Dissertations / Theses on the topic 'Abuso, diritto'

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1

FRATTINI, MARCO. "L'ABUSO DEL DIRITTO NEL DIRITTO DEI CONTRATTI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2013. http://hdl.handle.net/2434/219666.

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Abstract:
La presente tesi di dottorato analizza il ruolo del principio dell’abuso del diritto nel diritto dei contratti. Il lavoro di ricerca si pone quale obiettivo lo studio del fenomeno dell’abuso del diritto in termini di indipendenza ed autonomia in particolare rispetto al principio generale di buona fede. L’elaborato considera con particolare attenzione le possibili interazioni tra il principio dell’abuso del diritto e i contratti B2b alla luce dei cosiddetti fallimenti del mercato. Inoltre, il lavoro si occupa anche dei possibili rimedi applicabili in caso di violazione del principio dell’abuso del diritto. Il Capitolo 1 contiene un’introduzione storica della teoria dell’abuso del diritto nonché una breve esposizione delle principali tesi avanzate di tempo in tempo dai principali interpreti che si sono occupati ex professo della materia. Il capitolo 2 propone un’analisi in chiave sistematica delle principali pronunce delle corti italiane in cui è stato ritenuto dalle stesse possibile applicare il principio dell’abuso del diritto nonché di quelle previsioni normative in cui si rinviene un riferimento al principio dell’abuso del diritto. Il capitolo 3 contiene un proposta ricostruttiva del fenomeno dell’abuso del diritto sulla base di un criterio teleologico ritenuto idoneo a consentire un’interpretazione dell’abuso del diritto quale principio generale autonomo ed indipendente ai sensi del diritto italiano.
This PhD dissertation deals with the analysis of the abuse of right’s doctrine under the Italian contractual law. The research aims to study a possible interpretation of the abuse of right’s phenomenon in terms of a legal principle independent and autonomous from the bona fide principle. The study focuses in particular on the relationships between the abuse of rights’ doctrine and the “B2b agreements” in the light of the so called market failures. Furthermore the research investigates also the possible remedies applicable in case of violation of the abuse of right’s principle. Chapter 1 provides for an historical introduction to the abuse of right’s doctrine whereby the main theories advanced from time to time by the main French and Italian Scholars that analyzed ex professo the matter are briefly exposed. Chapter 2 focuses on a systematic analysis of the law case to which the Italian Court considered applicable the abuse of right’s principle as well as the single law provisions which contain references to the concept of abuse of right. Chapter 3 contains a reconstructive proposal of the abuse of right’s phenomenon based on a teleological criterion that would consent to qualify the abuse of right in terms of autonomous and independent legal principle under the Italian legal environment.
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2

Sorbello, Pietro <1977&gt. "Abuso del diritto e repressione penale. Profili di diritto penale sostanziale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amsdottorato.unibo.it/8200/1/sorbello_pietro_tesi.pdf.

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Abstract:
Un’immagine dell’abuso del diritto è quella del fuoco sotto la cenere perché esprime il pericolo al quale espone legalità e colpevolezza. Sebbene l’ermeneutica penalistica sia vincolata, la materia tributaria rappresenta l’ultimo caso in cui forza normativa dei principi ed interpretazione teleologica hanno consentito incriminazioni in malam partem. Nemmeno la rilevanza costituzionale del bene consente di incriminare l’elusione oltre la riserva di legge: al giudice è vietato “creare un regime legale penale, in luogo di quello realizzato dalla legge”. Il tema delle infrazioni di origine giurisprudenziale introduce una seconda accezione di legalità come concepita dall’art. 7 CEDU: la norma incriminatrice è valida allorquando - prescindendo dalla fonte - sia accessibile e prevedibile. Di fronte alla sentenza “Dolce e Gabbana” può affermarsi che incriminare l’elusione non è conforme alla legalità costituzionale, perché la commistione tra evasione ed elusione fiscale modifica il tipo in via interpretativa, né convenzionale perché le conseguenze non erano prevedibili quando furono realizzate le operazioni elusive. L’antagonismo delle concezioni di legalità trova soluzione avuto riguardo ai fini di garanzia. Se è contrario alla Costituzione accogliere un’idea di legalità-prevedibilità che prescinda dalla riserva di legge, la finalità di maggior garanzia possibile, esplicitata all’art. 53 della CEDU, non consente alternative alla sinergia: la legalità convenzionale sarà più garantista se integra quella costituzionale. La trasposizione sul piano interno della prevedibilità rileva sul distinto piano della colpevolezza, trova aggancio all’art. 5 c.p. e sposta la questione sulla conoscibilità dell’illecito. Alla rilevanza penale dell’abuso del diritto in materia tributaria ostava anche il principio di colpevolezza non potendosi muovere un rimprovero a fronte di un’ignoranza scusabile. L’affermata irrilevanza penale avrebbe dovuto spegnere definitivamente il fuoco dell’abuso del diritto, se non che alcune posizioni favorevoli al recupero in chiave di artificio espongono ancora il principio di legalità al pericolo di un fuoco sotto la cenere.
Metaphorically speaking, the relationship between criminal liability and abuse of law may be described as a flame beneath ashes. In summary, a punishment based on the abuse of law is not consistent with the principle of legality recognized by the Italian Constitution: according to the Article 25, paragraph 2, in fact, no one may be punished except on the basis of a law enacted by the Parliament. Nevertheless, an infringement of the constitutional principle of legality occurred in the Dolce & Gabbana case where a criminal conviction for tax avoidance was pronounced by the Criminal Courts. In the lack of an express provision punishing tax avoidance, only tax evasion may be punished under Italian criminal law. Moreover, the punishment for tax avoidance was not foreseeable according to the principle of legality enshrined in Article 7 of the ECHR due to the fact that prior to the “Dolce & Gabbana” case tax avoidance was not qualified as an offence in the Italian case-law.
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GRANDI, MAURO. "Abuso del diritto e sue applicazioni giurisprudenziali." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2012. http://hdl.handle.net/10281/29834.

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Abstract:
Dopo aver esaminato le origini storiche e l'evoluzione dottrinale dell'istituto, si approfondiscono le sue applicazioni giurisprudenziali nell'ambito del diritto civile, del diritto commerciale e del diritto tributario
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RUSSETTI, DANIELE. "Abuso del diritto: principio interpretativo o categoria generale del diritto dell'unione europea." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2013. http://hdl.handle.net/10281/41955.

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Abstract:
L’abuso trova origine nella tensione tra la libertà di agire e gli scopi personali sottesi a tale agire. Lo scontro tra i suddetti elementi costituisce il terreno fertile su cui questo si innesta e cresce. Difatti, il diritto soggettivo si articola nella (lecita) possibilità di assumere un comportamento previsto dalla norma e, quindi, di poter agire per soddisfare un interesse degno di tutela a livello legislativo. Dal momento che questo, inteso come agere licere, è una facoltà “positiva”, l’ordinamento giuridico non può tollerare il perseguimento di obiettivi non contemplati dalla ratio normativa il quale si presenta come la negazione stessa di un corpus iuris. Configurandosi in termini di facoltà non soggetta ad alcuna regola, esso si pone in aperto contrasto con il principio di sistematicità e di coerenza che caratterizzano un sistema di norme. Ecco che la fattispecie dell’abuso nasce dal continuo ed inesorabile impegno da parte dell’ordinamento di riconoscere ai singoli individui, siano essi persone fisiche o giuridiche, uno spazio di libertà per il perseguimento di interessi “personali” degni di tutela da parte dell’ordinamento, senza che ciò possa sconfinare in un’azione priva di fondamento giuridico. Secondo il diritto UE, l’abuso si è posto e si pone come la sintesi del binomio libertà di azione o scelta vs scopo ultimo dell’azione o scelta. Se da un lato i Trattati istitutivi dell’UE attribuiscono ai soggetti libertà fondamentali da poter utilizzare in uno spazio giuridico senza frontiere, dall’altro si pone il problema di arginare tutti quei fenomeni in cui il formale esercizio del diritto attribuito sia del tutto incoerente con l’obiettivo della norma, dando vita a possibili forme di contrasto tra quanto concesso e, dunque, quanto effettivamente realizzato. È proprio in un’ottica di concorrenza tra gli ordinamenti, e quindi di circolazione dei modelli normativi, che si concretizza la possibilità di utilizzare il diritto per fini non coerenti con il dettato normativo, i.e. in maniera abusiva. Consapevoli di ciò, i Giudici della Corte di Giustizia, al fine di evitare un impiego distorto del diritto UE, hanno enucleato l’assunto secondo cui non è possibile utilizzare abusivamente (o fraudolentemente) il diritto comunitario/europeo. A detta di chi scrive, tale inciso deve essere giustificato alla luce di quella peculiare esigenza di individuare una clausola generale idonea a colmare le possibili lacune di un sistema particolarmente complesso come quello europeo, con inevitabili riflessi a livello nazionale. Stante il limitato ambito di applicazione delle misure interne volte a tutelare i sistemi giuridici nazionali, la Corte di Giustizia ha voluto “creare” uno strumento in grado non solo di preservare la coerenza del sistema europeo da possibili usi impropri dello stesso, ma anche di evitare che attraverso questo, si dessero vita a fenomeni di elusione o frode della disciplina nazionale. L’abuso è stato individuato ogni qual volta i singoli abbiano utilizzato le libertà di matrice europea per finalità non ammesse dalle disposizioni normative che attribuivano tali posizioni giuridiche. Inoltre, si è considerata legittima l’azione degli Stati membri di non riconoscere la fattispecie integrata dal singolo in quanto realizzata in palese violazione della sovranità delle leggi nazionali, ossia dello Stato di origine. Così facendo, l’esercizio delle disposizioni europee, eventualmente dotate di efficacia diretta, viene paralizzato, con il conseguente riconoscimento di forza cogente della norma nazionale impropriamente elusa. Il vero problema dell’abuso si pone quando ci si trovi di fronte a comportamenti individuali che corrispondono a fattispecie di esercizio di situazioni giuridiche, determinate da una norma positiva in modo più o meno dettagliato, ma in ogni caso tale da attribuire, prima facie, una precisa protezione a colui che agisce. È proprio in tali situazioni che si viene a creare quell’apparenza di legittimità del comportamento individuale, conforme alla fattispecie astratta di esercizio di un diritto contemplata dalla norma, che generalmente non corrisponde alla ratio ultima della disposizione e, quindi, del sistema giuridico europeo. La richiamata formula, e i casi in cui è stata utilizzata, fanno emergere, ictu oculi, che la nozione di abuso (nonché quella di frode!) e il correlato divieto sono legati proprio all’esercizio delle facoltà connesse alle libertà fondamentali, in particolare quando si considerino situazioni in cui si profili una diversità di disciplina normativa di determinate fattispecie tra le legislazioni nazionali. L’abuso e la frode costituiscono l’uso improprio, id est oltre i limiti, della facoltà offerta dall’ordinamento europeo di scegliere tra più alternative nell’ambito dell’esercizio delle libertà fondamentali. Ecco, dunque, che sulla base di quanto supra esposto è possibile ravvisare l’importanza del divieto dell’abuso del diritto. Coniugando la duplice veste di canone ermeneutico nonché di categoria generale del diritto dell’Unione Europea, il divieto si mostra nella sua veste di correttivo alle lacune normative del sistema giuridico sovranazionale. Assolve la funzione di risolvere i conflitti normativi, di proteggere gli spazi comuni e di garantire il continuo adattamento del diritto europeo alla trasformazione della società. La sua stabilità funzionale si lega, quindi, ad un’intrinseca dinamicità operativa, tesa da un lato a precludere l’esercizio improprio delle libertà fondamentali e dall’altro a tutelare la coerenza sistematica dell’ordinamento UE. Il divieto in questione si presta ad essere un correttivo malleabile alle imprevedibili fenomenologie abusive e, dunque, stante la peculiare natura che lo contraddistingue, si appalesa quale rimedio evolutivo inquadrabile nel novero delle metodologie anti-formali che consente una tutela effettiva dal lato sostanziale. Ecco dunque che si pone come la giusta sintesi fra il principle of construction che caratterizza la corretta interpretazione del diritto in generale, sia da parte del singolo operatore economico che da parte delle Amministrazioni nazionali, e una categoria generale di sistema che informa l’ordinamento UE. Preme sottolineare come l’essenza della richiamata clausola deve fare i conti, però, con la relativa applicazione pratica che non può tradursi in una capziosa ed ingiustificata limitazione di quella autonomia privata che caratterizza gli operatori che agiscono nel mercato interno UE. La libertà dei singoli nello scegliere le modalità più adeguate per realizzare la propria attività è imprescindibilmente collegata a quel concetto di autonomia privata tutelata sia a livello nazionale che europeo. In particolare, la facoltà di agire, avvalendosi di quanto messo legittimamente a disposizione dall’ordinamento in cui si opera, costituisce una declinazione della più generale libertà di iniziativa economica, intesa quale comportamento volontario volto alla realizzazione degli interessi del soggetto che agisce. Allo stesso tempo tale autonomia di scelta è subordinata alle legittime possibilità contemplate dal sistema giuridico di riferimento, non potendo ammettere le azioni che non risultano coerenti con le finalità che permeano tale ordinamento. Anche in questa direzione, allora, può essere valutato l’abuso del diritto e il divieto ad esso correlato. Quando si sostiene l’impossibilità di utilizzare abusivamente il diritto UE, si vuole definire indirettamente la gamma di scelte che l’ordinamento europeo reputa compatibili con gli obiettivi a cui questo tende, nel rispetto dei principi di certezza del diritto e del legittimo affidamento dei singoli. In forza di ciò, il divieto sotteso all’esercizio abusivo del diritto europeo deve essere interpretato in modo da non pregiudicare i comportamenti o le operazioni legittime. La portata di tale proibizione risulta chiara: il diritto invocato da un soggetto è escluso quando l’attività posta in essere non ha altra spiegazione che quella di raggiungere impropriamente un beneficio che collide con gli scopi e con i risultati ammessi e tutelati dalle disposizioni di una determinata branca del diritto. Operazioni così siffatte non meritano di essere protette poiché si manifestano nella loro tensione di sovvertire la finalità dello stesso sistema legale in cui si collocano. Il divieto di abuso del diritto costituisce, dunque, anche una limitazione alla libertà di iniziativa dei singoli che opera quando l’esercizio di un diritto si concretizza in una fattispecie che, sebbene rispetti le condizioni normativamente poste per l’applicazione della disciplina positiva, si pone in contrasto con gli obiettivi da essa perseguiti e, al contempo, è priva di valide motivazioni idonee a giustificarla. L’autonomia privata, che ricomprende la libertà di scelta delle forme giuridiche attraverso cui realizzare i propri obiettivi, non costituisce, quindi, un dogma assoluto. Nel mercato interno questa non può essere considerata un valore intangibile in quanto trova fondamento e limite nei valori e nei principi che permeano l’ordinamento europeo. Alla luce di ciò, è possibile cogliere il precario equilibrio che caratterizza l’autonomia privata in seno all’Unione. La tutela di questa libertà non contempla quelle azioni il cui scopo è rappresentato dal raggiungimento di un vantaggio mediante comportamenti artificiosi e/o ingannevoli, privi di adeguate motivazioni che possano legittimare tali condotte; per contro, ove tale autonomia e, dunque, la sottesa libertà di iniziativa non fossero adeguatamente garantite, verrebbero compromessi gli stessi obiettivi a cui tende il sistema giuridico europeo, ossia la realizzazione e il consolidamento di uno spazio senza frontiere in cui la libertà di scelta e l’equivalenza tra gli ordinamenti giuridici ne costituiscono l’essenza. Ecco, quindi, la necessità di interpretare le azioni poste in essere alla luce dello scopo ultimo cui tendono in quanto solo così è possibile da un lato accertare la natura abusiva delle condotte e dall’altro lasciare impregiudicati i comportamenti legittimi frutto di quella libertà di scelta posta a fondamento dell’autonomia privata e dello stesso ordinamento europeo.
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5

Centamore, Giuseppe <1987&gt. "Abuso del processo, abuso di strumenti processuli e Abuse of Process Doctrine: una comparazione al crocevia fra legalità formale e sostanziale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amsdottorato.unibo.it/8225/1/Centamore_Giuseppe_tesi.pdf.

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Abstract:
La tesi affronta il tema dell’abuso del processo all’interno del sistema penale italiano, tentando una ricostruzione che, muovendo dal piano interno, adotta come ulteriori punti di riferimento l’indagine comparatistica (in particolare, diretta verso il sistema anglosassone) e l’analisi sintetica della nozione di Abuse of Right a livello sovranazionale (più nello specifico, con riguardo alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea). Da una ricognizione dello scenario maturato nel sistema interno, si tenta di tracciare una delimitazione dei connotati della categoria dogmatica in oggetto (attraverso l’analisi, in particolare, della pronuncia della Suprema Corte (Sez. un., 29 settembre 2011 (dep. 10.1.2012) n. 155, Rossi). Si prosegue con lo studio comparatistico: il sistema preso a modello è quello anglo-gallese, con uno studio diretto ad evidenziare punti di divergenza e, al contempo, l’esistenza di tratti comuni che possano consentire un’eventuale mutuazione delle soluzioni adottate in quella sede. Si procede con la ricognizione del panorama normativo ed interpretativo sovranazionale in materia: i summenzionati testi legislativi rendono contezza del radicamento di tale categoria anche a tale livello, palesando concretamente l’idea della necessità di un adeguamento interno in materia. Le riflessioni finali convergono in una critica delle impostazioni giurisprudenziali emerse nell’ordinamento italiano e dei limiti dell’inquadramento offerto, nonché dell’incapacità della categoria dogmatica così elaborata di offrire adeguate soluzioni ai reali generati dall’abuso del processo; donde la necessità di pervenire alla prospettazione di un diverso paradigma della nozione, secondo una ricostruzione che, pur non negando l’essenzialità del principio di stretta legalità in ambito processuale, ne concepirebbe un temperamento, con l’ipotesi di una elaborazione per via interpretativa di una clausola generale di divieto di abuso, diretta ad offrire una risposta sia agli eventuali comportamenti scorretti dell’accusa (capaci di minare alla radice le garanzie della difesa), sia a quelli dell’imputato.
The thesis faces the topic of the abuse of process within the Italian criminal system, through an analysis which, moving from the national view, adopts as further points of reference the comparative research (particularly, focused on the England and Wales legal system) and the synthetic analysis of the notion of Abuse of Right on to international level (more in the specific one, with respect to the European Convention of the Human Rights and the Fundamental Chart of Human Rights). From a recognition of the scenario, matured in the italian system, I attempt to trace a delimitation of the essential elements of the dogmatic category (through the analysis, particularly, of the pronunciation of the Supreme Court (Sez. Un., September 29 th 2011, Rossi). The research keeps on with the comparative perspective: I focus the England and Wales system, with a study aimed at highlighting points of divergence and, at the same time, the existence of common traits that may allow to mutuate solutions adopted in that headquarters. Therefore, I conduct a recognition of the international legal scenario and interpretative panorama on the subject is made. Final reflections converge in a critique of the jurisprudence made in Italian law and of the limits of the framing offered, as well as of the inability of the dogmatic category so elaborated to offer appropriate solutions to the real problems generated by the abuse of process and, perhaps, the necessity to come up with the prospect of a different paradigm of the notion, according to a reconstruction that, while not denying the essence of the principle of strict legality in a procedural context, would conceive of a temperament of it, intended to offer an answer to any untrue behavior of the prosecution (capable of undermining the defense's defense), as well as those of the defendant.
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Di, Stasi Sibilla. "Abuso del diritto e clausole generali in una prospettiva multidisciplinare." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2014. http://hdl.handle.net/10556/1472.

