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Dissertations / Theses on the topic 'Ambiente costiero'

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BRUNO, VITTORIO. "Riscostruzione e valorizzazione del paesaggio archeologico in ambiente costiero mediterraneo tramite tecnologie innovative." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2009. http://hdl.handle.net/10281/7638.

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Abstract:
La prospezione archeologica e lo scavo di un'antica città è un’operazione delicata, lenta e perciò costosa. Spesso, e soprattutto nell'area mediterranea, le città venivano costruite nei pressi della costa per permettere lo svolgimento di attività commerciali lungo le vie di trasporto più comode per le epoche passate. Successivi movimenti relativi tra la terraferma e il mare, in scenario con una sedimentazione accentuata dall'azione dei venti e del mare stesso, hanno portato al ricoprimento di queste città e quasi regolarmente dei loro sistemi portuali. La prospezione archeologica in questi siti è spesso complicata dalla difficile "lettura" della parte a mare e perciò dei rapporti tra strutture su terraferma e strutture a mare. Nasce quindi come importante necessità quella di una prospezione complessiva del sito, che è ovviamente molto costosa e lenta e perciò poco fruibile se non in tempi molto lunghi. Questi siti sono difficilmente valorizzabili. Una prospezione preliminare attuata con metodologie innovative di tipo non distruttivo, può consentire in tempi brevi una visualizzazione complessiva del sito e ad ottimizzare i costi dell'intervento diretto, proponendolo solo su aree di interesse. Quasi tutti i siti di interesse archeologico fino ad oggi sono stati poco studiati con metodi di tipo indiretto a causa dell’impossibilità di operare in acque basse, in quanto le aree di interesse sono quasi sempre all’interno di lagune chiuse con fondali che sono molto spesso al disotto di un metro di profondità. Il presente lavoro di tesi è stato svolto in concomitanza ad un progetto firb che individuava al suo interno alcune aree di interesse archeologico con caratteristiche che rispecchiano quanto esposto poc’anzi. Tale progetto aveva lo scopo di provare vari metodi geofisici per verificarne l’applicabilità in condizioni così estreme e di verificare sui siti indagati l’eventuale esistenza di reperti archeologici sepolti. Per quanto riguarda le strumentazioni utilizzate si è testato l’utilizzo di un ecoscandaglio ad altissima risoluzione (multi beam Reason 8125), un profilatore sismico a riflessione o sub bottom profiler (Innomar Ses 2000 Compact) e di un georesistivimetro equipaggiato con elettrodi galleggianti per rilievi in acqua (Iris Syscal Pro), che verranno descritti nei capitoli successivi. Analizzando in dettaglio la struttura del presente lavoro di tesi, i capitoli sono di seguito descritti. Nel secondo capitolo sono stati trattati i metodi geofisici tradizionalmente utilizzati per la ricerca archeologica a terra, nel terzo capitolo sono stati descritti i metodi indiretti utilizzati in mare per la prospezione archeologica, mentre nel quarto capitolo si spiega come si è tentato di coniugare diversi metodi: di mare e di terra ed applicarli in zone di fondali bassi, difficilmente rilevabili con imbarcazioni convenzionali. Nel quinto capitolo si affronta in particolare il progetto e la costruzione di un prototipo sperimentale di imbarcazione adatto ai rilievi in acque basse. Nel capitolo sesto invece si entrerà in dettaglio dei vari metodi utilizzati nelle campagne di rilievo eseguite. Infine nel settimo capitolo verranno presentati i risultati dei rilievi e nell’ottavo capitolo le conclusioni del presente lavoro di tesi.
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Mensali, Giorgia. "La salinizzazione dei suoli in ambiente costiero: un caso studio a sud di Ravenna." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/5124/.

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Abstract:
La fascia costiera ravennate è soggetta ad un precario equilibrio ambientale dovuto alla morfodinamica naturale molto attiva e tipica di tali ambienti, quali: sedimentazione, erosione, subsidenza e salinizzazione. A queste, in tempi diversi, sono venuti ad associarsi altri processi, indotti dall’attività antropica, che hanno portato alla scomparsa di gran parte dei caratteri paesaggistico-ambientali originari: le dune sono state in parte spianate, le paludi bonificate, le superfici boschive fortemente ridotte e le spiagge in buona parte occupate da stabilimenti per il turismo balneare. Nel presente studio è stata effettuata una valutazione territoriale del rischio di salinizzazione nei suoli della piana agricola costiera presenti nella zona sud ravennate. Partendo dall’individuazione dell’area di studio è stata effettuata una caratterizzazione pedologica delle tipologie di suolo presenti e una valutazione di tipo chimico-fisiche per verificare l’effettivo livello di manifestazione del problema della salinizzazione. Dalle analisi effettuate si sono riscontrati valori di CE elevati nei profili prossimi alla costa determinati dalla presenza degli ioni sodio e cloruro, mentre i terreni più interni posti in zona depressa non presentano fenomeni di salinizzazione degni di nota, ad accezione di alcune situazioni localizzate e fortunatamente solo in profondità. Le analisi delle acque di falda della Pineta Ramazzotti invece, hanno evidenziato valori di CE elevati ( >2 dS.m-1 ) che porta a classificarle come acque di falda lievemente - sensibilmente contaminate da parte dell’acqua di mare, risultando quindi una zona in cui il fenomeno della salinizzazione risulta significativo. Concludendo si può affermare che tale ambiente fragile e sensibile deve essere oggetto di un costante monitoraggio, ponendo l’attenzione su modificazioni ambientali, o politiche di gestione territoriale che possono indurre effetti assai gravi.
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3

Foletti, Danilo. "Acciaio COR-TEN esposto in ambiente urbano-costiero: studio del rilascio di metalli di lega." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amslaurea.unibo.it/3860/.

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Abstract:
Il Cor-Ten è un acciaio micro-legato, detto anche acciaio patinabile, che garantisce una buona resistenza alla corrosione da agenti atmosferici. Proprio grazie a questa sua peculiare caratteristica sta conoscendo un vasto impiego in particolare nel campo dell’edilizia e delle infrastrutture. La corrosione infatti interessa tutti i settori produttivi e non, provocando ingenti danni economici. Stime effettuate negli ultimi 40anni da diversi enti internazionali indicano che l’entità di questi danni, pur variando da settore a settore, risulta compresa per i paesi industrializzati tra il 3 e il 4% del PIL. Da questi dati si evince la necessità di proteggere i materiali dalla corrosione; in genere per questo scopo si ricorre a trattamenti superficiali o a rivestimenti protettivi. Queste tecniche non rappresentano però l’unica strada, è possibile infatti agire sulla composizione della lega, come nel caso del Cor-Ten, in modo che l’interazione metallo-ambiente porti alla formazione di una patina protettiva di prodotti di corrosione relativamente stabili. La formazione di questo strato, cosiddetto passivante, protegge il metallo da un’ulteriore attacco corrosivo. Scopo di questo lavoro di tesi è studiare il comportamento di questo materiale in ambiente urbano-costiero in tre differenti stati di finitura in cui è commercialmente disponibile: grezzo, pre-patinato e pre-patinato cerato, focalizzando l’attenzione sugli aspetti ambientali legati al suo utilizzo e cercando di valutare in particolare il rilascio dei metalli di lega nell’ambiente, aspetto fino ad ora non considerato in letteratura. I risultati ottenuti indicano che sembrerebbe preferibile l’utilizzo del materiale grezzo rispetto ai pre-patinati, almeno per quanto riguarda il rilascio di metalli in ambiente. Sulla base dei risultati ottenuti è possibile fornire una stima, per i tre stati di finitura di Cor-Ten A considerati, del quantitativo totale (solubile + estraibile) dei metalli rilasciati in ambiente nei sette mesi di esposizione durante la stagione primaverile-estiva della sperimentazione condotta in questo studio. La quantità rilasciata stimata per il Fe oscilla tra i 0,5 g/m2 per i provini light e i 0,7 g/m2 per i provini dark e grezzi, per il Ni il range è compreso tra i 3,6 mg/m2 dei provini grezzi e i 5 mg/m2 per i light, nel caso del Mn il quantitativo varia dai 6,8 mg/m2 per i light ai 10 mg/m2 per i grezzi. Per il Cr la stima per i provini pre-patinati è simile e si attesta intorno a 1,7 mg/m2, risultando minore (anche se in maniera non rilevate) per i grezzi.
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Zannoni, Denis <1976&gt. "Uso sostenibile dei suoli forestali di ambiente costiero in relazione ai fattori di pressione esistenti." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/1034/1/Tesi_Zannoni_Denis.pdf.

