risulta essere quello di maggiore rilievo ai fini della nostra analisi comparativa dei dati. Partendo dalle loro conclusioni, ovvero dall'idea che la valutazione delle competenze narrative dovrebbe diventare un indicatore per il monitoraggio e la valutazione di esito nei soggetti con DSL, si passa quindi alla verifica dell'efficienza del test narrativo per l'individuazione dei bambini con DSL. Questa verifica si sviluppa attraverso un'analisi qualitativa e quantitativa dei dati osservando, tra i vari aspetti, i contesti in cui le categorie funzionali sono maggiormente omesse o vengono prodotte in modo errato. Questa parte di elaborato si struttura in sezioni differenti, in base alla categoria funzionale presa in considerazione: determinanti, clitici e preposizioni. Di ciascuna categoria funzionale sono riportati i dati sia dei bambini a sviluppo tipico sia dei bambini con DSL e si procede con un confronto parallelo delle produzioni di entrambe le popolazioni. Vengono quindi illustrati i dati attraverso l'utilizzo di tabelle riepilogative e si passa alla discussione di questi e al confronto con la letteratura precedente. Lo stesso lavoro di analisi viene svolto con determinanti, clitici e preposizioni. Si passa infine ad un confronto tra le varie categorie funzionali per individuare quali sono maggiormente danneggiate e trarne le dovute conclusioni.
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3

Mazzini, Simone. "Studio del profilo microbico e di geni funzionali in carcasse di broiler mediante analisi metagenomica shotgun." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amslaurea.unibo.it/14621/.

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Abstract:
In questo studio si è applicata la metagenomica shotgun per valutare le popolazioni microbiche ed i geni presenti su carcasse di polli da carne. Le carcasse sono state ottenute da animali alimentati con una dieta di controllo, una dieta addizionata con 1500 unità di fitasi/kg di mangime ed una dieta con fitasi e 3 g/kg di inositolo. I metagenomi ottenuti hanno mostrato un numero medio di reads pari a 6816563, associate sia a geni per la classificazione tassonomica che a geni funzionali. La classe dei Gammaproteobacteria, principalmente rappresentata da Moraxellaceae, Enterobacteriaceae e Aeromonadaceae, è risultata la più abbondante in tutti i gruppi testati. La famiglia delle Moraxelaceae è risultata significativamente più elevata nel controllo rispetto ai gruppi trattati con fitasi. All’interno di questa famiglia, la specie Enhydrobacter aerosaccus è risultata significativamente più elevata nei gruppi trattati rispetto al controllo. Al contrario, Acinetobacter baumannii, Acinetobacter lwoffii e Acinetobacter calcoaceticus sono risultate significativamente inferiori nelle carcasse ottenute da polli alimentati con fitasi rispetto al gruppo di controllo. In relazione alla famiglia delle Enterobatteriacea, Salmonella enterica è risultata significativamente maggiore nei gruppi trattati con fitasi rispetto al controllo, mentre Enterobacter cloacae e Klebsiella oxytoca sono diminuite significativamente nei gruppi trattati. Nella famiglia delle Aeromonadaceae le specie Aeromonas hydrophila e Aeromonas salmonicida sono aumentate significativamente nei gruppi trattati con fitasi. In relazione all’analisi dei geni funzionali, effettuata con MG-RAST, si sono evidenziate differenze significative tra le carcasse analizzate con particolare riferimento ad alcuni geni associati a trasporto e metabolismo lipidico con abundance significativamente inferiore nei gruppi trattati rispetto al gruppo di controllo.
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4

Territo, Angelo. "Trapianto renale robotico: analisi degli aspetti chirurgici e dei risultati funzionali dalla sua introduzione alla sua standardizzazione." Doctoral thesis, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, 2020. http://hdl.handle.net/11380/1201018.

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Abstract:
Il trapianto renale (TR) è considerato il trattamento d’elezione per i pazienti affetti da insufficienza renale cronica terminale, grazie al maggior tasso di sopravvivenza e la migliore qualità della vita rispetto all'emodialisi. Ad oggi, l'approccio chirurgico a cielo aperto è considerato il gold standard della chirurgia del TR, nonostante la sua alta invasività e morbilità. Pertanto, la chirurgia minimamente invasiva può essere una valida alternativa, soprattutto in pazienti fragili, immunocompromessi ed obesi a causa del più alto tasso di complicanze. Le evidenze scientifiche a supporto del trapianto renale robotico (TRR) stanno aumentando rapidamente. Dalla sua prima descrizione nel 2010, si è dimostrato che il TRR è tecnicamente fattibile in diversi contesti clinici, tra cui nel caso di trapianto da donatore vivente e cadavere, nei pazienti obesi nonché in condizioni chirurgiche difficili (pazienti precedentemente sottoposti a chirurgia addominale, reni con vasi multipli e pazienti con malattia renale policistica autosomica dominante). Nel 2016, l'Associazione Europea di Urologia (EAU) ha creato il gruppo di lavoro dedicato al TRR (gruppo ERUS) al fine di valutare in modo prospettivo i risultati del TRR. Grazie alla collaborazione dei membri di questo gruppo, Breda et al. hanno pubblicato la più grande serie multicentrica di TRR; Territo et al. hanno analizzato e pubblicato i risultati funzionali ad un anno di follow-up; Vignolini et al. hanno dimostrato fattibilità del TRR con reni da donatore cadavere; Siena et al. hanno descritto la tecnica del TRR impiegando reni con vasi multipli; Decaestecker et al. hanno adottato la tecnica TRR per l'auto-trapianto di rene, riportando le più grandi serie di auto-trapianti in caso di stenosi ureterale complessa. Tenendo in considerazione gli analoghi risultati funzionali tra TR a cielo aperto e TRR, i vantaggi di quest’ultimo riguardano la minore lunghezza dell'incisione, il minor dolore post-operatorio, la minore perdita di sangue e il più rapido recupero post-operatorio. Inoltre, il TRR è associato a un minor rischio di complicanze post-operatorie, quali il linfocele e l'infezione della ferita. Ciononostante, ad oggi, non è stato condotto uno studio che paragoni i risultati funzionali e che quantifichi la risposta infiammatoria sistemica nel TR realizzato con tecnica convenzionale e nel TRR. Al fine di valutare questi aspetti, sono stati confrontati i risultati clinico-funzionali e i livelli sierici di marcatori infiammatori sistemici (proteina C-Reaction, interleuchina 6, lipoproteina associata alla gelatinasi neutrofila) in pazienti sottoposti a TRR e TR a cielo aperto. Inoltre, le precedenti esperienze in TRR hanno già dimostrato di non avere alcun impatto sulla curva di apprendimento di questa tecnica emergente, quando la procedura viene eseguita da chirurghi con esperienza sia in chirurgia robotica che nella realizzazione di anastomosi vascolari. Tuttavia, manca un unanime consenso sul modo ottimale di determinare la curva di apprendimento nel TRR. Sebbene tale tecnica sia già stata standardizzata dal gruppo ERUS, l'analisi della curva di apprendimento rimane difficile a causa della sua multifattorialità e delle diverse variabili che devono essere considerate. Pertanto, è stata analizzata la curva di apprendimento nel TRR valutando i risultati chirurgici e funzionali e le complicanze intra e post-operatorie nei cinque centri del gruppo ERUS con più alto volume chirurgico per TRR.
Kidney transplantation (KT) is considered the preferred treatment for patients with end-stage renal disease (ESRD) owing to the greater survival rate and better quality of life in comparison to hemodialysis. To date, the open approach has been the gold standard in KT, despite its invasiveness and high morbidity. In order to reduce the morbidity associated with the conventional open surgery, the minimally invasive procedure may be a good alternative, particularly in immunocompromised and fragile KT patients and even more important in obese recipients due to the higher complication rate. The scientific evidence supporting RAKT is growing rapidly. Since the first description in 2010, robot-assisted kidney transplantation (RAKT) has nowadays been shown to be technically feasible in different clinical settings, including living donors, obese patients, deceased donors, as well as in challenging surgical conditions (i.e. patients with previous abdominal surgery, grafts with multiple vessels and patients with autosomic dominant polycystic kidney disease). In 2016, the European Association of Urology (EAU) formed the EAU Robotic Urology Section (ERUS) RAKT working group in order to prospectively follow the outcomes of RAKT. Thanks to the collaboration of this group, Breda et al. published the largest multicenter series of RAKT; Territo et al. addressed the functional results at 1-year follow-up from living donors; Vignolini et al. developed a RAKT program with grafts from deceased donors; Siena et al. described the technique for RAKT in grafts with multiple vessels; Decaestecker et al. adopted the RAKT technique for kidney auto-transplantation, reporting the largest series for robot-assisted kidney auto-transplantation as a minimal invasive approach in case of complex ureteral stricture. In light of comparable graft and patient survival, the advantages of robotic kidney transplantation, in terms of incision length, post-operative pain, blood loss and time to recovery, are supported by robust evidence. In addition, RAKT is associated with a lower risk of specific surgical complications such as postoperative lymphocele and wound infection. Despite that, there is no study comparing the functional results and the quantification of the systemic response in open versus robotic KT. In order to explore this issue, clinical results (immediate vs. Delayed Graft Function) and systemic inflammatory markers (C-Reaction Protein, Interleukin 6, and Neutrophil Gelatinase-Associated Lipoprotein) were compared in robotic vs. conventional open KT. Furthermore, the previous experiences in RAKT has been shown to have no impact on the learning curve of this emerging technique, when the procedure is carried out by surgeons with experience in robotic surgery and vascular anastomosis. However, consensus has been lacking on the optimal way of determining the learning curve in RAKT. Although RAKT technique has already been standardized by the ERUS group, analysis of the learning curve remains difficult due to its multifactorial nature and the several variables that have to be considered. Therefore, the learning curve in RAKT was studied, evaluating surgical and functional results and intra- and postoperative complications in the five highest volume centers of the ERUS group.
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5

Bolzan, Anna <1979&gt. "Analisi dei parametri vegetazionali e dei caratteri funzionali di specie guida come strumenti di studio di comunità prative." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1969/1/bolzan_anna_tesi.pdf.

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Abstract:
Lo studio condotto si propone l’approfondimento delle conoscenze sui processi di evoluzione spontanea di comunità vegetali erbacee di origine secondaria in cinque siti all’interno di un’area protetta del Parco di Monte Sole (Bologna, Italia), dove, come molte aree rurali marginali in Italia e in Europa, la cessazione o riduzione delle tradizionali pratiche gestionali negli ultimi cinquant’anni, ha determinato lo sviluppo di fitocenosi di ridotto valore floristico e produttivo. Tali siti si trovano in due aree distinte all’interno del parco, denominate Zannini e Stanzano, selezionate in quanto rappresentative di situazioni di comunità del Mesobrometo. Due siti appartenenti alla prima area e uno appartenente alla seconda, sono gestiti con sfalcio annuale, i rimanenti non hanno nessun tipo di gestione. Lo stato delle comunità erbacee di tali siti è stato valutato secondo più punti di vista. E’ stata fatta una caratterizzazione vegetazionale dei siti, mediante rilievo lineare secondo la metodologia Daget-Poissonet, permettendo una prima valutazione relativa al numero di specie presenti e alla loro abbondanza all’interno della comunità vegetale, determinando i Contributi Specifici delle famiglie principali e delle specie dominanti (B. pinnatum, B. erectus e D. glomerata). La produttività è stata calcolata utilizzando un indice di qualità foraggera, il Valore Pastorale, e con la determinazione della produzione di Fitomassa totale, Fitomassa fotosintetizzante e Necromassa. A questo proposito sono state trovate correlazioni negative tra la presenza di Graminacee, in particolare di B. pinnatum, e i Contributi Specifici delle altre specie, soprattutto a causa dello spesso strato di fitomassa e necromassa prodotto dallo stesso B. pinnatum che impedisce meccanicamente l’insediamento e la crescita di altre piante. E’ stata inoltre approfonditamente sviluppata un terza caratterizzazione, che si propone di quantificare la diversità funzionale dei siti medesimi, interpretando le risposte della vegetazione a fattori globali di cambiamento, sia abiotici che biotici, per cogliere gli effetti delle variazioni ambientali in atto sulla comunità, e più in generale, sull’intero ecosistema. In particolare, nello studio condotto, sono stati proposti alcuni caratteri funzionali, cosiddetti functional traits, scelti perché correlati all’acquisizione e alla conservazione delle risorse, e quindi al trade-off dei nutrienti all’interno della pianta, ossia: Superficie Fogliare Specifica, SLA, Tenore di Sostanza Secca, LDMC, Concentrazione di Azoto Fogliare, LNC, Contenuto in Fibra, LFC, separato nelle componenti di Emicellulosa, Cellulosa, Lignina e Ceneri. Questi caratteri sono stati misurati in relazione a tre specie dominanti: B. pinnatum, B. erectus e D. glomerata. Si tratta di specie comunemente presenti nelle praterie semi-mesofile dell’Appennino Settentrionale, ma caratterizzate da differenti proprietà ecologiche e adattative: B. pinnatum e B. erectus sono considerati competitori stress-toleranti, tipicamente di ambienti poveri di risorse, mentre D. glomerata, è una specie più mesofila, caratteristica di ambienti produttivi. Attraverso l’analisi dei traits in riferimento alle diverse strategie di queste specie, sono stati descritti specifici adattamenti alle variazioni delle condizioni ambientali, ed in particolare in risposta al periodo di stress durante l’estate dovuto a deficit idrico e in risposta alla diversa modalità di gestione dei siti, ossia alla pratica o meno dello sfalcio annuale. Tra i caratteri funzionali esaminati, è stato identificato LDMC come il migliore per descrivere le specie, in quanto più facilmente misurabile, meno variabile, e direttamente correlato con altri traits come SLA e le componenti della fibra. E’ stato quindi proposto il calcolo di un indice globale per caratterizzare i siti in esame, che tenesse conto di tutti questi aspetti, riunendo insieme sia i parametri di tipo vegetativo e produttivo, che i parametri funzionali. Tale indice ha permesso di disporre i siti lungo un gradiente e di cogliere differenti risposte in relazione a variazioni stagionali tra primavera o autunno e in relazione al tipo di gestione, valutando le posizioni occupate dai siti stessi e la modalità dei loro eventuali spostamenti lungo questo gradiente. Al fine di chiarire se le variazioni dei traits rilevate fossero dovute ad adattamento fenotipico dei singoli individui alle condizioni ambientali, o piuttosto fossero dovute a differenziazione genotipica tra popolazioni cresciute in siti diversi, è stato proposto un esperimento in condizioni controllate. All’interno di un’area naturale in UK, le Chiltern Hills, sono stati selezionati cinque siti, caratterizzati da diverse età di abbandono: Bradenham Road MaiColtivato e Small Dean MaiColtivato, di cui non si conosce storia di coltivazione, caratterizzati rispettivamente da vegetazione arborea e arbustiva prevalente, Butterfly Bank 1970, non più coltivato dal 1970, oggi prateria seminaturale occasionalmente pascolata, Park Wood 2001, non più coltivato dal 2001, oggi prateria seminaturale mantenuta con sfalcio annuale, e infine Manor Farm Coltivato, attualmente arato e coltivato. L’esperimento è stato condotto facendo crescere i semi delle tre specie più comuni, B. sylvaticum, D. glomerata e H. lanatus provenienti dai primi quattro siti, e semi delle stesse specie acquistati commercialmente, nei cinque differenti tipi di suolo dei medesimi siti. Sono stati misurati quattro caratteri funzionali: Massa Radicale Secca (DRM), Massa Epigea Secca (DBM), Superficie Fogliare Secca (SLA) e Tenore di Sostanza Secca (LDMC). I risultati ottenuti hanno evidenziato che ci sono significative differenze tra le popolazioni di una stessa specie ma con diversa provenienza, e tra individui appartenenti alla stessa popolazione se fatti crescere in suoli diversi. Tuttavia, queste differenze, sembrano essere dovute ad adattamenti locali legati alla presenza di nutrienti, in particolare N e P, nel suolo piuttosto che a sostanziali variazioni genotipiche tra popolazioni. Anche per questi siti è stato costruito un gradiente sulla base dei quattro caratteri funzionali analizzati. La disposizione dei siti lungo il gradiente ha evidenziato tre gruppi distinti: i siti più giovani, Park Wood 2001 e Manor Farm Coltivato, nettamente separati da Butterfly Bank 1970, e seguiti infine da Small Dean MaiColtivato e Bradenham Road MaiColtivato. L’applicazione di un indice così proposto potrebbe rivelarsi un utile strumento per descrivere ed indagare lo stato della prateria e dei processi evolutivi in atto, al fine di meglio comprendere e dominare tali dinamiche per proporre sistemi di gestione che ne consentano la conservazione anche in assenza delle tradizionali cure colturali.
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Bolzan, Anna <1979&gt. "Analisi dei parametri vegetazionali e dei caratteri funzionali di specie guida come strumenti di studio di comunità prative." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1969/.

