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Dissertations / Theses on the topic 'Analisi di sequenze'

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1

Piva, Francesco. "Analisi computazionale di sequenze del genoma umano." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2007. http://hdl.handle.net/11566/242662.

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Morrone, Maria Francesca. "Analisi e confronto di sequenze di DNA mediante modelli Markoviani." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amslaurea.unibo.it/9508/.

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Abstract:
Lo scopo di questa tesi è quello di evidenziare, attraverso varie analisi statistiche ed applicazione di modelli stocastici, il comportamento strutturale e funzionale dei dinucleotidi che compongono le sequenze di DNA di diversi organismi. Gli organismi che abbiamo scelto di prendere in considerazione sono l'uomo, il topo e l'Escherichia coli. Questa scelta non è stata casuale, ma oculata, al fine di mettere in risalto alcune differenze tra organismi eucarioti, quali l'uomo e il topo, ed organismi procarioti come il batterio E.coli. Nella prima parte del nostro studio, abbiamo computato le distanze che intercorrono tra occorrenze successive dello stesso dinucleotide lungo la sequenza, usando un metodo di non sovrapposizione, ed abbiamo iterato il calcolo per tutti i 16 dinucleotidi. Dopodiché ci siamo preoccupati di graficare le distribuzioni di distanza dei 16 dinucleotidi per l'E.Coli, il topo e l'uomo; gli istogrammi evidenziano un comportamento anomalo della distribuzione di CG che accomuna gli organismi eucarioti e di cui, invece, è esente l'organismo procariote esaminato. Questo dato statistico trova una spiegazione nei processi biologici di metilazione che possono innescarsi sul dinucleotide CG nelle sequenze eucariotiche. In seguito, per determinare quanto ciascuna delle 16 distribuzioni si discosti dalle altre abbiamo usato la divergenza di Jensen-Shannon. Per quantificare le differenze sostanziali tra le distribuzioni di CG dei 3 organismi considerati abbiamo deciso di verificare quale fosse il miglior fit per tali curve tra un esponenziale ed una power-law. L'esponenziale rappresenta un buon fit per le code delle distribuzioni di CG del topo e dell'uomo; ciò rivela la presenza di una lunghezza caratteristica per entrambi gli organismi. Nella seconda parte dello studio, i risultati vengono confrontati con modelli markoviani: sequenze random generate con catene di Markov di ordine zero (basate sulle frequenze relative dei nucleotidi) e uno (basate sulle probabilità di transizione tra diversi nucleotidi). Quest'ultima riproduce abbastanza fedelmente la sequenza biologica di partenza, per cui abbiamo scelto di utilizzare la catena Markov del 1° ordine per altre analisi statistiche riguardanti le distribuzioni dei nucleotidi, dinucleotidi, ed anche dei trinucleotidi con particolare interesse per quelli in cui è contenuto CG, in modo da verificare se l'anomalia si ripercuote anche in essi. Riteniamo pertanto che metodi basati su questo approccio potrebbero essere sfruttati per confermare le peculiarità biologiche e per migliorare l'individuazione delle aree di interesse, come le isole CpG, ed eventualmente promotori e Lamina Associated Domains (LAD), nel genoma di diversi organismi.
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Pandiscia, Nicola. "Analisi di sequenze video per rilevazioni demografiche ed emotive da software su microcontroller." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020.

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Abstract:
Il seguente progetto è volto ad implementare sul microcontroller "Raspberry Pi v.4 Model B" un software utilizzante a mo' di scatola nera, anche, in parte, una rete neurale che sulla base di una classificazione precedentemente realizzata da soggetti terzi e sulla base di opportuni modelli preaddestrati sfrutti un meccanismo di apprendimento supervisionato per stimare ragionevolmente, secondo opportuni criteri, il sesso, la fascia d'età, lo stato emotivo (caricaturale, ossia forzato) e la distanza approssimativa di uno o più soggetti ripresi frontalmente in volto da una telecamera in tempo reale.
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DENTI, LUCA. "Algorithms for analyzing genetic variability from Next-Generation Sequencing data." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2020. http://hdl.handle.net/10281/263551.

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Abstract:
Il DNA contiene l'informazione genetica che è essenziale per il corretto sviluppo di qualsiasi organismo. Essere in grado di analizzare il DNA risulta indispensabile per comprendere le cause di malattie e tumori e per migliorare la qualità delle nostre vite. Lo sviluppo delle tecniche di sequenziamento del DNA ha rivoluzionato il modo in cui queste analisi sono eseguite. A causa dell'immensa quantità di dati biologici disponibili, oggigiorno l'informatica gioca un ruolo fondamentale nella loro analisi. Fortunatamente in molte applicazioni l'informazione biologica contenuta in una molecola di DNA può essere rappresentata come una stringa nella quale ogni carattere rappresenta un nucleotide. Il concetto di stringa è molto studiato in informatica ed è possibile sfruttare l'estesa letteratura relativa alla memorizzazione e all'analisi di stringhe per migliorare lo studio del DNA. In questo contesto, questa tesi si focalizza su due problemi che emergono dall'analisi di dati di sequenziamento: lo studio della variabilità trascrittomica dovuta allo splicing alternativo e l'analisi della variabilità genetica dovuta a variazioni genetiche quali Single Nucleotide Polymorphisms e indels. Riguardo entrambi i problemi, investighiamo due originali approcci computazionali e ne dimostriamo l'efficacia confrontandoli con i tools più utilizzati nel relativo stato dell'arte. Il nostro obiettivo è lo sviluppo di tool bioinformatici che combinano algoritmi accurati con strutture dati efficienti. Il primo problema che affrontiamo è l'identificazione di eventi di splicing alternativo a partire da dati RNA-Seq. Lo splicing alternativo gioca un ruolo fondamentale in molti aspetti della vita, dal corretto sviluppo di un individuo al sorgere di malattie. Diversamente dagli approcci proposti in letteratura che si basano sulla quantificazione di trascritti o sull'allineamento spliced contro un genoma di riferimento, proponiamo un approccio algoritmico alternativo che sfrutta l'originale concetto di allineamento a un grafo di splicing. Abbiamo implementato il nostro approccio nel tool ASGAL che allinea un sample di RNA-Seq contro il grafo di splicing di un gene e identifica gli eventi di splicing alternativo supportati dal sample andando a confrontare questi ultimi con l'annotazione del gene. ASGAL è il primo tool che allinea RNA-Seq reads a un grafo di splicing e che è in grado di identificare eventi novel di splicing anche quando un singolo trascritto per gene è supportato dal sample in input. I risultati della nostra sperimentazione dimostrano l'utilità di allineare a un grafo di splicing e la capacità del nostro tool nell'identificare eventi di splicing alternativo. Il secondo problema che affrontiamo è la genotipizzazione di un insieme di varianti note (SNPs e indels) a partire da dati di sequenziamento. Un'approfondita analisi di queste variazioni è indispensabile per comprendere la variabilità genetica fra gli individui di una popolazione e il loro fattore di rischio genetico. Gli approcci proposti in letteratura per identificare e genotipizzare varianti includono l'allineamento delle reads, una procedura che risulta computazionalmente troppo onerosa per le tipiche applicazioni cliniche. Quando non si è interessati alla scoperta di nuove varianti, è possibile evitare lo step di allineamento andando a genotipizzare solo un insieme di varianti già note e per le quali è stata già dimostrata una certa rilevanza medica. Per risolvere questo problema, abbiamo ideato un nuovo approccio alignment-free e lo abbiamo implementato nel tool MALVA. MALVA è il primo approccio alignment-free che è in grado di genotipizzare SNPs, indels e varianti multi-alleliche. Grazie alla strategia alignment-free, MALVA è molto più veloce degli approcci basati sull'allineamento, esibendo comunque un'accuratezza simile. Inoltre, rispetto agli approcci più utilizzati in letteratura, MALVA risulta molto più accurato nella genotipizzazione degli indels.
DNA contains the genetic information that is essential for the correct development of any organism. Being able to investigate DNA is of utmost importance for analyzing the reasons behind diseases and for improving the quality of life. Development of DNA sequencing technologies has revolutionized the way this kind of investigation is performed. Due to the huge amount of sequencing data available, nowadays computer science plays a key role in their analysis. Luckily, in many applications, the biological information contained in a DNA molecule can be represented as a string in which each character represents a nucleotide. Strings are a well-known and well-studied notion in computer science and therefore it is possible to exploit the huge literature related to storing and processing strings for improving the analysis of DNA. Within this context, this thesis focuses on two specific problems arising from the analysis of sequencing data: the study of transcript variability due to alternative splicing and the investigation of genetic variability among different individuals due to small variations such as Single Nucleotide Polymorphisms and indels. Regarding both these problems, we investigate two novel computational approaches by devising original strategies and we prove their efficacy by comparing them with the most used state-of-the-art approaches. In both these areas, our focus is on the development of bioinformatics tools that combine accurate algorithms with efficient data structures. The first problem we tackle is the detection of alternative splicing events from RNA-Seq data. Alternative splicing plays an important role in many different life aspects, from the correct evolution of an individual to the development of diseases. Differently from current techniques that rely on the reconstruction of transcripts or on the spliced alignment of RNA-Seq reads against a reference genome, we investigate an alternative algorithmic approach that exploits the novel notion of alignment against a splicing graph. We implemented such an approach in a tool, called ASGAL, that aligns a RNA-Seq sample against the splicing graph of a gene and then detects the alternative splicing events supported by the sample by comparing the alignments with the gene annotation. ASGAL is the first tool that aligns reads against a splicing graph and that is able to detect novel alternative splicing events even when only a single transcript per gene is supported by the sample. The results of our experiments show the usefulness of aligning reads against a splicing graph and prove the ability of the proposed approach in detecting alternative splicing events. The second problem we tackle is the genotyping of a set of known Single Nucleotide Polymorphisms and indels from sequencing data. An in-depth analysis of these variants allows to understand genetic variability among different individuals of a population and their genetic risks factors for diseases. Standard pipelines for variant discovery and genotyping include read alignment, a computationally expensive procedure that is too time consuming for typical clinical applications. When variant discovery is not desired, it is possible to avoid read alignment by genotyping only the set of known variants that are already established to be of medical relevance. To solve this problem, we devised a novel alignment-free algorithmic approach and we implemented it in a bioinformatic tool, called MALVA. MALVA is the first alignment-free approach that is able to genotype SNPs, indels, and multi-allelic variants. Thanks to its alignment-free strategy, MALVA requires one order of magnitude less time than alignment-based pipelines to genotype a donor individual while achieving similar accuracy. Remarkably, on indels it provides even better results than the most widely adopted approaches.
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5

