Academic literature on the topic 'Analisi dei flussi di massa'

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Journal articles on the topic "Analisi dei flussi di massa"

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Ferla, Alcindo Antônio, Maria Augusta Nicoli, Mirian Ribeiro Conceição, Vanessa Vivoli, Brigida Lilia Marta, Francesco Sintoni, Gabriel Calazans Baptista, Ardigò Martino, and Ricardo Burg Ceccim. "Un laboratorio come il rizoma: conoscenza della salute e del fare in connessioni italo-brasiliane." Saúde em Redes 5, no. 1Suplem (July 15, 2020): 12–22. http://dx.doi.org/10.18310/2446-4813.2019v5n1suplemp12-22.

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Abstract:
La cooperazione internazionale è spesso presentata come un'area di conoscenza in cui alcuni approcci metodologici misurano i flussi e le relazioni di potere per classificarli in tipologie che li descrivono e generano modelli di analisi. Diventa così parte di un'istituzionalità dove la conoscenza e le pratiche delle relazioni internazionali sono predominanti e ad esse subordinate. Si lasciano attraversare da interessi che fissano i confini dei paesi e assegnano valori gerarchici ai cittadini, secondo il loro inserimento nei sistemi produttivi di ogni paese e nella gerarchia dei paesi. In questa pubblicazione e nell'esperienza che ne deriva, questo approccio non è efficace. Al centro della riflessione non vi è assolutamente la divergenza con le conoscenze accumulate nel campo delle relazioni internazionali. Il focus è piuttosto di tipo metodologico. Invece di flussi geografici ed emisferici (nord-sud, sud-sud), abbiamo qui flussi mossi dalla solidarietà, dal lavoro collaborativo e da un concetto di globalità dove le persone (il popolo, ci ha detto Paulo Freire) sono centraliii. I flussi di cooperazione, in questa modalità di esperienze, hanno molteplici direzioni e si muovono continuamente. Non c'è uno schema di direzione fisso. Quando parliamo di questo lavoro e della collaborazione stessa, parliamo del Laboratorio italo-brasiliano di formazione, ricerca e pratiche in materia di salute collettiva. Il nome inizia con "laboratorio" per evidenziare il modo di produrre, che è alchemico, mescolando i componenti di qui, di là e “tra”. I nostri incontri devono essere inventati ogni anno, in quanto ciò che è stato fatto l'anno precedente non risponde più nello stesso modo e si perseguono altre modalità. Così, incorporiamo l’altro in noi.
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Coscia, Cristina. "Paesaggi elettrici e nuove economie: valori, patrimoni, responsabilità sociali e management." Labor e Engenho 11, no. 4 (December 26, 2017): 436. http://dx.doi.org/10.20396/labore.v11i4.8651197.

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Abstract:
A fronte di imponenti operazioni di ristrutturazione industriale -in particolare di ripensamento di tutto il processo economico di produzione dell’energia- che coinvolgono molte aree dell’Occidente (e non solo), una questione emergente è quella dei patrimoni “elettrici” dismessi e della riqualificazione dei contesti su cui sono localizzati. Il percorso della valorizzazione –di fatto consolidato disciplinarmente- per questo comparto offre suggestioni di ricerca e di dibattito con alcuni elementi di innovazione: 1) una reinterpretazione della teoria del valore e delle sue componenti classiche; 2) la sinergia tra interventi architettonici e interventi economici strutturali; 3) l’urgenza di operazioni di censimento, di costruzione di conoscenza attraverso banche dati e nuovi flussi di informazioni; 4) il control management dei processi. Il contributo ha l’intento di ripercorrere lo stato dell’arte sul tema e di rileggerlo alla luce dei nuovi approcci di valorizzazione uniti ad un’ottica ambientale e di economia circolare. Fanno da supporto a tale analisi critica, la lettura di casi nazionali italiani (a partire dalle operazioni condotte da Enel) ed internazionali, dove si stanno già generando esternalità, intangibile e benefici attesi oltre che plusvalori economici.
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Ricucci, Roberta. "Fra ansia di assimilazione e timori di comportamenti antisociali. Riflessioni intorno alle seconde generazioni." MINORIGIUSTIZIA, no. 2 (January 2022): 65–73. http://dx.doi.org/10.3280/mg2021-002006.

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Abstract:
L'articolo vuole offrire alcuni elementi di analisi sui processi di inclusione e integrazione di ragazze e ragazzi figli di famiglie immigrate sul territorio nazionale negli ultimi decenni. I flussi migratori sono divenuti nel tempo un fattore strutturale (e strutturante) della società italiana. In questi anni molti giovani di origine straniera si stanno confrontando con la delicata fase della transizione all'età adulta. Le loro dinamiche identitarie sono complesse e ricche di sfaccettature: lo studio di alcuni fenomeni sociali può contribuire a capirle. Particolare attenzione va posta a situazioni di marginalizzazione, microcriminalità giovanile e conflitto di matrice etnica. Allo stesso tempo il contributo sottolinea l'esistenza di percorsi di integrazione ed emancipazione per la gran parte dei giovani figli dell'immigrazione, soprattutto attraverso l'associazionismo e la costruzione di una presenza attiva in ambito sportivo e culturale. Il contributo propone quindi alcune riflessioni sull'identità e sulla convivenza al fine di cogliere i bisogni dei territori e sviluppare risposte in grado di contrastare il disagio e l'emarginazione delle seconde generazioni.
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Pereira, Bruno Gomes. "Analisi del discorso sui media e delle voci sociali: Costruzione linguistica e ideologica dei fenomeni di massa in Brasile." Latin American Journal of Development 2, no. 6 (January 28, 2021): 330–40. http://dx.doi.org/10.46814/lajdv2n6-001.

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Abstract:
Questo articolo si propone di discutere di come i media brasiliani, in particolare la televisione, ricombinano i discorsi e, con questo, ricostruiscono le immagini dei personaggi dei media che popolano l'immaginario dei telespettatori in Brasile. La Fondazione Teorica è ospitata in Linguistica Applicata nella sua prospettiva interdisciplinare e discorsiva. La Metodologia consiste in una mappatura bibliografica. Concludiamo che le sfere mediatiche brasiliane sono in grado di costruire veri e propri fenomeni di massa, popolando la memoria affettiva di milioni di persone e, con ciò, fruttando guadagni al mercato pubblicitario.
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Mair, Peter. "IL DESTINO DEI PICCOLI PARTITI." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 19, no. 3 (December 1989): 467–98. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200008662.