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Abstract:
2012-2013
La clausola della buona fede è stata oggetto di un intenso dibattito dottrinale che ha messo in evidenza le sue molteplici funzioni: criterio di valutazione delle condotte dedotte nel contratto, strumento per individuare condotte ulteriori ed esigibili nei limiti dell’apprezzabile sacrificio, fonte di obblighi a carattere protezionistico. In tal senso la buona fede presenta un diretto collegamento con l’art. 2 Cost. e con il valore della solidarietà di cui tale norma è espressione. Esso rappresenta nel nostro ordinamento un modo grazie al quale è possibile effettuare il controllo delle sopravvenienze contrattuali, soprattutto nei rapporti di durata, nonché gestire la fase esecutiva di essi laddove nascano “naturalmente” squilibrati. E’ questo il caso del contratto di lavoro subordinato. Il fondamento della debolezza del lavoratore è ricollegabile, da una parte allo squilibrio del mondo del lavoro e al coinvolgimento personale di esso, dall’altra alla conformazione del rapporto di lavoro in base alla quale il datore esercita poteri discrezionali sindacabili da parte del giudice attraverso il filtro delle clausole generali. L’utilizzo di quest’ultime in chiave valutativa dei poteri datoriali, tuttavia, ha faticato a trovare piena legittimazione nel diritto del lavoro in virtù della presenza dell’ art. 41 Cost. che, sancendo la libertà di iniziativa economica privata, sembrerebbe non lasciare spazio ad una sindacabilità delle scelte imprenditoriali se non nei limiti della “non contraddizione” e della “imparzialità” delle stesse. Sotto la vigenza del regime corporativo, infatti, essendo l’attività produttiva orientata al perseguimento di una finalità pubblica, i poteri datoriali erano giustificati solo in vista di tale scopo mentre l’interesse del prestatore era tutelato in modo residuale e “occasionalmente protetto”. In seguito si accede all’idea che non vi sia una subordinazione della posizione del singolo lavoratore a quella imprenditoriale derivante dall’essere quest’ultima finalizzata al perseguimento del superiore interesse della produzione nazionale. La dottrina, pertanto, elabora il criterio dello sviamento della funzione causale dell’atto in base al quale si invalidano le manifestazioni di volontà che si allontanino da questa. Il limite di tale ricostruzione, tuttavia, è da individuare nel riconoscimento della libertà delle scelte imprenditoriali che implica l’assenza di un obbligo di comportarsi da buon imprenditore. Attualmente la tecnica maggiormente usata dalla giurisprudenza in tema di sindacato sulla legittimità delle scelte imprenditoriali, è quella dell’ ”abuso del diritto” che si ha nell’ipotesi in cui un diritto venga ad essere apparentemente esercitato entro la “cornice normativa” che lo riconosce ma per finalità estranee a quelle per le quali è stato attribuito dal legislatore. Nella valutazione dell’ abusivismo della condotta, ruolo cardine è svolto proprio dalle clausole di correttezza e buona fede che svolgono una funzione di chiusura del sistema orientando i privati a perseguire il valore della solidarietà anche nell’esercizio della libertà contrattuale. Recentemente, infatti, la giurisprudenza ha avuto modo di affrontare la problematica dell’abuso nel noto “caso Renault” (Cass. Civ. 18 settembre 2009 n. 20106). In questa occasione si è precisato che ogni diritto non è completamente libero nel suo esercizio soggiacendo a due limiti: uno di carattere causale, secondo il quale l’esercizio dello stesso non deve essere contrario alla ragione per la quale il legislatore ne ha riconosciuto la titolarità, l’altro, di natura modale, che impone di esercitare il diritto arrecando il minor sacrificio possibile agli interessi della controparte. Partendo da questa pronunzia si è estesa la riflessione al campo del diritto del lavoro dedicando particolare attenzione all’istituto del mobbing, nonché allo straining, oggetto di un recentissima sentenza della Cassazione (n.28603/2013). Si è analizzata, in particolare, la possibilità (in assenza di una tutela penalistica ad hoc e stante la dibattuta sussumibilità nell’art. 572 c.p.) di stigmatizzare le condotte datoriali sotto il profilo dell’abuso con riguardo ai profili di responsabilità datoriale nelle ipotesi di mobbing sia verticale che orizzontale. La tematica dell’abuso, inoltre, ha ricevuto nuova linfa a seguito di un intervento normativo (art. 30 l. n. 183/2010). Tale disposizione reca con sé il rischio di una eccessiva ingerenza del giudice in valutazioni di pertinenza esclusiva dell’imprenditore, fenomeno a cui si è ovviato sancendo il divieto di controllo giudiziale sul merito e sull’opportunità delle decisioni tecniche, organizzative e produttive del datore lasciando all’operatore del diritto il delicato compito di far sì che la libertà di iniziativa economica non si svolga in contrasto con l’utilità sociale e non arrechi danno alla dignità umana del lavoratore. [a cura dell'autore]
XII n.s.
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Landi, Valerio <1977&gt. "Autonomia privata e abuso di posizione dominante." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1320/1/Landi_Valerio_Tesi.pdf.

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Abstract:
Oggetto della ricerca sono l’esame e la valutazione dei limiti posti all’autonomia privata dal divieto di abuso della posizione dominante, come sancito, in materia di tutela della concorrenza, dall’art. 3 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, a sua volta modellato sull’art. 82 del Trattato CE. Preliminarmente, si è ritenuto opportuno svolgere la ricognizione degli interessi tutelati dal diritto della concorrenza, onde individuare la cerchia dei soggetti legittimati ad avvalersi dell’apparato di rimedi civilistici – invero scarno e necessitante di integrazione in via interpretativa – contemplato dall’art. 33 della legge n. 287/1990. È così emerso come l’odierno diritto della concorrenza, basato su un modello di workable competition, non possa ritenersi sorretto da ragioni corporative di tutela dei soli imprenditori concorrenti, investendo direttamente – e rivestendo di rilevanza giuridica – le situazioni soggettive di coloro che operano sul mercato, indipendentemente da qualificazioni formali. In tal senso, sono stati esaminati i caratteri fondamentali dell’istituto dell’abuso di posizione dominante, come delineatisi nella prassi applicativa non solo degli organi nazionali, ma anche di quelli comunitari. Ed invero, un aspetto importante che caratterizza la disciplina italiana dell’abuso di posizione dominante e della concorrenza in generale, distinguendola dalle normative di altri sistemi giuridici prossimi al nostro, è costituito dal vincolo di dipendenza dal diritto comunitario, sancito dall’art. 1, quarto comma, della legge n. 287/1990, idoneo a determinare peculiari riflessi anche sul piano dell’applicazione civilistica dell’istituto. La ricerca si è quindi spostata sulla figura generale del divieto di abuso del diritto, onde vagliarne i possibili rapporti con l’istituto in esame. A tal proposito, si è tentato di individuare, per quanto possibile, i tratti essenziali della figura dell’abuso del diritto relativamente all’esercizio dell’autonomia privata in ambito negoziale, con particolare riferimento all’evoluzione del pensiero della dottrina e ai più recenti orientamenti giurisprudenziali sul tema, che hanno valorizzato il ruolo della buona fede intesa in senso oggettivo. Particolarmente interessante è parsa la possibilità di estendere i confini della figura dell’abuso del diritto sì da ricomprendere anche l’esercizio di prerogative individuali diverse dai diritti soggettivi. Da tale estensione potrebbero infatti discendere interessanti ripercussioni per la tutela dei soggetti deboli nel contesto dei rapporti d’impresa, intendendosi per tali tanto i rapporti tra imprenditori in posizione paritaria o asimmetrica, quanto i rapporti tra imprenditori e consumatori. È stato inoltre preso in considerazione l’aspetto dei rimedi avverso le condotte abusive, alla luce dei moderni contributi sull’eccezione di dolo generale, sulla tutela risarcitoria e sull’invalidità negoziale, con i quali è opportuno confrontarsi qualora si intenda cercare di colmare – come sembra opportuno – i vuoti di disciplina della tutela civilistica avverso l’abuso di posizione dominante. Stante l’evidente contiguità con la figura in esame, si è poi provveduto ad esaminare, per quanto sinteticamente, il divieto di abuso di dipendenza economica, il quale si delinea come figura ibrida, a metà strada tra il diritto dei contratti e quello della concorrenza. Tale fattispecie, pur inserita in una legge volta a disciplinare il settore della subfornitura industriale (art. 9, legge 18 giugno 1998, n. 192), ha suscitato un vasto interessamento della dottrina. Si sono infatti levate diverse voci favorevoli a riconoscere la portata applicativa generale del divieto, quale principio di giustizia contrattuale valevole per tutti i rapporti tra imprenditori. Nel tentativo di verificare tale assunto, si è cercato di individuare la ratio sottesa all’art. 9 della legge n. 192/1998, anche in considerazione dei suoi rapporti con il divieto di abuso di posizione dominante. Su tale aspetto è d’altronde appositamente intervenuto il legislatore con la legge 5 marzo 2001, n. 57, riconoscendo la competenza dell’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato a provvedere, anche d’ufficio, sugli abusi di dipendenza economica con rilevanza concorrenziale. Si possono così prospettare due fattispecie normative di abusi di dipendenza economica, quella con effetti circoscritti al singolo rapporto interimprenditoriale, la cui disciplina è rimessa al diritto civile, e quella con effetti negativi per il mercato, soggetta anche – ma non solo – alle regole del diritto antitrust; tracciare una netta linea di demarcazione tra i reciproci ambiti non appare comunque agevole. Sono stati inoltre dedicati brevi cenni ai rimedi avverso le condotte di abuso di dipendenza economica, i quali involgono problematiche non dissimili a quelle che si delineano per il divieto di abuso di posizione dominante. Poste tali basi, la ricerca è proseguita con la ricognizione dei rimedi civilistici esperibili contro gli abusi di posizione dominante. Anzitutto, è stato preso in considerazione il rimedio del risarcimento dei danni, partendo dall’individuazione della fonte della responsabilità dell’abutente e vagliando criticamente le diverse ipotesi proposte in dottrina, anche con riferimento alle recenti elaborazioni in tema di obblighi di protezione. È stata altresì vagliata l’ammissibilità di una visione unitaria degli illeciti in questione, quali fattispecie plurioffensive e indipendenti dalla qualifica formale del soggetto leso, sia esso imprenditore concorrente, distributore o intermediario – o meglio, in generale, imprenditore complementare – oppure consumatore. L’individuazione della disciplina applicabile alle azioni risarcitorie sembra comunque dipendere in ampia misura dalla risposta al quesito preliminare sulla natura – extracontrattuale, precontrattuale ovvero contrattuale – della responsabilità conseguente alla violazione del divieto. Pur non sembrando prospettabili soluzioni di carattere universale, sono apparsi meritevoli di approfondimento i seguenti profili: quanto all’individuazione dei soggetti legittimati, il problema della traslazione del danno, o passing-on; quanto al nesso causale, il criterio da utilizzare per il relativo accertamento, l’ammissibilità di prove presuntive e l’efficacia dei provvedimenti amministrativi sanzionatori; quanto all’elemento soggettivo, la possibilità di applicare analogicamente l’art. 2600 c.c. e gli aspetti collegati alla colpa per inosservanza di norme di condotta; quanto ai danni risarcibili, i criteri di accertamento e di prova del pregiudizio; infine, quanto al termine di prescrizione, la possibilità di qualificare il danno da illecito antitrust quale danno “lungolatente”, con le relative conseguenze sull’individuazione del dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale. In secondo luogo, è stata esaminata la questione della sorte dei contratti posti in essere in violazione del divieto di abuso di posizione dominante. In particolare, ci si è interrogati sulla possibilità di configurare – in assenza di indicazioni normative – la nullità “virtuale” di detti contratti, anche a fronte della recente conferma giunta dalla Suprema Corte circa la distinzione tra regole di comportamento e regole di validità del contratto. È stata inoltre esaminata – e valutata in senso negativo – la possibilità di qualificare la nullità in parola quale nullità “di protezione”, con una ricognizione, per quanto sintetica, dei principali aspetti attinenti alla legittimazione ad agire, alla rilevabilità d’ufficio e all’estensione dell’invalidità. Sono poi state dedicate alcune considerazioni alla nota questione della sorte dei contratti posti “a valle” di condotte abusive, per i quali non sembra agevole configurare declaratorie di nullità, mentre appare prospettabile – e, anzi, preferibile – il ricorso alla tutela risarcitoria. Da ultimo, non si è trascurata la valutazione dell’esperibilità, avverso le condotte di abuso di posizione dominante, di azioni diverse da quelle di nullità e risarcimento, le sole espressamente contemplate dall’art. 33, secondo comma, della legge n. 287/1990. Segnatamente, l’attenzione si è concentrata sulla possibilità di imporre a carico dell’impresa in posizione dominante un obbligo a contrarre a condizioni eque e non discriminatorie. L’importanza del tema è attestata non solo dalla discordanza delle pronunce giurisprudenziali, peraltro numericamente scarse, ma anche dal vasto dibattito dottrinale da tempo sviluppatosi, che investe tuttora taluni aspetti salienti del diritto delle obbligazioni e della tutela apprestata dall’ordinamento alla libertà di iniziativa economica.
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Landi, Valerio <1977&gt. "Autonomia privata e abuso di posizione dominante." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1320/.

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Abstract:
Oggetto della ricerca sono l’esame e la valutazione dei limiti posti all’autonomia privata dal divieto di abuso della posizione dominante, come sancito, in materia di tutela della concorrenza, dall’art. 3 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, a sua volta modellato sull’art. 82 del Trattato CE. Preliminarmente, si è ritenuto opportuno svolgere la ricognizione degli interessi tutelati dal diritto della concorrenza, onde individuare la cerchia dei soggetti legittimati ad avvalersi dell’apparato di rimedi civilistici – invero scarno e necessitante di integrazione in via interpretativa – contemplato dall’art. 33 della legge n. 287/1990. È così emerso come l’odierno diritto della concorrenza, basato su un modello di workable competition, non possa ritenersi sorretto da ragioni corporative di tutela dei soli imprenditori concorrenti, investendo direttamente – e rivestendo di rilevanza giuridica – le situazioni soggettive di coloro che operano sul mercato, indipendentemente da qualificazioni formali. In tal senso, sono stati esaminati i caratteri fondamentali dell’istituto dell’abuso di posizione dominante, come delineatisi nella prassi applicativa non solo degli organi nazionali, ma anche di quelli comunitari. Ed invero, un aspetto importante che caratterizza la disciplina italiana dell’abuso di posizione dominante e della concorrenza in generale, distinguendola dalle normative di altri sistemi giuridici prossimi al nostro, è costituito dal vincolo di dipendenza dal diritto comunitario, sancito dall’art. 1, quarto comma, della legge n. 287/1990, idoneo a determinare peculiari riflessi anche sul piano dell’applicazione civilistica dell’istituto. La ricerca si è quindi spostata sulla figura generale del divieto di abuso del diritto, onde vagliarne i possibili rapporti con l’istituto in esame. A tal proposito, si è tentato di individuare, per quanto possibile, i tratti essenziali della figura dell’abuso del diritto relativamente all’esercizio dell’autonomia privata in ambito negoziale, con particolare riferimento all’evoluzione del pensiero della dottrina e ai più recenti orientamenti giurisprudenziali sul tema, che hanno valorizzato il ruolo della buona fede intesa in senso oggettivo. Particolarmente interessante è parsa la possibilità di estendere i confini della figura dell’abuso del diritto sì da ricomprendere anche l’esercizio di prerogative individuali diverse dai diritti soggettivi. Da tale estensione potrebbero infatti discendere interessanti ripercussioni per la tutela dei soggetti deboli nel contesto dei rapporti d’impresa, intendendosi per tali tanto i rapporti tra imprenditori in posizione paritaria o asimmetrica, quanto i rapporti tra imprenditori e consumatori. È stato inoltre preso in considerazione l’aspetto dei rimedi avverso le condotte abusive, alla luce dei moderni contributi sull’eccezione di dolo generale, sulla tutela risarcitoria e sull’invalidità negoziale, con i quali è opportuno confrontarsi qualora si intenda cercare di colmare – come sembra opportuno – i vuoti di disciplina della tutela civilistica avverso l’abuso di posizione dominante. Stante l’evidente contiguità con la figura in esame, si è poi provveduto ad esaminare, per quanto sinteticamente, il divieto di abuso di dipendenza economica, il quale si delinea come figura ibrida, a metà strada tra il diritto dei contratti e quello della concorrenza. Tale fattispecie, pur inserita in una legge volta a disciplinare il settore della subfornitura industriale (art. 9, legge 18 giugno 1998, n. 192), ha suscitato un vasto interessamento della dottrina. Si sono infatti levate diverse voci favorevoli a riconoscere la portata applicativa generale del divieto, quale principio di giustizia contrattuale valevole per tutti i rapporti tra imprenditori. Nel tentativo di verificare tale assunto, si è cercato di individuare la ratio sottesa all’art. 9 della legge n. 192/1998, anche in considerazione dei suoi rapporti con il divieto di abuso di posizione dominante. Su tale aspetto è d’altronde appositamente intervenuto il legislatore con la legge 5 marzo 2001, n. 57, riconoscendo la competenza dell’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato a provvedere, anche d’ufficio, sugli abusi di dipendenza economica con rilevanza concorrenziale. Si possono così prospettare due fattispecie normative di abusi di dipendenza economica, quella con effetti circoscritti al singolo rapporto interimprenditoriale, la cui disciplina è rimessa al diritto civile, e quella con effetti negativi per il mercato, soggetta anche – ma non solo – alle regole del diritto antitrust; tracciare una netta linea di demarcazione tra i reciproci ambiti non appare comunque agevole. Sono stati inoltre dedicati brevi cenni ai rimedi avverso le condotte di abuso di dipendenza economica, i quali involgono problematiche non dissimili a quelle che si delineano per il divieto di abuso di posizione dominante. Poste tali basi, la ricerca è proseguita con la ricognizione dei rimedi civilistici esperibili contro gli abusi di posizione dominante. Anzitutto, è stato preso in considerazione il rimedio del risarcimento dei danni, partendo dall’individuazione della fonte della responsabilità dell’abutente e vagliando criticamente le diverse ipotesi proposte in dottrina, anche con riferimento alle recenti elaborazioni in tema di obblighi di protezione. È stata altresì vagliata l’ammissibilità di una visione unitaria degli illeciti in questione, quali fattispecie plurioffensive e indipendenti dalla qualifica formale del soggetto leso, sia esso imprenditore concorrente, distributore o intermediario – o meglio, in generale, imprenditore complementare – oppure consumatore. L’individuazione della disciplina applicabile alle azioni risarcitorie sembra comunque dipendere in ampia misura dalla risposta al quesito preliminare sulla natura – extracontrattuale, precontrattuale ovvero contrattuale – della responsabilità conseguente alla violazione del divieto. Pur non sembrando prospettabili soluzioni di carattere universale, sono apparsi meritevoli di approfondimento i seguenti profili: quanto all’individuazione dei soggetti legittimati, il problema della traslazione del danno, o passing-on; quanto al nesso causale, il criterio da utilizzare per il relativo accertamento, l’ammissibilità di prove presuntive e l’efficacia dei provvedimenti amministrativi sanzionatori; quanto all’elemento soggettivo, la possibilità di applicare analogicamente l’art. 2600 c.c. e gli aspetti collegati alla colpa per inosservanza di norme di condotta; quanto ai danni risarcibili, i criteri di accertamento e di prova del pregiudizio; infine, quanto al termine di prescrizione, la possibilità di qualificare il danno da illecito antitrust quale danno “lungolatente”, con le relative conseguenze sull’individuazione del dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale. In secondo luogo, è stata esaminata la questione della sorte dei contratti posti in essere in violazione del divieto di abuso di posizione dominante. In particolare, ci si è interrogati sulla possibilità di configurare – in assenza di indicazioni normative – la nullità “virtuale” di detti contratti, anche a fronte della recente conferma giunta dalla Suprema Corte circa la distinzione tra regole di comportamento e regole di validità del contratto. È stata inoltre esaminata – e valutata in senso negativo – la possibilità di qualificare la nullità in parola quale nullità “di protezione”, con una ricognizione, per quanto sintetica, dei principali aspetti attinenti alla legittimazione ad agire, alla rilevabilità d’ufficio e all’estensione dell’invalidità. Sono poi state dedicate alcune considerazioni alla nota questione della sorte dei contratti posti “a valle” di condotte abusive, per i quali non sembra agevole configurare declaratorie di nullità, mentre appare prospettabile – e, anzi, preferibile – il ricorso alla tutela risarcitoria. Da ultimo, non si è trascurata la valutazione dell’esperibilità, avverso le condotte di abuso di posizione dominante, di azioni diverse da quelle di nullità e risarcimento, le sole espressamente contemplate dall’art. 33, secondo comma, della legge n. 287/1990. Segnatamente, l’attenzione si è concentrata sulla possibilità di imporre a carico dell’impresa in posizione dominante un obbligo a contrarre a condizioni eque e non discriminatorie. L’importanza del tema è attestata non solo dalla discordanza delle pronunce giurisprudenziali, peraltro numericamente scarse, ma anche dal vasto dibattito dottrinale da tempo sviluppatosi, che investe tuttora taluni aspetti salienti del diritto delle obbligazioni e della tutela apprestata dall’ordinamento alla libertà di iniziativa economica.
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Todesco, Sara. "Per una ricostruzione teorico-generale del concetto di abuso del diritto." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425178.