GAROFALO, CARMELA. "Management delle risorse microbiotiche per la produzione di vini tipici pugliesi." Doctoral thesis, Università di Foggia, 2014. http://hdl.handle.net/11369/331791.

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Abstract:
La fermentazione del succo d’uva è un processo biochimico complesso, in cui i lieviti svolgono un ruolo fondamentale trasformando gli zuccheri dell’uva in etanolo, CO2 e altre centinaia di composti secondari. L’ecologia dei lieviti, responsabili della fermentazione alcolica, risulta essere più complessa rispetto a quanto precedentemente pensato, dimostrando inoltre che i lieviti non-Saccharomyces svolgono un ruolo rilevante sull’impatto metabolico e la complessità aromatica del prodotto finito. L’inclusione di lieviti vinari non-Saccharomyces, insieme a ceppi di Saccharomyces in multi-starter per la fermentazione alcolica è stato proposto come strumento per migliorare la composizione chimica e le proprietà sensoriali del vino, traendo vantaggio dalle fermentazioni spontanee ed evitando il rischio di arresti fermentativi. SCOPO DEL LAVORO L’obiettivo principale di questo lavoro è stato di isolare ceppi microbici (lieviti e batteri) rappresentanti la biodiversità della microflora “virtuosa” dei vini tipici pugliesi studiati. MATERIALI E METODI Lieviti e batteri sono stati isolati da fermentazioni spontanee di vini Pugliesi e da bucce d’uva. L’identificazione dei lieviti è stata ottenuta mediante analisi di restrizione e sequenziamento della regione compresa fra gli internal transcribed spacers e la frazione 5.8S del RNA ribosomiale (5.8S-ITS), inoltre i ceppi di Saccharomyces cerevisiae sono stati identificati mediante PCR specie-specifici e caratterizzati genotipicamente con l’analisi delle sequenze interdelta. La caratterizzazione tecnologica dei ceppi selezionati di S. cerevisiae e non-Saccharomyces è stata condotta con in vitro, mediante un tradizionale approccio polifasico, e in vivo. Inoltre è stata investigate la biodiversità dei ceppi di O. oeni isolati da vini in cui era in corso la fermentazione malolattica spontanea. In particolare si è deciso di focalizzare l’attenzione sulla biodiversità genetica e sulla diversa capacità di degradare l’acido malico. Per la caratterizzazione genotipica sono state utilizzate due tecniche molecolari: l’analisi variable number tandem repeat (VNTR) e l’analisi Multilocus Sequence typing (MLST). Due ceppi di S. cerevisiae (S. cerevisiae I6 e S. cerevisiae E4) sono stati selezionati per le loro proprietà fermentative per successive esperimenti di microvinificazione, i batteri sono stati inoculati con due diversi tempi di inoculo, insieme al lievito (coinoculo) o alla fine della fermentazione alcolica (inoculo sequenziale). RISULTATI Fra i ceppi isolati ed identificati è stata osservata una grande biodiversità di ceppi di interesse enologico, infatti sono stati identificati ceppi di H. uvarum, C. stellata, S. cerevisiae e M. pulcherrima. In particolare la maggior parte dei ceppi analizzati appartengono ai generi M. pulcherrima e H. uvarum. Il primo step della caratterizzazione tecnologica (attività killer, produzione di H2S, cinetiche di fermentazione in terreno sintetico e mosto, analisi citofluorometriche) ci ha permesso di selezionare i ceppi di lieviti più promettenti, sia ceppi di S. cerevisiae che non-Saccharomyces, fra questi ultimi la maggior parte dei ceppi analizzati appartengono alle specie Hanseniaspora e Candida. Inoltre ci ha permesso di valutare le performances di starter multi-strain (Sacch-non-Sacch). Tuttavia, utilizzando due classiche strategie di inoculo, pianificate per promuovere l'espressione dei ceppi non-Saccharomyces, è stata notata una forte competizione fra i ceppi di S. cerevisiae e i non-Saccharomyces, compromettendo l’efficienza della fermentazione alcolica. L’analisi PCR delle sequenze di S. cerevisiae ha mostrato una grande biodiversità, permettendo di distinguere 86 diversi biotipi su 90 ceppi analizzati. Sono stati analizzati 50 ceppi di O. oeni, isolati da diversi vini, fra questi 50 ceppi la tecnica VNTR ha permesso di distinguere 31 profili differenti, di cui 11 profili unici, mentre i 20 ceppi analizzati con la tecnica MLST sono stati differenziati in 8 diversi ST, di cui 6 nuovi. Diversi risultati relativi all'efficienza della FML sono stati osservati utilizzando diverse coppie di lieviti e batteri. Per esempio, alcuni ceppi di O. oeni hanno portato ad una fermentazione malolattica più efficiente quando coinoculati con S. cerevisiae I6, mentre altri O. oeni hanno svolto una fermentazione malolattica migliore se utilizzati con S. cerevisiae E4. In generale, i risultati ottenuti permetteranno di gestire al meglio le risorse microbiche per la produzione di vini tipici pugliesi.
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Carone, Simona <1976&gt. "Analisi di varianti strutturali e di sequenza in geni candidati per l'autismo sul cromosoma 2q." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/45/1/Tesi_Dottorato_Simona_Carone.pdf.

