Zeitschriftenartikel zum Thema „Riformismo italiano“

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Filippi, Luca. „Per una rilettura marxiana del paesaggio agrario italiano“. CRIOS, Nr. 21 (November 2021): 18–33. http://dx.doi.org/10.3280/crios2021-021003.

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Come recuperare la lettura marxista del paesaggio agrario italiano proposta da Emilio Sereni (1961) entro una teoria critica della società e del territorio in grado di confrontarsi con i nuovi potenti processi estrattivi ed espropriativi (Mezzadra, 2019; Harvey, 2019), messi in campo dal capitalismo contemporaneo? Una domanda che muove, da un lato, dalla sempre più diffusa - e problematica per l'autore - ricezione di Sereni entro la tradizione riformista della geografia umana, dall'altro lato, dalla necessità di individuare una continuità tra i risultati del suo lavoro e le prospettive del marxismo e della geografia critica contemporanea (Gough e Das, 2017). La rilettura proposta dal saggio individua l'attualità di quest'opera nell'uso che Sereni fa della nozione di paesaggio agrario come dispositivo per indagare e criticare, marxianamente, il singolare processo di transizione al capitalismo delle campagne italiane e il discorso economico politico - ma anche paesaggistico - che intorno ad esso e alle sue forme spaziali viene elaborato dal riformismo agrario italiano. Assumendo questa prospettiva, il saggio fa emergere nell'opera di Sereni una inedita tensione a sondare, attraverso questa categoria, dimensioni specifiche dei processi di assoggettamento e soggettivazione prodotti dall'emergere dei rapporti di produzione capitalistici.
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Tilly, Louise A., und Alberto Magnani. „Luigi Montemartini nella Storia del Riformismo Italiano.“ American Historical Review 98, Nr. 2 (April 1993): 525. http://dx.doi.org/10.2307/2166924.

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Turci, Massimo. „Le origini del sindacalismo rivoluzionario a Milano“. STORIA IN LOMBARDIA, Nr. 1 (Oktober 2011): 5–19. http://dx.doi.org/10.3280/sil2011-001001.

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Culla del riformismo turatiano, simbolo di capitale morale ed economica d'Italia, Milano a partire dai primi anni del Novecento divenne il terreno privilegiato nella lotta fra le diverse tendenze del socialismo italiano. Il dissidio fra moderati ed intransigenti si allargň in tutti gli ambienti socialisti. Nella battaglia antiriformista nasceva cosě una corrente rivoluzionaria che negli anni a venire prenderŕ nome di sindacalismo rivoluzionario.
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Garavaglia, Valentina. „Tra utopia e riformismo, il teatro pubblico di Paolo Grassi e Giorgio Strehler“. Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 54, Nr. 1 (10.03.2020): 439–58. http://dx.doi.org/10.1177/0014585820910088.

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L’incontro tra Paolo Grassi e Giorgio Strehler avvenuto nella Milano del dopoguerra, segna l’inizio di un sodalizio, artistico e umano, che ha concorso a scrivere importanti pagine della storia del teatro non solo italiano, ma soprattutto ha contribuito ad arricchire la storia della cultura di ispirazione socialista nel nostro paese. Il legame tra il Piccolo Teatro di Milano, nei suoi primi 25 anni di vita, e la storia del socialismo riformista si racconta attraverso drammaturgie di impegno politico, scelte di regia e di politica culturale nelle quali si intrecciano le biografie del regista e dell’ideologo, uniti nell’impegno per la realizzazione di un teatro d’arte per tutti a partire dall’eredità della Resistenza. Attraverso l’analisi degli appunti di regia, della corrispondenza privata, della critica e degli allestimenti, l’articolo si propone di ripercorrere gli anni dalla fondazione del Piccolo Teatro, nel 1947, fino al 1972, anno in cui Paolo Grassi passerà alla direzione del Teatro alla Scala. A partire dal primo allestimento di Giorgio Strehler, L’albergo dei poveri di Gor’kij, le scelte drammaturgiche e stilistiche del primo teatro stabile pubblico italiano si rivelano emblematiche della continua tensione ideale tra arte e politica, tra attenzione rivolta all’uomo e riflessione sulla collettività.
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Iannello, Carlo. „Il falso riformismo degli anni Novanta ovvero l'inarrestabile affermazione della concorrenza come paradigma della regolazione sociale“. DEMOCRAZIA E DIRITTO, Nr. 3 (Februar 2022): 89–113. http://dx.doi.org/10.3280/ded2021-003005.