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Abstract:
IntroduzioneNella abbondante letteratura che prefigura una crisi delle convenzionali forme di politica nelle democrazie dell'Europa occidentale un'enfasi speciale è stata posta sulla presunta sfida rivolta ai più tradizionali e consolidati partiti di massa. La stessa politica tradizionale è vista come passè ed i grandi partiti di massa, che ne rappresentano la più classica incarnazione, sono ritenuti — a torto o a ragione — strumenti sempre più inadeguati all'incanalamento delle forme contemporanee della rappresentanza.La vulnerabilità dei partiti di massa tradizionali pare derivare da due distinti processi. In primo luogo questi partiti sono ritenuti vulnerabili in termini ideologici e di politiche, in quanto rifletterebbero temi e problemi che corrispondono sempre meno agli interessi contemporanei. In secondo luogo, sono visti come vulnerabili sotto il profilo organizzativo, in quanto cittadini più istruiti, articolati e informati non sarebbero più soddisfatti della passività e/o anonimità che caratterizza la partecipazione in questo tipo di partiti e della natura essenzialmente oligarchica attraverso la quale si ritiene venga esercitato il loro controllo. Seguendo con varie intonazioni entrambe queste linee di ragionamento, gran parte della letteratura contemporanea pone conseguentemente l'accen to sulla erosione dei partiti tradizionali e suggerisce un potenziale riallineamento a favore di partiti più recenti e più piccoli, che appaiono allo stesso tempo più sensibili verso le nuove issues e più aperti verso nuove forme di partecipazione. L'emergere di partiti ecologisti in un gran numero di democrazie europee è spesso citato come la prova più evidente della base di un tale riallineamento, ma evidenza dello stesso tipo può anche essere individuata per un gruppo più ampio di partiti che vanno dai Radicali italiani a D'66 nei Paesi Bassi e ai Socialisti di sinistra in Danimarca e Norvegia (Poguntke 1987).Tuttavia, è chiaro che ognuno di questi argomenti ha implicazioni alquanto diverse. Se, per esempio, quello corretto è il primo, allora il motore principale del cambiamento è il grado di insoddisfazione programmatica e se i partiti tradizionali si rivelassero incapaci di adattarsi dovremmo aspettarci che il riallineamento conseguente favorisca i nuovi partiti. Se invece è corretta la seconda ipotesi, allora il cambiamento principale deriva da insoddisfazione organizzativa e potrebbe risultarne un riallineamento a favore dei piccoli partiti. In realtà i due processi possono essere combinati solo nella misura in cui partiti nuovi tendono anche ad essere partiti piccoli e viceversa, un punto su cui dovremo tornare in seguito.L'importanza di distinguere tra partiti nuovi e partiti piccoli emerge anche al semplice livello di definizione. Mentre la definizione di cosa costituisca un «nuovo» partito (rispetto a un partito della «nuova politica») non sembra porre difficoltà molto superiori a quelle di stabilire una data di soglia temporale, la definizione di cosa sia un partito «piccolo» è molto più problematica. In quest'ultimo caso sono disponibili due strategie. In primo luogo possiamo definire la piccola dimensione in termini di nlevanza sistemica, o facendo ricorso ai criteri identificati da Sartori (1976, 121-25) oppure a criteri alternativi anch'essi basati sul ruolo sistemico dei partiti in questione (Smith 1987). Tuttavia, in questo caso si tende inevitabilmente a parlare di partiti rilevanti o irrilevanti piuttosto che di partiti piccoli o grandi per sè. La seconda alternativa è quella più ovvia, secondo cui piccoli e grandi partiti possono essere distinti sulla base della semplice dimensione, sia essa elettorale, parlamentare, organizzativa o altro. Di sicuro i piccoli partiti possono essere partiti rilevanti e quelliirrilevanti · possono essere piccoli. In ultima analisi, tuttavia, nel nostro caso «piccolo» si deve riferire alla dimensione piuttosto che al ruolo.Questo lavoro è parte di un più ampio progetto dedicato alla esperienza dei piccoli partiti nell'Europa occidentale ed altri contributi del progetto tratteranno il ruolo sistemico dei piccoli partiti, le varie soglie di rilevanza nella loro vita e le varie esperienze in un gran numero di diversi contesti nazionali (Mueller, Rommel e Pridham, in via di pubblicazione). L'obiettivo di questo lavoro è semplicemente quello di offrire un quadro di sintesi sull'universo elettorale dei piccoli partiti nell'Europa occidentale del dopoguerra. Attraverso questa analisi spero di mostrare il grado in cui le fortune elettorali di tali partiti sono cambiate nel tempo, di identificare quei paesi e quei periodi in cui tali cambiamenti sono stati più pronunciati e, in particolare, di identificare quali piccoli partiti ne sono stati coinvolti.Va inoltre aggiunto che si tratta di una analisi a carattere largamente induttivo: cercherò prima di definire cosa costituisca un piccolo partito e in seguito di investigare le modalità e le spiegazioni del cambiamento nel sostegno elettorale aggregato di questi partiti. Intuitivamente si ha la sensazione che il sostegno elettorale dei piccoli partiti sia aumentato negli anni del dopoguerra. Per esempio, la recente nascita di piccoli partiti ecologici, così come le numerose analisi che suggeriscono un declino dei cleavages tradizionali di classe e religione e la crisi concomitante affrontata da quei partiti tradizionali e di grandi dimensioni che mobilitano il voto lungo queste linee di cleavage, sembrano implicare che i partiti di piccola taglia siano divenuti sempre più importanti con il tempo. Anche in questo caso, tuttavia, ci vuole cautela nel mettere in relazione prognosi di mutamento con una classificazione di partiti derivata dalla sola taglia. Non tutti i partiti piccoli sono partiti nuovi, né tantomeno partiti della «nuova politica», e molti si mobilitano elettoralmente in riferimento a linee di frattura molto tradizionali. Un esempio pertinente è quello del Partito popolare svedese in Finlandia. Inoltre, non tutti i nuovi partiti sono partiti piccoli, come evidenzia il successo elettorale della nuova Associazione Cristiano-democratica nei Paesi Bassi. Per la verità, si può anche dubitare che una categorizzazione dei partiti in soli termini di taglia abbia un significato teorico; ma questo è un problema diverso, sul quale torneremo in seguito.Nonostante questi caveat rimane incontestabile che una lettura non-critica della letteratura contemporanea suggerirebbe che vi è stato nel tempo un aumento di voti verso i piccoli partiti e questa ipotesi di partenza dirigerà la nostra analisi. Nella prossima sezione opereremo una classificazione dei partiti a seconda della loro taglia e, su questa base, una classificazione dei sistemi di partito a seconda della distribuzione dei diversi tipi di partiti. Successivamente analizzeremo la tendenza temporale del sostegno elettorale ai piccoli partiti e cercheremo di offrire alcune spiegazioni per la variazione di queste tendenze. Infine, esamineremo in che modo il voto per i piccoli partiti si distribuisce nelle diverse famiglie politico-ideologiche e studiere-mo l'andamento elettorale dei diversi sottogruppi di piccoli partiti, inclusi i «nuovi» piccoli partiti e i «vecchi» piccoli partiti.
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Biorcio, Roberto, and Paolo Natale. "LA MOBILITÀ ELETTORALE DEGLI ANNI OTTANTA." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 19, no. 3 (December 1989): 385–430. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200008649.