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Abstract:
Oggetto di studio del dottorato sono stati i suoli forestali in ambiente litoraneo della Regione Emilia-Romagna. In particolare sono state considerate quattro zone di studio in Provincia di Ravenna: Pineta di San Vitale, aree boscate di Bellocchio, Pineta di Classe e Pineta di Pinarella di Cervia. Lo studio in una prima fase si è articolato nella definizione dello stato del sistema suolo, mediante la caratterizzazione pedologica delle zone di studio. A tale scopo è stata messa a punto un’adeguata metodologia d’indagine costituita da un’indagine ambientale e successivamente da un’indagine pedologica. L’indagine ambientale, mediante fotointerpretazione ed elaborazione di livelli informativi in ambito GIS, ha permesso di individuare ambiti pedogenetici omogenei. L’indagine pedologica in campo ha messo in luce l’elevata variabilità spaziale di alcuni fattori della pedogenesi, in particolar modo l’andamento microtopografico tipico dei sistemi dunali costieri e la profondità della falda freatica del piano campagna. Complessivamente sono stati aperti descritti e campionati 40 profili pedologici. Sugli orizzonti diagnostici di questi sono state eseguite le seguenti analisi: tessitura, pH, calcare totale, carbonio organico, azoto kjeldahl, conduttività elettrica (CE), capacità di scambio cationico (CSC) e calcare attivo. I suoli presentano, ad eccezione della tessitura (generalmente grossolana), un’elevata variabilità delle proprietà chimico fisiche in funzione della morfologia, della profondità e della vicinanza della falda freatica. Sono state riscontrate diverse correlazioni, tra le più significative quelle tra carbonio organico e calcare totale (coeff. di correlazione R = -0.805 per Pineta di Classe) e tra calcare totale e pH (R = 0.736), dalle quali si è compreso in che misura l’effetto della decarbonatazione agisce nei diversi ambiti pedogenetici e tra suoli con diversa età di formazione. Il calcare totale varia da 0 a oltre 400 g.kg-1 e aumenta dalla superficie in profondità, dall’entroterra verso la costa e da nord verso sud. Il carbonio organico, estremamente variabile (0.1 - 107 g.kg-1), è concentrato soprattutto nel primo orizzonte superficiale. Il rapporto C/N (>10 in superficie e molto variabile in profondità) evidenzia una efficienza di umificazione non sempre ottimale specialmente negli orizzonti prossimi alla falda freatica. I tipi di suoli presenti, classificati secondo la Soil Taxonomy, sono risultati essere Mollic/Sodic/Typic Psammaquents nelle zone interdunali, Typic Ustipsamments sulle sommità dunali e Oxiaquic/Aquic Ustipsamments negli ambienti morfologici intermedi. Come sintesi della caratterizzazione pedologica sono state prodotte due carte dei suoli, rispettivamente per Pineta di San Vitale (scala 1:20000) e per le aree boscate di Bellocchio (scala 1:10000), rappresentanti la distribuzione dei pedotipi osservati. In una seconda fase si è focalizzata l’attenzione sugli impatti che le principali pressioni naturali ed antropiche, possono esercitare sul suolo, condizionandone la qualità in virtù delle esigenze del soprasuolo forestale. Si è scelta la zona sud di Pineta San Vitale come area campione per monitorarne mensilmente, su quattro siti rappresentativi, le principali caratteristiche chimico-fisiche dei suoli e delle acque di falda, onde evidenziare possibili correlazioni. Le principali determinazioni svolte sia nel suolo in pasta satura che nelle acque di falda hanno riguardato CE, Ca2+, Mg2+, K+, Na+, Cl-, SO4 2-, HCO3 - e SAR (Sodium Adsorption Ratio). Per ogni sito indagato sono emersi andamenti diversi dei vari parametri lungo i profili, correlabili in diversa misura tra di loro. Si sono osservati forti trend di aumento di CE e degli ioni solubili verso gli orizzonti profondi in profili con acqua di falda più salina (19 – 28 dS.m-1) e profonda (1 – 1.6 m dalla superficie), mentre molto significativi sono apparsi gli accumuli di sali in superficie nei mesi estivi (CE in pasta satura da 17.6 a 28.2 dS.m-1) nei profili con falda a meno di 50 cm dalla superficie. Si è messo successivamente in relazione la CE nel suolo con diversi parametri ambientali più facilmente monitorabili quali profondità e CE di falda, temperatura e precipitazioni, onde trovarne una relazione statistica. Dai dati di tre dei quattro siti monitorati è stato possibile definire tali relazioni con equazioni di regressione lineare a più variabili. Si è cercato poi di estendere l’estrapolabilità della CE del suolo per tutte le altre casistiche possibili di Pineta San Vitale mediante la formulazione di un modello empirico. I dati relativi alla CE nel suolo sia reali che estrapolati dal modello, sono stati messi in relazione con le esigenze di alcune specie forestali presenti nelle zone di studio e con diverso grado di tolleranza alla salinità ed al livello di umidità nel suolo. Da tali confronti è emerso che per alcune specie moderatamente tolleranti la salinità (Pinus pinea, Pinus pinaster e Juniperus communis) le condizioni critiche allo sviluppo e alla sopravvivenza sono da ricondursi, per la maggior parte dei casi, alla falda non abbastanza profonda e non tanto alla salinità che essa trasmette sull’intero profilo del suolo. Per altre specie quali Quercus robur, Populus alba, Fraxinus oxycarpa e Ulmus minor moderatamente sensibili alla salinità, ma abituate a vivere in suoli più umidi, la salinità di una falda troppo prossima alla superficie può ripercuotersi su tutto il profilo e generare condizioni critiche di sviluppo. Nei suoli di Pineta San Vitale sono stati inoltre studiati gli aspetti relativi all’inquinamento da accumulo di alcuni microtossici nei suoli quali Ag, Cd, Ni e Pb. In alcuni punti di rilievo sono stati osservati moderati fattori di arricchimento superficiale per Pb e Cd riconducibili all’attività antropica, mentre le aliquote biodisponibili risultano maggiori in superficie, ma all’interno dei valori medi dei suoli italiani. Lo studio svolto ha permesso di meglio conoscere gli impatti sul suolo, causati dalle principali pressioni esistenti, in un contesto dinamico. In particolare, si è constatato come i suoli delle zone studiate abbiano un effetto tampone piuttosto ridotto sulla mitigazione degli effetti indotti dalle pressioni esterne prese in esame (salinizzazione, sodicizzazione e innalzamento della falda freatica). Questo è dovuto principalmente alla ridotta presenza di scambiatori sulla matrice solida atti a mantenere un equilibrio dinamico con le frazioni solubili. Infine le variabili ambientali considerate sono state inserite in un modello concettuale DPSIR (Driving forces, Pressures, States, Impacts, Responces) dove sono stati prospettati, in via qualitativa, alcuni scenari in funzione di possibili risposte gestionali verosimilmente attuabili, al fine di modificare le pressioni che insistono sul sistema suolo-vegetazione delle pinete ravennati.
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Zannoni, Denis <1976&gt. "Uso sostenibile dei suoli forestali di ambiente costiero in relazione ai fattori di pressione esistenti." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/1034/.

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Abstract:
Oggetto di studio del dottorato sono stati i suoli forestali in ambiente litoraneo della Regione Emilia-Romagna. In particolare sono state considerate quattro zone di studio in Provincia di Ravenna: Pineta di San Vitale, aree boscate di Bellocchio, Pineta di Classe e Pineta di Pinarella di Cervia. Lo studio in una prima fase si è articolato nella definizione dello stato del sistema suolo, mediante la caratterizzazione pedologica delle zone di studio. A tale scopo è stata messa a punto un’adeguata metodologia d’indagine costituita da un’indagine ambientale e successivamente da un’indagine pedologica. L’indagine ambientale, mediante fotointerpretazione ed elaborazione di livelli informativi in ambito GIS, ha permesso di individuare ambiti pedogenetici omogenei. L’indagine pedologica in campo ha messo in luce l’elevata variabilità spaziale di alcuni fattori della pedogenesi, in particolar modo l’andamento microtopografico tipico dei sistemi dunali costieri e la profondità della falda freatica del piano campagna. Complessivamente sono stati aperti descritti e campionati 40 profili pedologici. Sugli orizzonti diagnostici di questi sono state eseguite le seguenti analisi: tessitura, pH, calcare totale, carbonio organico, azoto kjeldahl, conduttività elettrica (CE), capacità di scambio cationico (CSC) e calcare attivo. I suoli presentano, ad eccezione della tessitura (generalmente grossolana), un’elevata variabilità delle proprietà chimico fisiche in funzione della morfologia, della profondità e della vicinanza della falda freatica. Sono state riscontrate diverse correlazioni, tra le più significative quelle tra carbonio organico e calcare totale (coeff. di correlazione R = -0.805 per Pineta di Classe) e tra calcare totale e pH (R = 0.736), dalle quali si è compreso in che misura l’effetto della decarbonatazione agisce nei diversi ambiti pedogenetici e tra suoli con diversa età di formazione. Il calcare totale varia da 0 a oltre 400 g.kg-1 e aumenta dalla superficie in profondità, dall’entroterra verso la costa e da nord verso sud. Il carbonio organico, estremamente variabile (0.1 - 107 g.kg-1), è concentrato soprattutto nel primo orizzonte superficiale. Il rapporto C/N (>10 in superficie e molto variabile in profondità) evidenzia una efficienza di umificazione non sempre ottimale specialmente negli orizzonti prossimi alla falda freatica. I tipi di suoli presenti, classificati secondo la Soil Taxonomy, sono risultati essere Mollic/Sodic/Typic Psammaquents nelle zone interdunali, Typic Ustipsamments sulle sommità dunali e Oxiaquic/Aquic Ustipsamments negli ambienti morfologici intermedi. Come sintesi della caratterizzazione pedologica sono state prodotte due carte dei suoli, rispettivamente per Pineta di San Vitale (scala 1:20000) e per le aree boscate di Bellocchio (scala 1:10000), rappresentanti la distribuzione dei pedotipi osservati. In una seconda fase si è focalizzata l’attenzione sugli impatti che le principali pressioni naturali ed antropiche, possono esercitare sul suolo, condizionandone la qualità in virtù delle esigenze del soprasuolo forestale. Si è scelta la zona sud di Pineta San Vitale come area campione per monitorarne mensilmente, su quattro siti rappresentativi, le principali caratteristiche chimico-fisiche dei suoli e delle acque di falda, onde evidenziare possibili correlazioni. Le principali determinazioni svolte sia nel suolo in pasta satura che nelle acque di falda hanno riguardato CE, Ca2+, Mg2+, K+, Na+, Cl-, SO4 2-, HCO3 - e SAR (Sodium Adsorption Ratio). Per ogni sito indagato sono emersi andamenti diversi dei vari parametri lungo i profili, correlabili in diversa misura tra di loro. Si sono osservati forti trend di aumento di CE e degli ioni solubili verso gli orizzonti profondi in profili con acqua di falda più salina (19 – 28 dS.m-1) e profonda (1 – 1.6 m dalla superficie), mentre molto significativi sono apparsi gli accumuli di sali in superficie nei mesi estivi (CE in pasta satura da 17.6 a 28.2 dS.m-1) nei profili con falda a meno di 50 cm dalla superficie. Si è messo successivamente in relazione la CE nel suolo con diversi parametri ambientali più facilmente monitorabili quali profondità e CE di falda, temperatura e precipitazioni, onde trovarne una relazione statistica. Dai dati di tre dei quattro siti monitorati è stato possibile definire tali relazioni con equazioni di regressione lineare a più variabili. Si è cercato poi di estendere l’estrapolabilità della CE del suolo per tutte le altre casistiche possibili di Pineta San Vitale mediante la formulazione di un modello empirico. I dati relativi alla CE nel suolo sia reali che estrapolati dal modello, sono stati messi in relazione con le esigenze di alcune specie forestali presenti nelle zone di studio e con diverso grado di tolleranza alla salinità ed al livello di umidità nel suolo. Da tali confronti è emerso che per alcune specie moderatamente tolleranti la salinità (Pinus pinea, Pinus pinaster e Juniperus communis) le condizioni critiche allo sviluppo e alla sopravvivenza sono da ricondursi, per la maggior parte dei casi, alla falda non abbastanza profonda e non tanto alla salinità che essa trasmette sull’intero profilo del suolo. Per altre specie quali Quercus robur, Populus alba, Fraxinus oxycarpa e Ulmus minor moderatamente sensibili alla salinità, ma abituate a vivere in suoli più umidi, la salinità di una falda troppo prossima alla superficie può ripercuotersi su tutto il profilo e generare condizioni critiche di sviluppo. Nei suoli di Pineta San Vitale sono stati inoltre studiati gli aspetti relativi all’inquinamento da accumulo di alcuni microtossici nei suoli quali Ag, Cd, Ni e Pb. In alcuni punti di rilievo sono stati osservati moderati fattori di arricchimento superficiale per Pb e Cd riconducibili all’attività antropica, mentre le aliquote biodisponibili risultano maggiori in superficie, ma all’interno dei valori medi dei suoli italiani. Lo studio svolto ha permesso di meglio conoscere gli impatti sul suolo, causati dalle principali pressioni esistenti, in un contesto dinamico. In particolare, si è constatato come i suoli delle zone studiate abbiano un effetto tampone piuttosto ridotto sulla mitigazione degli effetti indotti dalle pressioni esterne prese in esame (salinizzazione, sodicizzazione e innalzamento della falda freatica). Questo è dovuto principalmente alla ridotta presenza di scambiatori sulla matrice solida atti a mantenere un equilibrio dinamico con le frazioni solubili. Infine le variabili ambientali considerate sono state inserite in un modello concettuale DPSIR (Driving forces, Pressures, States, Impacts, Responces) dove sono stati prospettati, in via qualitativa, alcuni scenari in funzione di possibili risposte gestionali verosimilmente attuabili, al fine di modificare le pressioni che insistono sul sistema suolo-vegetazione delle pinete ravennati.
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Copat, Chiara. "Monitoraggio dell ambiente marino costiero del Golfo di Catania attraverso la specie bioindicatrice Engraulis encrasicolus." Doctoral thesis, Università di Catania, 2012. http://hdl.handle.net/10761/1245.