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Le prospettive, quindi, non appaiono affatto rasserenanti quanto a tenuta della democrazia, quanto a vigore di quella certa idea che la voleva partecipata, militante della causa della giustizia e dell'uguaglianza. Perché proprio le istituzioni che per garantirla e realizzarla furono dettate dal Costituente italiano sono in pericolo. Soprattutto i principi fondamentali che il Costituente volle e sancì appaiono abbandonati o rinnegati. Il clima storico è profondamente mutato. Non c'è quasi più sedimento, né forse memoria, tantomeno rimpianto dei giorni, delle parole, delle speranze, delle donne e degli uomini di questo Paese che, affrancati dal dominio politico, esterno e interno, si disponevano ad affrancarsi dalle altre forme di dominio, da quella economica a quella culturale e sociale a quella di genere, più intense e profonde forse, anche se apparivano meno incombenti di quanto fossero, meno minacciose e imperiose. E che perciò ci diedero la speranza che avremmo potuto liberarcene, tutti insieme. Non ci siamo riusciti. Ma sappiamo che fu la stagione più alta della nostra storia nazionale. E così ci apparve e ci appare lasciando volentieri al revisionismo storico il piacere di mestare nel fango, il mestiere di pitoccare i compensi che otterrà il suo trasformismo, la paga che meriterà la voluttà del servilismo
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Bellifemine, Onofrio. „«Praga è sola»: il Sessantotto in Cecoslovacchia raccontato dalla stampa italiana (gennaio 1968 – settembre 1969)“. e-Scripta Romanica 8 (03.11.2020): 1–21. http://dx.doi.org/10.18778/2392-0718.08.01.

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La Primavera di Praga è stato uno degli eventi più significativi del 1968, capace di lasciare larghe tracce nella storia del ‘900 europeo. Analizzando i principali quotidiani e riviste italiane del periodo, questo saggio intende fornire un’interpretazione delle linee di lettura, delle analisi e delle cronache giornalistiche più interessanti di quell’evento. Particolare attenzione è stata dedicata a tre momenti che hanno avuto una particolare importanza nello svolgimento dell’intera vicenda: la caduta di Novotný e l’ascesa di Dubček; il consolidamento del gruppo riformista; l’intervento armato sovietico e la reazione della stampa italiana.
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Pasqui, Gabriele. „Un ciclo politico al tramonto: perché l'innovazione delle politiche urbane in Italia non ha funzionato“. TERRITORIO, Nr. 57 (Juni 2011): 147–56. http://dx.doi.org/10.3280/tr2011-057019.

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I tentativi coraggiosi di innovazione delle politiche urbane in Italia, che a partire dalla prima metŕ anni '90 hanno provato a ridefinire le forme dell'azione di governo nelle cittŕ sono stati sostanzialmente fallimentari, sia dal punto di vista della capacitŕ di trattamento efficace dei problemi pubblici piů urgenti delle nostre cittŕ, sia sotto il profilo del radicamento di pratiche innovative di policy design. Il testo prova ad argomentare le ragioni di questo fallimento sullo sfondo di una lettura del ciclo politico delle cittŕ italiane dopo la rottura del regime di regolazione politica locale post-Tangentopoli e identifica nella chiusura di quel ciclo il quadro di riferimento necessario per l'analisi delle politiche. A sua volta tale chiusura č ricondotta sia a fenomeni di carattere generale, riguardanti la lunga e incompiuta transizione italiana, sia e piů specificamente alla scarsa performance delle culture e delle pratiche del riformismo in campo urbano nel corso degli ultimi venti anni.
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Garano, Stefano. „L’urbanistica riformista nella complessa situazione italiana“. Ciudades, Nr. 18 (08.11.2017): 143. http://dx.doi.org/10.24197/ciudades.18.2015.143-162.