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Abstract:
IntroduzioneLo studio della mobilità elettorale si ricollega per diversi aspetti al dibattito sulle tendenze generali del mercato elettorale in Italia e alla problematica legata ai tipi di voto. Lo studio delle forme che può assumere la mobilità elettorale costituisce però, a nostro avviso, un tema dotato comunque di una sua autonoma specificità. Le forme che assume il passaggio da una scelta di voto ad un'altra dipendono sia dalle modifiche di posizionamento dei partiti nell'ambito della competizione elettorale, sia dalle modalità secondo cui i cittadini-elettori si rapportano ad essi e, più in generale, vivono il proprio rapporto con la sfera politica e le istituzioni.Si possono individuare nella scelta dell'elettore diverse componenti analitiche (cfr. Parisi e Pasquino 1977; Pizzorno 1983 e 1986, Mannheimer e Sani 1987), riconducibili, a nostro avviso, ad alcune peculiari logiche motivazionali. Si può cogliere anzitutto unalogica dell'identificazione,secondo cui l'elettore esprime adesione e solidarietà rispetto a qualche tipo di identità collettiva che ritiene rappresentata in una delle proposte di voto in competizione. Le identità collettive che costituiscono il referente necessario per questo tipo di logica motivazionale possono essere già presenti nella società — e semplicemente trascritte o trascrivibili in una delle possibili opzioni di voto — oppure essere costituite dal «discorso identificante» dei politici (Pizzorno 1983). Oppure ancora essere una combinazione di entrambe queste possibilità. Si può poi riconoscere nell'elettore l'esistenza di unalogica dell'utilità(o della razionalità strumentale rispetto allo scopo), quando il voto appare finalizzato a favorire (oppure ad ostacolare) tendenze politiche e/o provvedimenti specifici, in base ad un proprio calcolo degli interessi. Insieme a queste due, si può considerare una terza componente analitica nel comportamento elettorale — definibile comelogica della protesta— che esprime motivazioni prevalentemente «in negativo» rispetto al voto o rispetto al tradizionale sistema dei partiti; questa logica emerge quando i partiti esistenti non riescono a suscitare sufficiente identificazione nell'elettore, né a rappresentarne le domande sociali. La logica della protesta si può esprimere non solo con l'astensionismo (attivo o passivo), ma anche con il voto per alcuni dei «nuovi partiti» formatisi negli anni settanta e ottanta come espressione di diverse forme di protesta politica o sociale.È evidente che queste diverse logiche motivazionali possono coesistere nello stesso atto di scelta, con un peso che può variare in base alle caratteristiche dell'elettore, alla congiuntura politico-sociale e al tipo di elezione. Quello che interessa al nostro studio è la relazione fra queste logiche di voto ed i processi di mobilità elettorale: come il peso specifico delle diverse logiche motivazionali può fare variare siale probabilitàdi mutamento delle precedenti scelte di voto, siale formeed ilsensoche questo mutamento può assumere.La logica della identificazione — declinata nelle forme più diverse — costituisce ovviamente la base della fedeltà elettorale di partito o, almeno, di «area politica». Per gli elettori che nel voto esprimono soprattutto una esigenza di identificazione, la probabilità di mutamenti è ridotta, e l'abbandono delle precedenti scelte assume un carattere «traumatico», che si può leggere come segno di un generale processo di ri-orientamento politico-esistenziale. Il passaggio diretto ed immediato da una identificazione ad un'altra è un evento che si verifica raramente. Gli elettori che scelgono di non votare più per un partito in cui si erano identificati sperimentano una fase di relativa incertezza, nella quale possono acquistare maggior peso, almeno transitoriamente, le logiche della protesta o quelle del calcolo delle utilità.La logica della utilità si esprime in un «calcolo dei vantaggi» che si può riferire tanto a interessi individuali e particolaristici (voto clientelare), quanto a quelli di gruppo o di categoria, fino ad assumere come riferimento interessi più generali (voto di opinione). Il calcolo dei vantaggi di ogni scelta di voto è funzione delle caratteristiche specifiche e congiunturali delle diverse scadenze elettorali. Ci si può aspettare che quanto più pesa, nella scelta del singolo elettore, la logica della utilità, tanto più sono probabili, almeno in linea di principio, i cambiamenti delle opzioni di voto.Anche la logica della protesta, se non è accompagnata da forte identificazione in un partito vissuto come rappresentante significativo della protesta sociale, fornisce un notevole contributo alla instabilità elettorale: in questo caso è l'atto stesso di abbandono delle precedenti scelte partitiche che diviene il veicolo più importante per l'espressione del risentimento dell'elettore.Si è rivolta l'attenzione a diversi tipi di mutamento nel comportamento elettorale, analizzando in particolare:1)i cambiamenti di voto all'interno del gruppo dei 7-8 partiti tradizionalmente presenti — nel dopoguerra — nelle competizioni elettorali: la mobilità in questo caso può essere interpretata come l'esito di un giudizio razionale sugli effetti dell'opzione elettorale sul quadro politico, o su una serie di politiche specifiche;2)i cambiamenti di voto da uno dei partiti tradizionali alla esplorazione di nuove possibilità di espressione elettorale — nella scelta di votare, ad esempio, per uno dei partiti emersi negli anni settanta ed ottanta, o per qualcuna delle liste che si caratterizzano su specificheissues(pensioni, ecologia, identità regionali, ecc.);3)il cambiamento dal voto al non voto, che può essere letto come diminuzione del livello di identificazione (visto dal lato dell'elettore) o nella capacità di mobilitazione (visto dal lato del partito) di una determinata opzione partitica;4)il ritorno dal non voto (non partecipazione alla votazione o non espressione di voto valido) al voto per una delle liste presenti nella competizione elettorale, che può dipendere dalla accresciuta capacità di suscitare mobilitazione ed identificazione da parte di una delle forze politiche presenti, oppure dalla particolare rilevanza soggettivamente attribuita ad una specifica tornata elettorale.Lo studio empirico delle forme di mobilità elettorale presenta — come è noto — particolari difficoltà, sia perché ciascuna di esse coinvolge quote limitate del corpo elettorale sia, più in generale, per l'ovvio motivo che non sono disponibili registrazioni — a livello individuale — delle scelte di voto e delle loro variazioni fra una elezione e l'altra. A causa di tali difficoltà e per ovviare ai problemi specifici di ciascuna delle tecniche di analisi, nel nostro studio sulla mobilità elettorale 1983-87 abbiamo fatto riferimento a risultati di ricerche realizzate con diversi metodi: analisi di dati raccolti tramitesurvey,analisi di dati elettorali aggregati a vari livelli, stime dei flussi elettorali in alcune città e stime di flussi a livello nazionale basate sui dati rilevati in un insieme di sezioni-campione. E nostra opinione che sia legittimo e necessario utilizzare nella ricerca i diversi metodi a disposizione, con la consapevolezza dei vantaggi e dei problemi metodologici che ciascuno di essi pone: soltanto l'attenta comparazione dei risultati ottenuti da diverse fonti può convalidare o, nel caso, porre seri interrogativi sulle ipotesi sostantive via via formulate. In questa sede il nostro interesse è rivolto ai risultati ottenuti con le diverse metodologie, più che alla discussione delle metodologie stesse, per la quale rimandiamo ad altre sedi.
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PASSALI, D., G. CORALLO, S. YAREMCHUK, M. LONGINI, F. PROIETTI, G. C. PASSALI, and L. BELLUSSI. "Stress ossidativo nei pazienti con diagnosi di sindrome delle apnee ostruttive notturne." Acta Otorhinolaryngologica Italica 35, no. 6 (December 2015): 420–25. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-895.

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Abstract:
La Sindrome delle Apnee Ostruttive Notturne (OSAS) è una patologia caratterizzata da alterazioni metaboliche e da un elevato rischio di sviluppo di patologie cardiovascolari. Lo scopo dello studio è stato quello di identificare dei markers precoci predittivi di rischio cardiovascolare con la valutazione dello stress ossidativo misurato attraverso esami di laboratorio in soggetti normali e pazienti con diagnosi di sindrome delle apnee ostruttive notturne. È stato effettuato uno studio prospettico per confrontare i risultati di laboratorio ottenuti dalla valutazione dei biomarkers dello stress ossidativo in 20 pazienti adulti con OSAS e 20 soggetti sani. Le tecniche di analisi utilizzate avevano l’obiettivo di identificare e quantificare i danni dei radicali liberi attraverso la misurazione di anti-ossidanti e pro-ossidanti in modo da valutare l’equilibrio ossidativo presente nei due gruppi di studio. I due gruppi di pazienti sono risultati omogeni per sesso, età ed indice di massa corporea (p < 0,05). Una differenza statisticamente significativa è stata individuata tra i livelli di indice di apnea-ipopnea valutata alla polisonnografia e di isoprostani, produzione di proteine di ossidazione e proteine non legate al ferro nei due gruppi in esame. Nessuna differenza significativa è stata trovata nel livello dei tioli tra i soggetti sani e i pazienti con sindrome delle apnee ostruttive. I tioli, a differenza degli altri markers, sono molecole anti-ossidanti, i restanti sono invece espressione di danno ossidativo. I risultati dello studio indicano che i biomarkers potrebbero essere utilizzati come indici di ostruzione delle vie aeree superiori (VAS) e come marcatori precoci di ipossiemia causando processi flogistici ricorrenti e danno locale da radicali liberi a carico delle VAS.
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Guglielmi, G., G. M. Giannatempo, M. G. Bonetti, T. Scarabino, and M. Cammisa. "Prospettive della densitometria ossea: Indicazioni, limiti e sviluppi futuri delle diverse metodiche." Rivista di Neuroradiologia 7, no. 3_suppl (October 1994): 13–24. http://dx.doi.org/10.1177/19714009940070s304.