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Abstract:
Negli ultimi anni lo sviluppo di nuove tecniche e di saggi sempre più sofisticati ha permesso di migliorare i piani di monitoraggio ambientale utilizzando i pesci come specie bioindicatrici dell ambiente marino costiero, mediante un approccio multibiomarkers. Obiettivo dello studio è stato quello di valutare il livello di contaminazione del Golfo di Catania attraverso l analisi del livello di metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici (IPA), policlorobifenili (PCB) e pesticidi clorurati (Total DDT) nel muscolo della specie Engraulis encrasicolus (Linneo, 1758), e la valutazione, su campioni di branchie e di fegato, di biomarkers di esposizione a tali contaminanti quali: le metallotioneine (MTs); le proteine da stress o heat shock proteins (HSP70); l ethoxyresorufin-O-deethylase (EROD). Inoltre, poiché nella comunità scientifica sta crescendo sempre di più l interesse di conoscere i reali rischi per la salute umana, derivanti dall esposizione alimentare ai composti chimici, sono stati valutati i tassi di ingestione per singolo contaminante relativi al consumo di questa specie ittica, tra le più rilevanti da un punto di vista economico per le marinerie della Sicilia. In totale sono stati effettuati tre campionamenti di 30 esemplari durante i due periodi riproduttivi della specie (giugno e settembre) e nel periodo non riproduttivo (febbraio). Il confronto tra le classi di contaminanti nei due periodi è stato effettuato mediante il test-t di student per campioni appaiati. Dai dati di questa ricerca è emerso che: le popolazioni di E. encrasicolus accumulano una certa quantità di metalli, IPA e composti organoclorurati nei loro tessuti, ma che tuttavia, i limiti di legge previsti dal Reg. 1881/2006 per i contaminanti nel muscolo di pesce, non sono stati superati; i metalli essenziali si accumulano maggiormente durante i periodi riproduttivi della specie; l accumulo dei metalli pesanti e degli IPA è maggiormente correlato ad un origine naturale, antropica e alle variazione delle caratteristiche chimico fisiche delle acque nelle diverse stagioni; le presenza di PCB e DDT-totale, sebbene in tracce, sono la conferma che composti banditi già da diversi anni persistono nell ambiente; i livelli di contaminanti trovati nei tessuti della specie non sembrano essere tali da provocare effetti tossici né nella specie ittica studiata né nell uomo. In conclusione, da questa prima analisi di valutazione del rischio ambientale nell area del Golfo di Catania, è emerso un quadro positivo, sebbene i contaminanti rilevati siano legati ad un certo grado di antropizzazione, e dovrebbero essere costantemente monitorati per garantire standard di qualità dell area in esame.
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Collina, Martina. "Valutazione della coevoluzione di sistemi idrici e antropici attraverso la definizione di indicatori spazialmente distribuiti: caso studio nel contesto dell'acquifero freatico costiero della Regione Emilia-Romagna." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018.

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Abstract:
I dati sull'uso del suolo e sulla sua variazione rappresentano utili informazioni per realizzare strategie di gestione sostenibile del territorio. La tutela dell’ambiente e delle risorse sono inoltre da sempre al centro di dibattiti a causa delle attività antropiche che vanno a degradarne la qualità e sovrasfruttarne la quantità, compromettendo i servizi ecosistemici, ovvero i benefici offerti dall'ambiente all'uomo. Il presente lavoro di tesi elabora queste informazioni attraverso un approccio socio-idrologico nel quale la pressione antropica diventa parte attiva del modello e non soltanto una forzante esterna. In particolare, questo lavoro si è concentrato sugli Agent-Based Models. L’area di studio analizzata è il “V Bacino”, sul litorale adriatico in Provincia di Ravenna. Lo scarso gradiente altimetrico, sommato al trend di subsidenza, rende necessario un continuo drenaggio dell’area. Questa attività, se da un lato garantisce la produzione agricola e gli habitat di grande pregio naturalistico, come le Pinete storiche, dall'altro alimenta l’intrusione salina. Questi processi coesistono in un clima Mediterraneo, dove però i cambiamenti climatici hanno fatto registrare incrementi di temperatura e cambiamenti dei regimi di pioggia nel corso dell’anno, con periodi siccitosi in estate; questi impattano sull'agricoltura con un incremento dei fabbisogni irrigui. Inoltre, secondo l’IPCC il livello del mare si innalzerà, con conseguente aumento dei costi di pompaggio. Sulla base di queste osservazioni vengono ipotizzati scenari futuri valutando variazioni di uso del suolo, cambiamenti climatici e subsidenza. Viene infine calcolato il GALDIT, un indice sulla vulnerabilità dell'acquifero rispetto all'intrusione salina.
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SOLE, FRANCESCO MARIA. "Valutazione della vulnerabilità delle coste della Sardegna a fenomeni di erosione ed inondazione dovuti all'impatto degli eventi estremi meteo-marini." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2016. http://hdl.handle.net/11584/266637.

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Abstract:
The main goal of this work is to provide a regional assessment of the coastal vulnerability of Sardinian sandy beaches to storm impacts. To do this we have assessed the geomorphic coastal vulnerability taking into account the intensity of storm induced hazards and the adaptation capacity of the system. The methodology aplied allows to calculate quantitatively -in a separate manner- the erosion and inundation hazards induced by the storms associated to a given probability of occurrence. The practical application of this method is to provide information that allows stakeholders to manage resource allocation and mitigate consequences. This framework has been developed by covering the following steps:(i). Define forcing conditions for the Sardinian coast using a storm classification method; to obtain this we have divided the Sardinian coast in 4 different sectors. For each sector storm events have been defined from hindcast wave data obtained for the period between 1979-2012. (ii) Find out the induced beach response to each storm class measured by the quantification of the flooding and erosion hazards. In each sector sandy beaches have been characterized in terms of their slope, height, widht and grain size. (iii) Estimation of a coastal vulnerability index formulated in terms of these two intermediate variables by means of a linear function that ranges from a minimum value of 0 (optimum state) to a maximum of 1 (failure state), defining 5 qualitative categories (Very Low, Low,. Medium, High, Very High). (iv) Assessment and mapping of the coastal vulnerability index along different sectors of the island. In terms of prospective analysis we have built a projected timeline of beach hazard based on existing storm data fitted into an extreme probability function. Once the probability of occurrence of the flooding and erosion hazards has been assessed and a risk level defined by the stakeholders, the spatial distribution of vulnerabilities associated to selected probability level will permit to "robustly" compare areas along the coast to identify the most endangered zones.
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Facca, Chiara <1974&gt. "Fitoplancton e microfitobenthos come indicatori dello stato di trofia in ambienti costieri." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2003. http://hdl.handle.net/10579/313.