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Abstract:
Lo studio condotto si propone l’approfondimento delle conoscenze sui processi di evoluzione spontanea di comunità vegetali erbacee di origine secondaria in cinque siti all’interno di un’area protetta del Parco di Monte Sole (Bologna, Italia), dove, come molte aree rurali marginali in Italia e in Europa, la cessazione o riduzione delle tradizionali pratiche gestionali negli ultimi cinquant’anni, ha determinato lo sviluppo di fitocenosi di ridotto valore floristico e produttivo. Tali siti si trovano in due aree distinte all’interno del parco, denominate Zannini e Stanzano, selezionate in quanto rappresentative di situazioni di comunità del Mesobrometo. Due siti appartenenti alla prima area e uno appartenente alla seconda, sono gestiti con sfalcio annuale, i rimanenti non hanno nessun tipo di gestione. Lo stato delle comunità erbacee di tali siti è stato valutato secondo più punti di vista. E’ stata fatta una caratterizzazione vegetazionale dei siti, mediante rilievo lineare secondo la metodologia Daget-Poissonet, permettendo una prima valutazione relativa al numero di specie presenti e alla loro abbondanza all’interno della comunità vegetale, determinando i Contributi Specifici delle famiglie principali e delle specie dominanti (B. pinnatum, B. erectus e D. glomerata). La produttività è stata calcolata utilizzando un indice di qualità foraggera, il Valore Pastorale, e con la determinazione della produzione di Fitomassa totale, Fitomassa fotosintetizzante e Necromassa. A questo proposito sono state trovate correlazioni negative tra la presenza di Graminacee, in particolare di B. pinnatum, e i Contributi Specifici delle altre specie, soprattutto a causa dello spesso strato di fitomassa e necromassa prodotto dallo stesso B. pinnatum che impedisce meccanicamente l’insediamento e la crescita di altre piante. E’ stata inoltre approfonditamente sviluppata un terza caratterizzazione, che si propone di quantificare la diversità funzionale dei siti medesimi, interpretando le risposte della vegetazione a fattori globali di cambiamento, sia abiotici che biotici, per cogliere gli effetti delle variazioni ambientali in atto sulla comunità, e più in generale, sull’intero ecosistema. In particolare, nello studio condotto, sono stati proposti alcuni caratteri funzionali, cosiddetti functional traits, scelti perché correlati all’acquisizione e alla conservazione delle risorse, e quindi al trade-off dei nutrienti all’interno della pianta, ossia: Superficie Fogliare Specifica, SLA, Tenore di Sostanza Secca, LDMC, Concentrazione di Azoto Fogliare, LNC, Contenuto in Fibra, LFC, separato nelle componenti di Emicellulosa, Cellulosa, Lignina e Ceneri. Questi caratteri sono stati misurati in relazione a tre specie dominanti: B. pinnatum, B. erectus e D. glomerata. Si tratta di specie comunemente presenti nelle praterie semi-mesofile dell’Appennino Settentrionale, ma caratterizzate da differenti proprietà ecologiche e adattative: B. pinnatum e B. erectus sono considerati competitori stress-toleranti, tipicamente di ambienti poveri di risorse, mentre D. glomerata, è una specie più mesofila, caratteristica di ambienti produttivi. Attraverso l’analisi dei traits in riferimento alle diverse strategie di queste specie, sono stati descritti specifici adattamenti alle variazioni delle condizioni ambientali, ed in particolare in risposta al periodo di stress durante l’estate dovuto a deficit idrico e in risposta alla diversa modalità di gestione dei siti, ossia alla pratica o meno dello sfalcio annuale. Tra i caratteri funzionali esaminati, è stato identificato LDMC come il migliore per descrivere le specie, in quanto più facilmente misurabile, meno variabile, e direttamente correlato con altri traits come SLA e le componenti della fibra. E’ stato quindi proposto il calcolo di un indice globale per caratterizzare i siti in esame, che tenesse conto di tutti questi aspetti, riunendo insieme sia i parametri di tipo vegetativo e produttivo, che i parametri funzionali. Tale indice ha permesso di disporre i siti lungo un gradiente e di cogliere differenti risposte in relazione a variazioni stagionali tra primavera o autunno e in relazione al tipo di gestione, valutando le posizioni occupate dai siti stessi e la modalità dei loro eventuali spostamenti lungo questo gradiente. Al fine di chiarire se le variazioni dei traits rilevate fossero dovute ad adattamento fenotipico dei singoli individui alle condizioni ambientali, o piuttosto fossero dovute a differenziazione genotipica tra popolazioni cresciute in siti diversi, è stato proposto un esperimento in condizioni controllate. All’interno di un’area naturale in UK, le Chiltern Hills, sono stati selezionati cinque siti, caratterizzati da diverse età di abbandono: Bradenham Road MaiColtivato e Small Dean MaiColtivato, di cui non si conosce storia di coltivazione, caratterizzati rispettivamente da vegetazione arborea e arbustiva prevalente, Butterfly Bank 1970, non più coltivato dal 1970, oggi prateria seminaturale occasionalmente pascolata, Park Wood 2001, non più coltivato dal 2001, oggi prateria seminaturale mantenuta con sfalcio annuale, e infine Manor Farm Coltivato, attualmente arato e coltivato. L’esperimento è stato condotto facendo crescere i semi delle tre specie più comuni, B. sylvaticum, D. glomerata e H. lanatus provenienti dai primi quattro siti, e semi delle stesse specie acquistati commercialmente, nei cinque differenti tipi di suolo dei medesimi siti. Sono stati misurati quattro caratteri funzionali: Massa Radicale Secca (DRM), Massa Epigea Secca (DBM), Superficie Fogliare Secca (SLA) e Tenore di Sostanza Secca (LDMC). I risultati ottenuti hanno evidenziato che ci sono significative differenze tra le popolazioni di una stessa specie ma con diversa provenienza, e tra individui appartenenti alla stessa popolazione se fatti crescere in suoli diversi. Tuttavia, queste differenze, sembrano essere dovute ad adattamenti locali legati alla presenza di nutrienti, in particolare N e P, nel suolo piuttosto che a sostanziali variazioni genotipiche tra popolazioni. Anche per questi siti è stato costruito un gradiente sulla base dei quattro caratteri funzionali analizzati. La disposizione dei siti lungo il gradiente ha evidenziato tre gruppi distinti: i siti più giovani, Park Wood 2001 e Manor Farm Coltivato, nettamente separati da Butterfly Bank 1970, e seguiti infine da Small Dean MaiColtivato e Bradenham Road MaiColtivato. L’applicazione di un indice così proposto potrebbe rivelarsi un utile strumento per descrivere ed indagare lo stato della prateria e dei processi evolutivi in atto, al fine di meglio comprendere e dominare tali dinamiche per proporre sistemi di gestione che ne consentano la conservazione anche in assenza delle tradizionali cure colturali.
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Mantuano, Alessandra. "Analisi delle relazioni tra caratteristiche operativo-funzionali delle infrastrutture ciclabili e la scelta del percorso da parte degli utenti." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amslaurea.unibo.it/6753/.

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Abstract:
Lo studio indaga le relazioni tra la scelta del percorso dei ciclisti e le caratteristiche operativo – funzionali delle diverse dotazioni ciclabili, partendo dall’ osservazione che alcuni archi realizzati in promiscuità con pedoni vengono esclusi dalla scelta del percorso di alcuni utenti. Uno dei fattori cui viene posta maggiore, soprattutto tra coloro che utilizzano la bicicletta per spostamenti sistematici casa-lavoro o scuola, è la velocità media. Se su un arco tale velocità risulta bassa l'utente può associare a tale arco una bassa utilità ed escluderlo quindi durante la fase di scelta del percorso. La condivisione dello spazio con pedoni determina interferenze e conflitti, che possono indurre una riduzione della velocità media, che può determinare una minore attrattività della dotazione. È stata condotta una campagna di indagine su tre archi ciclabili della rete ciclabile del Comune di Bologna, che ha visto l’utilizzo di telecamera portatile montata su casco di sicurezza, consentendo di poter usufruire di diversi vantaggi nel verificare l’entità delle interferenze e quantificarne l’ effetto sulla prestazione di velocità. Attraverso l’analisi statistica, non solo della velocità media mantenuta dagli operatori su pista e su strada, ma anche della sua variazione percentuale, si definisce il peso che viene attribuito alla presenza di altri utenti, pedoni, nell’ utilizzo delle infrastrutture ciclabili condivise attraverso la determinazione di un coefficiente di equivalenza bici-pedoni.
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Milandri, Agnese <1985&gt. "Alterazioni strutturali e funzionali nelle diverse eziologie di amiloidosi cardiaca: analisi dei parametri ecocardiografici ed emodinamici invasivi e loro ruolo prognostico." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amsdottorato.unibo.it/9690/1/Tesi%20%20-%20Agnese%20Milandri.pdf.

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Abstract:
Background e scopo: Tradizionalmente la cardiomiopatia amiloidotica (CA) è stata considerata una cardiomiopatia restrittiva, ma studi recenti hanno evidenziato il ruolo anche della disfuzione sistolica nella sua fisiopatologia. In questo contesto recente, raramente è stato indagato il profilo emodinamico invasivo. Lo scopo dello studio è stato quello di caratterizzare il profilo emodinamico, strutturale e funzionale della CA nelle tre principali eziologie (amiloidosi da catene leggere (AL), amiloidosi transtiretino-relata (ATTR) mutata (ATTRm) e ‘wild-type’ (ATTRwt)), valutare le differenze del profilo ecocardiografico ed emodinamico nelle fasi diverse di malattia ed esplorare il ruolo prognostico delle principali variabili cliniche e strumentali nella CA. Metodi e risultati: Abbiamo analizzato retrospettivamente i dati di 224 pazienti con CA (AL, n=93; ATTRm, n=66; ATTRwt, n=65). Rispetto all'ATTRwt, i pazienti con AL presentano un minor interessamento morfologico cardiaco, ma dati emodinamici paragonabili, caratterizzati da elevate pressioni di riempimento biventricolari e riduzione della gittata sistolica. L’ATTRm, nonostante il profilo ecocardiografico analogo all’ATTRwt, mostra un quadro emodinamico migliore. Gli indici di funzione diastolica e sistolica longitudinale del ventricolo sinistro (Vsn) sono alterati fin dagli stadi iniziali della malattia, mentre la frazione di eiezione (FEVsn) rimane preservata nella maggior parte dei pazienti, anche nelle fasi avanzate (FEVsn 50 [37-60]%; FEVsn <40% nel 28% dei pazienti NYHA III / IV). All'analisi multivariata, età, NYHA III/I, eziologia AL, frazione di contrazione miocardica (MCF), indice cardiaco (CI) e pressione atriale destra (RAP) sono indipendentemente associati a eventi clinici avversi. Conclusioni Questo studio conferma la complessa fisiopatologia della CA, in cui la disfunzione diastolica è accompagnata da una funzione sistolica longitudinale anormale sin dalle fasi iniziali della malattia. L'AL e l'ATTRwt, nonostante diversi gradi di alterazioni morfologiche, hanno un profilo emodinamico simile; l'ATTRm, invece, presenta un quadro emodinamico migliore. Tra i parametri strumentali, MCF, CI e RAP emergono come predittori significativi di eventi avversi.
Background and aim Traditionally, amyloidotic cardiomyopathy (CA) has been considered a restrictive cardiomyopathy, but recent studies have highlighted the greater complexity of its pathophysiology, in which even the systolic dysfunction plays an important role. In this recent context, the invasive hemodynamic profile has rarely been investigated. Therefore, we sought to characterize the hemodynamic, structural and functional profiles of CA in the three main etiologies (light chain amyloidosis (AL), mutant transthyretin-related amyloidosis (ATTRm) and 'wild-type' ATTR (ATTRwt)), to evaluate their differences between various disease stages and to explore the prognostic role of the main clinical and instrumental variables in CA. Methods and results We retrospectively analyzed data of 224 patients with CA (AL, n=93; ATTRm, n=66; ATTRwt, n=65). Compared with ATTRwt, AL patients have a milder cardiac morphological involvement, but comparable hemodynamic data, characterized by increased biventricular filling pressures and reduced systolic stroke volume. ATTRm shows a better hemodynamic profile than ATTRwt, despite similar echocardiographic data. LV diastolic and longitudinal systolic function indices (S wave at Tissue Doppler Imaging and longitudinal strain) are abnormal from the initial stage of the disease, while LV ejection fraction remains preserved in most patients, even in the advanced stages (FE 50 [37-60] %; FE < 40% in 28% of NYHA III/IV patients). At multivariable analysis, age, NYHA III/IV, AL etiology, myocardial contraction fraction (MCF), cardiac index (CI) and right atrial pressure (RAP) at catheterization are independently associated with adverse clinical events. Conclusions This study confirms the complex pathophysiology of CA, in which the diastolic dysfunction is accompanied by abnormal longitudinal systolic function from the initial disease stages. AL and ATTRwt, despite different degrees of morphological alterations, have a similar hemodynamic profile; ATTRm, instead, has more favorable hemodynamic parameters. Among the instrumental parameters, MCF, CI and RAP emerged as significant predictors of adverse events.
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Di, Bella Monica. "Studi tassonomici, filogenetici e funzionali di microrganismi fotosintetici adattati ad estremi di temperatura." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425488.