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Abstract:
This work examines the notion of abuse of rights. It is a choice solicited by the ascertainment of its vitality and of the increasing interest shown towards it by the elaborations of the doctrine as well as by jurisprudential applications. It is, moreover, a notion arisen from the doctrine and the jurisprudence. Only some legal systems, not our own, have absorbed it as a prescriptive rule, and there is no doubt that this circumstance represents a peculiar matter of interest. The perspective of investigation chosen, and considered most helpful for the purpose of understanding the abuse of rights, certainly involves dedicating space to the elaboration of the doctrine and to the jurisprudential cases that have made use of this instrument. Nonetheless, this does not mean to engage once more again (several have been the monographs dedicated to the abuse of rights by now) in an as most complete reconstruction as possible of its systematic traits and of its conditions of use. This work rather wants to be a reflection on the general theory of law. As a matter of fact, the notion of abuse of rights calls the attention of the expert to numerous and structural issues, which question the instruments that in the positivist and formalist vision of the regulations of inter-subjective relations still predominant today, constitute its protagonists (the rules, and the subjective rights meant as expressions of the same rules); the role of the interpreter and the jurist; finally, it questions in a particularly perceptive way about the function and the methods of the theoretical understanding of juridical phenomena and of the role of juridical science. It appears possible to reasonably assert that the notion of abuse of rights - beyond its practical function and its concrete application to many situations that emerge in the progress of relations and do not find any other adequate solutions - is especially relevant in this last perspective, that is to say in pointing out the function that the juridical science fulfils and must fulfil in interpreting, understanding and directing the solution of questions that involve the ratio and the structure itself of the juridical system. More explicitly, the thesis that this work means to prove is that the category of abuse of rights, which arises and then exists as an operative instrument of the interpreter and the jurist in order to satisfy well determined needs of the juridical system (and historically, in reaction to well determined conceptions of the juridical system), may be usefully, and perhaps especially considered and investigated as an instrument of the juridical science, that is as a "juridical concept" by means of which the jurist approaches the understanding, the interpretation and theorisation of the juridical experience. To this end the structure of this work has been arranged in three parts. The first part intends to define the boundaries and the structural significance of the notion of abuse of rights. This implies, first of all, that the conceptual categories that contribute to reconstruct the notion are to be accounted for: the category of subjective rights (in that the notion of abuse of rights originates in reaction to its strictly individualist foundation, and a control of the exercise of rights is proposed) and that of offence. Traditionally, the abuse of rights is considered as a tertium genus between the prospect of acting in accordance with a right and acting unlawfully. The abuse of rights as a concept defines itself necessarily in relationship with these other two concepts. On the other hand the thorough understanding of the conceptual autonomy of the abuse of rights demands to account for some instruments - of a former origin, that is widely elaborated and used in other legal systems - which share the same ratio of the prohibition of abuse and with it contribute to the identification and sanction of unlawful occurrences. These are the notions of exceptio doli generalis, the prohibition of venire contra factum proprium and the institution of the Verwirkung. The second part of the work directly deals with the questions relating to abuse through the investigation of the standpoints of the doctrine and the jurisprudence. Ample space is dedicated to the analysis of the most representative elaborations of the doctrine, both Italian and French. This survey leads to the identification of a significant line of development that starting from the first standpoints that deal with abuse as an issue of exclusively moral or ideological nature, rather evolves in the direction of an increasing awareness of the conceptual autonomy and of the utter juridical essence of the notion of abuse. Likewise significant appears to be the examination of jurisprudential verdicts, whilst the awareness of the conceptual and systematic significance of the notion of abuse undoubtedly proves to be inferior. Nonetheless, the reference to it is more and more frequent and reveals to be an instrument necessary to highlight crucial requirements of the system of inter-subjective relations. The last part is concerned with explaining precisely these conclusions suggested and justified by the analysis of the discipline and the jurisprudence. Moreover, in the light of the starting thesis, according to which the abuse of rights may be considered as a juridical concept and thus the lines of its development may represent the path of formation of a juridical concept, this last part also wants to account for the acquisitions of the philosophy of law and of the general theory of law on the theme of juridical concepts. Thus the standpoints of the famous controversy of the years 1935-1945, which had as its protagonists particularly Pugliatti, Jemolo, Cesarini Sforza and Calogero, are dealt with as well as the standpoints elaborated with regard to juridical concepts pertaining to the analytical philosophy, in a particular way in Scarpelli's and Pintore's works. Besides, the examination of these authors' beliefs leads to the ascertainment of the inadequacy of the reading keys that they propose in order to understand what a juridical concept is, how it is born and what power of understanding it grants. In the yet big differences of presuppositions and attitude that characterize these authors, however, they do not actually diverge form the epistemological horizon that asserts the conventional and operative nature of concepts and their inevitable dependence on the positive datum. Therefore, the answer to the hypothesis that the examined question of abuse lets perceive still remains open: that of a concept which delineates itself as such not from a prescriptive provision but from a real, substantial need of "ordering" of inter-subjective relations that is progressively received, elaborated, "systematised" by the work of the doctrine and the jurisprudence.
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Falcade, Nicola <1991&gt. "ABUSO DEL DIRITTO TRIBUTARIO: ANALISI E RIFLESSIONI DELLA NUOVA DISCIPLINA ANTIELUSIVA." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/9048.

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Abstract:
La presente tesi si focalizza sulla riforma dell'abuso del diritto tributario. Inizialmente l'attenzione è stata posta sul tema dell'abuso del diritto tributario dal versante europeo. Successivamente è stato brevemente analizzato il percorso dell'abuso del diritto da un punto di vista domestico, fino a giungere alla riforma che ha introdotto l'art. 10-bis. Infine, sono state svolte alcune riflessioni circa l'applicazione della nuova disposizione antielusiva a dei casi pratici.
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Iop, Barbara <1970&gt. "Abuso del diritto, configurazione in ambito tributario e certezza del contribuente." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14596.

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Abstract:
L'elaborato propone una chiave di lettura dell'assetto della normativa dell'abuso del diritto in ambito tributario. Vengono messe in luce le criticità riscontrate nell'applicazione della norma fiscale dell'abuso del diritto/elusione e l'esigenza di certezza del contribuente nei rapporti con l'Amministrazione finanziaria.
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Merlo, Federica <1996&gt. "Acquisto di azioni proprie previamente affrancante dal socio cedente: profili di abuso del diritto." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/18178.

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Abstract:
L’operazione di acquisto di azioni proprie ricopre un ruolo strategico fondamentale nella politica finanziaria delle imprese: essa costituisce infatti uno strumento polivalente di notevole flessibilità, spesso in grado di conseguire risultati altrimenti ottenibili soltanto attraverso interventi rigidi e macchinosi. Tale funzione di “mezzo alternativo” ha originato notevoli implicazioni in tema di abuso del diritto, istituto fondato proprio sull’uso alterativo dello schema formale del diritto, al fine di conseguire obiettivi diversi rispetto a quelli voluti dal Legislatore. Nello specifico, l’Amministrazione finanziaria ha rilevato dei profili di elusività nell’operazione di acquisto di azioni proprie precedentemente affrancate dal socio cedente: infatti, secondo le ipotesi dell’Amministrazione, la cessione delle quote da parte del socio persona fisica (non operante in attività d’impresa) alla società emittente, si configurerebbe, nella sostanza economica, come un recesso che, ai sensi l’art. 47 comma 7 TUIR, genererebbe un reddito di capitale. Il fulcro di tale obiezione risiede proprio nella natura del reddito prodotto, in quanto l’istituto della rivalutazione e dell’affrancamento opera soltanto nei confronti dei redditi diversi, cioè quelli derivanti dalla cessione della partecipazione e dalla conseguente realizzazione della plusvalenza. A fronte di tali contestazioni, gran parte della dottrina ritiene che l’ipotesi formulata dall’Amministrazione poggi su un errato inquadramento dell’istituto del recesso: infatti, la cessione operata dal socio cedente alla società emittente costituirebbe un contratto fra le parti e non un atto unilaterale, come è invece il recesso. Nel silenzio della Cassazione, la giurisprudenza si è spesso pronunciata a favore della tesi della dottrina, mentre l’Amministrazione ha nuovamente rivendicato il principio guida di substance over form.
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Carbone, Gioacchino. "Legittimo risparmio di imposta, elusione fiscale e abuso del diritto: il Caso "Dolce & Gabbana"." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2016. http://hdl.handle.net/10556/2472.

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Abstract:
2014 - 2015
The objective of my work is basically in an attempt to describe the complex phenomenon of tax avoidance, now flanked by the principle of abuse of rights, which has always represented a road used by the taxpayer in order to obtain an undue saving tax, difficult to fight by the legal system of tax law. The aspect that most characterizes the elusive operations and makes it difficult to recognize and to be repressed is that the taxpayer obtains this objective through the use of legal transactions permitted peacefully and governed by the legal system, therefore, through a operation that is "dresses up" as legitimate tax savings. Before the last amendment legislation, the Italian legislature, unlike what has been done in other jurisdictions, has never wanted to introduce a general anti-elusive clause in the tax law, although they understand of its effectiveness in close every stretch mark in the system, because of the fear to assign of the Revenue Agency a power of investigation too broad and therefore potentially damaging to the freedom of private economic initiative which, under Article 41 of the Italian Constitution, suffering only the limit of the public utility... [edited by Author]
L’obiettivo del mio lavoro consiste, fondamentalmente, nel tentativo di descrivere il complesso fenomeno dell’elusione fiscale, ora affiancato dal principio di abuso del diritto, il quale da sempre rappresenta una strada utilizzata dal contribuente, al fine di ottenere un indebito risparmio d’imposta, difficile da contrastare da parte dell’ordinamento giuridico di diritto tributario. L’aspetto che caratterizza maggiormente le operazioni elusive e le rende difficili da riconoscere e da reprimere risiede nel fatto che il soggetto passivo ottiene il suddetto obiettivo mediante l’utilizzo di negozi giuridici pacificamente consentiti e disciplinati dall’ordinamento giuridico, dunque grazie ad un’operazione che si “traveste” da lecito risparmio d’imposta. Prima dell’ultima modifica normativa, il legislatore italiano, a differenza di quanto fatto in altri ordinamenti giuridici, non ha mai voluto introdurre una clausola generale antielusiva nel diritto tributario, pur essendo consapevole della sua efficacia nel chiudere ogni smagliatura del sistema, a causa del timore di attribuire all’Agenzia delle Entrate una potestà di accertamento troppo ampia e dunque potenzialmente lesiva della libertà di iniziativa economica privata che, in base all’art. 41 della Costituzione, soffre il solo limite della pubblica utilità... [a cura dell'Autore]
XIV n.s.
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LOY, DIEGO. "Abuso di gestione e conflitto di interessi: la responsabilità penale degli amministratori, sistemi a confronto." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2018. http://hdl.handle.net/11567/942211.

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GUCCIARDO, Ignazio Gabriele. "L'impugnazione delle deliberazioni assembleari negative." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2020. http://hdl.handle.net/10447/401248.

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SQUITIERI, MAURO. "Monopolizzazione ed abuso di posizione dominante: analisi comparata della legislazione dell'Unione Europea e degli Stati Uniti d'America." Doctoral thesis, Università Bocconi, 2011. https://hdl.handle.net/11565/4054139.

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QUATTROCCHI, GIUSEPPE. "Il divieto di abuso del diritto comunitario ed il suo utilizzo a fini di contrasto all'elusione fiscale nell'imposizione sul valore aggiunto." Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2011. http://hdl.handle.net/10446/909.

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CORRADO, LEDA RITA. "L’elusione tributaria nel dialogo tra corti europee." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2015. http://hdl.handle.net/10281/88370.

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Abstract:
La ricerca ha lo scopo di analizzare l’elusione tributaria da tre prospettive –sostanziale, sanzionatoria e processuale – prendendo spunto dal continuo dialogo tra i giudici nazionali e le corti europee sul tema. Nella prima parte della tesi, delineati in via di prima approssimazione i confini delle condotte elusive, lo studio è condotto attraverso l’analisi degli strumenti di contrasto di matrice normativa e giurisprudenziale: i secondi, in particolare, sono descritti seguendo l’evoluzione della giurisprudenza della Corte di Cassazione, la quale, dopo l’iniziale ricorso allo strumento civilistico della nullità del contratto, è giunta alla creazione di un principio generale antielusivo, mutuandolo – impropriamente – dal divieto di abuso del diritto europeo. Nella seconda parte, l’indagine è focalizzata sulla rilevanza dell’elusione tributaria ai fini dell’applicabilità delle sanzioni amministrative e penali. Dopo una breve ricognizione normativa, sono ricostruite le soluzioni individuate dalla dottrina e dalla giurisprudenza. In conclusione, si tenta di risolvere la questione attraverso il suo inquadramento nell’ambito del diritto punitivo. L’obiettivo che si persegue nella terza parte della tesi è quello di verificare se sia configurabile, in capo al giudice tributario, il potere di rilevare ex officio la violazione del principio generale antielusivo di matrice pretoria, nonché, nel caso di stimata rilevabilità ex officio, quali siano le forme di esercizio di tale potere officioso, vale a dire se il giudice tributario debba previamente sottoporre la questione alle parti ovvero se possa definirla senza attivare un contraddittorio specifico.
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PICCININI, VALENTINA. "Asimmetria ed abusività nei rapporti tra banca e clientela." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2008. http://hdl.handle.net/10281/2399.

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Abstract:
The work analyses the main contracts and relationships between banks and costumers from the point of view of the issues concerning the information asymmetry, due to the specificity that characterises the activity of banks, and the unfairness conducts of banks. After a chapter dedicated to a short history of the Italian legislation concerning the relationship between bank and costumers, the work shows and makes reflections, thanks to a deep research in law in action, above the remedies that a costumer is able to use in Italian private legal system in order to deal with and defend from unfairness conducts coming from banks. Particular attention is given to good faith, as a principle integrative of contracts, to tort law, to law of contracts, especially as far as misrepresentation and Non disclosure is concerned.
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Miragem, Bruno Nubens Barbosa. "Diretrizes teórico-dogmáticas para a interpretação e aplicação do artigo 187 do código civil - renovação e possibilidades da teoria do abuso do Direito no Brasil." reponame:Biblioteca Digital de Teses e Dissertações da UFRGS, 2007. http://hdl.handle.net/10183/13088.

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Abstract:
Il presente lavoro è destinato ad essere una contribuzione all’esame dei contorni attuali della teoria dell’abuso del diritto in Brasile. Pertanto, il presente studio parte dall’esegesi della clausola generale statuita all’articolo 187 del Codice Civile Brasiliano, che stabilisce una nuova ipotesi di illecito, che non richiede una colpa per la sua caratterizzazione, ma che si concretizza nell’esercizio del diritto che viola i limiti del suo fine economico e sociale, della buona fede o dei buoni costumi. Si tenta di identificare questa norma come specie di illecito oggettivo, vincolato alla protezione della fiducia. Pertanto, si tenta di stabilire delle diretrici che consolidino i limiti previsti dalla norma, in vista della condotta del titolare del diritto, e di sistematizzare le conseguenze che derivano dalla sua applicazione, tra cui l’imputazione del dovere di indennizzare, l’invalidità e l’inefficacia dell’atto abusivo che decorre dall’abuso. Si osserva, in questo modo, che l’articolo 187 del Codice Civile Brasiliano, nello stabilire l’abuso del diritto quale ipotesi di illecito oggettivo, consagra una disposizione atta al controllo dell’esercizio dei diritti soggettivi e delle rimanenti prerogative giuridiche in tutto il sistema di diritto privato, guardando alla protezione della fiducia.
O presente trabalho destina-se a ser uma contribuição para o exame dos contornos atuais da teoria do abuso do direito no Brasil. Para tanto, parte da exegese da cláusula geral do artigo 187 do Código Civil brasileiro, que estabelece nova hipótese de ilicitude, sem a exigência de culpa para sua caracterização, a partir do exercício do direito que viole os limites do seu fim econômico e social, da boa-fé ou dos bons costumes. Procura-se identificar esta norma como espécie de ilicitude objetiva, vinculada, por intermédio dos limites que estabelece, à proteção da confiança. Para tanto, busca-se estabelecer diretrizes para concreção dos limites previstos na norma, em vista da conduta do titular do direito, bem como sistematizar as conseqüências que resultam de sua aplicação, dentre os quais a imputação do dever de indenizar, a invalidade e a ineficácia do ato abusivo ou que decorre do abuso. Observa-se, deste modo, que o artigo 187 do Código Civil brasileiro, ao consagrar o abuso do direito como hipótese de ilicitude objetiva, consagra disposição apta ao controle do exercício dos direitos subjetivos e demais prerrogativas jurídicas em todo o sistema de Direito Privado, visando à proteção da confiança.
This work purposes to realize a contribution to the study of actual limits of law abuse theory in Brazil. Thus, the present study starts from the exegesis of the general clause of article 187 of Brazilian Civil Code, which establishes a new tort hypothesis, that doesn’t request guilt, but characterizes itself on executing a right that violates the limits of his economic and social scope, of good fait or good costumes. We tempt of identify this norm as an objective tort specie, entailed to the trust protection. Consequentially, we tempt to establish some directives that consolidate the limits established by the norm, considering the behaviour of the titular of the right, and systemize the consequences that derived from his applicability, such as attributing the duty of indemnify the abuse act by law abuse invalidity or inefficacy. We observe, on this way, that article 187 of Brazilian Civil Code, consecrating the law abuse as an objective tort hypothesis, establishes a norm able to control the exercise of subjective rights and that juridical prerogatives of the entire system of private law, looking at the trust protection theory.
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Iaquinta, F. "L'ABUSO DEL DIRITTO NEL RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO AUTONOMIA SISTEMATICA, SPAZI DI OPERATIVITA', RUOLO DEL GIUDICE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2016. http://hdl.handle.net/2434/379091.

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Abstract:
Il presente lavoro si occupa di esaminare l’autonomia sul piano sistematico del divieto di abuso del diritto, i suoi spazi di operatività, nonché il ruolo che il giudice ricopre nella sua applicazione nell’ambito del diritto del lavoro. Più in particolare, il primo capitolo dell’elaborato ha ad oggetto la disamina critica della genesi del principio da parte della dottrina civilistica e l’analisi dei possibili referenti normativi dello stesso. Il secondo, invece, è dedicato allo studio dell’elaborazione teorica e delle applicazioni pretorie del divieto di abuso nel diritto del lavoro. La prima sezione del capitolo è specificamente focalizzata sull’indagine svolta in proposito da parte della dottrina soprattutto con riferimento al potere di licenziamento; la seconda invece si occupa di esaminare i principali arresti della giurisprudenza, di merito e di legittimità, sia con riguardo alla posizione del datore sia a quella del lavoratore. Infine, l’ultima parte della trattazione intende vagliare gli spazi di operatività potenziali del divieto di abuso del diritto, in particolare in relazione alla nuova disciplina in materia di licenziamenti individuali introdotta dal legislatore con le recenti e fondamentali novelle succedutesi a partire dal 2012 (l. n. 92/2012 e d.lgs. n. 23/2015, noto anche come Jobs Act). A conclusione della tesi è infine svolta una breve riflessione in merito al ruolo delicato del giudice nell’applicazione del divieto di abuso del diritto quale “norma a contenuto variabile” che, come tale, involge la tematica delicata dell’equilibrio tra discrezionalità del giudice e certezza del diritto.
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Silva, Chiara. "Il sindacato del giudice penale nei reati contro la pubblica amministrazione: una verifica alla luce del delitto di abuso d'ufficio." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3421988.

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Abstract:
The dissertation is on the syndacate of the penal judge as regards administrative field, taking in particular consideration the crimes against Public Government. The study is done distinguishing the subject from the different and more specific topic of the dis-enforcement of administative acts. The research underlines as, differently from the past, these days the perspective of the penal judge may rarely consist in diseinforcement since he must restrict himself merely to the investigation of the elements of the crime. After some general considerations and an examination of the legislative reforms, regarding this subject, which have been made with specific reference to the syndacate of the penal judge, the report focuses mainly on the crime of abuse of authority. About this specific crime, it has been necessary to verify here whether a wide syndacate of the judge is still existing, considering also the reform of 1997. Consequently the research study pays particolar attention to the problematic aspects of the offence of laws or regulations, the injustice of the event and the intention.
L’elaborato si occupa del sindacato del giudice penale in materia amministrativa, con particolare riferimento ai delitti contro la pubblica amministrazione. L’analisi si sviluppa, innanzi tutto, differenziando il tema rispetto al diverso e ben più ristretto argomento della disapplicazione del provvedimento amministrativo. Si pone in rilievo infatti come, al contrario che in passato, la prospettiva del giudice penale più che consistere nella disapplicazione debba limitarsi all’accertamento degli elementi del reato. Dopo alcune considerazioni generali, e una disamina delle riforme legislative succedutesi in materia, con particolare riferimento alle figure di reato che presentano maggiori spunti critici in tema di sindacato del giudice penale, lo studio si sofferma principalmente sul delitto di abuso d’ufficio. ‘E su tale reato, infatti, che si intende verificare, in particolare, la permanenza – o meno – di un ampio sindacato del giudice anche a seguito della novella del 1997. Gli elementi più problematici su cui si incentra l’attenzione, così, sono la violazione di legge o regolamento, l’ingiustizia dell’evento e il dolo intenzionale.
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GONCALVES, DA CUNHA BROKAMP ELYS DAYSE. "Il franchising: tra l'autonomia contrattuale e l'abuso di dipendenza economica." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2013. http://hdl.handle.net/11566/242569.