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Carone, Simona <1976&gt. "Analisi di varianti strutturali e di sequenza in geni candidati per l'autismo sul cromosoma 2q." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/45/.

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Negrisolo, Susanna. "Analisi mutazionale di geni coinvolti nella nefrogenesi e ricerca di variazioni di sequenza nelle loro regioni target per mirna." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3424253.

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Abstract:
Congenital anomalies of kidney and urinary tract (CAKUT) are prominent diseases in the pediatric population in terms of prevalence and morbidity (3-6/1000 live births) and responsible of 50% chronic renal failure in pediatric populations. CAKUT encompass a wide phenotypic variability whose clinical relevance varies from less severe forms with mild renal functional impairment, to serious forms such as agenesis and renal hypodysplasia. Medical literature suggests that diseases could result from aberration in spatio-temporal regulation of nephrogenetic program, which involves a complex gene network. Mutations in several kidney developmental genes, have been associated with some of these anomalies, but much remains to be clarified on the etiopathogenesis of most CAKUT. It has been recently confirmed the role of short non-coding RNA named microRNA (miRNA) as gene regulators during the mammalian nephrourogenesis. Studies of conditional loss of kidney miRNAs during embryonic development in mice, suggest that their deregulation may underlie CAKUT. Mutational analysis was performed in 53 CAKUT patients for SIX1, PAX2, GATA3 and SPRY1 genes, which are involved in nephrogenesis. We used an integrated bioinformatics resource for animal miRNA-target interactions, to define which miRNA may be involved in the regulation of our selected kidney developmental genes. Analysis of miRNA target regions of these genes was performed in order to identify sequence variations that can modify homology/complementarity features to the targeted microRNAs and their translational mechanism. Sequence variation were checked also in miRNA gene identified by predictive bioinformatic tools Five causative mutations have been identified in six patients with syndromic or isolated renal hypodysplasia: 4 mutations in the PAX2 gene and 1 mutation in GATA3 gene. No mutations were observed in SIX1 and SPRY1 genes, and also in 3'UTR targets and in related MIRNA genes analyzed. In one patient with syndromic hypodysplasia CGH array analysis showed a proximal microdeletion of about 1.4Mb in 17q12. We hypothesized that the absence of sequence’s variations, both in genomic regions regulated by miRNA and in genes codifying for miRNA, observed in our CAKUT patients, may be due to a very low incidence of these mutations. It must be considered that molecular interactions predicted by in silico studies for miRNA should be validated by functional studies to confirm their involvement during the nephrourogenesis. Identification of causing-disease mutation in PAX2 and GATA3 genes confirmed their role in CAKUT phenotype. Molecular screening of PAX2 and GATA3 genes is mainly performed only in patients with complete phenotype of papillorenal syndrome and hypoparathyroidism, sensorineural deafness, and renal disease syndrome. The identification of these mutations in not syndromic pediatric subjects confirms the necessity to extend the analysis to a higher number of patients. The increased understanding of the post-transcriptional molecular mechanisms responsible of renal and uretheral anomalies, will contribute to the identification of a “targeted gene panel” that could be used in an early and accurate diagnosis of these pathologies.
Le anomalie congenite del rene e delle vie urinarie (CAKUT) rappresentano circa il 30% di tutte le anomalie di sviluppo embrionale (prevalenza e morbilità nella popolazione pediatrica 3-6/1000 nati vivi in Europa). Sono malformazioni caratterizzate da un’ampia variabilità fenotipica la cui rilevanza clinica varia da forme meno severe con lievi alterazioni della funzionalità renale, a forme gravi quali l’agenesia e l’ipodisplasia renale. Circa il 50% dei bambini in dialisi o portatori di trapianto renale sono affetti da CAKUT. I dati della letteratura suggeriscono che l’origine di queste malattie sia una disregolazione del complesso programma nefrogenetico. La presenza di mutazioni in geni fortemente coinvolti nello sviluppo del rene è stata associata ad alcune di queste malattie, ma ancora molto resta da chiarire sull’eziopatogenesi della maggior parte delle CAKUT. Recentemente è stato confermato il ruolo rilevante di corte sequenze di RNA non-codificante (microRNA), in qualità di regolatori genici post-trascrizionali, durante la nefrourogenesi dei mammiferi. Studi di perdita condizionale dell’espressione dei microRNA durante lo sviluppo embrionale del topo, suggeriscono che la loro disregolazione possa portare alle CAKUT. Pochi sono a tutt’oggi i dati relativi al loro coinvolgimento nella nefrourogenesi umana. È stata condotta l’analisi mutazionale dei geni SIX1, PAX2, GATA3 e SPRY1, fortemente coinvolti nello sviluppo del rene e delle vie urinarie, su una popolazione di 53 pazienti con CAKUT. In tutti i soggetti che non presentavano mutazioni nei geni dello sviluppo analizzati, sono state ricercate variazioni di sequenza nelle regioni 3’UTR target per miRNA, identificate attraverso uno studio bioinformatico predittivo. La ricerca di variazioni di sequenza è stata quindi estesa anche ai geni codificanti per i MIRNA, che la predizione in silico aveva identificato come ipotetici regolatori post-trascrizionali dei geni SIX1, PAX2, GATA3 e SPRY1. Sono state identificate 5 mutazioni causative di cui 4 a carico del gene PAX2, 1 a carico del gene GATA3, in sei pazienti con ipodisplasia renale in forma sindromica o isolata. Non è stata osservata alcuna mutazione a carico dei geni SIX1 e SPRY1, né a carico dei target 3’UTR e dei relativi MIR analizzati. E’ stata inoltre osservata una microdelezione di 1.4Mb (CNV) nel braccio lungo del cromosoma 17 in una paziente con una forma sindromica di ipodisplasia renale. E’ ipotizzabile che l’assenza di variazioni di sequenza nelle regioni geniche regolate dai microRNA e nei geni codificanti per i MIRNA osservata nella nostra coorte di pazienti con CAKUT, possa essere imputabile a frequenze di mutazione molto basse. Bisogna tuttavia considerare che l’interazione molecolare predetta per i microRNA dallo studio in silico, dovrebbe essere validata mediante studi funzionali per confermare il loro coinvolgimento durante il processo della nefrourogenesi. L’identificazione di mutazioni causative di geni coinvolti nello sviluppo renale, ci permette di confermare il ruolo dei geni PAX2 e GATA3 nella determinazione delle CAKUT. L’analisi molecolare del gene PAX2 e GATA3 viene prevalentemente eseguita in pazienti con fenotipo completo delle sindromi associate (papillo-renale e iperparatiroidismo, sordità e rene). L’aver identificato mutazioni di questi geni anche in soggetti pediatrici non sindromici, è un’ulteriore conferma della necessità di estendere l’analisi anche ad una più ampia categoria di pazienti. I risultati di questa ricerca, aumentando le conoscenze relative ai meccanismi molecolari anche post-trascrizionali coinvolti nella determinazione di anomalie renali e ureterali, possono inoltre contribuire a meglio definire un “targeted gene panel” da analizzare per una più precisa e precoce diagnosi di queste patologie
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Baraccani, Danilo. "Analisi del comportamento a fatica di un laminato al variare della sequenza di impilamento e delle dimensioni." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amslaurea.unibo.it/9316/.