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Abstract:
L'osteoporosi, una delle malattie sociali più rilevanti e costose, si manifesta prevalentemente nella seconda metà della vita ed è caratterizzata dalla presenza di fratture atraumatiche. Pertanto una diagnosi di osteoporosi il più precoce possibile è molto importante in termini di profilassi e di trattamento. Negli anni passati c'è stato un considerevole progresso nello sviluppo e nell'applicazione clinica dei metodi non invasivi per misurare la massa ossea (densitometria ossea). Questo articolo rivisita le metodiche densitometriche tradizionali: densitometria a singolo raggio fotonico (SPA), densitometria a doppio raggio fotonico (DPA), densitometria a raggi x a doppia energia (DXA), tomografia computerizzata quantitativa (QCT) e le più moderne tecniche come gli Ultrasuoni (QUS) e la risonanza magnetica (QMR). Il crescente interesse per la densitometria ossea porterà certamente ulteriori miglioramenti tecnologici e renderà più semplice la comprensione della complessa biomeccanica del tessuto osseo, per predire, in ultima analisi, più accuratamente il rischio di fratture.
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Mattei, Franco. "OLSON E LA “ LEGGE FERREA ” DELLA PARTECIPAZIONE." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 16, no. 1 (April 1986): 81–115. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200015720.

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Abstract:
IntroduzioneNella vastissima letteratura esistente sulla partecipazione politica, un tema ricorrente degli ultimi trent'anni (cioè, almeno dalla seconda edizione diCapitalism, Socialism and Democracydi J. Schumpeter nel 1954) è costituito dal dibattito tra teorici « élitisti » e « partecipazionisti » attorno ai livelli possibili e desiderabili di coinvolgimento politico di massa ai fini di un corretto funzionamento dei regimi democratici. Tra le diverse questioni oggetto di confronto e — a volte — di polemica — c'è stata e c'è tutt'ora quella riguardante gli obiettivi del cittadino nei quali rintracciare i motivi ed il senso della partecipazione politica. Le note che seguono sono dedicate ad un'analisi di questo tema basata sul paradigma interpretativo di Olson. Nel suo famoso libro Olson elabora e propone una teoriageneraledi comportamento razionale per l'affermazione di “ obiettivi comuni ” ed il conseguimento di beni pubblici in cui vengono individuate le ragioni sia della partecipazione che dell'astensione politica. Infatti, le definizioni oggi piò in uso di ‘partecipazione’ rimandano alle attività volontarie di privati cittadini rivolte ad influenzare, piò o meno direttamente, le decisioni politiche, ma soprattutto, in ultima analisi, le decisioni ‘governative’ ed i loro ‘esiti’. Ambedue coincidono con gli « obiettivi comuni » di Olson, la cui realizzazione richiede politiche governative e realizzazioni legislative.
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Santoro, A., and M. Agnoletti. "Multi-temporal analysis of energetic fluxes in the Maremma (Italy) landscape between XIX and XX century." Forest@ - Rivista di Selvicoltura ed Ecologia Forestale 7, no. 1 (October 13, 2010): 199–222. http://dx.doi.org/10.3832/efor0632-007.

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Dissertations / Theses on the topic "Analisi dei flussi di massa"

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Michelini, Tamara. "Analisi sperimentale delle scabrezze di superficie e di fondo per la modellazione dinamica dei flussi torrentizi e della caduta massi." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2016. http://hdl.handle.net/11577/3424440.