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Abstract:
La tesi illustra il processo di tipizzazione normativa, sino alla introduzione della legge n . 129 del 2004, e sucessivamente, attraverso le sue interpretazioni e applicazioni. Particolare attenzione viene posta alle esigenze di tutela dell’ affiliato, parte presumibilmente più debole di un contratto e di un rapporto caratterizzati da una palese asimmetria strutturale. Il lavoro analizza le varie forme di integrazione imprenditoriale, soffermandosi sull’ affiliazione commerciale, definendone le caratteristiche anche in relazione ad altre forme di integrazione, sempre con specifico riguardo alla tutela dell’ impresa debole, secondo una prospettiva che negli ultimi anni ha visto emergere nuove ipotesi di asimmetria meritevoli di interventi normativi. La tesi indaga specificamente l’ applicabilità, a tutela dell’ affiliato, del divieto di abuso di dipendenza economica, dettato dall’ art. 9 della legge n. 192 di 1998, in materia di subfornitura è applicabile a tutti i rapporti tra imprese. L’ obbiettivo del lavoro è quello di verificare la relazione intercorrente tra il richiamato art. 9 della legge n. 192 dl 1998, la l. n. 129 del 2004 e più in generale il principio dell’autonomia contrattuale, in un ordinamento costituzionalmente ispirato al principio di solidarietà economica. Il lavoro ravvisa una soluzione nella rinegoziazione giudiziale del contratto che abbia un contenuto eccessivamente squilibrato in conseguenza dell’abuso della parte più forte.
The thesis illustrates the process of typing rules, until the introduction of the Law. 129, 2004, and successively, through its interpretations and applications. Particular attention is paid to the requirements for the protection of 'affiliate, the supposedly weaker than a contract and a relationship characterized by an obvious structural asymmetry. The study analyzes the various forms of business integration, focusing on 'franchise, define its characteristics in relation to other forms of integration, more specifically with regard to the protection of' weak company, a perspective that in recent years has seen the emergence of new asymmetry hypothesis worthy of regulatory action. This thesis investigates specifically the 'applicability as protection of the' affiliate, the prohibition of abuse of economic dependence, dictated by 'art. 9 of Law n. 192 of 1998 in subcontracting is applicable to all relations between companies. L 'objective of the study was to verify the relation between the aforementioned art. 9 of Law n. 192 of 1998 and the. n. 129 of 2004 and, more generally, the principle of contractual freedom in a constitutional order based on the principle of financial solidarity. The work sees a solution in court renegotiation of the contract that has substance too unbalanced as a result of the abuse of the stronger party.
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MANNINO, ANDREA. "L'abuso della responsabilità limitata e la tutela del lavoratore." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2010. http://hdl.handle.net/10281/16523.

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Abstract:
la tesi ha quale obiettivo lo studio delle tecniche di repressione dei fenomini di abuso della responsabilità limitata e l'individuazione di strumenti ad utilizzo dei lavoratori per la tutela dei propri diritti anche con riferimento alle problematiche processualistiche
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ANZINI, MARTINA. "Abuso di posizione dominante e tutela dell'accesso al farmaco: prospettive e limiti." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2018. http://hdl.handle.net/11566/253174.

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Abstract:
Il quesito attorno al quale si articola il lavoro è se nell'interpretazione del diritto della concorrenza vi sia spazio per accordare rilevanza a regole e aspettative condivise nella società in cui esso trova applicazione. La questione è importante perché tali regole ed aspettative, che nel lavoro vengono denominate "valori sociali", trovano oggi ostruite le proprie tradizionali vie di accesso alla tutela giuridica. Si è quindi scelto di analizzare alcune recenti ipotesi di antitrust enforcement per verificare se il percorso interpretativo prospettato sia già stato intrapreso. Ciò ha reso necessario circoscrivere la domanda di ricerca al valore sociale "accesso al medicinale essenziale". Inoltre, l'analisi viene condotta in relazione alla sola fattispecie dell'abuso di posizione dominante, che, per svariati motivi, è più permeabile di altre ai valori sociali. L'analisi empirica concerne quindi alcune ipotesi di condotte unilaterali anticoncorrenziali recentemente riscontrate nel settore farmaceutico, il cui comune denominatore risiede in una lettura dell'art. 102 TFUE socialmente utile: nei casi Aspen e Pfizer-Flynn le autorità garanti hanno ravvisato negli aumenti di prezzo praticati dalle imprese, palesemente finalizzati a sfruttare i consumatori di farmaci essenziali, due ipotesi di unfair pricing; nei casi AstraZeneca e Pfizer, invece, le imprese in posizione dominante sono incorse nei rigori del diritto della concorrenza in virtù del loro comportamento opportunistico, consistente in una manomissione del sistema regolatorio del brevetto farmaceutico che ha danneggiato concorrenti, pazienti-consumatori e servizi sanitari-clienti. Al termine del percorso argomentativo la domanda riceve risposta positiva: l'antitrust ha conferito e può effettivamente conferire rilevanza a valori ed aspirazioni latenti nel tessuto sociale. Occorre, tuttavia, una precisazione: l'ermeneutica del diritto della concorrenza trova la propria cifra caratteristica nel carattere composito della fattispecie cui accede, rispetto alla quale la teoria economica svolge il ruolo fondamentale di co-definitrice della regola. Dovendo riflettere tale complessità, l'interpretazione non può limitarsi a tendere la lettera della norma in questo o quel senso, ma deve restituire una lettura economicamente solida della condotta d'impresa vietata. Ne deriva che la teoria economica concorre a tracciare le prospettive ed i limiti dell'antitrust rispetto alla tutela ai valori sociali.
The thesis aims at assessing whether social values are or can become relevant to competition law interpretation, thus constituting a theoretical effort to grant those values a further way of satisfaction. The exploration of such new path has gained importance in the last decades, due to the decline of the legal concepts that have traditionally protected the most basic social aspirations. The question needs, however, to be circumscribed if it is to be tested empirically. Therefore, the thesis focusses on whether access to essential drugs has gained relevance to the interpretation of the abuse of dominant position. Following the specification of the question, a few recent cases characterized by a socially oriented application of Art. 102 TFEU are examined in depth. Notably, the analysis concerns two cases of unfair pricing (Aspen and Pfzer-Flynn), as they were obviously useful to contrast the exploitative behaviour of the firms against consumers of essential medicines, as well as two cases of regulatory gaming. In our view, the latters are to be considered significant attempts to fight the opportunistic strategies of firms, which are equally detrimental to competitors as well as to patients-consumers and health care systems-clients. The analysis leads to the conclusion that competition law interpretation can, as suggested at the start of the essay, confer relevance to some shared aspirations running deep in the social context. An element needs, however, to be taken into due consideration: the hermeneutics of competition law find its distinctive mark in the complex nature of the norm, which is co-defined by law and economics, thus making it impossible to undertake a creative interpretative process while ignoring the identity of the forbidden conduct as elaborated by the economic theory. This leads to the conclusion that the boundaries of a socially oriented interpretation mainly identify with the limits of antitrust economics.
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Bardini, Federica. "La nuova disciplina tributaria anti-abuso nel contesto internazionale ed europeo. Analisi critica del regime sanzionatorio alla luce dei principi di legalità e proporzionalità." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3424918.

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Abstract:
This thesis is the outcome of a research into the notion of tax avoidance or abuse of rights and anti-avoidance rules carried out with the aim of identifying a common legal background at the European level and more generally shared by the OECD Countries under which the new Italian GAAR laid down in art. 10-bis L. n. 212/2000 and the relevant penalty regime should be analysed. Chapter I explores the meaning of tax avoidance and abusive practices according to the OECD and the European Union legal systems in which Italy takes part, by comparing it with the strictly related concepts of aggressive tax planning (or “ATP”) and Base Erosion and Profit Shifting (or “BEPS”), and by specifying the relations with the civil doctrine of abuse of rights. It provides some essential guidelines on the issue of abuse of rights or tax avoidance to understand the interferences between the different sources of law and overcome the common fragmentation due to the use of different legal terms and their origin from various legal sources or acts having a different legal force (law and soft law). Chapter II illustrates the anti-tax avoidance strategy promoted by the OECD to fulfil its political Mandate issued by the G20 and which has resulted in the 15 Actions of the BEPS Project and in the drafting of the OECD Model Tax Convention 2017. In particular, it investigates the meaning of abusive practices or tax avoidance at the international level, examines the minimum standard of protection against the improper application for tax avoidance purposes of the provisions of Conventions on Income and Capital to eliminate double taxation (treaty abuse) and explains taxpayers’ and tax advisors’compliance obligations as part of the wider anti-tax avoidance strategy recommended to the OECD Member Countries. The study conducted in this chapter allows to compare art. 10-bis L. n. 212/2000 with the general rule devised to prevent and repress the treaty abuse (the so-called PPT rule), and to assess whether the domestic anti-abuse rule can apply unilaterally in case of absence of Treaty provisions. Chapter III deals with the European anti-tax avoidance legal framework and investigates with an interdisciplinary approach whether the prohibition of abuse of rights is a general principle of European Union law. The review of the European Court of Justice case law on the general principle of the prohibition of abusive practices and abuse of law, which amounts to the abusive exercise of the European freedoms of movement for tax avoidance purposes, is followed by an analysis of the European sources of tax law which provide for the introduction of anti-abuse clauses and some references to the particular initiatives undertaken to implement the Action Plan for the Digital Single Market. This inquiry is intended to clarify the scope of the Communitarian anti-abuse rules and to verify the consequences of the provisions on the freedoms of movement laid down in the Treaties and in the European Economic Area Agreement in the light of the traditional rule of reason test applied by the ECJ on the national anti-tax avoidance rules. Therefore, it offers a necessary guidance on the verification of compliance of art. 10-bis with the European Union law. This chapter examines the legislative acts aimed to strengthen the exchange of information for tax purposes between taxpayers and Tax Administrations and the Revenue Agencies mutually and to increase the level of cooperation and transparency by intermediaries in the fight against aggressive tax planning. Chapter IV carries on with the research on the supranational legal framework in which the Italian anti-tax avoidance rules must be taken into account by identifying and examining in depth the European binding principles regarding penalties, gathered from the ECJ case law and laid down in the EU Charter of fundamental rights and the EU Convention on Human Rights. In order to foresee the potential developments of the ECJ case law on penalties for the infringement of the European principle of the prohibition of abusive practices, the dissertation will adopt a multidisciplinary perspective and will not be designed solely to provide the abstract definition of the content and scope of the fundamental principles, specially legality and proportionality, but to make explicit their eventual effects on the penalty regime of abuse of rights or tax avoidance, too. Finally, Chapter V explains the main stages in the process of codification of the GAAR in the Italian tax system specifying the difference from the civil doctrine of abuse of rights and scrutinizing the content and scope of art. 10-bis L. n. 212/2000 according to the current European Union law. After an historical background when art. 37-bis D.P.R. n. 600/1973 and the general anti-tax avoidance principle were into force, the current punitive system will be questioned to assess whether it is in accordance with the principles of the tax penalty system, first of all the principles of legality, proportionality and rationality of penalties, with the purpose of detecting the current critical elements and proposing some adjustments to the regulation. The “compliance test” requires to qualify the legal nature of consequences provided for by art. 10-bis L. n. 212/2000 in case of tax abuse or tax avoidance and to assess the relevance of the anti-abuse ruling as for penalties. It is completed by a comparative analysis with other legal systems characterized by a comprehensive anti-tax avoidance framework, which includes compliance measures like mandatory disclosure rules, penalties for their infringement, tax alert mechanisms and other interpretative instruments in favour of taxpayers.
Il presente lavoro è il risultato di una ricerca sulla fattispecie e sulla disciplina dell’elusione fiscale o abuso del diritto che si è condotta con l’obiettivo di individuare un humus comune a livello unionale e, più in generale, condiviso dai Paesi dell’OCSE, alla luce del quale poter valutare la nuova clausola generale antielusiva italiana prevista dall’art. 10-bis L. n. 212/2000 e il corrispondente regime sanzionatorio. Il Capitolo I analizza il significato di elusione fiscale e pratiche abusive secondo il sistema dell’OCSE e l’ordinamento dell’Unione, dei quali il nostro Paese è parte, confrontandolo con gli altri concetti strettamente connessi di pianificazione fiscale aggressiva (Aggressive Tax Planning o “ATP”) ed erosione della base imponibile e trasferimento degli utili (Base Erosion and Profit Shifting o “BEPS”) e precisando i rapporti che intercorrono con la dottrina civilistica dell’abuso del diritto. Esso fornisce alcune linee guida essenziali in materia di abuso del diritto o elusione fiscale per cogliere le interferenze che sussistono fra i diversi livelli di normazione e superare la compartimentazione cui sovente si assiste a causa dell’utilizzo di termini differenti e della loro provenienza da fonti giuridiche di diverso livello o atti aventi un’efficacia giuridica diversa (diritto e soft law). Il Capitolo II illustra la strategia antielusiva articolata che l’OCSE ha promosso in attuazione del mandato politico conferitogli dal G20 e che si è tradotta nelle 15 Azioni del Progetto BEPS e nella redazione del Modello di Convenzione OCSE 2017. In particolare, si intende effettuare una ricognizione del significato di pratiche abusive o elusive a livello internazionale, esaminare lo standard minimo di protezione contro il fenomeno dell’applicazione indebita delle norme delle Convenzioni fiscali contro le doppie imposizioni per fini elusivi (treaty abuse), ed illustrare gli obblighi di compliance a carico dei contribuenti e dei loro consulenti fiscali quali tasselli della più ampia strategia antielusiva raccomandata agli Stati partecipanti. L’analisi condotta in tale capitolo permette di confrontare l’art. 10-bis L. n. 212/2000 con la regola generale concepita per prevenire e reprimere l’abuso delle Convenzioni fiscali (cd. PPT rule) e comprendere se la norma domestica possa trovare applicazione in via unilaterale in mancanza di quest’ultima. Il Capitolo III ricostruisce il quadro giuridico antielusivo dell’Unione e affronta con spirito interdisciplinare la questione se il divieto di abuso del diritto costituisca un principio generale del diritto europeo. L’esame della giurisprudenza della Corte di Giustizia sul principio generale del divieto di pratiche abusive e sul cd. abuse of law, ossia sull’applicazione abusiva delle libertà di circolazione per scopi elusivi, è seguito dall’analisi delle fonti di diritto tributario europeo che prevedono l’introduzione di clausole antiabuso, con cenni anche alle iniziative peculiari intraprese in attuazione del Piano d’azione per un Mercato Unico Digitale. L’indagine è funzionale a chiarire il raggio d’azione delle regole antiabuso di matrice comunitaria e a valutare l’impatto delle libertà sancite dai Trattati e dall’Accordo sullo Spazio Economico Europeo alla luce del tradizionale rule of reason test applicato dalla Corte di Giustizia sulle norme antielusive nazionali, dunque fornisce le indicazioni necessarie per vagliare la conformità dell’art. 10-bis con il diritto dell’Unione ampiamente inteso. In questo capitolo si esaminano anche gli atti legislativi finalizzati ad intensificare lo scambio di informazioni fiscalmente rilevanti fra i contribuenti e le Amministrazioni fiscali e fra queste ultime nei loro rapporti reciproci e ad accrescere il livello di collaborazione e trasparenza da parte degli intermediari nella lotta contro la pianificazione fiscale aggressiva. Il Capitolo IV prosegue la ricerca sulla cornice normativa sovranazionale entro la quale va collocata la disciplina italiana anti-abuso con l’individuazione e l’approfondimento dei principi vincolanti europei in materia sanzionatoria che si desumono dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia e che sono sanciti nella Carta di Nizza e nella CEDU. Per intuire anche possibili sviluppi della giurisprudenza sul versante delle sanzioni per violazione del divieto di pratiche abusive, la trattazione avrà un taglio multidisciplinare e sarà diretta non solo a definire in astratto il contenuto e la portata dei principi fondamentali, in specie dei principi di legalità e proporzionalità, ma anche ad esplicitare le loro possibili ricadute sulla disciplina sanzionatoria dell’abuso del diritto o elusione. Infine, il Capitolo V analizza le tappe fondamentali che hanno condotto alla codificazione della norma generale anti-abuso nell’ordinamento tributario italiano, avendo cura di specificare la sua specialità rispetto al concetto di abuso nel diritto civile e soffermandosi sul contenuto e sull’ambito di applicazione dell’art. 10-bis L. n. 212/2000 in base al diritto europeo vigente. Dopo un excursus sul trattamento sanzionatorio delle fattispecie di elusione fiscale e abuso del diritto nella vigenza dell’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973 e del principio giurisprudenziale antielusivo, si vuole sottoporre a verifica la rispondenza del regime punitivo vigente ai principi che governano il sistema sanzionatorio tributario, e segnatamente ai principi di legalità e proporzionalità e ragionevolezza delle sanzioni, con l’intento di identificare gli attuali profili critici e prospettare possibili interventi di adeguamento della disciplina. Il “test” che ci si propone di effettuare impone una riflessione sulla natura delle conseguenze previste dall’art. 10-bis nei casi di abuso del diritto o elusione fiscale e sul ruolo dell’interpello antiabuso ai fini sanzionatori ed è completato da un’analisi comparatistica con altri ordinamenti che si contraddistinguono per la previsione di un apparato antiabuso complesso, che si articola in strumenti di compliance come il regime di comunicazione obbligatoria degli schemi abusivi assistito a sua volta da sanzioni, sistemi di allerta e altri meccanismi di ausilio interpretativo a favore dei contribuenti.
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RONCO, STEFANO MARIA. "La nozione di imprenditore nel diritto tributario tra forma societaria e reddito d'impresa." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2015. http://hdl.handle.net/10281/87602.

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Abstract:
La presente ricerca intende soffermarsi sulla portata della presunzione di cui agli artt. 6, comma 3 e 73, comma 1, T.U.I.R., che – come noto- prevede un meccanismo di automatica riconduzione ex lege di ogni entrata economica prodotta dagli enti collettivi societari commerciali nell’alveo del reddito d’impresa. Si tratta, in particolare, di valutare la ragionevolezza di tale modulo impositivo alla luce del formante normativo e giurisprudenziale. La ricerca si muoverà su due versanti paralleli. In primo luogo – dopo un breve excursus di diritto commerciale - si cercherà di evidenziare come la presunzione di cui agli artt. 6, comma 3 e 73, comma 1 del T.U.I.R., presenti alcuni elementi di incoerenza tali da giustificare l’opportunità di un processo di riconsiderazione in una prospettiva de jure condendo. Ci si interrogherà, quindi, in merito alla possibilità di individuare un modulo impositivo alternativo che permetta di rappresentare con più pienezza - rispetto al criterio del collegamento in forza della forma giuridica - il profilo distintivo che caratterizza gli enti collettivi commerciali rispetto alle altre figure di enti collettivi nonché, più in generale, che possa coordinarsi meglio al complessivo modello del reddito d’impresa. In secondo luogo, si indagherà in merito alla sufficienza della forma giuridica commerciale per la collocazione di ogni entrata economica nell’alveo del reddito d’impresa. Ci si soffermerà, a tale riguardo, sulla tematica dell’abuso della forma giuridica, valutando quali possano essere le conseguenze di tale patologia. Tali profili saranno analizzati alla luce del prisma offerto dall’istituto dell’interposizione, differenziando il fenomeno dell’abuso della forma giuridica a seconda che vengano in considerazione situazione di interposizione reale e di interposizione fittizia. Si formuleranno, in ultimo, alcune riflessioni tese ad approfondire i risvolti in sede di diritto punitivo connessi all’abuso della forma giuridica, prendendo in esame, in particolare, la giurisprudenza formatasi in materia di sanzioni tributarie amministrative ed in materia di confisca in sede di diritto penale.
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PONTIGIA, Lavinia. "La dichiarazione del minore nei casi di sospetto abuso sessuale: tra diritto e psicologia. Disciplina e prassi vigenti in termini di valutazione della testimonianza nel procedimento e nel processo penale." Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2021. http://hdl.handle.net/10446/181283.

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Brusegan, Carlotta. "L'Abuso di informazioni privilegiate: dalle tradizionali problematiche alle nuove prospettive comunitarie." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3422579.