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Abstract:
I materiali compositi rivestono un ruolo fondamentale nell’industria aeronautica e nel settore delle competizioni automobilistiche. La possibilità di progettare i materiali in funzione della loro applicazione permette una crescente diffusione del loro utilizzo, e l’ampliamento delle applicazioni a moltissimi altri settori, sia per componenti di tipo strutturale, sia di tipo estetico. Nonostante la quantità di studi sul comportamento a fatica dei compositi, non sono ancora presenti risultati attendibili per la previsione della resistenza e della vita a fatica in relazione ad un determinato tipo di sollecitazione; non almeno a livello dei materiali tradizionali. L’obiettivo della tesi è indagare eventuali variazioni del comportamento a fatica di un laminato in CFRP in relazione al variare di parametri quali dimensioni e sequenza di impilamento delle ply. Per tale scopo sono state realizzate delle prove per il calcolo del comportamento a fatica, in particolare prove di flessione in 3 punti, e si sono poi confrontati tra loro i risultati sperimentali e correlati al variare dei parametri di interesse.
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Milanese, Andrea <1994&gt. "Il periodo di Transizione tra Medio Bronzo e Tardo Bronzo nel Caucaso Meridionale Analisi della sequenza dei sondaggi A e B del sito di Aradetis Orgora (Georgia)." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/16513.

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Abstract:
Durante il Medio Bronzo (circa 2000-1500 a.C.) l'area del Caucaso Meridionale sembra essere caratterizzata da un'occupazione umana con uno stile di vita nomade testimoniata dalla pressoché totale assenza di insediamenti stabili. Contrariamente, in tutta la regione sono evidenti numerosi contesti di sepoltura monumentali chiamati kurgan. Verso la fine del Medio Bronzo (XVII e XVI secoli a.C.) i dati ottenuti dai più recenti scavi archeologici mettono in evidenza l'inizio di un processo di "reinsediamento" da parte di queste comunità nomadi che collimerà nel Tardo Bronzo con l'emergere di nuove modalità di occupazione del territorio in maniera stabile. Lo scopo di questa tesi è quello di indagare la stratigrafia e il materiale ceramico proveniente da due sondaggi scavati sul sito di Aradetis Orgora nella provincia di Shida Khartli in Georgia centrale, che è uno dei rari siti della regione che hanno restituito livelli archeologici appartenenti al Medio Bronzo. Tramite lo studio del materiale ceramico e delle relazioni stratigrafiche è stato possibile seguire i cambiamenti avvenuti nel corso dei secoli e definire l'inizio del processo di transizione tra i due periodi.
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Donnini, Matteo. "riprogettazione delle linee di assemblaggio dei bracci telescopici: il caso manitou italia." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amslaurea.unibo.it/19796/.

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Abstract:
Lo studio svolto presso Manitou Italia S.R.L. nello stabilimento produttivo di Cavazzona tratta la valutazione di un re-layout: l’obiettivo è analizzare la fattibilità tecnica ed economica della riprogettazione di due linee di montaggio dei bracci telescopici in un’altra area aziendale. L’elaborato vuole introdurre l’azienda presentando la linea di prodotti che realizza e il mercato al quale si rivolge. Verrà presentata la situazione AS-IS: l’attuale disposizione delle linee dei bracci analizzando le criticità riscontrate. Successivamente si andranno a proporre alternative di layout portando alla luce miglioramenti adottabili a livello tecnico e in ottica Lean Manufacturing confrontando vantaggi e svantaggi delle varie proposte. L’analisi del flusso dei materiali aiuterà a comparare le diverse soluzioni. Inoltre, anche se questo fatto viene spesso trascurato, cambiamenti di layout potrebbero portare anche ad una riduzione del Flow Time del pezzo con rispettive riduzioni di costo del prodotto. Si valuteranno le attrezzature necessarie da acquistare o semplicemente trasferire nella nuova area e si effettuerà un’analisi costi-benefici. Si presentaerà una situazione TO-BE completa, quantificando i benefici e risolvendo le problematiche che nasceranno inevitabilmente da un cambiamento di questa portata.
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Verzotto, Davide. "Advanced Computational Methods for Massive Biological Sequence Analysis." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3426282.