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Abstract:
This research project is aimed to study the mechanisms of motion resistance in mountain streams and slopes to better understand the explanation dynamics of some natural processes. In particular, the role-played by the local topography and the effects of the presence of vegetation. Scientific objectives are to analyse in detail the interactions between processes, sliding surface, and vegetation. The investigation was carry out through field observations and surveys of two real events of debris flows and rockfall event, and small-scale experiment of debris flow and full-scale experiment of rockfall. The project objectives have been structured on three main points: 1. providing a critical review of the literature procedures for estimating motion resistance for each investigated process; 2. exploring the possible relationship between process and roughness elements, in particular morphology, topography, and vegetation; 3. defining a new methodology for surface roughness quantification spatially distributed and implement it within a numerical model. The final goal of this study is to deepen knowledge about the kinematics of natural processes and to improve guidelines management for protection forest. Consequently, at first the issues are dealt with a scientific way and later providing practical guidance. The following study areas are chosen for the investigation: a) a portion of the slopes of Mount Antelao (Vodo di Cadore, Belluno Province) recently affected by a massive rockfall and the forest stand downstream; b) an avalanche channel in the Belledonne Massif (municipal forest of Vaujany, France) where full-scale tests of rockfalls were carried out; c) two debris-flow deposits and the flood-involved trees along the Somprade (Auronzo di Cadore, Belluno Province) and Senago (Bolzano, Bolzano) creeks; d) two reaches of a fish ladder built on the river bank of Vanoi torrent (Canal San Bovo, Trento Province) with a step-pool morphology, offering an equivalent to a full-scale physical model. In addition, to support the field work, the study of the relations between debris flows and forest stand was deepened by executing small-scale laboratory tests on a tilting plane rheometer of the faculty of agricultural and food sciences of Milan. The study of the mutual interactions between rockfall and debris flows and forest stand was carried out at different scales of analysis: through field post-event investigations, small-scale laboratory tests (for debris-flow process) and finally performing some numerical modelling. The field surveys have allowed to increase the knowledges of the damage produced by the boulders and by debris-flows impacts on trees, and how they can provide an effective mobility suppression. Laboratory tests have allowed to examine the effect of the forest management (high forest and coppice forest) on the final deposits. The numerical modelling have allowed to explore in more detail the way and the limitations of the implementation of trees and how the protection offered by an even-aged forest changes in the medium to long term. Field evidences and laboratory simulations confirm that shrubs and trees influence the deposition processes of rockfall and debris flows. In particular, the importance of coupling forest population growth model and process numerical model for the study of rockfall and comparing the scenario without forest with forested scenarios. The different debris-flow regimes affect the contribution of trees in the sediment deposition and mobility suppression. When, the collisional regime dominates, large trees with low-density produce higher deposit thicknesses, directly proportional to the diameter. Whereas, when frictional regime dominates, debris-flow suppression depends mainly on the surface resistance, so a dense forest of small trees, or shrubs, provides better retention capacity. In addition, coppice forest seems able to contribute to debris-flows deposition on shorter distances, which decrease with increasing of the solid concentration. The study of the hydraulic kinematic in step-pool morphology confirms previous researches: the standard deviation of the bed profile provides a more reliable measure of roughness over different channel morphologies, as opposed to grain size. Moreover, in these morphologies, the relative submergence decreasing and the slope increasing seem to collaborate in the dissipation of energy and the most of the energy loss, especially for low discharge, is due to the 'spill resistance’. A general overestimation of the variables analysed was produced by the implementation in RockyFOR-3D of the new automated method for defining the roughness parameter proposed in this work. Nevertheless, the good approximation of the maximum values indicates a potential for development of the proposed method.
Questa ricerca è finalizzata allo studio dei meccanismi di resistenza al moto nei corsi d’acqua montani e sui versanti per comprendere meglio le dinamiche di esplicazione dei diversi processi naturali. In particolare il ruolo svolto dalla topografia locale e gli effetti della presenza della vegetazione arborea. Gli intenti scientifici sono quindi quelli di analizzare in modo approfondito le interazioni tra i singoli processi naturali, la superficie di scorrimento e il soprassuolo arboreo nella definizione delle resistenza al moto. L’indagine è stata condotta attraverso osservazioni e rilievi di campo relativi a due eventi reali di debris flow ed un evento di rockfall; inoltre, sono stati condotti test in scala ridotta di debris flow e in scala reale di caduta massi e correnti idrauliche. Gli obiettivi del progetto sono stati strutturati su tre tematiche principali: 1.fornire una revisione critica delle procedure utilizzate in letteratura per la stima della resistenza al moto nei confronti dei singoli processi consideranti; 2. esaminare le possibili interrelazioni tra il processo e gli elementi di scabrezza, in particolare la morfologia e la topografia del terreno e la vegetazione arborea ed arbustiva; 3. definire una nuova metodologia per la quantificazione della scabrezza superficiale spazialmente distribuita, in grado di rappresentare gli effetti dell’irregolarità del terreno e implementarla all'interno di un programma di modellazione numerica. Scopo finale della ricerca è quello di approfondire le conoscenze riguardanti la cinematica dei processi naturali analizzati e giungere alla definizione di indicazioni per la gestione dei boschi di protezione. Le aree di studio scelte sono state le seguenti: a) una porzione di versante del Monte Antelao (Vodo di Cadore, Belluno) recentemente oggetto di un crollo di roccia che ha interessato il popolamento forestale posto a valle; b) un canale da valanga presente nel massiccio di Belledonne, nella foresta comunale di Vaujany (Francia) in cui sono state condotte prove a scala reale di caduta massi; c) il deposito detritico di due eventi di debris flow e la componente forestale coinvolta lungo i rii Somprade (Auronzo di Cadore, Belluno) ed Senago (Val di Vizze, Bolzano); d) due tratti di una scala di rimonta per pesci collocata a lato del Torrente Vanoi (Canal San Bovo, Trento), costruite con una morfologia a step-pool, assimilabili ad un modello fisico a scala reale. Inoltre, a supporto del lavoro di campo, lo studio dei debris flow e le relazioni con la componente forestale sono state approfondite conducendo test di laboratorio in scala ridotta su reometro a piano inclinato presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Milano. Lo studio delle mutue relazioni del crollo di roccia e delle colate detritiche con la foresta è stato condotto a diversa scala: attraverso indagini di campo post-evento, prove di laboratorio a scala ridotta (limitatamente per il processo di colata detritica) ed infine eseguendo alcune modellazioni numeriche. La campagna di rilievi ha permesso di approfondire le conoscenze sui danni prodotti dall’impatto dei massi e dei flussi detritici sugli alberi e come questi reagiscono, nonché il modo in cui possono fornire, con la loro presenza, un’effettiva azione di contenimento delle runout. I test di laboratorio hanno consentito di esaminare l’effetto complessivo del popolamento forestale in conoide sui depositi dei debris flow e come questo cambia in funzione del tipo di governo (a fustaia o a ceduo). Le modellazioni numeriche hanno invece permesso di esplorare più in dettaglio le modalità e le limitazioni dell’implementazione della componente arborea ed arbustiva all'interno del modelli stessi e come cambia il potere di protezione offerto da un soprassuolo forestale nei confronti del crollo di roccia durante il suo ciclo di sviluppo, cioè nel medio/lungo periodo. I software impiegati sono stati RockyFOR-3D per la caduta massi e il crollo di roccia e FLO-2D per le colate detritiche. Le evidenze di campo e le simulazioni in laboratorio hanno messo in luce come l’effetto della vegetazione arborea ed arbustiva influenzi i processi deposizionali del crollo di roccia e dei debris flow. In particolare, l’importanza di accoppiare modelli di crescita del popolamento forestale a modelli di simulazione numerica del processo del crollo di roccia e della caduta massi e il confronto tra lo scenario non boscato con gli scenari boscati. Per le colate detritiche è emerso che il diverso regime di deflusso influenza il modo in cui gli alberi concorrono alla soppressione del movimento, ovvero quando domina il regime collisionale, alberi di grandi dimensioni e bassa densità producono spessori di deposito più elevati, direttamente proporzionali al diametro stesso, mentre, quando domina il regime frizionale, il deposito del materiale è favorito dall'aumento della superficie di scorrimento, perciò una foresta densa composta da alberi di piccole dimensioni o arbusti forniscono una migliore capacità di ritenzione. Inoltre, una gestione a ceduo sembra capace di contribuire sempre alla deposizione delle colate detritiche su distanze che diminuiscono all’aumentare della concentrazione solida. Per quanto riguarda lo studio cinematico delle correnti idrauliche condotto eseguendo prove di diversa portata sui tratti a step-pool hanno confermato precedenti studi che affermano che la deviazione standard fornisce una misura più affidabile di scabrezza nelle diverse morfologie di canale, al contrario della granulometria; che la maggior parte della perdita di energia, soprattutto per le portate basse, è dovuta alla "spill resistance"; e che, in queste morfologie, la sommergenza relativa diminuendo e la pendenza aumentando cooperano nel favorire la dissipazione di energia. Il tentativo di proporre un nuovo metodo automatizzato per la definizione del parametro di scabrezza da impiegare nel modello numerico di simulazione tridimensionale della caduta massi ha prodotto una generale sovrastima delle variabili analizzate. Ciononostante, la buona approssimazione dei valori massimi ne indicano un potenziale di sviluppo.
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Palmisano, Francesco. "Algorithmic-guardians: analisi dei flussi di dati provenienti da sistemi Android." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019. http://amslaurea.unibo.it/19599/.

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Abstract:
Lo smartphone è diventato negli anni un componente essenziale nella vita dell'essere umano. Tuttavia è un dispositivo considerato come un'arma a doppio taglio. Questo perché le applicazioni utilizzano la connessione ad Internet e possono manipolare in modo anomalo dati sensibili, minandone la confidenzialità. Algorithmic-Guardians è un sistema per l'analisi del traffico dati di uno smartphone, con lo scopo di preservare la confidenzialità dei dati inviati. Vengono identificati flussi di dati, generati dalle varie applicazioni, da cui si deducono eventuali anomalie. Queste poi vengono notificate all'utente, in modo che sia lui stesso a decidere se bloccare o meno quei flussi. In questo modo, l'utente può avere una visione più ampia dell'utilizzo che le applicazioni fanno dell'accesso ad Internet.
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Vavuliotis, Anastasio. "Analisi dei flussi logistici di uno stabilimento industriale: il caso "MEC3"." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amslaurea.unibo.it/3035/.

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Guidetti, Mattia. "Ricostruzione di flussi veicolari su scala regionale: analisi dei dati disponibili." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/5957/.

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Abstract:
Si mostra l’evoluzione di un modello fisico-matematico atto alla ricostruzione dei fussi nell’intera regione Emilia Romagna partendo da due sorgenti di dati: dati sparsi con bassa risoluzione spaziale senza errore e dati distribuiti in tutta la regione con percentuale rispetto alla totalità di autoveicoli ignota. Si descrive l’elaborazione dei dati e l’evoluzione del modello nella sua storicità fino ad ottenere un buon risultato nella ricostruzione dei fussi. Inoltre si procede ad analizzare la natura dei dati e la natura del problema per ottenere una buona soluzione in grado di descrivere il sistema e per essere facilmente estesa ad altre regioni. Dopo aver definito un metodo di validazione si confrontano svariati risultati di modelli differenti mostrando un’evoluzione nella ricerca di un modello che risolva il problema con tempi computazionali accettabili in modo da ottenere un sistema real-time.
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Leonardi, Nicholas. "Analisi e riprogettazione dei flussi produttivi e del layout di un’azienda di assemblaggio." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018.