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Abstract:
The present research looks at the study and the analysis of the criminal offence of Insider trading. First of all, an outline of the essential issues that lie at the basis of the current Italian regulation is presented, with particular attention to the evolution in legislation and case law of Insider trading in the U.S.. The analysis reviews the most significant steps of such genesis, highlighting any possible connection with the rules currently in force in Italy. Subsequently, the exegesis of the Italian legislation is briefly presented, starting with the basics of European Union law (starting from Directive 89/592/EEC until the most recent Law 62/2005). Then, the present investigation deals with the theories developed in relation to the ratio of the repressive prohibition and to the interest protected by the captioned rule, outlining the various positions resulting from the doctrine and the relationship of the relevant regulation with the s.c. corporate transparency. The investigation continues with the study of what constitutes inside information (Article 181 t.u.f.), focusing on the precise nature of the information and on the price sensitivity. Against this background, the author reaches the core of her research, namely the analysis of the criminal offence of Insider Trading (Articles 184 and 187 bis t.u.f.), highlighting the relevant outstanding issues. Thus, the investigation comes to the comparison with the new administrative offence of Insider trading introduced by Law 62/2005, focusing on the decriminalization of the action of the so-called secondary Insiders. Additionally, the (dual) role of Consob in criminal and administrative proceedings of Insider trading is briefly mentioned. The analysis focuses, in the end, on the new European requirements for reforming the law with a comprehensive view, by way of mentioning, inter alia, a recent intervention of the Court of Justice of the European Union and two measures developed at the end of 2011 by the European Commission (a Proposal for a Directive and a Proposal for a Regulation). The underlying intent of these measures is to dictate the minimum rules of discipline of the phenomenon in the criminal law and to standardize the rules of the Member States of the EU. In conclusion, the author gives an assessment of the current legislation on the basis of its effectiveness and systematic consistency.
La presente ricerca ha ad oggetto lo studio e l’analisi della fattispecie di Abuso di informazioni privilegiate. In primo luogo, vengono prospettate le questioni che si pongono alla base dell’attuale disciplina in Italia. Viene tracciato un breve quadro sull’evoluzione normativa e giurisprudenziale della fattispecie di Insider trading nell’ordinamento statunitense, ripercorrendo le tappe maggiormente significative della sua genesi e mettendo in luce eventuali punti di raccordo con la disciplina attualmente vigente in Italia. Viene, poi, brevemente ricostruita l’esegesi della normativa italiana, partendo dalle basi del diritto comunitario (dalla Direttiva 89/592/CEE fino a giungere alla più recente Legge 62/2005). La presente indagine arriva, quindi, a trattare delle teorie elaborate in relazione alla ratio repressiva del divieto e all’interesse tutelato dalla norma, dando conto delle varie posizioni elaborate dalla dottrina e del rapporto sussistente con la trasparenza societaria. L’approfondimento prosegue, dunque, con lo studio della nozione di informazione privilegiata (art. 181 t.u.f.), soffermandosi sul carattere preciso dell’informazione e sull’influenza della notizia sull’andamento del prezzo degli strumenti finanziari (c.d. price sensitivity). Al termine di tale ricostruzione, si arriva al cuore della presente ricerca, ossia l’analisi della fattispecie di Abuso di informazioni privilegiate (artt. 184 e 187 bis t.u.f.) evidenziando le relative questioni aperte. L’indagine giunge, poi, al raffronto con la nuova fattispecie amministrativa di Insider trading introdotta con la Legge 62/2005, concentrandosi sulla depenalizzazione dell’agire dei c.d. insiders secondari. Viene fatto cenno al (duplice) ruolo della Consob nei procedimenti penali e amministrativi per Abuso di informazioni privilegiate. L’analisi si concentra, infine, sulle nuove esigenze europee di riforma della disciplina letta in un’ottica di insieme. Vengono, in particolare, illustrati un recente intervento della Corte di Giustizia della Comunità Europea e due provvedimenti elaborati a fine 2011 dalla Commissione europea (una Proposta di Direttiva e una Proposta di Regolamento). L’intento sotteso a tali provvedimenti è quello di dettare delle regole minime di disciplina del fenomeno sotto il profilo penale e di uniformare la disciplina dei Paesi membri. Conclusivamente, si cerca di valutare la normativa attuale sotto il profilo dell’efficacia e della coerenza sistematica.
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PETTINELLI, ROBERTO. "LA GESTIONE DEL DISSENSO COLLETTIVO. FONDAMENTO E LIMITI DEL PRINCIPIO DI MAGGIORANZA TRA VALORIZZAZIONE DEL DETTATO COSTITUZIONALE E RAFFORZAMENTO DELL'ORDINAMENTO INTERSINDACALE." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2017. http://hdl.handle.net/10280/18749.

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Abstract:
L’opera analizza l’evoluzione dei metodi di gestione del dissenso collettivo e, in particolare, si propone di offrire una ricostruzione sistematica delle basi normative e degli effetti applicativi, attuali e potenziali, del principio di maggioranza nell’ambito delle relazioni sindacali. Ciò soprattutto alla luce del fatto che, nei casi di periodica interruzione dell’unità di azione dei maggiori sindacati confederali, la «rivoluzione maggioritaria», già sperimentata nel pubblico impiego, è spesso indicata, e non a caso accolta dai recenti accordi interconfederali, come la fondamentale soluzione alle conflittualità di sistema. Ma in che rapporto sono democrazia sindacale e regola maggioritaria? Nei quattro capitoli, con approccio storico-ricostruttivo, la risposta viene fornita attraverso lo studio del fondamento e dei limiti del principio di maggioranza sia in ambito associativo sia nell’evoluzione delle relazioni sindacali, con il traguardo di giungere all’analisi delle previsioni del Testo Unico del 10 gennaio 2014 e dell’art. 8 del d.l. 138/2011 (conv. in l. n. 148/2011). Nel capitolo conclusivo, infine, vengono discussi le sfide ed i problemi concreti che la possibile adozione legislativa della regola di maggioranza potrebbe comportare.
The work analyzes the evolution of the management of the trade union’s dissent and, in particular, it aims to offer a systematic reconstruction of the normative and an analysis of the majority principle in the context of labor relations, considering their current and potential effects. This especially because, in cases of periodic interruption of the action of the major trade union federations, the “major revolution” - already been adopted in the public sector – is often referred as the fundamental solution to conflicts; that’s why it is accepted by the recent inter-confederation agreements. But what is the relation between the union democracy and the majority rule? The answer is provided in the four chapters of the work, with the historical and reconstructive approach, through the study of the grounds and the limits of the majority principle both in its associated field and in the evolution of labor relations, with the goal of reaching the analysis of “Testo Unico del 10 gennaio 2014” and art. 8, d.l. 138/2011 (l. n. 148/2011)”. Finally, in the last chapter, we are going to discuss, in case of a trade union law, the challenges and the concrete problems that the possible adoption of the majority rule could provide.
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PETTINELLI, ROBERTO. "LA GESTIONE DEL DISSENSO COLLETTIVO. FONDAMENTO E LIMITI DEL PRINCIPIO DI MAGGIORANZA TRA VALORIZZAZIONE DEL DETTATO COSTITUZIONALE E RAFFORZAMENTO DELL'ORDINAMENTO INTERSINDACALE." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2017. http://hdl.handle.net/10280/18749.

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Abstract:
L’opera analizza l’evoluzione dei metodi di gestione del dissenso collettivo e, in particolare, si propone di offrire una ricostruzione sistematica delle basi normative e degli effetti applicativi, attuali e potenziali, del principio di maggioranza nell’ambito delle relazioni sindacali. Ciò soprattutto alla luce del fatto che, nei casi di periodica interruzione dell’unità di azione dei maggiori sindacati confederali, la «rivoluzione maggioritaria», già sperimentata nel pubblico impiego, è spesso indicata, e non a caso accolta dai recenti accordi interconfederali, come la fondamentale soluzione alle conflittualità di sistema. Ma in che rapporto sono democrazia sindacale e regola maggioritaria? Nei quattro capitoli, con approccio storico-ricostruttivo, la risposta viene fornita attraverso lo studio del fondamento e dei limiti del principio di maggioranza sia in ambito associativo sia nell’evoluzione delle relazioni sindacali, con il traguardo di giungere all’analisi delle previsioni del Testo Unico del 10 gennaio 2014 e dell’art. 8 del d.l. 138/2011 (conv. in l. n. 148/2011). Nel capitolo conclusivo, infine, vengono discussi le sfide ed i problemi concreti che la possibile adozione legislativa della regola di maggioranza potrebbe comportare.
The work analyzes the evolution of the management of the trade union’s dissent and, in particular, it aims to offer a systematic reconstruction of the normative and an analysis of the majority principle in the context of labor relations, considering their current and potential effects. This especially because, in cases of periodic interruption of the action of the major trade union federations, the “major revolution” - already been adopted in the public sector – is often referred as the fundamental solution to conflicts; that’s why it is accepted by the recent inter-confederation agreements. But what is the relation between the union democracy and the majority rule? The answer is provided in the four chapters of the work, with the historical and reconstructive approach, through the study of the grounds and the limits of the majority principle both in its associated field and in the evolution of labor relations, with the goal of reaching the analysis of “Testo Unico del 10 gennaio 2014” and art. 8, d.l. 138/2011 (l. n. 148/2011)”. Finally, in the last chapter, we are going to discuss, in case of a trade union law, the challenges and the concrete problems that the possible adoption of the majority rule could provide.
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GIULIANI, SAMUELE. "FORMA E NULLITÀ DI PROTEZIONE NEI CONTRATTI FINANZIARI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2021. http://hdl.handle.net/2434/850498.

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Abstract:
Il presente studio si propone di analizzare, in una prospettiva funzionale, i nuovi requisiti di forma del contratto introdotti dalla legislazione speciale e di settore, unitamente al correlato rimedio della nullità di protezione. Nella disciplina dei rapporti connotati da disparità di forza negoziale, il legislatore ha inteso recepire le esigenze del mutato contesto economico, caratterizzato non più dalla centralità della proprietà fondiaria, ma dal dinamismo di un mercato concorrenziale di prodotti e di servizi – di consumo, bancari, finanziari – ove impera la contrattazione asimmetrica; in questo contesto, il bene giuridico più rilevante è l’informazione detenuta dal contraente c.d. forte, nei cui confronti l’altra parte si trova in posizione di strutturale e fisiologica debolezza. La forma diviene così, da vestimentum della dichiarazione negoziale teso a garantire – anzitutto – esigenze di certezza nella circolazione dei beni immobili, uno strumento per ridurre le asimmetrie informative e garantire la trasparenza del contenuto contrattuale, promuovendo, di riflesso, l’ordine, l’efficienza e la competitività del mercato di riferimento. La medesima ratio di tutela del contraente debole ispira la previsione della nullità protettiva, che limita il diritto di azione alla sola parte debole del rapporto. Forma e nullità “di protezione” si prestano così a uno studio congiunto e interconnesso, condotto con specifico riguardo al settore dell’intermediazione finanziaria, che rappresenta un fecondo campo di indagine per l’esame delle criticità connesse al raccordo tra normativa speciale e disciplina generale codicistica. Questa analisi, demandata al formante dottrinale, procede di pari passo con il processo di progressiva rimeditazione delle categorie generali del diritto civile. In questa prospettiva – avallata anche dal recente orientamento della Suprema Corte, che sembra porsi nel solco di una rinnovata giurisprudenza degli interessi – ci si propone di indagare come la valorizzazione, in chiave ermeneutica, del dato funzionale consenta di superare una pretesa intangibilità e immutabilità dei concetti, affinché gli stessi possano arricchirsi di nuovi significati, così da fornire risposte adeguate ai problemi posti dalla moderna realtà economica. Queste riflessioni prendono le mosse dallo studio dell’evoluzione, in senso funzionale, del requisito di forma del contratto, oggetto del primo capitolo. Il secondo capitolo è dedicato all’approfondimento della forma dei contratti finanziari, svolto analizzando i presupposti e i limiti della tutela formale in subiecta materia, nonché l’integrazione della stessa mediante la previsione di specifici obblighi di informazione e di condotta in capo agli intermediari; tra le questioni problematiche sollevate dal requisito di forma, particolare attenzione è dedicata a quella della validità del contratto quadro di investimento recante la sottoscrizione del solo investitore. Il terzo capitolo è incentrato sulla nullità di protezione prevista in relazione ai contratti di investimento: si affronta, in particolare, il tema dei possibili abusi della posizione di vantaggio accordata dall’ordinamento, con specifico riguardo alle azioni di nullità c.d. “selettiva”, cercando di prospettare soluzioni interpretative tese ad evitare che la normativa di protezione finisca per essere piegata disfunzionalmente, nel perseguimento di scopi ulteriori e diversi da quelli che il legislatore ha ritenuto meritevoli di tutela. La valorizzazione della specifica ratio della normativa speciale si rivela idonea, da un lato, a garantire una coerente interpretazione evolutiva degli istituti tradizionali della forma e della nullità; e, dall’altro lato, a prevenire un ricorso opportunistico alla normativa di tutela del contraente debole, suscettibile di produrre effetti distorsivi non solo sul singolo rapporto, ma sul sistema nel suo complesso. Nella specifica materia dell’intermediazione finanziaria, dette considerazioni inducono a ritenere non meritevoli di accoglimento le azioni fondate sulla nullità del contratto quadro, ove esercitate in assenza di un reale vulnus informativo, al solo fine di ottenere la restituzione delle somme impiegate per investimenti rivelatisi svantaggiosi, a prescindere da vizi intrinseci degli stessi sul piano dell’informazione e dell’adeguatezza al profilo di rischio del cliente. L’analisi svolta permette infine di offrire un contributo allo studio dei limiti della tutela formale-informativa, soprattutto nei settori connotati, come quello finanziario, da un’intrinseca ed elevata complessità dei prodotti e dei servizi offerti. Come testimoniato dall’evoluzione normativa e regolamentare, la trasparenza informativa veicolata dal documento contrattuale, ancorché necessaria, non è sufficiente a garantire una tutela sostanziale del contraente debole, che passa necessariamente per l’effettivo rispetto dei doveri di comportamento che gravano sulla controparte professionale.
This study aims to analyze the new formal requirements of contracts introduced by special legislation, together with the connected remedy of “protective nullity”, in the perspective of their respective functions. Through the regulation of relationships with disparity of contractual power, the legislator acknowledged the needs emerging from the changed economic context, where real estate property is no longer central, given the rise of a dynamic, competitive market of products and services, where asymmetric contracts prevail; in this context, the most relevant asset is information, held by the “strong” professional party, towards which the other party is in a position of structural weakness. In this situation, the form of the contract is no longer only aimed at guaranteeing certainty in the circulation of property: it becomes an instrument for reducing information asymmetries and ensuring the transparency of the contractual contents, with consequent promotion of the order, the efficiency and the competitiveness of the relevant market. The same protection purpose inspires the nullity provision, which limits the right of action to the weaker party only. Therefore, the “protective” form and nullity of the contract will be analyzed in a joint and interconnected study, carried out with specific reference to the financial sector, which represents a fertile field of investigation for the examination of the critical issues regarding the connection between special legislation and general rules set forth under the Italian Civil Code. This analysis, to be carried out by doctrine, proceeds together with the process of gradual review of the general categories of civil law. In such perspective, this study investigates how the enhancement of the function of law can contribute to evolve legal categories, in order to provide adequate answers to the problems arising in the modern economic reality. This approach is also endorsed by a recent ruling of the Italian Supreme Court, which seems an expression of a renewed “jurisprudence of interests”. The above-mentioned analysis starts from the study, in the first chapter, of the evolution of the functions of the form of contract. The second chapter is dedicated to the in-depth study of the form of financial contracts, carried out by analyzing the characteristics and limits of formal protection in such field, as well as its integration through the provision of specific information and conduct duties of financial intermediaries. Among the issues which arise from the formal requirement, particular attention is paid to the validity of financial contracts signed only by the investor. The third chapter focuses on the protective nullity provided for investment contracts; it is dedicated, in particular, to the issue of possible abuses of the advantages granted by the legal system to the weaker party, with specific regard to the so-called “selective” claims. The study tries to suggest solutions aimed at avoiding a dysfunctional use of the protective legislation, which occurs when such rules are exploited for purposes other than those envisaged by the legislator. On the one hand, the enhancement of the specific functions of special legislation is useful in order to guarantee a consistent interpretation and a renovation of the traditional legal categories of form and nullity of the contract; on the other hand, such approach allows to prevent an opportunistic use of the rules aimed at protecting the weaker party, which would have disruptive effects not only on individual contractual relationships, but also on the system as a whole. In the specific field of financial intermediation, the considerations above demonstrate the unfairness of legal actions based on the nullity of the financial contract, when proposed in the absence of a real information harm, for the sole purpose of obtaining the return of the sums used for disadvantageous investment transactions, regardless of an actual lack of information or inadequacy to the investor’s risk profile. Lastly, the analysis carried out offers a contribution to the study of the limits of formal protection, especially in sectors such as the financial one, characterized by an intrinsic high complexity of the products and services under offer. In light of the evolution of legislation and regulation, it is now clear that information transparency, conveyed by the contractual document, is necessary but not sufficient to ensure a substantial protection of the weaker party. This outcome inevitably requires the effective compliance with the behavioural duties of the professional party.
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CAVALLINI, GIONATA GOLO. "IL «NUOVO» LAVORO AUTONOMO. QUALIFICAZIONE E TUTELE DOPO IL D.LGS. N. 81/2015 E LA L. N. 81/2017." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2019. http://hdl.handle.net/2434/615459.