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Abstract:
With the advent of modern sequencing technologies massive amounts of biological data, from protein sequences to entire genomes, are becoming increasingly available. This poses the need for the automatic analysis and classification of such a huge collection of data, in order to enhance knowledge in the Life Sciences. Although many research efforts have been made to mathematically model this information, for example finding patterns and similarities among protein or genome sequences, these approaches often lack structures that address specific biological issues. In this thesis, we present novel computational methods for three fundamental problems in molecular biology: the detection of remote evolutionary relationships among protein sequences, the identification of subtle biological signals in related genome or protein functional sites, and the phylogeny reconstruction by means of whole-genome comparisons. The main contribution is given by a systematic analysis of patterns that may affect these tasks, leading to the design of practical and efficient new pattern discovery tools. We thus introduce two advanced paradigms of pattern discovery and filtering based on the insight that functional and conserved biological motifs, or patterns, should lie in different sites of sequences. This enables to carry out space-conscious approaches that avoid a multiple counting of the same patterns. The first paradigm considered, namely irredundant common motifs, concerns the discovery of common patterns, for two sequences, that have occurrences not covered by other patterns, whose coverage is defined by means of specificity and extension. The second paradigm, namely underlying motifs, concerns the filtering of patterns, from a given set, that have occurrences not overlapping other patterns with higher priority, where priority is defined by lexicographic properties of patterns on the boundary between pattern matching and statistical analysis. We develop three practical methods directly based on these advanced paradigms. Experimental results indicate that we are able to identify subtle similarities among biological sequences, using the same type of information only once. In particular, we employ the irredundant common motifs and the statistics based on these patterns to solve the remote protein homology detection problem. Results show that our approach, called Irredundant Class, outperforms the state-of-the-art methods in a challenging benchmark for protein analysis. Afterwards, we establish how to compare and filter a large number of complex motifs (e.g., degenerate motifs) obtained from modern motif discovery tools, in order to identify subtle signals in different biological contexts. In this case we employ the notion of underlying motifs. Tests on large protein families indicate that we drastically reduce the number of motifs that scientists should manually inspect, further highlighting the actual functional motifs. Finally, we combine the two proposed paradigms to allow the comparison of whole genomes, and thus the construction of a novel and practical distance function. With our method, called Unic Subword Approach, we relate to each other the regions of two genome sequences by selecting conserved motifs during evolution. Experimental results show that our approach achieves better performance than other state-of-the-art methods in the whole-genome phylogeny reconstruction of viruses, prokaryotes, and unicellular eukaryotes, further identifying the major clades of these organisms.
Con l'avvento delle moderne tecnologie di sequenziamento, massive quantità di dati biologici, da sequenze proteiche fino a interi genomi, sono disponibili per la ricerca. Questo progresso richiede l'analisi e la classificazione automatica di tali collezioni di dati, al fine di migliorare la conoscenza nel campo delle Scienze della Vita. Nonostante finora siano stati proposti molti approcci per modellare matematicamente le sequenze biologiche, ad esempio cercando pattern e similarità tra sequenze genomiche o proteiche, questi metodi spesso mancano di strutture in grado di indirizzare specifiche questioni biologiche. In questa tesi, presentiamo nuovi metodi computazionali per tre problemi fondamentali della biologia molecolare: la scoperta di relazioni evolutive remote tra sequenze proteiche, l'individuazione di segnali biologici complessi in siti funzionali tra loro correlati, e la ricostruzione della filogenesi di un insieme di organismi, attraverso la comparazione di interi genomi. Il principale contributo è dato dall'analisi sistematica dei pattern che possono interessare questi problemi, portando alla progettazione di nuovi strumenti computazionali efficaci ed efficienti. Vengono introdotti così due paradigmi avanzati per la scoperta e il filtraggio di pattern, basati sull'osservazione che i motivi biologici funzionali, o pattern, sono localizzati in differenti regioni delle sequenze in esame. Questa osservazione consente di realizzare approcci parsimoniosi in grado di evitare un conteggio multiplo degli stessi pattern. Il primo paradigma considerato, ovvero irredundant common motifs, riguarda la scoperta di pattern comuni a coppie di sequenze che hanno occorrenze non coperte da altri pattern, la cui copertura è definita da una maggiore specificità e/o possibile estensione dei pattern. Il secondo paradigma, ovvero underlying motifs, riguarda il filtraggio di pattern che hanno occorrenze non sovrapposte a quelle di altri pattern con maggiore priorità, dove la priorità è definita da proprietà lessicografiche dei pattern al confine tra pattern matching e analisi statistica. Sono stati sviluppati tre metodi computazionali basati su questi paradigmi avanzati. I risultati sperimentali indicano che i nostri metodi sono in grado di identificare le principali similitudini tra sequenze biologiche, utilizzando l'informazione presente in maniera non ridondante. In particolare, impiegando gli irredundant common motifs e le statistiche basate su questi pattern risolviamo il problema della rilevazione di omologie remote tra proteine. I risultati evidenziano che il nostro approccio, chiamato Irredundant Class, ottiene ottime prestazioni su un benchmark impegnativo, e migliora i metodi allo stato dell'arte. Inoltre, per individuare segnali biologici complessi utilizziamo la nozione di underlying motifs, definendo così alcune modalità per il confronto e il filtraggio di motivi degenerati ottenuti tramite moderni strumenti di pattern discovery. Esperimenti su grandi famiglie proteiche dimostrano che il nostro metodo riduce drasticamente il numero di motivi che gli scienziati dovrebbero altrimenti ispezionare manualmente, mettendo in luce inoltre i motivi funzionali identificati in letteratura. Infine, combinando i due paradigmi proposti presentiamo una nuova e pratica funzione di distanza tra interi genomi. Con il nostro metodo, chiamato Unic Subword Approach, relazioniamo tra loro le diverse regioni di due sequenze genomiche, selezionando i motivi conservati durante l'evoluzione. I risultati sperimentali evidenziano che il nostro approccio offre migliori prestazioni rispetto ad altri metodi allo stato dell'arte nella ricostruzione della filogenesi di organismi quali virus, procarioti ed eucarioti unicellulari, identificando inoltre le sottoclassi principali di queste specie.
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BERTOLAZZI, Giorgio. "MicroRNA Interaction Networks." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2021. http://hdl.handle.net/10447/498927.

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Abstract:
La tesi di Giorgio Bertolazzi è incentrata sullo sviluppo di nuovi algoritmi per la predizione dei legami miRNA-mRNA. In particolare, un algoritmo di machine-learning viene proposto per l'upgrade del web tool ComiR; la versione originale di ComiR considerava soltanto i siti di legame dei miRNA collocati nella regione 3'UTR dell'RNA messaggero. La nuova versione di ComiR include nella ricerca dei legami la regione codificante dell'RNA messaggero.
Bertolazzi’s thesis focuses on developing and applying computational methods to predict microRNA binding sites located on messenger RNA molecules. MicroRNAs (miRNAs) regulate gene expression by binding target messenger RNA molecules (mRNAs). Therefore, the prediction of miRNA binding is important to investigate cellular processes. Moreover, alterations in miRNA activity have been associated with many human diseases, such as cancer. The thesis explores miRNA binding behavior and highlights fundamental information for miRNA target prediction. In particular, a machine learning approach is used to upgrade an existing target prediction algorithm named ComiR; the original version of ComiR considers miRNA binding sites located on mRNA 3’UTR region. The novel algorithm significantly improves the ComiR prediction capacity by including miRNA binding sites located on mRNA coding regions.
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D'ALESSANDRO, GIAMPIERO. "Proposte per lo studio della mobilità studentesca e l’analisi di dati longitudinali." Doctoral thesis, 2015. http://hdl.handle.net/11573/877068.