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Abstract:
In questa tesi andrò ad analizzare la funzione logistica in generale, per poi procedere ad una applicazione pratica nel caso dell'azienda Cashmatic S.r.l. Andrò ad analizzare i costi logistici più importanti per poi procedere ad una ri-progettazione del layout di magazzino ed assemblaggio da introduttore nella nuova sede in cui l'azienda è in procinto di trasferirsi. Il tutto sarà affiancato da una ri-progettazione dei flussi di materiali in entrata ed uscita. Andrò inoltre a progettare un carrello di produzione in grado di contenere le materie prime necessarie all'assemblaggio dei device di Cashmatic S.r.l. ed aiutare quindi gli addetti durante l'assemblaggio. Il tutto sarà correlato da un calcolo del VAN dell'investimento, comprendente le attrezzature di movimentazione, stoccaggio ed assemblaggio necessarie nel nuovo stabile. Si dimostrerà inoltre come sia possibile affrontare l'aumento di produzione previsto, dall'introduzione di nuovi modelli sul mercato, senza la necessità di assumere ulteriore personale.
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FERRONATO, GIULIA. "Valutazione dell'impatto ambientale a diversi livelli di scala del settore zootecnico." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2020. http://hdl.handle.net/10280/72497.

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Abstract:
Negli ultimi tre decenni la domanda globale di cibo, in particolare di proteine animali (carne, latte, uova), è aumentata in base alla crescita della popolazione che dovrebbe arrivare a 9 miliardi di persone entro il 2050. Questi alimenti rappresentano infatti un'importante fonte di energia, proteine di alta qualità, micronutrienti e vitamine. Pertanto, questo miglioramento potrebbe contribuire all'aumento della durata della vita e della domanda di cibo. Ciò ha costretto il settore agricolo ad un'ulteriore intensificazione che ha interessato anche la coltivazione di colture per l'alimentazione animale. Le produzioni agricole e zootecniche hanno un impatto ambientale rilevante, e questo argomento è oggetto di critiche e di indagini scientifiche anche per definire più accuratamente il loro contributo e le relative potenziali strategie di mitigazione, considerando anche che la fase agricola è il principale contributore dell'impatto ambientale della catena di produzione alimentare. Si riconosce infatti che il settore agricolo contribuisce direttamente al 21% delle emissioni totali di gas serra di origine antropica a livello mondiale e consiste per lo più di metano seguito da protossido di azoto e anidride carbonica. Queste emissioni sono per lo più associate alla produzione zootecnica, in particolare all'allevamento di ruminanti che contribuisce con le emissioni dirette di metano dovute alla fermentazione dei ruminanti e alla fermentazione del letame; la restante parte è composta da emissioni indirette dovute alla deforestazione, all'uso di energia e alla produzione di mangimi. Lo scopo di questa tesi è stato la valutazione dell'impronta ambientale nel settore zootecnico a diversi livelli di scala tematica. La filiera italiana della carne, gli allevamenti lattiero-caseari, un caseificio per la produzione di Grana Padano DOP e i singoli animali sono stati studiati per quantificare l'impronta ambientale. Nel primo lavoro è stata valutata la filiera italiana della carne con un approccio di analisi dei flussi di massa e di valutazione del ciclo di vita. In primo luogo, la quantificazione della carne è stata effettuata dalla macellazione al consumo domestico, partendo dal peso della carcassa fino alla carne realmente consumata. A questo livello si è tenuto conto della carne di bovini, suini, ovini e caprini, equidi e conigli. Durante la catena sono state quantificate anche le perdite di carne e i rifiuti. In particolare, i sottoprodotti di origine animale (SOA) sono stati quantificati per singole specie e classificati in base al rischio a livello sanitario secondo il regolamento (CE) 1069/2009. Secondo la categoria (Cat 1, Cat 2 o Cat 3), supponendo che tutti i SOA fossero destinati al processo di rendering, l'uso e lo smaltimento dei prodotti dopo rendering è stato identificato. L'analisi dei flussi di massa ha confermato come l'Italia sia un importatore netto di carne bovina e suina, mentre è autosufficiente per quanto la carne avicola. L'analisi dei flussi di massa rivela che nel 2013 sono stati consumati in Italia 2,86 Mt di carne. Questo valore equivale a 131 g/giorno/pro-capite e a 47,91 kg/anno/pro-capite di carne consumata. In percentuale la quantità totale di carne consumata è rappresentata dal 46% da carne suina, dal 28% di carne avicola, dal 23% di carne bovina e dal 3% di altre carni (coniglio, equini, ovini e caprini). Questo approccio ha permesso di quantificare anche sottoprodotti di origine animale (SOA) prodotti durante la fase di macellazione e gli scarti alimentari a livello di vendita al dettaglio e fase di consumo. La fase di macellazione è risultata essere la principale fonte di rifiuti, producendo il 48% di rifiuti originati nella filiera della carne. I risultati hanno evidenziato come i SOA siano già quasi completamente riutilizzati, compatibilmente con il loro rischio a livello sanitario, dimostrando la circolarità del sistema e permettendo di quantificare anche i prodotti evitati grazie al loro riutilizzo e le relative emissioni di gas serra evitate. Per quanto riguarda gli altri rifiuti alimentari, i risultati della presente valutazione possono essere considerati solo una stima per la mancanza di specifici coefficienti nazionali. Dopo la fase di quantificazione, è stato applicato l'approccio del Life Cycle Assessment (LCA) per valutare l'impronta ambientale, considerando anche il prodotto evitato grazie al riutilizzo dei sottoprodotti del rendering. I risultati dell'LCA rivelano che il consumo giornaliero di carne pro-capite emette 4,0 kg di CO2eq, con un contributo della care bovina pari al 30%, della carne suina pari al 9.6% e della carne avicola pari all’8%. Le emissioni relative ai SOA sono risultate essere pari al 60% di quelle totali e il loro riutilizzo ha permesso una riduzione di queste del 10%. Il secondo ed il terzo lavoro sono stati invece relativi al potenziale di riscaldamento globale (GWP) di latte bovino e Grana Padano DOP. Complessivamente sono stati valutate ventisette aziende zootecniche con bovine da latte, con latte destinato al formaggio Grana Padano DOP, e un caseificio, situato nella provincia di Piacenza. I dati primari sono stati raccolti utilizzando un questionario appositamente redatto. Questo ha incluso per le aziende agricole la richiesta di dati relativi alla composizione della mandria, la gestione dell'alimentazione, la produzione di latte e performance riproduttive, piani colturali e l'utilizzo delle risorse energetiche e dei materiali di lettime, mentre per il caseificio sono stati richiesti dati relativi all'utilizzo delle risorse energetiche e gli input richiesti dal processo di caseificazione. Nel secondo lavoro sono state valutate 10 aziende lattiere per valutare l'impronta di carbonio del latte (CF) e individuare le principali fonti di emissioni. Lo studio ha utilizzato un approccio dalla culla alla tomba considerando come unità funzionale un 1 kg di latte corretto per contenuto di grasso e proteine (FPCM). Il valore medio di CF di 1 kg di FPCM è risultato essere pari a 1,33 kg di CO2eq/kg FPCM con però un ampio range di variazione, da 1,02 a 1,62 kg di CO2eq/kg FPCM. Le emissioni dovute alle fermentazioni enteriche e alle fermentazioni da reflui rappresentano il 52% del totale, mentre le emissioni relative agli alimenti acquistati il 36%. L'autoproduzione e il consumo energetico rappresentano invece rispettivamente il 6% e il 6%. Nel terzo lavoro invece è stata presa in considerazione la produzione di Grana Padano DOP. In questo caso è stato utilizzato un approccio dalla culla al cancello del caseificio considerando come unità funzionali 1 kg di FPCM e 1 kg di Grana Padano DOP stagionato 9 mesi. Il latte destinato alla produzione del formaggio ha mostrato un valore medio di CF pari a 1,38 kg CO2eq/kg FPCM, con un valore minimo di 1,02 e uno massimo di 1,94 kg CO2eq/kg FPCM. Il valore medio di CF di 1 kg di formaggio Grana Padano DOP è stato invece pari a 9,99 kg di CO2eq, con un contributo della fase agricola pari al 94%. I risultati di questi lavori si sono mostrati in accordo con studi simili riportati in bibliografia e hanno inoltre permesso di evidenziare come gli allevamenti da latte mostrassero un maggior livello di sostenibilità ambientale ma con possibilità di miglioramento principalmente attraverso il miglioramento della gestione delle mandrie (prestazioni produttive e riproduttive). Il quarto lavoro ha riguardato invece lo sviluppo di proxy in grado di prevedere le emissioni di metano da singole bovine da latte. Questo focus è un punto caldo di ricerca, soprattutto perché di fondamentale importanza per individuare strategie di mitigazione efficaci per la riduzione delle emissioni