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Abstract:
La distribuzione delle comunità planctoniche microalgali è stata studiata in due lagune mediterranee, entrambe soggette ad un intenso sfruttamento antropico. Le due aree di studio, sebbene abbiano alcune caratteristiche comuni (ambienti di transizione separati dal mare da un cordone litoranei), simili variazioni stagionali di temperatura), presentano condizioni morfologiche ed idrodinamiche diverse. La laguna di Venezia è caratterizzata da una profondità media di poco superiore al metro, da un forte riciclo mareale (60% del volume totale ogni 12 h) e da varie tipologie d'impatto (industriale, urbano, agricolo, sfruttamento delle risorse alieutiche). La laguna di Thau, al contrario, oltre ad essere mediamente più profonda (ca. 4.5 m), ha un lento ricambio delle acque (da 1 a 5 mesi) e riceve reflui di natura prevalentemente urbana ed agricola. Le principali attività economiche dell'area sono l'allevamento dei molluschi bivalvi e il turismo. In ciascuna laguna sono stati effettuati campionamenti per approfondire le conoscenze sulla distribuzione del fitoplancton a diverse scale spaziali e temporali. Nella laguna di Venezia, sono stati descritti gli andamenti stagionali in sei stazioni con condizioni ambientali rappresentative delle caratteristiche dell'ecosistema lagunare. È stata, inoltre, tracciata una mappa della distribuzione spaziale, sulla base dei campioni raccolti in 65 siti nell'estate 2002. L'insieme di questi dati, unitamente ai risultati recuperati dalla letteratura, ha permesso di aggiornare le informazioni relative alle abbondanze e alla composizione tassonomica della comunità fitoplanctonica. Sebbene le specie identificate coincidano con quelle segnalate da precedenti autori, è stata notata una generale riduzione della densità microalgale nella colonna d'acqua. Solo nell'estate 2001 e alla fine dell'inverno 2002, in alcune stazioni, sono state osservate abbondanze dell'ordine di grandezza (IO7 cells dm-3) di quelle registrate fino all'inizio degli anni '90. La variabilità stagionale del fitoplancton era regolata, principalmente, dalle variazioni di temperatura, mentre la distribuzione spaziale è dipesa, soprattutto, dalla concentrazione di nutrienti. Le aree con le abbondanze maggiori sono risultate, infatti, quelle a ridosso degli scarichi urbani. Sebbene il fosforo abbia condizionato l'abbondanza delle specie, è la disponibilità di radiazione luminosa che sembra aver assunto il ruolo di fattore limitante nella parte centrale della laguna di Venezia. La luce penetra, infatti, difficilmente fino al fondo della colonna d'acqua ed, in molte zone dell'area indagata, il disco Secchi non è visibile oltre 20 cm di profondità. La causa principale dell'elevata torbidità della colonna d'acqua è la frequente risospensione di sedimento, provocata dall'incontrollato sfruttamento dei banchi del bivalve Tapesphilippinarum Adams & Reeve. Nella laguna di Thau, sono state studiate le variazioni a breve scala temporale (settimanale e giornaliera) e sono state confrontate alcune stazioni a diverso livello di trofia. Uno degli scopi del lavoro era, infatti, quello di comprendere se le comunità microalgali potessero fornire informazioni attendibili sullo stato trofico dell'ecosistema. In entrambe le lagune, l'abbondanza e la composizione tassonomica del fitoplancton hanno permesso una discreta distinzione qualitativa tra aree diversamente impattate dall'eccessivo carico di nutrienti. Risultati migliori sono, tuttavia, stati ottenuti studiando la distribuzione delle diatomee che colonizzano i sedimenti superficiali. Le comunità microfitobentoniche sono state prelevate, durante le stesse campagne di campionamento in cui è stato indagato il fitoplancton, anche se difficoltà logistiche, per il momento, hanno permesso di operare solamente nella laguna di Venezia. Questi organismi hanno dimostrato una minor variabilità stagionale e la loro distribuzione sembra dipendere, soprattutto, dalle caratteristiche del sito di prelevamento. Lo studio del microfitobenthos deve essere sicuramente approfondito, perché può fornire informazioni più utili, rispetto al fitoplancton, per la messa a punto d'indici trofici in grado di valutare la qualità degli ambienti costieri. The phytoplankton communities have been studied in two Mediterranean lagoons, affected by an intense anthropic exploitation. Although the studied areas are characterised by common features (they are both separated from the sea by a bar beach and temperature shows similar variations), they have different morphological and hydrodynamic conditions. The Venice lagoon is characterised by shallow bottoms (on average ca. 1 m), high water renewal (ca. 12 h to change ca. 60% of the basin water) and numerous human activities (industries, urban centres, agriculture, clam fishery, tourism). The Thau lagoon, on the contrary, is deeper than Venice (on average ca. 4.5), the seawater renewal is very low (ca. 1-5 months to change the entire water volume) and the basin receives mainly urban and agriculture waste waters. Shellfish farming and tourism are the most important human activities. In each lagoon water samples were collected to investigate phytoplankton distribution at different spatial and temporal scales. In the Venice lagoon, six sites, with different environmental conditions, were chosen to describe microalgal seasonal trends. Moreover a map of the spatial distribution was drawn according to data referred to samples collected in 65 sites during summer 2002. The present results update the knowledge on the phytoplankton community abundance and taxonomic composition. Most of the identified species were the same ones quoted in previous works. The abundance, on the contrary, showed a drastic reduction in the whole studied area. Summer 2001 and late winter 2002 were the two exceptions (abundance up to 55 x 106 cells dm-3). Seasonal variations depended mainly on temperature, whereas spatial distribution was related mainly to nutrient concentrations. The highest abundance was, in fact, recorded close to urban discharges. Although phosphorus had a key role in controlling phytoplankton distribution, the limiting factor of the microalgal production was light. In the central part of the Venice lagoon light radiation hardly penetrated to the bottom and the Secchi disk was not frequently visible below 20 cm. The main cause of the water column turbidity was the frequent sediment resuspension due to clam-fishing activities (Tapes philippinarum Adams & Reeve). In the Thau lagoon, small-scale variations (daily and weekly) were investigated and some sites characterised by different trophic levels were compared. One of the main objectives was, in fact, to verify the ability of the microalgal communities to assess the ecosystem trophic state. In both lagoons, phytoplankton abundance and taxonomic composition allow to distinguish qualitatively areas with different nutrient loads. However, more precise information on the trophic conditions of the ecosystem was provided by benthic diatoms rather than by phytoplankton. Microphytobenthos was collected in the central part of the Venice lagoon during the same sampling campaigns made to investigate phytoplankton. At present logistic difficulties do not allow similar investigation in the Thau lagoon. The community living on the surface sediment displayed a seasonal variability lower than the planktonic one and its distribution depended mainly on the local features. More information on microphytobenthos is needed as these organisms allow a good assessment of the coastal ecosystem trophic conditions. PHYTOPLANCTON ET MICROFITOBENTHOS COMME INDICATEURS DE L'ETAT TROPHIQUE EN MILIEU COTIER RESUME La communauté du phytoplancton a été analysée dans deux lagunes Méditerranéennes, qui sont le siège d'activités humaines diverses. Les deux sites d'étude, ont des caractéristiques communes (lagunes séparées de la mer par un cordon littoral avec variations similaires de température), mais une topographie et une hydrodynamique différentes. La lagune de Venise est caractérisée par une faible profondeur (1 m en moyenne), par un rapide recyclage des eaux (60% du volume total toutes les 12 heures) et par des impacts anthropiques différents. L'étang de Thau, au contraire, est plus profond (4.5 m en moyenne), ses échanges avec la mer sont réduits (le recyclage de tout l'étang s'effectue de un a cinq mois); l'activité principale développée est la conchyliculture. Nous avons procédé dans les deux lagunes, à des échantillonnages adaptés dans le but d'approfondir les connaissances relatives à la distribution du phytoplancton. Dans la lagune de Venise sont décrites les variations saisonnières, observées dans six stations caractéristiques choisies, tandis qu'une carte visualise les données de 65 sites échantillonnés en été 2002. Ces donnés correspondent à une importante mise à jour des informations relatives à la composition taxonomique du phytoplancton et à l'abondance relative de ses constituants: les espèces identifiées se retrouvent dans celles signalées précédemment mais avec une nette réduction de leur abondance (à l'exception de deux stations, où étaient observées des floraisons, allant jusqu'à 55 x 106cells dm-3). Les variations saisonnières des populations phytoplanctoniques dépendaient principalement de la température, tandis que leur distribution spatiale était conditionnée par la concentration en sels nutritifs. Malgré l'impact du phosphore dans la production algale, le facteur limitant le plus déterminant s'est révélé être l'intensité lumineuse (le coefficient d'extinction n'excédant parfois pas 20 cm, conséquence d'une récolte abusive au niveau des sédiments de Tapesphilippinarum Adams & Reeve). Dans l'étang de Thau l'étude des variations des populations phytoplanctoniques a été réalisée sur une échelle de temps plus réduite qu'à Venise (journalière ou hebdomadaire) sur trois sites, caractérisés par des niveaux trophiques différents (en prenant en compte certains critères chimiques et floristiques précédemment établis). Ceci a permis leur comparaison. Le but de cette analyse était de vérifier dans quelle mesure la composition phyloplanctonique était représentative de l'état trophique d'un écosystème lagunaire donné et permettait l'identification de divers niveaux trophiques préétablis. Dans les deux lagunes, l'étude de la composition phytoplanctonique et celle de l'abondance relative de ses populations dominantes ont ainsi permis d'identifier des populations répondant à un niveau trophique défini. Cette approche générale et l'étude qui en découle sont une étape importante dans l'analyse de l'état trophique des milieux côtiers en général.
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Arizzi, Novelli Alessandra. "Sviluppo di indicatori di rischio tossico per ambienti marini costieri e lagunari." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2001. http://hdl.handle.net/10579/493.

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Centanni, Elena <1976&gt. "Indagine sulla tossicità di inquinanti organici e metallorganici in organismi di ambienti costieri." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2007. http://hdl.handle.net/10579/654.

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Buosi, Alessandro <1982&gt. "Ecologia e tassonomia delle macrofite degli ambienti marino-costieri e lagunari dell'ecoregione mediterranea." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5631.

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Abstract:
La ricerca svolta ha permesso di implementare le conoscenze in merito alla diversità macrofitica del Mar Adriatico settentrionale. Nello specifico, si è ottenuta una checklist rappresentativa delle specie presenti nelle quattro stazioni (Salvore, Sistiana, Porto Santa Margherita e Lido) oggetto di studio. Il campionamento tramite quadrato, inoltre, ha permesso di determinare quali specie risultassero dominanti in termini di copertura. I dati delle singole specie e le relative coperture sono quindi stati utilizzati per la valutazione dello Stato Ecologico, attraverso l’applicazione degli indici macrofitici EEI-c (Ecological Evaluation Index) e CARLIT (Cartography of littoral rocky-shore communities). In generale si è rilevato un miglioramento dello Stato Ecologico considerando le stazione da ovest verso est, in contrapposizione con la corrente marina antioraria dell’Adriatico settentrionale. Nello specifico, infatti, dalla zona costiera ad ovest del Po verso la costa croata la classificazione di Stato Ecologico passa da “cattivo” a “alto” con eccezione dell’area antistante la laguna di Venezia, individuata come “moderato”. Al fine di ottenere una valutazione effettiva sulle criticità e pressioni che influenzano la biodiversità del Mar Adriatico settentrionale, lo studio dei fattori biotici (macrofite) è stato affiancato all’analisi dei parametri abiotici, relativi alla matrice acqua e sedimento. L’analisi statistica effettuata sui dati inerenti la matrice acqua ha, dunque, permesso di evidenziare come le componenti ambientali che maggiormente condizionano le comunità macrofitiche sono la concentrazione dei nutrienti, in modo particolare l’azoto inorganico disciolto, la torbidità e la salinità. In particolare si è determinata una correlazione inversa tra i parametri nutrienti e torbitità rispetto alla salinità: questa evidenza indica chiaramente la forte influenza da parte di imput di acqua dolce di origine fluviale. Tale tesi è inoltre supportata dalla grande variabilità determinata per i parametri ossigeno disciolto (OD), clorofilla-a e pH. I risultati ottenuti mostrano, comunque, come le criticità e le pressioni ambientali non dipendano da un solo limitato ecosistema, ma dall’interconnessione e influenza di molteplici sistemi ambientali come, per esempio, in questo caso, l’ambiente fluviale, lagunare e marino.
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LO, MARTIRE Marco. "Fattori di controllo della disponibilità alimentare per il benthos eterotrofo in ambienti costieri di interfaccia." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2013. http://hdl.handle.net/11566/242691.