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Abstract:
La ricerca mira a rispondere a due quesiti che sorgono per così dire spontaneamente a un “primo impatto” con il nuovo formante normativo risultante dagli interventi legislativi che hanno caratterizzato la stagione – forse appena conclusa – dei Jobs Act, secondo una linea che parte idealmente dal decreto legislativo n. 81 del 2015, recante la disciplina organica dei contratti di lavoro per culminare nella legge n. 81 del 2017, recante misure per la tutela del lavoro autonomo «non imprenditoriale». L’intreccio tra le novità introdotte da tali interventi ha prodotto – come è stato da più parti osservato – un piccolo “sisma”, che ha interessato tanto la dimensione della qualificazione dei rapporti di lavoro, quanto quella della tutela applicabile ai rapporti di lavoro non subordinato. Le discussa riconduzione alla disciplina del lavoro subordinato dei rapporti di collaborazione c.d. etero-organizzata (art. 2, d.lgs. 81/2015), la successiva ma parallela norma di interpretazione autentica della nozione di coordinamento, introdotta in calce all’art. 409, n. 3, c.p.c. (art. 15, l. 81/2017) e il contestuale riconoscimento di forme di lavoro subordinato organizzato per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro (art. 18, l. 81/2017) impongono una rimeditazione delle nozioni tradizionali, in quanto finiscono per innestare sulla (pur sempre fondamentale) summa divisio tra lavoro subordinato e autonomo una serie di ulteriori partizioni, che si declinano secondo un continuum dai confini spesso difficilmente individuabili. La previsione di forme di tutela destinate a rispondere alle esigenze del lavoro autonomo purché «non imprenditoriale», poi, richiede di interrogarsi sul senso dell’etichetta adoperata dal legislatore e di esplorare la linea di confine intercorrente tra mondo del lavoro (autonomo) e mondo della (piccola) impresa. Si tratta dunque innanzitutto, questo il primo itinerario di ricerca, di individuare i confini esterni della fattispecie del lavoro autonomo, tradizionalmente raffigurato come un’area residuale compressa tra il mondo del lavoro salariato e quello della piccola impresa, nonché i confini interni tra il lavoro autonomo “puro” e quello variamente coordinato, su base più o meno consensuale, rispetto a un committente principale. Tale operazione richiede inoltre di interrogarsi sulla persistente attualità della grande dicotomia autonomia-subordinazione – a tutt’oggi oggetto di una giurisprudenza che fatica a trovare punti di riferimento più solidi che non siano le copiose massime tralatizie, tanto rigorose quanto circolari – e di chiedersi se le recenti riforme abbiano individuato partizioni interne al sistema del lavoro autonomo (lavoro autonomo etero-organizzato, lavoro autonomo coordinato e continuativo, lavoro autonomo non coordinato ma continuativo, lavoro autonomo “puro”), per consentire una graduazione delle tutele, ovvero se esse abbiano solo spostato la linea di confine tra rapporti di lavoro soggetti alla disciplina protettiva del lavoro subordinato e rapporti che ne sono esclusi. Al contempo, dal punto di vista della disciplina applicabile, l’introduzione su base universalistica di una disciplina a tutela del lavoro autonomo «non imprenditoriale», modellata sulla falsariga delle regole e dei principi che presiedono alla tutela civilistica del contraente debole, si candida, quantomeno nelle intenzioni del legislatore, a riempire lo spazio vuoto in cui il decreto di riordino dei contratti di lavoro aveva lasciato i collaboratori «genuini». È nell’intreccio di queste diverse dimensioni di «novità» che si spiegano la scelta del titolo Il «nuovo» lavoro autonomo e quella di articolare il lavoro nei quattro capitoli che lo compongono. Nel primo capitolo, dopo avere svolto alcune riflessioni introduttive sul concetto di «autonomia» e sulla sua caratterizzazione normativa in termini negativi impressa dalla codificazione del 1942, si tenta di effettuare una ricostruzione genealogica dell’istituto oggetto dell’indagine, per apprezzare come nel secolo breve il lavoro autonomo tenda a muoversi nel “solco” del lavoro subordinato, compresso dapprima dalla cosiddetta «tendenza espansiva» del diritto del lavoro e quindi da un approccio regolativo concepito in termini che rimarranno a lungo di carattere spiccatamente antiabusivo, di repressione cioè del «falso» lavoro autonomo. Tale indugio preliminare richiederà inevitabilmente di dare conto, sia pure per sommi capi, della speculare evoluzione della figura del contratto di lavoro subordinato, nelle cui pieghe il lavoro autonomo è stato dapprima fagocitato, fino quasi a scomparire, e quindi riemerso, orfano di tutele, richiedendone le più svariate, a tratti con grida e più spesso sottovoce. Nel secondo capitolo si cerca invece di ricostruire i tratti caratterizzanti la fattispecie posta ad oggetto dell’indagine e, in particolare, i suoi confini esterni e interni. A tal fine, dopo avere dato conto della perdurante attualità del binomio autonomia / subordinazione e dell’assetto attualmente raggiunto dall’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, il lavoro prosegue in una sorta di climax, passando in rassegna le partizioni interne al mondo dell’autonomia – lavoro etero-organizzato e coordinato – delle quali vengono analizzati gli elementi costitutivi, per poi soffermarsi sul confine esterno rappresentato dall’universo contermine dell’imprenditorialità, la cui analisi si rende necessaria in virtù dell’espressa esclusione dei piccoli imprenditori dal novero dei beneficiari delle nuove tutele statutarie. Il terzo capitolo, dedicato alle tutele del «nuovo» lavoro autonomo, si articola in tre sezioni, aventi ad oggetto tre nuclei concettuali, e, in particolare: i) la tutela contrattuale del lavoro autonomo disegnata dal nuovo Statuto, che attinge a piene mani dagli approdi raggiunti del diritto civile di “seconda generazione” nella tutela dei rapporti negoziali caratterizzati dallo squilibrio di forza contrattuale delle parti; ii) le tutele “fuori dal rapporto”, vale a dire quelle di carattere previdenziale, fiscale e promozionale introdotte dalla novella, rispetto alle quali si cercherà di accompagnare l’analisi puntuale delle disposizioni rilevanti all’individuazione del fil rouge che le lega; iii) le tutele collettive, rispetto alle quali pare opportuno valutare, anche in riferimento ai vincoli provenienti dal diritto europeo, gli spazi di agibilità sindacale e le potenzialità nei diversi modelli di associazionismo delle varie categorie di lavoratori autonomi. I primi due nuclei individuano, pur senza sovrapporvisi, le principali direttrici d’intervento dello Statuto, anche se vi saranno ricomprese questioni trascurate dallo stesso (come il nodo dell’equo compenso, che verrà invece affrontato anche alla luce delle ultime novità relative al mondo del lavoro libero professionale); l’ultimo è invece dalla novella quasi del tutto omesso, nonostante le mai sopite sollecitazioni sul punto lo rendano oggi un oggetto di studio obbligato nell’ambito di una ricerca sulle tutele del lavoro autonomo. Il quarto e ultimo capitolo, infine, ha ad oggetto il fenomeno della gig economy, sul quale gli interpreti si affaticano ormai da qualche anno a questa parte. La scelta di destinare il capitolo conclusivo al tema del lavoro “digitale” si spiega con il fatto che esso, nella misura in cui viene ricondotto, a ragione o a torto, al mondo dell’autonomia – opzione per nulla scontata, ma pare sia questa la direzione imboccata dalla nostra giurisprudenza – si candida a costituire il prototipo di quel lavoro economicamente debole, che, orfano delle tutele del lavoro a progetto (in primis in materia di compenso), non può che guardare alle nuove tutele statutarie, rappresentando, in altri termini, un privilegiato “banco di prova” per saggiarne le potenzialità applicative.
The doctoral research aims to give an answer to a series different questions arising at a first impact with the new Italian discipline regulating self-employed work as provided for by the legislative decree 81/2015, concerning the reform of the contractual models, and by the law 81/2017, concerning the protection of self-employed «non-entrepreneurial» work. The combination of these new provisions produced indeed a little “earthquake” in the system of Italian labour law, and, in particular. The innovations represented by the discussed introduction of a new discipline regarding bogus self-employment (so called hetero-organized collaborations: art. 2, d.lgs. 81/2015) together with the specification of the elements of a genuine self-employed collaboration (art. 15, l. 81/2017) calls for a rethinking of the traditional notions of labour law, as they introduce new categories in the area comprehended by the two poles represented by autonomous work and dependent (subordinate) work. On the other hand, the label «non-entrepreneurial» that the Legislator used to individuate the beneficiaries of the new discipline calls for an investigation regarding the border between (self-employed) work and (medium and small) businesses. Therefore, it seems necessary to individuate, in the first place, the external borders of the complex legal situation «self-employed work», which has traditionally been considered as a residual area compressed by the world of employment and the world of small businesses. In the second place, it seems also necessary to individuate the internal borders of self-employed work, which is articulated in several subcategories covering the area of those self-employed workers who devote the main part of their activity to a main client on a continuative basis. Meanwhile, the introduction on a universalistic basis of a protective regulation, which is structured as the private law remedies applicable to contractual relations characterized by the imbalance of bargaining power of the parties, requires a rethinking of the techniques of protection of «genuine» self-employed work. It is in the combination of these two different elements of innovation that it is possible to appreciate the title chosen (The «new» self-employed work. Qualification and legal protection after the legislative decree n. 81/2015 and the law 81/2017) and the articulation of the thesis in four chapters. In the first chapter, after some introductive reflexions about the concept of «autonomy» and its legal characterization under Italian law, we tried to make a genealogical analysis of the subject, in order to appreciate how during the XXth century self-employed work was compressed by the predominant figure of the employment contract and that for a long time the regulatory approach has been conceived mainly in terms of repressing bogus self-employment. In the second chapter we try to individuate the main characteristics of self-employed work and its internal and external borders. To this end, after having underlined that the dichotomy autonomy-subordination is still a cornerstone of the Italian labour law system, the dissertation continues examining the internal partitions of the figure – hetero-organized work, coordinated work – and its constitutive elements and then investigating the complex relation between the world of (self-employed) work and the world of (medium and small) businesses, expressly excluded from the new protective measures dedicated to «non-entrepreneurial» work. The third chapter deals more in particular with the new protective measures introduced in 2017 and it is articulated in three sections. The first section regards the contractual protection of self-employed work and it analyses the elements of the new discipline that recall closely the innovations coming from the field of private law, with particular regard to the B2b contractual relationships. The second section examines the innovations brought in the field of social security and tax regulation. The third section deals with the instruments of collective protection applicable to self-employed workers, in order to verify, also under European law, potentialities and limits of collective dialogue and conflict in the field of non-subordinate work. The last chapter, finally, deals with the phaenomenon of the so-called gig economy. The decision to dedicate the final part of the dissertation to this topic derives from the fact that insofar as the new forms of work emerged in the gig economy are qualified as self-employed relationship – and it seems that this is the direction taken by Italian case law – they represent the perfect prototype of “weak” self-employed work that shall look at the new protective provisions.
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LENZINI, CHRISTIAN. "Danno e offesa degli abusi di mercato." Doctoral thesis, Università Bocconi, 2013. https://hdl.handle.net/11565/4054316.

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Bertini, Marco <1980&gt. "Gli abusi di mercato e le società quotate operanti nel settore dei trasporti." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1569/1/Bertini_Marco_Tesi.pdf.

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Bertini, Marco <1980&gt. "Gli abusi di mercato e le società quotate operanti nel settore dei trasporti." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1569/.

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Gong, Hongbing <1967&gt. "The abuse of intellectual property rights and regulations in China: a law and economic analysis." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3903/1/GONG_HONG_BING_TESI_20110419%EF%BC%885%E7%89%88%EF%BC%89.pdf.

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Abstract:
From the institutional point of view, the legal system of IPR (intellectual property right, hereafter, IPR) is one of incentive institutions of innovation and it plays very important role in the development of economy. According to the law, the owner of the IPR enjoy a kind of exclusive right to use his IP(intellectual property, hereafter, IP), in other words, he enjoys a kind of legal monopoly position in the market. How to well protect the IPR and at the same time to regulate the abuse of IPR is very interested topic in this knowledge-orientated market and it is the basic research question in this dissertation. In this paper, by way of comparing study and by way of law and economic analyses, and based on the Austrian Economics School’s theories, the writer claims that there is no any contradiction between the IPR and competition law. However, in this new economy (high-technology industries), there is really probability of the owner of IPR to abuse his dominant position. And with the characteristics of the new economy, such as, the high rates of innovation, “instant scalability”, network externality and lock-in effects, the IPR “will vest the dominant undertakings with the power not just to monopolize the market but to shift such power from one market to another, to create strong barriers to enter and, in so doing, granting the perpetuation of such dominance for quite a long time.”1 Therefore, in order to keep the order of market, to vitalize the competition and innovation, and to benefit the customer, in EU and US, it is common ways to apply the competition law to regulate the IPR abuse. In Austrian Economic School perspective, especially the Schumpeterian theories, the innovation/competition/monopoly and entrepreneurship are inter-correlated, therefore, we should apply the dynamic antitrust model based on the AES theories to analysis the relationship between the IPR and competition law. China is still a developing country with relative not so high ability of innovation. Therefore, at present, to protect the IPR and to make good use of the incentive mechanism of IPR legal system is the first important task for Chinese government to do. However, according to the investigation reports,2 based on their IPR advantage and capital advantage, some multinational companies really obtained the dominant or monopoly market position in some aspects of some industries, and there are some IPR abuses conducted by such multinational companies. And then, the Chinese government should be paying close attention to regulate any IPR abuse. However, how to effectively regulate the IPR abuse by way of competition law in Chinese situation, from the law and economic theories’ perspective, from the legislation perspective, and from the judicial practice perspective, there is a long way for China to go!
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Gong, Hongbing <1967&gt. "The abuse of intellectual property rights and regulations in China: a law and economic analysis." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3903/.

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Abstract:
From the institutional point of view, the legal system of IPR (intellectual property right, hereafter, IPR) is one of incentive institutions of innovation and it plays very important role in the development of economy. According to the law, the owner of the IPR enjoy a kind of exclusive right to use his IP(intellectual property, hereafter, IP), in other words, he enjoys a kind of legal monopoly position in the market. How to well protect the IPR and at the same time to regulate the abuse of IPR is very interested topic in this knowledge-orientated market and it is the basic research question in this dissertation. In this paper, by way of comparing study and by way of law and economic analyses, and based on the Austrian Economics School’s theories, the writer claims that there is no any contradiction between the IPR and competition law. However, in this new economy (high-technology industries), there is really probability of the owner of IPR to abuse his dominant position. And with the characteristics of the new economy, such as, the high rates of innovation, “instant scalability”, network externality and lock-in effects, the IPR “will vest the dominant undertakings with the power not just to monopolize the market but to shift such power from one market to another, to create strong barriers to enter and, in so doing, granting the perpetuation of such dominance for quite a long time.”1 Therefore, in order to keep the order of market, to vitalize the competition and innovation, and to benefit the customer, in EU and US, it is common ways to apply the competition law to regulate the IPR abuse. In Austrian Economic School perspective, especially the Schumpeterian theories, the innovation/competition/monopoly and entrepreneurship are inter-correlated, therefore, we should apply the dynamic antitrust model based on the AES theories to analysis the relationship between the IPR and competition law. China is still a developing country with relative not so high ability of innovation. Therefore, at present, to protect the IPR and to make good use of the incentive mechanism of IPR legal system is the first important task for Chinese government to do. However, according to the investigation reports,2 based on their IPR advantage and capital advantage, some multinational companies really obtained the dominant or monopoly market position in some aspects of some industries, and there are some IPR abuses conducted by such multinational companies. And then, the Chinese government should be paying close attention to regulate any IPR abuse. However, how to effectively regulate the IPR abuse by way of competition law in Chinese situation, from the law and economic theories’ perspective, from the legislation perspective, and from the judicial practice perspective, there is a long way for China to go!
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Dushi, Desara <1990&gt. "The phenomenon of online live-streaming of child sexual abuse: Challenges and legal responses." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019. http://amsdottorato.unibo.it/9058/1/DUSHI_DESARA_tesi.pdf.

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Abstract:
In the recent years, the importance of Internet in the education of children all over the world has grown enormously. But as every other phenomenon, the easy access to the Internet creates a great number of concerns that should not be neglected. Over the past two decades, the internet has become a new medium through which child exploitation and sexual abuse happens. Technology is being used not only as a means of committing old forms of sexual abuse and exploitation of children, but also for creating new ones. This variety of crime types ranges from child pornography, sexting and sextortion to online grooming, and live-streaming of child abuse. This dissertation focuses on a very current, fast developing, and not very explored topic, the phenomenon of live-streaming of child abuse. The research includes a perspective of (public) international law, the situation in Europe due to the activities of the Council of Europe and the EU and also a “reality” test with two legal system approaches, Italy and England & Wales, on how to handle online child sexual abuse material and more specifically live-streaming of such abuses. On the basis of this observation, the main objective is to critically analyze the status quo of existing framework in the area of online child sexual abuse and exploitation in order to find out how flexible it is to be applied to this specific crime, if it can be applied, and how can it be improved in order to better respond to this new global reality. Based on all of this I draw conclusions over the insufficiency of existing framework to cover the crime of live-streaming of child abuse and plead for filling the legal lacunae by extending specific criminal provisions -ideally harmonized on an international level- specially made to tackle this crime.
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Rampone, Jessica. "Tortura, tra abusi e tutela dei diritti fondamentali della persona nel sistema giuridico sovranazionale e nazionale." Doctoral thesis, Università del Piemonte Orientale, 2020. http://hdl.handle.net/11579/115130.

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ARDITA, Claudia Maria. "LA DISCIPLINA DEGLI ABUSI DI MERCATO: PROSPETTIVE NAZIONALI ED EUROPEE." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2013. http://hdl.handle.net/11392/2388891.

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Abstract:
The present work relates to market abuse, particularly insider trading and market manipulation. The thesis, in particular, is divided into 5 chapters. In the first chapter we examine the abusive practices and related economic issues. The second chapter deals with the European profile of market abuse by the discussion of the Community acts that have influenced this matter. The chapter three number deals with the national legislation for the implementation of European regulations, and also focuses on the powers of CONSOB and the disclosure obligations of companies. Chapter four concerns in more detail the issues relating insider trading and market manipulation. The final chapter regards, finally, the proposed changes in the regulations analyzed and a proposal made by the author about ways to punish market abuse.
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Fedetto, Rebecca. "Il maltrattamento minorile: i bambini vittime di violenza tra esigenze di giustizia e tutela della salute. Child abuse: chidren victime of violence between the need for justice and health protection." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2014. http://hdl.handle.net/11577/3423700.