di metano dovute a fermentazioni ruminali, gas ad effetto serra riconosciuto avere il maggior contributo sul totale delle emissioni. Le emissioni di metano dipendono principalmente dal quantitativo di concentrato assunto e dalla composizione generale della dieta, ma tuttavia nelle aziende agricole commerciali risulta difficile quantificare con precisione l’ingestione di alimenti. Lo studio ha quindi mirato a verificare la possibilità di utilizzare la tecnologia del vicino infrarosso (NIRS) utilizzando lo spettro di campioni di feci (NIRSf) e/o in combinazione con altri parametri fenotipici disponibili a livello aziendale per prevedere la produzione di metano (MP, g/giorno) dalle singole vacche da latte in lattazione. Il NIRSf da solo ha permesso una stima abbastanza buona della produzione di metano e le stime sono state migliorate in misura simile quando sono stati considerati il peso vivo o la produzione di latte tal quale o la produzione di latte corretta per il contenuto energetico, mentre la combinazione del NIRSf con più di un altro parametro ha migliorato le stime solo in misura molto limitata. Il metano può essere previsto utilizzando modelli che considerano l’ingestione di sostanza sezza, il peso vivo o la produzione di latte ma il limite principale è rappresentato dalla disponibilità dei dati a livello aziendale. La tecnica del vicino infrarosso applicata ai campioni fecali, in particolare se combinata con altri parametri fenotipici, può rappresentare una valida alternativa per misurazioni su larga scala in allevamenti da latte commerciali, quando l’ingestione di sostanza secca di solito non è disponibile, per la selezione genetica di vacche da latte a bassa emissione.
In the last three decades global demand of food, in particular animal proteins (meat, milk, and eggs), has increased according to the population growth, that is expected to go up to 9 billion by the 2050. These, in fact, represent an important source of energy, high-quality protein, micronutrients and vitamins. Therefore, this improvement could contribute to the lifespan increase and food demand. The latter forced the agricultural sector to a further intensification that affected also the cultivation of crops for animal feeding. Agricultural and livestock productions have a relevant environmental impact, and this topic is object of criticism and scientific investigation also to more accurately define its contribution and potential mitigation strategies, considering also that agricultural stage is the main contributor to the environmental impact of the food production chain. It is recognized, in fact, that agricultural sector directly contribute to the 21% of total global anthropogenic greenhouse gas emissions, mostly consisting of methane followed by nitrous oxide and carbon dioxide. These emissions are mainly associated with the livestock production, in particular with ruminants breeding that contributes directly to methane emissions due to ruminal and manure fermentation; the remaining part is composed by indirect emissions from deforestation, energy use and animal feed production. The scope of this thesis was the evaluation of environmental footprint in the livestock sector at different subject scale level. Italian meat supply chain, dairy farms, Grana Padano PDO cheese factory and single animals was investigated in order to quantify environmental footprint. In the first work, the Italian meat supply chain has been evaluated whit a mass flow analysis (MFA) approach and life cycle assessment (LCA) approach. Firstly, the quantification of meat had been made from slaughter to household consumption, starting form carcass weight to real meat consumed. At these levels, meat form cattle, pig, sheep and goat, equidae, and rabbit was taken in account. During the chain also meat losses and waste were quantified. In particular animal by-products (ABPs) were quantified for single species and categorized into heath level risk according to the Regulation (EC) 1069/2009. According to the category (Cat 1, Cat 2 or Cat3), assuming that all ABPs were destinated to rendering process, use and disposal of rendered products was identified. The MFA confirmed how Italy is a net importer of cattle and pork meat while it is self-sustaining for poultry meat. Mass flow analysis revealed that in 2013, 2.86 Mt of meat were consumed in Italy. It is equivalent to 131 g/day/pro-capita and to 47.91 kg/year/pro-capita of meat consumed. In percentage the total amount of consumed meat is represented by 46% of pig, 28% of poultry and 23% of cattle and 3% of other meat (rabbit, equidae, and sheep and goat). This approach quantified the ABPs produced at slaughtering level and food wastes at retail and consumer levels. Slaughter phase was the main source of waste, producing 0.80 Mt of ABPs, 48% of the total amount of waste originated in the meat supply chain. Results highlighted how the ABPs are already almost completely reused, compatibly with their health level risk, demonstrating the circularity of the system through the quantification of the avoided products and relative GHGs emissions. Concerning other food wastes, the results of the present evaluation could be considered only an estimate due to the lack of specific national coefficients. After quantification LCA was applied in order to evaluate environmental footprint, considering also avoided product due to the re-use of rendered ABPs. LCA results reveal that daily meat consumption pro-capita emits 4.0 kg CO2eq represented by 30% of cattle meat, 9.6% of pig meat and 8% of poultry meat. Emissions allocated to ABPs are the 60% and their re-use decrease the emissions about 10%. Second and third works focused the milk and PDO Grana Padano global warming potential (GWP). Overall, twenty-seven dairy farms, producing milk destinated to Grana Padano PDO cheese and one cheese factory, situated in the Piacenza province were evaluated. Primary data were collected by using a specific survey. This included for the farms the request of data regarding herd composition, feeding management, milk production, herd management and performace, crops cultivation and resource use, whereas for the cheese factory, the survey included energy resource use and input requested by cheese making process. In the second work, 10 dairy farms were evaluated in order to assess the milk Carbon Footprint (CF) and the main source of emissions. The system boundary was a cradle-to-farm-gate and functional unit is 1 kg of FPCM (Fat and Protein corrected milk). The CF of 1 kg of FPCM resulted equal to 1.33 kg CO2eq/kg FPCM with a wide range of variation from 1.02 to 1.62 kg CO2eq/kg FPCM. Emissions due to enteric fermentation and manure fermentation represented the 52% of the total, while acquired feed the 36%. Self-production and energetic consumption represented 6% and 6% respectively. In the third, Grana Padano PDO production was considered. The milk destinated to cheese processing showed an average value of CF equal to 1.38 kg CO2eq/kg FPCM, with a minimum value of 1.02 and a maximum one of 1.94 kg CO2eq/kg FPCM. Instead, the CF average value of 1 kg of PDO Grana Padano cheese was equal to 9.99 kg CO2eq, showing an agricultural stage contribution of 94%. Results of these works were in accord with similar studies reported in literature and had pointed out how dairy farms showed a greater level of environmental sustainability but with possibilities for improvement, mainly through herd management enhancement (productive and reproductive performances). Fourth work was about the development of proxies able to predict the methane emissions from individual cows. This focus is a hot research point in order to improve the mitigation strategies to reduce methane emissions because of the main GHG contributor. Methane emission is mainly driven by feed intake and diet composition, but it is difficult to measure intake in commercial farms. The study aimed to verify the possibility of using NIRS of faeces (NIRSf) alone and in combination with other phenotypic parameters available at a farm level to predict methane production (MP, g/d) from individual lactating dairy cows. NIRSf alone allowed a fairly good estimation of methane yield and the estimations were improved to a similar degree when BW, MY or ECM were considered, whereas combining NIRSf with more than one other parameters improved the estimations with a very little extent only. Methane can be predicted using models that consider the DMI, BW or MY but the main limitation is represented by the data availability. Near Infrared technique applied to faecal samples, in particular when combined with other phenotypic parameters, can represent a valid alternative for large-scale measurements in commercial dairy farms for genetic selection of low emitters dairy cows, when DMI measurement is usually not available.
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Leo, Guido. "Analisi dei flussi in un reparto di assemblaggio e collaudo di valvole direzionali oleodinamiche." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020.