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Abstract:
TAXONOMICAL, PHYLOGENETIC AND FUNCTIONAL STUDIES ON PHOTOSYNTHETIC MICRORGANISMS ADAPTED TO EXTREMES OF TEMPERATURE This research dealt with a morphological, ultrastuctural, physiological and taxonomical study on a cryophilic microalga isolated from a snow field of the Antelao (Dolomiti) glacier and some cyanobacteria from the thermal waters of the Euganean District. The aim of the research on these interesting photosynthetic microrganisms, living in habitats with so severe temperature conditions, was to obtain new information about the ultrastructural features, the taxonomic collocation and the physiological mechanisms enabling them to cope with the severe temperature conditions and also with the changes in this environmental factor. The green cryophilic microalga "Chlorella" saccharophila, was cultured at 4°, 8° and 16°C in order to analyze the effects of the change in growth temperature. The algal cultures responded positively to the temperature rise, showing an increase of the growth rate. The rise of the growth temperature did not affect the ultrastructure of the cells and did not change their content in chlorophylls, while it led to an increase of both carotenoid amount and carotenoid/chlorophyll ratio. The stability and functionality of the photosystems were maintained, as suggested by the constant values of the Fv/Fm ratios, the unchanged quantity of essential polypeptidic components (D1 and LHCII) and by the preservation of the correct ultrastructural organization of the thylakoidal membranes. At the rise of the growth temperature a significant increase of the photosynthetic activity, measured as in vivo oxygen emission, occurred. This was plausibly due to the increase of the rate of enzymatic reactions. The comparison of the in vivo fluorescence emission spectra (at 77K) of the algal cultures growth at the different temperatures evidenced a decrease of the emission peaks of PSII at the higher temperatures, suggesting a state transition of photosystems from state 1 (with LHCII associated to PSII) to state 2 (with LHCII moved to PSI). This change, which modified the excitation energy distribution between the photosystems was thermo-modulated and could be seen as an adaptive response of the algal cells. As regards the respiration rate of the algal cells, it, interestingly, did not show substantial changes in cultures grown at the different temperatures. Respiration analyses, accomplished after treatments with inhibitors of the distinct mitochondrial electron transport pathways, as well as Western analysis carried out with an antibody against the alternative oxidase (AOX) suggested that the lack of decrease in oxygen consumption at the lower temperature could depend on a great activity of the alternative cyanide-resistant pathway. The more suitable temperature for the growth of the cryophilic microalga, however, was that of 4°C. In fact, the higher temperatures, although maintaining and even increasing the growth rate, led in time to an anticipated senescence of the algal cultures. The first cyanobacterium from the Euganean thermal waters which was studied was a coccoid strain that the phylogenetic analysis led to consider as a new species of the Cyanobacterium genus. This cyanobacterium was named Cyanobacterium aponinum. Analyses carried out on cultures maintained at different temperatures showed that C. aponinum grew at temperatures in the range of about 20-40°C. However, in comparison with the ovoidal cells grown at 30°C, those maintained at 40°C, which had become roundish and larger, showed a decrease of photosynthesis (as in vivoO2 emission referred to chlorophyll amount), a reduction of the quantity of D1 protein of the reaction centre of PSII, evidenced by Western analysis, and a lowering of the Fv/Fm value (as chlorophyll fluorescence emission). All these results suggested an inibition and a damage of some PSII units. Interestingly, the analysis of in vivo fluorescence emission at 77K showed that the increase of growth temperature from 30° to 40°C in cells exposed to the same light conditions caused a transition of the photosystems from the state 1, with the phycobilisomes linked to the PSII, to the state 2, with the phycobilisomes linked to PSI. The increase of the temperature at 45°C led to the death of the cyanobacterium in few days. The death occurred surprisingly through an orderly programme of events. More precisely, a gradual and directed demolition of the photosynthetic pigments and thylakoids occurred from the centre towards the periphery of the cells, evidenced by a disappearance of chlorophyll autofluorescence. Moreover, the DAPI staining and the electrophoretic analysis showed that the DNA was degraded and a Western analysis demonstrated the increase in the algasl cells of a protein recognized by an antibody against the human caspase-3. At the end, only ghosts of cells remained, which were apparently integral but lacking in thylakoids and in all the other recognizable cellular components. Another cyanobacterium studied was a filamentous strain, which grew in culture at temperatures higher than 20°C and lower that 55°C. The phylogenetic analysis led to consider the examined strain as a species belonging to the genus Leptolyngbya, so that it was named Leptolyngbya sp. ETS-04. At the transmission electron microscope the strain grown at 30°C was constituted by rectangular cells with peripheral thylakoids arranged parallel to the cell wall. The filaments were surrounded by a well defined sheath. The increase of temperature at 40°C did not change the ultrastructural features of the Leptolyngbya sp. ETS-04 cells. At 50°C the cyanobacterium was characterized by huge mucilaginous sheaths, which could enclode more than one filament. On a dry weight basis not substantial differences in photosynthetic pigments were found between cultures grown at 30 and 40°C. At 50°C, instead, all the pigment contents decreased. The changes of temperature did not affect the phycobiliprotein ratios showing the preminence (about 70%) of phycocyanin. The in vivo fluorescence emission (at 77K) of the cyanobacterium cells, grown at the three temperatures, did not exhibit remarkable differences both with excitation at 560 nm (for phycobilins) and at 440 nm (for chlorophyll a) and showed that the photosystems remained in the transition state 1. The very high peaks of the phycocyanin confirmad the presence of phycobilisomes very rich in this pigment. The photosynthetic activity, measured as in vivo O2 evolution on the basis of chlorophyll amount, decreased in the culture grown at 50°C. Furthermore, also a reduction in the Fv/Fm ratio values (as chlorophyll fluorescence emission) occurred at this temperature. All this suggested some inactivation of PSII. Thus, the temperature of 50°C, although permitting the growth in culture of Leptolyngbya sp. ETS-04, results to be already stressing for this thermal strain. The increase of the temperature at 55°C led to the death of the cyanobacterium in few days. The death occurred through a massive demolition of the cells, with some debrises remaining inside the mucilaginous sheaths. The last cyanobacterium studied was a filamentous strain, which was characterized only from a morphological, ultrastructural and phylogenetic point of view. The morphological features were comparable with those of Conferva duplisecta Pollini, described in 1817 and never more signalized in the Euganean District. Morphological, ultrastructural and molecular analyses allowed a more precise definition of the taxonomy of this cyanobacterium ascribing it to the genus Oscillatoria. On the basis of the obtained results and of the more recent cyanobacterium taxonomy the name suggested for this isolated was Oscillatoria duplisecta.
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Dallacasa, Francesca <1985&gt. "Miglioramento del comportamento termico in strutture per la trasformazione enologica: analisi comparativa di diverse soluzioni progettuali per specifiche aree funzionali non climatizzate." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7597/1/dallacasa_francesca_tesi.pdf.

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Abstract:
Il presente studio rientra nell'ambito di una più ampia ricerca volta all'individuazione di criteri progettuali per il miglioramento delle prestazioni energetiche delle cantine di aziende vitivinicole di media-piccola dimensione produttiva. Nello specifico il lavoro di ricerca si pone l'obiettivo di definire dei criteri per valutare l'incidenza di diverse variabili progettuali sul comportamento termico di edifici destinati alla vinificazione e allo stoccaggio del vino, in assenza di impianti di climatizzazione. La valutazione è stata svolta su un caso-studio rappresentativo del settore vitivinicolo in ambito nazionale. Le variabili progettuali riguardano l'involucro dell'edificio, prendendo in esame le diverse possibilità in termini di isolamento termico, opacità e trasparenza, oltre a quelle relative all'orientamento dell'edificio e alla presenza o assenza di schermature verdi. La simulazione energetica in regime dinamico del caso-studio e dei diversi scenari è stata condotta con il software Energy Plus, seguendo una procedura di simulazione calibrata e validata. La valutazione si basa su degli indicatori di "benessere termico" del vino che, prendendo a riferimento le temperature interne dei locali, consentono di confrontare tra loro i diversi scenari. I risultati dimostrano e quantificano il miglioramento termico generato dall'applicazione combinata di più soluzioni progettuali. Il metodo definito nella presente ricerca costituisce uno strumento di valutazione, a supporto di operatori e progettisti, per l'identificazione delle migliori soluzioni progettuali tali da ottimizzare le performance termiche, minimizzando e, laddove possibile, annullando i fabbisogni energetici per la climatizzazione.
The aim of this research is to define a set of design criteria for the improvement of the energy performances of wineries in medium-small wine growing and producing farms. Specifically, the goal of the research consists in pointing out design-supporting criteria, suitable to assess the effect of different design strategies on the thermal behaviour of buildings for winemaking and for wine storage, in unconditioned rooms. The assessment method is applied on a case-study farm winery, selected as a representative example within the national framework. The design solutions are related to the building envelope and take into consideration different possibilities in terms of thermal insulation, opacity and transparency, in addition to the aspects related to the orientation of the building and to the presence or absence of green shadings. The energy simulation of the different scenarios applied to the case-study was conducted in dynamic conditions with the software Energy Plus, according to a calibrated and validated procedure. The evaluation is made by means of indicators based on the concept of “thermal comfort” for the wine, which allows to compare different scenarios, taking as a reference the internal temperatures of the rooms. The results underline and quantify the improvement of thermal behaviour in unconditioned rooms generated by the application of various combinations of solutions and identify the most effective and efficient ones. The method defined in this research represent an useful assessment tool that allows to support operators and designers to identify the best design solutions – in new constructions or retrofit projects – in order to optimize the thermal performance, to minimize and eliminate, if possible, the energy needs for air conditioning.
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Dallacasa, Francesca <1985&gt. "Miglioramento del comportamento termico in strutture per la trasformazione enologica: analisi comparativa di diverse soluzioni progettuali per specifiche aree funzionali non climatizzate." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7597/.

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Il presente studio rientra nell'ambito di una più ampia ricerca volta all'individuazione di criteri progettuali per il miglioramento delle prestazioni energetiche delle cantine di aziende vitivinicole di media-piccola dimensione produttiva. Nello specifico il lavoro di ricerca si pone l'obiettivo di definire dei criteri per valutare l'incidenza di diverse variabili progettuali sul comportamento termico di edifici destinati alla vinificazione e allo stoccaggio del vino, in assenza di impianti di climatizzazione. La valutazione è stata svolta su un caso-studio rappresentativo del settore vitivinicolo in ambito nazionale. Le variabili progettuali riguardano l'involucro dell'edificio, prendendo in esame le diverse possibilità in termini di isolamento termico, opacità e trasparenza, oltre a quelle relative all'orientamento dell'edificio e alla presenza o assenza di schermature verdi. La simulazione energetica in regime dinamico del caso-studio e dei diversi scenari è stata condotta con il software Energy Plus, seguendo una procedura di simulazione calibrata e validata. La valutazione si basa su degli indicatori di "benessere termico" del vino che, prendendo a riferimento le temperature interne dei locali, consentono di confrontare tra loro i diversi scenari. I risultati dimostrano e quantificano il miglioramento termico generato dall'applicazione combinata di più soluzioni progettuali. Il metodo definito nella presente ricerca costituisce uno strumento di valutazione, a supporto di operatori e progettisti, per l'identificazione delle migliori soluzioni progettuali tali da ottimizzare le performance termiche, minimizzando e, laddove possibile, annullando i fabbisogni energetici per la climatizzazione.
The aim of this research is to define a set of design criteria for the improvement of the energy performances of wineries in medium-small wine growing and producing farms. Specifically, the goal of the research consists in pointing out design-supporting criteria, suitable to assess the effect of different design strategies on the thermal behaviour of buildings for winemaking and for wine storage, in unconditioned rooms. The assessment method is applied on a case-study farm winery, selected as a representative example within the national framework. The design solutions are related to the building envelope and take into consideration different possibilities in terms of thermal insulation, opacity and transparency, in addition to the aspects related to the orientation of the building and to the presence or absence of green shadings. The energy simulation of the different scenarios applied to the case-study was conducted in dynamic conditions with the software Energy Plus, according to a calibrated and validated procedure. The evaluation is made by means of indicators based on the concept of “thermal comfort” for the wine, which allows to compare different scenarios, taking as a reference the internal temperatures of the rooms. The results underline and quantify the improvement of thermal behaviour in unconditioned rooms generated by the application of various combinations of solutions and identify the most effective and efficient ones. The method defined in this research represent an useful assessment tool that allows to support operators and designers to identify the best design solutions – in new constructions or retrofit projects – in order to optimize the thermal performance, to minimize and eliminate, if possible, the energy needs for air conditioning.
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Bandera, Beatrice. "Implementazione di processi funzionali ad uno studio LCA applicato ad un servizio di pulizia in ottica di etichettatura ecologica." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amslaurea.unibo.it/22061/.

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La metodologia LCA rappresenta lo strumento chiave delle politiche europee per la valutazione degli impatti ambientali di prodotti e servizi durante il loro intero ciclo di vita. Essa è ampiamente impiegata, tra l’altro, per la valutazione dei servizi professionali di pulizia per questo motivo sono state elaborate delle linee guida (Product Category Rules, PCR) specifiche. Il principale obiettivo della tesi è l’elaborazione di un modello analitico per la valutazione del ciclo di vita del servizio di pulizia professionale svolto presso il Politecnico di Torino. Il modello è stato realizzato per valutare e confrontare gli impatti derivanti da tre possibili scenari di miglioramento del servizio elaborati in ottica Ecolabel. Il secondo obiettivo della tesi è testare l’adeguatezza del modello tramite sua implementazione nel software GaBi con i dati relativi al servizio in esame. La struttura del modello è basata sulla letteratura di riferimento (PCR di settore e EPD di servizi di pulizia) ma viene adattata alle esigenze dello studio a supporto del processo di sostituzione della fornitura secondo i protocolli Ecolabel. Il servizio è diviso in tre fasi: processi di upstream, core e downstream, rispettivamente riguardanti la produzione e il trasporto degli articoli di pulizia, l’erogazione del servizio e il fine vita dei prodotti impiegati. I processi inclusi nel modello sono stati selezionati perché influenzati da una variazione del protocollo di pulizia. I risultati ottenuti dallo studio sono relativi alla categoria d’impatto "Riscaldamento globale con orizzonte temporale di 100 anni (GWP100)" e risultano coerenti con la letteratura: la fase di maggior impatto è quella di core, seguita da upstream e poi downstream. Il modello risulta dunque idoneo all’obiettivo dello studio. Le fasi successive del progetto, escluse dall’elaborato, prevedono l’impiego del modello come base per lo svolgimento della LCA degli scenari Ecolabel, garantendo un solido confronto tra risultati.
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Salvatori, Pierluigi. "Studio ed analisi sperimentale di processi plasma assistiti di deposizione di film sottili a base silicio su materiali polimerici: effetto della potenza sulle caratteristiche funzionali del coating." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020.

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La polimerizzazione plasma assistita è una tecnica che permette di ottenere film sottili adatti per una vasta gamma di applicazioni. Questi polimeri presentano differenti proprietà rispetto a quelli prodotti mediante polimerizzazione convenzionale: mostrano una struttura reticolata, sono amorfi, presentano un limitato numero di pinhole e aderiscono bene alla maggior parte dei substrati. Grazie a queste eccellenti proprietà, i film prodotti tramite polimerizzazione plasma assistita sono utilizzati in diverse applicazioni nel settore meccanico, elettronico e biomedicale. Inoltre, negli ultimi decenni, questi film hanno ricevuto grande attenzione da parte dell'industria del packaging alimentare poiché i materiali plastici principalmente impiegati, quali il polipropilene (PP) e il polietilene tereftalato (PET), hanno lo svantaggio di non assicurare sufficienti proprietà barriera ad agenti esterni come l’ossigeno e il vapore acqueo. La conseguente non adeguata shelf-life dei prodotti confezionati ha spinto il mondo industriale a ricercare nuove soluzioni. Attualmente l'industria alimentare si è orientata verso l'impiego di coating a base silicio (SiO2) che oltre a garantire un miglioramento delle proprietà barriera, sono trasparenti. Tra le tecniche principalmente utilizzate per la deposizione di questi film vi è la Plasma Enhanced Chemical Vapor Deposition (PECVD), dove un precursore viene vaporizzato, frammentato dalle specie presenti nel plasma e ricombinato per poi formare su un substrato il coating desiderato. I precursori più utilizzati sono gli organosilicati poiché presentano una buona volatilità a temperatura ambiente, non sono tossici, non sono infiammabili e sono facilmente reperibili a livello commerciale. L'obiettivo del seguente elaborato, in una prima fase è stato quello di caratterizzare chimicamente e morfologicamente il coating depositato tramite Corona Jet. Nella seconda fase è stato affrontato il calcolo della potenza dissipata in DBD .
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Pizzo, Leonardo <1977&gt. "Analisi dei processi di invasione di piante esotiche nei paesaggi costieri sabbiosi del Veneto." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/1204.