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Abstract:
Gli ecosistemi di interfaccia, sono rappresentati da tutti quegli habitat al confine tra terre emerse continentali e ambienti acquatici. Essi sono la fase dinamica di incontro tra ambienti largamente differenti (mare, terra, atmosfera) definita come “interfaccia”, nella quale è possibile riconoscere la transizione da un sistema all’altro per la presenza di marcati gradienti fisico-chimici, biologici ed ecologici. Nella fattispecie, questi ecosistemi sono rappresentati dagli ambienti costieri di basso fondale e da ambienti intertidali di substrato duro. Essi sono i principali fornitori di beni e servizi ecosistemici per le popolazioni costiere. In questa tesi si è studiato il ruolo della variabilità sistemica in ambienti intertidali di bassofondo su alcuni aspetti salienti del funzionamento ecosistemico, della biodiversità e in ultimis sulla relazione tra biodiversità e funzionamento ecosistemico. L’obiettivo è stato quello di studiare l’effetto della variabilità fisica e chimica come fattore di controllo nei due habitat modello (laguna e pozze intertidali) lungo le coste della Sicilia nord-occidentale, sulle caratteristiche del cibo disponibile - proveniente da produzione primaria e secondaria. I risultati di questo studio mettono in evidenza il ruolo determinante della variabilità spaziale e temporale, la quale controlla ampiamente le dinamiche chimico fisiche e trofiche in questi ambienti estremi. Ad esempio nello Stagnone di Marsala l’energia meccanica di attrito innescata dalla sinergia vento/marea gioca un ruolo importante sulla disponibilità di cibo, favorendo gli scambi tra il comparto sedimentario e la colonna d’acqua. La presenza di vegetazione smorza l’entità degli scambi che divengono massimi quando le fanerogame marine sono rade o assenti. I risultati degli esperimenti su gli ambienti di pozza, hanno dimostrato l’importanza di questi habitat sotto molti aspetti. Le pozze di scogliera del Mediterraneo, le cui dinamiche fisiche e chimiche sono azionate dalle escursioni mareali funzionano come veri e propri bio-reattori. In particolare, è stato dimostrato che, ogni sei ore, per effetto dell’isolamento in emersione, le pozze di scogliera triplicano il contenuto di materiale organico, il quale viene disperso nell’adiacente intertidale, al momento del collegamento con il mare nella successiva alta marea. Dato l’elevatissimo numero di pozze presenti lungo le coste rocciose, l’export di materia organica labile prodotta quotidianamente è quantitativamente rilevante. Questo sink di energia contribuisce indubbiamente a favorire il mantenimento degli elevati livelli di biodiversità tipici di questi ambienti del Mediterraneo. I risultati di questo studio forniscono nuove informazioni utili alla comprensione del funzionamento degli ecosistemi di interfaccia marino-costieri, che sono stati fino ad ora, la fonte più importante di approvvigionamento per le popolazioni rivierasche di tutto il pianeta.
The interface ecosystems are represented by the entire habitat on the edge between the continental land and the aquatic environments. They are dynamic phases of encounter between widely different environments (land, sea and air) defined as "interfaces", in which the transition from one system to another is recognizable due to the presence of marked physicochemical, biological and ecological gradients. In this case, the ecosystems are represented by the coastal environments of shallow intertidal areas of hard substrate. They are the main suppliers of goods and ecosystem services for the coastal population. In this thesis we studied the role of systematic variability of shallow intertidal environments on various important aspects of ecosystem functioning, biodiversity and ultimis on the relationship between biodiversity and ecosystem functioning. The aim was to study the effect of physical and chemical variability as the control factor on the characteristics of the food available from primary and secondary production in the two habitat models (lagoon and intertidal pools) along the coasts of northwestern Sicily. The results of this study highlight the role of spatial and temporal variability, which controls the largely physicochemical and trophic dynamics in these very “harsh” environments. For example, in the Lagoon of Marsala countries, the shear stress is triggered by the wind/tide synergy, plays an important role in the food availability by enhancing the coupling between the sediment and the water column. The presence of vegetation reduces the extent of the shift that becomes the highest when sea grasses are sparse or absent. The environmental test results have demonstrated the importance of these habitats in many ways. The dynamics of physical and chemical features in the rock pools of the Mediterranean are driven by tidal excursions, appears real bio-reactors. In particular, it has been shown that in order due to isolation of emersion the rock pools tripled the content of organic material every six hours, which is dispersed in the adjacent intertidal at the time of the connection with the sea in the subsequent high tide. Given the large number of pools found along the rocky shores, the export of labile organic matter produced daily is quantitatively important. This sink of energy undoubtedly contributes to the enhancement of the maintenance of high levels of biodiversity of these environments typical for the Mediterranean. The results of this study provide new information about the functioning of marine-coastal interface ecosystems, which were, up to now, the most important resource supply for the coastal population of the entire planet.
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De, Tata Alessandro <1989&gt. "Specie vegetali alloctone negli ambienti costieri del Nord Adriatico. Il caso di studio di Oenothera stucchii." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/9869.

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Donadei, Daniela <1983&gt. "Ricerca e applicazione di metodologie ecotossicologiche nel monitoraggio di ambienti marino-costieri: Sviluppo di nuovi bioassay e biomarker." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6957/1/Donadei_Daniela_tesi.pdf.

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Abstract:
Obiettivo del lavoro è stato lo sviluppo e la validazione di nuovi bioassay e biomarker quali strumenti da utilizzare in un approccio ecotossicologico integrato per il biomonitoraggio di ambienti marino-costieri interessati da impatto antropico negli organismi che vivono in tali ambienti. L’ambiente reale impiegato per l’applicazione in campo è la Rada di Augusta (Siracusa, Italia). Una batteria di bioassay in vivo e in vitro è stata indagata quale strumento di screening per la misura della tossicità dei sedimenti. La batteria selezionata ha dimostrato di possedere i requisiti necessari ad un applicazione di routine nel monitoraggio di ambienti marino costieri. L’approccio multimarker basato sull’impiego dell’organismo bioindicatore Mytilus galloprovincialis in esperimenti di traslocazione ha consentito di valutare il potenziale applicativo di nuovi biomarker citologici e molecolari di stress chimico parallelamente a biomarker standardizzati di danno genotossico ed esposizione a metalli pesanti. I mitili sono stati traslocati per 45 giorni nei siti di Brucoli (SR) e Rada di Augusta, rispettivamente sito di controllo e sito impattato. I risultati ottenuti supportano l’applicabilità delle alterazioni morfometriche dei granulociti quale biomarker di effetto, direttamente correlato allo stato di salute degli organismi che vivono in un dato ambiente. Il significativo incremento dell’area dei lisosomi osservato contestualmente potrebbe riflettere un incremento dei processi degradativi e dei processi autofagici. I dati sulla sensibilità in campo suggeriscono una valida applicazione della misura dell’attività di anidrasi carbonica in ghiandola digestiva come biomarker di stress in ambiente marino costiero. L’utilizzo delle due metodologie d’indagine (bioassay e biomarker) in un approccio ecotossicologico integrato al biomonitoraggio di ambienti marino-costieri offre uno strumento sensibile e specifico per la valutazione dell’esposizione ad inquinanti e del danno potenziale esercitato dagli inquinanti sugli organismi che vivono in un dato ambiente, permettendo interventi a breve termine e la messa a punto di adeguati programmi di gestione sostenibile dell’ambiente.
The aim of the work was the development and validation of new bioassays and biomarkers as tools in an integrated ecotoxicological approach for the biomonitoring of impacted coastal marine environment environments. The Rada of Agusta (Syracuse, Sicily) was used as real environment for the field application of the proposed integrated approach. A battery of in vivo and in vitro bioassays was investigated as screening tool of the assessment of marine sediment toxicity. The battery has proven to have the necessary requirement for a routine application in marine coastal environment biomonitoring. The multimarker approach based on the use of bioindicator organism Mytilus galloprovincialis in translocation experiments allowed to evaluate the field application potential of new cytological and molecular biomarkers in parallel to standardized biomarkers of genotoxicity and heavy metal exposure. Mussels were caged for 45 days in Brucoli (SR) and Rada di Augusta, reference site and impacted site respectively. Results support the applicability of granulocytes morphometric alterations as effect biomarker, directly correlated to the health of the organism. Morphometric alterations were accompanied by a significative increase of the lysosomal compartment, which in turn could reflect the pollutant induced increase of the degradative and autophagic processes. Carbonic anhydrase activity in digestive gland proved to be a valuable biomarker of chemical stress in marine coastal environment. The functional role of carbonic anhydrase in the lysosomal compartment functioning was evaluated. The combined use of the two methodologies (bioassays and biomarkers) in an integrated ecotoxicological approach provides a sensitive and specific tool for the assessment of pollutant exposure and pollutant effects in biomonitoring of coastal marine environment, facilitating the application of monitoring data in risk-based decision making
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Donadei, Daniela <1983&gt. "Ricerca e applicazione di metodologie ecotossicologiche nel monitoraggio di ambienti marino-costieri: Sviluppo di nuovi bioassay e biomarker." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6957/.

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Abstract:
Obiettivo del lavoro è stato lo sviluppo e la validazione di nuovi bioassay e biomarker quali strumenti da utilizzare in un approccio ecotossicologico integrato per il biomonitoraggio di ambienti marino-costieri interessati da impatto antropico negli organismi che vivono in tali ambienti. L’ambiente reale impiegato per l’applicazione in campo è la Rada di Augusta (Siracusa, Italia). Una batteria di bioassay in vivo e in vitro è stata indagata quale strumento di screening per la misura della tossicità dei sedimenti. La batteria selezionata ha dimostrato di possedere i requisiti necessari ad un applicazione di routine nel monitoraggio di ambienti marino costieri. L’approccio multimarker basato sull’impiego dell’organismo bioindicatore Mytilus galloprovincialis in esperimenti di traslocazione ha consentito di valutare il potenziale applicativo di nuovi biomarker citologici e molecolari di stress chimico parallelamente a biomarker standardizzati di danno genotossico ed esposizione a metalli pesanti. I mitili sono stati traslocati per 45 giorni nei siti di Brucoli (SR) e Rada di Augusta, rispettivamente sito di controllo e sito impattato. I risultati ottenuti supportano l’applicabilità delle alterazioni morfometriche dei granulociti quale biomarker di effetto, direttamente correlato allo stato di salute degli organismi che vivono in un dato ambiente. Il significativo incremento dell’area dei lisosomi osservato contestualmente potrebbe riflettere un incremento dei processi degradativi e dei processi autofagici. I dati sulla sensibilità in campo suggeriscono una valida applicazione della misura dell’attività di anidrasi carbonica in ghiandola digestiva come biomarker di stress in ambiente marino costiero. L’utilizzo delle due metodologie d’indagine (bioassay e biomarker) in un approccio ecotossicologico integrato al biomonitoraggio di ambienti marino-costieri offre uno strumento sensibile e specifico per la valutazione dell’esposizione ad inquinanti e del danno potenziale esercitato dagli inquinanti sugli organismi che vivono in un dato ambiente, permettendo interventi a breve termine e la messa a punto di adeguati programmi di gestione sostenibile dell’ambiente.
The aim of the work was the development and validation of new bioassays and biomarkers as tools in an integrated ecotoxicological approach for the biomonitoring of impacted coastal marine environment environments. The Rada of Agusta (Syracuse, Sicily) was used as real environment for the field application of the proposed integrated approach. A battery of in vivo and in vitro bioassays was investigated as screening tool of the assessment of marine sediment toxicity. The battery has proven to have the necessary requirement for a routine application in marine coastal environment biomonitoring. The multimarker approach based on the use of bioindicator organism Mytilus galloprovincialis in translocation experiments allowed to evaluate the field application potential of new cytological and molecular biomarkers in parallel to standardized biomarkers of genotoxicity and heavy metal exposure. Mussels were caged for 45 days in Brucoli (SR) and Rada di Augusta, reference site and impacted site respectively. Results support the applicability of granulocytes morphometric alterations as effect biomarker, directly correlated to the health of the organism. Morphometric alterations were accompanied by a significative increase of the lysosomal compartment, which in turn could reflect the pollutant induced increase of the degradative and autophagic processes. Carbonic anhydrase activity in digestive gland proved to be a valuable biomarker of chemical stress in marine coastal environment. The functional role of carbonic anhydrase in the lysosomal compartment functioning was evaluated. The combined use of the two methodologies (bioassays and biomarkers) in an integrated ecotoxicological approach provides a sensitive and specific tool for the assessment of pollutant exposure and pollutant effects in biomonitoring of coastal marine environment, facilitating the application of monitoring data in risk-based decision making
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Grilli, Nicola. "Corrosione atmosferica in area urbana-costiera di un acciaio Cor-Ten: studio del rilascio in ambiente dei metalli di lega." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/5788/.