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La riforma urbanistica ha iniziato a svilupparsi in Italia attraverso la redazione di Piani che avevano come obbiettivo quello di sostitutire il “modello urbano basato nella rendita immobiliare” con nuove proposte impegnate nella lotta contro la produzione di questa “rendita”, promozionando un nuovo “modello urbano” maggiormente equo. Questa riforma urbanistica doveva anche svilupparsi attraverso un percorso legislativo, emanando leggi che a tutti i livelli amminstrativi stabilissero le regole da seguire. In questo modo, torniamo a proporre la giá tradizionale relazione urbanistica-politica: l’urbanistica come disciplina che concerne la gestione del piano e la politica come modo di agire civile che rende imprescindibile un governo della cittá che promuove la riforma intrapresa. Entrambe le categorie, gestire un piano in stretta vincolazione con una forma di governare la cittá, constituisco due degli aspetti alla quale si rivolge la riforma urbanistica. Si espone il caso di Roma come esperienza maggiormente rilevante, anche come fallimento, che tuttavia non ci fa perdere la speranza nella riforma intrapresa.
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Garms Cornides, Elisabeth. „Donati e la Monarchia Asburgica“. SOCIETÀ E STORIA, Nr. 129 (Dezember 2010): 555–61. http://dx.doi.org/10.3280/ss2010-129006.

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Agli studi dedicati all'ambito trentino collegato all'Impero e agli Asburgo, signori territoriali del Tirolo, sotto molteplici profili e a quelli sul riformismo settecentesco e sull'importanza del «momento muratoriano» per le riforme teresiano-giuseppine dovevano seguire nel tempo quelli centrati sul tema innovatore della nobiltÀ italiana al servizio delle armi imperiali. Vanno ricordate anche le numerose recensioni, testimonianze di una costante attenzione alla produzione storiografica d'oltralpe e alle questioni metodologiche da essa sollevate.
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Moro, Renato, Pierpaolo Naso und Alfonso Botti. „Recensioni“. MONDO CONTEMPORANEO, Nr. 3 (September 2022): 183–202. http://dx.doi.org/10.3280/mon2021-003008.

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In questo numero:Giovanni Aldobrandini, Il buono e il cattivo tempo. Joseph Chamberlain e il progetto riformista e imperialista nell'Inghilterra tardovittoriana (1789-1915) (Renato Moro)Fabrizio Rudi, Soglie inquiete. L'Italia e la Serbia all'inizio del Novecento (1904-1912) (Pierpaolo Naso)Paolo Zanini, Il "pericolo protestante". Chiesa e cattolici italiani di fronte alla questione della libertà religiosa (1922-1955) (Alfonso Botti)
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ROMANO, ANDREA. „Nothing but Lost Opportunities? The History of the Italian Left, 1980–2000: A View from the Future“. Contemporary European History 14, Nr. 4 (November 2005): 603–11. http://dx.doi.org/10.1017/s0960777305002791.

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Iginio Ariemma, La casa brucia. I Democratici di Sinistra dal PCI ai giorni nostri (Venice: Marsilio, 2000), 225 pp., €12.39 (pb), ISBN 8831773798.Nicola Rossi, Riformisti per forza. La sinistra italiana tra 1996 e 2006 (Bologna: Il Mulino, 2002), 168 pp., €10.50 (pb), ISBN 8815084312.Antonio Tatò, Caro Berlinguer, Note e appunti riservati di Antonio Tatò a Enrico Berlinguer. 1969–1984 (Turin: Einaudi, 2003), 336 pp., €14.50 (pb), ISBN 880616595X.Michele Salvati, Il partito democratico. Alle origini di un'idea politica (Bologna: Il Mulino, 2003), 138 pp., €8.00 (pb), ISBN 8815096647.
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Bellifemine, Onofrio. „“La scintilla della libertà”: il 1956 polacco nella pubblicistica italiana“. Forum Filologiczne Ateneum, Nr. 1(9)2021 (15.12.2021): 231–49. http://dx.doi.org/10.36575/2353-2912/1(9)2021.231.