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Abstract:
This work is carried out in the field of the protection of human rights, focusing on the protection of the abused, with a study and analysis of the main problems that emerge from the legal point of view. In this field, in fact, several issues are highlighted: we take into account and aim to analyse the matter of the conflict between legal demands and health protection that can arise in case of child maltreatment or abuse. The health protection of the child, which in principle is enshrined in primary law, is fundamental and inviolable (Article 32, Italian Constitution). In reality, however, it is drastically reduced by procedural requirements related to the search for the perpetrator and the related evidence. This is because intersecting within the same scenario are the activities of various people and specialists, and above all the holders of various legal interests. On the one hand we have the Judicial Authorities (Public Prosecutor) who search for and prosecute the perpetrator (and in particular search for the evidence of abuse or maltreatment), and on the other we have the health care system that looks after the child and are responsible for protecting their health. The result of this intersection of activities and positions may become a troublesome conflict. What interest must prevail? Can the need for justice compress the protection of the health of the child? In what way does the responsibility of the health care conflict with the order of the Judicial Authorities? These questions are lacking clear and unambiguous answers, and show the presence of a legislative vacuum that can lead to a paralysis of the various operating services of the scenario. The extreme limit of this situation is given by the hypothesis of the "child as bait": a minor, already a diagnosed victim of violence, is placed back by the Judicial Authorities into the situation of abuse, exposing them to the risk of further abuse, in order to obtain crime evidence and to identify the perpetrator. Besides the serious problem of using a child as bait, this work examines other issues, such as the abusing parents' consent, the coordination between attorney and juvenile court, the inertia of the latter when assessing the efficacy of the offered protection, and what other possible alternatives can be developed to ensure that the health and protection of the child are always fully and effectively guaranteed. The study material is taken in the first place from the study of a prospective cohort of children from the Regional Centre for the Diagnosis of the Abused Child of the Department of Pediatrics, University of Padua; a preliminary study of 250 cases. Furthermore, we examined four model cases concerning the issues covered by this study, with the Centre for the Diagnosis of the Abused Child as the reference structure. The working method is divided into several phases: The legal framework, with reference to either the current legislation or to case law. Case law is of fundamental importance when bridging legislative gaps; Case analysis; Evidence of the critical urgency and of the legislative gaps, and case law implementation guidelines; case law; Study of possible new solutions and perspectives; Presentation of results and new procedures. We start by describing and defining the problem of maltreatment with a presentation of its main forms, to continue with the analysis of the legislative panorama at an Italian and European level, and an examination of the forecast types of guardianship. In particular, we analyse how the abuse is taken into account in both civil and criminal law, what legal instruments and solutions are being offered by our jurisdiction, and what the main legislative gaps are. The examination of clinical cases offers full evidence that shows the existence of regulatory gaps and how the protection of the abused child is not fully guaranteed. The conclusions of this work clearly show the gaps and critical urgency of the current system, with a resulting effect on the protection of children who are victims of abuse or maltreatment. The first problem relates to the inertia of the Juvenile Court, which too often does not take action against the parents when faced with a warning or a clear diagnosis of abuse, and waits for further developments from the investigating Prosecutor. This is a crucial point: the Juvenile Court should take immediate action to protect, independently of the investigation which is often slow because of legal procedures and processing. The work of the Prosecutor and the Juvenile Court should be on two separate levels, since also the purposes of these are different, and the protection of the abused/maltreated child must not be jeopardised by the search for the perpetrator. The fact that the Juvenile Court does not intervene with temporary measures towards the parents (when it is certain that the abuse occurred at home) also has an impact on the actual health care of the victim. Often physicians who must perform visits, diagnostic tests or other medical treatment on the young victim are having to seek informed consent from the abusing parent, who still fights for parental authority. The resulting health care paralysis is easy to understand in the case of the abusing parent denying consent. Finally, the most striking manifestation of protection failure is in the case where the abused minor is placed back in the home where the abuse occurred, sometimes with the specific purpose of legally proving the perpetrator's crime (child as bait ), or "simply" due to a failure to identify the perpetrator or lack of action against the parents. This seems not allowable in a state of law that deals with all the rights of the citizens, in which issues such as privacy are given prime importance. We project to study and present possible new procedures, while keeping the focus of the "principle of sufficient evidence". What we want to bring to light is that the protection of the abused child and the search for the perpetrator must remain on separate levels. Effective protection must not be jeopardised by criminal investigations. The term "sufficient evidence" is used because, faced with a confirmed diagnosis of abuse or maltreatment, this should be in itself sufficient to enable and ensure the full protection of the child, without hesitation or putting the abused child in a situation of further risk. To identify the perpetrator in the presence of clinical certainty is fundamental, but must always be secondary to the health of the child. The certainty that abuse has occurred should be sufficient to activate the full and immediate protection for the child. It is essential that the Juvenile Court preserve its independence with respect to the Ordinary Court and Prosecutor, and promptly adopt urgent measures that allow an actual taking care of the abused child by the health care. Our legal and international laws stipulate clearly the primary importance of child protection, and this has to be guaranteed particularly within the family, where the child may suffer violence and abuse even from those who should offer protection: its parents
Il presente lavoro si svolge nell’ambito della tutela dei diritti focalizzandosi sulla tutela del minore maltrattato, con l’ approfondimento e l’analisi delle principali criticità che emergono dal punto di vista giuridico. In questo campo infatti vengono in evidenza diverse problematiche: questo lavoro prende in considerazione e si prefigge di analizzare la questione del conflitto tra esigenze di giustizia e tutela della salute che può nascere quando ci si trova di fronte ad un caso di maltrattamento e/o abuso su minore. La tutela della salute del bambino, che in via di principio è sancita come diritto primario, fondamentale e inviolabile (art 32 Cost.), nella prassi viene drasticamente ridotta da necessità procedurali legate alla ricerca del colpevole del reato e delle relative prove. Questo accade perchè sullo stesso scenario s’interseca l’attività di diversi attori, titolari di diverse competenze e soprattutto titolari di diversi interessi legittimi: da un lato l’Autorità Giudiziaria (PM) che esercita l’azione penale e persegue le ricerca del colpevole (e nello specifico della prova dell’abuso o del maltrattamento), dall’altro i medici che prendono in carico il minore e sono preposti alla tutela della salute dello stesso. Dall’intersezione di tali attività e posizioni ne può scaturire un conflitto di difficile risoluzione. Quale interesse deve prevalere? Può l’esigenza di giustizia comprimere la tutela della salute del minore? In quale responsabilità incorre il medico che non ottemperi all’ordine dell’Autorità Giudiziaria? Questi interrogativi, privi di una riposta chiara ed univoca, dimostrano che si è alla presenza di un vuoto legislativo che porta come conseguenza situazioni di paralisi dei Servizi operanti nello stesso scenario. Il limite estremo di tale situazione è dato dall’ ipotesi del “bambino esca”: un minore, già vittima di violenza accertata e diagnosticata, viene reinserito su ordine dell’AG nel luogo dove è avvenuto il maltrattamento esponendolo consapevolmente al rischio di nuovo abuso, al fine di ottenere la prova del reato ed individuare il colpevole. Unitamente a questa grande problematica (bambino esca) il lavoro analizza altre questioni dibattute, quali il problema del consenso da parte del genitore maltrattante, il coordinamento tra Procura e Tribunale minorile e l’inerzia di quest’ultimo, nell’ottica di valutare quale tutela effettiva sia offerta al minore e quali possibili alternative si possano sviluppare per fare in modo che la salute e la protezione del minore vengano sempre garantite modo pieno ed efficace. Il materiale di studio è dato, in primo luogo, dallo studio di una coorte prospettica dei bambini presi in carico dal Centro Regionale per la Diagnostica del Bambino Maltrattato del Dipartimento di Pediatria dell’Università di Padova : si tratta di uno studio effettuato tramite una preliminare revisione di casistica con esame di 250 casi. Inoltre vengono presi in esame alcuni (4) casi paradigmatici rispetto alle problematiche oggetto del presente studio; la struttura di riferimento è il Centro per la Diagnostica del bambino maltrattato. Il metodo di lavoro passa attraverso diversi fasi: Inquadramento giuridico, sia con riferimento alla normativa vigente si in riferimento agli orientamenti giurisprudenziali, che in questa materia sono di fondamentale per supplire alle carenza legislative; Analisi dei casi; Evidenza delle criticità e delle lacune normative e applicazione degli orientamenti giurisprudenziali; Studio di possibili nuove soluzioni e prospettive; Presentazione dei risultati e delle nuove prassi. Il lavoro si sviluppa partendo dall’inquadramento del problema “maltrattamento” con la definizione e presentazione delle principali forme di maltrattamento; prosegue quindi con’analisi del panorama legislativo nazionale ed europeo, e con l’esame dei tipi di tutela previsti. In particolare viene analizzato in che modo il maltrattamento sia preso in considerazione nel codice civile e penale, quali soluzioni e strumenti giuridici siano offerti dal nostro ordinamento, e quali siano le principali lacune legislative. L’esame dei casi clinici porta alla luce con piena evidenza la sussistenza di vuoti normativi e di come la tutela del minore maltrattato non sia garantita appieno. Emergono quindi con piena evidenza nelle conclusioni del lavoro le alcune e le criticità del sistema attuale, con conseguente ricaduta sulla tutela dei minori vittime di abuso e/o maltrattamento. Un primo problema riguarda l’inerzia del Tribunale per i Minorenni, che troppo spesso, di fronte ad una segnalazione e ad una diagnosi certa di maltrattamento, non prende provvedimenti nei confronti di genitori, in attesa di sviluppi da parte delle Procura che svolge le indagini. Questo è un punto cruciale: il Tribunale del Minorenni dovrebbe attivarsi tempestivamente per la tutela , in modo indipendente rispetto alle indagini volte alla ricerca del colpevole, che peraltro seguono i lunghi tempi della giustizia e dei processo. Il lavoro della Procura e del Tribunale Minori, dovrebbe rimanere su due piani distinti, in quanto le finalità degli stessi sono distinte, e la tutela del minore, in presenza di una diagnosi certa di abuso/maltrattamento, non può essere fatta dipendere dalla ricerca del colpevole. Il fatto poi che il Tribunale per i Minori non intervenga con provvedimenti temporanei nei confronti dei genitori (nel momento in cui si ha la certezza che il maltrattamento sia avvenuto in casa) ha una ricaduta anche sul piano operativo della presa in carico da parte dei sanitari. Spesso infatti i medici che devono svolgere visite, esami diagnostici, o comunque trattamenti sanitari sulla piccola vittima si trovano a dover chiedere il consenso informato al genitore maltrattante, a cui ancora compete la piena potestà . E’ di immediata comprensione la situazione di paralisi in cui possano venire a trovarsi i sanitari, che hanno necessità di curare il minore e si possono invece trovare di fronte al diniego del consenso da parte del genitore maltrattante. La manifestazione più eclatante infine delle lacune di tutela si ha nel caso in cui il minore maltrattato venga ricollocato nella casa familiare dove è avvenuto il maltrattamento, addirittura talvolta proprio allo specifico fine di assicurare il colpevole alla giustizia (bambino esca), o “semplicemente “ a causa di un mancata individuazione del colpevole e quindi, mancanza di provvedimenti nei confronti dei genitori. Questo appare non solo non condivisibile ma addirittura non ammissibile in uno stato di diritto che si occupa di tutte le garanzie del cittadino, in cui a questioni come la privacy viene data importanza fondamentale. Il progetto di lavoro, al fine di studiare e presentare nuove possibili prassi, individua come punto focale il “principio della prova sufficiente”. Ciò che si vuole portare alla luce è che la tutela del bambino e la ricerca dell’ autore del maltrattamento devono rimanere su pianti distinti e una tutela effettiva non può essere fatta dipendere dall’andamento delle indagini penali. Si parla di “prova sufficiente” perché, di fronte ad una diagnosi certa di abuso/maltrattamento questo deve essere di per sè sufficiente per attivare e garantire la piena protezione del minore, senza incertezze o tantomeno senza mettere il minore già maltrattato in situazione di ulteriore rischio. In presenza di una certezza clinica individuare il colpevole è senz’ altro fondamentale ma deve essere comunque secondario rispetto alla vita e alla salute del bambino. La certezza che il maltrattamento è avvenuto è il dato che deve far attivare tutto il sistema di protezione nei confronti del minore. Per questo è di fondamentale importanza che il Tribunale dei Minorenni mantenga la sua indipendenza rispetto al Tribunale ordinario /Procura, e adotti in maniera tempestiva i provvedimenti urgenti e necessari, che possono peraltro consentire una effettiva presa in carico del minore da parte degli operatori. Il nostro ordinamento e le legislazioni internazionali sanciscono in modo chiaro la primaria importanza della tutela dell’infanzia, e ciò deve essere garantito ancor più da parte delle Istituzioni laddove il bambino subisca violenza proprio da chi sarebbe deputato a proteggerlo: la famiglia
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Pizzeghello, Silvia. "La repressione penale della pedofilia: profili comparatistici." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3426624.

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Abstract:
The thesis here presented after the three year PhD programme analyzes the criminal repression of the paedophilia from a comparative point of view. The work is developed in three chapters that concern respectively the international laws, the Italian legislation on paedopornography and, lastly, a comparative analysis of foreign legislation. The first chapter contains a deep analysis of the so called “International child law”, which concretely means the corpus of all the international legislative initiative taken in the last years. In this part the work is focused on the relationship between national and international law, and the tendency to proceed to harmonize the crimes related child abuse, in order to have a uniform protection against these transnational crime. The core of the discipline can be found in the definition of the commercial sexual exploitation of the children as the basis crime, surrounded by the child pornography and the sexual tourism. This harmonization process are made difficult by the abstract nature of the protected interests such as sexual morality, sexual development that might clash against basic rights such as the freedom of expression and thought. The transnational attitude of the crime imposes to focus on the laws against organized criminality, and the importance of Internet as an “instrument” for committing the crime creates complicated dogmatic problems such as the liability of the providers. This part of the research ends with the analysis of the Council framework decision on the European arrest warrant, a cooperation instrument relevant for this kind of crimes. In the second chapter of the work is examined the Italian legislation, its relationship with the international legislation, the law n. 269 of 3 august 1998 which introduced the artt. 600 bis and ss. in the Penal code. The insertion in that that specific part of the code wants to underline the relationship between this crimes and the category of slavery and human being trade. This part of the work considers several problems of interpretation, the abandon of the territoriality principal for the prosecution of the crimes of paedophilia and on the individuation of the exact interest protected by the judicial laws. Proceeding with the exegesis of the laws, it’s clarified the notion of victim, and the single characters of the crime. For showing how the laws work in practice two decisions are analyzed, especially about the definition of “sexual tourism”. The fight against paedophilia does not involve just substantial law but also the criminal procedure, especially on arrest, on the possibility of benefit on plea-bargain and the already mentioned European arrest warrant. The third chapter focus on foreign legislation, especially the Spanish one, with a comparative approach that allows to find common features on this delicate subject. In Common law countries such as USA and Canada, for example, several constitutional questions arose, especially on issues such as constitutional guarantees, freedom of speech and privacy. The Spanish system is very close to the Italian one, preventive and punishing measures taken resembles a lot with those introduced in Italy. That is a direct consequence of the process of harmonization that is characterizing this subject, considered everyday more from its transnational point of view. The activities of this criminal organizations that make profit of the sexual exploitation of children and uses Internet a diffuser, need to be fought with a shared and effective “international judiciary space” and with the establishment of means of cooperation that make easier to intercept this criminal conducts.
La tesi di dottorato che si presenta al termine del triennio di dottorato ha per oggetto “La repressione penale della pedofilia: profili comparatistici”. Il lavoro si sviluppa su tre capitoli che riguardano, rispettivamente, l’analisi della normativa internazionale, la legislazione penale italiana di lotta alla pedopornografia infantile ed, infine, un’analisi comparatistica della normativa straniera in tema di prevenzione e repressione della pedofilia. Nel primo capitolo, l’analisi muove da una approfondita disamina di quello che viene opportunamente definito “delitto internazionale dei minori”, ciò che consente alla dottoranda di compiere una rassegna critica delle numerose iniziative sovranazionali progressivamente adottate a partire dal 1989. In questa parte del lavoro, si mette in luce come si ponga un problema di rapporti tra obblighi sovranazionali di tutela e loro trasposizione in testi di legge statali che introducano fattispecie incriminatici quanto più possibile allineate, per contrastare un fenomeno criminoso tipicamente transnazionale. Di qui, l’osservazione della enucleazione di incriminazione-tipo come lo sfruttamento sessuale dei minori a fini commerciali, l’utilizzazione, in genere, di materiale pedopornografico, la controversa fattispecie della mera detenzione di tale materiale, nonché le più moderne figure del turismo sessuale e della pornografia virtuale. Queste ultime, tipica espressione di forme di allineamento della legislazione penale su iniziativa degli organi sovranazionali. Ne emerge un quadro in cui assumono notevole rilevanza problemi di tecnica legislativa relazionati a beni giuridici talvolta sfuggenti quali lo sviluppo sessuale dei minori, la moralità sessuale, che entrano in perenne conflitto con interessi anche costituzionalmente tutelati quali la libertà di manifestazione del pensiero. Il fenomeno criminoso viene, oltretutto, esaminato dal punto di vista delle misure internazionali adottate contro la criminalità organizzata che abbia come scopo lo sfruttamento commerciale dei minori per fini pedopornografici. Problema che riguarda anche la responsabilità penale dei providers e degli operatori attivi sulle reti telematiche che sottolineano la spinta internazionalizzazione di tale fenomeno criminoso. Questa parte della ricerca si completa con l’analisi della Decisione Quadro sul mandato d’arresto europeo, strumento di cooperazione giudiziaria in ambito europeo che riguarda anche lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pornografia minorile. Nel secondo capitolo della tesi, si prende in esame l’adattamento della legislazione nazionale italiana alla normazione sovranazionale, attraverso la Legge fondamentale in materia n. 269 del 3 agosto 1998, che ha introdotto le disposizioni degli artt. 600 bis e seguenti nel corpo del Codice Penale. Subito si mette in luce la non casuale topografia di queste fattispecie incriminatici, inserite subito dopo la riduzione in schiavitù, con il chiaro intento, da parte del Legislatore italiano, di inquadrarle nel più ampio crimine della tratta sessuale di donne e minori. Per meglio esemplificare tale concetto, è stata richiamata anche un’importante pronuncia delle Sezioni Unite Penali che chiarisce la nozione di riduzione in schiavitù, la quale può essere utilizzata anche nei reati in questione. Il lavoro, in questa sezione, prende in esame una serie di problemi di interpretazione normativa, quali il superamento del principio di territorialità nelle incriminazioni della pedopornografia e pedofilia, proseguendo con una serie di considerazioni in ordine all’individuazione del bene giuridico tutelato, alla spiegazione della nozione di fanciullo e minore come soggetti suscettibili di tutela, e si conclude con una valutazione della posizione dei protagonisti della vicenda delittuosa, affrontando tutti i profili di struttura e funzione delle singole fattispecie incriminatrici. Molto importante, in questo capitolo, è anche l’esame di alcuni aspetti applicativi della legge sulla pedofilia, con particolare riferimento ad alcune pronunce dei giudici di merito e di legittimità, specialmente sul concetto di turismo sessuale: è possibile notare un approfondimento specifico su quello che viene definito “inasprimento della tutela attraverso alcuni istituti processuali”, tra cui le deroghe alla disciplina dell’arresto, i casi di esclusione dal patteggiamento, nonché l’adattamento della legislazione interna delle disposizioni sul mandato d’arresto europeo in materia di pedofilia e pedopornografia. Il terzo ed ultimo capitolo della tesi si occupa della legislazione straniera con particolare riferimento all’ordinamento spagnolo. L’approccio comparatistico è servito per individuare possibili costanti nella disciplina penale della pedopornografia, confrontando le esperienze giuridico penali di vari Paesi. Non è, quindi, del tutto sorprendente che rispetto a Paesi a tradizione di common law come gli Stati Uniti ed il Canada, siano state poste questioni di legittimità costituzionale su temi quali il bilanciamento di interessi tra tutela del minore e altre garanzie costituzionali, come il diritto alla privacy e alla libertà di pensiero. Invece, rispetto alle misure preventivo sanzionatorie adottate in Spagna contro i delitti di pornografia infantile si registrano notevoli convergenze con il sistema penale italiano sia dal punto di vista delle tecniche di incriminazione, che dei profili applicativi. Questo dato di fatto – come viene esattamente individuato – è indice dello sforzo che i Legislatori nazionali stanno compiendo nell’adattamento delle proprie legislazioni, relativo alle misure di contrasto alla pedopornografia. Vi è, infatti, sempre maggiore consapevolezza che questo fenomeno delittuoso, segnato da caratteri di transnazionalità e proprio delle attività delle organizzazioni criminali, non può che essere sconfitto che attraverso due metodi precisi: la creazione di una normazione allineata in un ampio spazio giudiziario internazionale, e la predisposizione di avanzati strumenti di cooperazione giudiziaria contro il crimine, con particolare riferimento specialmente allo sfruttamento sessuale a fini commerciali, al turismo sessuale e all’utilizzazione di internet come mezzo di facilitazione e accelerazione nella commissione di questi reati.
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Piovesan, Enrica. "Il conflitto di interessi degli amministratori di società." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3426597.

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Abstract:
The current research is about corporate criminal law. In particular, it deals with the problematic subject of the conflict of interest of corporate directors; that is, its focus in on the state-of-the-art solutions, which have been operated about this matter, but also on the perspectives of reform about this complicated issue. The research on this thematic encompasses comparisons between the penal sanctions, known by Italian law to repress the phenomenon, with both historical and recently emerged connections to the application problems. Such analysis starts from the, now abrogated, crime of conflitto di interessi and then it goes on with a closer look on those of infedeltà patrimoniale and omessa comunicazione del conflitto di interessi. Furthermore, through the analysis of the experiences of France, Spain and the United Kingdom, evidence is shown indicating how special norms of company criminal law and common crimes can coexist, specifically by looking at the crime of embezzlement. For this reason, also the above mentioned crime has undergone a close examination, specifically aiming to cast light on its vis expansiva. The purpose of the research, beyond tracing a wide overview of potential solutions, is to understand the necessary extent of use for criminal law, on one hand, and to sort out in what measure company criminal law is preferable, on the other hand, in order to provide effective sanctions to breaches of company law.
La presente ricerca riguarda la materia del diritto penale commerciale. In particolare, essa è incentrata sulla complessa problematica della disciplina del conflitto di interessi degli amministratori di società, in quanto essa si focalizza sullo stato della questione e le prospettive di riforma. L’approfondimento della tematica passa, naturalmente, attraverso il confronto tra le disposizioni penali conosciute dall’ordinamento italiano per reprimere il fenomeno, a partire dall'abrogato delitto di conflitto di interessi, fino al quelli dell'infedeltà patrimoniale e dell'omessa comunicazione del conflitto di interessi. Si affrontano, quindi, le connesse problematiche applicative, sia recenti, sia storicamente emerse, tanto in dottrina che in giurisprudenza. D'altro lato, attraverso l’analisi delle esperienze di Francia, Spagna e Regno Unito, viene evidenziato come possa svolgersi la coesistenza tra norme speciali, di diritto penale societario, e reati comuni, con particolare riferimento a fattispecie assimilabili al delitto di appropriazione indebita. Anche tale fattispecie è stata, dunque, esaminata, con particolare riguardo alla vis expansiva della stessa. Fine ultimo della tesi di ricerca, al di là di tracciare un’ampia panoramica sulle soluzioni prospettabili, è stato quello di comprendere, da un lato, fino a che punto sia necessario l’intervento del diritto penale e, dall'altro, in che misura sia auspicabile un diritto penale societario, che si presenti come sanzionatorio di precetti civilistici.
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FAZZINI, PIETRO. "LE COMUNICAZIONI SELETTIVE AGLI AZIONISTI NELLE SOCIETÀ QUOTATE: PROFILI SOCIETARI E DI CORPORATE GOVERNANCE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2021. http://hdl.handle.net/2434/807452.

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Abstract:
Il presente elaborato di tesi affronta il tema delle comunicazioni selettive agli azionisti nelle società quotate italiane nella prospettiva del diritto societario, analizzandone le implicazioni principali sotto il profilo organizzativo endo-societario e la rilevanza nel contesto delle dinamiche di corporate governance. Il fenomeno vede una diffusione tale nella prassi delle società quotate da aver acquistato una dimensione e una complessità che trascende i confini entro i quali il tema è stato tradizionalmente studiato, vale a dire quelli della disciplina sulla mandatory disclosure e sul market abuse. In particolare, l’evoluzione degli assetti proprietari, la diffusione dei grandi investitori istituzionali e lo sviluppo di dinamiche sempre, sia cooperative sia conflittuali, più fitte tra le diverse constituencies azionarie impongono un ripensamento dell’approccio rigoroso tradizionalmente adottato dal legislatore. Attesa la sostanziale frammentazione del quadro normativo e le numerose lacune, relativamente alle implicazioni societarie del fenomeno, il lavoro si pone l’obiettivo principale di ricostruire una disciplina organica delle comunicazioni selettive agli azionisti, che concili la prospettiva endo-societaria con quella di mercato, ma anche il soddisfacimento degli interessi protetti dalla disciplina in materia informazione selettiva con le regole e i principi generali di diritto societario comune in materia di informazione e parità di trattamento tra azionisti. Il lavoro si compone di tre parti fondamentali. Nella prima parte si affronta il problema dell’individuazione e interpretazione degli interessi che possono definirsi preminenti nell’ottica di valutare l’ammissibilità delle comunicazioni selettive in maniera coerente con i principi del sistema. A tal fine, viene dapprima ricostruita una tassonomia dei diversi interessi che caratterizzano le principali “tipologie” di azionisti, ponendo in relazione tali interessi con il diverso modo con cui essi tendono a scambiare informazioni con gli emittenti. Si cerca quindi di comprendere se la pluralità di interessi facenti capo alle constituencies azionarie possa essere riconciliata con la nozione di interesse (sociale) rilevante ai fini dell’applicazione della disciplina in materia (tanto nel caso delle norme del MAR quanto ai fini del principio di parità di trattamento). Nella seconda parte si tenta di ricostruire in maniera puntuale una disciplina organica delle comunicazioni selettive, che tenga conto sia della prospettiva societaria sia di quella di mercato, analizzando separatamente la posizione dell’azionista di controllo o di riferimento da quella degli azionisti di minoranza. Nella terza e ultima parte vengono trattati i profili inerenti i poteri, i doveri e le responsabilità dell’organo amministrativo dell’emittente rispetto alle decisioni aventi ad oggetto la comunicazione selettiva di informazioni agli azionisti, concentrandosi, da un lato, sui profili di compatibilità con i principi e le regole generali che disciplinano l’agire degli amministratori, in particolare il rispetto del c.d. duty of loyalty e, dall’altro lato, sull’ipotesi specifica in cui sia il singolo amministratore a comunicare selettivamente con l’azionista che l’abbia designato in consiglio, sotto il profilo dell’ampiezza dei poteri di indagine, della libertà di dialogo con l’azionista e delle responsabilità.
This work deals with the issue of board-shareholders dialogues in Italian listed companies and the problem arising from the selective disclosure of corporate information that may occur in such context. In particular, it looks at the phenomenon from the yet quite uncharted perspective of corporate law, and tries to understand the extent of its admissibility under the rules and prin-ciples that govern the structure of corporate organization and corporate governance in Italy. The rules regulating selective disclosure both in the EU and in the Anglo-American legal systems mainly focus on preventing market abuses and enhancing transparency and therefore aim to curb to the maximum extent possible any selective disclosure, on the premise that it pro-duces information asymmetries and disparity of treatment among investors. However, such per-spective substantially fails to take into consideration that, from a corporate perspective, selective disclosure may find several causes of justification. The main purpose of this work is, on one side, to investigate such profiles and, on the other side, to build a theoretical framework where the ef-fects of selective disclosure are considered both from a market/investor and corporate perspec-tive and the boundaries of its legitimacy are construed accordingly. In doing so a significant ef-fort is devoted to the analysis of recent evolutionary trends in global and local equity markets and particularly to the phenomenon of equity reintermediation and the uncertain development of shareholder activism, in the view of understanding the impact of such phenomena on the dis-cipline of shareholder-targeted selective disclosure. The work is divided in three main parts. In the first one, I analyze how different types of investors can make use of selective disclosure and for which purposes. I then try to show if and how particular interests of each type of shareholder can be reconciled with the concept of issu-er’s corporate purpose (interesse sociale), on one side, and with the notion of legitimate interest underlying the disclosure rules set forth in the Market Abuse Regulation and the principle of equality of treatment, on the other side. In the second part, I attempt to reconstruct a compre-hensive discipline of selective disclosure, which take into account the main structural differences among shareholders, in terms of interest, investment purpose and strategy. In this part, profiles pertaining to the controlling shareholders and minority (professional) investors are dealt with separately. In the third and last part, I analyze the implications of selective disclosure from the perspective of directors’ fiduciary duties (namely, the duty of loyalty) and related liability regime. In particular, I focus on the hypothesis where information is selectively exchanged between a single investor-appointed director and its appointing sponsor, especially but not only in the con-text of activist campaigns.
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VITRANO, Stefano. "La tutela della concorrenza nella Repubblica Popolare Cinese." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2014. http://hdl.handle.net/10447/91239.