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Abstract:
Questo studio analizza gli effetti del disturbo (principalmente antropico, ma anche naturale) sul processo di invasione da specie aliene nei sistemi di dune costiere della regione Veneto. La ricerca è stata articolata su due livelli, uno focalizzato sui tratti morfologici e funzionali delle specie vegetali (native ed aliene) delle dune costiere, l’altro al livello di comunità vegetale. I risultati evidenziano che altezza, superficie fogliare e SLA grandi sono tratti che favoriscono la colonizzazione delle dune mobili costiere da parte delle specie più invasive. L’impatto antropico ha profondamente contribuito al degrado della qualità e funzionalità degli ecosistemi costieri, riducendo la resistenza che le comunità vegetali native sono in grado di opporre all’ingresso delle specie aliene invasive in condizioni di minor disturbo.
This study analyses the effects of disturbance (mainly human, but also natural) on the process of invasion by alien species in the coastal dune systems of Veneto region. The research has been articulated into two levels, one focusing on morphological and functional traits of coastal dune wild species (natives and aliens) and the other on the plant community level. The results highlight that height, large leaf area and SLA are useful traits for the successful colonisation of the most invasive species along the mobile coastal dunes. Human impact has deeply contributed to the decay of the quality and functionality of coastal ecosystems, reducing the resistance native plant communities are able to oppose the arrival of invasive alien species under less disturbed conditions.
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DI, CANITO ALESSANDRA. "Genomic and functional analysis of Rhodococcus strains to identify genes and degradative functions for soil quality evaluation." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2019. http://hdl.handle.net/10281/241307.

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Abstract:
La qualità del suolo è una delle principali problematiche ambientali degli ultimi decenni a causa dell’aumento dell’inquinamento antropico. In condizioni di stress, i microrganismi del suolo subiscono alterazioni che attraverso tecnologie molecolari possono essere usate come parametro per il monitoraggio dei siti contaminati. I batteri appartenenti al genere Rhodococcus hanno un ruolo importante nella degradazione dei composti più recalcitranti. Sono versatili ed ampiamente distribuiti in natura; essi degradano diversi composti organici, tra cui idrocarburi alifatici ed aromatici, eterociclici, nitrili, sulfuri ed erbicidi. Inoltre, essi possono sopravvivere in presenza di composti tossici, carenza di carbonio, irradiazione UV e stress osmotico. Questa versatilità è correlata alla complessità dei loro genomi, i quali contengono molteplici geni catabolici, ridondanza genica e un sofisticato network regolatorio. L’obiettivo di questo progetto è ottenere nuovi tools molecolari da ceppi di Rhodococcus da usare come marcatori per valutare la qualità dei suoli, mediante analisi dei pathway metabolici e dei cluster genici coinvolti nella degradazione dei contaminanti ambientali. In questo lavoro, l’attenzione è stata rivolta verso i genomi dei ceppi: R. opacus R7, R. aetherivorans BCP1 e R. erythropolis MI2. Un’analisi fenotipica ha permesso di valutare il potenziale metabolico e la risposta allo stress dei ceppi R7 e BCP1; sono stati testati diversi contaminanti (idrocarburi alifatici e cicloalcani, aromatici, policiclici aromatici, acidi naftenici ed altri acidi carbossilici) e varie condizioni di stress (alta osmolarità, differenti valori di pH, composti tossici, antibiotici). Un approccio genomico ha permesso di correlare le abilità metaboliche a determinanti genici, coinvolti nei diversi metabolismi (naftalene, o-xilene, n-alcani, acidi naftenici, fenoli, ftalato) e nella persistenza ambientale. In particolare, sono stati esaminati i pathway degradativi dell’o-xilene e degli acidi naftenici di R. opacus R7. Analisi bioinformatiche e molecolari hanno permesso di valutare il coinvolgimento di diversi geni nei pathway degradativi. R7 è in grado di degradare l’o-xilene inducendo la trascrizione dei geni akb (sistema diossigenasico) formando il diidrodiolo. Tuttavia, la ridondanza di monossigenasi e idrossilasi (prmA and pheA1A2A3), ha suggerito l’attivazione di altri sistemi convergenti, strategia utilizzata dai rhodococci per degradare composti recalcitranti e persistere in ambienti contaminati. I pathway degradativi degli acidi naftenici (NAs) non sono ancora noti ma sono state proposte due possibili vie: i) aromatizzazione dell’anello del cicloesano ii) attivazione come CoA tioestere. I risultati delle RT e RT-qPCR hanno mostrato che R7 degrada l’acido cicloesanocarbossilico (CHCA), attraverso una cicloesano carbossilato-CoA ligasi (aliA). L’applicazione di questo lavoro è stata dimostrata in esperimenti di microcosmo simulando condizioni reali con sabbia bioaugmentata con R7. Le capacità dei batteri autoctoni e di R7 di degradare il CHCA sono state comparate e i risultati mostrano che R7 degrada il contaminante più velocemente rispetto alla comunità microbica e che il suo contributo aumenta la velocità di degradazione del CHCA, seguita monitorando l’espressione del gene aliA mediante esperimenti di RT e RT-qPCR. Un’applicazione biotecnologica di questo lavoro è stata valutata in R. erythropolis MI2, studiando il pathway di degradazione del 4,4’- acido disolfuro ditiobutirrico (DTDB), un promettente substrato per la sintesi dei politioesteri poiché il suo intermedio metabolico, acido 4-mercaptobutirrico ne è un precursore. L’obiettivo di questo studio è stato perseguito generando mutanti di delezione del ceppo MI2 per i geni coinvolti nelle reazioni finali del pathway di degradazione.
Soil quality has been one of the major issues of the last decades, because of the increase of anthropogenic pollution. Soil contains organisms involved in vital functions (nutrient/hydrological cycles and degradation of toxic compounds). Under stress conditions, soil microorganisms undergo several alterations so molecular technologies use microbial communities as an ecological parameter in monitoring polluted sites. Bacteria belonging to Rhodococcus genus have an important role in recalcitrant compound degradations. It is a metabolically versatile genus, widely distributed in nature. Rhodococcus spp. can degrade a wide range of organic compounds (aliphatic/aromatic hydrocarbons, heterocyclic, nitriles, sulfuric, herbicides) and to survive in presence of toxic compounds, carbon starvation, UV irradiation and osmotic stress. In line with their catabolic diversity, they possess large and complex genomes, containing a multiplicity of catabolic genes, high genetic redundancy and a sophisticated regulatory network. The aim of this project is to obtain molecular tools to use as "marker" sequences for soil assessment, through analysis of metabolic pathways and catabolic gene clusters involved in the degradation of the most diffused environmental contaminants. In particular, this work focused the attention on three Rhodococcus strain genomes: R. opacus R7, R. aetherivorans BCP1 and R. erythropolis MI2. A Phenotype Microarray approach was used to evaluate R7 and BCP1 strains metabolic potential and their stress response. Also, the capability to utilize various contaminants (aliphatic hydrocarbons and cycloalkanes, aromatic compounds, polycyclic aromatic compounds, naphthenic acids and other carboxylic acids) and to persist under stress conditions (high osmolarity, pH stress, toxic compounds, antibiotics) was tested. A genome-based approach was used to relate their abilities to genetic determinants involved in the analysed metabolisms (naphthalene, o-xylene, n-alkanes, naphthenic acids, phenols, phthalate) and in their environmental persistence. In particular, o-xylene and naphthenic acids degradations were investigated in R. opacus R7. Computational and molecular analyses revealed the putative involvement of several genes in these degradation pathways. R7 can degrade o-xylene by the induction of the akb genes (deoxygenation) producing the corresponding dihydrodiol. Likewise, the redundancy of sequences encoding for monooxygenases/hydroxylases (prmA and pheA1A2A3), supports the involvement of other genes that induce the formation of phenols, converging to the phenol oxidation path. The activation of converging oxygenase systems represents a strategy in Rhodococcus genus to degrade recalcitrant compounds and to persist in contaminated environments. NAs degradation pathway is not fully clear but two main routes have been proposed: i) aromatization of the cyclohexane ring ii) activation as CoA thioester. RT and RT-qPCR results showed that R. opacus R7 degrade cyclohexanecarboxylic acid (CHCA) molecule (used as a model) by a cyclohexane carboxylate CoA ligase (aliA). An application of this work was demonstrated by a microcosm approach, simulating a bioaugmentation process with R7 strain. Autochthone bacteria and R7 capabilities to degrade CHCA were evaluated and compared; results indicated that R7 can degrade the contaminant faster than the microbial community and that its contribute increased CHCA degradation rate. The degradation rate was followed by RT and RT-qPCR, monitoring the expression of the aliA gene. Moreover, a biotechnological application was investigated in R. erythropolis MI2, studying the disulfide 4,4-dithiodibutyric acid (DTDB) degradation pathway. DTDB is a promising substrate for polythioester (PTE) synthesis; indeed, its degradation produces the PTE building block 4-mercaptobutyric acid. The aim was pursued generating R. erythropolis MI2 marker-free deletion mutants for genes involved in the final steps of the pathway.
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Baldini, Laura. "Analisi delle funzionalità respiratorie." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/5001/.

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GLORIA, FABIO. "Biomeccanica delle restaurazioni protesiche: analisi funzionale FEM." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2009. http://hdl.handle.net/2108/208738.

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Abstract:
Analisi al FEM attraverso 2 studi: il primo studio ha lo scopo di valutare la risposta meccanica dell’osso al variare delle condizioni di carico, in funzione di diverse geometrie di preparazione del margine del collo dell’abutment e del materiale usato per la ricostruzione della corona protesica; nel secondo studio abbiamo valutato la distribuzione degli stress e la resistenza ai carichi di una corona in ZrO2 e porcellana impianto-supportata, in funzione di diverse tipologie di disegno marginale e materiale costitutivo dell’abutment.
FEM analysis through 2 studies: the aim of the first study i sto evacuate the bone mechanical response under varying load conditions as a function of different geometries of abutment finish line and used material for the costruction of prosthesic crown; the aim of the second study is to evaluate the influente o finish line on stress didtribution and resistance to the loads of a ZrO2 and porcelain implant-supported crown. Parole
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Bruno, Veronica. "Analisi funzionale e prebiotica di residui dell'industria alimentare." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amslaurea.unibo.it/12124/.

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Abstract:
Obiettivo di questa sperimentazione è stata la valutazione in vitro dell’attività prebiotica di alcuni sottoprodotti dell’industria alimentare, il pastazzo di agrumi, residuo di melagrana, la crusca ed una pianta officinale largamente diffusa in natura, l’equiseto; come riferimento si sono utilizzati due composti a riconosciuta attività prebiotica, l’inulina ed i frutto-oligosaccaridi (FOS). Lo studio è stato condotto in sistema modello inoculato con campioni fecali di individui sani. Trattandosi infatti di sostanze organiche non digeribili, in particolare oligosaccaridi fermentescibili, questi possono influire selettivamente sulla crescita e l’attività di uno o più microrganismi probiotici già presenti all’interno del tratto intestinale, fungendo da substrato nutritivo. La valutazione dell’attitudine prebiotica delle fibre nei confronti del microbiota intestinale è stata effettuata rilevando metaboliti volatili con particolare riferimento ad acidi grassi a corta catena. I risultati più significativi sono stati ottenuti con il pastazzo di agrumi, ovvero buccia e polpa di agrumi residuati dalla loro lavorazione, e dalla crusca ovvero lo scarto di lavorazione dei cereali costituito dagli involucri che racchiudono e proteggono il cereale per l’ottenimento delle farine a partire dai cereali. I metaboliti finali maggiormente ottenuti sono stati gli acidi acetico, butanoico, propanoico, 3-metilpentanoico, ed acidi grassi ramificati. Gli acidi grassi a corta catena agiscono provocando un abbassamento del pH nell’intestino crasso e probabilmente causano una riduzione della crescita di batteri patogeni oltre alla nota funzione di migliorare la funzionalità intestinale grazie all’assorbimento di questi micronutrienti.
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OUZOUNOV, DIMITAR HRISTOV. "Paesaggio funzionale della Sila Grande. Analisi fitosociologica e geosinfitosociologica." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2014. http://hdl.handle.net/11566/242714.

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Abstract:
Scopo della tesi è stato quello di fare fronte a problematiche di carattere applicativo relative alla gestione del territorio e alla conservazione della biodiversità utilizzando i metodi di analisi del paesaggio vegetale attraverso gli approcci della sinfitosociologia. Come area di studio è stata scelta la Sila Grande (Calabria), per la quale è stata avviata una esaustiva ricerca bibliografica e reperiti i dati cartografici. I dati spaziali e i diversi tematismi sono stati organizzati in un SIT e si è proceduto con una prima segmentazione (individuazione della tessere ambientale) basata sulle caratteristiche geomorfologiche, geologiche, uso del suolo, bioclima etc. E’ stata effettuata un’analisi delle comunità vegetali montane, basata su 1047 rilievi fitosociologici (di cui 554 originali) allo scopo di investigare i fattori paleogeografici, ecologici e antropici che influenzano la flora e la vegetazione. I dati provenienti dalla letteratura e da indagini di campo (1998-2013) sono stati analizzati criticamente per chiarire la posizione sin tassonomica dei principali tipi di vegetazione. Sono proposti 26 nuovi syntaxa (associazioni e sub associazioni) e viene presentato uno schema sin tassonomico aggiornato. Querco-Fagetea e Molinio-Arrhenetheretea sono le classi più rappresentate nell’area a causa dei fattori bioclimatici. Le comunità igrofile ((Isoeto-Nanojuncetea, Nardetea strictae, Scheuchzerio-Caricetea fuscae, Montio-Cardaminetea and Littorelletea uniflorae) hanno una significativa importanza biogeografia grazie ad un ricco gruppo di specie boreali. Questa “impronta nordica” della flora, vegetazione e paesaggio è particolarmente interessante e le sue peculiarità sono analizzate dal punto di vista ecologico e biogeografico. Gli elementi mediterranei prevalgono nei prati aridi e negli arbusteti. Vengono affrontati alcuni problemi sulle dinamiche della vegetazione come il ruolo delle pinete e le loro relazioni con le faggete, cercando di dare spunti per le strategie di conservazione e gestione.
Aim of thesis is to face practical problems related to the land management and biodiversity conservation, using methods of landscape analysis through approaches of synphytosociology. Studied area is Sila Grande (Calabria, S Italy), for which an exhaustive bibliographic analysis was carried out and cartographic materials collected. Spatial data and different themes were organized in a GIS, proceeding with a first segmentation (environmental patches identification) based on geomorphologic, geological land use, bioclimatic, etc. In addition an analysis of mountainous plant communities has been carried out, based on 1047 phytosociological relevés (554 original) in order to investigate paleo-geographic, ecological and anthropic factors that influence flora and vegetation diversity. Data from literature and field studies (1998-2013) have been critically analyzed in order to clarify syntaxonomic position of the main vegetation types. Twenty-six new syntaxa (associations and subassociations) are proposed and an updated sintaxonomic scheme is presented. Querco-Fagetea and Molinio-Arrhenetheretea are the most represented classes in the area due to the bioclimatic factors. Wet communities (Isoeto-Nanojuncetea, Nardetea strictae, Scheuchzerio- Caricetea fuscae, Montio-Cardaminetea and Littorelletea uniflorae) have a significant biogeographical importance thanks to a rich group of boreal species. This “Nordic imprint” of the flora, vegetation and landscape is of special interest and its peculiarities are analyzed from ecological and biogeographycal point of view. Mediterranean and sub-Mediterranean elements prevail in dry grasslands and shrublands. Some problems about dynamics of vegetation are discussed such as the role of black pine communities and their relations with beech forests, trying also to give clues for conservation strategies and management.
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Vedovato, Marco. "Analisi funzionale e comparata delle Longine VAMP7 e Ykt6." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425047.