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Nel 1956 la Polonia è stata attraversata da significative trasformazioni politiche, culturali e sociali. Queste sono connesse agli eventi che hanno stravolto il Pcus e il comunismo internazionale dopo la denuncia dei crimini commessi da Stalin durante il XX congresso del partito tenutosi a Mosca. Particolarmente significative sono state l'emergere di una corrente riformista all'interno del PZPR, la rivolta operaia di Poznan e la sua severa repressione, il ritorno alla segreteria del partito di Władysław Gomułka e l'apertura di una nuova fase politica che ispirerà la rivolta di Budapest. Queste vicende hanno goduto di una grande attenzione presso l'opinione pubblica internazionale. Nel seguente saggio si analizza in modo critico come la stampa italiana ha ricostruito questi fatti, quali interpretazioni sono state fornite a seconda delle fasi sulla Polonia e sulle evoluzioni della situazione politica.
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Oliva, Federico. „L’urbanistica italiana tra riforma e contrariforma“. Ciudades, Nr. 18 (08.11.2017): 127. http://dx.doi.org/10.24197/ciudades.18.2015.127-142.

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In Italia la riforma urbanistica è attesa dal 1963, quando fu presentata una legge di riforma della legge urbanistica del 1942 che avrebbe cambiato la qualità delle successive trasformazioni territoriali, ma che il Parlamento non approvò perché riduceva radicalmente il peso della rendita fondiaria nell’economia. Da allora sono stati approvati vari provvedimenti, anche positivi, ma non una nuova legge organica, anche per la contrapposizione che si è creata nel mondo dell’urbanistica tra riformisti, sostenitori di un nuovo modello di piano strutturale-strategico, capace di adattarsi alle nuove realtà territoriali in divenire e conservatori, contrai a superare il modello regolativo della legge del 1942. Mentre dal 2003 è cambiato completamente il quadro istituzionale, con il passaggio alle Regioni delle competenze legislative in materia urbanistica e la formazione di una sorta di “federalismo urbanistico”, con molti elementi di confusione. Oggi è in discussione una nuova legge nazionale nell’ambito della revisione costituzionale delle competenze Stato-Regioni, che riprende alcuni dei principi fondamentali della riforma urbanistica e molte soluzioni già sperimentate dalle leggi delle varie Regioni. Essendo d’iniziativa governativa questa legge ha qualche probabilità di essere approvata, concludendo così il lungo percorso della riforma urbanistica italiana.
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Giacci, Vittorio. „Cinematografia e ispirazione letteraria socialista“. Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 54, Nr. 1 (31.03.2020): 473–557. http://dx.doi.org/10.1177/0014585820910925.

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Il saggio affronta il tema della relazione tra letteratura e cinema sia in termini generali che in ambito più strettamente politico, soffermandosi sugli adattamenti di opere letterarie scritte da autori di area e ispirazione socialista, ma anche su opere cinematografiche, tratte da soggetti originali, realizzate da registi che si sono riconosciuti, stabilmente o temporaneamente, nel socialismo italiano. Si vuole colmare l’evidente lacuna di una critica che ha preferito guardare alle esperienze di autori che palesavano altre ispirazioni, come quelle cattolica e comunista, benché il contributo di cineasti dell’area socialista sia stato altrettanto, se non più ampio e profondo, come il presente saggio intende dimostrare. Lo studio considera anche l’apporto fornito dai socialisti laddove hanno operato, con incarichi di responsabilità, nelle politiche culturali italiane, partecipando anche alla definizione legislativa di settore, con posizioni di rilievo in importanti istituzioni del cinema pubblico (Centro Sperimentale di Cinematografia, Cinecittà, Italnoleggio, Istituto Luce), senza escludere la Biennale, i vari festival e le organizzazioni del settore pubblico. Ne risulta il ruolo determinante giocato dal pensiero e dai valori socialisti nel quadro del rinnovamento culturale del paese attuato mediante lo strumento della settima arte. La relazione cinema/socialismo non può essere colta in tutte le sue articolazioni se non la si inscrive in un più ampio contesto storico/politico e all’interno delle due anime che hanno da sempre caratterizzato le vicende del Partito Socialista, la tensione massimalista e la progettualità riformista, le scissioni ed i tentativi di riunificazione, l’unità d’azione e il contrasto a sinistra tra Partito Comunista e Partito Socialista, la propensione del primo al monopolio culturale ed a tacciare di “revisionismo” qualunque tentativo di innovazione politica che fosse al passo con i tempi e la refrattarietà del secondo a ogni forma di immobilismo ideologico, di egemonia culturale e di subalternità.
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Turi, Gabriele. „Le culture della destra“. ITALIA CONTEMPORANEA, Nr. 260 (Februar 2011): 392–403. http://dx.doi.org/10.3280/ic2010-260002.