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Abstract:
Questa tesi tratta dei temi riguardanti l’analisi dei flussi di materiale e la progettazione del layout negli impianti industriali, declinando ed adattando modelli, metodi e soluzioni presenti in letteratura e ormai consolidati, in un contesto specifico aziendale relativo ad un reparto di assemblaggio e collaudo per valvole direzionali oleodinamiche con l’obiettivo di analizzare la situazione dell’esistente e formulare proposte migliorative sotto diversi aspetti. In particolare nel primo capitolo sono richiamati i principali metodi, strumenti, modelli, algoritmi e soluzioni proposti dalla lettura per risolvere i problemi dell’analisi dei flussi e della progettazione del layout. Si motivano le scelte riguardanti i metodi specifici che verranno poi applicati nel caso in esame e i relativi adattamenti. Dopo una breve introduzione aziendale, si prosegue nel secondo capitolo descrivendo i prodotti, i principi di funzionamento e i relativi campi di applicazione, focalizzandosi principalmente sulle famiglie di valvole direzionali. Nel terzo capitolo viene illustrata la raccolta dati per effettuare l’analisi dei flussi di materiale della situazione di partenza e i relativi accorgimenti per superare i problemi riscontrati. Nel quarto avviene l’elaborazione dell’analisi dei flussi vera e propria per arrivare agli indici prestazionali relativi alla situazione esistente. Infine nel quinto capitolo vengono applicate le metodologie per la formulazione di due proposte di relayout alternative, rieffettuando l’analisi dei flussi per ciascuna configurazione per poter così eseguire una valutazione tecnico-economica, confrontando tra loro i risultati relativi all’esistente e alle due proposte; seguono poi le dovute conclusioni.
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Rizzi, Matteo. "Analisi dei flussi logistici ed ottimizzazione del processo di previsione: il caso Unigrà." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021.

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Abstract:
La necessità di rispondere al mercato con maggior flessibilità e in tempi sempre minori, garantendo comunque molteplici personalizzazioni nei prodotti, ha spinto le aziende ad implementare sistemi gestionali sempre più affinati che rappresentano un punto strategico per essere competitivi nel mercato. La presente tesi nasce quindi con l’obiettivo di analizzare la realtà aziendale legata alla gestione delle scorte applicato ad uno specifico caso aziendale: Unigrà, azienda agroalimentare, leader nella trasformazione di oli e grassi vegetali, produzione di materie prime, semilavorati e prodotti finiti vegetali con sede a Conselice (RA). L’obiettivo di questo elaborato è dunque quello di fornire una visione d’insieme relativamente al sistema di gestione delle scorte in magazzino all’interno di Unigrà, in modo da individuare le varie criticità presenti, dalle quali deriveranno tutte le successive analisi ed approfondimenti necessari. Si elaboreranno quindi proposte di miglioramento ed implementazioni attuabili da Unigrà. Mediante l’analisi degli ultimi 3 anni di esercizio, confrontando il totale uscito con la giacenza presente in magazzino, è stato possibile identificare lo “stato di salute” delle scorte; grazie all’ausilio di software gestionali e strumenti di analisi sono state individuate le aree più critiche che necessitano di un miglioramento ridefinendo, inoltre, le politiche di gestione degli approvvigionamenti.
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Succi, Michela. "Analisi dei flussi logistici e re-layout di uno stabilimento industriale: caso Tecnomec s.r.l." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amslaurea.unibo.it/8482/.

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Leardini, Giulia. "Variabilità stagionale dei flussi verticali di metalli nel particolato dell'Adriatico Meridionale." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017.

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Abstract:
Le particelle marine determinano la distribuzione e la concentrazione del carbonio e di alcuni elementi in traccia nell’oceano, fungendo da veicolo per il trasporto di materia sia verticalmente sia orizzontalmente. Lo scopo di questa tesi è valutare e quantificare i flussi di particellato nel Mare Adriatico Meridionale grazie all’installazione di due trappole di sedimento automatiche a due quote differenti (a 150 m dalla superficie e a 50 m dal fondo) su una stazione fissa di misura, posta nella Fossa Sud Adriatica. Le analisi (effettuate con assorbimento atomico e CHN) hanno permesso di calcolare il flusso totale di massa e le concentrazioni dei principali costituenti del flusso: Corg, carbonati e alcuni metalli (Fe, Mn, Cu, Pb, Ni, Cr). I risultati dei flussi ottenuti sono in accordo come ordini di grandezza ai risultati acquisiti da studi precedenti. I flussi di massa della trappola profonda si sono rivelati quasi sempre superiori a quelli misurati nella trappola di superficie, evidenziando l’incremento del flusso totale di massa con la profondità, indice di un contributo advettivo laterale di particelle. È stato inoltre riscontrato che l’export di materiale dalla zona fotica non sia direttamente proporzionale alla produttività primaria, in quanto i picchi massimi dei flussi di carbonio e l’andamento della clorofilla-a (dati da satellite) non corrispondono. Dall’indagine sul rapporto N/C in relazione al δ13Corg è stata indicata l’origine della sostanza organica, di tipo prevalentemente marino per quanto riguarda la trappola top e in misura minore per la trappola bottom. Per quanto riguarda i flussi verticali di metalli, è la prima volta che vengono analizzati in questa area. Dal calcolo dell’enrichment factor, i dati di arricchimento di Cu, Ni e Cr risultano trascurabili, tranne che per il Pb, che raggiunge un livello di moderato arricchimento. Si ipotizza che il contenuto dei metalli (Cu, Ni, Pb, Cr) sia in relazione in prevalenza alla frazione litologica.
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Books on the topic "Analisi dei flussi di massa"

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Torcivia, Sebastiano. I prospetti dei flussi dei fondi quali strumenti di analisi della dinamica finanziaria d'impresa. Milano: Giuffrè editore, 1990.

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Senato, Italy Parlamento. Rapporto 2000 sugli aiuti statali alle imprese: Analisi dei flussi dal bilancio di Stato. [Italy]: Senato della Repubblica, 2000.

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Iapichino, Giacomo. --Aspettando il ponte: Il trasporto del gommato nello Stretto di Messina : cenni storici, analisi dei flussi, proiezioni future. [Messina]: A. Siciliano, 1990.

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