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Abstract:
Cor-Ten is a particular kind of steel, belonging to low-alloyed steel; thanks to his aesthetic features and resistance to atmospheric corrosion, this material is largely used in architectural, artistic and infrastructural applications. After environmental exposure, Cor-Ten steel exhibits the characteristic ability to self-protect from corrosion, by the development of a stable and adherent protective layer. However, some environmental factors can influence the formation and stability of the patina. In particular, exposure of Cor-Ten to polluted atmosphere (NOx, SOx, O3) or coastal areas (marine spray) may cause problems to the protective layer and, as a consequence, a release of alloying metals, which can accumulate near the structures. Some of these metals, such as Cr and Ni, could be very dangerous for soils and water because of their large toxicity. The aim of this work was to study the corrosion behavior of Cor-Ten exposed to an urban-coastal site (Rimini, Italy). Three different kinds of commercial surface finish (bare and pre-patinated, with or without a beeswax covering) were examined, both in sheltered and unsheltered exposure conditions. Wet deposition brushing the specimens surface (leaching solutions) are monthly collected and analyzed to evaluate the extent of metal release and the form in which they leave the surface, for example, as water-soluble compounds or non-adherent corrosion products. Five alloying metals (Fe, Cu, Cr, Mn and Ni) and nine ions (Cl-, NO3-, NO2-, SO42-, Na+, Ca2+, K+, Mg2+, NH4+) are determined through Atomic Absorption Spectroscopy and Ion Chromatography, respectively. Furthermore, the evolution and the behaviour of the patina are periodically followed by surface investigations (SEM-EDS and Raman Spectroscopy). After two years of exposure, the results show that Bare Cor-Ten, cheaper than the other analyzed specimens, even though undergoes the greater mass variation, his metal release is comparable to the release of the pre-patinated samples. The behavior of pre-patinated steel, with or without beeswax covering, do not show particular difference. This exposure environment doesn’t allow a completely stabilization of the patina; nevertheless an estimate of metal release after 10 years of exposure points out that the environmental impact of Cor-Ten is very low: for example, the release of chromium in the soluble fraction is less than 10 mg if we consider an exposed wall of 10 m2.
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BERARDO, Fabiana. "Habitat preferenziali e dinamica di popolazione di Testudo hermanni nelle aree costiere del Molise." Doctoral thesis, Università degli studi del Molise, 2015. http://hdl.handle.net/11695/66339.

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Abstract:
Il progetto di ricerca è stato mirato all’individuazione dei parametri critici che influiscono sulla sopravvivenza delle rare popolazioni selvatiche di Testudo hermanni hermanni presenti sulle coste adriatiche. Si è focalizzato inoltre sulla messa a punto e l’ottimizzazione dei protocolli di monitoraggio a lungo termine di una specie bandiera degli ambienti costieri mediterranei. In particolare, la tesi ha inteso contribuire a: • Migliorare le conoscenze sulla dinamica e la densità delle popolazioni di Testudo hermanni; • Indagare sulla selezione del microhabitat di Testudo hermanni in ambiente dunale; • Descrivere la struttura della popolazione di Testudo hermanni del sito Sic “Foce Saccione- Bonifica Ramitelli” (IT222217), al fine di definire una strategia di conservazione a lungo termine della specie nel sito. • Mettere a punto un protocollo ottimale di monitoraggio dello stato di conservazione di Testudo hermanni nel sito di ricerca “Dune sabbiose costiere dell’Italia Centrale” della Rete Italiana di Ricerca Ecologica a Lungo Termine, denominata LTER Italia. Lo studio della dinamica di popolazione è stato condotto, per 5 anni consecutivi, eseguendo il metodo di Cattura Marcaggio e Ricattura su un transetto fisso di monitoraggio (lungo 1km e largo 50 m) che attraversa tutti gli habitat dunali di transizione. La popolazione studiata presenta una struttura in espansione con un’alta percentuale di giovani (39%), una sex ratio media pari a 0,37 e un densità media, stimata mediante l’indice Lincoln Petersen, di 11,18 esemplari/ettaro. Per l’analisi degli habitat preferenziali e per l’analisi degli home range è stato condotto, da ottobre 2012 a gennaio 2014, un intenso lavoro radiotelemetrico, su 9 esemplari, associato alla mappatura di dettaglio degli habitat dunali (a scala 1: 500), sulla base di rilevamenti floristico-vegetazionali. L’analisi delle variazioni mensili degli home range, in accordo con la maggior parte delle popolazioni studiate, ha confermato che la popolazione studiata ha un ciclo di attività stagionale bimodale con due picchi di attività, in primavera e in autunno, e con una riduzione dell’attività in estate. Dal confronto delle dimensioni degli spazi vitali con altre popolazioni mediterranee, anche queste studiate con il metodo MPC, è emerso che la popolazione è risultata tra quelle con gli home range più piccoli. Inoltre si è osservato che le femmine utilizzano un spazio vitale meno esteso di quello dei maschi. La nostra popolazione di testuggini ha rivelato una marcata fedeltà al territorio vitale, dato già noto in letteratura, e una selezione del microhabitat basata sulle esigenze di protezione e termoregolazione, con delle notevoli variazioni stagionali durante l’intero ciclo di attività stagionale.
This research project was aimed at identifying critical parameters that could affect the survival of the endangered Testudo hermanni hermanni occurring along the Adriatic sandy coast of Italy. It was also focused on the development and optimization of protocols for long-term monitoring of a flagship species of Mediterranean coastal environments. In particular, the thesis intended to contribute to: • Improve the knowledge on the dynamics and the density of the populations of Testudo hermanni; • Investigate on microhabitat selection by Testudo hermanni in dune environment; • Describe the structure, rhythms, and spatial distribution of the population of Testudo hermanni living in the Natura 2000 site "Foce Saccione- Reclamation Ramitelli" (IT222217), useful for the definition of a strategy of long-term conservation of the species in the site. • Develop an optimal protocol for the monitoring of Testudo hermanni as a flagship and indicator species of "Coastal sandy dunes of central Italy" for the Italian Network of Long Term Ecological Research, called LTER Italy. The study of population dynamics was conducted, for 5 consecutive years, performing the method of Capture- Mark -Recapture along a fixed transect monitoring (far 1km and wide 50 m) that crosses through all coastal habitats of sand dunes. The five years study of the population of Herman tortoises showed an expansion phase with a high percentage of young individuals (39%), a sex ratio average of 0.37 and an average density, estimated by the index Lincoln Petersen, of 11.18 animals/hectare. To investigate on habitat preferences and home range of the target species, a radiotelemetric study of Hermann’s tortoise was performed between October 2012 and January 2014, on 9 specimens, combined with detailed mapping of dune habitats (scale 1: 500), based on surveys of flora and vegetation. The analysis of monthly home range changes confirmed that the target population has a bimodal cycle of seasonal activity with two peaks, in spring and in fall, and with a reduction of activity in summer. Both males and females have smaller home ranges compared with other Mediterranean populations. Moreover, females home ranges were less extensive than males ones. Our population of tortoises revealed a marked fidelity to the vital territory, and a selection of microhabitats based on the needs of protection and temperature control, with a pronounced seasonal effect during the whole cycle of activity.
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PINNA, PAOLO. "Evoluzione naturale ed impatto antropico sui sistemi costieri della Penisola del Sinis (Sardegna centro occidentale)." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2016. http://hdl.handle.net/11584/266636.

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Abstract:
All over the world the coastal strip has suffered over the centuries the presence and the activities of the human beings: the historical needs of defending the countries from the invasions and to exploit natural resources for subsistence, have caused significant impacts on coastal environments, which now shows environmental changes hardly reversible. The Sardinia region despite having been affected more late from the effects of a fast economical and territorial development, shows noticeable mutations of the coastal strip, especially functional to a recreational and tourism use of the beaches and surrounding areas. The Sinis Peninsula, located along the central-western part of this region, despite having been historically characterized by a constant and important human presence (well represented in particular by the remains of the Nuragic native culture, but also of the Roman, Phoenician-Punic and Arabian), is often considered as one of the parts of Sardinia that has been only partially affected by modern human impacts. The need to understand how the presence and human activities may have worked on the present stage of the evolution of the coastal environments in the Sinis Peninsula, led to the development of the proposed research theme, whose main objective has been achieved through the integration of several research methods and themes. To achieve this result six representative Sinis Peninsula beach areas were studied through field laboratory and research activities. The first, primarily through a series of geomorphological, sedimentological and multi gave reliefs have allowed to determine the current status of the environments in study, both for the natural characteristics both for their direct interaction with the human activities. The latter mainly by means of historical photo interpretation, has allowed to assess the main changes that have occurred in the Sinis Peninsula in a specific time span, conceptually defined in this study as a period denominated Antropogene. The activities have been completed trough some corollary activities, which consist in the exam of some historical photographic documents, in the development of a expeditious geomorphological survey method and in the analysis of a particular environmental situation that occurred in one of the beaches in study. A final proposal for the development of an environmental index has permitted to achieve a satisfactory final result.
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Palumbo, Maria Benedetta. "Ipotesi di installazione di convertitori di energia ondosa per la Costiera Amalfitana." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020.