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Della cultura di destra č stato sottolineato l'aspetto mediatico, ma il berlusconismo č un fenomeno piů profondo, capace di influenzare ampi strati del ceto medio: un'ideologia eclettica che amalgama le tradizioni di Forza Italia, Alleanza nazionale e Lega nord, fondendo insieme populismo, individualismo esasperato, revisionismo storico, uso strumentale e identitario della religione. Nell'ultimo ventennio le forze di destra hanno occupato lo spazio lasciato vuoto dalle sinistre, indebolite negli anni ottanta dall'offensiva culturale del riformismo craxiano: una volta al governo sono state capaci di costruire gli strumenti di una propria egemonia culturale, riviste e fondazioni portatrici di messaggi semplici ed efficaci: libertŕ intesa come liberismo e diffidenza per lo Stato, lotta al relativismo culturale, rilettura revisionistica della storia che tende a equiparare fascismo e antifascismo in nome di una "pacificazione nazionale". La Rivoluzione francese č considerata la fonte di tutti i mali della modernitŕ, il Risorgimento un premeditato attacco alla religione cattolica; la triade "Dio, Patria, Famiglia" č coniugata ieri come oggi a sottolineare l'identitŕ di un paese timoroso degli immigrati e delle loro culture. Si č cosě formato uno schieramento culturale teo-con che appare oggi tanto forte da far ritenere che nella societŕ italiana il berlusconismo possa sopravvivere a lungo a Berlusconi.
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Rosselli, Alessandro. „Il Partito Socialsta Italiano (P. s. I.) riformista e la guerra civile spagnola : Luglio 1936 - Marzo 1939“. Acta Hispanica 7 (01.01.2002): 77–95. http://dx.doi.org/10.14232/actahisp.2002.7.77-95.

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„Alberto Magnani. Luigi Montemartini nella storia del riformismo italiano. (Pubblicazioni della Facoltà di lettere e filosofia dell'Università di Pavia, number 60.) Florence: Nuova Italia. 1990. Pp. 203. L. 30,000“. American Historical Review, April 1993. http://dx.doi.org/10.1086/ahr/98.2.525.

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Franceschi, Fabio. „Le istituzioni ecclesiastiche nel Settecento in Italia tra potere spirituale e potere secolare“. Stato, Chiese e pluralismo confessionale, 01.12.2010. http://dx.doi.org/10.54103/1971-8543/23946.