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Abstract:
Sociale, della Sapienza Università di Roma. L’interesse verso le dinamiche della carriere universitarie, maturato durante il percorso di studio specialistico, si è sviluppato durante la preparazione del lavoro di tesi e si è evoluto durante tutto il percorso dottorale. Il lavoro di ricerca che ha portato alla stesura del volume “C’era una volta l’università?” (Benvenuto, Decataldo e Fasanella 2012) ha prodotto costantemente nuove evidenze, ma anche nuovi interrogativi relativi all’individuazione di proficue strategie di analisi utili allo studio di dati in forma longitudinale. Nello specifico l’interesse è principalmente rivolto all’individuazione di strumenti di analisi, adeguati dal punto di vista metodologico, che consentano un approfondito studio delle carriere degli studenti universitari e dei fenomeni critici che caratterizzano il sistema universitario italiano, quali il ritardo e l’abbandono degli studi. In questa ricerca l’attenzione è rivolta non solo a questi ultimi, le due più comuni declinazioni della dispersione universitaria, ma anche e soprattutto a un aspetto trascurato ma non secondario: la mobilità studentesca. La non linearità di una carriera, dal punto di vista dello studente, può avere una doppia valenza: da un lato può essere un preludio a un esito positivo, nel caso in cui, cioè, uno studente, intraprendendo un nuovo percorso di formazione, riesce a conseguire il titolo di studio che probabilmente non avrebbe conseguito nel corso di provenienza; dall’altro potrebbe causare l’allungamento del periodo di permanenza all’interno del sistema universitario e, nel peggiore dei casi, non essere utile al raggiungimento dell’obiettivo della laurea. Dal punto di vista sistemico la mobilità può, pertanto, determinare impatti di non secondaria importanza, aumentando il fenomeno del fuoricorsismo e/o ritardando quello dell’abbandono, ma anche contribuendo alla creazione di nuovi laureati. La rendicontazione del lavoro di ricerca è organizzata in cinque capitoli. Dopo un inquadramento teorico dei concetti di trasferimento e dispersione universitaria si disaminano i principali studi sulla mobilità affrontando il problema dell’importanza di un dato, strutturato longitudinalmente, che consenta di investigare appieno e con le modalità maggiormente adeguate questi aspetti delle carriere universitarie (Capitolo I). Il lavoro prosegue con l’individuazione dei principali obiettivi sostantivi e delle domande cognitive dello studio affrontando, dal punto di vista metodologico, l’adeguatezza degli strumenti concettuali e di analisi utilizzati comunemente per l’analisi delle carriere studentesche (Capitolo II). La sezione successiva è di carattere tecnico-metodologico ed è centrata sull’individuazione di strategie di analisi dei dati che consentano uno studio approfondito della peculiarità delle carriere, soprattutto con riferimento a quelle definite “non lineari”, ossia a quelle che vedono al loro interno delle irregolarità, non solo relative al prolungamento degli studi oltre la durata legale del corso, ma anche a diverse forme di mobilità. Le problematiche evidenziate nelle procedure di classificazione hanno consentito di argomentare al meglio la proposta di utilizzare l’analisi delle sequenze per lo studio delle carriere accademiche degli studenti. Il Capitolo III introduce a questa tecnica di analisi e pone le basi per la lettura dei risultati di questa ricerca definendo i concetti utilizzati, quali quelli di stato e ricorrenza, funzionali all’obiettivo. La procedura di analisi contrasta con quelle comunemente adottate per il monitoraggio e la valutazione delle carriere universitarie e del sistema nel suo in generale. Le carriere sono, infatti, osservate nel loro complesso, adottando un’ottica pienamente longitudinale. L’obiettivo primario dello studio è identificare pattern di intere sequenze e sottosequenze (e dunque di carriere e di porzioni di carriere), di analizzarne la diffusione, le caratteristiche più o meno costitutive e di metterne in luce la loro relazione con variabili di input, throughput e output. Si tratta cioè di guardare alle carriere studentesche come a un processo che si sviluppa nel tempo, adottando ciò che nell’analisi dei corsi di vita è definito come approccio olistico alle traiettorie (Mayer 1986; Elder 2001). Questi strumenti sono utilizzati per lo studio delle carriere degli studenti immatricolati “puri” a Sapienza nell’a.a. 2001-2002 (Capitolo IV). Ponendo attenzione sulle procedure di ri-strutturazione del database amministrativo sono illustrate le potenzialità di questa tecnica di analisi con riferimento agli obiettivi sostantivi dello studio. Misure trasversali e longitudinali sono utilizzate per la caratterizzazione di modelli di carriere che culminerà con una classificazione sintetica effettuata sulla base di algoritmi di calcolo di distanza/dissimilarità inter-carriera. La portata euristica della tecnica, principalmente descrittiva, è accompagnata dal tentativo di individuare determinanti (con riferimento all’appartenenza ai gruppi individuati) nelle informazioni relative all’accesso e al percorso degli studenti. Successivamente questi stessi strumenti sono utilizzati per effettuare degli approfondimenti sulle carriere degli studenti con episodi di mobilità (Capitolo V). Questa sezione del lavoro è centrata sul fenomeno della mobilità intra-ateneo declinata in due aspetti di importanza crescente con riferimento alle modalità di passaggio di facoltà o di corso di laurea. Effettuando un parallelismo con il concetto di migrazione, la mobilità è studiata attraverso gli strumenti dell’analisi delle reti identificandone più o meno complesse in base all’articolazione degli elementi nodali (le facoltà o i singoli corsi di laurea). L’individuazione di nodi attrattivi o repulsivi è accompagnata dall’identificazione delle caratteristiche del nodo e del tipo di passaggio più rilevanti con riferimento agli esisti delle carriere stesse.
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CARRATONI, LOREDANA. "Studio archeometrico di ceramiche. Sequenze analitiche per una diagnostica mirata dei manufatti ceramici." Doctoral thesis, 2016. http://hdl.handle.net/11573/908674.

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Abstract:
Il lavoro di dottorato è stato finalizzato alla proposta di cinque linee guida per indagare la composizione, la temperatura di cottura, la provenienza e la natura di residui o di strati superficiali di rivestimento di manufatti ceramici archeologici, al fine di perseguire una diagnostica mirata di questi materiali. La ricerca è stata quindi volta all’identificazione delle migliori sequenze analitiche per la caratterizzazione dei materiali ceramici, anche tenendo conto di differenze derivanti ad esempio dalla tipologia e dall’origine dei manufatti stessi. L’attività di ricerca è stata condotta su una selezione di 203 campioni, caratterizzati da una diversa provenienza, datazione e, quando possibile, anche da una differente funzione d’uso, rappresentativi quindi di differenti tipologie di impasto e tecnologie. I frammenti di ceramica archeologica sono stati sottoposti ad analisi con molteplici tecniche analitiche al fine di rispondere a domande particolari come la determinazione della composizione chimica, petrografica e mineralogica degli impasti, oppure la definizione del colore, della temperatura di cottura e, nel caso ad esempio dei campioni di maiolica, della struttura e della composizione degli strati di rivestimento. Metodiche tradizionali e non sono state applicate al fine di valutare la qualità dei risultati sperimentali. Tra le tecniche di recente introduzione, la distribuzione della dimensione dei grani è stata determinata attraverso l’analisi di immagine, mentre per la porosità degli impasti è stato possibile confrontare i risultati ottenuti mediante analisi di immagine e quelli derivanti dalla tradizionale porosimetria a intrusione di mercurio. Lo studio dei campioni di maiolica ha permesso, inoltre, di verificare l’efficacia di tecniche non distruttive, come la fluorescenza a raggi X portatile, e di proporre l’uso della riflettografia infrarossa in falsi colori (IRFC) per lo studio dei rivestimenti dipinti. I risultati ottenuti per gli strati di smalto analizzati sono stati confermati anche attraverso l’analisi SEM-EDS e di spettroscopia micro-Raman. I dati acquisiti durante la ricerca sono stati elaborati statisticamente e gestiti attraverso la creazione di un database relazionale. Attraverso il confronto dei dati ottenuti con diverse metodiche su campioni aventi caratteristiche differenti, è stato così possibile evidenziare le migliori procedure analitiche applicabili per rispondere a particolari quesiti connessi con lo studio dei materiali ceramici archeologici. Le informazioni ottenute hanno permesso di proporre cinque linee guida volte ad affrontare specifici aspetti dello studio di questi materiali.
Five guide lines were established to define the composition, the firing temperature, the provenance, and the nature of the finishing layers and of the organic residues of the ceramic artifacts, in order to obtain focused diagnostic processes. The research is designed to identify the most suitable analytical procedures to characterize the archeological ceramic materials, according to the peculiar typology and origin of the artifacts. An accurate research has been done to select samples with different diagnostic question, provenance, chronology and, when possible, different use as well. A total of 203 fragments of historical pottery have been collected and submitted to different analytical techniques in order to answer each specific peculiarity: chemical, mineralogical and petrographic composition, as well as the paste average color, the firing temperature and, in the case of majolica, the structure and composition of the finishing layers. Traditional and new tests have been applied in order to evaluate the quality of the experimental results. Grain size distribution was calculated by performing image analysis on thin sections, while porosity was investigated both by image analysis and mercury porosimetry in order to compare the experimental data and to define the significance of the image analysis to characterize the body structure. Studying the majolica painted samples allowed verifying the high efficacy of the combined not destructive analytical technologies XRF and IRFC reflectography, that furnished the best results to assess the composition of the finishing layers, with peculiar regards to the pigments and the glaze covering. The obtained experimental results were also confirmed by SEM-EDS and micro-Raman analyses. The comparison of the data obtained with analytical methodologies based on different physical and chemical principles, makes it possible identify the most suitable analytical procedure to get a precise technological response in accordance with archaeological and historical information. All collected information have been used to define targeted guide lines. Within this approach the significant morphological and compositional results have been treated in statistical data management and it has been possible to realize for the first time an open and flexible database that may be interrogated according to different and specific questions.
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MARIESCHI, Matteo. "Identificazione di possibili sofisticazioni in preparati commerciali di origano Mediterraneo ed analisi genetica di Origanum spp. mediante marcatori molecolari genomici: Random Amplified Polymorphic DNA (RAPD) e Sequence Characterized Amplified Region (SCAR)." Doctoral thesis, 2010. http://hdl.handle.net/11381/2306929.