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Abstract:
Il World Energy Council ha stimato che il 15% del fabbisogno mondiale annuo di elettricità potrebbe essere coperto da impianti che sfruttano il moto ondoso. L’energia da onda presenta importanti vantaggi rispetto ad altre fonti rinnovabili, quali la minore variabilità oraria e giornaliera, la possibilità di sfruttare ampie superfici oceaniche e il basso impatto ambientale e visivo, soprattutto nel caso di dispositivi off-shore. Ciò che ancora oggi, però, limita l’installazione dei dispositivi di conversione ondosa è l’elevato costo dei WEC e, di conseguenza, dell’energia elettrica che producono. Per ridurre i costi, con quello che è chiamato sharing costs, si stanno sviluppando negli ultimi anni sistemi integrati con altre strutture offshore o costiere. Dopo un’introduzione della risorsa rinnovabile in questione, delle varie tipologie di WEC esistenti , si entra nel cuore di questa tesi, che è appunto la valutazione di un WEC per la Costiera Amalfitana. Le tecnologie valutate saranno due: Wave Dragon e Wavestar. Il primo è un overtopping device sviluppato per mari molto energetici. Il modello preso come riferimento è dimensionato per un mare caratterizzato da una potenza ondosa molto maggiore rispetto a quella della Costiera Amalfitana. Il dispositivo è stato, quindi, ridimensionato utilizzato la scala di Froude. Il secondo, invece, è un multipoint absorber. Il modello di cui è stata analizzata la producibilità ha 20 galleggianti dal diametro di 6m ed il suo lay-out è stato studiato pensando ad una possibile installazione in un mare caratterizzato da una potenza ondosa simile a quello della Costiera Amalfitana. In tal caso, quindi, non è stata necessaria una riduzione in scala. Dopo aver identificato una possibile area in cui installare il WEC, ogni dispositivo è stato analizzato non solo in termini di potenza producibile, ma anche in termini di impatto ambientale dando, data la bellezza paesaggistica della zona, particolare importanza all’impatto visivo
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MATZEU, ANNA. "Approccio metodologico per la gestione delle RIS con particolare riferimento alle aree costiere antropizzate. Caso di studio: Piana di Oristano." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2018. http://hdl.handle.net/11584/255992.

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Abstract:
Water contamination by nitrates from agricultural sources is a major problem in Sardinia (Italy) where Nitrate Vulnerable Zones (NVZs) has been defined in the Arborea reclamation area (W. Sardinia). In this area, intensive agriculture and farming are the mainstays of the local economy. Agricultural practices have seen an increase in the use of animal and chemical fertilizers for enhancing soil productivity. This, accompanied by the intensive use of groundwater resources for irrigation has led to the deterioration of groundwater quality, in areas particularly vulnerable to nitrate contamination. In the test area, the intrinsic nitrate contamination risk from agricultural sources has been evaluated through the combined application of the parametric methods, SINTACS, QI and IPNOA. Risk assessment, using vulnerability and hazard map-ping, is considered a fundamental aspect of sustainable groundwater management. All parameters used in this risk assessment were implemented, classified, weighted and integrated in a GIS environment. The concentration of nitrate pollution in groundwater has been estimated by using numerical methods; the transport numerical model is coupled to a groundwater flow model, obtained using the modular three dimensional finite difference groundwater flow model (MODFLOW), and it is made applying 3-D Multi-Species Transport Model (MT3D). Results show that higher nitrate concentrations are located in those areas where agricultural and livestock farming are concentrated. Therefore, these results could be interesting for future development and long term planning of groundwater protection management. The risk methods adopted has been validated using the measured distribution of nitrates in the groundwater with the different vulnerability classes. Areas where nitrate occurs at concentration higher than 100 mg/l well overlap those areas identified by the model as high risky ones. On the other hand, the areas with nitrate concentration less than 25 mg/l closely match those areas at low and moderate risk. The results obtained with the methods presented in this work may offer a valuable contribution to the existing solutions addressed to nitrate groundwater pollution management. The proposed method to identify action plans aimed at informing and training farmers in much better fertilization management and agricultural practices. In addition, this study provides the political authorities with a planning tool for water resources and soil protection aimed at a sustainable land use and at environmental protection.
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Pizzo, Leonardo <1977&gt. "Analisi dei processi di invasione di piante esotiche nei paesaggi costieri sabbiosi del Veneto." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/1204.

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Abstract:
Questo studio analizza gli effetti del disturbo (principalmente antropico, ma anche naturale) sul processo di invasione da specie aliene nei sistemi di dune costiere della regione Veneto. La ricerca è stata articolata su due livelli, uno focalizzato sui tratti morfologici e funzionali delle specie vegetali (native ed aliene) delle dune costiere, l’altro al livello di comunità vegetale. I risultati evidenziano che altezza, superficie fogliare e SLA grandi sono tratti che favoriscono la colonizzazione delle dune mobili costiere da parte delle specie più invasive. L’impatto antropico ha profondamente contribuito al degrado della qualità e funzionalità degli ecosistemi costieri, riducendo la resistenza che le comunità vegetali native sono in grado di opporre all’ingresso delle specie aliene invasive in condizioni di minor disturbo.
This study analyses the effects of disturbance (mainly human, but also natural) on the process of invasion by alien species in the coastal dune systems of Veneto region. The research has been articulated into two levels, one focusing on morphological and functional traits of coastal dune wild species (natives and aliens) and the other on the plant community level. The results highlight that height, large leaf area and SLA are useful traits for the successful colonisation of the most invasive species along the mobile coastal dunes. Human impact has deeply contributed to the decay of the quality and functionality of coastal ecosystems, reducing the resistance native plant communities are able to oppose the arrival of invasive alien species under less disturbed conditions.
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Pozo, Hernández Juan Pablo. "Valutazione del rischio ambientale associato alla presenza di metalli pesanti (Cd, Cu, Ni, Pb, Zn) nei sedimenti della Pialassa dei Piomboni." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amslaurea.unibo.it/6761/.

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Abstract:
I metalli pesanti presenti nei sedimenti marini possono essere rilasciati alla colonna d’acqua, in seguito a variazioni delle condizioni ambientali, ed entrare nelle catene trofiche degli organismi marini. A partire da una serie di campioni di sedimenti superficiali provenienti dalla Pialassa dei Piomboni (sito SIC-ZPS, a nord della Provincia di Ravenna), prelevati tra novembre e dicembre del 2012, è stato valutato il rischio potenziale associato alla presenza di metalli pesanti (Cd, Cu, Ni, Pb e Zn) per il biota residente nei sedimenti. È stato valutato il comportamento del rapporto SEM/AVS (contenuto di metalli simultaneamente estratti (SEM) e solfuri acidi volatili (AVS)) per ciascuno dei metalli oggetto dello studio. La metodica analitica ha previsto il trattamento dei campioni con HCl 6M, sotto flusso di azoto, e successivamente la lettura del contenuto di solfuro (raccolto in soluzioni di NaOH) e dei metalli pesanti allo spettrometro. Dal valore dei parametri chimico-fisici ottenuti nel momento del campionamento, è evidente che la zona interna della laguna risulta meno influenzata dalle maree rispetto a quella lungo il canale di navigazione. Le concentrazioni di metalli potenzialmente biodisponibili hanno evidenziato una distribuzione eterogenea. Del set di campioni analizzati, soltanto tre presentano un contenuto totale di metalli potenzialmente biodisponibili superiore al contenuto di solfuri labili (∑SEM/AVS>1), per cui la presenza di metalli bivalenti potrebbe rappresentare un rischio per il biota. Come suggerito da diversi autori, si è proceduto con l’ulteriore normalizzazione del rapporto (∑SEM/AVS) con il contenuto di carbonio organico relativo ad ogni campione di sedimento, escludendo possibili rischi associati alla presenza di metalli pesanti.
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SANTO, ANDREA. "Seed germination requirements and salt stress tolerance of coastal rare species in Sardinia." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2013. http://hdl.handle.net/11584/266220.

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Abstract:
To survive to adverse factors that characterize coastal environments, plant species often require special physiological or metabolic adaptations to overcome environmental stresses. Stress may be physical (e.g. temperature) or chemical (e.g. salinity). Many communities comprise highly specialized species, which have comparatively restricted geographical distributions. The coastal species investigated in this Ph.D. program were chosen accordingly to their habitat: Phleum sardoum (Hackel) Hackel and Rouya polygama (Desf.) Coincy for sandy dunes; Brassica insularis Moris and Lavatera triloba L. ssp. pallescens (Moris) Nyman for coastal cliffs; Lavatera triloba L. ssp. triloba and Halopeplis amplexicaulis (Vahl) Ces., Pass. & Gibelli for ultra-saline environments. Moreover, seed germination ecology of L. agrigentina Tineo, a species growing in clayey-chalky plains of South Italy, was also investigated for a comparative study within the Lavatera genus. For all the studied species, light and temperature requirements for seed germination were evaluated; their germination responses to salt stress (NaCl) and their germination recovery. Interpopulation variability on germination patterns was also evaluated for R. polygama, B. insularis and L. triloba ssp. triloba. Salt spray tolerance on the vegetative growth and biomass production during the early seedling developmental stages was evaluated for B. insularis, L. triloba ssp. pallescens, L. triloba ssp. triloba and H. amplexicaulis. Light did not affect germination percentages in any of the studied species enabling seed germination also under soil surface and highlighting that seeds were not photo-inhibited for germination. Seed germination of P. sardoum and R. polygama, as well as that of L. agrigentina, L. triloba ssp. pallescens and L. triloba ssp. triloba, reflected the optimal range of temperatures of “typical” Mediterranean species, suggesting germination in autumn-winter, when water availability, soil moisture and rainfalls are high, and temperatures are not excessively prohibitive for germination and consequent seedlings establishment. B. insularis differed from other “typical” Mediterranean plants, for which germination at low temperatures is a widely extended trait, demonstrating that germination of this species may occur in a wide time window during the year. H. amplexicaulis seed germination was highly promoted by the daily fluctuation of temperatures, while germination at constant temperatures was sensibly lower. Salinity tests showed higher germination percentages in the non-saline conditions, with seed mortality increasing proportionally with NaCl concentrations and temperatures. Salt tolerance limits varied among species, from a minimum of 100 mM NaCl for P. sardoum to 600 mM for H. amplexicaulis and L. triloba ssp. pallescens, without a clear habitat related pattern. The species for which salt spray experiments were conducted showed different responses on seedling growth to salt aerosol tolerance, with these differences being related to the habitat of each species and their distance from the sea. Populations of B. insularis and L. triloba ssp. pallescens, growing in coastal cliffs highly influenced by wind and salt spray, showed the lowest seedling mortality. High interpopulation variability in salt spray tolerance was detected for B. insularis, between a coastal and an inland population, with the latter resulting not adapted to this abiotic environmental factor. Seedling survival of the two inland species (L. triloba ssp. triloba and H. amplexicaulis) was inversely proportional to the increase of nebulization frequency, demonstrating a low adaptation to salt spray, likely due to their distance from the sea coast and/or to interposed vegetation that may determine a lower impact of marine aerosol. The results of this study lead to a better knowledge on the autoecology of the investigated species and to their limits of tolerance to abiotic factors such as temperature, soil salinity and salt spray.
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PINNA, MARIA SILVIA. "Biology and conservation status of Juniperus macrocarpa Sm. in Sardinia." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2013. http://hdl.handle.net/11584/266221.