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Il contributo è destinato alla pubblicazione nel prossimo numero della Rivista Diritto e religioni SOMMARIO: 1. Le istituzioni ecclesiastiche in Italia nei primi decenni del XVIII secolo: uno sguardo d’assieme - 2. L’avvio di una politica riformista da parte dei principi della penisola e l’affermarsi del giurisdizionalismo di matrice confessionista quale sistema di rapporto tra gli Stati italiani e la Chiesa - 3. La svolta di metà secolo. Aumento dell’ingerenza delle autorità civili nell’organizzazione e nell’attività delle Chiese locali. Assunzione da parte delle stesse di autonome competenze normative in materia di istituzioni e di patrimonio della Chiesa. Parziale inquadramento delle istituzioni ecclesiastiche in seno alle organizzazioni statuali - 4. I principali provvedimenti adottati negli Stati della penisola nel campo delle istituzioni e del patrimonio ecclesiastico - 5. Provvedimenti soppressivi di istituzioni esistenti - 6. (segue) Misure dirette a cancellare i privilegi e le immunità delle istituzioni ecclesiastiche ed a contrastare il fenomeno della manomorta - 7. (segue) Misure dirette a riformare l’organizzazione e l’attività della Chiesa in sede locale e a sottoporre le istituzioni ecclesiastiche al controllo dell’autorità civile - 8. (segue) Misure dirette a secolarizzare le funzioni assistenziali ed educative. Sottrazione dei relativi ambiti di attività alla Chiesa ed alle sue istituzioni - 9. (segue) Rivendicazioni statali in tema di creazione delle istituzioni ecclesiastiche. Tentativi volti ad affermare la necessità e il carattere essenziale del riconoscimento o della confirmatio imperantis dei corpi morali in genere, e delle istituzioni ecclesiastiche in particolare - 10. Istituzioni secolari ed istituzioni regolari. Incidenza dell’azione degli Stati sull’assetto della ripartizione fra le due componenti dell’organizzazione ecclesiastica. L’ostilità dei sovrani riformatori nei confronti dell’organizzazione regolare e della Compagnia di Gesù in particolare. Soppressione di conventi e monasteri - 11. Le istituzioni del clero secolare. Rafforzamento degli episcopati locali e delle strutture organizzative diocesane come effetto della politica ecclesiastica riformista degli Stati italiani. Parziale riorganizzazione, territoriale e funzionale, delle parrocchie e dei seminari - 12. Considerazioni conclusive.
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Franceschi, Fabio. „Le istituzioni ecclesiastiche nel Settecento in Italia tra potere spirituale e potere secolare“. Stato, Chiese e pluralismo confessionale, 01.12.2010. http://dx.doi.org/10.54103/1971-8543/23948.

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Il contributo è destinato alla pubblicazione nel prossimo numero della Rivista "Diritto e religioni". SOMMARIO: 1. Le istituzioni ecclesiastiche in Italia nei primi decenni del XVIII secolo: uno sguardo d’assieme - 2. L’avvio di una politica riformista da parte dei principi della penisola e l’affermarsi del giurisdizionalismo di matrice confessionista quale sistema di rapporto tra gli Stati italiani e la Chiesa - 3. La svolta di metà secolo. Aumento dell’ingerenza delle autorità civili nell’organizzazione e nell’attività delle Chiese locali. Assunzione da parte delle stesse di autonome competenze normative in materia di istituzioni e di patrimonio della Chiesa. Parziale inquadramento delle istituzioni ecclesiastiche in seno alle organizzazioni statuali - 4. I principali provvedimenti adottati negli Stati della penisola nel campo delle istituzioni e del patrimonio ecclesiastico - 5. Provvedimenti soppressivi di istituzioni esistenti - 6. (segue) Misure dirette a cancellare i privilegi e le immunità delle istituzioni ecclesiastiche ed a contrastare il fenomeno della manomorta - 7. (segue) Misure dirette a riformare l’organizzazione e l’attività della Chiesa in sede locale e a sottoporre le istituzioni ecclesiastiche al controllo dell’autorità civile - 8. (segue) Misure dirette a secolarizzare le funzioni assistenziali ed educative. Sottrazione dei relativi ambiti di attività alla Chiesa ed alle sue istituzioni - 9. (segue) Rivendicazioni statali in tema di creazione delle istituzioni ecclesiastiche. Tentativi volti ad affermare la necessità e il carattere essenziale del riconoscimento o della confirmatio imperantis dei corpi morali in genere, e delle istituzioni ecclesiastiche in particolare - 10. Istituzioni secolari ed istituzioni regolari. Incidenza dell’azione degli Stati sull’assetto della ripartizione fra le due componenti dell’organizzazione ecclesiastica. L’ostilità dei sovrani riformatori nei confronti dell’organizzazione regolare e della Compagnia di Gesù in particolare. Soppressione di conventi e monasteri - 11. Le istituzioni del clero secolare. Rafforzamento degli episcopati locali e delle strutture organizzative diocesane come effetto della politica ecclesiastica riformista degli Stati italiani. Parziale riorganizzazione, territoriale e funzionale, delle parrocchie e dei seminari - 12. Considerazioni conclusive.
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