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Abstract:
Longins are proteins characterized by a conserved N-terminal extension of 120-140 amino acids, named longin domain (LD). They belong to SNARE that are crucial proteins for subcellular trafficking control, and they are divided into three main families: VAMP7, Sec22 and Ykt6. The research activity performed during this PhD is linked to a project (funded by CA.RI.PA.RO. Fondation) that aims at studying functional modulation and interactions of VAMP7 and Ykt6 LDs. Therefore the distribution of LD and longin proteins in eukaryots has been studied, by means of a bioinformatic screening on proteomes and genomes. This allowed for highlighting differencial roles of Ykt6 and VAMP7 longin families. In addition, Phytolongins have been discovered: they are representing the first example of non-SNARE longins family, showing a variable central region that replaced the SNARE motif. By means of phylogenetic trees, longins evolution between and inside the families has been analyzed and has shown interesting data, particularly as regards the relationships between Ykt6, VAMP7 and Phytolongins. We performed tridimensional models of LDs in order to infer functional insights from the conservation or divergence of surface specific patches, and also to unravel key amino acids for the interactions with other vesicular proteins. A hydrophobic surface of ? helix 1 seems to mediate the autoinhibitory mechanism in yeast Ykt6 LD, but our data on conserved hydrophobic or polar surfaces in ?1 indicate that this mechanism is family-specific and not always dependent on hydrophobicity. We have performed site-directed mutagenesis of particular residues that are conserved in Ykt6 and VAMP7, in order to obtain indications about their value in future two-hybrid assays.
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Occhipinti, Cristina. "Analisi di segnali audio mediante funzioni wavelet." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amslaurea.unibo.it/1581/.

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Filippone, Claudia <1978&gt. "Analisi funzionale di cloni genomici e subgenomici di parvovirus B19." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/79/1/Tesi_Claudia_Filippone.pdf.

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Filippone, Claudia <1978&gt. "Analisi funzionale di cloni genomici e subgenomici di parvovirus B19." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/79/.

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DESOGUS, ALESSIA. "Identificazione e analisi funzionale di fattori regolatori dei geni globinici." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2014. http://hdl.handle.net/11584/266529.

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Abstract:
Genome wide association studies have identified two quantitative trait loci outside of the β-globin cluster associated with fetal hemoglobin (HbF) levels, number of F cell and β-thalassemia severity: the HBS1L-MYB intergenic region and the BCL11A gene. In order to understand the functional role of the associated variants at these loci we applied “Genome Wide Chromosome Conformation Capture” (Hi-C), followed by a novel technique for a selective enrichment at these target regions, to characterize whether they are involved in long range physical interactions able to modulate HBS1L-MYB and BCL11A expression. As a first step we optimized a Hi-C protocol in the K562 fetal erythroid cell line and we set up the conditions for the new method based on the selective enrichment of target regions. We were able to validate the new capture system analyzing the β-globin locus, as a control model, detecting all the interactions found by other “3C-like” technologies with a higher resolution. We then analyzed the data at the HBS1L-MYB and BCL11A loci; the most significant detected interactions involved four HBS1L-MYB intergenic regions, three of which contain the GWAS SNPs, the HBS1L and MYB genes. We hypothesized a contact model where the associated variants could exert their regulatory role likely altering transcription factors binding sites and thus DNA long-range interactions resulting in different levels of MYB expression. Indeed, although we can not exclude the implication of HBS1L gene in this mechanism, MYB represents the best candidate in modulating HbF levels given its role in the erythropoiesis kinetics. Our results highlighted the power of the new capture system, able to identify chromatin interactions with very high resolution simultaneously at different loci. Finally, we discovered new chromatin interactions that support the transcription factor MYB as a potential good candidate to develop new targeted therapeutic strategies to treat β-thalassemia patients.
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DRAGOMIR, Mihaela. "L'architettura templare neoassira e neobabilonese: analisi contestuale e interpretazione funzionale." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2014. http://hdl.handle.net/11392/2389058.

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Abstract:
The object of this thesis is, as the title indicates, the typology and the evolution of the Neo-Assyrian and Neo-Babylonian temple structures, in the imperial capitals and the major provincial centers. I choose this subject because the archaeological literature has dealt only marginally the templar architecture of this period, usually only within works about the all Mesopotamian temple architecture, or even about the Mesopotamian architecture in general. It was defined a clear chronological period within which the temples was choose. So these are the temples that have been discovered, mostly, in the southern part (Babylon) and northern (Assyria) of Mesopotamia and dating back to the first millennium BC It is obvious that the main texts of reference were those written by the archaeologists who excavated the sites in question. For this reason it has been inevitable the analysis of different excavation reports and subsequent publications. Starting from this literature I have analyzed the temple architecture, not omitting, however, the historical context that has its own importance. In this work will be investigated a number of aspects of the temples. The layout of various temples will be studied and described in order to try to determine the elements or characteristics common and shared between them. Along with the layout of the buildings, the cult furnishings found in the temples will be studied, always with the aim of determining the common elements, and / or differences between the cult furniture of the various structures. The aim is to analyze the architecture of this period in relation to all the archaeological finds (decoration, inscriptions, objects and installations), as part of an organized space, with the goal of understanding the spatial organization and layout of the temples. In addition I would like to show that the temple in the first millennium BC is much more than just a place of worship. For this reason, in addition to chapters on the temples and their architecture, one will be dedicated to libraries and archives, and another to templar economy. The method of presentation will be as follows. The thesis is divided into eight chapters, plus the annexes and images. All these were then divided into two volumes; the first volume contains the eight chapters and the second for the annexes and the
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Toma, M. "ANALISI IMMUNOISTOCHIMICA E FUNZIONALE DEL SISTEMA ENDOCANNABINOIDE NELLA MALATTIA PARODONTALE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2015. http://hdl.handle.net/2434/331135.

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Abstract:
Immunohistochemical and functional analysis of Endocannabinoid System in periodontal disease Background: The amount of tissue destruction in periodontal disease depends on the equilibrium between pro- and anti-inflammatory mechanisms. Endocannabinoids, including anandamide (AEA) and 2-arachidonoilglicerol (2AG), are important lipid mediators for immunosuppressive effects and they may be involved in wound healing processes in several organs. The physiological role of endocannabinoids in periodontal healing is still unknown, although several studies have been conducted. The purpose of the present study was to elucidate the role of the endocannabinoid system (ECS) in periodontal healing, comparing the expression and distribution of CB1 and CB2 receptors, the production of AEA and the efficiency of the ECS, in the gingival tissue of individuals with chronic periodontitis and subjects non responders to periodontal therapy, versus healthy patients. Methods: In 10 periodontally healthy patients scheduled for tooth extraction, 11 patients with chronic periodontitis, and 8 patients “non-responders” to periodontal therapy, a biopsy of the interdental papilla was harvested and processed for immunohistochemistry, quantitative and functional analysis. The expression and distribution of CB1 and CB2 receptors, the amount of AEA and the efficiency of the ECS, through the ratio of G proteins activated on exposed receptors, was assessed within the three groups. Results: In patients with chronic periodontitis, the mean CB1 percentage on the connective tissue was 2.19 ± 0.76% and CB2 was 2.56 ± 0.80%; in non responders patients CB1 was 4.15 ± 1.39% and CB2 was 3.85 ± 0.73%; in healthy patients the values were 0.13 ± 0.18% and 0.08 ± 0.03% respectively. In patients with chronic periodontitis the mean CB1 value on the epithelium was 2.56 ± 0.80% and CB2 was 3.67 ± 0.73%; in non responders patients CB1 was 12.64 ± 2.65% while CB2 was 13.21 ± 2.58%; in healthy patients the values were respectively 0.06 ± 0.02% and 0.03 ± 0.02%. All the differences between the three groups were statistically significant (Kruskal–Wallis test p<0.05); moreover CB1 and CB2 expression resulted significantly higher in non responders than in chronic and in healthy patients (Wilcoxon-Mann-Whitney test, p<0.05). The values of AEA, extracted and quantified from gingival biopsies, were 52.02 ± 11.12 pg/mg in patients with chronic periodontitis, 16.38 ± 8.73 in non responders patients while 22.50 ± 9.59 pg/mg in healthy subjects. The production of AEA was significantly higher in chronic than in healthy and in non responders patients (Kruskal–Wallis test p=0,001). Furthermore there was a statistically significant difference between values obtained from active (52.02 ± 11.12 pg/mg) and healthy site of each chronic patient (22.50 ± 9.59 pg/mg) (Wilcoxon-Mann-Whitney test, p=0,004). As regards the functional analysis, the patients with chronic periodontitis shown 30% of G proteins, non responders patients 45%, while in healthy patients the value was about 55%. The ratio of G proteins activated on exposed receptors, which indicate the efficiency of the ECS, were 2.87 in chronic patients, 1.33 in non responders individuals and 183.33 in healthy patients. Conclusions: These results suggest that the ECS plays a role in periodontal diseases. Summarizing, the healthy patients have poor inflammation with minimal production of AEA, few receptors exposed but the ECS seems to be efficient; the patients with chronic periodontitis, that show a considerable tissue inflammation, produce about twice the amount of AEA, expose more receptors but the system is not efficient alone to contrast the disease. Indeed healing occurs only if the levels of plaque and inflammation are controlled. As regards the “non-responders” group we can conclude that the ECS produces fewer AEA, due to the lower level of inflammation but expose a lot of receptors in order to contrast the tissue destruction, but the system is not able to lead to healing.
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Carnazza, Massimo. "Analisi funzionale delle postazioni di governo di una imbarcazione da diporto." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amslaurea.unibo.it/3456/.

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Rondini, Diego <1981&gt. "Lo squat test per la valutazione funzionale dello sportivo: analisi quantitativa." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1937/1/Rondini_Diego_Lo_squat_test_per_la_valutazione_funzionale_dello_sportivo_analisi_quantitativa.pdf.

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Rondini, Diego <1981&gt. "Lo squat test per la valutazione funzionale dello sportivo: analisi quantitativa." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1937/.

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Govoni, Irene. "Analisi e progettazione delle funzionalità di un software per la gestione delle competenze: sviluppo del modello di processo e del prototipo funzionale. Struttura di analisi e definizione dei dati per la gestione delle Risorse umane." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amslaurea.unibo.it/1007/.

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MERCURI, FEDERICA. "Organizational networks nel settore sanitario: analisi delle condizioni di funzionalità." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2009. http://hdl.handle.net/11566/242352.

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Ruzzone, Giovannella. "Analisi e progettazione funzionale del nuovo terminal container del porto di Ravenna." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/5431/.

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Abstract:
L’affermazione del trasporto containerizzato verificatasi negli ultimi decenni ha determinato una profonda rivoluzione nell’ambito del trasporto marittimo internazionale. L’unitizzazione dei carichi e l’innovazione tecnologica dei mezzi utilizzati per il trasporto e la movimentazione consentono oggi di gestire ingenti volumi di traffico in tempi rapidi e con costi relativamente contenuti. L’utilizzo di unità standard ha inoltre reso possibile lo sviluppo del trasporto intermodale e la realizzazione di catene logistiche complesse. In questa tesi sono state analizzate le problematiche relative alla gestione delle operazioni che vengono svolte all’interno dei terminal container, i nodi fondamentali del trasporto intermodale. In particolare è stato studiato il caso del nuovo Terminal Container del Porto di Ravenna. Trattandosi di un terminal ancora in fase di progettazione, sono state applicate delle metodologie che consentono di effettuare una valutazione preliminare di quelle che potrebbero essere le potenzialità del nuovo terminal. In primo luogo sono stati determinati il throughput potenziale del terminal, in funzione delle aree di stoccaggio e della capacità operativa della banchina, e il numero medio di mezzi necessari alla movimentazione di tale volume di traffico annuo. Poi si è proceduto all’applicazione di modelli analitici specifici per la valutazione delle performance dell’equipment del terminal. I risultati ottenuti sono stati infine utilizzati per lo studio delle interazioni tra i sub-sistemi principali del terminal attraverso la teoria delle code, allo scopo di valutarne il livello di servizio e individuare eventuali criticità.
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Papa, Antonella <1978&gt. "Analisi funzionale dei recettori per le neurotrofine p75NTR e Trka in neuroblastoma." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/679/1/Tesi_Papa_Antonella.pdf.

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Abstract:
The biological complexity of NGF action is achieved by binding two distinct Neurotrophin receptors, TrkA and p75NTR. While several reports have provided lines of evidence on the interaction between TrkA and p75NTR at the plasma membrane, much fewer data are available on the consequence of such an interaction in terms of intracellular signaling. In this study, we have focused on how p75NTR may affect TrkA downstream signaling with respect to neuronal differentiation. Here, we have shown that cooperation between p75NTR and TrkA results in an increased NGF-mediated TrkA autophosphorylation, leads to a sustained activation of ERK1/2 and accelerates neurite outgrowth. Interestingly, neurite outgrowth is concomitant with a selective enhancement of the AP-1 activity and the transcriptional activation of genes such as GAP-43 and p21(CIP/WAF), known to be involved in the differentiation process. Collectively, our results unveil a functional link between the specific expression profile of neurotrophin receptors in neuronal cells and the NGF-mediated regulation of the differentiation process possibly through a persistent ERKs activation and the selective control of the AP-1 activity. In our studies we discuss the functional role of the neurotrophin receptor p75NTR and TrkA in a ligand-dependent signal transduction. It is known that p75NTR is also involved in the mediation of cell death ligand dependent. Here we show for the first time that the membrane receptor p75NTR, upon binding to b- Amyloid (Ab) peptide, is able to transduce a cytotoxic signal through a mechanism very similar to the one adopted by Tumor Necrosis Factor Receptor 1 (TNFR1), when activated by TNFa. We define that in neuroblastoma cell line Ab cytotoxicity signals through a pathway depending on p75NTR death domain (DD), mostly through some specific conserved residues. We identified that TRADD is the first interactor recruiting to the membrane and activates JNK and NF-kB transcription factors. Since Ab is defined as the most important aetiologic element associated with the Alzheimer’s Disease (AD), characterization of the mechanism involved in the mediation of the neurodegeneration can suggest also new therapeutic approaches.
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Papa, Antonella <1978&gt. "Analisi funzionale dei recettori per le neurotrofine p75NTR e Trka in neuroblastoma." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/679/.

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Abstract:
The biological complexity of NGF action is achieved by binding two distinct Neurotrophin receptors, TrkA and p75NTR. While several reports have provided lines of evidence on the interaction between TrkA and p75NTR at the plasma membrane, much fewer data are available on the consequence of such an interaction in terms of intracellular signaling. In this study, we have focused on how p75NTR may affect TrkA downstream signaling with respect to neuronal differentiation. Here, we have shown that cooperation between p75NTR and TrkA results in an increased NGF-mediated TrkA autophosphorylation, leads to a sustained activation of ERK1/2 and accelerates neurite outgrowth. Interestingly, neurite outgrowth is concomitant with a selective enhancement of the AP-1 activity and the transcriptional activation of genes such as GAP-43 and p21(CIP/WAF), known to be involved in the differentiation process. Collectively, our results unveil a functional link between the specific expression profile of neurotrophin receptors in neuronal cells and the NGF-mediated regulation of the differentiation process possibly through a persistent ERKs activation and the selective control of the AP-1 activity. In our studies we discuss the functional role of the neurotrophin receptor p75NTR and TrkA in a ligand-dependent signal transduction. It is known that p75NTR is also involved in the mediation of cell death ligand dependent. Here we show for the first time that the membrane receptor p75NTR, upon binding to b- Amyloid (Ab) peptide, is able to transduce a cytotoxic signal through a mechanism very similar to the one adopted by Tumor Necrosis Factor Receptor 1 (TNFR1), when activated by TNFa. We define that in neuroblastoma cell line Ab cytotoxicity signals through a pathway depending on p75NTR death domain (DD), mostly through some specific conserved residues. We identified that TRADD is the first interactor recruiting to the membrane and activates JNK and NF-kB transcription factors. Since Ab is defined as the most important aetiologic element associated with the Alzheimer’s Disease (AD), characterization of the mechanism involved in the mediation of the neurodegeneration can suggest also new therapeutic approaches.
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Ghisi, Enrico. "Analisi funzionale per l’implementazione in un sistema ERP nel settore moda e abbigliamento." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019.