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Abstract:
The present Ph.D. thesis aimed to provide a better understanding of Juniperus macrocarpa and the habitat that it characterizes (Juniperus spp. habitat; European priority habitat) in Sardinian coastal dunes, as well as to achieve results useful to support in situ and ex situ conservation actions. In particular, the specific aims of the thesis were: (1) to analyse morphological variation in seeds of Mediterranean Juniperus taxa (at inter- and intraspecific level) and morphometric differences in J. macrocarpa seeds collected in different populations, seasons and sources; (2) to evaluate the effect of the collecting season, source, laboratory pre-treatments and temperatures on seed viability and germination of J. macrocarpa; (3) to investigate factors affecting seedling emergence, survival and growth of the species; (4) to explore the floristic variability of the habitat in Sardinia in relation to geographic, climatic and human variables, as well as the potential effect of human disturbance and sampling period on key plant parameters; and finally (5) to assess the conservation status of this habitat in Sardinia. In the first chapter, a statistical classifier for Mediterranean Juniperus taxa based on seed morphometric parameters analysed by image analysis techniques, was tested at interspecific, specific and intraspecific levels. Analysed seeds came from galbules of Juniperus taxa collected from different regions of the Mediterranean Basin and galbules of J. macrocarpa collected in 2010 from four Sardinian populations, in two seasons and in plants and soil. Two taxonomic treatments for Juniperus genus (Flora Europaea and The Plant List) were compared and inter-population, seasonal and source variability in seed morphology were analysed. High percentages of correct identification were reached for both taxonomic treatments at specific and intraspecific level and from the comparison among taxa of the J. oxycedrus, J. communis and J. phoenicea complexes. Moreover, this statistical classifier discriminated J. macrocarpa seeds collected in spring better than those collected in autumn, but it seemed not to be able to discriminate those seeds collected from plants and soil, nor those ones collected in different populations from the same geographical region. In the subsequent chapter, seed viability and germination phenology of J. macrocarpa were investigated. For this purpose, ripe galbules in four localities and in two seasons, both from plants and soil, were collected. In order to verify the presence of physiological dormancy, warm (W) and cold stratification (C), two combinations of them (W+C and C+W), and no pre-treatment (control) were applied. After pre-treatments, seeds were incubated in a range of constant (10–25°C) and alternating (25⁄10°C) temperatures. Seed viability was low (ca. 40%) and the source (plant or soil) had not a significant effect on it, but it varied significantly according to season, showing lower percentages for seeds collected in autumn than in spring. Seed germination was low (ca. 10%), the control and W were the most effective on stimulating germination, while C negatively affected germination. The best temperatures for germination were 15 and 20°C and seeds collected in spring showed higher germination percentages (ca. 11%) than in autumn (ca. 7%). Seeds of J. macrocarpa are dormant and the results of this study suggested the presence of secondary dormancy induced by cold stratification. The germination phenology all along the dispersal season (from autumn to spring) was illustrated, as well as the potentiality of this taxon to create a soil seed bank. In the third chapter, factors affecting emergence, survival and growth of J. macrocarpa seedlings, were investigated. For this study, permanent plots were placed and periodically monitored. Within them, besides seedling parameters (emergence, survival and growth), several biotic and abiotic variables (solar radiation, tree cover, herbaceous plus scrub cover, distance from the closer J. macrocarpa female, number of galbules on the soil and event number of herbivore trace) were measured. Linear mixed-effects models were used to test the relative importance of different groups of explanatory variables on seedling parameters. A total of 536 seedlings were marked, most of which emerged in winter. The "microclimate" was the best fit model explaining emergence, highlighting the positive relation between the number of emerged seedlings and tree cover. Survival was very low and most of the seedlings died in the first months from emergence, reaching the highest mortality rate in the first summer. High values of both herbivory and solar irradiation increased mortality risk. Our results confirmed that J. macrocarpa is a slow growing species, and no seedlings reached the subsequent size class. Moreover, growth depended on suitable microhabitats, and in particular it was positively related to tree cover, hours of sunlight, and herbaceous plus scrub cover. Despite these relevant results, long-term studies are needed to identify key issues in the life cycle of J. macrocarpa (e.g. germination, fitness, and recruitment). In the last chapter, the floristic variability of Juniperus spp. habitat in Sardinia in relation to geographic, climatic and human variables was explored. Two data sets were created: the first one by inputting phytosociological relevés available in literature and our own relevés; the second one by including for each relevé geographic, climatic and floristic variables, as well as sampling period and human disturbance as categorical variables. The floristic composition differed among sites and this variation was mainly ruled by a latitudinal gradient linked to a climatic gradient. Regarding the results of key parameters in the evaluation of the habitat quality, floristic richness was positively influenced by low and medium level of human disturbance; the endemic taxa cover was positively related to a medium level of human disturbance, while the alien taxa cover was positively related to recent samplings. The conservation status of Juniperus spp. habitat in Sardinia following the IUCN protocol we also assessed. Preliminary results showed that this habitat should be considered as endangered (EN) at a regional level. In conclusion, our results gave new findings for the recovery and conservation planning of the species and the habitat under study. Specifically, we found that spring was the best season for seed collection. We also suggest: autumn as the period for planting or sowing, with planting being preferable to sowing; shielding plants from solar radiation under canopy; the application of techniques such as organic blanket when sowing is the selected option. In addition, in order to improve the conservation status of Juniperus spp. habitat, we advise management measures such as the eradication of alien taxa, as well as interventions aimed to reduce human impact on the dune systems.
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Giosa, Luciana, Vito Copertino, Aurelia Sole, and Paolo Veltri. "Tecnologia laser-scan e modelli idraulici per la valutazione del rischio di inondazione nelle pianure costiere." Thesis, 2014. http://hdl.handle.net/10955/518.

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FIDUCCIA, ANDREA. "I sistemi di supporto alle decisioni spaziali per la gestione integrata della fascia marino-costiera." Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/11573/1353878.

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Abstract:
Mediante il lavoro di ricerca svolto nella tesi, utilizzando un metodo razionale ed esplicito nel pieno rispetto delle caratteristiche di una procedura scientifica, è stato affrontato da un punto di vista teorico il problema della progettazione di un sistema di supporto alle decisioni con esplicita considerazione della dimensione geo-spaziale (Spatial Decision Support System - SDSS) per il supporto alla gestione integrata della zona costiera (Integrated Coastal Zone Management - ICZM). Il framework concettuale è stato applicato alla costa della Regione Veneto. I macro-obiettivi della tesi sono stati: • Identificare lo stato dell’arte in tema di SDSS costieri; • Costruire un Planning Framework di riferimento quale base concettuale ed operativa per lo SDSS; • Individuare i componenti dello SDSS in termini di dati di base, indicatori e modelli; • Sperimentare il framework su un’area di studio. Il Capitolo 2 ha approfondito il concetto di Spatial Decision Support System rispetto alla più generale teoria dei Sistemi di Supporto alle Decisioni e alle relazioni tra questi e i sistemi di Business Intelligence (2.1.), esplorando la modalità di rappresentazione ed analisi offerta dalle Dashboard Territoriali (2.2.), analizzando la componente peculiare dello SDSS, il Geographic Information System (2.3.1.) e come questa ha influenzato le architetture SDSS (2.3.2., 2.3.3.), la GeoBI (2.3.4.) e ha proposto una survey sugli SDSS costieri realizzati (2.3.5.). Il Capitolo 3 è stato dedicato ai concetti ed ai modelli di riferimento per il Planning Framework e per lo SDSS: • il Modello di Gestione Costiera di Marotta (3.1); • il Modello DPSIR dell’EU (3.2); • il concetto di Consumo di Suolo (3.3.); • il concetto di Frammentazione Territoriale (3.4) declinato sia dal punto di vista delle analisi urbanistiche che da quello del paradigma dell’Ecologia del Paesaggio; • il concetto di eco-biodiversità territoriale (3.5.); • i Modelli per la simulazione dei cambiamenti di Uso del Suolo (LUCC) (3.6). Il Capitolo 4 è stato dedicato alla descrizione del Planning Framework (4.1.), dell’architettura SDSS (4.2), del modello di LUCC adottato, SLEUTH (4.3.), della sua applicazione integrata con l’analisi multicriteria per la costruzione di scenari a scala nazionale italiana (4.4). Nel paragrafo (4.5) sono stati descritti i dataset principali utilizzati per la sperimentazione: • l’Uso del Suolo CORINE Land Cover; • la Carta di Uso del Suolo della Regione Veneto (CCS 2007, CCS 2007 versione standard PLUS, CCS 2012); • il Grafo della Viabilità della Regione Veneto (DBPrior10K); • le Basi territoriali ISTAT Census ed annesso database del Censimento Popolazione ed Abitazioni; • i dati statistici regionali; • la Cartografia nazionale del consumo di suolo. Il Capitolo 5 ha presentato dettagliatamente la sperimentazione dello SDSS sulla costa della Regione del Veneto secondo la seguente articolazione: • Inquadramento dell’area di studio (5.1.). • Calcolo degli indici di frammentazione territoriale su base comunale (5.2) per due scenari “rilevati”: il 2007 e il 2012. Gli indici relativi ai due scenari sono mappati e analizzati (5.3). • Dinamica della copertura del suolo regionale analizzata nella sua evoluzione attraverso i dati CORINE Land Cover (1990 – 2000 – 2006 – 2012 – 2018) alla risoluzione spaziale e tematica del Livello 3 (5.4). • Analisi mediante metriche di Landscape Ecology dei dati CORINE Land Cover 2006 e 2012 alla risoluzione spaziale e tematica del Livello a livello di paesaggio e di classe (5.5.). • Analisi mediante metriche di Landscape Ecology dei dati CORINE Land Cover 2012 e degli scenari prodotti tramite il Modello SLEUTH per l’anno 2040 (5.6.). • Caratterizzazione rispetto al fenomeno dello Urban Sprawl/Urban Sprinkling dei Comuni litoranei della Regione Veneto (5.7.). • Realizzazione del supporto informativo georeferenziato dei dati statistici per le analisi di vulnerabilità mediante la tecnica del Dasymetric Mapping (Eicher e Brewer, 2001) (5.8). In Allegato 1 è stata riportata la tecnica per il calcolo dell’Indice di Rischio Insediativo. In Allegato 2 è stata affrontata la trattazione delle Leggi di Potenza. In Allegato 3 si documenta la implementazione del Modello SLEUTH alla Regione Veneto realizzata nella presente tesi. La metodologia individuata e sperimentata è “snella”, ma focalizzata ad affrontare il nucleo della dinamica contemporanea dei sistemi costieri: le azioni antropiche stanno producendo consumo di suolo con riduzione della sostenibilità e della qualità ambientale e incremento dei rischi dovuti ai cambiamenti climatici. I dataset "backbone", Land Use / Land Cover, sono sistematicamente aggiornati utilizzando i prodotti dell’Osservazione della Terra e gli altri dati provengono da enti pubblici (grazie alla Direttiva INSPIRE e alle altre direttive dell'UE, ad Eurostat, ecc.). Pertanto, gli indici e gli indicatori dell'ecologia ecosistemica e del paesaggio possono essere calcolati "facilmente" e mappati. Questo tipo di mappe, indicatori e metodologia sono alla base dello SDSS costiero necessario ai decisori e alle parti interessate per l’ICZM.
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