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BELLIZZI, ANNA. "Riattivazione del Polyomavirus umano JC in pazienti affetti da malattie immuno-mediate e trattati con farmaci biologici: analisi di sequenza della Non Coding Control Region virale ed indagine immunofenotipica." Doctoral thesis, 2014. http://hdl.handle.net/11573/918183.

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Abstract:
Negli ultimi anni, il trattamento di molte malattie immunomediate ha previsto l'impiego di anticorpi monoclonali (mAbs), i rappresentanti più promettenti nella categoria dei farmaci biologici (FB). Tuttavia il loro uso è stato presto associato alla riattivazione di agenti patogeni latenti, come il Polyomavirus umano JC (JCV), un virus neurotropo ed ubiquitario nella popolazione umana, con un genoma a DNA circolare a doppio filamento. L'allarme di “infezioni opportunistiche associate all’utilizzo di FB” è scattato nel 2005 quando 3 pazienti, trattati con l’mAb natalizumab, hanno sviluppato la leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML), rara malattia demielinizzante del sistema nervoso centrale (SNC) causata all’infezione litica degli oligodendrociti da parte di JCV. L’α4-integrina (o CD49d) rappresenta il bersaglio specifico dell’mAb natalizumab, che agisce bloccando la diapedesi dei linfociti T CD4+ e CD8+ attivati verso i loci d’infiammazione. A livello del SNC, tale diapedesi linfocitaria è mediata dall’interazione tra l’α4-integrina, presente sui linfociti, e le molecole di adesione cellulare VCAM-1, presenti sull’endotelio vascolare cerebrale. Tuttavia, il preciso meccanismo mediante il quale il natalizumab predisponga al rischio d’insorgenza di PML non è stato ancora ben definito, anche se tale meccanismo sembra dipendere fortemente sia da una ridotta sorveglianza immunitaria del SNC, sia dall’infezione latente da parte di JCV delle cellule B e dei precursori ematopoietici CD34+ che, migrando attraverso la circolazione sanguigna, possono trasferire le varianti più neurovirulente di JCV dal midollo osseo al cervello. I determinanti del neurotropismo e della neurovirulenza di JCV risiedono principalmente nella regione non codificante di controllo della replicazione e della trascrizione genica virale (NCCR), una regione altamente variabile che va incontro a riarrangiamenti nel corso della replicazione virale. La NCCR della variante non patogena di JCV (archetipo CY) è divisa in 6 box indicati come: box A di 36 paia di basi (pb), box B (23pb), box C (55pb), box D (66pb), box E (18pb) e box F (69pb). Ciascun box contiene i siti di legame per specifici fattori trascrizionali cellulari coinvolti nella trascrizione dei geni virali. Questi siti di legame possono andare incontro a processi di riarrangiamento, come delezioni o duplicazioni, generando nuove varianti virali dotate di diverso tropismo e grado di patogenicità rispetto al ceppo archetipo. Le varianti patogene così generatesi ed isolate prevalentemente da tessuti di pazienti con PML possiedono invece una NCCR con un’organizzazione strutturale che rimanda al prototipo originale Mad1. La NCCR di Mad1 è costituita da una sequenza A-C-E di 98 pb ripetuta in tandem (A-C-E-A-C-E-F), con conseguente duplicazione dei siti di legame specifici per particolari fattori di trascrizione cellulare, tra cui NF-1 ed Spi-B, essenziali per l’espressione dei geni virali. Pertanto, per stabilire l’esistenza di una correlazione tra la riattivazione di JCV ed il trattamento di malattie immunomediate con FB, sono state arruolate quattro coorti di individui: due coorti di pazienti pediatrici affetti da morbo di Crohn (MC) trattati rispettivamente con l'anti-TNF-α infliximab (Coorte 1.1), e con terapia convenzionale a base di antinfiammatori e antibiotici (Coorte 1.2); una coorte di pazienti affetti da sclerosi multipla recidivante-remittente (SMRR) trattati con natalizumab (Coorte 2); ed una coorte di pazienti affetti da malattie reumatiche infiammatorie croniche (MRIC) trattati con mAbs anti-TNF-α differenti (Coorte 3). I principali obiettivi di questo studio sono stati: (1) il monitoraggio della carica virale di JCV mediante PCR Real Time quantitativa (q-PCR) in prelievi biologici raccolti dalle tre coorti a tempi di campionamento specifici; (2) l’analisi dei possibili riarrangiamenti della NCCR virale, al fine di individuare possibili mutazioni nei siti di legame per specifici fattori di trascrizione cellulari; (3) l’analisi della sequenza genica della VP1 di JCV, al fine di definire una possibile correlazione tra uno specifico genotipo/sottotipo di JCV e le malattie immunomediate in trattamento con FB; (4) l’analisi immunofenotipica e la valutazione dell’immunoattivazione e dell’espressione del CD49d sulla membrana cellulare delle varie sottopopolazioni linfocitarie mediante citoflurimetria, al fine di individuare le alterazioni immunologiche indotte dal natalizumab, esclusivamente nei pazienti affetti da SMRR. Dall’analisi dei risultati ottenuti è emerso che, nelle coorti di pazienti pediatrici affetti da MC, la carica virale di JC nel plasma (o viremia) è risultata significativamente più elevata nella Coorte 1.1 rispetto alla Coorte 1.2 dopo 4 mesi di trattamento, momento in cui l’infliximab sembra raggiungere la sua massima efficacia, determinando la mobilizzazione dei precursori emopoietici CD34+ infettati con JCV. Nelle urine e nelle biopsie ileali, invece, la carica virale è aumentata in modo significativo nella Coorte 1.1 rispetto alla Coorte 1.2 dopo 1 anno di trattamento con infliximab. Pertanto, è probabile che l’utilizzo prolungato del farmaco, riducendo l’immunosorveglianza dell’ospite, favorirebbe l’infezione produttiva da parte di JCV sia delle cellule epiteliali tubulari del rene sia delle cellule gliali enteriche, quest’ultime ritenute siti di latenza secondaria per il virus. In questo contesto, i virioni prodotti dalle cellule gliali enteriche potrebbero aver infettato le cellule epiteliali intestinali facilitando la diffusione del virus nel tratto gastrointestinale. Infine sia a 12 e a 18 mesi di trattamento con infliximab, la carica virale di JC nelle urine (o viruria) si è mostrata significativamente più elevata rispetto alla viremia (p < 0,05) solo nella Coorte 1.1. Nella Coorte e invece, durante i primi 8 mesi di trattamento con anti-TNF-α, è stata osservata una viruria persistente da JC significativamente più elevata rispetto alla viremia (p=0,015), portando ad ipotizzare che sia la patologia primaria che l’utilizzo di anti-TNF-α favoriscano la riattivazione del virus a livello dell’epitelio dell’apparato urinario con conseguente rilascio dei virioni di JC nell’urina. Infine, nella coorte di pazienti con SMRR trattati con natalizumab, è stata riscontrata un’associazione statisticamente significativa (p=0,0006) tra il numero di campioni di urina positivi al DNA di JCV e la presenza di anticorpi JCV-specifici (STRATIFY JCV® positivo) dopo un anno di trattamento con natalizumab (t3), rispetto al numero di campioni di urina positivi al DNA di JCV e l’assenza di anticorpi JCV-specifici (STRATIFY JCV® negativo). Pertanto l’andamento della viruria potrebbe essere considerato un indice predittivo di riattivazione del virus JC nei primi 12 mesi di trattamento con natalizumab in pazienti affetti da SMRR soprattutto nei casi in cui lo STRATIFY JCV® fornisca un risultato negativo. Inoltre in pazienti con un numero di infusioni superiori a 12 è stato stimato un rischio