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Abstract:
Questa trattazione è stata elaborata durante il tirocinio curriculare della durata di 3 mesi, presso l’azienda Alterna Srl di Casalecchio di Reno (BO), facente parte del Gruppo Altea Federation. Il lavoro in oggetto descrive in prima battuta l’esperienza nelle settimane iniziali e successivamente si focalizza sullo studio di un caso reale tutt’ora in atto riguardante l'implemetazione del sistema ERP presso un cliente operante nel settore dell'abbigliamento. Si introdurrà tutta la teorica necessaria a comprendere il mercato e gli strumenti che sono stati coinvolti nel progetto per passare poi al prodotto offerto ovvero il sistema gestionale ERP e alle variazioni necessarie per adattarlo alle esigenze operative caratteristiche del cliente. Verrà ampiamente illustrato il caso studio e l’elaborato terminerà con le conclusioni che descriveranno i risultati ottenuti e quelli futuri realizzabili al termine del progetto nell’anno 2020. In particolare, troveremo la seguente struttura: • Descrizione del gruppo Altea Federation e dell’azienda Alterna Srl: Struttura organizzativa, offerta proposta; • Analisi del mercato nel settore dell’abbigliamento: Filiera produttiva, segmentazione, tecnologia, creazione prodotti, supply chain, logistica e criticità del mercato; • Teorie e concetti dell’analisi aziendale in ottica di individuazione e mappatura dei processi in ottica di reingegnerizzazione; • Presentazione dei sistemi ERP: Integrazione, caratteristiche operative, difficoltà e potenzialità; • Descrizione dettagliata del software utilizzato in azienda, creato ad hoc per il settore dell’abbigliamento e alta moda; • Presentazione del caso studio del cliente ALFA, azienda di abbigliamento in cui si è svolta l’attività sul campo; • Conclusioni e prospettive future;
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Miotto, Ilaria <1995&gt. "Analisi funzionale del popolamento ittico ripario degli ambienti lagunari del Delta del Po." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/20895.

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Abstract:
analisi della composizione in specie e della struttura in gruppi funzionali e trofici del popolamento ittico di basso fondale di cinque ambienti lagunari del Delta del Po, ed utilizzo dei dati ottenuti per valutare l'Elemento di Qualità Biologica "Fauna Ittica".
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Viscomi, Federico. "Analisi delle funzionalità respiratorie: monitoraggio della respirazione attraverso uno stetoscopio elettronico." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/5032/.

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D’Annibale, Michelangelo. "Analisi dello sviluppo asintotico di funzioni applicate al sistema velivolo." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amslaurea.unibo.it/4761/.

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Paone, Giuseppe <1974&gt. "Funzioni della contrattazione collettiva: analisi e prospettive comparate e comunitarie." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2010. http://hdl.handle.net/10579/929.

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Abstract:
Il presente lavoro analizza le funzioni della contrattazione collettiva facendo uso del metodo comparato e cercando di evidenziare le equivalenze funzionali tra gli istituti degli ordinamenti analizzati. La prima parte si concentra sulla ricerca della definizione di contrattazione collettiva e sull’uso del termine “funzione” nell’ambito del sistema italiano di relazioni industriali. Nella seconda parte l’interesse si rivolge verso le tecniche di regolazione e la struttura delle relazioni industriali dell’ordinamento francese ed inglese nonché sulla funzione della contrattazione nell’ordinamento comunitario.
The research focus on the functions pursued by collective bargaining using comparative method and trying to put in to the evidence the functional equivalences among analyzed systems. First part focus on the research of a definition of collective bargaining and the use of the term “function” in Italian industrial relations law. In the second part the interest is turned to the regulation strategies and industrial relations structure of French and English law and to the function of collective bargaining in European community law
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PALMERIO, FRANCESCA. "Analisi molecolare e funzionale della variabilità del gene della succinico semialdeide deidrogenasi (SSADH) umana." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2008. http://hdl.handle.net/2108/520.

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Abstract:
L’SSADH è un enzima mitocondriale NAD+-dipendente e svolge il suo ruolo principale nel catabolismo del GABA, il principale neurotrasmettitore inibitore del Sistema Nervoso Centrale (SNC), attraverso l’ossidazione del substrato succinico semialdeide (SSA) a succinato, il quale a sua volta entra nel ciclo di Krebs; l’SSA può essere anche convertito nell’acido 4-idrossibutirrico (GHB) da SSA reduttasi tessuto-specifiche. La deficienza completa di SSADH risulta nella 4-idrossibutirrico aciduria (4-HBA), una rara malattia autosomica recessiva del metabolismo umano. I malati di 4-HBA manifestano un’ampia variabilità di fenotipi clinici, che vanno dal ritardo psicomotorio a gravi difetti neurologici, dovuti agli effetti neurotossici dell’anormale accumulo di GABA e GHB nei tessuti e nei liquidi fisiologici. Studi recenti hanno rivelato un secondo ruolo dell’SSADH: essa è una delle due aldeidi deidrogenasi mitocondriali responsabili della detossificazione del 4-idrossi-2-nonenale (HNE). L’HNE è un’aldeide reattiva prodotta fisiologicamente in quantità relativamente elevate in seguito a perossiadazione lipidica. Livelli elevati di HNE nel Sistema Nervoso Centrale sono implicati nella patogenesi di numerose malattie neurodegenerative quali la malattia di Parkinson e di Alzheimer. Dallo studio di più di 50 famiglie deficienti di SSADH, abbiamo identificato numerose varianti patologiche. Abbiamo anche identificato varianti non patologiche nella regione codificante. Alcune di queste sono rare e altre mostrano frequenze polimorfiche come ad esempio la trasversione da G a C in posizione 106 e la transizione da C a T nelle posizioni 538 e 545. Tramite il sequenziamento del DNA di primati non umani, abbiamo identificato gli alleli ancestrali e derivati per ciascun tipo polimorfico e abbiamo identificato quelli che si trovano in modo specifico nella linea umana. Abbiamo osservato che per le posizioni c.106 e c.545 è presente sia l’allele ancestrale che quello derivato in quasi tutte le popolazioni umane e che l’allele ancestrale è quello più frequente; invece per la posizione c.538 l’allele derivato ha aumentato la propria frequenza e ora è quello più comune nella popolazione umana. Dal sequenziamento di famiglie e singoli individui abbiamo ottenuto 3 differenti aplotipi per i tre polimorfismi più comuni (c.106 G>C, c.538 C>T and c.545 C>T): l’aplotipo 1 (GCC), l’aplotipo 4 (GTC) e l’aplotipo 5 (CTT). Abbiamo effettuato trasfezioni transienti con i cDNA corrispondenti a questi tre aplotipi nella linea cellulare HEK293. L’attività enzimatica associata ai tre aplotipi ha mostrato la stessa efficienza sia con il substrato SSA che HNE. Esprimendo l’attività SSADH degli aplotipi 4 e 5 come percentuale dell’aplotipo 1 (100%), questi hanno prodotto un’attività pari rispettivamente al 62-72% e 23-25%, usando l’SSA e l’HNE come substrati. Per caratterizzare la regione del promotore del gene SSADH abbiamo analizzato circa 100 individui di differente origine geografica identificando così nove posizioni varianti e ricostruendo gli aplotipi e le loro frequenze. Gli aplotipi sono stati subclonati in un vettore d’espressione che avesse la luciferasi come gene reporter e sono stati chiamati BK31, BK45 e BK70; abbiamo ottenuto i seguenti risultati: il clone BK31 ha mostrato l’attività più alta (100%) mentre gli altri,BK45 and 70, hanno mostrato circa il 50% dell’attività rispetto a BK31. Altro scopo di questo studio è stato quello di confermare il secondo ruolo dell’SSADH verificando se conferisce protezione contro l’HNE e altri agenti ossidanti. Abbiamo ottenuto linee cellulari trasfettate stabilmente che overesprimessero l’aplotipo 1 della regione codificante del gene SSADH con differente dosaggio genico. Per ciascuna linea stabile abbiamo misurato l’espressione dell’RNA e l’attività enzimatica utilizzando sia il substrato SSA che l’HNE. Per ciascuna linea cellulare abbiamo osservato che la differenza nei livelli di espressione dell’RNA è in accordo con la differenza nell’attività enzimatica. Usando il saggio MTT come misura della capacità di sopravvivenza cellulare, abbiamo osservato che le linee cellulari con la più alta attività enzimatica mostravano anche una maggiore resistenza al trattamento con differenti dosaggi di HNE and H2O2, confermando che le cellule che overesprimono SSADH sono anche le più effficienti nella detossificazione. Abbiamo quindi concluso che sia la regione codificante che quella del promotore del gene SSADH presentano una variabilità molto elevata nella popolazione umana e che alcune varianti aplotipiche riducono l’attività enzimatica fino al 50% rispetto a quella dell’aplotipo più comune. Abbiamo inoltre confermato il secondo ruolo dell’SSADH nel proteggere le cellule dall’HNE e altri agenti ossidanti.
SSADH is a mitochondrial NAD+-dependent enzyme and serves its major role in the catabolism of the GABA, the most important inhibitory neurotransmitter of the Central Nervous System (CNS), by oxidation of the substrate succinic semialdehyde (SSA) to succinate which enters the Krebs cycle; SSA can be also converted into 4-hydroxybutyric acid (GHB) by tissue specific SSA reductases. Complete SSADH deficiency results in 4-hydroxybutyric aciduria, a rare recessive autosomal disorder of human metabolism. 4-HBA patients manifest a considerable variability of the clinical phenotype, ranging from mild psychomotor retardation to severe neurological defects, due to the neurotoxic effects of the abnormal accumulation of GABA and GHB in tissues and physiologic fluids. Recent studies reveal a second role of SSADH: it is one of the two mitochondrial aldehyde dehydrogenases responsible of detoxification of 4-hydroxy-2-nonenal (HNE). HNE is a reactive aldehyde physiologically produced in relatively large amounts from lipid peroxidation. Elevated levels of HNE in CNS are implicated in the pathogenesis of numerous neurodegenerative disorders such as Parkinson’s and Alzheimer’s diseases. By studying more than 50 SSADH deficient families, we identified several pathological variants. We also identified not pathological variants in the coding region. Some of the polymorphic variants are rare and some reach polymorphic frequencies: the G to C transversion in position c.106 and C to T transitions in positions c.538 and c.545. Resequencing non human primates DNA, we identified the ancestral and derived alleles for each polymorphic site and we identified those that occurred in the human specific lineage. We observed that both ancestral and derived alleles for the positions c.106 and c.545 are present in almost all human populations and that the ancestral allele is more frequent; whereas the derived allele at the position c.538 has increased its frequency and now represent the majority in human populations. Resequencing families and single subjects, we obtained 3 different haplotypes for the most common polymorphisms (c.106 G>C, c.538 C>T and c.545 C>T): haplotype 1 (GCC), haplotype 4 (GTC) and haplotype 5 (CTT). We performed transient transfections with cDNAs corresponding to these three haplotypes into HEK293 cell line. The enzyme activity associated with the three haplotypes showed the same efficiency when the substrate was SSA or HNE. When expressing SSADH activity of haplotypes 4 and 5 as percentage of haplotype 1 (100%), they produced 62-72% and 23% of the activity, respectively, using SSA and HNE as substrates. In order to characterized the SSADH promoter region we analysed about 100 subjects of different geographic origins; we identified nine variant positions and obtained the reconstruction of haplotypes and their frequencies. The haplotypes were subcloned in an expression vector with luciferase as reporter gene and named BK31, BK45 and BK70; we obtained the following results: clone BK31 showed the highest activity (100%) while the others, BK45 and 70, showed about 50% of the activity with respect to BK31. Another aim of this study was to confirm the second role of SSADH verifying whether it confers protection against HNE and other oxidants. We obtained stable transfected cell lines overexpressing haplotype 1 of SSADH coding region with different gene-dosage. For each stable cell line we measured RNA expression and enzyme activity, on both SSA and HNE as substrates. We observed that the difference in RNA expression levels parallels the difference in enzyme activities. Using MTT assay as a measure of cell viability, we observed that the stable transfected cell lines, showing the highest enzyme activity, showed also a significant increase of cell viability after treatment with different concentrations of HNE and H2O2, confirming a very high efficacy of SSADH overexpressing cells in detoxification. We concluded that both coding and promoter regions show a very high variability in the human population and some haplotype variant reduce the enzyme activity up to 50% of the most common ones. We confirmed the second role of ALDH5A in the protection against HNE and other oxidants.
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COVONE, FRANCESCA. "Analisi strutturale e funzionale dei sistemi vegetazionali presenti nel Parco Regionale dei Castelli Romani." Doctoral thesis, La Sapienza, 2006. http://hdl.handle.net/11573/917397.

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Domi, Teuta. "Analisi funzionale di isoforme native e mutanti della pompa Ca2+-ATPasi della membrana plasmatica." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3426015.