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Abstract:
La tesi dal titolo “La tutela della concorrenza nella Repubblica Popolare Cinese” si propone di affrontare l’intricato problema dell’armonizzazione dei principi della concorrenza in un sistema economico in via di transizione quale quello cinese. L’attenzione sulla questione è stata stimolata dall’emanazione della legge antimonopoli, entrata in vigore nell’agosto del 2008, che ha conosciuto le sue prime applicazioni concrete nel corso di questi primi cinque anni . Cercando di non lasciarsi sviare dalla tentazione di giudicare la normativa antitrust paese asiatico sul presupposto di una presunta superiorità degli ordinamenti dei paesi occidentali, che in materia posseggono una tradizioni di origini ben più antiche, il lavoro tenta di fornire una visione oggettiva e nel complesso positiva delle nuove disposizioni. La tesi mira a disegnare un quadro quanto più completo possibile delle norme in materia di concorrenza presenti nell’ordinamento cinese, anche al di fuori della legge antimonopoli, sul cui esame di solito unicamente si soffermano gli studiosi occidentali. Inoltre, nell’esame dei singoli istituti disciplinati dalla legge in questione sarà continuo il riferimento ai due principali sistemi normativi antitrust oggi vigenti, quello europeo e quello statunitense, per misurare le distanze rispetto alla prassi oggi dominante a livello internazionale e cogliere, dietro le scelte di politica del diritto effettuate dal legislatore, degli indizi circa i futuri sviluppi del diritto della concorrenza cinese, che si candida a diventare il terzo polo del sistema globale del diritto della concorrenza.
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GRASSI, MICHELE. "LA TEORIA DELLA RES JUDICATA NELL'ARBITRATO COMMERCIALE INTERNAZIONALE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2019. http://hdl.handle.net/2434/610259.

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Abstract:
Il presente studio si propone di indagare il funzionamento della teoria della res judicata nel contesto dell’arbitrato commerciale internazionale. L’espressione res judicata individua i caratteri d’irretrattabilità e vincolatività del provvedimento giurisdizionale reso all’esito del giudizio e, come tale, rappresenta un elemento essenziale di ogni sistema di risoluzione delle controversie. La funzione svolta dalla teoria in esame all’interno del processo dipende da un bilanciamento tra valori e principi contrastanti, quali, nello specifico, le esigenze di economia processuale e certezza delle situazioni giuridiche, da un lato, e il rispetto del principio dispositivo nonché la tutela del diritto di azione e di difesa, dall’altro. La concreta individuazione dell’oggetto e dell’estensione degli effetti del giudicato solleva, pertanto, questioni teoriche e pratiche di particolare complessità, a cui i diversi ordinamenti nazionali forniscono risposte marcatamente difformi. La diversità nella disciplina del giudicato assume un peculiare rilievo laddove il giudice sia chiamato a determinare gli effetti preclusivi e conclusivi prodotti da un provvedimento giurisdizionale straniero; in tali ipotesi sorge un problema di coordinamento tra le diverse discipline potenzialmente applicabili e, segnatamente, tra le norme processuali dell’ordinamento d’origine e le norme processuali dell’ordinamento in cui s’intende far valere la decisione. Quando, poi, s’intenda considerare l’operatività del principio della res judicata nel contesto dell’arbitrato commerciale internazionale, alle complessità appena illustrate si aggiungono le naturali incertezze che caratterizzano tale mezzo di risoluzione delle controversie. In particolare, assumono rilievo le differenti possibili rappresentazioni del fenomeno arbitrale; coloro che concepiscono l’arbitrato commerciale internazionale come un ordinamento giuridico indipendente e separato dagli ordinamenti statali, affermano la necessità di adottare un approccio autonomo al problema giudicato e, in particolare, di elaborare un insieme coerente di regole transnazionali che permetta di risolvere le questioni sollevate dall’applicazione della teoria in esame nel contesto arbitrale. Al contrario, chi ritiene che gli arbitri esercitino sempre il loro potere giurisdizionale nell’ambito di un ordinamento giuridico nazionale affermano la necessità di individuare una norma di conflitto che consenta di identificare le regole processuali di origine statale applicabili del giudicato. Entrambi tali approcci, per ragioni diverse, presentano rilevanti profili di criticità e non possono ritenersi pienamente soddisfacenti. Nel presente studio si suggerisce, allora, l’adozione di una prospettiva più pragmatica nella considerazione delle problematiche sollevata dall’applicazione della res judicata nel contesto arbitrale. In particolare, si propone una differenziazione tra le ipotesi in cui l’invocazione di una precedente decisione sottenda un’obiezione alla giurisdizione del tribunale arbitrale e le ipotesi in cui essa rilevi ai fini dell’ammissibilità delle domande e delle eccezioni formulate dalle parti. Nel primo caso, il mancato riconoscimento di una decisione che sottenda un’obiezione alla giurisdizione del tribunale arbitrale porterebbe, con grande probabilità, all’annullamento o al diniego di riconoscimento del lodo e, pertanto, a un inutile aggravio dei costi di lite. Di conseguenza il tribunale dovrebbe adottare un approccio conforme alle regole previste nell’ordinamento della sede. Laddove, invece, l’invocazione di un precedente giudicato sollevi questioni attinenti all’ammissibilità della domanda, di regola tali problematiche dovrebbero essere disciplinate dalle norme dell’ordinamento in cui ha sede la procedura arbitrale e, in particolare, dalle norme di diritto processuale civile internazionale che disciplinano il riconoscimento degli effetti dei provvedimenti giurisdizionali stranieri in tale ordinamento. Nondimeno, laddove la controversia presenti un elevato grado di transnazionalità e il legame con la sede della procedura sia oggettivamente molto tenue, al tribunale arbitrale potrebbe essere riconosciuta una maggiore flessibilità: gli arbitri potrebbero riconoscere tutti e i soli effetti originari del provvedimento giurisdizionale fatto valere in giudizio, nel rispetto, in ogni caso, dei principi di ordine pubblico dell’ordinamento in cui ha sede la procedura.
The purpose of this doctoral dissertation is to explore the functioning of the res judicata doctrine in international commercial arbitration. The notion of res judicata refers to the final and binding nature of decisions rendered at the end of judicial proceedings and, as such, is an essential feature of every dispute resolution system, both at a domestic and at an international level. The role played by the doctrine of res judicata depends on a balance between conflicting values, such as the principle of procedural economy and efficiency on the one side, and the principle of due process, with specific regard to the parties’ rights to present their case and to be heard, on the other side. The definition of the scope and the effects of res judicata, therefore, raises complex issues, and the solution to these issues varies considerably between national legal systems. The differences between domestic laws are relevant also from a transnational perspective. If a challenge of res judicata is raised with respect to a foreign judgment, the judge has to determine whether to accept the original effects that the decision would have in the State in which it was rendered or to equalize the effects of the foreign judgment with the effects that are usually recognized to domestic decisions. Where a challenge of res judicata is raised before an international commercial arbitral tribunal, the lack of certainties concerning the application of conflict rules breeds even more complexities. Those authorities that represent international arbitration as an autonomous legal order suggest the adoption of a transnational approach to res judicata and recommend the development of a set of substantive transnational rules. Conversely, those who consider that the arbitral tribunal is strictly bound to the legal order of the seat of the procedure, suggest the application of a conflict of law rule, in order to identify the applicable domestic rules of res judicata. Both approaches, for different reasons, are not satisfactory. This dissertation suggests the adoption of a more pragmatic approach in the identification of the scope and the effects of res judicata in international commercial arbitration. To this purpose challenges of res judicata that raise issues of jurisdiction shall be clearly differentiated from challenges of res judicata that raise admissibility issues. Whenever issues of jurisdiction underpin a challenge of res judicata, the arbitral tribunal should adopt an approach coherent with the rules of the State of the seat. As a matter of fact, a violation of those rules could result in the annulment or the refusal of recognition of the award. Whenever issues of admissibility underpin a challenge of res judicata, as a rule the arbitral tribunal should apply the rules of the State of the seat and, specifically, the conflict of laws rules of the seat that regulate the recognition of foreign decisions. However, if the transnational nature of the arbitration is quite pronounced, and the procedure is not closely connected with any domestic legal systems, the arbitral tribunal might apply a «more transnational» approach. In any event, this approach shall not lead to the application of substantive transnational rules, but rather to the recognition of the original effects of the decisions invoked in the proceedings, except where the recognition of such effects violates the procedural public policy of the State of the seat.
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Pisani, Federico. "Knowledge workers management. Concorrenza e invenzioni nel rapporto di lavoro subordinato: il modello statunitense." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2019. http://hdl.handle.net/11577/3425914.

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Abstract:
Il presente studio affronta gli argomenti della concorrenza e delle invenzioni nel rapporto di lavoro subordinato statunitense. L’attività di ricerca è stata svolta in parte presso la School of Law della Boston University, USA, sotto la supervisione di Micheal C. Harper, professore di diritto del lavoro. L’argomento presenta una crescente rilevanza, considerato che nella nuova organizzazione produttiva, fondata in gran parte sulla conoscenza globalizzata, al lavoro dipendente si chiede ormai sempre maggiore professionalità, innovazione e creatività. La scelta di esaminare questa tematica dalla prospettiva del “laboratorio USA”, è dovuta al primato di cui tale nazione gode a livello internazionale sul piano economico, scientifico e dell’innovazione dei processi lavorativi, che fanno emergere criticità in altri Paesi probabilmente ancora non avvertite. Al fine di inquadrare gli istituti giudici menzionati nel modello statunitense, si è reso opportuno dare conto del sistema delle fonti normative negli USA, con particolare focus sul Restatement of Employment Law, cioè la raccolta di principi fondamentali elaborati negli anni dal common law in materia di rapporto di lavoro. All'esame delle fonti segue la definizione del concetto di lavoratore subordinato (employee) e lavoratore autonomo (independent contractor), necessario per l’inquadramento del campo di applicazione degli obblighi scaturenti dal rapporto di lavoro subordinato, tra cui il duty of loyalty, implicato nel rapporto fiduciario. In tale ambito, si è osservata l’evoluzione giurisprudenziale che ha condotto all'adozione dei criteri relativi alla distinzione in esame, prevalentemente concernenti il giudizio sulla rilevanza degli elementi fattuali determinanti per l’accertamento della subordinazione. Delineati i contorni della fattispecie di lavoro subordinato, il presente studio affronta la tematica della tipica forma del contratto di lavoro statunitense, il c.d. employment-at-will, cioè il rapporto a libera recedibilità. Tale peculiarità scaturisce dal principio fondamentale per cui le parti non sono vincolate ad alcun obbligo di fornire la motivazione per il licenziamento. La terza parte del lavoro ha ad oggetto la disciplina della concorrenza del lavoratore effettuata sulla base delle conoscenze acquisite, legalmente o illegalmente, durante il rapporto e le relative tecniche di tutela del datore di lavoro, a fronte della violazione del duty of loyalty, quale obbligo del lavoratore subordinato di esecuzione della prestazione lavorativa nell'interesse esclusivo dell’imprenditore e, conseguentemente, di astensione dal porre in essere condotte pregiudizievoli nei confronti di quest’ultimo. Quanto alle tecniche di tutela esperibili in caso di violazione degli obblighi esaminati, vengono illustrati i rimedi legali e equitativi che il diritto statunitense offre al datore di lavoro. La parte finale del presente studio si occupa della disciplina relativa alla titolarità dei diritti scaturenti dalle invenzioni sviluppate dai dipendenti nel corso del rapporto di lavoro. In questo senso si sono esaminate le definizioni di “invenzione” e “brevetto” ed il loro rapporto nel contesto della regolamentazione giuslavoristica; si è posta in rilievo la differenza tra invenzione come opera di ingegno e proprietà intellettuale tutelata dal diritto d’autore. Inoltre, si sono osservati i meccanismi sottesi alle norme fondamentali che regolano la materia e la loro convivenza con la libertà contrattuale delle parti e il loro potere di disporre dei suddetti diritti.
This work addresses the issues of competition and inventions in the U.S. employment relationships. The research was carried out in part at the Boston University School of Law of, under the supervision of Micheal C. Harper, professor of Labour Law. The selection of the topic is justified in the light of its importance, given that in the new production organization, based largely on globalized knowledge, employees are now increasingly being asked for professionalism, innovation and creativity. The decision to examine this issue from the perspective of the "U.S. laboratory" is due to the primacy that this nation holds at international level on the economic, scientific and innovation of work processes, which bring out critical issues that in other Countries probably have not yet been raised. In order to frame the above-mentioned topics, it has become appropriate to give an account of the system of regulatory sources in the USA, with particular focus on the Restatement of Employment Law, i.e. the collection of fundamental principles developed over the years by common law in the field of employment relationships. The examination of the sources is followed by the definition of the concept of employee and self-employed worker (independent contractor), necessary for the assessment of the application of the obligations arising from the employment relationships, including the duty of loyalty, involved in the fiduciary law. In this context, the evolution of the case law has been observed, as well as the examination of the criteria relating to the distinction between employees and independent contractors, mainly concerning the judgement on the relevance of the factual elements determining the assessment of the existence of an employment relationship. Subsequently, this study addresses the issue of the typical form of the U.S. employment contract, the so-called employment-at-will. This peculiarity is originated from the principle that the parties are not bound by any obligation to provide reasons for termination. The third part of the work has as its object the discipline of competition of the worker carried out on the basis of the knowledge acquired, legally or illegally, during the relationship and the relative legal remedies for the employer, against the violation of the duty of loyalty, intended as an obligation of the employee to perform the work in the exclusive interest of the entrepreneur and, consequently, to refrain from engaging in prejudicial conduct against the company. About the remedies available in the event of breach of the obligations examined, the legal and equitable remedies that U.S. law offers the employer have been explained. The final part of this study deals with the rules governing the ownership of rights arising from inventions developed by employees in the course of their employment. The definitions of "invention" and "patent" and their relationship in the context of employment law has been examined and the difference between invention as a work of genius and intellectual property protected by copyright has been highlighted. In addition, the mechanisms underlying the basic rules governing the subject matter and their coexistence with the contractual freedom of the parties and their power to dispose of these rights have been observed.
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ROMANO, RAMON. "Abuso del diritto ed innovazione. Un percorso ermeneutico intorno alla proprietà intellettuale." Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/2158/1077818.

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BUONO, EMANUELA. "L'abuso del diritto in materia tributaria. La clausola generale antiabuso nella prospettiva interna e comunitaria." Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/11573/1245571.

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Abstract:
Il divieto di abuso del diritto nell’ambito del diritto tributario, soprattutto nell’ordinamento italiano, ha una storia breve ma ricca di sviluppi giurisprudenziali e corredata dal succedersi di diverse disposizioni normative, fino alla codificazione del divieto di abuso del diritto come clausola generale, valida per tutti i tributi, con l’emanazione dell’articolo 10-bis dello Statuto dei diritti dei contribuenti. L’introduzione a livello normativo di una clausola generale rappresenta la conclusione di un vivace dibattito giurisprudenziale e dottrinario, originatosi a seguito della nascita, prima nell’alveo comunitario, in seno alla Corte di Giustizia europea, e poi in quello interno, di un principio generale di divieto di abuso del diritto, la cui fonte è stata infine individuata dalla Suprema Corte, dopo vari tentativi ricostruttivi, direttamente nel dettato Costituzionale. Tale principio non scritto, ma di derivazione più che autorevole si trovava così a coesistere con la normativa positiva sull’elusione fiscale, e veniva generalmente ad essere applicato per le imposta sul valore aggiunto e ai fini delle imposte sui redditi per le operazioni non ricomprese nell’articolo 37-bis. La disparata applicazione di tale principio da parte dell’Amministrazione finanziaria, seguita, a onor del vero, a taluni discutibili indirizzi della giurisprudenza, soprattutto di legittimità, che hanno costituito una pericolosa “deriva” del principio del divieto di abuso del diritto, ha comportato l’originarsi, da più parti, di istanze volte ad una revisione complessiva della disciplina dell’abuso del diritto e dell’elusione fiscale, con il precipuo scopo di limitare l’ “abuso dell’abuso” e garantire una maggiore certezza nei rapporti tra Fisco e contribuenti. L’indagine svolta nel presente lavoro è mirata ad analizzare l’evoluzione dei concetti di abuso del diritto e di elusione fiscale, sia in ambito normativo che in ambito giurisprudenziale, al fine di comprendere il percorso che ha portato all’introduzione di una clausola generale antiabuso. Uno dei principali obiettivi a cui è indirizzato il lavoro di ricostruzione “storica” condotto nel primo capitolo è quello di cogliere ed individuare i profili di continuità e discontinuità della nuova disciplina normativa dell’abuso del diritto rispetto al quadro normativo e giurisprudenziale al quale si era gradualmente giunti prima della sua entrata in vigore. Il secondo capitolo sarà finalizzato a “scomporre”, elemento per elemento la definizione di abuso del diritto alias elusione fiscale, tentando di valutarne il contenuto, la comprensibilità e le eventuali discontinuità con le definizioni precedentemente utilizzate in ambito normativo e giurisprudenziale. Particolare attenzione verrà posta anche all’analisi degli aspetti procedurali e sanzionatori dell’accertamento dell’abuso del diritto, da cui emergono significative novità, tra cui la più rilevante può dirsi senz’altro l’irrilevanza penale delle condotte abusive. Infine, nel terzo capitolo verranno esaminati gli aspetti relativi all’applicazione della clausola generale antiabuso nei singoli comparti impositivi, imposte dirette, imposta sul valore aggiunto e imposta di registro, cercando di cogliere le peculiarità dei profili applicativi relativi ciascun comparto, e si proporrà un confronto tra la clausola di cui all’articolo 10-bis della l. 212/2000 con la clausola antiabuso proposta, ai fini delle imposte sul reddito delle società. dalla Direttiva europea antiabuso, ATAD, che dovrà essere recepita nell’ordinamento a partire dal 1 gennaio 2019. L’intenzione del legislatore è di non prevedere una specifica norma di recepimento, in quanto l’articolo 10-bis sarebbe già conforme alla direttiva. Si proporranno infine alcuni spunti di riflessione sulla chiarezza e completezza della clausola generale antiabuso, sull’ambito di operatività della stessa e sui possibili sviluppi futuri dello scenario applicativo del divieto di abuso.
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