relativo pari a 1,71 di sviluppare viremia da JCV rispetto ai pazienti con un numero di infusioni di JCV inferiore a 12 (p=0,04). Infine, esclusivamente nella Coorte 2 è stata condotta la valutazione dell’espressione del CD49d sulla membrana cellulare di varie sottopopolazioni linfocitarie presenti nel sangue periferico e, dall’analisi dei risultati ottenuti, è stato possibile osservare una riduzione significativa dell’espressione dell’α4-integrina nei linfociti T CD4 central memory (p = 0,036), CD4 effector memory (p = 0,012) e CD8 effettori (p = 0,043) dei pazienti affetti da SMRR con viremia e/o viruria da JCV rispetto a quella dei pazienti senza viruria e senza viremia durante il primo anno di trattamento con natalizumab. Infine dal confronto tra le varie coorti arruolate in questo studio, è emerso che la viruria nei pazienti affetti da MRIC è sempre maggiore rispetto a quella riscontrata nelle altre coorti (p=0,025) e che esiste una correlazione statisticamente significativa tra la viruria da JC al baseline (prima dell’inizio del trattamento con FB) e l’essere affetto da MRIC (p=0,024). Inoltre, i valori di viremia (p=0,046) e di viruria (p=0,008) sono sempre più elevati nella coorte dei pazienti affetti da MRIC rispetto a quelli dei pazienti con MSRR e che il rischio di viruria persistente da JC è più elevato durante il trattamento con anti-TNF-α rispetto a che al trattamento con natalizuamb (p=0,01). Per quanto riguarda invece l’analisi di sequenza della NCCR di JCV, nella Coorte 1.1 è stata riscontrata la presenza di un’organizzazione strutturale tipica della variante non patogena di JCV (archetipo CY) nel 72% delle sequenze analizzate, mentre nel 26% è stata riscontrata un’organizzazione CY-simile ma con una delezione del box D e/o la presenza di due mutazioni nucleotidiche ricorrenti: la trasversione da T a G all’interno del sito di legame per il fattore di trascrizione cellulare Spi-B e la transizione da G a A nel box F all’interno del sito di legame per il fattore di trascrizione cellulare NF-1. In particolare, l’identificazione della mutazione nucleotidica a livello del sito di legame per il fattore di trascrizione cellulare Spi-B, la cui espressione è elevata nelle linee cellulari ematopoietiche, come le CD34+ e le cellule B, permette di correlare la presenza di questa mutazione puntiforme con una maggior capacità di diffusione del virus nell’ospite. Inoltre la transversione nucleotidica da T a G, converte il tipico sito di legame per il fattore cellulare Spi-B (5'-AAAAGGGAAGGTA-3') della variante non patogena archetipo CY in quello caratteristico delle varianti PML-associate come Mad1 (5'-AAAAGGGAAGGGA-3'), favorendo la riattivazione del virus ed il processo di riarrangiamento della NCCR. È stato infatti osservato da altri Autori che questa mutazione porti ad un aumento della trascrizione dei geni precoci di JCV, in quanto il sito di legame per Spi-B delle varianti PML-associate possiedono un’affinità di legame maggiore per la proteina cellulare rispetto al sito di legame presente nella variante non patogena [Marshall et al., 2012]. Infine nel restante 2% delle sequenze analizzate, ritrovate in 2 biopsie colon-rettali, è stata identificata una particolare sequenza riarrangiata della NCCR, con un’organizzazione strutturale che richiama la sequenza della NCCR del ceppo virale patogeno Mad1. Dal momento che le cellule epiteliali intestinali non sono permissive alla replicazione del virus, la presenza di tali sequenze evidenzia l’importanza dei meccanismi di riarrangiamento della NCCR al fine di generare varianti dotate di una migliore fitness replicativa. Negli ultimi anni il ritrovamento del DNA di JCV in cellule non permissive alla replicazione virale ha indotto a riconsiderare nell’uomo le potenzialità oncogene del virus JC, attualmente dimostrate solo in vitro. Nella Coorte 2, invece, è stata riscontrata un’organizzazione strutturale di tipo archetipo CY nel 68% dei campioni analizzati, mentre nel restante 32% sono state individuate sequenze riarrangiate e/o con caratteristiche mutazioni nucleotidiche. In particolare, in 2 campioni di cellule mononucleate del sangue periferico (PBMC), appartenenti a 2 diversi pazienti con SMRR e STRATIFY JCV® positivi a t3, è stata ritrovata una NCCR riarrangiata, caratterizzata dalla delezione del box B con trasversione da T a G all’interno del sito di legame per il fattore di trascrizione cellulare Spi-B, dalla duplicazione del box C e dalla presenza dei box D, E ed F. Infine, nella coorte dei paziente affetti MRIC ed in trattamento per 8 mesi con anti-TNF-α, è stata sempre riscontrata l’organizzazione strutturale della NCCR archetipo, ad eccezione di un’unica sequenza riarrangiata simil-Mad1. Per quanto riguarda infine l’analisi della sequenza della VP1 virale, in tutte le coorti arruolate è stata osservata una prevalenza dei genotipi 1A e 1B, che sono quelli più comunemente riscontrati nelle popolazioni europee. Pertanto, sebbene non sia stato possibile individuare una reale correlazione tra la presenza di varianti neurovirulente ed il trattamento con specifici farmaci biologici, da questo studio è emerso che durante la diffusione del virus nell'ospite si vadano a selezionare particolari sequenze della NCCR di JCV, e che il trattamento con anticorpi monoclonali sembri avere un ruolo nella selezione di tali varianti. Tuttavia rimane ancora da chiarire quali siano i fattori virali e dell’ospite alla base di questo processo di selezione. Inoltre, dai risultati di questo studio è stato possibile evincere l’importanza di comprendere se e come lo scenario infiammatorio specifico delle diverse patologie immunomediate possa determinare la riattivazione del virus JC dai suoi siti di latenza, anche se sembrerebbe che gli anti-TNF-α favoriscano la riattivazione di JCV a livello dell’epitelio renale rispetto a quanto non faccia il natalizumab. Anche l’analisi della sequenza della NCCR potrebbe in futuro rivelarsi utile per identificare precocemente quei pazienti con un rischio più elevato di sviluppo di PML, in particolare attraverso il ritrovamento di varianti neurovirulente circolanti nel sangue periferico. Infine, la marcata riduzione dell’espressione dell’α4-integrina sulle cellule linfocitarie deputate al controllo dell’infezione e della riattivazione di JCV in pazienti affetti da SMRR che hanno sviluppato viruria e/o viremia da JCV nel primo anno di trattamento con natalizumab, potrebbe rappresentare in futuro un valido marcatore precoce della riattivazione di JCV in pazienti trattati con natalizumab. Pertanto, dal momento che il numero di pazienti affetti da malattie immunomediate e trattati con FB è in continuo aumento, il monitoraggio della riattivazione di JCV potrà rivelarsi estremamente utile nel corso della valutazione del rischio d’insorgenza di PML. Tuttavia, rimane di fondamentale importanza l’integrazione di queste osservazioni con lo studio dell’interazione molecolare, nelle cellule infettate, tra i cofattori proteici cellulari, come Spi-B, ed i corrispettivi siti di legame specifici presenti sulla NCCR virale, nonché la focalizzazione dell’attenzione sui pathways cellulari, finemente regolati dal sistema immunitario dell'ospite, che portano alla riattivazione del virus in condizioni di immunodepressione, dal momento che, fino ad oggi, il trattamento della PML con farmaci anti-virali si è rivelato inefficace.
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