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Abstract:
The plasma membrane Ca2+-ATPase represents a primary system for the extrusion of Ca2+ ions from all eukaryotic cells. The PMCA pumps are the product of a multigenic family: 4 genes encode 4 different isoforms (PMCA1-4) and this diversity is further increased by mechanism of alternative splicing of the primary transcripts generating more than 30 variants. The level expression of splice variants changes during development and cell differentiation. PMCA1 and 4 are expressed ubiquitously while PMCA2 and 3 are mostly expressed in the central nervous system although they are also found in the skeletal muscle. The functional meaning of the existence of such a high number of isoforms of PMCA pumps has to be explored. General opinion is that each isoform plays a specific role depending on the specific needs of the cell. Furthermore it has been speculated that the specific cell or tissue localisation of the different isoforms is related to isoform specific interactors: specific partners could regulate the specific distribution of the isoforms and their activity as well. Previous work in our Laboratory has demonstrated that one of the ubiquitous isoform, PMCA4, in contrast to the tissue-specific isoform PMCA2 interacts with a particularly interesting partner, the 14-3-3 protein, which has an inhibitory effect on the activity of the pump. In the first part of my PhD program, the study of molecular partners was extended to the remaining isoforms, the tissue-specific PMCA3 pump and the ubiquitous PMCA1 pump. The research was performed through an interaction assay with the yeast two hybrid method using as a “bait” the N-terminal portion of PMCA3 and PMCA1. We found that the other tissue-specific isoform, PMCA3, by contrast with PMCA2, interacts with the 14-3-3 protein, while PMCA1 did not. Our research was than focused on identifying the reason why PMCA2 is the only isoform among the PMCA pumps that does not interact with 14-3-3 protein. Bioinformatics analysis of the N-terminal region of the 4 isoforms of PMCA, used as a bait in the yeast two hybrid assay, has revealed that all isoforms contain a consensus sequence for the binding of 14-3-3 proteins, but also that in the flanking region of this site the sequence of the PMCA2 pump contains two particular aminoacids that disturb the formation of the secondary structure necessary for the interaction. The hypothesis proposed by the bioinformatic analysis was confirmed experimentally. We constructed 2 baits for the yeast two hybrid assay by splitting in two equal portions the original bait of the N-terminal 90 aminoacids of the PMCA4 pumps that interacts with 14-3-3. One of the two probes contained the consensus site for the interaction, but not the sites flanking the consensus site which are responsible for the formation of the secondary structure of ?-helix that, on the basis of the bioinformatics analysis, has been proposed necessary for the interaction.. The other bait did not contain the consensus site for the interaction but contained the flanking region. The ability of the two baits to interact with the 14-3-3 protein was tested in a two hybrid system and none of them gave positive results. A third bait, including the consensus site and the flanking region but shorter than the original 90 aa bait, was also tested and it gave positive results confirming that both the portions included are necessary for the interaction and that the fact that the two short baits fail to interact is not dependent by their reduced length. The next studies during my PhD program were concentrated to functionally characterize the PMCA2 pumps activity. This isoform is particularly interesting for different reasons: it has peculiar properties that distinguish it from other isoforms. It is also the only pump for which single point-mutations have been reported to generate a pathological phenotype: mice harbouring spontaneous mutations of the gene that encodes for PMCA2 display a phenotype associated to hearing loss and defects in coordination and balance. The data obtained on the functional characterization of different splice variants of PMCA2 pump are presented in the second part of my thesis. The pumps were overexpressed in the natural environment of model cells and their ability to counteract the transient increase of Ca2+ concentration induced by a physiological stimulus was measured. The activity of some PMCA2 mutants identified in mice and humans has been also characterized. Mammalian expression plasmids for splice variants w/a, w/b, z/a e z/b of PMCA2 of PMCA2 pump were co-transfected with a plasmid for the expression of a Ca2+ sensitive probe, the recombinant photoprotein aequorin (cytAEQ), in a stable cell line of hamster ovary (CHO). CHO cells were stimulated with ATP, a inositol, 1,4,5 triphosphate (InsP3)-linked agonist that acts on P2Y purinergic receptors coupled to G proteins and generates the production of the second messenger InsP3 (which opens the Ca2+ channels localized in the membranes of the Ca2+ intracellular stores), and a consequent transient increase of the cytosolic Ca2+ concentration. It was observed that isoforms z/b, z/a e w/b were particularly effective in reducing the height of the peak of the Ca2+ transient (they reduce it by 50%), reflecting the capacity of these splicing variants to respond with a rapid activation to the sudden increase of cytosolic Ca2+ concentration. By contrast, the doubly spliced variant w/a has a reduced ability to control the peak of Ca2+: it only reduces it by 30% compared to control cells. The PMCA2w/a is less able to respond efficiently to a sudden increase of cytosolic Ca2+ concentration: this characteristic could justify its exclusive presence in the stereocilia of the hair cells of the inner ear. Indeed, the concentration of extracellular Ca2+ in the endolymph, the liquid that bathes the stereocilia, is significantly lower than those of the other extracellular fluids being in the order of 10-20µM instead of mM. The characterization of the mutated pumps responsible for the phenotype of deafness in mice (3 mutants) and humans (1 mutants) has shown that the mutations do not affect the ability of the pump to counteract the height of the Ca2+ peak generated by cell stimulation, but rather reduce the activity of the pump in restoring Ca2+ basal levels: the mutations affect the declining phase of the Ca2+ transient. Thus, the basal levels of Ca2+ concentrations are restored more slowly, and, as a consequence, the cells that have the mutated PMCA2 pump are exposed to high cytosolic Ca2+ concentration longer than control cells. The data show that the PMCA2 mutations do not affect the capacity of the pump to respond to a sudden arrival of Ca2+, but rather affect the basal activity of the pump. These alterations of the Ca2+ homeostasis have probably deleterious consequences on the phenomenon of adaptation of the sensory cells of the inner ear, that become “poorly ready” to receive repetitive sound stimuli and thus generate deafness.
Le pompe PMCA (Plasma Membrane Ca2+-ATPases) rappresentano un sistema di importanza primaria per l’estrusione del Ca2+ dal citoplasma delle cellule eucarioti. Le pompe PMCA fanno parte di una famiglia multigenica: 4 geni codificano 4 diverse isoforme (PMCA1-4) e la diversità delle isoforme è aumentata da meccanismi di splicing alternativo dei trascritti primari che generano più di 30 isoforme diverse. L’espressione delle diverse isoforme, oltre ad essere tessuto specifica, è regolata durante lo sviluppo ed il differenziamento cellulare. Le isoforme PMCA1 e 4 hanno una distribuzione ubiquitaria, mentre le isoforme PMCA2 e 3 sono prevalentemente neuronali . Il significato funzionale di un numero così elevato di isoforme è tuttora oggetto di studio nel campo delle pompe PMCA. Opinione generale è che ognuna delle isoforme svolga un ruolo specifico a seconda delle esigenze specifiche della cellula. Si ipotizza inoltre che la localizzazione e l’attività tessuto-specifica delle diverse isoforme possa essere influenzata da interazioni isoforma-specifiche con partner proteici diversi. I risultati ottenuti nel nostro Laboratorio hanno dimostrato che una delle isoforme ubiquitarie, la pompa PMCA4, a differenza dell’isoforma tessuto-specifica PMCA2, interagisce con un partner particolarmente interessante, la proteina 14-3-3, e che questa interazione ha un effetto inibitorio sull’attività della pompa. Nella prima parte del mio Dottorato di ricerca, l’indagine della ricerca di interattori molecolari è stata estesa alle rimanenti isoforme, quella tessuto-specifica PMCA3 e quella ubiquitaria PMCA1. La ricerca è stata condotta mediante un saggio di interazione di doppio ibrido in lievito usando come “esca” la porzione N-terminale delle pompe PMCA3 e PMCA1. E’ stato riscontrato che l’altra isoforma tessuto-specifica, la pompa PMCA3, a differenza della pompa PMCA2 interagisce con la proteina 14-3-3. La pompa PMCA1 invece non interagisce. La nostra ricerca si è quindi focalizzata nell’individuare il motivo per cui la PMCA2 è l’unica isoforma tra le PMCA a non interagire con la proteina 14-3-3. Un’analisi bioinformatica della regione N-terminale delle 4 isoforme delle PMCA usata come esca nel saggio del doppio ibrido in lievito ha rivelato che in tutte e 4 le isoforme si trova una sequenza consenso per il legame delle proteine 14-3-3, ma anche che la pompa PMCA2 possiede dei residui amminoacidi nelle regioni fiancheggianti il sito di consenso che disturbano la corretta struttura secondaria necessaria alla interazione. L’ipotesi proposta dall’analisi bionformatica è stata confermata sperimentalmente. Sono state infatti costruite 2 esche per il saggio di interazione del doppio ibrido dividendo in 2 la sonda originale di 90aa nella parte N-terminale della PMCA4 che interagiva con 14-3-3. Una delle due sonde conteneva il sito consenso di interazione, ma non i siti di fiancheggianti responsabili della formazione della struttura secondaria ad ?-elica,, l’altra non conteneva il sito di interazione. Queste sonde sono state testate per loro capacità di interagire con la proteina 14-3-3 nel sistema del doppio ibrido in lievito e nessuna delle due ha dato risultati positivi. Una terza sonda, più corta della esca originale di 90 aa ma che conteneva sia il sito di consenso che le regioni fiancheggianti ha dato invece risultati positivi, confermando così che sia il sito di consenso che le regioni fiancheggianti sono necessarie all’interazione e che la non interazione non dipende dalla lunghezza ridotta delle sonde. Gli studi successivi nel corso del mio dottorato di ricerca si sono quindi concentrati a caratterizzare funzionalmente la pompa PMCA2. Questa isoforma è particolarmente interessante in quanto possiede alcune proprietà che la distinguono dalle altre isoforme. E’ inoltre l’unica isoforma per la quale sono state descritte mutazioni puntiformi del gene responsabili di un fenotipo patologico: topi che presentano mutazioni spontanee del gene della PMCA2 presentano un fenotipo associato a sordità e a difetti di equilibrio e coordinazione. Nella seconda parte della tesi sono presentati i dati ottenuti della caratterizzazione funzionale delle diverse varianti di splicing della pompa PMCA2. Le pompe sono state sovraespresse in un sistema cellulare omogeneo ed è stata misurata la loro capacità di contrastare l’aumento transiente della concentrazione di Ca2+ citosolico indotto da uno stimolo fisiologico. Successivamente è anche stata caratterizzata l’attività di alcune forme mutanti della PMCA2 individuate nel topo e nell’uomo. I plasmidi di espressione per le varianti di splicing della PMCA2 w/a, w/b, z/a e z/b sono stati co-transfettati con un plasmide per l’espressione di una sonda per il Ca2+, la fotoproteina ricombinante Ca2+-sensible equorina (cytAEQ), in una linea stabile di cellule di ovario di criceto (CHO). Le cellule CHO sono state stimolate con ATP, un agonista fisiologico che agisce sui recettori purinergici P2Y accoppiati a proteine G e genera, in seguito alla produzione del secondo messaggero inositolo 1,4,5 trifosfato (che apre i canali per il Ca2+ dei depositi intracellulari) un aumento transiente della concentrazione di Ca2+ citosolico. E’ stato osservato che le isoforme z/b, z/a e w/b sono particolarmente efficaci nel ridurre l’altezza del picco del transiente di Ca2+ (lo riducono infatti del 50%), caratteristica che riflette la capacità della pompa di rispondere con una rapida attivazione all’aumento improvviso della concentrazione di Ca2+. La variante w/a invece sembra avere una minore capacità di controllare il picco di Ca2+, lo riduce infatti solo del 30% rispetto alle cellule di controllo. La PMCA2w/a quindi risponde meno efficientemente ad un aumento improvviso della concentrazione di Ca2+ citoplasmatica. Questa caratteristica potrebbe giustificare l’esclusiva presenza della variante w/a della PMCA2 nelle stereocilia delle cellule sensoriali dell’orecchio interno. Infatti la concentrazione di Ca2+ extracellulare nell’endolinfa, il liquido che bagna le stereocilia, è notevolmente più bassa di quella degli altri ambienti extracellulari essendo dell’ordine di 10-20 ?M anziche mM. La caratterizzazione delle pompe mutate responsabili di fenotipo di sordità nel topo (3 mutanti) e nell’uomo (un mutante) ha dimostrato che le mutazioni non modificano le capacità della pompa di contrastare l’altezza del picco del transiente di Ca2+ generato dalla stimolazione cellulare, ma riducono invece la sua velocità nel ripristinare i livelli basali: colpiscono cioè la fase discendente del transiente di Ca2+. I livelli basali di Ca2+ vengono quindi ripristinati più lentamente e ciò determina che nelle cellule che presentano le PMCA2 mutate la concentrazione di Ca2+ citosolica resta elevata per tempi più lunghi rispetto alla situazione che si verifica nelle cellule di controllo. I dati dimostrano quindi che le mutazioni della PMCA2 non influiscono sulla capacità della pompa a rispondere ad un arrivo repentino di Ca2+, ma invece alterano l’attività basale della pompa. Queste alterazioni dell’omeostasi del Ca2+ a livello delle cellule sensoriali dell’orecchio interno si ripercuotono probabilmente sul fenomeno dell’adattamento rendendo le cellule “meno pronte” a ricevere stimoli sonori successivi portando così ad un fenotipo di sordità.
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Gavazzi, F. "Analisi strutturale e funzionale del fattore di trascrizione opaco 2 in endospermi di mais." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2008. http://hdl.handle.net/2434/61197.

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Motta, Michele. "Esistenza e unicità di funzioni "measure-preserving"." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amslaurea.unibo.it/21239/.

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Abstract:
Nella presente tesi viene discusso un risultato, presentato per la prima volta da Robert McCann nell'articolo "Existence and uniqueness of monotone measure-preserving maps", di esistenza e unicità di una funzione convessa il cui gradiente, sotto opportune condizioni, risulti essere "measure-preserving" tra due misure di probabilità assegnate. Nella prima parte vengono richiamati alcuni fatti di Analisi Convessa, Analisi Funzionale e Teoria della Misura che intervengono nel seguito. Nella restante parte vengono discusse separatamente l'esistenza e l'unicità della funzione cercata.
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Bedeschi, Luca. "Analisi sulla crescita e sulle funzioni dei Linked Open Data - LODStories." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amslaurea.unibo.it/7733/.

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Abstract:
L'Open Data, letteralmente “dati aperti”, è la corrente di pensiero (e il relativo “movimento”) che cerca di rispondere all'esigenza di poter disporre di dati legalmente “aperti”, ovvero liberamente re-usabili da parte del fruitore, per qualsiasi scopo. L’obiettivo dell’Open Data può essere raggiunto per legge, come negli USA dove l’informazione generata dal settore pubblico federale è in pubblico dominio, oppure per scelta dei detentori dei diritti, tramite opportune licenze. Per motivare la necessità di avere dei dati in formato aperto, possiamo usare una comparazione del tipo: l'Open Data sta al Linked Data, come la rete Internet sta al Web. L'Open Data, quindi, è l’infrastruttura (o la “piattaforma”) di cui il Linked Data ha bisogno per poter creare la rete di inferenze tra i vari dati sparsi nel Web. Il Linked Data, in altre parole, è una tecnologia ormai abbastanza matura e con grandi potenzialità, ma ha bisogno di grandi masse di dati tra loro collegati, ossia “linkati”, per diventare concretamente utile. Questo, in parte, è già stato ottenuto ed è in corso di miglioramento, grazie a progetti come DBpedia o FreeBase. In parallelo ai contributi delle community online, un altro tassello importante – una sorta di “bulk upload” molto prezioso – potrebbe essere dato dalla disponibilità di grosse masse di dati pubblici, idealmente anche già linkati dalle istituzioni stesse o comunque messi a disposizione in modo strutturato – che aiutino a raggiungere una “massa” di Linked Data. A partire dal substrato, rappresentato dalla disponibilità di fatto dei dati e dalla loro piena riutilizzabilità (in modo legale), il Linked Data può offrire una potente rappresentazione degli stessi, in termini di relazioni (collegamenti): in questo senso, Linked Data ed Open Data convergono e raggiungono la loro piena realizzazione nell’approccio Linked Open Data. L’obiettivo di questa tesi è quello di approfondire ed esporre le basi sul funzionamento dei Linked Open Data e gli ambiti in cui vengono utilizzati.
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RIGHINI, LUCIA. "Analisi genomica e funzionale sui componenti del microbiota intestinale Clostridium ramosum, Escherichia coli e Enterobacteriaceae." Doctoral thesis, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, 2020. http://hdl.handle.net/11380/1201048.

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Abstract:
Il microbiota intestinale è un insieme di batteri, archea ed eucarioti che risiedono nel tratto intestinale dei mammiferi. La composizione di questa varia comunità microbica è specifica per ogni individuo e crea una complessa e mutualistica relazione con esso evolvendosi durante l’arco della vita (Backhed, 2005; Neish, 2009). Ad oggi, la ricerca su Escherichia coli e sulle altre specie di Enterobatteriacee si è principalmente focalizzata sullo studio della acquisizione di antibiotico-resistenze in ceppi coinvolti in infezioni cliniche conclamate. Al contrario, i ceppi isolati da soggetti sani sono poco caratterizzati, se non in studi comparativi (Johnson et al., 2000; Kudinha et al., 2013; Lee et al., 2019). Il primo progetto ha riguardato la caratterizzazione di ceppi di E. coli e di altre specie di Enterobatteriacee isolati dai campioni fecali di 20 soggetti sani, con lo scopo di comprendere se esistono delle correlazioni tra il genotipo attribuito dalla PFGE, il filogruppo, i determinanti genici di virulenza e le strutture funzionali potenzialmente coinvolte nella colonizzazione e nella virulenza. Dai 20 volontari sani sono stati isolati 51 ceppi di E. coli, dei quali il 27% appartiene al filogruppo B2, il 24% al B1, il 14% all’F, il 14% all’A, il 10% al D, l’8% all’E e il 4% al C. Un totale di12 ceppi appartenenti ai filogruppi B2 e F presentano determinanti genici di virulenza caratteristici di ceppi di E. coli uropatogeni. Dei 51 ceppi testati, solo 2 sono resistenti ai comuni antibiotici usati per il trattamento delle infezioni da Gram-negativi. Dagli stessi campioni fecali dei 20 soggetti sani è stato possibile isolare 34 diversi biotipi di Enterobatteriacee appartenenti a 12 specie: Klebsiella pneumoniae, K. oxytoca, Enterobacter hormaechei, E. ludwigii, E. cloacae, Citrobacter freudnii, C. amalonaticus, Hafnia alvei, Cronobacter sakazakii, Morganella morganii, Serratia liquefaciens e Raoultella planticola. Dei 10 ceppi di K. pneumoniae testati per specifici geni di virulenza, 6 presentano mrkD, ycfM, kpn, e entB, che codificano per diverse strutture delle fimbrie e per un sideroforo. L’88% delle Enterobatteriacee isolate sono capaci di produrre biofilm su terreno minimo M9glu, il 62% di loro producono cellulosa e il 58% sono in grado di sintetizzare curli. Sulla base di queste caratteristiche gli isolati sono simili a ceppi patogeni di interesse clinico. Lo studio ha messo in evidenza come tra i ceppi di E. coli e delle altre specie di Enterobatteriacee isolati dalle feci di soggetti sani, e che come tali risiedono in modo innocuo nel tratto gastrointestinale, siano stati identificati ceppi che potenzialmente potrebbero comportarsi da agenti eziologici di infezioni extra-intestinali. Infatti, presentano numerosi geni di virulenza, sono capaci di produrre biofilm e di trasferire materiale genetico tramite coniugazione. La maggior parte dei ceppi di E. coli isolati però, è risultata suscettibile a tutti gli antibiotici testati. Il secondo progetto ha riguardato lo studio di Clostridium ramosum, un batterio che sembra partecipare all’insorgenza dell’obesità a causa del suo ruolo di modulatore della disponibilità di serotonina nell’epitelio intestinale, che come conseguenza aumenta i livelli di assorbimento dei nutrienti (Mandić et al., 2018). La presenza di C. ramosum è stata analizzata nelle feci di topi soggetti ad una dieta ricca di grassi o obesi, al fine di individuarne i ceppi endogeni. Da un totale di 85 topi, è stato possibile isolare solo 3 ceppi endogeni di C. ramsoum. Nonostante l’obesità dei topi oggetto di studio non è stato possibile isolarne così frequentemente quanto ipotizzato. Probabilmente, in questi topi C. ramosum non ha un ruolo determinante nell’insorgenza dell’obesità.
Gut microbiota is a collection of bacteria, archaea, and eukarya that inhabits the mammalian gastrointestinal tract. The composition of this microbial community is host specific, it evolves throughout lifetime, and can create an intricate and mutually beneficial relationship with the host (Backhed, 2005; Neish, 2009). Through the years, research interest has been manly focused on the characterization of antibiotic resistance acquisition of virulent clinical Escherichia coli and other Enterobacteriaceae species, whereas strains isolated from healthy subjects have been less studied and mostly investigated only in comparative studies (Johnson et al., 2000; Kudinha et al., 2013; Lee et al., 2019). The first project focused on the deep characterization of a collection of E. coli and other Enterobacteriaceae isolated from fecal samples of 20 healthy volunteers, in order to determine whether the relationship between PFGE genotyping, phylogroups, genetic determinants, and functional features can be established among the isolates. A total of 51 different strains of E. coli were collected. According to Clermont phylogrouping, the 27% of E. coli isolates belonged to B2 phylogroup, the 24% to B1, 14% to F, 14% to A, 10% to D, 8% to E and 4% to C. Within the B2 and F strains, 12 shared pattern of virulence genes associated with clinical uropathogenic strains. A total of 49 out of 51 strains were sensitive to all the tested antibiotics. From the same fecal samples it has been possible to collect 34 different Enterobacteriaceae strains belonging to 12 different species: Klebsiella pneumoniae, K. oxytoca, Enterobacter hormaechei, E. ludwigii, E. cloacae, Citrobacter freudnii, C. amalonaticus, Hafnia alvei, Cronobacter sakazakii, Morganella morganii, Serratia liquefaciens, and Raoultella planticola. A total of 6 out of 10 K. pneumoniae strains were positive for mrkD, ycfM, kpn, and entB genes that encode for different fimbrial structures and siderophores. The 88% of Enterobacteriaceae strains isolated were able to produce biofilm in M9Glu minimal medium; the 62% was able to produce cellulose and the 58% to synthetize curli fibers. These features are consistent with the profile of clinical isolates. Strains of E. coli and of other Enterobacteriaceae potentially act like pathogens based on the presence of virulence genes, capacity of biofilm production, and transfer of genetic material through conjugation, albeit they innocuously inhabit the gut of healthy subjects. It is possible that they occasionally act as etiologic agents of extra-intestinal infections. It is relevant that most E. coli strains are susceptible to a wide range of antibiotics. The second project involved the study of Clostridum ramosum, an intestinal bacterium that seems to be involved in obesity development for its role in the modulation of serotonin availability in the intestinal epithelium that is responsible of an increased nutrient absorption (Mandić et al., 2018). The presence of C. ramosum was investigated in mice strains prone to obesity and in mice subjected to a high-fat diet, in order to identify endogenous strains. From a total of 85 mice, it was possible to isolate only 3 strains of endogenous C. ramosum. In spite of the obesity of the mice analysed, the isolation of C. ramosum was not so frequent as hypothesized. Probably the bacterium itself was not involved in the exacerbation of obesity in those mice.
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Spadaro, Ester. "Drosophila melanogaster come modello di malattie mitocondriali umane: analisi funzionale dei geni deEthe1 e dSurf1." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425950.

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Abstract:
Ethylmalonic Encephalopathy (EE) is a rare autosomal recessive metabolic disorder caused by mutations in Ethe1, a nuclear gene encoding a mitochondrial matrix thioesterase. Although the function of ETHE1 protein is still unknown, the severe consequences of its malfunctioning indicate an important role of the Ethe1 gene product in mitochondrial homeostasis and energy metabolism (Tiranti et al., 2004). In order to understand the molecular pathogenesis underlying EE, it would be useful to establish a Drosophila melanogaster model in which the expression of CG30022 (dEthe1), the Drosophila Ethe1 homolog, is disrupted or impaired. I have thus set up transgenic Drosophila melanogaster lines in which it is possible to induce the post-transcriptional silencing of dEthe1 by double-stranded RNA interference. I was unable to detect any functional differences between knockdown and control flies. This lack of effects can be due to incomplete knockdown of dEthe1 mRNA, that mimicks a heterozygosity condition, asymptomatic in humans as well. In order to produce a complete null allele of dEthe1, we applied a gene targeting strategy that provides a way to knock-out genes in Drosophila using the organism's endogenous machinery of DNA repair and recombination. Since CG30022 is a small gene (1492 pb), we used the "two-step ends-in targeting" system (Xie & Golic, 2004) that allows precise deletions even in small target loci. Moreover, in Tilling, traditional chemical mutagenesis is followed by high-throughput screening for mutations in a target gene (Till et al., 2003). By this strategy, seven Drosophila lines carrying missense and frameshift mutations in dEthe1 gene were identified and characterized. On the basis of a dETHE1 three dimensional model, it was possible to predict the functional consequences of the amino acid changes characterizing each mutant. Moreover, we have characterized dEthe1 expression, both at a transcriptional and translational level, in Drosophila lines 0017965 and 104009 carrying a transposable element in the regulatory region and in the first exon of the dEthe1 gene, respectively. Leigh Syndrome (LS) is a progressive mitochondrial encephalopathy. The single most prevalent cause of LS are mutations in the Surf1 gene, which encodes a protein located in the inner membrane of mitochondria which is probably involved in cytochrome c oxidase assembly (Tiranti et al., 1999). Recently, a Drosophila melanogaster model for Leigh Syndrome has been characterized in which double-stranded RNA interference is used to induce the post-transcriptional silencing of CG9943 (dSurf1) gene, the D. melanogaster Surf1 homolog (Zordan et al., 2006). The structural and functional abnormalities at level of nervous system, as well as the global developmental arrest, observed in Drosophila knockdown flies are largely concordant with the human Leigh syndrome phenotype. Here, we have designed a method to assess if the phenotypic changes induced by double-stranded RNA interference are due to silencing of the targeted gene or to off-target effects. This method uses trans-complementation by a synthetic gene (dSurf1-synonymous) that encodes the same protein as the native gene but uses a different nucleotide sequence to escape RNAi-induced silencing (Kumar et al., 2006). We have generated transgenic lines in which it is possible to induce, by the UAS-GAL4 system, the simultaneous activation of dSurf1-synonymous expression and dsRNAi silencing of the endogenous Surf1 gene. This activation, induced via heat shock during early development, produces "rescued" flies, even if in a proportion that is lower than expected. The functional characterization of "rescued" flies shows a complete reversion of behavioral and electrophysiological abnormalities detectable in knockdown flies.
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Drudi, Paolo. "Analisi topologico-computazionale della perfusione di tessuti in tomografia computerizzata." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amslaurea.unibo.it/7960/.

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Abstract:
Lo scopo di questa tesi è quello di presentare l'applicazione di tecniche legate alla Teoria di Taglia a un problema di analisi di immagini biomediche. Il lavoro nasce dalla collaborazione del gruppo di Matematica della Visione dell'Università di Bologna, con il progetto PERFECT del Centro di Ricerca ARCES. La tesi si pone quindi come analisi preliminare di approccio alternativo ai metodi preesistenti. I metodi sono principalmente di Topologia Algebrica Applicata, ambito emergente e rilevante nel mondo della Matematica Computazionale. Il nucleo dell'elaborazione è costituito dall'analisi di forma dei dati per mezzo di Funzioni di Taglia. Questa nozione è stata introdotta nel 1999 da Patrizio Frosini e in seguito sviluppata principalmente dallo stesso, Massimo Ferri, Claudia Landi e altri collaboratori appartenuti al Gruppo di Ricerca di Matematica della Visione dell'Università di Bologna.
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Cimatti, Anna Giulia <1983&gt. "Valutazione precoce della funzionalità visiva nei neonati pretermine very low birth weight: analisi dei fattori nutrizionali coinvolti nello sviluppo della funzionalità visiva." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amsdottorato.unibo.it/9164/2/Cimatti_AnnaGiulia_tesi.pdf.

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Abstract:
Background:L’acido docosaesaenoico (DHA) costituisce le membrane neuronali e retiniche e ha un ruolo fondamentale nello sviluppo del sistema nervoso centrale e dell’apparato visivo nel neonato, specie prematuro, fortemente a rischio per lo sviluppo di complicanze. Scopo:Abbiamo valutato se la supplementazione materna con olio di Krill aumenta il contenuto di acidi grassi polinsaturi (LCPUFA) nel latte materno (LM), se l’assunzione del LM supplementato da parte del neonato aumenta i livelli di DHA ematici e le performance visive neonatali. Metodi:Abbiamo arruolato nutrici di neonati in Terapia Intensiva Neonatale (TIN) suddivise in gruppo 1 supplementato con olio di Krill; gruppo 2 controllo. Il LM è stato raccolto all’arruolamento(T0) e dopo 30 giorni(T1) per eseguire le analisi qualitative degli LCPUFA. Successivamente abbiamo arruolato neonati pretermine ricoverati in TIN e suddivisi in gruppo 1: ricevente LM supplementato e gruppo 2: controllo. Abbiamo eseguito i test di funzionalità visiva e analizzato i campioni di LM e di sangue dei neonati. Risultati:Prima fase: 16 nutrici arruolate: 8 supplementate, 8 controlli. I valori basali di DHA%, acido arachidonico (AA%), acido eicosapentaenoico (EPA%) non differivano nei due gruppi. Incremento significativo di DHA% ed EPA% e significativa riduzione di AA% tra T0 e T1 nel gruppo supplementato. Seconda fase: 8 neonati suddivisi in due gruppi. No differenze significative nei valori di LCPUFA nei due gruppi. Nel LM e su sangue trend in aumento dei valori di DHA%, in diminuzione di AA% e di AA:DHA nel gruppo supplementato. Dai test visivi il gruppo supplementato ha performance significativamente migliori a 3 mesi e a 6 mesi. Conclusioni:La supplementazione orale con olio di Krill incrementa i valori di DHA% ed EPA% nel LM. La seconda fase dello studio, in corso, sta valutando i potenziali benefici di tale strategia sullo sviluppo del sistema nervoso e visivo dei neonati prematuri.
Docosahexaenoic acid (DHA) is a constituent of neuronal and retinal membranes and plays a role in brain and visual development within the first months of life, especially in preterm infants. We aimed to evaluate whether maternal supplementation with krill oil during breastfeeding increases long-chain polyunsaturated fatty acids (LCPUFAs) BMcontents, whether BM supplemented increases hematic LCPUFAs contents in neonates and neonatal visual function. Mothers of infants admitted to Neonatal Intensive Care Unit (NICU) were allocated in group 1: received krill oil-based supplement for 30 days; group 2 control. BM samples were collected at baseline(T0)and day 30(T1) and underwent a qualitative analysis of LCPUFAs composition. Afterall preterm neonates at NICU were allocated in group 1:received supplemneted BM and group 2: control. Neonatal visual function, qualitative analysis of BM LCPUFA and neonatal blood were performed. First part:Sixteen breastfeeding women were included: 8 received krill-oil supplementation and 8 were control group. Baseline percentage values of DHA, arachidonic acid (%AA), and EPA (%EPA) did not differ between groups. A significant increase in %DHA, %EPA and a significant reduction in %AA between T0 and T1 occurred in supplemented group. Second part:8 preterm neonates were divided in two groups. No significant differences of LCPUFA was found between two groups. An increase of DHA% and a decrease of AA% and AA:DHA on BM and blood was found in supplemented group. A significant better visual function was found at 3 and 6 month on supplemented group. Oral krill oil supplementation effectively increases DHA and EPA contents in BM. Second part of this study is evalueting potential benefits of this strategy on brain and visual development in preterm neonates.
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Gordini, Alice. "Analisi del movimento e valutazione funzionale: confronto dei dati su soggetti con paralisi del muscolo trapezio." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amslaurea.unibo.it/21895/.

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Abstract:
Lo studio descrive la misconosciuta patologia paralisi di trapezio avvalendosi dei principali dati in letteratura, analizzandone le caratteristiche e i criteri utilizzati per riconoscerla. Il nostro lavoro propone un confronto fra le valutazioni descritte dai vari autori in letteratura e quelle da noi selezionate: valutazione con le scale cliniche Constant e Dash e valutazione strumentale con analisi cinematica ed elettromiografica di superficie. L’obiettivo è in tale quadro patologico verificare la praticabilità dell’uso di questi strumenti valutativi che hanno il vantaggio di essere non invasivi e riproducibili anche se ancora poco diffusi. Il nostro campione era composto da 8 pazienti (5 femmine, 3 maschi) con paralisi di trapezio successiva a manovra chirurgica nel distretto capo o collo, di età media 48 anni. Questi sono stati valutati con la scala Constant, il questionario DASH e l’analisi del movimento. I risultati hanno evidenziato che le scale sopra citate potrebbero dimostrarsi non sufficientemente esaurienti, mentre hanno fatto emergere i vantaggi delle tecniche valutative da noi proposte, le quali si sono dimostrate esaurienti nel descrivere il quadro clinico, oltre che non invasive, non dolorose e ripetibili, come documentato in letteratura. Queste tecniche portano ad una valutazione funzionale completa sia dell’attività muscolare che di quella articolare, consentendo ai terapisti di proporre un progetto riabilitativo coerente e incentrato su quelli che risultano essere i deficit effettivi di ciascun soggetto.
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